XVIII Legislatura

Giunta delle elezioni

Resoconto stenografico



Seduta n. 8 di Martedì 26 aprile 2022

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Giachetti Roberto , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE MODALITÀ APPLICATIVE, AI FINI DELLA VERIFICA ELETTORALE, DELLA LEGGE 27 DICEMBRE 2001, N. 459

Audizione, in videoconferenza, del prof. Giovanni Tarli Barbieri, professore ordinario di Diritto costituzionale del Dipartimento di Scienze giuridiche dell'Università di Firenze.
Giachetti Roberto , Presidente ... 3 
Tarli Barbieri Giovanni , professore ordinario di Diritto costituzionale del Dipartimento di Scienze giuridiche dell'Università di Firenze ... 3 
Giachetti Roberto , Presidente ... 7 
Tarli Barbieri Giovanni , professore ordinario di Diritto costituzionale del Dipartimento di Scienze giuridiche dell'Università di Firenze ... 7 
Giachetti Roberto , Presidente ... 7 

Audizione, in videoconferenza, del prof. Andrea Gratteri, professore associato di Diritto costituzionale del Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università degli studi di Pavia:
Giachetti Roberto , Presidente ... 7 
Gratteri Andrea , professore associato di Diritto costituzionale del Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università degli studi di Pavia ... 8 
Giachetti Roberto , Presidente ... 11 
Gratteri Andrea , professore associato di Diritto costituzionale del Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università degli studi di Pavia ... 11 
Giachetti Roberto , Presidente ... 11 

Audizione, in videoconferenza, del prof. Ferdinando Pinto, professore ordinario di diritto amministrativo del Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università Federico II di Napoli:
Giachetti Roberto , Presidente ... 11 
Pinto Ferdinando , professore ordinario di diritto amministrativo del Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università Federico II di Napoli ... 11 
Giachetti Roberto , Presidente ... 13 
Melicchio Alessandro (M5S)  ... 13 
Pinto Ferdinando , professore ordinario di diritto amministrativo del Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università Federico II di Napoli ... 13 
Giachetti Roberto , Presidente ... 14 

Audizione del prof. Marco Galdi, professore associato di diritto pubblico del Dipartimento di scienze economiche e statistiche dell'Università di Salerno:
Giachetti Roberto , Presidente ... 14 
Galdi Marco , professore associato di diritto pubblico del Dipartimento di scienze economiche e statistiche dell'Università di Salerno ... 14 
Giachetti Roberto , Presidente ... 18

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Coraggio Italia: CI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Alternativa: Misto-A;
Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI;
Misto-MAIE-PSI-Facciamoeco: Misto-MAIE-PSI-FE;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Europa Verde-Verdi Europei: Misto-EV-VE;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento ADC: Misto-NcI-USEI-R-AC;
Misto-Manifesta, Potere al Popolo, Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra Europea: Misto-M-PP-RCSE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ROBERTO GIACHETTI

  La seduta comincia alle 14.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'indagine conoscitiva sulle modalità applicative ai fini della verifica elettorale della legge 27 dicembre 2001 n. 459, recante norme per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all'estero. Le audizioni sono pubbliche; alcune si svolgeranno da remoto. La pubblicità dei lavori sarà assicurata anche dalla trasmissione sulla web tv della Camera.

Audizione, in videoconferenza, del prof. Giovanni Tarli Barbieri, professore ordinario di Diritto costituzionale del Dipartimento di Scienze giuridiche dell'Università di Firenze.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione in videoconferenza del professore Giovanni Tarli Barbieri, professore ordinario di diritto costituzionale del dipartimento di Scienze Giuridiche dell'università di Firenze. Ringrazio il professore Barbieri per avere raccolto l'invito della Giunta e gli cedo volentieri la parola per il suo intervento.

  GIOVANNI TARLI BARBIERI, professore ordinario di Diritto costituzionale del Dipartimento di Scienze giuridiche dell'Università di Firenze. Buongiorno Presidente. Intanto vorrei davvero ringraziare la Giunta delle elezioni e lei signor Presidente per questo invito che mi ha davvero onorato. Venendo al tema, è ampiamente noto che le leggi costituzionali, n. 1 del 2020 e n. 1 del 2021, che hanno istituto la circoscrizione estero, sono ricordate per una genesi assai travagliata e per un'attuazione altrettanto travagliata dovuta certamente, ma non solo, ai contenuti della legge ordinaria attuativa n. 459 e del suo regolamento di attuazione. Per comprendere, infatti, la portata della riforma del 2000/2001 è necessario risalire, quanto meno, alle scelte operate dal legislatore italiano in materia di cittadinanza, sempre come noto ispirate al criterio dello ius sanguinis, che rendono possibile la trasmissione dello status di italiano anche a discendenti nati all'estero, lì sempre residenti e, magari, si tratta di soggetti che in quella comunità nazionale non hanno più alcun collegamento. Le leggi che si sono susseguite in Italia negli ultimi 50 anni, anche precedenti l'istituzione della circoscrizione estero, hanno assecondato questa ratio. Ricordo la legge 40 del 1979, che ha imposto la conservazione dell'iscrizione nelle liste elettorali nell'ultimo comune di residenza per un periodo di tempo illimitato e la legge 470 del 1988, che ha istituito l'anagrafe degli italiani residenti all'estero, allo scopo di stabilire il numero e l'identità dei cittadini permanentemente stabilitisi in altro Stato. Legge importante perché, come è noto, l'articolo 5 della legge 459 prevede che l'elenco aggiornato dei cittadini residenti all'estero, finalizzato alla predisposizione delle liste elettorali, sia realizzato mediante unificazione dei dati dell'anagrafe degli italiani all'estero e degli schedari consolari. È da sottolineare che l'iscrizione in questi elenchi non è obbligatoria e che, quindi, questi strumenti sono imperfetti quanto a meccanismi di aggiornamento degli elenchi e soprattutto non offrono certezze circa la delimitazione di quanti e quali siano i cittadini dal momentoPag. 4 che la legge non prevede che il mancato inserimento nell'AIRE (Anagrafe degli italiani residenti all'estero) determina la perdita dello status di cittadino. Recentemente la «Commissione Bassanini», istituita presso il Dipartimento per i rapporti con il Parlamento, nella sua pregevole relazione sull'astensionismo elettorale ha evidenziato che, per molteplici ragioni, le amministrazioni pubbliche sollecitano gli italiani all'estero a iscriversi all'AIRE, anche perché da qui deriva una serie di benefici che questi cittadini ricevono, anche grazie al doppio passaporto che consente loro di viaggiare o rimanere all'interno dell'Unione Europea. Tuttavia, non sono sporadici i casi di italiani all'estero non iscritti all'AIRE, soprattutto prevenienti dal Mezzogiorno che ha visto, non a caso, una crescita di iscritti all'AIRE, nel più recente periodo, piuttosto modesta. Vi sono, poi, casi persistenti di cittadini irreperibili anche all'estero o il cui atto di morte all'estero non risulta pervenuto alle anagrafi comunali. Questi problemi riguardano la circoscrizione estero, ma non solo, basta leggere la relazione della «Commissione Bassanini» per capire qual è l'impatto di tutta questa disciplina, anche su quello che la redazione della Commissione chiama, quindi, l'astensionismo apparente, che ha delle conseguenze anche sul piano elettorale. Basti pensare al decreto-legge n. 25 nel 2021 che, con riferimento a comuni più piccoli, ha abbassato al 40 per cento il quorum di validità con riferimento all'elezione dei sindaci e dei Consigli comunali quando sia stata presentata un'unica lista. La «Commissione Bassanini» ha chiesto una modifica della disciplina dell'AIRE, anche per migliorare la qualità delle liste degli aventi diritto al voto. Ha avanzato anche altre proposte, più difficilmente praticabili anche sul piano della legittimità costituzionale. La «Commissione Bassanini» ha proposto di introdurre misure più rigorose per la concessione della cittadinanza italiana ai residenti all'estero ma qui, in realtà, non si tratta di concessione della cittadinanza perché di italiani si tratta quanto, semmai, di riconoscimento di uno status che non è stato, almeno in linea di principio, perduto. Così come qualche dubbio suscita la proposta di escludere gli italiani all'estero dall'elettorato attivo per le elezioni regionali e comunali, perché di italiani si tratta e, come tali, titolari di diritti politici. Venendo ad altri problemi, che riguardano più da vicino la legge 459, una prima questione riguarda i suoi rapporti con il regolamento attuativo. Sappiamo che la legge non è riuscita a scogliere tutti i complessi nodi di questa materia e quindi ha autorizzato l'adozione di un successivo regolamento qualificato di attuazione e integrazione, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, lettera b) della legge n. 400 del 1988. Ora, l'ammissibilità di un regolamento in materia elettorale, materia coperta, come è noto, largamente da una riserva di legge, è una scelta problematica e il Consiglio di Stato, in sede di parere su questo regolamento, lo ha puntualmente evidenziato. È vero, la Corte costituzionale ha riconosciuto, in almeno un paio di occasioni, che la riserva di legge in materia elettorale non impedisce a un regolamento di introdurre contenuti, ma meramente tecnici e applicativi. Se andiamo a leggere, in realtà, il regolamento noi notiamo invece che, in questo testo, vi è una disciplina procedimentale piuttosto rilevante e alcune scelte che in sede regolamentare non dovrebbero essere poste, bensì in quella legislativa. Mi riferisco all'articolo 12 del regolamento, che sanziona con l'invalidità le liste formate da un numero di candidati che non sia pari almeno al numero dei seggi assegnati a una ripartizione. Questa sanzione non ha alcuna copertura a livello legislativo. Non mancano poi addirittura lacune, cioè contenuti non previsti né nella legge, né nel regolamento, ne citerò uno quando parlerò del sistema di elezione. Altre questioni riguardano la candidabilità, i limiti all'elettorato passivo. È una disciplina che risente della separatezza della disciplina elettorale della circoscrizione estero rispetto alla disciplina elettorale delle circoscrizioni nazionali. Questa separatezza era rafforzata dalla previsione, contenuta nell'articolo 8 della legge 459, secondo cui potevano essere candidati in una ripartizione solo i residenti e gli elettori della stessa e, correlativamente, coloroPag. 5 che non avevano esercitato l'opzione non potevano essere candidati nelle circoscrizioni nazionali. La legge «Rosatellum bis» ha solo parzialmente corretto queste limitazioni, consentendo agli elettori residenti in Italia di candidarsi in una sola ripartizione della circoscrizione estero. Rimane comunque escluso che il candidato della circoscrizione estero possa essere conseguentemente candidato in un collegio uninominale o plurinominale nel territorio nazionale e rimane, altresì, fermo che gli elettori residenti all'estero possono candidarsi solo nella ripartizione di residenza. La legge del 2017 non ha eliminato del tutto i problemi di costituzionalità, con particolare riferimento all'articolo 51, primo comma, che garantisce a tutti i cittadini di accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. Rimangono almeno tre anomalie che voglio segnalare: la prima, l'obbligo per i residenti all'estero di candidarsi nella loro ripartizione di residenza e solo in essa, in caso di opzione la facoltà per il residente all'estero di candidarsi in qualsiasi circoscrizione del territorio nazionale e, ancora, il divieto per i residenti nei Paesi in cui non è possibile il voto per corrispondenza di candidarsi nella circoscrizione estero. La legge n. 165 del 2017 ha, poi, previsto che gli elettori che ricoprono o hanno ricoperto nei cinque anni precedenti la data delle elezioni cariche di Governo o cariche politiche elettive a qualsiasi livello o incarichi nella magistratura o nelle forze armate in uno Stato estero, non possono candidarsi nella circoscrizione estero. Giustamente, una proposta di legge, la numero C3463 ha individuato un'eccezione che ci viene dal diritto dell'Unione Europea, consistente negli incarichi ricoperti a livello comunale, provinciale o regionale in uno Stato membro dell'UE. Rimangono, poi, incertezze e potenziali dubbi in fase applicativa derivanti dall'applicazione dell'articolo 9 della legge n. 459 che ha esteso le cause di ineleggibilità, di cui all'articolo 7 della legge elettorale della Camera, anche alla titolarità di analoghe cariche, ove esistenti, rivestite presso corrispondenti organi in Stati esteri. È la previsione di analoghe cariche che solleva e può sollevare dubbi interpretativi, così come la Giunta delle elezioni ha evidenziato dubbi e disparità derivanti dall'articolo 10 della legge elettorale della Camera, che sancisce l'ineleggibilità di coloro che siano rappresentanti, amministratori e dirigenti di società e imprese sussidiate dallo Stato, con sovvenzioni continuative o con garanzia di assegnazione di interessi, quando questi sussidi non siano concessi in forza a una legge generale dello Stato. Come è stato evidenziato, questo divieto non vige in molti paesi extra UE in cui risiedono alcuni degli eletti all'estero e da qui la necessità, forse, di una modifica della legge n. 459. Altri problemi, la disciplina della campagna elettorale. La campagna elettorale che, come sappiamo, ha una rilevanza sul piano dei principi costituzionali, ribadita a più riprese dalla Corte costituzionale, ma tutto questo sconta l'impossibilità pratica di un intervento a tutela dei principi relativi alla disciplina delle campagne elettorali da parte delle autorità italiane. L'articolo 17 della legge 459 dispone che lo svolgimento della campagna elettorale sia regolato da apposite forme di collaborazione concluse tra lo Stato italiano e gli Stati di residenza degli italiani all'estero, ma ove è possibile e, laddove non sia possibile arrivare a queste intese, l'articolo 8 del regolamento consente, comunque, l'applicazione del voto per corrispondenza, il che significa ammettere, almeno potenzialmente, un qualche rilevante vulnus costituzionale o affidare l'attuazione di un rilevante diritto politico all'attività o all'inattività del Governo. Da qui la necessità di un intervento, forse, o di una qualche precisazione in questa materia. Ma i problemi più grossi derivano dall'applicazione del voto per corrispondenza, dal problematico bilanciamento tra questa effettività del voto e i principi di personalità e segretezza, di cui all'articolo 48 della Costituzione. Problematicità rimarcata non solo dalla «Commissione Bassanini» e da gran parte della dottrina, ma anche dalla stessa Corte costituzionale in un obiter dictum contenuto in un'ordinanza del 2017, quando la Corte ha parlato di oggettive criticità della normativaPag. 6 denunciata quanto al bilanciamento della effettività del diritto di voto dei cittadini residenti all'estero con gli imprescindibili requisiti di personalità, libertà e segretezza del voto. Ma quali sono le possibili alternative a queste modalità di voto che siano in qualche modo connotate da effettività? Da un primo punto di vista, si può sottolineare come una strada potrebbe essere il rovesciamento della logica dell'opzione, in direzione, cioè, di una richiesta espressa dell'elettore di votare per corrispondenza che sarebbe una scelta, in qualche misura, responsabilizzante e quindi, da questo punto di vista, apprezzabile. Assai più incerte invece sono le prospettive del voto elettronico per il quale è in corso una sperimentazione, legittimata dalla legge di bilancio del 2020, all'articolo 1, commi 627 e 628, ma una sperimentazione che non ha mancato di evidenziare rischi, anche per la sicurezza da attacchi informatici. Quindi la prospettiva del voto elettronico è una prospettiva da valutare seriamente ma, probabilmente, non ancora attuale. Viceversa, ritengo meno percorribile la via del voto in loco presso le ambasciate o i consolati, vista la diseguale distribuzione delle nostre rappresentanze consolari nei vari Paesi del mondo. Sulle limitazioni al voto per corrispondenza, la legge, come modificata nel 2015, prevede che il voto per corrispondenza non sia ammesso negli stati con cui l'Italia non intrattenga relazioni diplomatiche oppure in cui non ci siano garanzie sufficienti per l'esercizio di questa modalità di voto. Qui manca una formalizzazione di questo limite, in altre parole è una previsione che lascia al Governo spazi eccessivi di discrezionalità, né prevede un atto formale con il quale si attesti che nei paesi X e Y non è possibile il voto per corrispondenza. Un atto formale che sarebbe importante ai fini di un sindacato in sede politica, ma anche giurisdizionale. Sul sistema elettorale mi limito a evidenziare che la riduzione del numero dei parlamentari dovrà determinare un qualche ripensamento o della formula elettorale o della delimitazione delle ripartizioni. Perché la riduzione a otto deputati e quattro senatori determinerà uno schiacciamento in direzione di un effetto maggioritario che contrasta con quanto previsto dall'articolo 11 della legge che parla di un'assegnazione dei seggi in ragione proporzionale. Da questo punto di vista, una simulazione prevede che per il Senato ogni ripartizione eleggerebbe un solo senatore mentre, con riferimento alla Camera, l'Europa ne eleggerebbe tre, due le Americhe e uno l'Asia. A questo punto, le soluzioni percorribili sono due: o si trasforma il sistema elettorale in un vero e proprio sistema maggioritario, con l'eliminazione del voto di preferenza, oppure si arriva a un accorpamento delle ripartizioni in due o tre, come previsto dal progetto di legge già citato, C3463. Un altro punto da sottolineare e collegato a questo è l'assenza di ogni previsione a tutela dell'equilibrio della rappresentanza di genere. Su questo non mi soffermo perché queste disposizione sono variamente perseguibili, anche a seconda del tipo di sistema elettorale che si sceglie, ad esempio la doppia preferenza di genere, che è molto rappresentata come uno strumento efficace di tutela della rappresentanza di genere, può trovare applicazione solo se il numero di eletti è almeno due e i candidati che si possono presentare siano pari a tre o a quattro. Chiudo con alcuni possibili ulteriori interventi sulla normativa degli italiani all'estero. Interventi che presuppongono il mantenimento della circoscrizione estero e dico questo perché la «Commissione Quagliarello» e i saggi nominati dal Presidente Napolitano nel 2013 auspicavano, addirittura, un radicale ripensamento, se non la soppressione vera e propria della circoscrizione estero. Gli interventi che si possono fare, al netto di quelli che ho già evidenziato con riferimento al sistema di elezione e al voto per corrispondenza, sono, mi pare, quelli bene evidenziati sia nel documento del Consiglio Generale degli Italiani all'Estero (C.G.I.E.), sia in quello della Giunta delle elezioni dell'agosto del 2020. Non dico nulla perché rinvio al documento della Giunta che, devo dire, condivido integralmente. In particolare, vorrei evidenziare la opportunità di avere uno spoglio non più centralizzato presso un'unica sede che ha evidenziato gravi problemi, ma uno spoglio più diffuso Pag. 7in diverse Corti di appello. Così come è importante l'anticipazione, dal giovedì al mercoledì, della data stabilita entro la quale i plichi contenenti le schede votate devono essere prese in carico dal Consolato e, quindi, da esso spedite. Ringrazio, Presidente, per la vostra attenzione e sono disponibile per domande o chiarimenti. Grazie.

  PRESIDENTE. La ringrazio molto, professore. Dalla sua relazione emergono delle considerazioni legate anche alla modifica costituzionale. Lei ha detto esplicitamente dello schiacciamento che nasce dal fatto che c'è una riduzione dei parlamentari. La domanda che volevo farle, ma mi pare che dalle sue considerazioni la risposta sia abbastanza esplicita, è che esiste probabilmente l'esigenza di una modifica del sistema elettorale, a questo punto, nella trasformazione da proporzionale puro a uninominale. Sarebbe una strada, probabilmente la migliore, la più indicata, rispetto alla situazione a cui ci troviamo di fronte? Le aggiungo che un tema che come Giunta c'eravamo posti – devo dire la verità, prima della riforma costituzionale, per cercare di arginare un sistema che, abbiamo visto, era fallace sotto molti punti di vista e anche per quelli che lei ha ricordato – era quello di immaginare delle liste bloccate, quanto meno, per evitare la parte più degenerata del sistema delle preferenze. Volevo informarla che, a proposito della ripartizione della parte organizzativa, è in corso di adozione un decreto per i referendum, in cui è raccolto l'appello della Giunta ed infatti le schede saranno smistate in quattro Corti d'appello. Almeno questo l'abbiamo realizzato. Le volevo chiedere questo esattamente sul tema sistema elettorale in conseguenza della riforma costituzionale.

  GIOVANNI TARLI BARBIERI, professore ordinario di Diritto costituzionale del Dipartimento di Scienze giuridiche dell'Università di Firenze. Grazie, Presidente. La scelta di avere quattro ripartizioni, per di più con un sistema di ripartizione dei seggi separato da una ripartizione all'altra, è una scelta del legislatore, non è una scelta che abbia un vincolo costituzionale, perché la Costituzione parla solo di una circoscrizione estero, anzi, questa separazione a quattro ha formato oggetto anche di critiche a livello dottrinale, perché hanno detto che con questa ripartizione severa e impermeabile la circoscrizione estera finisce per essere soltanto un contenitore. Noi potremmo immaginare diverse possibili soluzioni che, eventualmente, aprono a scelte discrezionali della politica. Potremmo avere un sistema sicuramente maggioritario che prenda atto di questo schiacciamento, come dicevo, che deriva dalla riduzione del numero dei seggi, ma potremmo avere anche un sistema nel quale le ripartizioni, in qualche modo, vengono accorpate. Per esempio, la proposta C3463 prevedrebbe tre ripartizioni con la fusione dell'America settentrionale e centrale con l'Africa, Asia, Oceania e Antartide. Sono scelte che vanno in qualche modo attentamente valutate, mentre sono d'accordo con lei relativamente al paradosso del voto di preferenza. Il voto di preferenza ha alcune serie controindicazioni un po' in generale. Devo dire che la circoscrizione estero sconta il fatto che c'è una ineliminabile lontananza dei candidati rispetto ai loro corpi elettorali. La scelta, anche, di avere candidature bloccate non è una scelta che scarterei, anche perché se si mantengono ripartizioni che eleggono un numero limitato di seggi, saremmo in quello schema di liste bloccate piccole che la Corte costituzionale non ritiene contraria a Costituzione. Quindi sono scelte che sono sicuramente praticabili.

  PRESIDENTE. La ringrazio molto, professore.

Audizione, in videoconferenza, del prof. Andrea Gratteri, professore associato di Diritto costituzionale del Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università degli studi di Pavia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca ora l'audizione del professore Andrea Gratteri, professore associato di Diritto costituzionale al Dipartimento di Giurisprudenza dell'università degli studi di Pavia. RingrazioPag. 8 il professore Gratteri per avere raccolto l'invito della Giunta e gli cedo la parola.

  ANDREA GRATTERI, professore associato di Diritto costituzionale del Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università degli studi di Pavia. Buongiorno signor Presidente, buongiorno agli onorevoli deputati, è un vero piacere potere contribuire con qualche spunto alle sollecitazioni che mi avete rivolto per individuare le soluzioni e le criticità della legge n. 459 del 2001. La maggiore criticità risiede nella previsione del voto per corrispondenza. Una forma di espressione del voto non presidiata che, per sua natura, è inadatta a fornire le medesime garanzie di libertà, segretezza e personalità di quello presidiato, ovvero reso in presenza di pubblici ufficiali. Non mi soffermo sulle ragioni di queste criticità, la consapevolezza ormai è piuttosto ampia e diffusa, e mi avvio subito a presentarvi alcuni possibili ambiti di intervento normativo. Innanzitutto, non escluderei dalle opzioni che avete di fronte quelle di una revisione costituzionale dell'articolo 48, in particolare nel momento in cui non dovesse essere possibile apportare dei correttivi efficaci al sistema attuale, ovviamente secondo le valutazioni nel Parlamento. In subordine, il piano di intervento normativo possibile è quello legislativo modificando la legge n. 459 del 2001 che, sin dall'origine, è incentrata su un indiscriminato riconoscimento della possibilità di votare per corrispondenza. Nonostante la facilità con cui gli elettori sono ammessi a esercitare il loro diritto, il voto per corrispondenza presenta due profili problematici di interesse: la bassa partecipazione e la diffusa violazione della personalità del voto, anche attraverso pratiche massive. La bassa partecipazione induce a riflettere su quale sia il reale legame con la comunità politica italiana di un elevato numero di cittadini che, magari, non hanno mai messo piede in Italia, in particolare nelle aree del mondo che sono state la meta di antiche ondate migratorie. È interessante osservare che, per esempio, in luoghi del mondo dove non vi è una tradizione migratoria, e quindi vi sono immigrati recenti, la partecipazione è alta. Ad esempio, in Giappone nel 2018 è stata del 54 per cento. Viceversa, laddove abbiamo antiche comunità radicate come in Belgio, un esempio fra i tanti, l'affluenza in quella occasione è stata del 21 per cento. Si pone, allora, la questione relativa all'esistenza di una o più comunità politiche corrispondenti agli italiani residenti all'estero, a cui si riferisce l'articolo 48, ed è lecito dubitare che le ripartizioni della circoscrizione estero siano la rappresentazione di reali comunità politiche. Attualmente, la legge 459 presuppone l'esistenza di una comunità degli italiani all'estero riconducibile ai quattro ambiti delle ripartizioni continentali. Questo elemento per ora lo accantono se non per sottolineare che si connette a una scelta estrema del legislatore del 2001 che ha consentito a tutti i cittadini, senza alcuna limitazione di sorta, l'esercizio del diritto di voto all'estero, salva l'opzione per il voto in Italia; quindi una scelta inclusiva che si amplifica, ulteriormente, alla luce del criterio di trasmissione della cittadinanza, a tutti i discendenti di un cittadino italiano. Vale la pena notare che la Costituzione, all'articolo 48, non impone questa scelta e si limita ad attribuire alla legge il compito di stabilire requisiti e modalità per l'esercizio del diritto di voto. Ma la legge 459 non è intervenuta sui requisiti e di conseguenza tutti gli iscritti all'AIRE sono iscritti nelle liste elettorali. Una prima soluzione, che è già emersa nelle vostre discussioni, consiste nel ribaltare il criterio fissato dall'articolo 1, comma 3, della legge n. 459 del 2001. Senza incidere propriamente sui requisiti degli elettori, si andrebbe così a stabilire che i residenti all'estero possono votare fisicamente in Italia, salvo un'espressa opzione per il voto nel Paese estero di residenza. Attraverso questo nuovo criterio si andrebbe di certo a innestare una nuova idea di partecipazione attiva sull'impianto della legge 459. La comunità politica degli italiani all'estero sarebbe formata soltanto da coloro i quali si dimostrassero interessati e motivati. Una seconda opzione, non necessariamente alternativa alla prima, le due potrebbero integrarsi, riguarda la definizione formale dei requisiti per potere esercitare il diritto di voto all'estero, a partire dall'assunto che soltanto coloro i Pag. 9quali siano sostanzialmente parte della comunità politica italiana possano in concreto esercitare il diritto di voto di cui sono sempre, comunque, astrattamente titolari. Si richiederebbe al cittadino elettore di aver mantenuto nel tempo un legame affettivo con l'Italia, dimostrato dall'essere stati residenti in Italia, ad esempio, senza limitarsi a una formale titolarità di un passaporto italiano. Questi requisiti possono essere discrezionalmente definiti dal legislatore attraverso parametri variamente variegati. Mi limito a ricordarvi due esempi significativi: nel Regno Unito il diritto di voto può essere esercitato da chi risiede all'estero a condizione di avere risieduto sul territorio nazionale non più tardi di 15 anni prima, oppure in Germania è necessario avere risieduto sul territorio nazionale per un arco di tre anni negli ultimi 25. Secondo una terza ipotesi, si potrebbe pensare di valorizzare l'elemento della partecipazione politica ammettendo al voto all'estero coloro i quali abbiano già votato almeno una volta in un arco di tempo da definire, fatti salvi, ovviamente, i neo elettori. Un requisito, questo, che potrebbe utilmente affiancarsi ai precedenti e che potrebbe garantire la piena e rapida reintegrazione nella comunità politica di ogni elettore. Mi sembra opportuno sottolineare che, attraverso la definizione di eventuali requisiti di residenza o di partecipazione, non si determinerebbe la lesione del diritto costituzionale di voto di nessun cittadino. Chiunque potrebbe sempre esercitare il suo diritto facendo rientro in Italia. In definitiva, non vi sarebbe una delle limitazioni del diritto di voto disciplinate, per essere escluse, dall'ultimo comma dell'articolo 48 della Costituzione. A fronte di una contrazione del concreto esercizio dell'elettorato attivo, sarebbe lecito attendersi una crescita del tasso di partecipazione. Se così fosse, saremmo in presenza di un evidente sintomo della vivacità della comunità politica degli italiani all'estero, grazie ad una migliore definizione del suo perimetro. Le criticità delle modalità attraverso cui è reso il voto all'estero possono essere affrontate o con la previsione di nuove forme per la sua espressione o attraverso alcuni correttivi al voto per corrispondenza. La soluzione ottimale per ricondurre il voto degli italiani all'estero al pieno rispetto delle garanzie di personalità e segretezza sarebbe l'allestimento di postazioni presidiate presso le ambasciate, i consolati o altri locali messi a disposizione da questi. Un'altra soluzione, invece, non sarebbe, a mio giudizio, di alcun aiuto, il ricorso a forme di consultazione elettronica online non presidiate non aiuterebbe nessuno. Il sistema attuale, pure insoddisfacente rispetto al requisito della personalità e della segretezza, potrebbe essere perfezionato attraverso alcuni minimi accorgimenti che, va detto, colpevolmente non sono previsti, non sono fissati dalla legge attualmente vigente. Ci vorrebbe un maggior rigore nella definizione delle procedure di consegna dei plichi elettorali attraverso forme di spedizione tracciabili che, seppur sono possibili, non sono prescritte dalla legge e, soprattutto, sarebbe importante prevedere una minima garanzia di certezza in relazione all'identità dell'elettore e quindi alla personalità del suo voto. La legge 459 stabilisce che l'elettore vota inviando al Consolato un plico che deve contenere una busta sigillata con la scheda votata. All'esterno di questa, va inserito nel plico il tagliando corrispondente al certificato elettorale che indica l'identità dell'elettore. Questo è l'unico riscontro sulla sua identità, di conseguenza chiunque entri in possesso di quel plico può votare. Un freno semplice a queste pratiche potrebbe essere l'imposizione della prescrizione di firmare il tagliando del certificato elettorale, un riscontro semplice, non lesivo per la segretezza del voto e comunemente previsto dalla legislazione di molti Paesi. Accade così in quasi tutti gli stati degli Stati Uniti, accade così in quasi tutti i cantoni della Svizzera, accade così nel Regno Unito, dove l'elettore deve non solo firmare il certificato, ma anche complicarlo di suo pugno con nome e data di nascita per evitare frodi. Altre criticità derivano dal ricorso alle ripartizioni continentali. Qui il discorso diventa un po' tecnico, ma mi limito ad osservare che le quattro ripartizioni continentali, previste dalla legge 459, presentano significative sperequazioni,Pag. 10 da un punto di vista territoriale e da un punto di vista demografico. Non ci sono vincoli di omogeneità territoriale e, di conseguenza, si possono ipotizzare secondo me diverse suddivisioni delle ripartizioni attuali in modo da riequilibrarle demograficamente e questo riequilibrio porterebbe anche a un vantaggio con riferimento alla formula elettorale, poi, utilizzata al momento del riparto dei seggi. Attualmente, lo sapete benissimo, le ripartizioni sono quattro e assegnano un numero variabile di seggi fra uno e tre, prevalentemente uno, qualcuna per la Camera due, la ripartizione Europea per la Camera tre. Però, da un punto di vista demografico, la disparità tra queste ripartizioni, intese solo per la Camera o solo per il Senato, è comunque enorme. La ripartizione Europea è grande circa dieci volte quella residuale, Africa, Asia, Oceania, tutte le altre sono molto mal distribuite, un caso tipico che, con un termine inglese, verrebbe indicato come un esempio tipico di malapportionment, cattiva ripartizione dei seggi fra le circoscrizioni. Oltre a queste sperequazioni accade che, in concreto, vi sono tre tipologie di ripartizioni con riferimento al numero di seggi che vengono assegnati in relazione alla formula elettorale, poi, in concreto adottata, perché la formula elettorale per il riparto dei seggi tra le liste è una formula astrattamente proporzionale, la formula del quoziente naturale e dei più alti resti, ma se poi andiamo, in concreto, ad applicarla in queste piccole circoscrizioni i risultati sono diversi. Nelle ripartizioni con un solo seggio, la formula si risolve in una formula maggioritaria. Nelle ripartizioni con due seggi, la formula matematica utilizzata determina, quasi inesorabilmente, un risultato di pareggio tra le due liste più votate. La lista più votata, la prima, per ottenere due seggi dovrebbe ottenere il 50 per cento dei voti in più rispetto alla seconda, altrimenti il risultato non può cambiare. Nelle ripartizioni con tre seggi vi è una minima competizione per il terzo seggio tra la prima e terza lista, ma anche qui è molto probabile che le tre liste più votate ottengano un seggio ciascuno. Nell'insieme, quel che accade, quello che possiamo immaginare che accadrà, è che gli effetti più indesiderati ricadranno sul Senato, dove abbiamo al momento quattro ripartizioni uninominali, quindi maggioritarie e quindi capaci di incidere in modo significativo sugli assetti politici reali all'interno di un Senato di 200 senatori soltanto. L'accorpamento delle ripartizioni in bacini demograficamente più equilibrati permetterebbe di attenuare alcune irrazionalità. Se si creassero due sole ripartizioni, una ripartizione Europa e una ripartizione residuale, queste due ripartizioni avrebbero una popolazione comparabile, compresa fra i due e tre milioni in entrambi i casi e, sul piano dei seggi, le due ripartizioni sarebbero equilibrate: quattro seggi ciascuna per la Camera, due seggi ciascuna per il Senato. In questo modo, l'applicazione della formula elettorale astrattamente proporzionale produrrebbe un risultato più o meno proporzionale, per quello che riguarda le ripartizioni della Camera di quattro seggi, e un risultato di presumibile parità fra le due liste più votate, per quel che riguarda le due ripartizioni senatoriali. È stata ipotizzata, anche attraverso la proposta di legge Ungaro, una soluzione con tre ripartizioni che, però, presenterebbe probabilmente una forte distorsione demografica, in ogni caso, fra le tre ripartizioni e presenterebbe comunque dei collegi uninominali che sono quelli, a mio giudizio, più problematici. Sul piano della formula elettorale, suggerirei di prendere in considerazione una modifica della legge per sostituire l'attuale formula del quoziente naturale dei più alti resti con la formula D'Hondt, che attenua le distorsioni così marcate in circoscrizioni piccole come quelle che, in ogni caso, abbiamo di fronte in questa situazione. E poi, un ultimo profilo problematico riguarda la formazione della parità di genere, in attuazione dell'articolo 51 della Costituzione. A prescindere dalle valutazioni politiche, sul piano tecnico le soluzioni che possono essere abbozzate, a mio giudizio, sono due. Ho sentito la coda dell'intervento del professore Tarli Barbieri e probabilmente le soluzioni sono quelle: o brevi liste bloccate, quindi in modo omogeneo a quanto accade attualmente per l'elezione nelle circoscrizioni nazionali oppure,Pag. 11 qualora si opti per mantenere i problemi che pur pone il voto di preferenza, si potrebbe immaginare di introdurre il cosiddetto doppio voto di preferenza. L'elettore può esprimere due preferenze a condizione che la seconda preferenza sia differenziata dalla prima per quanto riguarda il genere del candidato prescelto. Vi ringrazio dell'attenzione e resto a disposizione, se ci sono richieste di chiarimento. Grazie.

  PRESIDENTE. La ringrazio, professore. Il suo intervento è stato così ampio, e soprattutto ha indicato tutta una serie di accorgimenti legislativi che si potrebbero prendere, che è difficile farle delle domande perché ci ha anticipato con la sua relazione e per questo la ringraziamo molto. L'unica considerazione finale è sul tema della garanzia della parità di genere. Noi sappiamo perfettamente che l'intento che c'è nella doppia candidatura assicura che ci sia una iniziale parità, ma non garantisce che ci sia, al momento della rappresentanza, una effettiva parità mentre invece, paradossalmente, le liste bloccate, se fossero vincolate a un'alternanza tra uomo e donna, ancorché così piccole e con numeri così piccoli, in uscita avrebbero, forse, qualche ragionevole certezza in più.

  ANDREA GRATTERI, professore associato di Diritto costituzionale del Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università degli studi di Pavia. Penso che sia così. Da un punto di vista strettamente giuridico, quello che posso limitarmi a osservare ancora è che nella promozione della parità di genere, in linea con quel che ci insegna la Corte Costituzionale, siamo sempre propensi a favorirla in entrata e non in uscita. Quindi quella valutazione corrisponde, secondo me, al vero, ma più da un punto di vista dell'opportunità e del risultato che politicamente si vuole perseguire che non dal punto di vista della sua promozione attraverso gli strumenti che abbiamo a disposizione sul piano giuridico.

  PRESIDENTE. Grazie davvero, professor Gratteri, per avere accolto l'invito della Giunta e avere tempestivamente trasmesso anche una nota che, ovviamente, adesso sarà messa a disposizione dei colleghi. Arrivederci e grazie, professore.

Audizione, in videoconferenza, del prof. Ferdinando Pinto, professore ordinario di diritto amministrativo del Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università Federico II di Napoli.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione in videoconferenza del professore Ferdinando Pinto, professore ordinario di diritto amministrativo del Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università Federico II di Napoli. Ringrazio il professore Pinto per avere raccolto l'invito della Giunta e gli cedo volentieri la parola per il suo intervento.

  FERDINANDO PINTO, professore ordinario di diritto amministrativo del Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università Federico II di Napoli. Presidente, buongiorno. Mi permetta una piccolissima premessa. Io sono un giurista pratico, senza dare nessuna connotazione al termine, nel senso che il mio approccio a questi problemi, di cui mi occupo da tempo, è anche in considerazione di quello c'è e di quello che si può fare. Vi chiedo scusa fin da ora se userò un approccio di questo tipo, un approccio che ha più le caratteristiche del pratico che le caratteristiche del teorico. Direi che su questo problema ci sono due profili da esaminare: un primo profilo che, chiamiamo così, dei problemi irrisolvibili, e un secondo profilo di quelli che sono i problemi che, in qualche modo, possono avere qualche soluzione. Parliamo di quelli che sono i problemi che io definisco irrisolvibili o, almeno, nei confronti dei quali l'approccio può essere, diciamo, di quello che si può fare, perché eliminare il problema probabilmente non è possibile. Sotto questo aspetto è il grande problema che voi avete avuto già più volte modo di affrontare della manipolazione del voto all'estero. Perché questo è un problema, secondo me, irrisolvibile? Perché l'equivoco è all'origine, è nel fatto di avere stabilito una Pag. 12circoscrizione estero con seggi attribuiti alla circoscrizione estero. Questa è un'anomalia, una peculiarità italiana, accade in Francia e forse in Portogallo, ma perché questi sono due Stati che hanno antichi regimi coloniali e, quindi, hanno un'esigenza di rappresentanza dei territori all'estero, non di seggi che vengono, in qualche modo, computati sui seggi nazionali. Che cosa voglio dire? Che una volta stabilito questo e una volta stabilito che si vota all'estero per una circoscrizione estera e una volta che vengono inviate le schede a tappeto, perché è inevitabile fare così, diventa difficilissimo controllare come, se e chi vota queste schede. Ne avete avuto esempi proprio in questa legislatura. Qui le soluzioni, francamente, sono ben poche. È difficile controllare; anche l'idea di avere una consegna che, in qualche modo, è più garantita delle schede, questo significa anche poco, perché in una famiglia possono arrivare sette, otto, dieci schede ed essere votate da una sola persona. Qual è il rimedio? Rimedio che, in qualche modo, può mettere un freno a un sistema il quale, come dicevo prima, ha un suo equivoco di fondo. Io ho visto che già qualcun altro ha proposto questa ipotesi, che è la più semplice possibile e anche con i tempi, in cui probabilmente una legislazione di modifica potrebbe avvenire, potrebbe essere approvata, che è quella cioè di invertire i termini dell'opzione. Oggi l'opzione si fa per chi torna a votare in Italia, l'opzione dovrebbe essere fatta al contrario, per chi vuole votare all'estero. Questo consentirebbe, se non altro, a chi ha diritto al voto di sapere che sta votando, perché il problema vero di queste schede che arrivano con così poco controllo come è inevitabile che sia è che, spesso, ci sono persone che non sanno neppure di aver votato. Invertire l'opzione può essere una piccola riforma e può essere un modo per controllare questo sistema della manipolazione del voto. Mi sembra questa una cosa fattibile, una cosa oltretutto che farebbe anche risparmiare non poco, perché eviterebbe questo invio a tappeto delle schede e potrebbe consentire, ripeto, un maggiore controllo rispetto a quanto non avvenga oggi. Le ripeto, Presidente, questo non elimina del tutto il problema, ma almeno lo attenua, almeno fa sì che l'elettore sia consapevole che in quel momento è un elettore italiano all'estero. Oggi spesso questo manca. Questo mi pare la cosa più delicata nel sistema, perché negli altri Paesi il problema si risolve in maniera relativamente semplice, perché il voto è per corrispondenza e il voto per corrispondenza finisce nel collegio a cui l'elettore all'estero partecipa e, in qualche modo, anche le manipolazioni si stemperano nella circoscrizione generale, soprattutto oggi, in queste circoscrizioni sicuramente maggiori di quanto non siano in passato, avremmo un sistema in cui l'eventuale manipolazione del voto finirebbe per incidere poco. Mi rendo conto che questo non è possibile perché, essendoci oramai una modifica costituzionale che assegna i quattro, gli otto seggi alla circoscrizione estero, l'unico meccanismo che mi viene in mente in questo momento è quello che le dicevo prima di invertire l'opzione del voto. Va anche detto, sempre su questo profilo, che è evidentemente impraticabile l'idea di avere dei seggi elettorali, perché bisognerebbe farne o tanti o pochi, ma se se ne fanno tanti evidentemente i costi sarebbero eccessivi e se fossero pochi creeremmo delle evidenti disparità tra chi risiede nelle località dove si può istituire un seggio presso le rappresentanze consolari e chi, magari, abita a centinaia di chilometri di distanza; quindi questa idea, onestamente, mi convince poco. Ipotesi ancora di cui si potrebbe discutere, quella delle liste bloccate. Ancora una volta la lista bloccata, in realtà, attenua il fenomeno ma, evidentemente, non lo elimina del tutto e la lista bloccata, oltretutto, avrebbe un problema abbastanza importante nel meccanismo della parità di genere dove, evidentemente, bisognerebbe pensare poi comunque a meccanismi che, in qualche modo, lo tutelino. Quindi, per quanto riguarda il problema vero dell'elezione all'estero che è quello della manipolazione del voto, ripeto, secondo me è abbastanza complicato riuscire a stabilire meccanismi di effettivo controllo. L'unico che mi viene in mente e che, ripeto, non sono neppure il solo e non sono Pag. 13neppure il primo che lo dice, è quello di invertire il meccanismo dell'opzione. Questa effettivamente potrebbe essere un'ipotesi da considerare e da praticare. Torno ai problemi che in qualche modo sono risolvibili e che mi hanno lasciato, al di là di questo che è il problema, che mi hanno lasciato più perplesso nella loro applicazione pratica. Si può fare una modifica. Il comma 4-bis dell'articolo 8, per come è stato modificato e introdotto, in realtà prevede una causa di ineleggibilità che francamente non capisco, perché questa è una causa che è diversa rispetto a quella nazionale, perché stabilisce che chiunque abbia avuto incarichi politici di qualsiasi livello all'estero non possa poi essere eleggibile. Questa davvero è una cosa incomprensibile. Prima di tutto perché, nella sua genericità, diventa davvero complicato capire se poi possa essere rispettata o meno ma, soprattutto, non ne capisco l'utilità. Qualcuno il quale si trova a svolgere una carica politica all'estero, probabilmente per una doppia cittadinanza, evidentemente non ha quel problema che esiste in Italia per cui è stata pensata l'ineleggibilità è cioè quello di fare una sorta di captatio benevolentiae nei confronti dei propri elettori, perché quelli sono probabilmente elettori che non eleggono italiani, quindi non si riesce a capire davvero perché questa causa di ineleggibilità è stata introdotta e ho visto anche che ci sono parecchie critiche su questa introduzione che, francamente, non riesco a capire in virtù di cosa sia stata motivata. Sempre per l'ineleggibilità andrebbe fatta un minimo di considerazione sulle categorie delle ineleggibilità, perché dire semplicemente che alle ineleggibilità si applicano le stesse ineleggibilità previste per le circoscrizioni nazionali, mi sembra che il catalogo proprio non torni e ci sono, invece, alcuni profili che sono specifici del soggetto il quale si trova all'estero. Ultima annotazione, Presidente, le incandidabilità. Anche qui, secondo me, bisognerebbe fare un pensiero in più per i residenti all'estero, perché il catalogo delle incandidabilità previste dalla «legge Severino» non torna per chi è residente all'estero, se non altro perché ci sono reati che sono peculiari di quel tipo di sistema e non torna neppure il richiamo che viene fatto nella Severino ai particolari profili del codice penale e poiché, come sappiamo, le cause di incandidabilità sono tassative, io mi posso trovare a essere condannato per un qualche reato all'estero che non rientra, però, nel catalogo previsto per l'Italia e, in questo caso, io a essere candidabile e l'omologo italiano a non essere candidabile il che, francamente, veramente mi sembra un qualcosa che non funziona. Quindi, io credo che il Parlamento abbia possibilità di fare qualche correzione relativamente al problema del controllo del voto all'estero mentre, invece, possa incidere, se lo vuole e se ce n'è il tempo, su questi profili dell'ineleggibilità e dell'incandidabilità che mi sembrano comunque profili importanti, ai fini della rappresentanza degli italiani all'estero. Credo di essere stato sufficientemente chiaro e sintetico nelle cose che intendevo dire, eventualmente poi se ci sarà bisogno farò anche una relazione scritta.

  PRESIDENTE. Sì è stato assolutamente chiaro. Ci sono delle domande? Prego onorevole Melicchio.

  ALESSANDRO MELICCHIO. Grazie, professore. Solo una domanda, perché non so se ho compreso bene quando si riferiva all'inversione dell'opzione di voto e quindi se questa inversione, secondo lei, presupponga la richiesta del cittadino di votare per posta oppure se riguarda altro. Grazie.

  FERDINANDO PINTO, professore ordinario di diritto amministrativo del Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università Federico II di Napoli. Sì, è esattamente questo. Il cittadino che vuole votare all'estero deve dichiarare di voler votare all'estero. Mi rendo conto che, dicendo questo, apro un grande problema, che è quello che è una specie di tabù del nostro sistema, cioè quello della iscrizione per votare. Però, in questo caso, non è un'iscrizione a delle liste o qualcosa per votare, è semplicemente la dichiarazione dell'opzione. Io intendo votare all'estero, la conseguenza è che io so che sto votando per il Parlamento italiano. Pag. 14Questa potrebbe sembrare una piccola cosa ma, in realtà, potrebbe avere un'incidenza profonda nell'attuale controllo del voto all'estero, perché se non altro, come dicevo prima, io so che sto votando e se qualcuno vota per me io so che qualcuno sta alterando il sistema del voto.

  PRESIDENTE. La ringrazio, professore. Questa sua assoluta, giustissima considerazione noi l'abbiamo anche analizzata guardando tutti i processi, quando abbiamo fatto le nostre verifiche come Giunta delle elezioni, per la circoscrizione estero e non c'è dubbio che la ragione per la quale abbiamo deciso anche di avviare questa indagine conoscitiva è perché ci siamo resi conto di qualcosa che, forse, già nelle altre legislature era emerso. C'è un problema reale in questo e c'è necessità di un intervento per, come dice lei, probabilmente attenuarlo, perché è certo che ci sono state occasioni nelle quali ci sono persone che hanno votato senza sapere di votare. Quindi, certamente, trovare un argine a questo è il minimo indispensabile. La volevo ringraziare anche per il tema che ha toccato sulla «legge Severino», perché quello è sicuramente un elemento che né nei precedenti lavori della Giunta, né nelle audizioni che abbiamo fatto fino ad adesso era emerso ed è un tema che ha una sua rilevanza non indifferente, proprio perché poi dovremmo essere tutti uguali, sia quelli che sono eletti all'estero sia quelli che sono eletti in Italia, e le disparità che si potrebbero creare – che mi pare fino ad adesso non si sono create, ma noi dobbiamo guardare a quello che potrebbe accadere – certamente sono disparità da evitare. Ringrazio il professore Pinto per il contributo fornito alla Giunta e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione del prof. Marco Galdi, professore associato di diritto pubblico del Dipartimento di scienze economiche e statistiche dell'Università di Salerno.

  PRESIDENTE. Approfittiamo per salutare in presenza il professore Galdi, che è professore associato di diritto pubblico del Dipartimento di scienze economiche e statistiche dell'università di Salerno. A questo punto gli do volentieri la parola per il suo intervento.

  MARCO GALDI, professore associato di diritto pubblico del Dipartimento di scienze economiche e statistiche dell'Università di Salerno. Prima di iniziare, tengo molto a ringraziare il Presidente della Giunta per questo invito. È un tema, questo del voto degli italiani all'estero, che mi interessa da alcuni anni. Tengo a premettere anche, per correttezza, che ho svolto attività di consulenza a favore della CGIE, quindi diciamo che il mio intervento, in qualche modo, è anche influenzato dai rapporti e dall'attività che ho svolto per il CGIE. Entrando nel merito, distinguo la mia relazione in due parti. Nella prima mi soffermerò sugli interventi più incisivi da apportare alla disciplina relativa al diritto di voto dei cittadini italiani residenti all'estero di cui si sta discutendo in questa legislatura, anche alla luce delle recenti vicende che hanno interessato il Senato della Repubblica. Come vi dirò, di alcune di queste modifiche è fondamentale discutere, ma è necessario trovino attuazione in un futuro più remoto, non certo per le prossime elezione politiche del 2023. Nella seconda parte di questa relazione, brevemente, mi soffermerò su alcuni aggiustamenti legislativi che mi sembrano costituire punti di approdo condivisi che consentiranno da subito, ove attuati, di apportare utili correttivi all'impianto normativo vigente. Vorrei, dunque, iniziare con il richiamare la loro attenzione, invocando la dovuta prudenza rispetto all'introduzione del remote e-voting, cioè del voto esercitato non in un seggio presidiato con sistemi elettronici nella disponibilità dell'elettore. Il Presidente Luigi Einaudi era solito dire che occorre toccare la legge con mano tremante ma, certamente, le leggi che incidono sul diritto di voto andrebbero trattate con ancora più attenzione, perché investono il cuore stesso del nostro sistema democratico. Cominciamo con il dire che l'attuale disciplina, che prevede il voto per corrispondenza come modalità generale con tutte le problematiche applicative che presenta, in ogni caso ha il pregio di dare attuazione al Pag. 15dettato costituzionale, lì dove l'articolo 48 della Costituzione, al terzo comma, prevede che la legge debba assicurare l'effettività del diritto di voto dei cittadini residenti all'estero. Ho letto, fra le audizioni che mi sono state inviate per preparare la presente relazione, che è stata nuovamente avanzata la proposta di consentire il diritto di voto presso le ambasciate, i consolati o altre rappresentanze italiane all'estero. Francamente, mi pare che questa ipotesi sia del tutto da scartare perché negherebbe, di fatto, il principio di effettività del diritto di voto. Non posso dire altrettanto per il remote e-voting, sulla scorta anche dell'esperienza di alcuni paesi europei, in primis l'Estonia. Ove il legislatore ne valuti la sicurezza, esso è senz'altro compatibile con il principio di effettività del voto, di cui all'articolo 48 della Costituzione, non necessitando la sua introduzione, a mio avviso, di alcuna modifica della Costituzione. Questa è, certamente, la prospettiva a cui guardare con maggiore attenzione, anche alla luce della recente decisione contenuta nella legge n. 160 del 2019 che all'articolo 1, comma 627, ha previsto l'istituzione, nello Stato di previsione del Ministero dell'interno, del fondo per il voto elettronico e lo stanziamento per l'anno 2020 della somma di un milione di euro allo scopo di introdurre, in via sperimentale, modalità di espressione del voto in via digitale per le elezioni politiche ed europee e per i referendum, previsti dagli articoli 75 a 138 della Costituzione. Il successivo comma 628 rinvia a un decreto del Ministero dell'interno, da adottare di concerto con il Ministero per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione entro 30 giorni dall'entrata in vigore della legge, la definizione delle modalità attuative del fondo e della relativa sperimentazione, limitatamente a modelli che garantiscano il concreto esercizio del diritto di voto degli italiani all'estero e degli elettori che, per motivi di lavoro, studio o cure mediche si trovano in un comune di una regione diversa da quella del comune nelle cui liste elettorali risultano iscritti. A questo scopo, il Ministero dell'interno ha disposto, come è noto, l'istituzione di una Commissione tecnica, incaricata di approntare le linee guida sulla sperimentazione delle modalità di voto dello scrutinio elettronico. Questa Commissione ha terminato il suo lavoro il 25 marzo del 2021, presentando al Ministero dell'interno le linee guide, che sono state in larga misura recepite nel decreto adottato di concerto con il Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione il 9 luglio del 2021. Questo decreto interministeriale detta i tempi dell'introduzione del voto elettronico che devono essere ispirati al principio di precauzione, in linea con la raccomandazione del comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa del 14 giugno 2017 sugli standard relativi al voto elettronico. Si prevede, così, una prima fase di simulazione del voto e dello scrutinio elettronico priva di valore legale che coinvolgerà un campione significativo di elettori e una seconda fase, nella quale sarà possibile conseguentemente procedere alla sperimentazione dell'utilizzo del sistema di voto elettronico in una tornata elettorale con valore legale. Ovviamente, mentre non si realizzeranno queste due fasi, è altamente improbabile introdurre il sistema del remote e-voting già dalle prossime elezioni politiche, che si terranno tra circa un anno. Peraltro, sarà necessario procedere a una serie di azioni preparatorie, a partire dalla graduale distribuzione dello spid ed i tempi tecnici della più rosea delle previsioni sono successivi al 2023. Ciò ci dà il tempo per ragionare, anche perché, come ci ricorda il sommo poeta, «perder tempo a chi più sa più spiace». Quindi è opportuno iniziare a confrontarsi, nell'ottica dell'introduzione di questa innovativa modalità di espressione del voto. Per prima cosa, va chiarito che il remote e-voting non potrà essere, quanto meno nella prospettiva del breve e del medio periodo, adottato come modalità generalizzata per il voto degli italiani all'estero. Il principio di effettività del diritto di voto, di cui all'articolo 48, terzo comma, della Costituzione, infatti, ne impedisce un uso esclusivo, almeno finché gli elettori non saranno tutti nativi digitali, cioè finché sussista il rischio che, soprattutto i più anziani, non abbiano la necessaria alfabetizzazione informatica che consenta loro agevolmente l'esercizio del dirittoPag. 16 di voto in modalità elettronica. Peraltro si pone anche il tema del gap economico e sociale. Quando durante la fase acuta della pandemia si è introdotta la DAD, ci si è accorti che esistevano migliaia di famiglie che non disponevano di un computer, con la conseguenza che tanti giovani non hanno potuto esercitare il proprio diritto allo studio. Analogamente, potrebbe accadere nel caso del remote e-voting. Discende da quanto precede che, quantomeno nel breve e nel medio periodo, bisognerà che il voto elettronico sia scelto dall'elettore come alternativa alla modalità generale del voto per corrispondenza al pari dell'opzione attualmente prevista del voto nel comune di residenza storica. In sostanza, l'unica soluzione compatibile con il principio di effettività di cui all'articolo 48, terzo comma, della Costituzione è la seguente: se l'elettore della circoscrizione estero non dovesse compiere alcuna opzione, gli verrà recapitato il plico a casa per esprimere il voto per corrispondenza e non sarà, pertanto, ammesso a votare né con modalità elettronica, né presso il comune di residenza storica. Queste due ulteriori alternative dovranno essere invece espressamente e tempestivamente scelte dall'elettore. Questo approccio trova conferma anche nella raccomandazione del comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa del 14 giugno 2017 sugli standard relativi al voto elettronico per la quale, leggo direttamente in italiano, a meno che i modi di voto elettronico a distanza non siano universalmente accessibili, essi costituiscono solo un mezzo di voto aggiuntivo e facoltativo (standard 3). Commentando questo standard, di recente si è affermato che il principio del suffragio universale sarebbe infatti irrimediabilmente leso ove un sistema di votazione elettronica e, a maggior ragione, via internet fosse, previsto quale unica modalità di voto, privando de facto del diritto di voto tutti coloro che per povertà, età, scarsa istruzione e insufficiente competenza, non possono o non vogliono votare attraverso la rete. Dovrà, quindi, essere consentito all'elettore di avvalersi, ove lo ritenga, dell'ordinaria procedura di voto tramite la scheda cartacea. Qui cito uno studio corposo della collega Rosini, pubblicato sulla rivista AIC (Associazione Italiana dei Costituzionalisti) del 2021. In sintonia con questa indicazione, si muove anche il decreto interministeriale del luglio 2021 il cui articolo 2, rubricato gradualità della sperimentazione, al comma 6, terzo alinea, prevede che, in caso di mancato esercizio dell'opzione, resta ferma per l'elettore la possibilità di votare in presenza presso l'ufficio elettorale della sezione di iscrizione delle liste elettorali o per corrispondenza, come previsto dalla legge 27 dicembre 2001, n. 459. Anche in questo caso, come per lo più accade, il decreto interministeriale riprende pedissequamente le linee guida elaborate dalla Commissione istituita dal Ministero dell'interno. C'è, però, un'opzione prevista nelle linee guida che non viene accolta dal decreto interministeriale e che pure, invece, allo stato attuale dello sviluppo tecnico sarebbe, a mio avviso, opportuno accogliere fin dalla fase di sperimentazione del remote e-voting. L'articolo 1, comma 4, delle linee guida prevede infatti che, in alternativa a quanto previsto dal comma 2, fermo restando che il voto elettronico dovrebbe porsi come un'opzione al sistema di voto tradizionale e fatte salve le peculiarità proprie del voto per corrispondenza previsto per gli italiani residenti all'estero, potrà essere valutata l'adozione di un processo di voto multiplo, anche per affrontare il rischio di un'eventuale pressione esterna sugli elettori. In tal caso, se un elettore in grado di esprimere il voto più volte elettronicamente o attraverso diversi metodi di voto, è necessario adottare misure appropriate per garantire che venga conteggiato un solo voto. Questa possibilità, prospettata nelle linee guida, corrisponde al modo in cui si è risolto in Estonia il problema della libertà del voto. Replicare il voto ne garantisce la libertà in quanto, anche se il titolare del diritto fosse da altri costretto a esprimere un certo voto online, potrebbe sempre ripetere il suffragio autonomamente venendo conteggiato solo il suo ultimo voto e non essendo, peraltro, rilevabile da parte di terzi quante volte l'elettore abbia votato. Il decreto interministeriale all'articolo 4, rubricato nella modalità dell'esercizioPag. 17 del voto elettronico, al comma 5 prevede che ogni elettore può votare una sola volta per ogni consultazione, esclusa la possibilità di esprimere validamente il proprio suffragio due o più volte per la stessa consultazione. In questo, il non accoglimento della possibilità aperte dalle linee guida. Un ulteriore caso in cui il decreto interministeriale si discosta dalle linee guida è dato dalla previsione, in queste contenuta, di un organismo indipendente appositamente nominato, cui affidare il compito di verificare, insieme alle autorità preposte alla sicurezza cibernetica nazionale, il corretto funzionamento del sistema di votazione elettronica, articolo 6, comma 5 delle linee guida. Invece, il decreto interministeriale al corrispondente articolo 6, comma 2, prevede che, prima della messa in funzione del sistema di votazione elettronica ai fini di cui al presente decreto e, in ogni caso, prima di ogni tornata elettorale in cui è necessario il suo impiego, il Ministero dell'interno ne verifica il corretto funzionamento attraverso la collaborazione con l'AgID (Agenzia per l'Italia Digitale) e le autorità preposte alla sicurezza cibernetica nazionale. Il tema del controllo del sistema informatico è, a mio avviso, centrale. In questa prospettiva infatti, la Giunta delle elezioni perde in modo significativo la funzione sua propria di garanzia bipartisan della correttezza dell'esito elettorale, se non affidandosi a soggetti con competenze tecniche specialistiche di cui, ovviamente, non può disporre se non occasionalmente al proprio interno. Né, in questo momento, è garantita l'imparzialità piena dell'AgID, che è un'agenzia tecnica della Presidenza del Consiglio e che non può ancora configurarsi come una autorità amministrativa indipendente, se non altro per il sistema di selezione dei suoi vertici. Ne consegue che, allo stato, il dominus assoluto dei controlli del remote e-voting, rimane il Ministero dell'interno, in ultima analisi il Governo che, certo, non può dirsi un soggetto imparziale. Mi permetto su questo punto di ribadire una proposta, già manifestata di recente in uno scritto in corso di pubblicazione per il Mulino, allorché proponevo di affidare a istituzioni internazionali particolarmente qualificate e credibili, come ad esempio l'Unione internazionale delle comunicazioni, in sigla ITU, International Telecommunication Union, l'agenzia specializzata delle nazioni unite per le tecnologie delle informazioni e della comunicazione, il compito di organizzare il voto da remoto o, quanto meno, di verificarne la correttezza. Quanto all'ITU, non è dubbio che una simile mission rientri a pieno titolo fra quelle istitutive, se fra i suoi principali compiti vi sono quelli di estendere la cooperazione internazionale per migliorare le telecomunicazioni, di favorire lo sviluppo dei mezzi tecnici e il loro sfruttamento più efficace, nonché di armonizzare gli sforzi delle nazioni verso fini comuni. Né andrebbe sottostimato il valore simbolico di un simile incarico all'ITU, anche nella prospettiva di porre le basi di un'embrionale democrazia elettronica globale. Ma mi rendo conto, nel preparare questo intervento, che un ruolo spetta di diritto alle due Giunte delle elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, che dovrebbero essere chiamate, in considerazione della specifica competenza e dell'ampia rappresentatività, a nominare un collegio tecnico imparziale che potrebbe affiancare l'ITU nella funzione di controllo del corretto funzionamento del sistema di remote e-voting. Venendo alla seconda parte del mio intervento è possibile, in vista del 2023, ferme restando le modalità di voto, ragionare su ulteriori aspetti sui quali invece è necessario intervenire tempestivamente. Il primo problema, ma qui le implicazioni politiche sono prevalenti e, quindi, ometto di approfondire, è quello di ridisegnare i collegi e cercare di introdurre le quote di genere. Dico solo che, personalmente, ho apprezzato l'apertura del collega Frosini nell'audizione innanzi a loro qualche giorno fa a favore del collegio uninominale. Il secondo, non meno rilevante, problema è quello di restituire, ai soli residenti all'estero, la rappresentatività degli interessi degli iscritti all'AIRE. Questo, francamente, credo che sia un vulnus che vada assolutamente sanato. Potrebbe anche avere profili di incostituzionalità. Sono, infine, necessari alcuni piccoli aggiustamenti, di cui Pag. 18si parla da tempo, nelle comunità italiane all'estero, del tipo: garantire l'aggiornamento periodico delle anagrafi elettorali e l'informazione elettorale, anche avvalendosi dei social network; stampare le schede elettorali in Italia e distribuirle ai consolati tempestivamente, anche per contrastare i brogli; apporre per la identificazione degli elettori, sulla busta che l'elettore stesso dovrà inviare al consolato un codice a barre, in modo da semplificare la procedura in sede di scrutinio che, attualmente, implica l'identificazione manuale; peraltro questa modifica consentirebbe di eliminare il certificato elettorale cartaceo che causa molti annullamenti di schede valide, perché viene spesso inserito nella busta che contiene la scheda. Anticipare di un paio di giorni sia l'invio dei plichi da parte delle ambasciate o dei consolati che la chiusura delle urne, così da permette di anticipare di un paio di giorni il termine entro il quale i plichi con le schede votate devono essere presi in carico dai consolati per essere spediti all'ufficio centrale per la circoscrizione estero. Ciò consentirebbe anche di svolgere, fin dalla domenica mattina invece del tardo pomeriggio come avviene attualmente, lo scrutinio di tutte le sezioni. Suddividere fra più corti di appello lo scrutinio delle schede relative all'elettorato estero in modo da evitare l'eccessivo onore ricadente sulla Corte d'appello di Roma, soluzione questa tanto più necessaria, alla luce dell'aumento registratosi nel numero degli elettori. Reperire presidenti e scrutatori fra i comuni rientranti nell'ambito del distretto delle Corti di appello che saranno individuate, in modo da scegliere tra soggetti che possono più facilmente raggiungere la sede dello scrutinio. Organizzare, nell'ambito della Corte di appello, un breve corso per i presidenti di seggio, mirato sulla disciplina relativa al voto degli italiani all'estero. Uniformare le modalità di voto per tutte le elezioni alle quali sono chiamati gli italiani all'estero, in modo da evitare confusioni: Comites, CGIE, elezioni legislative nazionali, europee, referendum. Alcuni di questi aggiustamenti richiedono interventi sulla legge n. 459 del 2001, peraltro mi consta che sono anche contenuti in iniziative legislative parlamentari, alla Camera ma anche al Senato, già depositate agli atti. Altri implicano operare sul regolamento attuativo, altri ancora un maggiore impegno burocratico. Ringrazio ancora per l'invito e spero, con queste considerazioni, di avere apportato un piccolo contributo alla loro riflessione. Ovviamente sono a disposizione per eventuali domande o richieste di chiarimento.

  PRESIDENTE. La ringrazio molto, professore, perché indubbiamente, in questo ventaglio che abbiamo avuto, ci sono state riflessioni su vari temi. Un approfondimento così pregnante sul tema del voto elettronico ci mancava e credo che sia un elemento di riflessione per la Giunta perché, come lei sa, ci sono scuole di pensiero diverse. C'è chi dice che, sostanzialmente, è difficile; chi non difficile, ma impraticabile. Invece credo che questo approfondimento che lei ha fatto ci consente di poter valutare poi, alla conclusione di questo nostro lavoro, un segmento che ha sicuramente una sua rilevanza. La ringraziamo molto e le auguro buona giornata professore.

  La seduta termina alle 15.20.