XVIII Legislatura

Commissione parlamentare per le questioni regionali

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Mercoledì 10 aprile 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Corda Emanuela , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUL PROCESSO DI ATTUAZIONE DEL «REGIONALISMO DIFFERENZIATO» AI SENSI DELL'ARTICOLO 116, TERZO COMMA, DELLA COSTITUZIONE

Audizione del presidente della regione Lombardia, Attilio Fontana e del presidente della regione Veneto, Luca Zaia.
Corda Emanuela , Presidente ... 3 
Fontana Attilio , presidente della regione Lombardia ... 3 
Corda Emanuela , Presidente ... 5 
Zaia Luca , presidente della regione Veneto ... 5 
Corda Emanuela , Presidente ... 9 
Dal Mas Franco  ... 9 
Corda Emanuela , Presidente ... 10 
Dal Mas Franco  ... 10 
Parolo Ugo (LEGA)  ... 10 
Corda Emanuela , Presidente ... 11 
Zardini Diego (PD)  ... 11 
Acquaroli Francesco (FDI)  ... 13 
Abate Rosa Silvana  ... 14 
Fregolent Sonia  ... 14 
Bond Dario (FI)  ... 15 
Gariglio Davide (PD)  ... 15 
Pella Roberto (FI)  ... 16 
Savino Sandra (FI)  ... 17 
D'Alfonso Luciano  ... 17 
Corda Emanuela , Presidente ... 17 
Fontana Attilio , presidente della regione Lombardia ... 17 
Corda Emanuela , Presidente ... 17 
Fontana Attilio , presidente della regione Lombardia ... 17 
Corda Emanuela , Presidente ... 19 
Zaia Luca , presidente della regione Veneto ... 19 
Abate Rosa Silvana  ... 22 
Zaia Luca , presidente della regione Veneto ... 22 
Fontana Attilio , presidente della regione Lombardia ... 22 
Abate Rosa Silvana  ... 22 
Corda Emanuela , Presidente ... 22 

Allegato 1: Documentazione depositata dal Presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana ... 23 

Allegato 2: Documentazione depositata dal Presidente della Regione Veneto Luca Zaia ... 31

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
EMANUELA CORDA

  La seduta comincia alle 9.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del presidente della regione Lombardia, Attilio Fontana e del presidente della regione Veneto, Luca Zaia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul processo di attuazione del «regionalismo differenziato» ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, l'audizione del presidente della regione Lombardia, Attilio Fontana, e del presidente della regione Veneto, Luca Zaia.
  Ringrazio i presidenti Fontana e Zaia per la loro presenza e do la parola al presidente Fontana per lo svolgimento della relazione introduttiva.

  ATTILIO FONTANA, presidente della regione Lombardia. Signor presidente, signori commissari, sono qui a esporre sinteticamente la situazione che si è venuta a creare dopo che è stato attivato il percorso per l'attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione.
  Com'è noto, l'articolo 116 della Costituzione prevede ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell'articolo 117, e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), n) e s). L'articolo 117 della Costituzione reca l'elenco delle materie di legislazione esclusiva e di legislazione concorrente. L'articolo 119 stabilisce poi che i comuni, le province e le città metropolitane hanno risorse autonome e disciplina le modalità di finanziamento dei richiamati enti locali.
  L'articolo 14 della legge 5 maggio 2009, n. 42, prevede poi che con la legge con cui si attribuiscono, ai sensi dell'articolo 116, forme e condizioni di autonomia a una o più regioni, si provvede altresì all'assegnazione delle risorse finanziarie in conformità dell'articolo 119 della Costituzione e ai princìpi della medesima legge.
  Lo statuto della regione Lombardia, all'articolo 14, terzo comma, stabilisce che spetta al consiglio deliberare in merito all'iniziativa e alla conclusione dell'intesa con lo Stato ai sensi del 116, terzo comma.
  Le disposizioni citate costituiscono il quadro essenziale di riferimento nella cui cornice si è sviluppato il percorso per il conseguimento dell'autonomia.
  Nel corso della X Legislatura è stato avviato un percorso finalizzato a rilanciare il tema della richiesta per l'attribuzione dell'autonomia. Nel corso della riunione del 17 gennaio, il consiglio regionale ha dato il via libera all'indizione di un referendum consultivo e all'avvio del confronto con il Governo per definire l'intesa per ottenere ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, con cui sono stati impegnati il presidente della regione e la giunta, volto a individuare quali fossero le materie prioritarie su cui avviare il confronto stesso, le medesime indicate nella prima deliberazione consiliare del 2007, che aveva tentato, per la prima volta, di avviare il percorso per la maggiore autonomia. Pag. 4
  Nel 2017, il consiglio regionale si è espresso nuovamente sul tema dell'autonomia, approvando una mozione concernente il referendum per l'autonomia della Lombardia, in cui impegnava il presidente della regione a istituire un tavolo tecnico, a svolgere una trattativa successiva al referendum, a negoziare all'indomani dell'esito positivo del referendum.
  Il referendum si è svolto il 22 ottobre 2017 e ha visto la partecipazione di più di 3 milioni di elettori, il 95 per cento dei quali si è espresso a favore del quesito referendario.
  A seguito di questo risultato, il consiglio regionale ha approvato, quasi all'unanimità, con soli quattro voti contrari, nella seduta del 7 novembre 2017, la risoluzione concernente l'iniziativa per l'attribuzione alla regione di ulteriori forme di autonomia. In tale atto di indirizzo il consiglio ha impegnato il presidente della regione ad avviare il confronto con il Governo per definire i contenuti di un'intesa di cui all'articolo 116, a condurre il negoziato tenendo conto delle materie elencate nell'allegato A alla risoluzione, a esplicitare il complessivo assetto della potestà normativa per la definizione di rapporti chiari tra legislazione, potere regolamentare, relazioni e funzioni amministrative, a ottenere l'assegnazione di idonee risorse, ad assicurare adeguata, costante e tempestiva informativa al consiglio regionale, a garantire forme e modalità di coinvolgimento degli enti locali.
  Nello stesso mese di novembre del 2017, è stato avviato il confronto con il Governo per definire il contenuto dell'intesa tra Stato e regioni.
  Il 28 febbraio 2018 si è concluso il lavoro con il Governo, formalizzando un accordo preliminare contenente princìpi generali, oltre alle modalità per l'attribuzione delle risorse finanziarie, umane e strumentali necessarie all'esercizio delle ulteriori competenze, che prefigura alcuni livelli significativi di autonomia con riferimento a cinque materie (lavoro, istruzione, salute, ambiente, rapporti internazionali con l'Unione europea delle regioni).
  L'accordo riconosce come impregiudicato il prosieguo del negoziato sulle richieste di autonomia sulle medesime e sulle altre materie da parte della regione. Accordi di contenuto analogo sono stati sottoscritti in tale data anche da parte dell'Emilia-Romagna e del Veneto.
  L'accordo del 28 febbraio 2018 stabilisce che l'approvazione della legge debba avvenire sulla base di un'intesa tra Stato e regioni su proposta del Governo, in conformità al procedimento per l'approvazione delle intese tra Stato e confessioni religiose, di cui all'articolo 8, terzo comma, della Costituzione, e come tale può essere modificato, abrogato o derogato esclusivamente con leggi per le quali sia stato rispettato il medesimo procedimento bilaterale di formazione.
  Passo ora a qualche considerazione sulla procedura di approvazione dell'intesa.
  Occorre evidenziare che il principio di leale collaborazione tra Stato e autonomie territoriali mal si concilierebbe con un disegno di legge che intervenisse con integrazioni sostanziali rispetto alla comune volontà delle parti espresse nelle intese. Pertanto, pur nel rispetto del ruolo del Parlamento, che può e deve concorrere partecipando alla formazione del processo che porterà alla definizione dei contenuti dell'intesa, non si può disconoscere la rilevanza costituzionale del predetto principio di leale collaborazione.
  Si può, quindi, al riguardo prefigurare una soluzione che contenga il rispetto di ambo i profili evidenziati. Ciò avverrebbe prevedendo la possibilità di un atto di indirizzo parlamentare, quale una risoluzione che, a fronte di una comunicazione del Governo sullo stato del negoziato in corso, orienti l'azione del Governo stesso alle fasi successive del negoziato.
  Si deve poi evidenziare come, rispetto alle regioni a statuto speciale, le regioni ordinarie cui è attribuita una maggiore autonomia vantino una posizione giuridica peculiare, poiché le ulteriori forme e condizioni di autonomia, una volta concesse, non possono essere revocate unilateralmente, come in astratto potrebbe avvenire nei confronti delle regioni a statuto speciale, Pag. 5 previa approvazione di una legge costituzionale, diretta a mutare le competenze a esse attribuite.
  Nell'avvio dell'XI Legislatura, si è immediatamente riattivata l'iniziativa per proseguire nella trattativa. Il programma di Governo dell'XI Legislatura, approvato nella seduta del 10 aprile 2018, prevedeva e confermava l'impegno per il percorso di autonomia.
  Con l'ordine del giorno del 15 maggio 2018, il consiglio regionale ha impegnato il presidente della regione e l'assessore all'autonomia e alla cultura a promuovere ogni azione necessaria per proseguire nella trattativa, a rappresentare al Governo il nesso nevralgico nell'ambito della trattativa tra competenze e risorse, sostanzialmente con la conforme volontà di proseguire nella trattativa con il Governo.
  Devo aggiungere che questi princìpi, quelli cioè di richiedere l'autonomia, sono assolutamente condivisi dal sistema lombardo sia sul versante istituzionale sia su quello delle categorie produttive e sociali.
  Il 29 maggio 2018 è stato siglato un protocollo tra regione Lombardia, ANCI e UPL sul quale si fonda un'azione comune ai fini del riavvio del confronto circa l'attribuzione alla regione di ulteriori forme di autonomia.
  A ottobre 2018, si è ulteriormente sviluppato il percorso di confronto con il dipartimento degli affari regionali in relazione alle materie previste dall'articolo 116 della Costituzione.
  In occasione degli Stati generali dello sviluppo tenutisi in regione Lombardia il 24 ottobre 2018, è stato chiesto alle rappresentanze di sostenere sul livello nazionale la maggiore autonomia della regione. A questo proposito è stato redatto un documento che è stato sottoscritto praticamente da tutti i rappresentanti degli stakeholder del patto per lo sviluppo.
  Tra gennaio e febbraio 2019, si è sviluppata un'intensa serie di incontri tecnici. Il 30 gennaio 2019, il presidente della regione ha avuto modo di esprimere la propria soddisfazione a seguito dell'incontro con il Presidente del Consiglio dei ministri e a seguito dell'impegno assunto dal Governo di rispettare i tempi.
  Durante un'ulteriore sessione degli Stati generali per il patto dello sviluppo di gennaio 2019, il presidente ha condiviso con gli stakeholder un documento a sostegno dell'autonomia come segno della forte attenzione e della priorità attribuita da tutto il «sistema Lombardia» sul tema. Con tale documento i partecipanti agli Stati generali hanno invitato quindi il Governo a concludere sollecitamente l’iter per l'intesa proposta dalla regione Lombardia al fine di predisporre il conseguente disegno di legge per l'approvazione da parte delle Camere secondo il procedimento previsto dall'articolo 116, terzo comma.
  Questa è una rapida ricostruzione del percorso e dello stato dei lavori in cui oggi ci troviamo, ribadendo che le valutazioni sul merito di tutte le materie sono state fatte, i confronti con i rappresentanti dei Ministeri sono stati fatti, è stato predisposto un documento ad hoc, nel quale la regione Lombardia ha individuato i previsti trasferimenti di materia e di risorse e, all'interno delle singole materie, le singole competenze di cui chiediamo il trasferimento.
  Mi permetto di concludere dicendo, come ho già accennato, che tutto il «sistema Lombardia» sollecita a una rapida definizione della procedura.

  PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Fontana. Lo invito, a depositare la relazione agli atti della Commissione di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato 1).
  Prima di far intervenire il presidente Zaia, chiedo a tutti di iniziare a prenotare gli interventi, un rappresentante per Gruppo. Dopo l'intervento del presidente Zaia faremo un primo giro di domande.
  Do la parola al presidente Zaia per lo svolgimento della sua relazione.

  LUCA ZAIA, presidente della regione Veneto. Grazie, presidente, per l'opportunità. Un ringraziamento va anche a tutti i partecipanti, membri componenti della Commissione. Pag. 6
  Vi dirò che intervengo anche con piacere, perché considero questa la sede della discussione futura, e quindi la vera Bicamerale, dove spero si possa affrontare veramente, con serietà, la partita dell'autonomia.
  Ho predisposto una relazione scritta, che consegnerò agli atti della Commissione (vedi allegato 2), ma ve ne evito la lettura. Alcune cose, però, vorrei comunque dirle.
  Come sapete, il Veneto ha vissuto in maniera molto energica la partita dell'autonomia. Nasce da condizioni sociali e geopolitiche che tutti voi conoscete. Il Veneto confina con due realtà, due province autonome riconosciute dalla Costituzione repubblicana e una regione a statuto speciale. È quindi incuneato, e infatti noi diciamo che il nord-est non esiste. Non esiste perché l'unica regione a statuto ordinario è il Veneto, che arranca con le sue 600.000 imprese e 150 miliardi PIL per chiudere tutti gli anni un buon bilancio a favore anche di tutta la comunità.
  Vi dico questo perché noi viviamo questa condizione, e non vi sto parlando male, o non sto parlando contro le autonomie degli altri. Me ne guardo bene. Io sostengo le autonomie degli altri. Vi dico che da noi 32 comuni hanno chiesto di passare il confine. Conoscete la vicenda di Sappada. Sappada è uno dei 32 comuni che hanno avviato un processo di secessione dal Veneto per arrivare in contesti di comunità in cui l'autonomia è reale. È difficile spiegare a un albergatore di Cortina che, al di là dello steccato, i fondi che vengono dati sono assolutamente più ingenti per sostenere il turismo, e quindi comunque la competitività te la giochi nel raggio di qualche chilometro.
  In tutta questa partita, il Veneto da venticinque anni ha tentato la partita dell'autonomia, venticinque anni di insuccessi. Il muro di Berlino, però, è caduto. Tutti ci hanno un po’ ragionato, i grandi esperti e i premi Nobel, e alla fine il 9 novembre 1989 dei ragazzi sono saliti sul muro e lo hanno tirato giù.
  Il nostro big bang è stato rappresentato dal referendum, ma soprattutto dal fatto di aver presentato una legge referendaria nel giugno 2014, legge che il Governo precedente ha impugnato, nel pieno dei suoi diritti. Noi abbiamo combattuto. Era la terza volta che tentavamo di fare il referendum, e la Corte costituzionale ha dato ragione a noi.
  Dico davanti alla Commissione bicamerale dell'autonomia che la Corte costituzionale ha dato ragione a noi, e ci ha autorizzato a chiedere ai veneti: vuoi che alla regione Veneto siano attribuite nuove forme e condizioni di autonomia? Non ci ha autorizzato altri quesiti: nuove forme e condizioni particolari di autonomia. Questo è il contesto nel quale discutere.
  Noi abbiamo combattuto per quindici mesi per portare a casa questa sentenza. Abbiamo avviato un progetto assolutamente in linea con la Costituzione repubblicana e con tutte le leggi. Non possiamo accettare che alcuno dica sciocchezze relativamente alla legalità del nostro percorso, che ha il vaglio estremo della Corte costituzionale. Ricordo, peraltro, che uno dei giudici in quel momento era Sergio Mattarella.
  Detto questo, abbiamo attivato, come ha fatto il collega Fontana, un intero percorso per costruire questo progetto. Presentiamo una richiesta di ventitré materie, che sono esattamente quelle elencate nella Costituzione. Anche qui, non ci siamo inventati nulla al di fuori della Costituzione.
  Vi ricordo che siamo riusciti ad attivare tutto questo processo in virtù della modifica del Titolo V della Costituzione del 2001, che per anni è rimasto disatteso, inesplorato e la cui applicazione non è mai stata agevolata dai diversi Governi. Non è, infatti, un problema di colore politico. In diciotto anni tutti sono passati a Palazzo Chigi e in Parlamento, ma non abbiamo mai visto una concreta applicazione.
  È un percorso di virtuosità. La chiamiamo autonomia differenziata, ma lo è fino in fondo. Sentir dire che uno chiede troppo, uno chiede di meno, uno è più virtuoso, l'altro è meno virtuoso lo trovo anacronistico. Del resto, anche i Padri costituenti nel 1948 intravedevano comunque la possibilità di dare un'ossatura istituzionale assolutamente federalista a questo Paese. Pag. 7 Pensate che la Costituzione repubblicana è stata approvata tre anni dopo la fine della Seconda guerra mondiale, esattamente nelle stesse ore in cui la Germania approvava la sua Costituzione.
  La Germania ha fatto una scelta autenticamente federalista, ha dato origine ai Länder, si è strutturata da subito in maniera autenticamente autonomista. Esiste il Baden-Württemberg, esiste la Baviera. In Italia i princìpi federalistici ci sono fin dal 1948. Se leggete la Costituzione, ci sono, sono chiari. Non serviva la modifica del Titolo V, che è infatti solo servita come «istruzioni per l'uso», ma era già scritto che si poteva fare l'autonomia. Ben venga la modifica del Titolo V. Quantomeno oggi c'è un elenco di materie su cui non possiamo discutere se siano opportune o meno, a meno che qualcuno non voglia modificare la Costituzione ulteriormente. I presupposti ci sono tutti. Si parla quindi di autonomia differenziata perché ad ognuno, come diceva Einaudi, dovremmo dare l'autonomia che gli spetta.
  Io direi che dobbiamo dare più Stato dove ci vuole più Stato, meno Stato dove ci vuole meno Stato. Cito spesso Giorgio Napolitano. Da Presidente della Repubblica, gli hanno chiesto cosa fosse l'autonomia, e lui rispose: una vera assunzione di responsabilità. Ed è esattamente questo il percorso che noi abbiamo intrapreso.
  Ci sono delle comunità con comuni in dissesto finanziario. È imbarazzante vedere il numero di questi comuni. Non sto qui a farvi l'elenco, sennò qualcuno si agita. È pur vero, però, che ci sono comunità e regioni in Italia che hanno il 20, il 22, il 25 per cento di comuni in dissesto. La mia regione non conosce il dissesto finanziario. La regione del collega Fontana non conosce dissesti finanziari. E non è che abbiamo gestito i nostri comuni con opportunità diverse da altri. La buona amministrazione deve essere premiata.
  A me spiace – perdonatemi se lo dico qui, ma penso che la sede sia assolutamente autorevole – vedere che c'è qualcuno che comunque insinua che i cittadini saranno curati di meno per colpa dell'autonomia.
  Non è colpa nostra se in qualche comunità le uniche cosa che sanno fare sono buchi nella sanità ed esportare malati. Questo è il tema della sanità. A parità di condizioni, poi, ci sono delle scelte che si possono fare. Perdonatemi, ma faccio un ulteriore esempio.
  Nella mia regione accade, ma accade anche in Lombardia e in qualche altra regione, che abbiano deciso di curare il tumore al seno dotandoci della breast unit, dedicando le chirurgie a persone specializzate, che secondo le linee guida internazionali devono fare almeno 150 interventi all'anno e prendendo in carico la donna con il nodulo sospetto e portandola fino alla fine del suo percorso. Il risultato è che il 95 per cento delle donne con tumore al seno ha una cura con esito positivo di quel tumore.
  La tragedia è che in giro per l'Italia le donne muoiono di più in altre comunità, ma non perché manchino i soldi: semplicemente perché non si sono dotati di queste organizzazioni, Non si può dire, allora, che è colpa dell'autonomia. Andiamo, invece, a fare i conti a quella classe dirigente che governa male.
  Accettiamo, quindi, la sfida della virtuosità, e vado a concludere, poi sono a disposizione per le domande.
  Il tema è che la virtuosità deve essere premiata. Noi non stiamo proponendo la secessione dei ricchi. Non stiamo proponendo un progetto di sublimazione dell'ingordigia e dell'avarizia del nord o altre sciocchezze che sento dire. Stiamo semplicemente dicendo: metteteci alla prova. Se andate a guardare la norma finanziaria proposta in quella bozza di intesa che spero che qualcuno si decida a portare in Parlamento, in quella bozza che riguarda le risorse finanziarie – perdonatemi se ve la spiego in maniera semplicistica, ma rende l'idea anche di quante dichiarazioni sbagliate... Tutto quello che dico è contenuto in documenti scritti. Dico anche di più.
  Se volete disporre di ulteriore materiale, qualsiasi tipo di materiale, sul percorso di autonomia del Veneto, documenti dell'ufficio studi, analisi, proiezioni, costi finanziari, Pag. 8 è a vostra disposizione. Per noi, non c'è nessun problema.
  Dicevo della norma finanziaria e faccio un esempio, visto che si parla di secessione dei ricchi.
  La norma parla di introduzione dei costi e fabbisogni standard. Sembra quasi un'eresia, ma la legge n. 42 del 2009 prevede i costi e i fabbisogni standard. Non è un'invenzione dell'autonomia. Questo Paese dovrebbe già essersi dotato dei costi e dei fabbisogni standard. Non è una novità dell'autonomia. Che cosa dice la norma finanziaria?
  La norma finanziaria dice che si inizia con i costi storici, e posso garantirvi che le nostre comunità ci rimettono utilizzando il parametro dei costi storici, con la spesa storica, perché comunque siamo al di sotto... C'è un percorso di tre anni di avvicinamento a quello che dovrebbe poi diventare il fabbisogno standard. Nel frattempo, si dice che, partendo dalla spesa storica, si passa alla spesa media storica nazionale, per poi arrivare ai fabbisogni standard.
  Qualcuno dice che è un percorso che potrebbe mettere in difficoltà qualcuno, ma i primi ad essere in difficoltà siamo noi. Nella norma finanziaria è scritto che, poiché si trasferiscono alle regioni delle competenze, la Costituzione prevede che occorre trasferire anche le relative risorse finanziarie. Fin qua ci siamo. Poiché lo Stato non può trasferire risorse, ma solo consentire la compartecipazione al gettito erariale, noi non possiamo avere il trasferimento. A mio giudizio tutto ciò è illegittimo. Dobbiamo avere una compartecipazione al gettito. Se quella compartecipazione per pagare quelle competenze vale il 5 per cento del tuo gettito di oggi, allora si fissa il gettito di oggi e viene quindi corrisposto il 5 per cento. Se il gettito aumenta perché l'autonomia funziona e riparte l'economia, è ovvio che il 5 per cento può garantire un maggior gettito. Se, però, il gettito diminuisce, la regione è chiamata ad arrangiarsi per far fronte e pagarsi le nuove competenze. È una sfida di responsabilità unica. Questo è quello che diciamo.
  Quanto al ruolo del Parlamento, auspico – l'ha detto anche il collega Fontana in più occasioni, mi permetto di ricordarlo – che la discussione entri in Parlamento. Non ci fa paura il Parlamento. Non posso non ricordare, però, che questa Commissione il 28 febbraio 2018 ha già sancito che il percorso è quello del sì o del no. Ma evidentemente non è neanche giusto che il Parlamento non possa dire la sua.
  Se, da un lato, la giurisprudenza dice, anche il buon senso deve esserci. Non serve scomodare luminari della giurisprudenza e del diritto costituzionale. Siamo in due a firmare il contratto, non è che una terza persona può scriverlo. Poi, perdonatemi, se anche fosse così, il mio «Parlamento», il consiglio regionale, non può dire la sua su un provvedimento che esce da un altro Parlamento? Ma in questo modo diventa la storia infinita. Se volete dirci che non volete l'autonomia, affrontate il progetto in questa modalità, che è a mio giudizio una sostanziale presa in giro, secondo me.
  È pur vero che potremmo affrontare la discussione parlamentare lasciando ampio spazio al Parlamento di dare indicazioni, di dare suggerimenti, considerazioni, tutto quello che volete, ma dobbiamo discutere, o meglio dar modo al Parlamento di discutere, a mio avviso – è una mia posizione personale – sulla base di un contratto, di una bozza di contratto.
  Perdonatemi se ve lo dico, ma voi avete l'opportunità di scrivere la vera pagina di storia di questo Paese. Se non la scrivete voi, la scriverà qualcun altro, ma prima o poi l'autonomia verrà. Rendiamoci conto che, su venti regioni italiane, diciassette hanno già un percorso attivato, cinque hanno già l'autonomia – definiamola così – le speciali hanno già l'autonomia, le altre hanno chiesto di intraprendere un percorso verso l'autonomia. Noi chiediamo ventitré materie, l'amico e collega del Piemonte ne chiede dodici, se non ricordo male, Bonaccini dell'Emilia-Romagna ne chiede quindici, la Toscana – parlavo con il presidente Rossi – chiede un progetto alternativo. La stanno chiedendo tutti.
  Se davanti a questo processo ci giriamo dall'altra parte, arriverà qualcuno che lo coglie al volo e poi lo farà. Pag. 9
  Ringrazio per la disponibilità. Sono assolutamente disponibile per il materiale e anche per le domande.

  PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Zaia, anche per la documentazione consegnata di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato 2) e il presidente Fontana, tra l'altro molto precisi e disponibili.
  Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  FRANCO DAL MAS. Buongiorno. Grazie ai presidenti.
  Devo dire che il presidente Zaia, con il suo consueto linguaggio diretto, ha semplificato le cose, ed è arrivato al punto vero della vicenda. È un tema che stiamo affrontando ormai da anni, anzi mi permetto di dire che è grazie ai due presidenti che oggi abbiamo riportato in attualità l'articolo 116, terzo comma, della Costituzione. Chi era costui? Nessuno mai ha pensato, concepito una riforma del Titolo V, con la legge costituzionale n. 3 del 2001, che forse il grimaldello, l’ubi consistam attraverso il quale avremmo cambiato lo Stato. Questo ha detto Zaia qui: avete l'opportunità o di cambiare questo Stato regionale e ne fate un'altra cosa o la storia si occuperà di voi. Semplifico in questi termini.
  L'articolo 116, quando l'hanno pensato, pensavano a forme particolari e a condizioni di autonomia. Guardate le tre materie dell'articolo, della competenza esclusiva dello Stato, per esempio organizzazione dei giudici di pace. Che cosa significa? Che domani mattina alle regioni nominano i giudici di pace? Non penso che sia questo l'intento né dell'avvocato Fontana né del dottor Zaia. Non è questo il problema.
  Il problema, evidentemente, è che, oltre alle tre materie di competenza esclusiva dello Stato che passerebbero alle regioni e le altre dell'articolo 117 di competenza concorrente, e già qui i due governatori dicono due cose leggermente diverse. Un conto è ciò che dice la Lombardia, un conto è ciò che dice il Veneto. Mi pare di capire che il Veneto dica: datemi tutte le materie di cui alla legislazione concorrente, oltre alle tre di legislazione esclusiva, dell'articolo 116, e anche la possibilità di avere le risorse. Da dove le otteniamo? Attraverso le compartecipazioni, quindi i nove decimi di IVA, IRES, IRPEF, sostanzialmente, tutto ciò che si produce, e con ciò andando a rispondere al tema che le regioni del nord da tempo hanno posto del cosiddetto residuo fiscale. Significa che ricevono meno di ciò che si produce in quel posto.
  Non so se il Parlamento lo deciderà, ma credo anzitutto che sia molto serio quanto hanno detto i due governatori, che hanno auspicato chiarezza da parte del Parlamento su questo aspetto specifico. Credo che questo tema importante delle autonomie differenziate non debba essere un tema delle cosiddette antinomie differenziate. E non può essere un tema che divida ulteriormente il Paese tra nord e sud. Questo non farebbe bene all'Italia, non farebbe bene al Paese e non farebbe bene a ciò che hanno detto i Costituenti all'articolo 5, e cioè che la Repubblica è una e indivisibile.
  Detto questo, credo che il punto vero sia che forse il Parlamento deve dotarsi di una legge quadro per rendere operativo questo sistema e per far sì che non si eluda o non si vada contro lo spirito indicato nell'articolo 5 della Costituzione, cioè l'unità e indivisibilità della Repubblica.
  Lo dico da senatore eletto in una regione a statuto speciale, il Friuli-Venezia Giulia, confinante con il Veneto. Non è che il Veneto, caro Zaia, sia incuneato tra due diverse specialità. Il Veneto è una cosa un po’ diversa. Siamo noi a essere una parte che soffre la derivazione di regioni, anzi di Stati esteri confinanti, dove esiste la flat tax, come in Slovenia o in Austria, dove abbiamo assistito al problema della delocalizzazione delle nostre imprese.
  Oltre al tema se il Parlamento sia in grado di approvare una legge quadro, esiste un problema di fondo. Necessariamente tra Veneto e Lombardia abbiamo indicato due declinazioni in parte diverse dell'articolo 116 e di dove si vuole arrivare con l'articolo 116. Pag. 10
  Permettetemi di fare un piccolo riferimento.
  In Friuli-Venezia Giulia siamo usciti dal fondo sanitario nazionale nel 1997, e quindi ci paghiamo la sanità. Bene, oggi, se facciamo i conti, ci converrebbe tornare nel fondo sanitario nazionale.
  Stiamo molto attenti, quindi, su queste cose, perché evidentemente la questione è sicuramente complessa. Vedo che il presidente della Lombardia ha presente questa problematica.

  PRESIDENTE. Non vorrei interromperla, ma invito tutti a essere rapidi.

  FRANCO DAL MAS. Concludo. Scusatemi se mi sono dilungato in considerazioni personali.
  La domanda è questa, soprattutto al presidente Zaia, che è stato molto diretto ed esplicito dal punto di vista politico: non crede che si avvii un processo che, non solo dall'articolo 116, stravolge la Costituzione, cioè modifica fortemente la Costituzione, al punto che forse ciò di cui si parlava un tempo – penso alle macro regioni, all'esperienza della Fondazione Agnelli, non vorrei scomodare Miglio. È evidente che un problema di unità di questi territori esiste.
  Se lei antepone con il suo Veneto una specialità che supera la specialità costituzionale del Friuli-Venezia Giulia, pone un problema al Friuli-Venezia Giulia, che non significa che dobbiamo stare separati. Le rimando ciò che lei ha detto relativamente a Sappada: non mi risulta che ci siano altri comuni del Veneto che vogliano entrare nel Friuli-Venezia Giulia.

  UGO PAROLO. Un saluto al presidente Zaia e al presidente Fontana.
  Io ho avuto la fortuna, nella scorsa legislatura regionale, di far parte della giunta del governo Maroni, e quindi ho vissuto tutto il percorso che ci porta qui oggi. Voglio ricordare semplicemente che, se siamo qui, è anche perché oltre 5 milioni di cittadini lombardi e veneti hanno chiesto di fare questo. Lo ricordo a tutti i colleghi di tutti i partiti, perché una risposta questi cittadini la meritano.
  Credo che ci siano due questioni sulle quali bisognerebbe soffermarci e che sono state toccate da entrambi i presidenti. Una è quella del percorso istituzionale. L'altro è quella delle risorse. Ruota intorno a questi due grandi temi tutta la vicenda.
  In relazione al percorso istituzionale, è evidente che stiamo facendo da apripista. È stato detto, l'articolo 116, terzo comma, non è mai stato applicato. Se siamo qui, ribadisco, è anche perché 5 milioni di cittadini ce lo stanno chiedendo.
  Siamo di fronte a un percorso nuovo, e la difficoltà sta nel fatto che la Costituzione prevede che l'intesa debba essere firmata tra due soggetti, che sono il Governo e le regioni. Nulla dice in relazione al ruolo del Parlamento, che evidentemente deve approvare poi quest'intesa. Non è che non si dica nulla, ma non si dice nulla di cosa debba succedere nell'ambito di quel percorso. Evidentemente, il Parlamento non può essere escluso da questo percorso.
  Anche relativamente agli interventi dei due presidenti, bisogna trovare una soluzione ragionevole, che però ci porti alla conclusione del percorso, non a impedire che il percorso vada avanti. Certamente – mi permetto di dissentire dal collega che ci ha preceduto – una legge quadro, una legge di indirizzo significherebbe demandare alle calende greche la soluzione. Un atto di indirizzo, invece, rispetto al quale anche i temi che sono stati toccati dal collega che mi ha preceduto possono essere elencati e disciplinati, potrebbe basarsi, come è stato ricordato, su un preaccordo. Diversamente, quale atto di indirizzo possiamo dare?
  Credo che sinora il percorso sia stato, a mio modo di vedere, assolutamente corretto. Abbiamo l'opportunità come Parlamento di cogliere una grande occasione: prendere il documento, la bozza che è stata stilata, come prevede la Costituzione, dal Governo e dalle regioni, ed esprimerci in maniera che possa essere poi approvata dai due soggetti preposti secondo gli indirizzi che il Parlamento vorrà dare.
  Non dimentichiamo che stiamo parlando di una procedura rinforzata prevista dalla Costituzione. Anche da questo punto Pag. 11di vista è chiaro che il percorso, a nostro avviso, non può essere che questo.
  Passo rapidamente al secondo tema: quello delle risorse.
  Qui, invece, siamo di fronte a una preoccupazione che, più che fondata sui fatti è fondata su informazioni parziali o, talvolta, anche strumentali. Non se la prenda il collega che mi ha preceduto, ma anche dal suo intervento ravviso questo modo di diffondere informazione.
  Poc'anzi, il presidente Zaia ha detto esattamente il contrario – lo dico io, così tolgo dall'imbarazzo il presidente – di quello che il collega senatore affermava. Il presidente Zaia non ha assolutamente detto che si vuole trattenere il residuo fiscale, tema sul quale peraltro i 5 milioni di cittadini si sono espressi. Ha detto espressamente che, fissato il target dei trasferimenti attuali storici che lo Stato trasferisce alle regioni, si fisserà una percentuale di compartecipazione e su quella base si apre la sfida. Noi lombardi, veneti, se volete, abbiamo la presunzione di pensare che saremo in grado di alzare il PIL, la crescita delle nostre regioni, e quindi di dare più servizi ai nostri cittadini.
  Aggiungo una considerazione che il presidente Zaia non ha fatto.
  Se crescerà il PIL fissato – il presidente Zaia faceva l'esempio del 5 per cento per la compartecipazione – il restante 95 per cento andrà a tutti i cittadini italiani. Questa sfida, quindi, non solo non sottrarrà risorse al resto dei cittadini, ma produrrà probabilmente un beneficio per tutti i cittadini italiani. Si aprirà un percorso virtuoso che potrà andare a beneficio e a stimolo di tutti i cittadini. Credo veramente che sia un'occasione per tutti.
  Relativamente a queste due considerazioni, chiederei, se posso, di fare una domanda ai presidenti: di ribadire con forza se condividono queste mie considerazioni. Credo che possano aiutarci a sgomberare il campo da tante preoccupazioni, che spesso, lo ripeto, vengono alimentate anche in maniera strumentale, mentre con forza – lo dico anche al presidente – dobbiamo fare in modo che vengano eliminate, se possiamo usare questo termine, alla fonte, cioè attraverso il nostro ruolo, affinché tutti i cittadini italiani, non lombardi e veneti, capiscano che siamo veramente di fronte a un'occasione storica per avviare un percorso virtuoso per il nostro Paese.

  PRESIDENTE. Prima di dare la parola all'onorevole Zardini, vorrei chiedere di formulare domande più brevi e di evitare interventi troppo lunghi. Il tempo a nostra disposizione, purtroppo, è limitato.

  DIEGO ZARDINI. Ci proviamo Presidente, ma è anche un'occasione per noi di intervenire e dire ciò che pensiamo.
  Ringrazio i due presidenti, Zaia e Fontana, di essere qui con noi oggi. Come Partito Democratico tutto, intendiamo affrontare questo tema come una grande sfida per tutto il Paese, non solo per le regioni che hanno chiesto questo percorso. Peraltro, giustamente i presidenti ricordavano che questo è un percorso innovativo, perché mai in precedenza è stato intrapreso, e quindi ci sono anche incognite procedurali a cui dobbiamo prestare molta attenzione, e questo perché in passato anche chi governava quelle regioni (Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna in particolare) non aveva mai adottato questa procedura, ovvero non aveva mai indirizzato la richiesta di autonomia in questa direzione.
  Nel 2001, fu il centrosinistra a modificare la Costituzione in questo senso. Per quanto riguarda il Partito democratico, l'autonomia differenziata prevista dall'articolo 116, terzo comma, è l'elemento prioritario su cui lavorare. In passato, invece, sappiamo che si è parlato di devolution, anche di secessione in taluni casi. In quel caso, ovviamente, noi dissentivamo in maniera netta. Solo dopo vent'anni dall'introduzione della modifica della Carta costituzionale, siamo arrivati a quella che era la nostra impostazione originaria.
  È per questo che, nonostante qualche perplessità, in Veneto abbiamo partecipato come Partito democratico alla consultazione popolare. Abbiamo votato a favore, nonostante qualche difficoltà interna, principalmente a causa anche della propaganda del presidente. Pag. 12
  Anche oggi, ci troviamo davanti a qualche difficoltà, credo, nel percorso. Se è vero che qualcuno ha male interpretato le carte, che peraltro abbiamo anche fatto fatica a leggere, dato che non ci erano state consegnate, alla fine la difficoltà interpretativa su questo percorso anche da parte delle altre regioni nasce dal fatto che durante la fase referendaria si parlava di nove decimi, di autonomia speciale, di alcune cose che non possono non preoccupare esponenti parlamentari e presidenti di regione delle regioni diverse da quelle che hanno chiesto questo percorso.
  Da questo punto di vista, dunque, chiediamo che non ci sia alcuna rottura dell'unità nazionale. Chiediamo che non ci sia alcuna rottura né da un punto di vista giuridico, né da un punto di vista economico, né da un punto di vista sociale. Questo è un elemento straordinariamente importante se, anche da parlamentare veneto, voglio arrivare in fondo a questo percorso, che secondo me nasce in parte azzoppato.
  La prima questione è il tema del ruolo del Parlamento, citato anche dal collega leghista lombardo, se non erro. È un tema appunto, che i Presidenti di Camera e Senato dovranno affrontare. Mi pare che la dottrina si stia esprimendo in una certa direzione maggioritaria, anche se non unanime. Mi pare anche che il Presidente della Repubblica abbia fatto alcune affermazioni.
  Da questo punto di vista, concordo anche con il presidente Zaia quando dice: se il soggetto che propone una cosa non è più d'accordo perché magari il contratto è stato annacquato, è stato modificato radicalmente, c'è il diritto legittimo del consiglio regionale, del presidente della regione Veneto, di dire la sua, così come dei presidenti della Lombardia, dell'Emilia-Romagna e di altre regioni.
  È altrettanto vero che non possiamo passare sopra il Parlamento, visto anche il ruolo che deve avere, che può esprimersi solo con un sì o con un no. È troppo poco. Confrontiamoci sull'elemento di discussione vera, sui temi che rimangono aperti. Decidiamo insieme ai Presidenti di Camera e Senato l'elemento di discussione anche per noi parlamentari, per tutti i parlamentari, non solo delle regioni interessate. Questo potrà sicuramente aiutare il percorso.
  Mi riferisco anche al tema, quindi, di una maggiore trasparenza nel poter disporre delle bozze dell'intesa. Noi abbiamo avuto alcune bozze dai giornalisti. Credo che sia del tutto indecoroso per chi rappresenta la Nazione dover elemosinare i documenti per venire a conoscenza di cosa è scritto in quei documenti. Penso che sia importante trovare un momento nella procedura in cui il Parlamento possa dire la sua. Su che cosa? Soprattutto, ad esempio, sull'impostazione.
  Che alcune regioni abbiano chiesto autonomia differenziata su più o meno materie, penso non sia indifferente. È un atto anche di arroganza, credo, chiederle tutte da subito. Penso che alcune materie, per come la vediamo noi, siano anche di rilevante interesse strategico nazionale, per cui potrebbe essere che in una prima applicazione, come hanno fatto altre regioni rispetto al Veneto, la richiesta possa essere inferiore a ventitré. Si può decidere anche con una consultazione e con il coinvolgimento del Parlamento per definire le materie da cui partire, mettendo così giustamente alla prova la responsabilità delle regioni che chiedono autonomia differenziata.
  Un altro tema, è vero, è quello delle risorse, che deve essere chiarito in maniera più netta.
  Ho ascoltato l'intervento del collega lombardo della Lega e ne parlavo con alcuni colleghi: già dalle dichiarazioni dei presidenti non abbiamo avuto la stessa impressione circa il residuo fiscale e circa alcune altre questioni. La chiarezza su come saranno utilizzate le risorse, sempre per non rompere l'unità nazionale di cui dicevo prima, è di fondamentale importanza. Penso che anche la definizione della commissione paritetica debba essere rivista rispetto alle bozze che abbiamo avuto. Secondo me, non può comunque diventare un affare privato tra lo Stato e la singola regione. Deve essere una sfida di tutto il Paese, e concordo qui Pag. 13col presidente Zaia quando dice che deve esserci responsabilità da parte di tutti.
  Si potrebbe pensare a una fase di transizione in modo che tutti possano essere accompagnati verso forme di maggiore efficienza rispetto a quella attuale nel suo complesso. La diversità delle regioni riguarda anche l'ambito dell'efficienza della pubblica amministrazione.
  È ovvio che questo passaggio deve essere fatto insieme, e quindi non soltanto in un rapporto diretto tra la singola regione e lo Stato, altrimenti, a mio avviso, si rompe il meccanismo, e si corre il rischio vero di non far partecipare il Parlamento alla discussione, di non tenere insieme tutte le regioni in questo processo, anche quelle che ancora non avessero chiesto l'autonomia differenziata, e di far perdere un'occasione storica al Paese e alle regioni che hanno chiesto un risultato finale positivo auspicato anche dai cittadini.

  FRANCESCO ACQUAROLI. È sicuramente difficile essere contrari a un processo di autonomia, a maggiori autonomie per le regioni. Oggettivamente, le regioni del nord, le regioni del centro e le regioni del sud sono, dal punto di vista climatico, ambientale e territoriale, diverse. Conferire a ogni territorio la capacità di essere più competitivo e autodeterminare con più autorevolezza le linee di crescita economica, sociale e ambientale di intervento, è oggettivamente un processo, secondo il mio punto di vista, assolutamente giusto e accoglibile.
  Il problema del regionalismo differenziato non deve essere posto nei termini giusto/sbagliato, ma in termini di modalità di realizzazione nel rispetto della Nazione e dello Stato nel suo complesso e dal punto di vista dell'operatività di ogni regione. Non possiamo creare una regione diversa dall'altra, un'autonomia diversa dall'altra. Il quadro deve essere unico e deve garantire la solidarietà e l'unità nazionali.
  Poi c'è sicuramente la questione delle risorse, sulla quale deve assolutamente essere fatta chiarezza in questa Commissione. Credo che il processo che sta maturando nel nostro Paese debba essere assolutamente sviscerato in ogni suo aspetto.
  Ai governatori presenti, molto autorevoli, soprattutto nell'ambito di questo processo che si sta innescando nel nostro Paese, vorrei chiedere se sono consapevoli, e sicuramente lo sono, della questione del divario dimensionale presente per alcune regioni. Io, ad esempio, vengo dalla regione Marche, che è praticamente un terzo del Veneto, forse qualcosa come il 10-15 per cento della Lombardia, e credo che per noi, che siamo una piccola regione, il problema si ponga. Il nostro aeroporto, ad esempio, da solo non riesce a sostenersi. Noi chiediamo come possano le nostre imprese essere competitive se la questione dei servizi è lasciata alla dimensione e alla capacità, che purtroppo dipende dalla popolazione, dal numero delle imprese, di autodeterminare la competitività sul mercato.
  Ha ragione il governatore Zaia quando parla di sanità e di altri meccanismi, nei quali è fondamentale il virtuosismo. Allora è sicuramente giusto premiare il virtuosismo, ma non è giusto penalizzare chi per colpe non sue si trova in una posizione svantaggiata, perché il peso politico di una regione di 1,5 milioni di abitanti non è evidentemente il peso politico di una regione di 10 milioni di abitanti. Allo stesso modo appare evidente che la collocazione geografica del nord nell'ambito dell'asse dei trasporti est-ovest non è la stessa delle Marche, dell'Abruzzo, della Calabria, del Molise. Credo che queste questioni dimensionali e anche infrastrutturali debbano essere tenute in considerazione.
  Se vogliamo maturare un processo di autonomia, il processo di autonomia non può prescindere da un'autonomia che coinvolga tutti. Bisogna garantire lo stesso punto di partenza per tutti. Sono d'accordo, in questo processo di autonomia, sul fatto che lo Stato garantisca a tutti lo stesso punto di partenza. Poi chi è più virtuoso, cammina di più; chi è meno virtuoso, cammina di meno. Non si può, però, discriminare. Non può far pagare, oggi, all'abitante della regione Molise scelte fatte trent'anni fa. Sarebbe ingiusto, sarebbe creare – questo è il rischio che temiamo – due Italie o più: tre, quattro, cinque diverse Italie. Questa sarebbe la fine dell'unità nazionale, perché Pag. 14innescheremmo un processo che tra trenta, quaranta o cinquanta anni creerebbe, per forza di cose, un contrasto sociale e politico insanabile.
  Allora, sì, siamo tutti d'accordo sul regionalismo differenziato inteso come recupero dell'autonomia per garantire un cammino virtuoso e più virtuoso per chi è più organizzato. Siamo un po’ più titubanti quando alla linea di partenza di questo percorso c'è qualcuno che parte con un fardello troppo grande che rischia di affossarlo prima di partire. Pretendiamo chiarezza su questi processi.

  ROSA SILVANA ABATE. Benvenuti ai presidenti delle regioni Lombardia e Veneto. Entro subito nel merito. L'articolo 117 della Costituzione prevede questa forma di autonomia, ma l'autonomia non può certamente prescindere dal dettato costituzionale. Abbiamo audito il Ministro Stefani, e quando parlava di competenze richieste dalle regioni in questo regime, su questo tema dell'autonomia, parlava di competenze parametrate per regione, e io aggiungo «perimetrate». Non tutte le regioni chiedono le stesse competenze, lo stesso numero di competenze. Già questa sarebbe una tematica da approfondire, perché non c'è un indirizzo unitario, ma dovremmo poi studiare, regione per regione, quello che si chiede.
  Vorrei poi subito entrare nel merito dei cosiddetti standard storici. Prendo a esempio proprio la sanità, tema richiamato anche dal presidente Zaia.
  Io vengo dalla Calabria, presidente, una regione nota per il dissesto sanitario, ma sono arrivata qui perché faccio parte del Governo del cambiamento e voglio cambiare le cose nella mia regione, voglio condannare la cattiva gestione amministrativa e premiare le regioni virtuose. Non posso prescindere, però, dall'individuare i presupposti di cui si deve tenere conto nell'autonomia dell'esigenza reale, non storica.
  Per fare un esempio banalissimo, se nella mia regione non ci sono asili perché la cattiva gestione dell'amministrazione nella mia regione non li ha mai realizzati, ciò non vuol dire che non ci siano bambini e che non ci sia esigenza di asili.
  Chiedo a lei come interpreta questa richiesta dei cittadini. Io non rappresento in Senato, e quindi alla massima istituzione nazionale, che è il Parlamento, la cattiva amministrazione o la cattiva gestione; io rappresento i cittadini, i calabresi, che vogliono vivere con la stessa dignità con cui si vive in Lombardia. E dico anche, per quanto riguarda la sanità, che non solo a livello dimensionale, ma anche a livello di contribuzione, nella nostra regione riteniamo di avere avuto 2 miliardi in meno proprio per il settore sanitario. Certamente nessuno può negare che talvolta ciò che è stato dato sia stato gestito male, ma è compito della politica correggere questi fenomeni negativi, e quindi dare un segnale anche in questa direzione.
  Grazie, comunque, per le vostre relazioni.

  SONIA FREGOLENT. Sarò molto sintetica.
  Spesso, dal dibattito, come è emerso anche oggi, si nota che qualche collega ritiene che questo percorso di autonomia o regionalismo differenziato sia teso a creare cittadini di serie A e cittadini di serie B e a mettere in evidenza, piuttosto che il virtuosismo delle persone, le proprie lacune.
  Anche se non è propriamente questa la Commissione competente – forse, sarebbe più adatta la commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale, ma credo che il presidente Zaia riuscirà a dare comunque a questo consesso degli elementi utili – vorrei che il governatore fugasse, ad esempio, qualche dubbio relativo alla spesa sanitaria. È vero o non è vero che la spesa sanitaria del Veneto, in termini pro capite, è superiore alla spesa delle altre regioni? Quali obiettivi LEA sono stati raggiunti? Quale percorso virtuoso è stato messo in piedi in questi anni?
  Non sempre le regioni che attualmente chiedono l'autonomia hanno avuto in passato risorse maggiori o hanno attualmente risorse maggiori. È opportuno capire, come ha detto anche chi mi ha preceduto, come la richiesta di autonomia avanzata vada a incidere su una percentuale della compartecipazione Pag. 15 e non tocchi le risorse, che già per alcuni ora sono maggiori rispetto a quelle date ad altre regioni che hanno chiesto questo percorso – mi è piaciuto molto quando il presidente si è espresso in quei termini – di sfida sulla virtuosità. È opportuno che questa venga messa in evidenza.
  Allo stesso modo, relativamente all'ultimo intervento, se possibile vorrei che fosse chiarito meglio, per quanto riguarda la mia regione, se effettivamente lo Stato è intervenuto con la realizzazione di tanti asili statali, così come in altre regioni d'Italia, o se anche qui il Veneto si è attivato in altri modi e quale eventualmente è la compartecipazione rispetto agli asili, che spesso sono scuole paritarie che ricevono molto meno rispetto agli asili statali.

  DARIO BOND. Saluto i due presidenti della Lombardia e del Veneto.
  Mi dispiace non aver ascoltato interamente l'intervento del presidente della Lombardia, ma ho ascoltato attentamente il mio presidente, e concordo con il suo intervento.
  Voglio solo dire, poi formulo la domanda perché i tempi sono stretti, che quando la Corte costituzionale ha letto attentamente la legge regionale del Veneto, quella del 2014 – non so della Lombardia, ma più o meno il contenuto è analogo – ha valutato bene la costituzionalità del percorso. E quando ha autorizzato la consultazione referendaria, non è che non sapesse dove si sarebbe finiti. Si partiva a bocce ferme e si aveva un obiettivo preciso.
  Non entro nel merito degli articoli della Costituzione. Voglio porre una domanda secca al presidente Zaia, che conosco, ma anche al presidente della Lombardia.
  Ipotizziamo che quest'accordo sia approvato e che il famoso articolo 5 o ex articolo 5 di quest'accordo, che ho letto in parte, sul tema delle risorse finanziarie preveda che si inizi con i costi storici per i tre anni successivi, per poi passare ai costi standard: siamo sicuri che questo sia un passaggio positivo per la gestione delle varie materie da parte della regione del Veneto e della regione Lombardia?
  I costi storici non sono un grande affare. C'è, fondamentalmente, da incrociare le dita e vedere se la situazione economica funzionerà.
  La considerazione che faccio è questa.
  Abbiamo previsto o possiamo prevedere in quest'accordo una sorta di commissione paritetica che lavori contestualmente alla fase di prima applicazione di questo tipo di processo? Se abbiamo previsto questo meccanismo, a quel punto i due cuscinetti, tra Stato e regioni, che andranno ad applicare l'autonomia o il regionalismo differenziato, si equilibrano. In quel caso, tranquillizzo anche i colleghi che sono intervenuti, con le cui preoccupazioni concordo: se prevediamo una commissione paritetica che garantisce a tutti la qualità di servizi erogati – a tutti significa non solo alle regioni che hanno chiesto l'autonomia differenziata, ma anche a quelle che non l'hanno chiesta – a quel punto non ci possono essere assolutamente fraintendimenti, ragioniamo con i numeri puri e si può procedere più serenamente.
  Inoltre, secondo voi il passaggio in Parlamento di un preaccordo con atti di indirizzo, previo atto del Governo, è veramente il percorso migliore? Pongo la questione a tutti e due i presidenti.
  Concludo con una domanda secca sul tema dell'extragettito.
  Supponiamo che l'andamento dell'economia sia positivo, che si sia tutti felici, che lo spread arrivi a 80, che tutto vada nel modo migliore: che cosa accade dell'extragettito?

  DAVIDE GARIGLIO. Saluto i presidenti Fontana e Zaia.
  Noi conosciamo, signori presidenti, il testo dell'accordo preliminare siglato il 28 febbraio 2018. Quest'accordo, all'articolo 2, conteneva norme in materia di durata temporale. La prima domanda è: le norme in materia di durata temporale di cui all'articolo 2 rimangono nei testi successivi?
  Sono stati diffusi documenti relativi a bozze d'intesa del 25 febbraio 2019. Sono documenti che stanno girando nei Ministeri. Vorremmo sapere se questi documenti sono stati depositati oggi, se potete gentilmente depositarli, se sono documenti Pag. 16che vi appartengono o se ci depositate le ultime versioni relative alle bozze di intese che stanno oggi girando nei Ministeri.
  Per quanto riguarda la regione Lombardia, all'inizio di questa Legislatura, credo il 26 luglio, è stato depositato un dossier dalla regione Lombardia alla Presidenza del Consiglio dei ministri relativo alle materie oggetto di richiesta. Vorrei sapere se questo documento può essere acquisito dalla Commissione; se esiste un analogo documento contenente approfondimenti tecnici della regione Veneto e se possiamo acquisirlo.

  ROBERTO PELLA. Farò due considerazioni.
  In primo luogo, credo che ognuno di noi conosca l'importanza del voto popolare. Quando 5 milioni di cittadini si recano alle urne in una domenica non organizzata, ma per dare un'espressione di voto e in maniera così forte e chiara sull'autonomia, credo che, al di là del luogo da cui proveniamo, del partito a cui apparteniamo, non possiamo che riconoscere un voto popolare che sancisce in maniera molto chiara una voglia molto forte delle regioni andate al voto di un'autonomia importante.
  Quello che mi è piaciuto in modo particolare è quanto è stato detto su quella che deve essere questa sfida sulla virtuosità.
  Lo dico perché sicuramente il presidente Fontana, essendo stato per tanti anni sindaco, come il presidente Zaia, che pure ha conosciuto molto bene il ruolo delle autonomie locali, sanno bene che oggi, se alzeremo l'asticella, sicuramente otterremo migliori risultati. Purtroppo, oggi c'è indubbiamente una diversità a livello nazionale anche di costi dovuta a una cattiva gestione che sicuramente, come diceva il collega di Fratelli d'Italia, si è protratta negli anni non per colpa di chi c'è oggi, ma che ha visto l'asticella posizionarsi verso il basso invece che verso l'alto.
  Condivido, allora, in pieno quanto detto dal collega Parolo. Dobbiamo sicuramente partire – sia il presidente Fontana sia il presidente Zaia sono stati eletti democraticamente dai cittadini – da un'intesa che deve nascere tra loro e il Governo.
  Accogliamo favorevolmente l'invito del Presidente Mattarella, ma oggi anche del collega Parolo, di riportare la discussione anche all'interno del Parlamento, che credo abbia possibilità di intervenire nelle linee di indirizzo stabilite dai presidenti con il Governo.
  È chiaro, come diceva il collega Bond, che sarà poi necessaria la costituzione di un'eventuale commissione che lavori in maniera non politica, ma più tecnica e costruttiva, a un percorso finale. Potrebbe ben trattarsi della Commissione parlamentare per le questioni regionali, senza creare ulteriori carrozzoni. Eventualmente, si potrebbe così andare incontro alle sfide attuali, alle esigenze oggi presenti sui territori.
  Cito un'ultima partita, richiamata anche dal collega Bond e dal collega Parolo.
  Ritengo che dovremmo dare massima chiarezza alla questione delle risorse. Lo dico perché in modo particolare ho condiviso tanti anni di percorso comune con il presidente Fontana nell'ANCI. Caro Attilio, dobbiamo avere quella chiarezza che come comuni abbiamo sempre rivendicato e che oggi più che mai è fondamentale in un rapporto tra lo Stato e le regioni.
  Noi come Forza Italia, ma come credo ognuno di voi e come tutti i gruppi politici, dobbiamo rispettare due grandi princìpi: quello dell'unità e quello della solidarietà. E come comuni abbiamo sempre agito così – lo sai molto bene – anche nella discussione con i nostri vertici.
  Quello che chiedo è un percorso condiviso, ma naturalmente con la massima autonomia che in prima battuta dovete avere voi con il Governo; una condivisione parlamentare, ma soprattutto poi nella concretezza della trasformazione delle competenze e dei provvedimenti. Soprattutto, chiederei una maggiore chiarezza da parte di tutti sui numeri finali sul piano economico. Su questo dobbiamo sicuramente spingere l'asticella verso quel bel termine usato dal presidente Zaia: la sfida alla virtuosità; ma dobbiamo anche tenere conto dei problemi generali che ci sono oggi in Italia le diversità che sicuramente non sarà facile colmare, come quella tra il Nord e il Sud del Paese o tra regioni grandi e regioni piccole.

Pag. 17

  SANDRA SAVINO. Ho una domanda per il Presidente Zaia, che ho visto annuire, sulla richiesta del collega Bond relativa all'istituzione di una commissione paritetica.
  Evidentemente, la commissione paritetica dovrebbe essere di rango costituzionale. Poiché ho visto che il Presidente Zaia annuiva, vorrei chiedere come intende procedere relativamente alla richiesta della costituzione di una commissione paritetica, altrimenti si rischia di aprire un ragionamento completamente diverso e andiamo a chiedere una modifica costituzionale rispetto alla richiesta di autonomia.

  LUCIANO D'ALFONSO. Presidente Zaia, soprattutto a lei faccio una domanda a latere rispetto al tema dell'autonomia, ma nei fatti su un tema strettamente connesso al tema dell'autonomia: l'intesa di cui all'articolo 117, ottavo comma, dove si prevede la possibilità di creare organi comuni tra regioni vicine per fronteggiare i problemi comuni. Le chiederei anche del macroregionalismo. So che avete all'ordine del giorno anche questo argomento e mi interessa molto.

  PRESIDENTE. Do ora la parola ai nostri ospiti per la replica.

  ATTILIO FONTANA, presidente della regione Lombardia. Grazie per le domande.
  Dovrei dire subito una cosa. Sinceramente, molte delle domande che mi sono state rivolte mi lasciano veramente perplesso. Sentir parlare di attentato all'unità di questo Paese mi fa balzare sulla sedia. Vorrebbe dire che la nostra Costituzione prevede un percorso per arrivare alla disgregazione del Paese. Non dobbiamo dimenticare che stiamo avanzando le nostre richiesta nell'ambito di un percorso costituzionale assolutamente legittimo.
  Chi fa affermazioni di questo genere, che mi sembrano anche un po’ subdole e più volte a spaventare la gente e a lanciare messaggi subliminali che a dire la verità, mi dispiace un po’ che faccia questi discorsi. Non c'è alcuna volontà, alcuna possibilità, alcuna intenzione di andare verso una disgregazione del Paese. E la cosa, lo ripeto, è sottolineata e ribadita dal rispetto della Costituzione. Non scherziamo.
  Ho sentito poi fare un'altra affermazione che mi ha fatto balzare sulla sedia, e cioè che non sarebbe democratico e non sarebbe legittimo che le regioni facciano richieste differenziate. Qualcuno di voi ha detto: è assurdo che il Veneto ne chieda più dell'Emilia-Romagna. Scusatemi, ma, in termini molto rozzi, prendetevela con la Costituzione. È la Costituzione che prevede esplicitamente questa ipotesi, e non solo. È la Costituzione che, prevedendo questa ipotesi, prevede la possibilità che ci siano regioni che chiedono più autonomia, regioni che ne chiedono meno e regioni che non ne chiedono alcuna.
  Il riferimento è la Spagna. In Castiglia non è stato chiesto alcun tipo di autonomia, in altre regioni meno e in altre regioni di più. È giusto o sbagliato? Io dico che è bellissimo e che è giusto, ma comunque cambiate la Costituzione se non vi va bene. Ma non fate osservazioni sull'applicazione rigorosa della Costituzione, altrimenti non parliamo in maniera seria. Se diciamo che questa è una violazione della democrazia, non parliamo assolutamente in maniera seria. Ognuno chiede ciò che vuole.
  Uno è debole in qualche materia? Non siete in grado di mantenere autonomamente l'aeroporto nella regione Marche? Non chiedete l'autonomia su quella materia, così sarà sempre il Governo, sarà sempre il potere centrale che potrà sostenerci e dare una mano per mantenere l'aeroporto. È proprio questa la bellezza della riforma.
  Le risorse sono un altro tema sul quale si fanno più chiacchiere da bar che altro.

  PRESIDENTE. Colleghi potreste prestare più attenzione all'intervento del presidente Fontana?

  ATTILIO FONTANA, presidente della regione Lombardia. Capisco che, quando qualcuno non è d'accordo, si lasci sempre un po’ andare. Io non ero d'accordo su molte delle cose che avete detto, ma sono rimasto rigorosamente ad ascoltarle. Pag. 18
  Molti sostengono che ci siano problemi di risorse, ma bisogna anche in questo caso leggere con attenzione la base dell'accordo. Noi abbiamo semplicemente chiesto il trasferimento di competenze con le risorse che oggi spende lo Stato per svolgere quelle competenze, quindi costo per la collettività uguale a zero. Se oggi lo Stato spende 100 in una certa materia, ci trasferirà quei 100 e le competenze che oggi svolge, e le competenze le svolgeremo noi.
  In cosa consiste il vantaggio, vi chiederete. Forse, non riuscite a comprendere bene certi discorsi. Il vantaggio sta nel fatto che noi riteniamo di svolgere quelle competenze meglio dello Stato e a prezzi più contenuti. Allora, crediamo sì di avere un vantaggio: spendendo meno, risparmieremo soldi, e quei soldi ovviamente li tratterremo nelle nostre regioni, ma non li sottrarremo a nessuno. Se oggi li spende lo Stato, cambia soltanto l'agente pagatore. Se l'agente pagatore è talmente bravo da fare dei risparmi, quei risparmi rimangono nelle sue tasche. Non c'è alcun problema né dovrebbe esserci alcuna preoccupazione. La solidarietà rimane.
  Si parlava di un fardello di certe regioni. Il nostro fardello della solidarietà lo manteniamo. Il fatto che 56 miliardi di residuo fiscale della Lombardia continuino a entrare nelle casse dello Stato, lo lasciamo. Non chiediamo di spostare neanche un euro. Lasciamo che le cose rimangano come sono. Ognuno ha i suoi fardelli, dunque non piangiamoci troppo addosso.
  Noi siamo orgogliosi di aiutare il Paese e siamo orgogliosi di mantenere il fardello della solidarietà nei confronti degli altri senza chiedere niente.
  I costi standard – l'ha detto bene Zaia – non dovete addebitarli all'autonomia. Non dovevate approvare la legge n. 42 del 2009. È la legge n. 42 del 2009 che parla dei costi standard. Ci sono. Se non li volete, evidentemente non volete neanche cercare di rendere più efficiente lo Stato. Se ritenete che sia serio uno Stato che prevede la stessa prestazione pagata in maniera completamente diversa al Nord e al Sud, se volete mantenere questo stato di cose, vuol dire che non volete assolutamente rendere più efficiente lo Stato. Vuol dire che volete mantenere le cose così come sono.
  In ogni caso, non dovete contestarlo a noi. Noi con la scelta dei costi standard non c'entriamo niente.
  Anche sul percorso parlamentare sono rimasto molto perplesso. Soprattutto il rappresentante del Partito democratico, che giustamente si è attribuito il merito di aver fatto la riforma costituzionale, dalla quale oggi vorrebbe un po’ derogare, dimentica che sempre il Partito democratico ha sottoscritto con il Sottosegretario Bressa l'accordo tra le regioni e il Governo. È stato il Partito democratico a introdurre la procedura che deve essere seguita.
  Amici cari, si può cambiare tutto, si può fare assolutamente tutto quello che si vuole, però non dobbiamo dimenticare che esiste una Costituzione ed esistono accordi già sottoscritti. Vogliamo rinunciare agli accordi? Vogliamo cambiarli? Va bene, ma non possiamo far finta che non esista l'accordo fatto dal sottosegretario Bressa, non possiamo fare finta che quella sia carta straccia alla quale non fare alcun riferimento. L'accordo sottoscritto dal sottosegretario Bressa prevede che si applichi la procedura prevista dagli accordi per affari religiosi, e quindi il Parlamento o approva o respinge.
  Forse, non ha capito lei o non ha letto bene lei l'accordo. Io ho capito benissimo quello che lei ha detto e ho capito benissimo che, se volete cambiarlo, lo cambierete. Ciò detto, dato che sono sempre stato un difensore delle assemblee e sono sempre stato un assemblearista, sono assolutamente convinto che il Parlamento debba intervenire, ma non dovete dimenticare che la Costituzione prevede che tutto si basi su un accordo tra il Governo e le regioni.
  Fino a prova contraria, allora, non credo che un terzo possa intervenire a modificare un accordo intercorso tra altri soggetti, soprattutto in considerazione del fatto che uno di questi soggetti non può neanche essere presente alla discussione per sostenere le proprie ragioni.
  Signori, voi cambiereste un accordo che noi abbiamo sottoscritto, che noi sottoscriveremo con il Governo senza che io possa Pag. 19essere presente a difendere le ragioni per cui l'accordo è stato scritto in un modo e non in un altro. Si possono violare tutti i princìpi di diritto e di buonsenso di questa terra, però teniamo conto di questo piccolo dettaglio, che non credo sia un dettaglio di poco conto.
  Ciò detto, mi permetto di dire che non c'è alcuna arroganza nelle nostre richieste. Non siamo arroganti se abbiamo chiesto autonomia differenziata in tante materie. Non ho capito perché chiedere l'applicazione integrale della Costituzione debba essere letto come un atto di arroganza. Credo semplicemente debba essere letto come un moto di orgoglio e come accoglimento di una sfida su una materia che, ove applicata, può assolutamente migliorare le condizioni di vita del Paese. Sono convinto che il Paese debba essere reso più efficiente guardando ai modelli migliori e non cercando di rallentare i modelli migliori per farli retrocedere a situazioni che non funzionano.
  Questa è un'opportunità, un'opportunità per tutto il Paese. È chiaro, si può discutere di tante cose. Se mancano gli asili nido, questa è la prova, senatrice Abate, che questo tipo di organizzazione statale non ha funzionato. Se avesse funzionato, in Calabria ci sarebbero gli stessi asili nido che devono esserci ovunque.

  Mi permetto quindi di dire alla senatrice Abate che la considerazione da fare è che il sistema ha portato a questa conclusione, che in Calabria ci sono meno asili nido che in Lombardia. Che sia una devianza o che siano sistemi, poco conta. Io sono convinto che, se volete più asili nido, siete oggi nelle condizioni, come lo sarete domani nel momento in cui ci fosse l'autonomia, che voi la chiediate o meno, di modificare e di richiedere gli asili nido che vi mancano. Sicuramente, non è l'autonomia che vi toglie la possibilità di avere gli asili nido. Eliminate le vostre devianze, se lei le chiama così, e stia tranquilla che senza le vostre devianze avrete tutti gli asili nido che vorrete.

  PRESIDENTE. Prego tutti di non fare interventi fuori microfono.

  LUCA ZAIA, presidente della regione Veneto. Cerchiamo di vedere la bottiglia mezza piena. Come dico io, solo i pessimisti non fanno fortuna.
  Oggi, nel programma di Governo, e comunque nella grande discussione, è entrata l'autonomia. Noi siamo qui stamattina. Mai avremmo pensato, mai qualcuno avrebbe pensato che una Commissione Bicamerale si sarebbe occupata di autonomia.
  Ho seguito con attenzione i vostri interventi e cerco anche in maniera didascalica di dare delle risposte.
  Senatore Dal Mas, i comuni che vogliono andare in Friuli sono; Cinto Caomaggiore, che ha già svolto il referendum con esito positivo, Gruaro, Pramaggiore, Teglio Veneto, San Michele al Tagliamento e Meduna. Non è vero che non ci sono comuni che non vogliono andare in Friuli.
  Dal senatore Dal Mas, ma anche da altri senatori e da altri parlamentari, dall'onorevole Zardini, dall'onorevole Acquaroli – ne ha parlato anche la senatrice Abate e, in generale, tutti quelli che sono intervenuti, in parte – viene fuori il tema dell'unità nazionale, ma trovo anche verosimile che qualcuno possa avere questa preoccupazione. Uno dice: arrivano gli egoisti dal Nord, tirano fuori il coniglio dal cappello e ne viene fuori che questi ci fanno la sorpresa. Non è così, lo diceva anche il collega Fontana prima.
  Noi abbiamo cercato di muoverci in maniera assolutamente rispettosa della Costituzione. La riforma del 2001 del Titolo V è rimasta inapplicata – diciamolo fino in fondo – e forse anche superflua, se si vuole. Se avessimo avuto una visione più anglosassone, un approccio più anglosassone, molto probabilmente non sarebbe servita. Quel Titolo V nasceva per contrapporre alle spinte del Nord qualcosa di molto più istituzionale, onorevole Zardini, perché nasce da lì. Lei ha al suo attivo due Legislature e conosce bene questa partita.
  In questa partita viene fuori che noi andiamo in quella direzione, lo facciamo in maniera rispettosa, ma dobbiamo anche dire che dal 2001 a oggi la giurisprudenza è stata molta. Sento parlare, per primo dal senatore Dal Mas, ma è stato oggetto di Pag. 20altri interventi, anche se in maniera minimale, dell'ipotesi di una legge quadro. Parolo ha detto anche la sua su questo argomento. La verità è che di giurisprudenza oggi sul Titolo V ce n'è, ma è giurisprudenza solida, non sono pareri o dissertazioni sul Titolo V. Sono sentenze della Corte costituzionale.
  Pensare di andare con una legge quadro in Parlamento per stilare il libretto d'uso e manutenzione del Titolo V, che dovrebbe permettere l'applicazione del comma terzo del 116, vuol dire fare ulteriore confusione. Io penso che il tema della legge quadro sia assolutamente superfluo. Penso, invece, che dovremmo andare al concreto.
  Qual è il tema? La paura, penso anche concreta da parte di qualcuno, legittima più che concreta, che qualcuno vada a inficiare l'unità nazionale. Ben venga, ci sono tutte le clausole di salvaguardia del caso. Onorevole Gariglio, noi abbiamo consegnato le bozze dell'intesa. Le dovete chiedere poi al Ministro Stefani. Noi sappiamo che l'ultima bozza ufficiale presentata consegnata al Presidente del Consiglio dei ministri è del 2 ottobre. Poi ci sono stati degli aggiustamenti, ma queste sono richieste che dovete fare, per un fatto anche di rispetto, al Ministro.
  Sul tema della solidarietà ci sono le clausole di salvaguardia. Nelle bozze, però, troverete che non si parla di solidarietà e di sussidiarietà, ma non è una dimenticanza. È fatta salva la solidarietà. Mai avremmo pensato di toccare questo aspetto. Almeno per quanto mi riguarda, l'intesa non va a inficiare l'unità nazionale. L'articolo 5 della Costituzione è chiaro, è lapidario e non c'è nulla da dire. E questo è per quello che riguarda il tema della solidarietà e della sussidiarietà nazionale.
  Quanto al tema della competitività, ho ascoltato con attenzione la senatrice Abate, perché mi metto nei panni di un calabrese che si chiede che cosa stia succedendo, arrivano i vichinghi dal Nord e fanno un disastro. Le cito solo un dato, e non lo cito provocatoriamente ma per essere costruttivo: i comuni in dissesto finanziario sono in Sicilia, 26,8 per cento, 107 su 339; in Campania, 33 per cento, 183 su 555; la sua Calabria, purtroppo, 54 per cento, 1 su 2, cioè uno su due è uno sfacelo, 222 comuni su 409.
  Lei parla di individuare una cura adeguata. Io ce l'avrei. La cura sarebbero i costi standard e i fabbisogni standard, cioè cominciare a imporre il principio per cui questi 30 miliardi di sprechi che abbiamo a livello nazionale sulla pubblica amministrazione rientrino velocemente nelle casse dello Stato. Non possiamo continuare a finanziare gli sprechi. Dobbiamo finanziare le virtuosità.
  Giustamente, ne viene fuori da parte sua, ma anche da parte di altri – perdonatemi se non cito tutti – e come diceva la senatrice Fregolent facendo le domande, il tema della sanità, ma partiamo dal presupposto che dobbiamo garantire a tutti i cittadini italiani, da Campione d'Italia a Canicattì, i LEA. Io non voterei mai un amministratore che non garantisce i LEA, i livelli essenziali di assistenza, ai miei cittadini, ma voi li votate. Chiedetevi perché. Parliamo dei LEP, dei livelli essenziali di prestazione.
  Non concordo con chi afferma che ci guadagniamo dall'immigrazione sanitaria. La mia regione quest'anno ha un tasso di immigrazione sanitaria che vale più o meno – non lo dico a lei, approfitto del suo intervento – 300 milioni di euro. Se uno fa i conti anche in maniera semplicistica, dice: i veneti prendono 300 milioni, dalla Calabria, dalla Campania, dalla Sicilia. Noi curiamo volentieri tutti i cittadini, a prescindere dal colore della pelle, del credo religioso, delle scelte sentimentali. Noi curiamo i cittadini, punto, che abbiano i documenti in tasca, non ce li abbiano. Li curiamo tutti.
  Poi, però, vado a vedere le prestazioni sanitarie che arrivano dal sud e scopro che non mi mandano i tunnel carpali, non mi mandano le appendiciti, non mi mandano le ernie inguinali, ma mi mandano tutte le prestazioni che riguardano complicanze, sulle quali, detta proprio in soldoni, non si guadagna. Guardate che noi non guardiamo i conti.
  Perché dico questo? Perché poi vado in quelle regioni e scopro che gli amministratori Pag. 21 hanno fatto la scelta di abdicare alla sanità pubblica. E trovo regioni che hanno consentito il diffondersi della sanità privata, dove il cittadino ormai sa che, se vuole essere curato bene, deve pagare. Questo deve preoccuparvi, non il Nord che chiede l'autonomia. È scandaloso quello che accade al Sud.
  Mi perdoni se mi agito, ma vedo questa gente che arriva con la valigia di cartone, disperata, che non ha neanche i soldi per pagare l'albergo per assistere il proprio familiare. Non possiamo accettare queste cose. La rivoluzione, la dovete fare assieme a noi, senatrice, non contro di noi. Dovete farla con noi, cittadini del Sud.
  Guardate che c'è una foresta che cresce al Sud che vuole queste cose. E come si fa? Andate a vedere gli indicatori. Gli ospedali, se non funzionano e se non servono, vanno chiusi. Guardate quante apicalità avete di primariati rispetto alla popolazione. È scandaloso in alcune realtà. Non vuol dire curare bene i cittadini. Anche il popolo del Sud deve cominciare a dire «basta». Approfittate dell'autonomia per dire questo. Approfittate di questo percorso. Se questo percorso non viene messo in piedi, continueremo a sprecare, ma alla fine veramente morirà la gente perché è curata male.
  La mia regione ha fatto una scelta: 12 per cento, punto, di sanità privata. Serve, è un benchmark, è un confronto. A Verona – vedo Zardini – abbiamo il Negrar, che è un grande centro, ma alla sanità privata non abbiamo detto che può fare di tutto. Si specializza e fa alcune cose, come fate voi, e cresce, ma non esiste che il sistema pubblico abdichi alla cura dei propri cittadini.
  Lasciatemi dire qualcosa sulle ventitré materie, poi mi zittisco. Risponderò ancora due a due affermazioni didascaliche.
  Le ventitré materie sono troppe, le possiamo fare a scartamento ridotto. C'è quello che è scritto in Costituzione e non lo ripeto, ma non potete dirmi che mi date la responsabilità di curare 5 milioni di veneti, e abbiamo dimostrato che lo facciamo bene, ma che non posso occuparmi della valutazione d'impatto ambientale. Se salvo la vita ai veneti non posso occuparmi della valutazione d'impatto ambientale o delle soprintendenze? In che mondo siamo finiti? Io rispetto le idee di tutti ma anche il Veneto deve essere rispettato. Non può essere messa in dubbio la serietà di questo progetto.
  Ripeto che se non lo faremo noi lo farà qualcun altro. Non voglio passare alla storia – lo diceva anche il collega Fontana – come quello che ha avuto l'opportunità e non ne ha approfittato. Ci sarà scritto: ci ha provato, non ci è riuscito, ma per colpa degli altri. Nella nostra regione 2.328.000 veneti sono andati a votare e – segnatelo – potevano essere molti di più, ma le tv e le parrocchie hanno suonato le campane quando abbiamo raggiunto il quorum. Se qualcuno non ha sostenuto questo referendum, è perché pensava che non avremmo raggiunto il quorum. La verità è che il 57,1 per cento dei veneti è andato a votare e per il 98,7 per cento ha detto sì.
  Concludo ricordando che è una partita che ci interessa. Qualcuno chiede perché. Se le regioni che sono in difficoltà si affrancano, noi ci guadagniamo, perché è scritto che un Paese che a metà non tira è un Paese che comunque alla fine trascina giù tutti, se volessimo vederci anche una visione utilitaristica.
  All'onorevole Gariglio ho risposto sulle bozze, e comunque tutto il resto del materiale è a sua disposizione, cioè a vostra disposizione, per quel che riguarda la regione Veneto.
  All'onorevole Pella ho risposto su solidarietà e sussidiarietà.
  Onorevole Savino, onorevole Bond, la commissione paritetica esiste, nell'intesa è prevista, ma nella pre-intesa con il sottosegretario Bressa, quella delle tre più uno, delle quattro materie, era già prevista. La commissione paritetica è la condizione irrinunciabile per consentire una verifica biennale sull'andamento della riforma.
  Oltre alla paritetica, vi ricordo che l'intesa comunque ha un arco temporale di dieci anni. Oltretutto, ci può essere una regione che fa danni con l'autonomia ed è bene che a questa si taglino i viveri e torni Pag. 22all'ovile. In generale, i padri del federalismo dicono questo.
  Nel mio intervento si dice che dalla spesa storica si passa alla spesa media storica nazionale, dopodiché si dovrebbe atterrare sui fabbisogni e i costi standard.
  I padri del federalismo, e ho concluso, dicono che l'autonomia è centripeta mentre il centralismo è centrifugo.
  Se non vogliamo disgregare il Paese dobbiamo comunque intraprendere il percorso che altri Paesi, altre democrazie occidentali hanno intrapreso in tempi non sospetti, dimostrando di garantire unità e visione. Non mi preoccuperei del fatto che una regione chieda di più o di meno. Voi portate l'esempio, giustamente, dell'Emilia-Romagna che chiede quindici materie contro le ventitré del Veneto.

  ROSA SILVANA ABATE. Non ho detto che è giusto o sbagliato. Ho chiesto come, poi, si coordina. Mi riferivo al tema del coordinamento.

  LUCA ZAIA, presidente della regione Veneto. Le faccio un esempio: come ci coordiniamo nella sanità? Dovete scegliere amministratori in grado di fare gli amministratori. Se la legge della valutazione d'impatto ambientale viene attribuita come competenza alle regioni, a me risulta che in Italia bisogna rispettare le leggi, altrimenti si va in galera. Se qualcuno trova scorciatoie, evidentemente non saranno più in linea le scelte regionali, ma non possiamo fare il processo alle intenzioni, altrimenti torniamo al solito discorso per cui ogni cantiere ha una carriola di malta e ad accompagnarlo c'è un ladro. Io non condivido questa visione. Io sono per fare le infrastrutture e per rispettare la legge, ma non si può, processarmi prima.

  ATTILIO FONTANA, presidente della regione Lombardia. Intervengo solo per una risposta per la senatrice Abate. Mi è arrivato il dato preciso.
  Non è vero che la Calabria ha avuto un ridimensionamento dei trasferimenti del Servizio sanitario nazionale, anzi. Nel 2019 ha avuto 21.725.000 euro in più rispetto al 2018.

  ROSA SILVANA ABATE. Parlavo degli anni passati. Evidentemente si è corsi ai ripari.

  PRESIDENTE. Ringrazio i presidenti delle regioni Lombardia e Veneto Attilio Fontana e Luca Zaia per il loro contributo.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 11.05.

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