XVIII Legislatura

Commissione parlamentare per le questioni regionali

Resoconto stenografico



Seduta n. 9 di Giovedì 11 luglio 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Corda Emanuela , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUL PROCESSO DI ATTUAZIONE DEL «REGIONALISMO DIFFERENZIATO» AI SENSI DELL'ARTICOLO 116, TERZO COMMA, DELLA COSTITUZIONE

Audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Sergio Costa.
Corda Emanuela , Presidente ... 3 
Costa Sergio , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 3 
Corda Emanuela , Presidente ... 9 
Bond Dario (FI)  ... 9 
Bruzzone Francesco  ... 10 
Gariglio Davide (PD)  ... 10 
Quarto Ruggiero  ... 11 
Rivolta Erica  ... 11 
Parolo Ugo (LEGA)  ... 12 
Corda Emanuela , Presidente ... 12 
Costa Sergio , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 12 
Corda Emanuela , Presidente ... 15 
Costa Sergio , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 16 
Corda Emanuela , Presidente ... 16 
Gariglio Davide (PD)  ... 16 
Costa Sergio , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 16 
Corda Emanuela , Presidente ... 16

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
EMANUELA CORDA

  La seduta comincia alle 8.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Sergio Costa.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul processo di attuazione del «regionalismo differenziato» ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della costituzione, l'audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Sergio Costa.
  Ringrazio il Ministro Costa per la sua presenza e gli do immediatamente la parola per lo svolgimento della sua relazione.

  SERGIO COSTA, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Buongiorno a tutti.
  Se la presidenza lo consente, preferirei leggere la relazione, dato che l'argomento è molto specifico, onde evitare, parlando a braccio, di dire cose non corrette. Naturalmente, resto a disposizione della Commissione per eventuali chiarimenti. Ove poi occorra, durante la lettura, potrò fornire qualche elemento supplementare.
  Il programma di mandato del nuovo Governo, insediatosi ad esito del rinnovo degli organi parlamentari dopo la tornata elettorale dello scorso 4 marzo 2018, include tra le priorità politiche l'attribuzione, per tutte le regioni che motivatamente lo richiedano, del riconoscimento di forme ulteriori di autonomia, in attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Carta costituzionale, nonché l'impegno di portare a conclusione le trattative già avviate tra Governo e regioni.
  A fronte delle indicazioni al riguardo contenute nel programma di mandato del Governo in carica, tre regioni, specificatamente le regioni Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna, hanno ribadito la propria intenzione di portare a compimento i percorsi di autonomia già precedentemente avviati.
  In tale contesto, l'intesa prescritta dal citato articolo 116, terzo comma, della Carta costituzionale, ha ad oggetto l'attribuzione alle predette regioni di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, purché nel rispetto dei princìpi posti dai vari articoli (3, 5, 117, 118, 119 e 81) della Carta costituzionale, del principio di leale collaborazione, posto a fondamento delle relazioni tra istituzioni che, ai sensi dell'articolo 114 della Costituzione, compongono la Repubblica, nella consapevolezza del suo carattere unitario e indivisibile.
  Passerei adesso allo stato di avanzamento, aggiornato ad oggi ovviamente, della proposta di tutte e tre le regioni.
  Con specifico riferimento alle attività che il Ministero sta svolgendo per la predisposizione e il raggiungimento dell'intesa con le regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto per il riconoscimento di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, ai sensi sempre dell'articolo 116, comma terzo, della Costituzione, occorre premettere che la disposizione costituzionale specifica attribuisce alle regioni Pag. 4 l'iniziativa del procedimento. Pertanto, sulla base delle loro proposte avanzate, si è svolta una trattativa, e si sta ancora svolgendo, fin qui culminata in un testo che reca i conferimenti di funzioni normative amministrative sui quali vi è l'assenso da parte del Ministero.
  È inoltre da tenere presente che, già nel corso della XVII legislatura, si è svolto un confronto fra le regioni in questione, culminato, come è noto, nelle pre-intese del febbraio del 2018, che già ipotizzavano un complesso di conferimenti nella materia ambientale. Benché tali pre-intese non abbiano valore giuridicamente vincolante rispetto alle trattative riprese nella Legislatura in corso, si è comunque ritenuto, in accordo con le regioni, di tenerne conto, salvaguardandone in larga misura il contenuto, anche in considerazione del fatto che esse sono state, a suo tempo, oggetto di un'approfondita istruttoria da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (MATTM) e in particolare di una verifica volta ad accertare che l'obiettivo di estendere l'autonomia regionale non si risolvesse in danno delle esigenze unitarie sussistenti anche nel campo ambientale.
  All'esito della trattativa fin qui svolta e, quindi, allo stato attuale, è già stato prospettato il riconoscimento di significative forme di autonomia differenziata in campo ambientale, consistenti principalmente in una clausola generale di attribuzione di potere normativo, entro il limite dei livelli essenziali di tutela stabiliti dallo Stato e dalle esigenze di carattere ultraregionale, nel trasferimento di funzioni normative e amministrative in tema di rifiuti, in alcuni casi con la clausola di cedevolezza al sopravvenire degli atti statali (elemento, a mio avviso, estremamente significativo) e nel trasferimento delle funzioni amministrative, e solo queste, in materia di danno ambientale.
  Per quanto attiene alla disposizione di carattere generale di attribuzione del potere normativo, la stessa mira a riconoscere alle regioni interessate poteri normativi attinenti sia alla disciplina sostanziale della materia ambientale sia all'allocazione e alle modalità di svolgimento delle funzioni amministrative.
  Quanto al primo aspetto, quindi alla disciplina sostanziale della materia ambientale, le originarie richieste regionali, in particolar modo quelle della regione Lombardia e della regione Veneto, rivendicavano una piena attribuzione di competenze normative anche con riguardo, ad esempio, alle agenzie ambientali.
  Il Ministero ha, tuttavia, ritenuto non accoglibile tale impostazione, poiché essa avrebbe finito per comprimere eccessivamente la possibilità per il legislatore statale di intervenire nella materia in questione e avrebbe, altresì, messo in discussione gli elementi di unitarietà che devono necessariamente contrassegnare il sistema delle agenzie ambientali, in quanto sistema a rete secondo il Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente (SNPA).
  Valorizzando le indicazioni provenienti dalla giurisprudenza costituzionale (rammentiamo, ad esempio, la recente pronuncia costituzionale del 2018 in materia ambientale, che ha segnato uno spartiacque e un punto di riferimento importante proprio nella materia di specie) si è, dunque, preferita una diversa formulazione, in virtù della quale le attribuzioni normative riconosciute alle regioni devono, comunque, essere esercitate entro due diverse categorie di limiti.
  Primo limite: i livelli essenziali di tutela stabiliti non solo dalle leggi, ma anche da regolamenti dello Stato, in ragione del particolare rilievo che le fonti sublegislative rivestono in campo ambientale. Occorre, sul punto, specificare che tali livelli non si risolvono in quelli espressamente definiti come tali dallo Stato, ma sono ricavabili anche in via interpretativa dalla disciplina statale in materia.
  Secondo limite: le norme statali che attengono a esigenze di carattere nazionale o sovraregionale, in considerazione del fatto che numerosi fenomeni ambientali trascendono i confini delle regioni e, pertanto, non si prestano a essere regolati da queste ultime. Si pensi all'inquinamento atmosferico che è, in chiara evidenza, proprio nella pianura padana. Pag. 5
  Per quanto attiene, invece, al trasferimento di funzioni normative e amministrative, allo stato attuale, nella bozza di intesa, che non è definitiva, è stato, inoltre, intestato alle regioni il potere di allocare sia le funzioni amministrative attribuite dalla suddetta intesa, nel rispetto, però, dell'articolo 118 della Carta costituzionale, a salvaguardia del principio di sussidiarietà, sia, in generale, quelle che lo Stato non imputa a organi o enti di livello statale, nel rispetto, però, delle funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane.
  Le regioni possono, altresì, disciplinare le modalità di organizzazione e svolgimento delle predette funzioni, ma nel rispetto delle norme statali sul procedimento amministrativo, riconducibili, secondo recentissima giurisprudenza costituzionale, all'articolo 117, comma secondo, lettera m) della Costituzione.
  Tali poteri regionali devono, peraltro, esplicarsi nella posizione di norme di principio quando si rivolgono a funzioni nella titolarità degli enti locali, in modo che siano fatti salvi i poteri normativi a questi ultimi garantiti, invece, dall'articolo 117, sesto comma, della Costituzione.
  Il testo dell'intesa in argomento prevede, inoltre, l'attribuzione alle regioni interessate di un complesso di funzioni amministrative attualmente in capo ai comuni e soprattutto alle province. Al riguardo, si rileva che tale previsione riprende quanto già stabilito dalle pre-intese del febbraio 2018, quindi è in continuità.
  In materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, l'intesa, nel riprodurre in parte quanto già disposto dalle pre-intese del febbraio 2018, contiene, inoltre, una disposizione che mira a riconoscere alle regioni interessate un potere di iniziativa qualificata concernente l'adozione di regolamenti di competenza dello Stato. In tal modo, le regioni vengono a disporre di un potere di impulso volto a sollecitare l'emanazione di atti che, pur nella competenza statale, sono altresì di interesse regionale.
  Più nel dettaglio, la procedura ipotizzata prevede di assegnare allo Stato un termine per la presentazione dello schema di regolamento innanzi al Consiglio di Stato. Decorso inutilmente il termine, la regione può adottare il proprio regolamento, ferma restando la possibilità per lo Stato di intervenire comunque nella materia, ponendo in essere una disciplina che si sostituisce a quella regionale. Il principio di cedevolezza viene dunque concretamente applicato in un termine dato.
  È inoltre previsto un obbligo di adeguamento degli atti amministrativi rilasciati dalle regioni sulla base della disciplina regionale, ma cedevole al sopravvenire di quella nazionale.
  Per quanto attiene all'attribuzione di funzioni normative e amministrative in materia di rifiuti, occorre precisare che le originarie richieste regionali prefiguravano, in parte, il trasferimento di un ampio novero di funzioni statali, disciplinate principalmente dal cosiddetto codice dell'ambiente, di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
  Tale impostazione ha richiesto, in sede di negoziazione, un duplice sforzo: da un lato, quello di individuare ed escludere le funzioni attualmente statali ritenute non trasferibili sulla base della giurisprudenza costituzionale; dall'altro, quello di riformulare la disciplina delle funzioni considerate, invece, trasferibili in modo da garantire, comunque, il soddisfacimento di esigenze di unitarietà.
  In particolare, l'obiettivo dell'unitarietà è stato perseguito sia prevedendo la cedevolezza, di cui già abbiamo detto, degli interventi regionali al sopravvenire degli interventi statali, sia disponendo il coinvolgimento in chiave consultiva (è, quindi, una consultazione obbligatoria) del sistema a rete per la protezione dell'ambiente, del quale è parte l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) vigilato dal Ministero dell'ambiente, in modo da dare una garanzia normativa, ma anche una garanzia tecnica di unitarietà.
  La bozza di intesa prevede, altresì, in tema di difesa del suolo, l'attribuzione alle regioni di funzioni amministrative concernenti l'approvazione delle varianti dei Piani di bacino distrettuale di natura non sostanziale, che sembra effettivamente necessaria. Pag. 6
  In particolare, la previsione richiama l'individuazione delle componenti di esclusivo interesse della singola regione delle varianti dei Piani di bacino distrettuale, ai sensi dell'articolo 66, comma 2, lettera b), del già citato codice dell'ambiente, vincolando cautelativamente l'azione anche al parere favorevole dell'Autorità di distretto, quindi il controbilanciamento dei poteri. Per detta attuazione, non si prevedono oneri finanziari aggiuntivi.
  Con riferimento al settore clima ed energia è prevista l'attribuzione alla regione delle funzioni normative e amministrative concernenti la graduazione della tassa automobilistica in funzione della potenzialità emissiva dei mezzi, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 5 febbraio 1953, n. 39 (testo unico delle leggi sulle tasse automobilistiche).
  Tale previsione si basa sulla considerazione che allo stato attuale, ai sensi dell'articolo 17, comma 10, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (legge finanziaria 1998), alle regioni sono già attribuite le funzioni relative alla riscossione, all'accertamento, al recupero, ai rimborsi, all'applicazione delle sanzioni e al contenzioso amministrativo relativi alle tasse automobilistiche.
  Pertanto, attese le competenze già attribuite alle regioni in materia di tassa automobilistica e la conseguente disponibilità presso le stesse di risorse e strutture amministrative all'uopo deputate, l'ulteriore attribuzione normativa prevista dalla bozza di intesa non comporta un aggravio dei costi generali in capo agli enti regionali.
  Per quanto attiene alla disciplina del danno ambientale, la bozza dell'intesa prevede una disposizione che mira a trasferire alle regioni interessate le funzioni amministrative di prevenzione e ripristino ambientale di cui al Titolo II della Parte VI del decreto legislativo n. 152 del 2006, con la garanzia dell'intervento sostitutivo dello Stato in caso di inadempimento da parte della regione e, in tal caso, con oneri a carico di quest'ultima (di nuovo, il controbilanciamento dei poteri). Tale trasferimento era già stato ipotizzato dalle pre-intese del febbraio 2018.
  Si precisa, al riguardo, che le regioni, nelle originarie proposte, chiedevano di acquisire anche le competenze relative al Titolo III (non più solo al Titolo II) della Parte VI del medesimo decreto legislativo n. 152 del 2006, che sostanzialmente è il risarcimento del danno ambientale, non più, dunque, solo le funzioni amministrative.
  Il Ministero dell'ambiente ha ritenuto, tuttavia, di non poter accogliere siffatta rivendicazione, poiché la disciplina specifica attiene a competenze esclusive dello Stato, non previste dall'articolo 117, vale a dire la giurisdizione e il diritto processuale ad ordinamento civile (sono, quindi, escluse dalla possibilità di essere trasferite per motivi di incongruenza costituzionale) che non sono, appunto, comprese tra quelle che possono formare oggetto della clausola di regionalismo asimmetrico.
  Per quanto concerne i costi sostenuti dal Ministero dell'ambiente in relazione alle competenze di cui al Titolo II, quello relativo alle funzioni amministrative, della Parte VI del decreto legislativo n. 152 del 2006, da trasferire ai sensi dell'articolo 116, comma terzo, della Carta costituzionale, si fa presente che esso non dispone di capitoli di bilancio destinati al finanziamento di interventi di prevenzione e ripristino ambientale. Quindi, non trasferiremo risorse perché non ce ne sono.
  Fermo restando quanto fin qui esposto, si rappresenta, altresì, che il principale profilo in ordine al quale il Ministero dell'ambiente ritiene ipotizzabili ulteriori aperture nei termini di seguito precisati riguarda quota parte del mondo delle bonifiche. A tale riguardo, la disposizione contenuta nel testo dell'intesa ipotizza di intestare alle regioni anzitutto poteri di proposta, nonché la realizzazione degli interventi di cui all'articolo 250 del codice dell'ambiente.
  Rispetto a ciò, l'ipotesi ulteriore che si formula nel testo è quella di riconoscere alle regioni medesime la gestione amministrativa dei siti di bonifica interamente ubicati sul territorio regionale. La norma, però, conserva in capo al Ministero dell'ambiente il potere di qualificare detti siti Pag. 7come siti di interesse nazionale, con ciò che ne consegue sulla base della disciplina vigente, anzitutto sul piano della titolarità ministeriale nel procedimento di bonifica.
  In buona sostanza, è possibile passare la gestione delle bonifiche dei siti di interesse nazionale (SIN) a intera rilevanza regionale, ferma restando una valutazione tecnica da parte del Ministero dell'ambiente se effettivamente è di intera ed esclusiva valenza regionale. Pensate, di nuovo, alle emissioni in atmosfera, o a quanto possa scaricarsi in un fiume o in un'asta torrentizia che, invece, attraversa più regioni, o alle falde acquifere che interessano più regioni. Ebbene, questo è un potere che il Ministero dell'ambiente intende conservare, proprio perché è ultraregionale. Quindi, dato che non si tratta più di una valutazione politica e nemmeno del Ministro in quanto tale, bensì del Ministero, quindi del soggetto tecnico, fatta questa verifica caso per caso, o è di competenza regionale o è di competenza nazionale. Questo, naturalmente, è riferito solo ai SIN.
  Circa gli impatti finanziari della disposizione in argomento, con particolare riferimento alla gestione dei SIN interamente ubicati sul territorio regionale, si osserva quanto segue. La legge 9 dicembre 1998, n. 426 (nuovi interventi in campo ambientale) ha previsto l'istituzione di un programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati, che individua gli interventi di interesse nazionale, gli interventi prioritari, i soggetti beneficiari, i criteri di finanziamento degli interventi e di trasferimento delle risorse.
  In attuazione della citata legge, il Ministero, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 18 settembre 2001, n. 468, ha adottato il regolamento recante «Programma nazionale di bonifica e di ripristino ambientale dei siti inquinati», con il quale si è provveduto, tra l'altro, a ripartire tra i siti di bonifica di interesse nazionale, all'epoca già individuati, le risorse disponibili.
  Successivamente il decreto ministeriale 28 novembre 2006, n. 308 (Regolamento recante integrazioni al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 18 settembre 2001, n. 468, concernente il programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati) ha assegnato, a integrazione di quanto già previsto, nuove risorse a favore degli ulteriori SIN identificati con le leggi successive.
  In aggiunta a tali risorse, il Ministero dell'ambiente ha assegnato a favore dei SIN ulteriori finanziamenti a valere su risorse ordinarie di bilancio, risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC, per intenderci gli ex FAS) attribuite appunto al MATTM e risorse derivanti dagli atti transattivi stipulati con soggetti economici operanti nei siti inquinati.
  Le risorse complessivamente stanziate dal Ministero per gli interventi di bonifica di competenza pubblica nei primi cinquantasette SIN (all'epoca erano tanti) originariamente individuati ammontano a circa 2 miliardi di euro e sono state trasferite alle regioni, ai commissari delegati e alle province autonome di Trento e Bolzano.
  Ad oggi, i SIN sono stati rideterminati in quarantuno, dai cinquantasette originari, a seguito dell'emanazione del decreto ministeriale n. 7 dell'11 gennaio 2013 (decreto Clini) che ha previsto la ridefinizione dei criteri per l'individuazione dei SIN, con conseguente declassamento a siti di interesse regionale di quelli che non rispettano i criteri del decreto Clini.
  Più in generale, le risorse soprarichiamate sono state disciplinate attraverso il ricorso a strumenti di programmazione negoziata (sono sostanzialmente gli accordi di programma o gli accordi di programma quadro) sottoscritti dal Ministero, dalle regioni, dagli enti locali e dalle amministrazioni centrali coinvolte a vario titolo nel procedimento di bonifica, ovvero mediante l'emanazione di appositi atti di disciplina a livello regionale o secondo le modalità previste nelle diverse ordinanze di protezione civile delle aree interessate.
  Il quadro dei finanziamenti complessivi già stanziati dal Ministero dell'ambiente per quanto concerne le tre regioni in questione (Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto) a valere sulle risorse del Programma nazionale di bonifica di cui ho detto poc'anzi, sostanzialmente è il seguente. Pag. 8
  Abbiamo due siti per l'Emilia-Romagna, Fidenza e Officina Grande Riparazione ETR (recentissimo, peraltro). Per Fidenza, il finanziamento ammonta a circa 19,5 milioni di euro; sono stati impegnati 15,5 milioni e spesi dal soggetto beneficiario 14,7 milioni. Quindi, rimane poco altro da definire. Per Officina Grande Riparazione ETR di Bologna, il finanziamento ammonta a un milione di euro ma, essendo recentissimo, ancora non è stato impegnato nulla e, quindi, nemmeno speso nulla.
  In Lombardia, abbiamo il sito di Sesto San Giovanni, con un finanziamento di 13 milioni di euro dei quali non è ancora stato impegnato e speso nulla; il sito di Pioltello-Rodano, con 40,3 milioni di finanziamento, di quali sono stati spesi 39,4 milioni; il sito di Brescia-Caffaro, con 20 milioni di finanziamento, dei quali sono stati spesi 18 milioni (3 milioni residui); il sito dei laghi di Mantova e Polo Chimico, con 25,9 milioni di finanziamento (21,7 milioni spesi e 3,5 milioni rimanenti) e, infine, il sito di Broni, con 36 milioni di finanziamento, con 16 milioni impegnati di cui 3 milioni spesi e il resto ancora da definire. In Veneto, abbiamo il sito di Porto Marghera, con 770 milioni di finanziamento dei quali 728 impegnati e 718 in spesa.
  Per opportuna informazione, si rappresenta inoltre che, nell'ambito del Piano operativo ambiente FSC 2014-2020, approvato dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) con delibera n. 55 del 2016, il Ministero dell'ambiente ha assegnato, per alcuni dei SIN ricadenti nel territorio delle regioni di cui si tratta, le ulteriori risorse di seguito indicate, che tuttavia non sono state riportate nel quadro riepilogativo illustrato, tenuto conto che non sono ancora stati erogati ai soggetti beneficiari. Fidenza ha altri 1,8 milioni di euro, Brescia Caffaro recentemente ha ottenuto 35 milioni di euro e Venezia Porto Marghera 70 milioni di euro.
  Dette risorse saranno disciplinate con specifici accordi di programma, da sottoscrivere tra il Ministero dell'ambiente, le regioni e gli enti territoriali interessati (il prossimo a essere definito sarà proprio il sito di Brescia-Caffaro).
  Segnalo, infine, che, in occasione delle future assegnazioni di risorse in materia di bonifica dei siti contaminati, il MATTM, coerentemente con le previsioni del programma, dovrà programmare le stesse, assegnandole prioritariamente ai siti non transitati nella gestione regionale. Specificando questo, chiaramente risulta ciò che sarà trasferito come funzioni laddove il SIN sarà interamente regionale, per le motivazioni tecniche già chiarite, e tutto ciò che, invece, ovviamente sarà transregionale e, quindi, rimarrà nella disponibilità del Ministero, rimanendo di competenza del SIN. Faccio l'esempio chiaro del sito di Brescia Caffaro: stando alle notizie attualmente in possesso del Ministero, sembra essere tutto di interesse regionale. Ciò non toglie che, entro la pausa estiva, ho già concordato di deliberare l'accordo di programma per ulteriori 35 milioni di euro e, quindi, di chiudere il programma di bonifica.
  Per completezza di informazione, ricordo, da ultimo, che il Ministero dell'ambiente ha confermato il proprio diniego al trasferimento delle funzioni in materia di valutazione di impatto ambientale (VIA). Non si tratta di una scelta politica ma di una scelta tecnica. A tale proposito, occorre preliminarmente osservare che, ai sensi dell'articolo 118, primo comma, della Carta costituzionale, l'allocazione a livello regionale dei procedimenti di VIA e di verifica di assoggettabilità a VIA (VIA nazionale, ovviamente) riguardanti progetti e opere attualmente attribuibili allo Stato richiede la dimostrazione, caso per caso, dell'insussistenza di esigenze unitarie di livello statale. Questa è giurisprudenza costituzionale del 2018, chiarissima sull'argomento.
  Solo in tale ipotesi (il caso per caso) la predetta allocazione potrebbe ritenersi costituzionalmente corretta sulla base dei princìpi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione. Orbene, siffatta condizione non risulta in alcun modo soddisfatta da richieste che si limitano a rivendicare genericamente la competenza regionale su tutte le opere indicate o che possono avere un impatto del genere, né nel territorio regionale né dall'elenco predisposto, nel caso Pag. 9specifico, dalla regione Lombardia, che comprende la gran parte delle tipologie di impianti oggi inclusi negli allegati 2 e 2-bis della Parte II del decreto legislativo n. 152 del 2006, come modificato dal decreto legislativo n. 104 del 2017.
  D'altra parte, nella recente sentenza n. 198 del 2018, la Corte costituzionale rileva che nell'impostazione del citato decreto legislativo n. 104 del 2017 «la unitarietà e allocazione presso lo Stato delle procedure coinvolgenti progetti a maggior impatto ha risposto ad una esigenza di razionalizzazione e standardizzazione funzionale all'incremento della qualità della risposta ai diversi interessi coinvolti, con il correlato obiettivo di realizzare un elevato livello di protezione del bene ambientale».
  Alla luce di ciò, le richieste avanzate dalle regioni interessate in materia di VIA sono risultate carenti sotto il profilo della dimostrazione circa l'adeguatezza del livello regionale allo svolgimento delle procedure rivendicate e, per di più, esse si rivolgono a tipologie progettuali delle quali il giudice delle leggi ha riconosciuto la corretta allocazione presso il livello statale.
  Concludo il mio intervento esprimendo un'ultima valutazione. Quando abbiamo iniziato la cosiddetta trattativa o negoziazione, abbiamo fatto prima una valutazione di tipo costituzionale, cioè asciutta, assolutamente collegata a ciò che o la norma costituzionale, ovviamente, o la giurisprudenza costituzionale in modo inequivoco, come ho citato testualmente, ha sancito.
  Abbiamo, poi, aperto una negoziazione, perché ci sembrava istituzionalmente corretto, con l'Unione europea. Sappiamo che quello ambientale è un diritto di derivazione internazionale, e quindi al fine di non incorrere in eventuali procedure di infrazione, per tutelare l'Italia, è necessario negoziare anche con la Commissione ambiente presso l'Unione europea.
  Evidentemente, ci sono stati i due «paletti», e il caso evidente è proprio quello delle emissioni in atmosfera. Peraltro, abbiamo recentemente chiuso l'accordo con l'Unione europea per uscire dalla procedura di infrazione che riguardava tutta la pianura padana e non solo una regione, col climate dialogue, l'impegno del Paese Italia rispetto all'Unione europea.
  Vi prego, quindi, di credere che non c'è una vis «colorata» bensì una valutazione quasi tecnicistica dal punto di vista giuridico.
  Grazie a tutti.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro.
  Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire con un primo giro di interventi per porre quesiti o formulare osservazioni. Proporrei di far intervenire un parlamentare per gruppo, e solo dopo, se avanzerà del tempo, potranno essere consentiti ulteriori interventi.

  DARIO BOND. In una delle tante bozze girate su questa vicenda dell'autonomia, vedo ad esempio – magari, sarà cambiato – l'articolo 17 riguradante i rifiuti: proposta provvisoria del Ministro dell'ambiente, parere contrario della regione. Poi andiamo sulle bonifiche: proposta provvisoria del Ministero dell'ambiente, parere contrario della regione. Andiamo alla difesa del suolo: proposta provvisoria del Ministero dell'ambiente, parere contrario delle regioni.
  Ho capito non tantissimo, perché mi manca il quadro d'insieme di tutta la questione, ma ho apprezzato la sua spiegazione. Vorrei capire meglio, però, ad oggi su queste tre tematiche (rifiuti, difesa del suolo e bonifiche) quale sia l'oggetto del contendere. Dov'è che il parere contrario della regione si scontra con il Ministero?
  Vorrei anche capire da lei a che punto è questa proposta. Edizione messa in rete i primi di gennaio: sulla parte ambientale c'è una versione. Edizione girata sui giornali a maggio: c'è un'altra versione del rapporto delle regioni in materia ambientale. A oggi, pare che ci sia una riscrittura ancora di una serie di norme. Parliamo, in questo momento, dell'ambiente, perché abbiamo il Ministro qui davanti a noi.
  Chiedo al Ministro, se può, se non è legato a un vincolo di riservatezza, di dirci effettivamente come stanno le cose, e specificatamente su difesa del suolo e rifiuti.
  Sui siti legati essenzialmente alle bonifiche, le devo dire che lei è anche stato Pag. 10troppo buono sotto alcuni aspetti, perché non ha guardato le competenze regionali e statali, ma è andato dritto sui problemi, e in certi casi ha finanziato comunque, anche se di competenza regionale, determinate questioni, perché ne valeva la pena, perché a livello ambientale c'erano delle cose molto gravi.
  Devo anche dire che siamo al 7 per cento delle bonifiche dei siti. Sappiamo tutti benissimo che purtroppo l'Italia è una gruviera di buchi nascosti e di bonifiche di cui dovremmo parlare fino al 2100.
  Queste sono le domande che faccio. Mi piacerebbe, però, se fosse possibile, che entrasse nel merito specifico, magari scandendo con parole semplici quali sono le questioni che creano attrito.

  FRANCESCO BRUZZONE. Intervengo velocemente, anche perché al Senato alle 9.30 è convocata l'Assemblea.
  Tra le richieste delle tre regioni, ancora di più per qualche altra regione che è indietro, vengono avanzate delle proposte di autonomia in materia di biodiversità, e ancora più specificatamente in materia di gestione faunistica e controllo della fauna selvatica. Oggi, le regioni italiane sono abbastanza congelate su questo, e hanno comunque diversità tra una regione e l'altra in funzione delle realtà ambientali.
  Sul tema della biodiversità, che comprende anche il settore dei parchi – lo sappiamo – ma, ancora di più, sulla gestione faunistica e su questo problema grave che avanza ogni giorno che sta passando, come possono essere valutate da parte del Ministero le richieste di autonomia?

  DAVIDE GARIGLIO. Innanzitutto, signor Ministro, la ringrazio per la spiegazione, che è stata chiara e puntuale. Chiederei anche, visto che era una spiegazione molto tecnica di cui è stata data lettura, di poter acquisire il testo scritto, in maniera da non dover attendere il tempo necessario alla trascrizione. È vero che è tutto on line, ma questo ci consentirebbe di averla, e onestamente anche di leggerla. Era molto tecnica, e alla fine bisogna studiare molto bene i contenuti.
  Ho apprezzato la modalità con cui lei è venuto a illustrarci l'esito del lavoro svolto dal suo dicastero in materia. Sostanzialmente, ci ha detto che siete arrivati a una situazione su cui, per tutto ciò che ci ha detto, c'è un consenso tra il Ministero e le regioni interessate. C'è un ampio livello di consenso raggiunto, perlomeno su una parte delle competenze. Io vedo sempre le cose dal punto di vista positivo.
  Signor Ministro, vorrei chiederle sostanzialmente questo.
  Lei ci ha parlato in generale del processo di conferimento di funzioni, ma sappiamo che gli atti di iniziativa delle tre regioni erano diversificati tra loro: al di là dell'identificazione dei siti di interesse nazionale, che attengono al territorio su cui fisicamente sono allocati, le questioni che lei ha posto valgono per tutte e tre le regioni o siamo in una situazione differenziata regione per regione?
  Inoltre, l'organizzazione periferica ministeriale allocata a livello regionale ne risente oppure no? Uno dei rilievi formulati dal Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi (DAGL) di Palazzo Chigi è appunto quello di soppesare attentamente, a seguito di questo procedimento di autonomia differenziata, il destino delle strutture periferiche dello Stato allocate nelle regioni nell'ambito, ovviamente delle materie oggetto di conferimento.
  Ancora, quando è intervenuto sulla parte generale, ha detto che, tra i paletti che vi siete posti, vi è quello della definizione dei livelli essenziali delle prestazioni, che devono essere un parametro definito prima di questo procedimento. Ovviamente, condivido, condividiamo questa riflessione come Gruppo. A che punto siamo con la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni? Mentre nella sanità c'è un'esperienza passata e i LEA (livelli essenziali di assistenza) sono stati definiti, sui LEP (livelli essenziali delle prestazioni) e sulla possibilità anche dottrinale di definirli c'è una discussione molto forte.
  Sul punto delle risorse, poi, signor Ministro, ha detto a un certo punto del suo discorso che non ci sono capitoli di bilancio Pag. 11per finanziare queste funzioni, quindi non si trasferiranno risorse.
  Al netto della vicenda dei siti di interesse nazionale oggetto di bonifica, che hanno quindi risorse dedicate, le funzioni che passeranno dal Ministero alle regioni come saranno finanziate, secondo i vostri intendimenti e secondo gli intendimenti delle regioni con cui trattate?

  RUGGIERO QUARTO. Innanzitutto, ringrazio il Ministro per la dovizia e per il dettaglio della sua relazione.
  Vorrei svolgere due considerazioni, e inizio con la questione dei LEPTA, i livelli essenziali delle prestazioni tecnico-ambientali, stabiliti dalla legge 28 giugno 2016, n. 132, che ha dato poi luogo al Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente (SNPA) presso l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA).
  C'è un dibattito in corso che non mi sembra affatto concluso. Sono ancora da chiarire, e mi ricollego anche a quanto detto prima dal collega sui livelli essenziali, questi livelli essenziali delle prestazioni tecnico-ambientali, che sono molto vasti e spaziano dal dissesto idrogeologico all'inquinamento ambientale atmosferico e oltre. Sarebbe opportuno, stabilire anzitutto questi livelli essenziali e credo che questo metodo possa essere poi applicato a tutta la disciplina. Chiariamo prima i livelli essenziali, e poi potremo procedere a definire il resto.
  Vorrei inoltre sapere, a questo proposito, dal Ministro se ci sono delle evoluzioni. Le mie informazioni risalgono a dicembre 2018, quando si sono tenute delle riunioni abbastanza pressanti, però poi mi sembra che il tutto si sia un po’ addormentato, fermato. Mi piacerebbe sapere a che punto è la questione della determinazione dei LEPTA.
  Vorrei anche ribadire il concetto che il Ministro ha egregiamente espresso che l'ambiente non ha confini. È quello che sto dicendo più volte e ho ribadito anche al Ministro Stefani. L'ambiente non ha confini nemmeno quando apparentemente il fenomeno sembra locale. Anche una frana locale, che investe un piccolo territorio, può essere stata innescata da una variazione del sistema fluviale su cui si affaccia. Un cambiamento dei flussi delle acque può determinare uno scalzamento, e quindi può accelerare fenomeni di frana che possono sembrare del tutto locali. Per tacere, poi, dell'erosione costiera. Una diga in Piemonte può avere un effetto sull'erosione costiera in Veneto o in Emilia-Romagna.
  Al di là dell'esempio illuminante dell'aria che ha fatto il Ministro, palesemente senza confini, ritengo che anche molti fenomeni localizzati che riguardano la sicurezza del territorio non abbiano confini. Anche l'inquinamento elettromagnetico è un tipo di inquinamento che sicuramente non ha confini.
  Prego il Ministro, quindi, di essere particolarmente attento, ma so che anche l'ISPRA lo è, a questi problemi. Deve esserci senza dubbio una soprintendenza. La regia dei fenomeni ambientali non può che essere nazionale – non può di certo essere regionale – non possono che esserlo l'amministrazione, come ha detto giustamente il Ministro, la spesa, la sistemazione dei danni, la messa in sicurezza, il dissesto idrogeologico, ma c'è un decreto che già stabilisce questo.
  Si può abbinare alle regioni la capacità di spesa, ma la regia non può che essere nazionale, anche con riferimento a fenomeni piuttosto ristretti. Abbiamo cambiato l'Autorità di bacino, l'abbiamo fatta diventare, da locale, distrettuale, con l'Appennino meridionale, perché abbiamo capito che i fenomeni hanno ripercussioni molto ampie e molto più grandi di quelle che a noi appaiono.
  Anche grazie a quarant'anni di mestiere ho imparato questo, e cercherò di trasferire in tutte le maniere questo concetto a livello politico, parlamentare e governativo. Una particolare attenzione va a questo aspetto. Nel processo del regionalismo differenziato, questo concetto deve essere ribadito in maniera assolutamente chiara.

  ERICA RIVOLTA. Anzitutto, ringrazio il Ministro. Faccio parte della Commissione bilancio del Senato e so che da molti mesi si è avviata una grande discussione, in materia ambientale e, in particolare, sulla definizione del cosiddetto end of waste, così Pag. 12come sul recepimento di tutto il pacchetto relativo all'economia circolare.
  Già riuscire a sciogliere – so che ci state lavorando parecchio – questi due nodi, ci consentirebbe di avere una piattaforma di partenza omogenea per tutto il Paese su cui potrebbe meglio innestarsi il discorso del regionalismo differenziato anche in campo ambientale?
  Altro tema di grande attualità, visto che tutti i giorni ne sentiamo parlare per quanto riguarda le cronache romane o gli incendi dolosi che ci sono per esempio in Lombardia, è quello della gestione del ciclo dei rifiuti. Vorrei una conferma da lei che comunque la programmazione della gestione del ciclo dei rifiuti è in capo alle regioni, completamente.
  Anche in questo caso, penso che ci si aspetti da parte di tutte le regioni un atteggiamento di grande responsabilità. È sotto gli occhi di tutti, infatti, come non sia possibile pensare di risolvere la questione per anni spostando i rifiuti in altri Paesi o in altre regioni. Penso ci sia anche bisogno di un'etica in questo da parte della politica, dello Stato e delle regioni, che si debba arrivare velocemente a una determinazione in questo campo.

  UGO PAROLO. Anch'io voglio ringraziare il signor Ministro per la relazione che ha svolto. Si coglie sicuramente in questa sintetica relazione il lavoro corposo che è stato fatto. Ovviamente, abbiamo tutti compreso che è difficile spiegare in mezz'ora un lavoro durato diversi mesi. Questa sarà la difficoltà che avremo con tutti i Ministri, ovviamente. Lei, signor Ministro, a parte il Ministro per gli affari regionali, è il primo che audiamo in questo percorso allargato adesso a tutti i ministeri. Sarà una situazione che vivremo con tutti, naturalmente.
  Cerco, quindi, di andare al nocciolo, a una delle questioni che mi sembra sia stata un po’ ripetuta durante la sua qualificata relazione.
  In questo contesto molto stringente, dove l'articolo 117 della Costituzione riserva allo Stato la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema e trasferisce in maniera concorrente alle regioni la valorizzazione dei beni ambientali, più volte, credo giustamente, ha fatto riferimento a un percorso in cui la clausola di cedevolezza diventa l'elemento determinante. In alcuni casi, ha parlato di iniziative qualificate delle regioni, ma col potere di cedevolezza inverso da parte dello Stato. In altri casi, ha parlato di cedevolezza da parte dello Stato alle regioni in caso di inadempienza da parte dello Stato. In altri casi, ancora, ha parlato di possibilità per le regioni di esercitare le funzioni statali, ma previa verifica da parte dello Stato della ragionevolezza rispetto all'intervento della regione.
  Io credo che sarà importantissimo disciplinare questi percorsi, altrimenti, anziché introdurre un elemento di semplificazione, rischieremmo di introdurre un ulteriore elemento di complicazione. Lei giustamente ha portato ad esempio i procedimenti VIA, che possono essere fatti dalle regioni ma sui quali lo Stato deve verificare se non ci sia l'interesse regionale e, analogamente, si può ragionare sui siti inquinati.
  È evidente che se non definiremo questo percorso con tempi certi e con procedure certe, rischieremo di paralizzare magari per contrasti che sfuggono anche alla politica - ad esempio contrasti burocratici tra apparati dello Stato - questioni che invece meriterebbero di essere gestite in maniera molto veloce.
  Condivido l'impostazione finora illustrata, che è un lavoro in itinere, un lavoro in corso, evidentemente, come ha ricordato anche lei, e che quindi andrà affinato. Credo, però, che questi aspetti andranno ulteriormente disciplinati.

  PRESIDENTE. Do la parola al Ministro per consentirgli di replicare brevemente, dopodiché dobbiamo chiudere la seduta perché iniziano i lavori dell'Assemblea del Senato.

  SERGIO COSTA, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Grazie per le domande. Ho preso appunti. Abbiate solo la bontà di accettare risposte a braccio e mi riservo di fare un approfondimento giuridico che, in questo momento, rischierei di non fare bene. Pag. 13
  In ordine alla questione rifiuti, difesa del suolo e bonifiche, dico preliminarmente una cosa. È stato chiesto a quale accordo facessi riferimento delle tre regioni. La negoziazione sulla quale stiamo procedendo nasce da tre proposte di tre regioni che hanno una base comune sostanzialmente simile, e poi ovviamente diversificazioni per sostanza geografica o per orientamento di ciascuna regione. Proprio, però, interpellando gli elementi costituzionali di riferimento, nella negoziazione abbiamo chiarito che uno dei punti nevralgici è evitare geometrie variabili per l'ambiente, che è transregionale. Si rischia di intaccare un elemento fondamentale, cioè si rischia di dare vita alla cosiddetta economia di rapina, che già ebbi modo in tempi diversi di chiarire. Vuol dire, in buona sostanza, che magari una regione rispetto all'altra, al di là di ogni considerazione, può avere le maglie più larghe o le maglie più strette, determinando, specialmente nelle cosiddette zone contermini, il passaggio delle attività produttive da una regione all'altra, cosa che abbiamo già, ahimè, verificato, ovviamente in altre parti del mondo, non parlo dell'Italia.
  È un rischio che già è stato studiato. Lo abbiamo verificato proprio come fatto tecnico, economico e geografico. E dobbiamo evitarlo, perché ci sarebbe il rischio serio di questi spostamenti, che peraltro non solo vanno contro il principio della Carta costituzionale, ma recano anche un evidente danno di economia gestionale.
  Detto questo, qual è la negoziazione? È un elemento, secondo me, molto significativo: avere un cosiddetto testo unico per tutte e tre le regioni che sia sintesi e assonanza delle loro richieste.
  È chiaro che qualcuno, verosimilmente il Ministero, deve fare qualche passo in avanti in questo senso, ma anche le regioni devono fare qualche passo indietro, cosa che sta accadendo.
  Come ha detto l'onorevole Parolo, questa negoziazione è in itinere. Ed essendo la negoziazione in itinere, chiaramente ci saranno posizioni che si ricalibrano momento per momento. Noi abbiamo depositato l'ultima istanza i primi di giugno, ma già tre giorni fa abbiamo fatto una riunione in sala verde nella presidenza, e già qualcosa è cambiato proprio per arrivare in questa direzione.
  Che cosa, però, sta emergendo? Le tre regioni sono disponibili a questo tipo di ragionamento, che già mi sembra un dato molto significativo. Parlo per l'ambiente. Del resto non saprei nemmeno che dire. C'è questa disponibilità a trovare un'unitarietà complessiva, e quindi a venirsi incontro. Questo è il dato di riferimento.
  Venendo alle questioni più specifiche - ma in questo modo rispondo anche ad alcune altre domande sui rifiuti -, faccio un esempio della bozza che abbiamo rinegoziato alla luce dell'ultimo incontro avvenuto tre o quattro giorni fa, peraltro alla presenza del Presidente del Consiglio, dei due vicepresidenti, oltre che della Ministra competente.
  Dicevo dei rifiuti, che cederemo, e della determinazione dei criteri relativi alla localizzazione degli impianti. Potrei entrare nel dettaglio ma si tratta di un tecnicismo. È per dare lo spot. Mi sembra anche molto corretto. C'è anche la determinazione degli ordini di preferenza nell'ingresso dei medesimi impianti di smaltimento o altro. C'è la determinazione dei criteri di assimilazione, che cambiano, possono cambiare geograficamente. C'è l'individuazione delle forme di semplificazione della gestione dei rifiuti, che possono cambiare perché cambiano in funzione della norma regionale, e quindi in questo caso ci può stare una geometria variabile, sempre previ pareri del sistema nazionale agenziale. Il discorso tecnico è quello che, infatti, dà poi l'unitarietà al sistema.
  Ci sono, poi, i criteri specifici perché alcuni rifiuti cessino di essere tali. Sono qualcosa come dieci commi. Potrei scendere nel dettaglio, però forse non è il luogo.
  Per le bonifiche vale la stessa logica. Un po’ l'ho esplorata prima. La gestione dei piani programmatici di bonifica, però, è giusto che la facciano le regioni. Da qui come faccio a valutare se Caffaro viene prima in Lombardia di un altro sito lombardo, di cui mi sfugge il nome, quello che sta a Milano? Non ha nemmeno senso che Pag. 14lo faccia io da qui. Diventa un centralismo senza significato.
  Diverso è il caso, invece, se il SIN è ultraregionale o meno. Tutta la programmazione, la pianificazione, è giusto, almeno a mio parere, che venga assegnata. Sto scendendo in piccoli particolari, ma a spot.
  Le funzioni amministrative relative all'approvazione delle varianti di bacino sulla difesa del suolo mi sembra chiaramente che siano attribuibili alle regioni.
  Sono i tre argomenti citati nella domanda, che io vedo qui sui miei appunti, di ulteriore negoziazione che stiamo portando al tavolo interministeriale.
  Mi si chiedeva, poi, la ragione dei pareri contrari. Se si risale storicamente al momento in cui sono stati espressi, si vede che i pareri contrari sono stati espressi prima della negoziazione di giugno. In autunno è iniziata la prima trattativa, a febbraio c'è stata un'altra interlocuzione robusta – le risparmio la narrazione di tutte le negoziazioni intermedie – e nel frattempo sono stati espressi dei pareri contrari che, evidentemente, non sono espressione di una totale contrarietà ma sono riferiti solamente ad alcuni commi. Vi è stata poi una ulteriore rinegoziazione per giungere a una bozza unica, che ancora deve essere negoziata, ma finalmente si intravede una sorta di sintesi e stiamo arrivando a un risultato concreto. Sono, nei limiti della questione ambientale, abbastanza ottimista, ma non posso esprimermi circa i tempi necessari per giungere al termine della trattativa perché, evidentemente, si tratta di aspetti che superano la mia competenza. Credo che siamo a buon punto, se non altro perché ieri – lo ha voluto il caso – abbiamo mandato alla Ministra Stefani un'ulteriore bozza di negoziazione su quanto era emerso tre giorni fa in presidenza. Ci stiamo lavorando. Non so se sono stato soddisfacente.
  Onorevole Gariglio, il principio di unitarietà è quello che ci ha spinto in particolare, alla luce non solo della Carta costituzionale, ma della giurisprudenza costituzionale. Abbiamo tenuto sempre la barra dritta, come Ministero dell'ambiente: tutto ciò che ha un senso geografico e tutto ciò che ha un senso gestionalmente amministrativo, vuol dire qualcosa che può semplificare – ho fatto l'esempio dei rifiuti a livello geografico, perché intercetta norme regionali già esistenti o a venire – ci mancherebbe altro, si può tranquillamente riassegnare.
  Tutto ciò che, però, può incidere su una diversificazione della gestione del bene ambiente ci preoccupa molto, per i motivi costituzionali esposti, perché c'è un'incidenza costituzionale, che ha ricadute anche a livello europeo.
  Da questo punto di vista, abbiamo scarnificato il sistema proprio per chiarire che tutto ciò che ha un senso unitario deve necessariamente rimanere allo Stato, non però sotto forma di regia, ma sotto forma di coordinamento perché dal punto di vista giuridico è più «delicato» in quanto non incide, non entra a gamba tesa, non c'è una rilevanza giurisdizionale sull'argomento, quanto invece sono le norme o le linee guida o un altro quadro, in cui poi ogni regione si inserisce.
  La cosa importante, a nostro parere, è il controbilanciamento dei poteri. Nel momento in cui alle regioni viene assegnata una competenza e dei tempi entro quali agire e le regioni sono inadempienti, sopraggiunge lo Stato, che interviene ma a spese delle regioni, altrimenti sarebbe come dire: io regione non voglio fare questo, lascio decorrere i termini così poi lo fai tu e ci spendi pure i soldi! Sarebbe un po’, diciamo così, fanciullesco. Costruito così, invece, mi sembra ci sia un'assunzione di responsabilità serio nonché un controbilanciamento su chi fa e cosa fa. Questo in parte risponde anche alla riflessione dell'onorevole Parolo, quando chiede com'è declinato il tempo delle tante cedevolezze: è declinato con tempi perentori. Nella bozza che abbiamo mandato di nuovo in gestione, abbiamo detto: se entro dodici mesi, non procedi per la bozza di regolamento – non dodici mesi circa, ma dodici mesi perentori –, puoi fare quello che io non sono stato in grado di fare come Stato, o viceversa. Questo vuol dire o l'uno o l'altro. Il viceversa determina in termini perentori il principio della responsabilità assegnata. Pag. 15
  È vero, quindi, che c'è sempre il rischio di contenzioso amministrativo, però stabilendo termini perentori, una tracciabilità amministrativa, a mio avviso si limita, se non si esclude totalmente, il rischio potenziale che lei chiaramente ha espresso e che noi abbiamo sancito proprio per evitare che questo fosse un rischio slabbrato. Sarebbe stato come svuotare il mare con un secchiello: non avrebbe avuto alcun senso.
  Su questo stiamo negoziando ancora, chiaramente, perché il senso di responsabilità, che ci prendiamo come Stato ma che chiediamo alle regioni, va negoziato, perché poi c'è anche il rischio della responsabilità erariale in quel senso. Va, quindi, negoziato sempre per una questione di trasparenza e correttezza, ma questa è la linea.
  Tornando all'onorevole Gariglio, in ordine alle strutture periferiche, la questione era già stata esaminata nel corso della precedente legislatura giungendo alla stesura dalle pre-intesa di febbraio 2018, a cui ho fatto riferimento e dalla quale noi siamo partiti, perché nulla va gettato a mare se comunque ha una base significativa, e all'approvazione della legge n. 132 del 2016, cioè la legge del sistema agenziale. Per essere chiari, il Ministero dell'ambiente non ha sedi periferiche. Di fatto, si appoggia al sistema agenziale, che è un sistema già regionale che ha come coordinamento, non come vigilanza, l'ISPRA. In realtà, quindi, noi non trasferiamo niente, perché non c'è niente da trasferire come sedi periferiche. C'è da coordinare il sistema agenziale.
  Ecco perché – ci avete fatto caso – io richiamo sempre l'aspetto tecnico del parere di ISPRA: non è ISPRA in quanto tale, ma in quanto coordinatore del sistema agenziale, che mi dà il parere veicolato da ISPRA e triangola sul Ministero dell'ambiente. In realtà, di trasferimento non c'è nulla.
  Chiaramente, i livelli essenziali di prestazione sono un elemento cardine, perché il livello minimo essenziale deve essere tale in Sicilia e uguale in Valle d'Aosta. Ho fatto i due esempi solamente perché sono geograficamente distanti tra loro, ma vale per tutto il Paese Italia.
  ISPRA, che è il nostro braccio operativo come MATTM, ci sta lavorando. Non è facile, ovviamente, perché devono essere individuati i livelli minimi di gestione, di controllo e di valorizzazione che ogni sistema agenziale, quindi ogni regione attraverso il sistema agenziale, pone come obiettivo, dal quale non deflettere. Non si può scendere sotto. Su quello si sta negoziando. Dispiace che il senatore Quarto si sia dovuto allontanare, ma la negoziazione sta andando avanti, non è ferma, ma non si può procedere a strappi. È una negoziazione che va condotta con ogni regione, anche perché non può essere fatta soltanto con le tre regioni, ma con tutte.
  Peraltro, devo anche dire, come ha detto il senatore Bruzzone poc'anzi, che queste sono solo le prime tre regioni. Vado a memoria, ma in questo momento altre nove o dodici, anche se posso sbagliare – non ricordo se nove più tre o dodici più le tre che abbiamo già detto – hanno già richiesto la procedura di autonomia differenziata. Questo significa che ormai il treno è partito. Su questo ci stiamo avvantaggiando proprio con i LEPTA, ma ci vorrà un tempo tecnico significativo per poterlo fare.
  Anche la senatrice Rivolta è dovuta andare via, ma per quanto riguarda l’end of waste, in realtà era nelle tre richieste delle regioni, con tutto il sistema dell'economia circolare. Noi l'abbiamo espunto, ma d'accordo con i soggetti deputati, per il semplice motivo che lo stiamo risolvendo con legge ordinaria dello Stato. Una parte è già passata, stiamo negoziando proprio in questi giorni una quota parte per farla passare al più tardi entro la fine del periodo estivo, proprio per consentire di definire la cosa il più presto possibile.
  Il tema è: se già l'hai fatto con legge ordinaria dello Stato, non ha senso assegnarlo alle regioni, perché quello che potreste assegnare con il procedimento dell'articolo 116 della Costituzione, che è più lungo nella sua applicazione di una legge ordinaria dello Stato, lo anticipi e ottieni il medesimo risultato. Mi è sembrato anche trasparentemente gradito a tutti i soggetti.

  PRESIDENTE. Mi perdoni, Ministro, se la interrompo, ma è iniziata la seduta al Pag. 16Senato e proceduralmente non possiamo continuare l'audizione. Il Ministro può farci pervenire le altre risposte, se lo ritiene.

  SERGIO COSTA, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Dovete darmi, però, un po’ di tempo, perché ho risposto a braccio.

  PRESIDENTE. Assolutamente, sì. Do la parola all'onorevole Gariglio che ha chiesto di intervenire per porre una richiesta al Ministro.

  DAVIDE GARIGLIO. Signor Ministro, vorrei chiederle se è possibile acquisire la bozza che ha inviato alla Ministra Stefani ieri. Il Ministro gentilmente ci ha chiarito i vari passaggi dell'interlocuzione tra lo Stato e le regioni su tutte le materie, dicendoci che comunque erano bozze riservate e che si trattava di documenti non vincolanti finché non si fosse giunti a un testo condiviso, e dunque come tali li abbiamo giudicati e non li abbiamo divulgati, anche se sono depositati presso la segreteria della Commissione. Le chiederei di acquisire anche l'ultimo livello di negoziazione.

  SERGIO COSTA, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Non conosco la procedura, mi cogliete impreparato, ma ho il garbo della buona educazione di chiedere alla ministra Stefani, se per voi non è un problema, altrimenti sembrerebbe poco cortese nei confronti della collega.

  PRESIDENTE. È assolutamente corretto, ci faccia sapere.
  Ringrazio il Ministro Costa e tutti gli intervenuti.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.30.