XVIII Legislatura

XIII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 5 di Martedì 25 settembre 2018

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Gallinella Filippo , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'EMERGENZA LEGATA ALLA DIFFUSIONE DELLA XYLELLA FASTIDIOSA NELLA REGIONE PUGLIA

Audizione di rappresentanti della Società entomologica Italiana, della Società italiana di agronomia, della Società italiana di patologia vegetale (SIPaV) e della Società di ortoflorofrutticoltura italiana (SOI).
Gallinella Filippo , Presidente ... 3 
Bosco Domenico , socio della Società entomologica italiana e docente di entomologia agraria presso l'Università degli studi di Torino ... 3 
Perniola Michele , socio della Società italiana di agronomia e docente di agronomia e coltivazioni erbacee presso l'Università degli studi della Basilicata ... 4 
Gullino Maria Lodovica , presidente della Società italiana di patologia vegetale (SIPaV) presidente e docente di patologia vegetale presso l'Università degli Studi di Torino ... 6 
Catalano Luigi , presidente della sezione frutticoltura della Società di ortoflorofrutticoltura italiana (SOI) ... 8 
Gallinella Filippo , Presidente ... 10 
Cunial Sara (M5S)  ... 10 
L'Abbate Giuseppe (M5S)  ... 10 
Gallinella Filippo , Presidente ... 11 
Catalano Luigi , presidente della sezione frutticoltura della Società di ortoflorofrutticoltura italiana (SOI) ... 11 
Gullino Maria Lodovica , presidente della Società italiana di patologia vegetale (SIPaV) e docente di patologia vegetale presso l'Università degli studi di Torino ... 11 
Bosco Domenico , socio della Società entomologica italiana e docente di entomologia agraria presso l'Università degli studi di Torino ... 13 
Gullino Maria Lodovica , presidente della Società italiana di patologia vegetale (SIPaV) e docente di patologia vegetale presso l'Università degli studi di Torino ... 14 
Gallinella Filippo , Presidente ... 14

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia: Misto-NcI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
FILIPPO GALLINELLA

  La seduta comincia alle 14.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti della Società entomologica Italiana, della Società italiana di agronomia, della Società italiana di patologia vegetale (SIPaV) e della Società di ortoflorofrutticoltura italiana (SOI).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti della Società entomologica italiana, della Società italiana di agronomia, della Società italiana di patologia vegetale (SIPaV) e della Società di ortoflorofrutticoltura italiana (SOI) nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'emergenza legata alla diffusione della Xylella fastidiosa nella Regione Puglia.
  Ringrazio i nostri ospiti per aver accolto l'invito. Sono presenti: per la Società entomologica Italiana, Domenico Bosco, docente di Entomologia agraria presso l'Università degli studi di Torino, per la Società italiana di agronomia, Michele Perniola, docente di agronomia e coltivazioni erbacee presso l'Università degli Studi della Basilicata, per la Società italiana di Patologia vegetale, Maria Ludovica Gulino, presidente nonché docente di patologia vegetale presso l'Università degli Studi di Torino, per la Società di ortoflorofrutticoltura italiana (SOI), Luigi Catalano, presidente della sezione frutticoltura.
  Cedo quindi la parola ai nostri ospiti, ai quali chiedo di ripresentarsi nel prendere la parola. Faccio presente che alle relazioni faranno seguito le domande dei colleghi e l'eventuale replica degli auditi.

  DOMENICO BOSCO, socio della Società entomologica italiana e docente di entomologia agraria presso l'Università degli studi di Torino. Grazie, presidente. In rappresentanza della Società entomologica italiana, e in particolare del suo presidente, professor Franco Pennacchio, intervengo in questa audizione per lasciare un contribuito sugli aspetti scientifico-tecnici-entomologici che riguardano il problema di Xylella fastidiosa, in quanto, questo batterio, com'è noto, è trasmesso in natura in maniera pressoché esclusiva da insetti vettori.
  In questo periodo, quindi, anche la comunità scientifica entomologica si è dedicata ad approfondimenti e studi per ottenere dei dati che siano utili alla gestione del problema e soprattutto a frenare l'epidemia.
  Con grande rapidità, dopo l'identificazione del patogeno in Puglia, è stato identificato l'insetto vettore, quindi lo conosciamo ed è la Sputacchina media (Philaenus spumarius). È vero che la trasmissione di Xylella non è altamente specifica e quindi non possiamo escludere l'esistenza di altri insetti vettori, ma tutte le risultanze, fino ad oggi, indicano che un ruolo assolutamente predominante nella diffusione della malattia è dovuto a questo insetto. Gli altri, se operano, operano in maniera molto meno importante.
  L'altro pilastro delle conoscenze – in questo vado fuori dall'entomologia, ma non posso esimermi – è che la pianta ospite principale è l'olivo, anche se è stata identificata Pag. 4 una trentina di piante ospiti alternative. È stato visto però – sono risultati della ricerca che in breve tempo è riuscita a fornire notevoli dati – che l'epidemiologia, cioè la diffusione della malattia, è largamente dovuta alla diffusione da olivo a olivo, con scarsissimo intervento di altre piante serbatoio.
  Questo indica che abbiamo due pilastri su cui agire, e in epidemiologia, in assenza di ulteriori evoluzioni, sappiamo che dobbiamo sopprimere le sorgenti di inoculo (in questo caso l'inoculo principale è rappresentato dalle piante di olivo infette) e sopprimere, nel senso di abbassare nel modo più efficace possibile, le popolazioni del vettore. Questi sono i due pilastri che abbiamo individuato per l'azione.
  Ci sono delle caratteristiche biologiche del vettore stesso, talune positive, altre negative, per la gestione di questa problematica. Per esempio, questo insetto è altamente polifago, quindi lo possiamo trovare dappertutto e certamente non è ristretto all'agroecosistema oliveto, quindi capite già che non si può impostare una lotta ovunque, però si può impostarla in oliveto con risultati che non saranno mai totalmente soddisfacenti, ma che possono dare degli esiti.
  L'altra caratteristica di questo insetto è che si sviluppa come giovane sulle piante erbacee, quindi non è associato all'olivo. Abbiamo quindi una fase del suo ciclo in cui si possono impostare delle tecniche di lotta altamente ecocompatibili perché non richiedono l'uso di insetticidi, mediante lavorazione del terreno o quantomeno sfalci, a primavera, tempestivamente, per poter sopprimere la popolazione del vettore.
  A seguito di questo non arriveremo mai ad abbassare sufficientemente il rischio di diffusione, per cui con la generalità dei colleghi riteniamo che sia ancora necessario intervenire con insetticidi sugli adulti residui, che possono visitare anche con elevata frequenza l'olivo, però è importante, come in altri casi, pensare ad un controllo integrato, cioè princìpi di lotta meccanica e agronomica con lotta chimica.
  Ovviamente la ricerca sta lavorando e potrebbe dare altre soluzioni, però ad oggi questi sono i fondamentali della vicenda.
  Si ritiene sia meglio declinare le misure di controllo, come è stato finora, in maniera diversa a seconda delle zone, perché abbiamo un'amplissima zona infetta, dove ormai non è possibile pensare a un'eradicazione, cioè a un'eliminazione del patogeno della malattia, mentre abbiamo a nord una zona di contenimento e cuscinetto, che è stata delimitata su indicazione dell'Unione europea proprio per frenare, se non addirittura bloccare totalmente, l'espansione della malattia, cosa che è di interesse primariamente nazionale, ma ovviamente di tutti i Paesi dell'Unione europea.
  In queste zone di contenimento e cuscinetto si ritiene che gli interventi di lotta debbano avere caratteristica di obbligatorietà, perché altrimenti non si arriva da nessuna parte. Inoltre, ci sono ovviamente delle richieste molto stringenti da parte dell'Unione europea, nei confronti della quale siamo adesso in regime di infrazione, la quale richiede questi interventi in regime di obbligatorietà.
  Gli interventi sono tre: monitoraggi per trovare con grande tempestività le piante infette, abbattimento delle piante infette, soppressione con metodo integrato delle popolazioni di insetti.
  Si può forse essere più elastici e flessibili nella zona infetta, dove si possono anche sperimentare strategie di lotta alternative e più ecocompatibili, però almeno nella zona di contenimento o cuscinetto è necessario procedere nel senso indicato.
  Vi ringrazio per l'attenzione.

  MICHELE PERNIOLA, socio della Società italiana di agronomia e docente di agronomia e coltivazioni erbacee presso l'Università degli studi della Basilicata. Sono stato delegato a intervenire dal presidente della Società italiana di agronomia, della quale faccio parte, professor Carlo Grignani.
  Vorrei darvi un contributo sulle modalità con cui la nostra società, che si occupa principalmente di tecniche agronomiche di coltivazione, può intervenire in questa problematica per cercare di contenere la proliferazione. Pag. 5 Ovviamente, non essendoci mezzi di lotta diretta ed efficace, l'azione deve essere a 360 gradi per individuare tutte le possibilità per limitare al massimo la diffusione e riportare a coltivazione i terreni adesso in difficoltà.
  La Società italiana di agronomia si è mossa per individuare delle linee guida. Come è stato appena detto, la questione centrale è quella della gestione del Cicadellidae. Come ha già detto il collega, si tratta di sfalciare, triturare, o meglio ancora mantenere e pulire il terreno. Questa non è un'attività semplice, perché negli ultimi anni sull'arboricoltura, specialmente del sud, abbiamo spinto per l'inerbimento per questioni legate alla carenza di sostanza organica del terreno, quindi si tratta di andare in controtendenza rispetto a regole che eravamo stati drastici a portare anche con i regolamenti PSR nell'altra direzione.
  In questo caso sicuramente la pulizia, come i nostri antenati facevano faticosamente, quindi mantenere pulito quanto più possibile e particolarmente durante il periodo primaverile, quando le infestanti, le malerbe, la flora naturale sono più presenti, è la questione cruciale.
  Anche noi abbiamo verificato che la triturazione non è efficace, è necessario l'interramento, il problema è che negli arborei l'aratura, che è sicuramente il sistema più efficace, non può essere realizzata perché va a disturbare gli apparati radicali della pianta arborea. Abbiamo visto quindi che il sistema più sicuro è una discatura, non l'erpicatura, perché la discatura permette di macinare, interrare per 5 o anche 10 centimetri, e quella è la profondità giusta a cui non si danneggiano le radici delle piante di olivo, perché il disco rotola, non taglia, non rovina e nello stesso tempo si interra nel migliore dei modi. La gestione delle lavorazioni del frutteto dovrebbe essere buona norma da seguire, andando purtroppo in controtendenza alla linea generale per le colture arboree.
  Il problema è quello della sostanza organica, perché si spingeva sull'inerbimento per il sequestro del carbonio, per le questioni legate ai cambiamenti climatici e anche perché i terreni dell'area infetta sono molto superficiali, carsici, poveri di sostanza organica, altra questione legata al contenimento della malattia.
  Ne consegue che, se è vero che dobbiamo fare a meno dell'inerbimento, dobbiamo gestire il bilancio della sostanza organica in maniera più accorta, quindi il compostaggio va preso in seria considerazione per apportare da un punto di vista fisico-chimico sostanza organica per gli effetti positivi che ha.
  È collegato a questo anche il discorso delle potature, quindi le frasche di potatura che si consiglia dal punto di vista agronomico di trinciare e lasciare in campo per il bilancio della sostanza organica. Anche in questo caso, essendo le frasche di potatura un potenziale inoculo, si tratta di ritornare al vecchio sistema della bruciatura in campo, quindi non le possiamo portare via dal campo perché altrimenti, specialmente se verdi, quindi quando il Cicadellidae può andare sulla parte verde a infettarsi, procurerebbero dei danni.
  Purtroppo, quindi, anche in questo caso il sistema migliore è la bruciatura in campo. Perché parlo di bruciatura in campo? Sempre per il bilancio dei nutrienti di cui parlavo prima, perché in questo modo, mineralizzando con la sostanza organica, riportiamo quegli elementi minerali sul terreno.
  Questo è un secondo aspetto che stiamo curando anche per verificare le tecniche di spandimento di queste ceneri che devono essere distribuite in maniera uniforme, mentre per la parte più legnosa non c'è problema, perché l'insetto non può pungere, quindi possono essere tranquillamente portate fuori dal campo, però in condizioni di sicurezza.
  Altra questione è che (non so se i colleghi di patologia lo confermino) le piante in buona salute sembrano reagire meglio e quindi contrastare la diffusione della malattia. Da questo punto di vista va aperta una parentesi e considerare che la zona di diffusione è in crisi da un punto di vista olivicolo. Stiamo infatti parlando di impianti anziani che non avevano più un Pag. 6reddito sufficiente a mantenere anche le buone pratiche agricole di cui sto parlando (vi proporrò anche un'alternativa in tal senso).
  Piante sane significa anche piante nutrite in modo corretto. In pratica prima non si faceva nulla, non c'erano accortezze per quanto riguarda la sostanza organica, né la concimazione, né altro, mentre a fini terapeutici andrebbero curati molto meglio gli aspetti che riguardano la nutrizione della pianta, ricorrendo anche alla nutrizione minerale, quindi a concimi di natura minerale, perché se non riusciamo a tenere sotto controllo la sostanza organica con l'inerbimento, queste piante vanno nutrite in maniera adeguata, nel senso che bisogna andare con il bilancino dal farmacista, perché anche in questo caso si è visto che gli eccessi rendono la pianta più tenera, più succulenta, più suscettibile agli attacchi.
  Si tratta quindi di fare un bilancio corretto degli elementi nutritivi per avere piante sane, ma nello stesso tempo, equilibrate da un punto di vista fisiologico.
  Il problema è di carattere più generale, perché stiamo lavorando in zone che non danno un reddito sufficiente per giustificare quanto vi sto dicendo. Vi porto l'esempio di aree olivicole del tutto simili a questa, ma più a nord, dal brindisino in su, dove al contrario c'è una consociazione molto fiorente tra gli stessi ulivi secolari ed un'orticoltura fatta in maniera molto mirata, molto integrata, e anche ottimi esempi di agricoltura biologica. Quale vantaggio hanno? Cercare di elevare il livello di biodiversità, perché, aumentando il livello di biodiversità, da un punto di vista ecologico si va ad aumentare il numero di parassiti del batterio, del Cicadellidae, che aiutano anche nel controllo.
  Quale altro vantaggio procura fare delle consociazioni? Sto parlando di consociazioni, perché sarebbe facile dire «togliamo gli ulivi e cambiamo ordinamento colturale», ma consideriamo tutto l'indotto presente in quella zona dal punto di vista della produzione dell'olio di qualità, quindi tutto il problema delle industrie per l'estrazione dell'olio. Una buona consociazione con piante orticole avrebbe il vantaggio di dare valore aggiunto all'ettaro di superfici, quindi dare quell'impulso economico che permette indirettamente di controllare.
  Dico indirettamente perché una coltivazione attenta e corretta della coltura orticola da un punto di vista della nutrizione e del controllo dei patogeni, dello stesso Cicadellidae in maniera integrata, biologica o anche convenzionale per il reddito che deve fornire la coltura orticola indirettamente va a controllare anche l'olivo, permettendo di elevare il reddito.
  Questi sono alcuni spunti, non voglio dilungarmi togliendo spazio ai colleghi, però ripeto ancora una volta che l'approccio olistico che inquadra il tema in una visione più di territorio e di paesaggio sicuramente può aiutare nella soluzione del problema.

  MARIA LODOVICA GULLINO, presidente della Società italiana di patologia vegetale (SIPaV) presidente e docente di patologia vegetale presso l'Università degli Studi di Torino. Sono Lodovica Gullino dell'Università di Torino. Intanto vi ringrazio per aver invitato le società scientifiche e, se mi permettete, farei un appello. Al di là della Xylella, quando ci sono problemi di questo genere sarebbe importante e utile per voi, ma anche per noi, interagire, perché dentro le nostre società ci sono competenze che vengono dal mondo della ricerca, ma anche dal mondo dei tecnici, quindi potremmo offrire non dico soluzioni, ma qualche suggerimento.
  Io sono un patologo vegetale e la Xylella è un patogeno difficile, balordo, il nome stesso, Xylella fastidiosa, descrive perfettamente questo batterio, che è fastidioso. In inglese questi batteri sono definiti fastidious, esigenti, perché hanno particolari esigenze nutrizionali, sono difficili da isolare, e questo spiega anche perché quando li si ritrova inizialmente ci possono essere delle difficoltà nel coltivarli, non sono facilmente coltivabili come altri batteri, quindi certamente non sono organismi facili.
  Come è già stato detto, non abbiamo mezzi di lotta diretti contro i batteri, perché non possiamo in agricoltura – per fortuna, dico io – usare antibiotici. Il nostro Paese infatti, come molti altri, non ne permette l'impiego perché, se si impiegassero, Pag. 7 molto rapidamente si selezionerebbero delle popolazioni resistenti e poi c'è il grosso rischio del passaggio della resistenza eventuale a batteri importanti per l'uomo e per gli animali.
  L'esperienza che vi porto è quella di chi lavora da anni nel campo della biosicurezza, della prevenzione di alieni, dell'arrivo di parassiti. La Xylella è un problema complesso, ma certamente affrontabile, del resto altri Paesi l'hanno affrontato con successo. Basta vedere quello che è successo in California: quando è arrivata una cugina di questa Xylella, la Xylella che attacca la vite, ci sono stati anni difficili, non si coltiva più la vite a Los Angeles, però sono stati messi a punto metodi di gestione e di convivenza, quindi è un problema complesso, ma che può e deve essere affrontato.
  Quali sono stati i problemi in Puglia? Intanto in Puglia sull'olivo è arrivata la Xylella pauca, che è una sottospecie diversa rispetto a quella che attacca la vite, e non c'è stato un ritrovamento rapidissimo, quindi sottolineo alcune criticità legate al fatto che i nostri servizi fitosanitari, oberati da molte pratiche cartacee, spesso non vanno sufficientemente in campo oppure non sono sufficientemente aggiornati su tecniche diagnostiche nuove che invece dovrebbero conoscere.
  C'è stata quindi una partenza ritardata e quando il ritrovamento è tardivo e l'infezione parte, quindi non si parte da un piccolo focolaio, ma i focolai diventano 3, 4, 5, 6, 7, diventa veramente difficile mettere in atto le misure di contenimento previste dalla Commissione europea che prevedono proprio l'eliminazione delle piante colpite. Questo si può fare nel caso di 1, 2, 3 focolai, ma diventa difficile quando i focolai si moltiplicano. Quindi una partenza ritardata certamente porta dietro una serie di problemi difficili da affrontare.
  Tralasciamo tutte le altre vicende che ci sono state, ma che hanno certamente avuto un peso, perché i ritardi di intervento sono stati legati anche a una serie di problematiche non di campo, che non hanno nulla a che fare con gli aspetti scientifici, ma che hanno ritardato questi primi interventi.
  A questo punto, infatti, si è visto che non aveva più senso intervenire con metodi di eradicazione brutale, perché non sarebbe più servito, quindi bisogna lavorare sul contenimento.
  L'altro aspetto importantissimo che non è stato affrontato seguendo i canoni utilizzati nell'affrontare problemi di biosicurezza è che qualsiasi problema che oggi sorge, anche se sorge nel mio cortile, nel mio giardino, non è un problema locale, perché non esistono più problemi locali; i problemi vanno affrontati da subito con una visione molto ampia, cercando tutte le collaborazioni necessarie.
  In questo caso non è solo il problema del patogeno, quindi non basta lavorare sul patogeno in laboratorio, ma è necessario trovare le competenze adatte, e guardandosi attorno nel nostro Paese e in giro per il mondo ci sono fior di batteriologi che andrebbero consultati di più, visto che il patogeno è un batterio, per giunta anche esigente. Ci sono implicazioni di tipo agronomico che sono venute fuori bene, per cui concentrarsi nelle prime fasi solo sul microrganismo può portare a una serie di ritardi che costringono a inseguire il problema.
  C'è il problema del vettore, e certamente in una fase iniziale (adesso non voglio ripetere quanto detto dal professor Bosco) è necessario intervenire sul vettore. Per quanto riguarda il patogeno cosa si può fare? Oggi abbiamo strumenti per studiarlo, e infatti si conoscono le popolazioni, si è capito da dove arrivano, probabilmente sono arrivate con piante ornamentali dal Centro America, dal Costa Rica, quindi c'è un grosso rischio di altri arrivi, visto che abbiamo un'ortofloricoltura intensiva molto importante anche in Puglia.
  D'altra parte, in Francia li hanno immediatamente intercettati al loro arrivo con tecniche diagnostiche, tecnici bravi, settori forse più particolari. Ci vuole quindi molta attenzione, una diagnostica efficace, occhi dei tecnici validi, dopodiché, arrivato il patogeno, non abbiamo mezzi di lotta diretti, dobbiamo cercare mezzi indiretti, su varietà resistenti. Pag. 8
  Oggi si sta lavorando su alcune vecchie varietà che possono essere interessanti, certo che (lo dico a voi, ma bisognerebbe dirlo a livello europeo) se potessimo utilizzare le tecniche di miglioramento genetico più innovative oggi disponibili – metodi che nulla hanno a che fare con la modificazione del genoma ma sono semplici correzioni – potremmo arrivarci più in fretta.
  Potrebbero essere utili induttori di resistenza, quindi sostanze che non hanno un'azione diretta sul patogeno, ma inducono resistenza con un innesco di meccanismi nella pianta. La salute della pianta, tutti quegli accorgimenti di tipo agronomico e di tecniche colturali che fanno sì che le piante siano mantenute in una buona situazione.
  Nel nostro Paese abbiamo esempi di epidemie che potevano essere altrettanto gravi pur interessando piante che non hanno il valore economico e anche culturale dell'olivo. Pensiamo alla batteriosi del kiwi, causata anch'essa da un batterio, che peraltro non ha un vettore, quindi meno mobile. Questa è stata gestita magnificamente ed oggi ci si convive, con la collaborazione dei tecnici, degli osservatori, dei ricercatori e degli agricoltori. Lo stesso dicasi per la Sharka delle drupacee, quindi in passato abbiamo avuto esempi in cui l'intervento rapido ha funzionato.
  Si tratta anche di lavorare su servizi fitosanitari più aggiornati, più efficienti, più moderni, con attrezzature e corsi di aggiornamento, più presenti sul campo e non solo negli uffici. Inoltre, lo ripeto, quando sorgono problemi del genere occorre maggiore collaborazione, è necessario andare a cercare le collaborazioni, non una visione che alla lunga si rivela penalizzante, perché se si resta in ambito locale e si considera un'epidemia come qualcosa da gestire a livello locale, poi i buoi scappano, e forse questo è il caso.

  LUIGI CATALANO, presidente della sezione frutticoltura della Società di ortoflorofrutticoltura italiana (SOI). Sono Luigi Catalano, vi porto i saluti del professor Tagliavini, presidente della SOI. Probabilmente tradirò la mia funzione pubblica, sono un tecnico agronomo, ho molto a che fare con il vivaismo professionale e sono anche pugliese, quindi conosco la situazione.
  L'auspicio che come SOI facciamo è che a distanza di cinque anni il problema venga trattato in un panorama più ampio. Qui non si tratta solamente dell'olivo, che è la specie attaccata più visibile, perché tra le specie fruttifere abbiamo anche problematiche sul mandorlo e sul ciliegio. Sappiamo che la Puglia è la prima regione italiana per il ciliegio e il mandorlo, quindi significa che queste due specie sono precluse alla coltivazione in tutta la zona che è stata delimitata.
  Per passare ad altri settori, dobbiamo ricordare il campo delle ortive e delle florornamentali, e la SOI è società di ortoflorofrutticoltura, quindi veniamo attraversati da questo ciclone in pieno in tutte le colture di cui ci interessiamo. La SOI, tra l'altro, al suo interno è trasversale per le conoscenze, perché molti dei colleghi fanno parte anche della società.
  Oggi auspichiamo una visione a 360 gradi, che permetta di delineare lo scenario futuro nella zona infetta, dove ormai le attività di eradicazione e contenimento non hanno più senso, come decretato anche dalle ultime decisioni a livello europeo, con un occhio particolare alla zona di contenimento a nord della zona infetta, la zona cuscinetto, dove cercare di contenere al massimo il diffondersi dell'epidemia.
  Che futuro possiamo dare a questi territori? Scorrendo la lista delle 31 specie ospiti e di tutte le specie per cui oggi ci sono divieti dovremmo vedere, con la collaborazione di tutti i colleghi specialisti, la vocazionalità di quei territori ad ospitare altre colture, che possono essere anche alloctone a quelle attuali. Vi faccio un esempio banale, quello della frutta tropicale, perché sappiamo che oggi c'è un grosso interesse per il mango e l'avocado e che l'Italia sta sviluppando interessanti esperienze in Sicilia, in Calabria e in parte anche in Basilicata.
  Se queste specie non sono interessate dalla Xylella, abbiamo territori, abbiamo condizioni pedoclimatiche, abbiamo fattori della produzione logistici o dell'irrigazione Pag. 9tali da rendere ecosostenibili ed economicamente sostenibili queste colture in quelle aree, per poter dare un reddito agli imprenditori agricoli di quelle zone?
  Questo è il grande challenge che abbiamo davanti nei prossimi anni: dover ridisegnare il territorio, tenendo presenti dei paletti fissi, quali il fatto che probabilmente non possiamo più utilizzare alcune specie. Pensiamo a quanto sta succedendo nella zona a nord, che è un importantissimo distretto vivaistico dove attualmente giacciono decine di milioni di piante che non possono più essere movimentate.
  Noi dobbiamo dare a questo territorio una prospettiva di produzione secondo direttive di sviluppo che non vengano intralciate dalla problematica Xylella. Come vedete, questo è un discorso di una trasversalità incredibile, che vede coinvolti agronomi, chimici del suolo, esperti dell'irrigazione e della patologia, entomologi, coltivatori, economisti che ci devono dire se sia possibile sviluppare qualcosa del genere.
  Per me è un'occasione fondamentale essere audito in Commissione agricoltura, perché come italiani siamo penalizzati, siamo in Europa e l'Europa non ha un sistema di quarantena. La nuova legislazione fitosanitaria che entrerà in vigore il 19 dicembre del prossimo anno ha ribadito che in Europa è possibile introdurre tutto fuorché quello che è vietato, e da oggi sarà vietato introdurre le piante di caffè che venivano introdotte a scopo ornamentale.
  Negli altri sistemi produttivi di Stati Uniti, Sudafrica, Nuova Zelanda, Australia, Cile, tutto è vietato fuorché quello che è permesso, secondo un approccio completamente diverso in quei sistemi, però, funziona la quarantena: chi ha la fortuna di viaggiare sa che viene addirittura scannerizzato per vedere se porta una mela o un'arancia in territorio americano, ma questo in Europa non succede. In Italia siamo ulteriormente penalizzati dall'avere 52 punti di ingresso, tra porti e aeroporti, presìdi nei quali dovrebbe essere previsto un servizio fitosanitario con stazioni di quarantena.
  Noi però non l'abbiamo e abbiamo una serie di problematiche che stanno affliggendo la frutticoltura. La professoressa ha richiamato la batteriosi del kiwi che abbiamo ereditato, ma abbiamo anche il problema dell’Anoplophora, del cinipide del castagno e tanti altri, quindi l'invito è a pensare a un futuro sviluppo che – non a parole, ma nei fatti – veda un rafforzamento del servizio fitosanitario nazionale e di quelli regionali, che sono stati realmente smantellati, per cui prima potevamo dire di avere solo 2-3 regioni virtuose, attualmente non ce ne sono più.
  Abbiamo necessità di proteggere il nostro territorio, se siamo ancora un Paese che produce attraverso l'intelletto know-how, nuove varietà, nuove coltivazioni, abbiamo necessità di esportare, dobbiamo poter produrre in zone che ci permettano di avere i certificati di esportazione, altrimenti non potremo esportare i nostri frutti così come le nostre piante.
  Torna quindi il problema di un sistema che deve essere rimesso al centro dell'interesse e dello sviluppo dell'agricoltura italiana. Come SOI siamo pronti a confrontarci con gli altri, sapendo che quanto è accaduto nel leccese è la conseguenza di una serie di disgrazie, una su tutte: il cambiamento della politica comunitaria con il disaccoppiamento dell'aiuto all'olio d'oliva. Quando non c'era il disaccoppiamento il premio veniva dato a chi faceva qualità e la qualità veniva attestata e certificata; oggi con il disaccoppiamento, con la quota fissa, se coltivo o non coltivo il mio pezzettino di terreno al 31 dicembre trovo comunque sul conto corrente l'elemosina comunitaria.
  Questo ha determinato la disaffezione degli agricoltori a mantenere in maniera decente i propri impianti, e i colleghi hanno evidenziato come questo stato di incuria abbia contribuito al diffondersi della malattia. All'inizio, quando sono stato commissario attuatore per i primi sei mesi per conto dell'INEA, erano solo 5 i focolai, meno di 1.000 piante, però abbiamo avuto subito i ricorsi ai TAR.
  È necessaria anche una giusta comunicazione, che deve essere istituzionale, ministeriale o della Conferenza Stato-regioni, perché i cittadini devono sapere la realtà dalle fonti ufficiali e non dal sentito dire o Pag. 10dal web che diffonde notizie non veritiere, non confermate dalla scienza.
  In questo siamo disponibili a dare il nostro contributo, a lavorare in network con gli esperti delle altre società, ma anche a dare un contributo nel suggerire un futuro sviluppo di quei territori con altre colture che magari oggi non ci vengono in mente, ma che dovremo trovare per rinverdire territori che attualmente rischiano la desertificazione. Grazie.

  PRESIDENTE. Lascio ora la parola ai colleghi che desiderino intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  SARA CUNIAL. Ringrazio gli auditi. Ho tre domande che andranno a delineare meglio la situazione anche se le questioni principali sono già state affrontate dagli auditi.
  La prima domanda è rivolta al dottor Catalano. Il via libera sancito dalla determina del dirigente della sezione dell'Osservatorio fitosanitario nel maggio di quest'anno è l'ultimo atto del lungo iter avviato con la modifica della decisione di esecuzione dell'Unione europea n. 789 del 2015, che, grazie all'analogo provvedimento n. 2552 del 2017, ha disposto la deroga al divieto di impianto di specie ospiti nelle zone infette.
  In particolare, sarà privilegiato l'impianto di olivi di due cultivar, il Leccino e l'FS17, risultate resistenti a Xylella fastidiosa, e di specie vegetali arboree di interesse agrario quali la vite, gli agrumi, l'albicocco, il susino, il pesco, il percoco, perché risultate anch'esse immuni a Xylella fastidiosa, a seguito dell'attività di ricerca del CNR e quindi validate anche dal Comitato fitosanitario nazionale.
  Nella richiesta di rettifica relativa alla varietà di olivo Leccino e FS17 si precisa però che non si hanno ancora a disposizione dati riferiti al lungo periodo sia in tenuta della resistenza nel tempo, sia in termini di produttività: come a dire «oggi piantatele, ma sappiate che non ci sono purtroppo prove che ne attestino la resistenza a lungo termine», resistenza che poi tra l'altro non comporta, come già confermato dal professor La Notte in audizione, la scomparsa del batterio in quanto è presente ormai non solo nelle piante definite resistenti, ma anche in altre specie ospiti, comprese appunto quelle tolleranti.
  Non sono questi dettagli di poco conto, considerato che gli olivicoltori stanno affidando molto della ripresa delle proprie aziende a questi alberi e ai tanti altri milioni in arrivo dall'Unione europea che verranno dedicati al reimpianto specifico di queste due cultivar.
  Volevo chiedere quindi quali garanzie danno Leccino e Favolosa, se avete dati più aggiornati rispetto ai miei sul lungo periodo, su quali basi pensate di dare la certificazione Xylella free, se le piante che state proponendo siano state sottoposte ad un metodo di sanificazione rispetto agli interessi vettori e che fine faranno le specie autoctone secondo questo disegno.
  La seconda domanda è rivolta alla dottoressa Gullino. Gli ispettori della DG SANTE, la società responsabile delle politiche della Commissione europea in materia di salute e sicurezza alimentare, che sono andati a Brindisi nel maggio del 2018, hanno fatto richiesta di verificare la procedura dei ring tests. Voi siete a conoscenza del protocollo usato dal Centro Basile Caramia? Sapete se si tratta di una procedura validata e se sia stato ottemperato alla richiesta degli ispettori europei? Questo è un punto strategico.
  Vorrei rivolgere l'ultima domanda al professor Bosco. Lei ha in parte confermato ciò che ci ha più volte ribadito l'entomologo dell'Università di Bari sul decreto Martina, che lo ha definito «indifendibile e senza ratio» perché è difficile contenere lo sviluppo di un insetto come la Sputacchina, che, come è stato constatato, non è l'unico vettore per questo batterio.
  Vorrei capire se ci siano dei passaggi ulteriori rispetto a questo anche in previsione di un contenimento che lei dice di forma chimica, ma non solo chimica. Come possiamo contenere questo batterio se viene inoculato anche attraverso altri vettori, non solo attraverso la Sputacchina?

  GIUSEPPE L'ABBATE. Ringrazio gli auditi. Vorrei porre alcuni quesiti alla dottoressa Pag. 11 Gullino. In merito alla situazione dell'epidemia, vorrei sapere qual è la posizione della SIPaV sulla validità dei postulati di Koch, sull'incidenza della malattia, sulle peer review delle pubblicazioni e sul valore scientifico del panel EFSA.
  Vorrei inoltre conoscere la posizione della società circa la possibilità di curare la malattia batterica sistemica con il rame complessato, se esistano i presupposti logici e scientifici per ritenere che tale approccio sia valido e risolutivo per la malattia.
  Avete tutti parlato di contenimento dell'epidemia, ma quali misure nello specifico vorreste fossero adottate dal punto di vista scientifico?

  PRESIDENTE. Lascio la parola agli auditi per una breve replica.

  LUIGI CATALANO, presidente della sezione frutticoltura della Società di ortoflorofrutticoltura italiana (SOI). Per quanto riguarda la resistenza delle due varietà, l'FS17 e il Leccino, confermo pienamente quanto affermato dal dottor La Notte nella precedente audizione, cioè si tratta di varietà non completamente resistenti, ma che hanno al loro interno una presenza del batterio in concentrazioni da 10 a 100 volte inferiori rispetto a quanto si riscontra nelle piante normali tipo l'ogliarola salentina, concentrazioni che permettono alle piante di sopravvivere non creandosi il biofilm che le soffoca.
  Per quanto riguarda le altre specie che lei ha menzionato, mi sono soffermato su mandorlo e ciliegio perché per il mandorlo e la frutta secca in generale ci sarà un interessantissimo trend nei prossimi vent'anni che potrà vedere l'Italia nuovamente interessata da queste colture. Pensate che fino al 1960 la Borsa merci di Bari determinava il mercuriale mondiale del prezzo delle mandorle, poi si è avuto questo grosso scivolone a favore di altre specie (l'uva da tavola, il ciliegio) e oggi siamo insignificanti nel panorama mondiale.
  Il trend di consumo della frutta secca però è elevatissimo, in più se ci mettiamo i dazi che in questo momento stanno penalizzando l’export americano, per l'Italia e i Paesi del Mediterraneo si è aperta una nuova opportunità interessantissima, perché abbiamo varietà di pregio.
  Purtroppo non possiamo coltivare mandorlo e ciliegio, per altre specie come albicocco, pesco ed altre per le quali siamo a saturazione in Italia può sembrare poco opportuno investire in superfici significative per non creare interferenze di mercato che non garantirebbero redditività degli agricoltori.
  Per quanto riguarda la vite è vero che c'è uno sblocco, ma è limitato a tre varietà per le quali sono stati fatti i test di patogenicità. Queste sono Negramaro, Sangiovese e Primitivo, però abbiamo un patrimonio ampelografico amplissimo che è alla base di tante buone produzioni regionali, quindi quelle di cui non siano accertati comportamenti di resistenza attualmente non sono ancora ammesse.
  La situazione è quindi in forte evoluzione, la professoressa potrà essere più precisa, ma il test di patogenicità richiede non mesi, ma anni, e non sappiamo se nel tempo questa presunta tolleranza o resistenza venga confermata, quindi la situazione è complessa e andrebbe verificata sotto più aspetti.
  Per quanto riguarda il contenimento nella zona cuscinetto dobbiamo cercare, come ha detto il professor Bosco, di togliere le fonti di inoculo, perché è accertata l'efficienza da olivo a olivo, quindi laddove troviamo delle piante di olivo dobbiamo toglierle per cercare di togliere il serbatoio di ulteriore diffusione verso nord. È una decisione tristissima, ma, banalizzando il concetto, può essere meno dannoso tagliarsi una falange che non un intero braccio.

  MARIA LODOVICA GULLINO, presidente della Società italiana di patologia vegetale (SIPaV) e docente di patologia vegetale presso l'Università degli studi di Torino. Faccio un breve accenno al profilo della resistenza. Indubbiamente la resistenza, soprattutto su una specie come l'olivo, va valutata nel tempo e le prove richiedono anni, non stiamo lavorando sul basilico o sul ranuncolo, ma su una specie che richiede molti anni. Pag. 12
  Vi è poi un altro aspetto estremamente importante, quello della grande variabilità che hanno i patogeni in generale, ma in particolare i batteri, e c'è un lavoro recentissimo di Giuseppe Surico, un batteriologo che oggi è all'Università di Firenze ma è pugliese, ha lavorato molto sulla Xylella e negli ultimi lavori recentemente pubblicati parla di questa variabilità e di questa probabile selezione di nuove varianti degli stessi ceppi baresi. Questo significa che, se arriva una variante più aggressiva, sarà in grado di attaccare anche le specie resistenti.
  Per quanto riguarda i test e le tecniche diagnostiche, come dicevo prima non è un patogeno facile da isolare e identificare, però sono stati messi a punto metodi ufficialmente validati e riconosciuti. Questi evidenziano un aspetto fondamentale secondo la SIPaV (parlo ovviamente a nome della Società di patologia vegetale e mi sono anche consultata con il mio direttivo), ossia il mancato coinvolgimento di batteriologi in alcuni di questi studi soprattutto a livello italiano.
  Stiamo lavorando su un batterio, abbiamo degli ottimi batteriologi che certamente avrebbero potuto dare nelle fasi iniziali e possono ancora dare un grosso contributo a meglio capire la biologia di questi organismi, perché ognuno di noi è molto specializzato, sono microrganismi molto particolari e molto variabili.
  La sua domanda si riferisce a una questione di qualche tempo fa. La posizione della SIPaV è quella della necessità di affrontare questo tema così come tutti i temi fisiopatologici in modo completo e interdisciplinare, coinvolgendo sempre le competenze migliori presenti sia nel nostro Paese, sia all'estero, proprio per riuscire a studiare al meglio il fenomeno.
  Lo si fa in qualsiasi ambito (siamo abituati a lavorare su progetti europei), quando c'è un gruppo molto valido specializzato su un qualche argomento in Francia si sceglie quel gruppo, quando questa persona è a Udine si chiama il collega di Udine, e così via.
  Non voglio soffermarmi soltanto sull'aspetto EFSA, i panel sono composti da persone che vengono selezionate in base alla competenza, ma su quanto lei mi chiedeva sul peer review e sull'uso di questo prodotto che è stato sperimentato da alcuni colleghi che lavorano nell'ambito del CREA e ha dimostrato una certa efficacia. Non credo che nessun prodotto possa essere la panacea, la soluzione miracolosa, però in una situazione del genere è giusto prendere in considerazione tutte le opzioni, tutte le possibilità.
  I risultati di questo lavoro sono stati pubblicati su una rivista scientifica sottoposta a revisione, questo certifica che il lavoro è stato condotto con metodo scientifico, verificato e in questo caso addirittura (vista la polemica sorta sull'argomento l'ho anche verificato, perché siamo intervenuti come società scientifica nel sedare alcuni scontri) rivisto da tre revisori.
  Sul fatto che ci siano persone che come mestiere mettono su uno spin off che lavora nel prendere i lavori altrui, valutarli e criticarli, ci sono tanti spin off e credo che in un mondo libero ci sia posto anche per loro.
  Ritengo che almeno nel mondo scientifico se faccio una ricerca, la faccio secondo i canoni della ricerca scientifica, la sottopongo a una rivista con peer review, la rivista la pubblica, come collega se vado a leggere questo lavoro ritengo che sia accettabile, se ho delle critiche da fare le faccio secondo i canoni del corretto comportamento nel mondo scientifico, non cercando chi possa distruggere il lavoro, non andando ad attaccare il collega in sua presenza, o tantomeno in assenza, come purtroppo è avvenuto, ma attraverso i meccanismi di comportamento civile tra società e riviste scientifiche.
  Scrivo al direttore della rivista, dico che ho qualche dubbio su questo lavoro e mi metteranno in contatto con l'autore o mi metterò in contatto direttamente per dibattere. Tutto è possibile, nessuno è depositario della scienza infusa, né della verità, quindi meglio così.
  Se mettiamo in discussione i postulati di Koch, crolla la patologia vegetale. I postulati di Koch dicono che nel nostro settore quando ho una pianta malata devo isolare il patogeno, coltivarlo se è coltivabile su Pag. 13strati di coltivazione oppure su una pianta se è un parassita obbligato. Nel caso della Xylella sono stati rispettati, i negazionisti negano anche la Xylella, ma a questo punto diventa negare il postulato di Koch.

  DOMENICO BOSCO, socio della Società entomologica italiana e docente di entomologia agraria presso l'Università degli studi di Torino. Per rispondere alla domanda sugli insetti vettori volevo soltanto precisare che non mi sono ritrovato completamente nell'interpretazione che l'onorevole Cunial ha dato del mio intervento, nel senso che ho detto e ribadisco che il vettore è fondamentalmente uno.
  È vero che (sono addirittura coautore di questo report) abbiamo trovato altri insetti in grado di trasmettere Xylella, ma sono in grado da un punto di vista fisiologico, e questo non è così unexpected, ma da un punto di vista ecologico è molto difficile che queste altre due specie abbiano un ruolo in natura, perché Philaenus italosignus è associato all'asfodelo, il che significa che come adulto potrebbe anche visitare l'olivo, ma per l'ovideposizione i giovani si sviluppano su asfodelo, cioè è monofago, chiaramente non può avere un ruolo nell'epidemia.
  L'altra specie che potenzialmente potrebbe avere un po’ di più, il Neophilaenus, è strettamente associata alle graminacee e ha un comportamento profondamente diverso dal Philaenus spumarius che ancora non è pienamente pubblicato e conosciuto, ma che abbiamo ormai ben verificato, cioè allo stadio adulto tende a visitare pochissimo le piante arboree, meno che mai l'olivo, rimane molto sulle graminacee e frequenta di più gimnosperme.
  Queste due caratteristiche, unite al fatto che le Cicaline come la Cicadella viridis, che sono idrofile, in ambienti secchi come quelli del Salento non si trovano e non le abbiamo mai trovate neanche con i miei colleghi che presidiano il territorio con continuità, ci fanno dire che il vettore è quello, ciascuno può pensare ciò che vuole ma come entomologo non posso che concludere che funzionalmente ed ecologicamente il vettore in quell'area geografica (se la malattia dovesse espandersi ad esempio agli oliveti più freschi del Veneto, cambierebbe tutto) è uno.
  Ho detto (su questo concordo con la sua interpretazione) che non possiamo pensare di combattere questo insetto vettore, il Philaenus, ovunque e continuativamente, non possiamo combatterlo ovunque perché è polifago e colonizza tutti gli agrosistemi, inclusi moltissimi ambienti naturali, e non possiamo fare trattamenti insetticidi in ambiente non coltivato, non è neanche ammesso dalla legge.
  Purtroppo poi ha una vita da adulto, durante la quale può visitare e quindi infettare l'olivo, molto lunga, nel Salento sicuramente da inizio maggio fino all'inverno, quindi non possiamo effettuare una copertura insetticida continua per 6-7 mesi per difendere l'olivo, però ritengo che, poiché esiste un periodo più a rischio per la trasmissione della malattia che abbiamo verificato con un progetto finanziato da EFSA sull'ecologia e la fenologia di questo vettore, cioè il periodo immediatamente successivo allo sfaldamento, quindi maggio e giugno e forse ancora inizio di luglio (sono cose in divenire, ma il risultato è già stato acquisito), in quel periodo più a rischio, limitatamente all'agrosistema oliveto, gli insetticidi tecnicamente sono consigliabili.
  Chiaramente come scienziato non posso dire che una misura non è efficace se lo è, sarà una decisione anche politica valutare se il gioco valga la candela, se gli effetti collaterali negativi non siano troppo costosi per l'ambiente e non sia opportuno fare questa scelta, ma tecnicamente c'è lo spazio per abbassare, sopprimere, limitare la popolazione del vettore nello spazio e nel tempo che determinano il massimo rischio.
  Volevo ancora aggiungere due cose rapide, una riguardo alle varietà resistenti che anche lei ha citato e che rappresentano una prospettiva, seppure ancora debole, ma dobbiamo tener conto che la situazione è disperata. È vero che le varietà resistenti, Leccino e Favolosa, non sono del tutto resistenti perché ospitano un certo livello di moltiplicazione del batterio e quindi sono ancora infette, ma è vero che prove preliminari, seppure non pubblicate per Pag. 14adesso con i canoni, ma fatte, evidenziano come, essendo in titolo più basso nella pianta, determinino un'efficienza di acquisizione bassissima da parte del vettore, quasi nulla.
  Se la resistenza fosse costante nel tempo, questo si tradurrebbe in un drastico e utilissimo abbassamento della pressione di infezione a livello territoriale, lo stesso abbassamento che si potrebbe ottenere con l'impianto di varietà tolleranti e resistenti, che non sto qui ad assumermi la responsabilità di suggerire in quanto entomologo, però per l'aspetto di relazione con l'insetto ho spiegato cosa penso, si potrebbe ottenere sia con il reimpianto di piante tolleranti, sia con la sostituzione con altre colture che non siano suscettibili a Xylella almeno nelle nostre condizioni ecologiche.
  Immaginiamo una grande sostituzione con piante che rappresentino una sorgente inefficiente di inoculo, a quel punto persino le piante sensibili sarebbero sottoposte a una pressione di infezione molto inferiore. Mettendo insieme tutti i fattori possiamo costruire un quadro meno disperante dell'attuale.

  MARIA LODOVICA GULLINO, presidente della Società italiana di patologia vegetale (SIPaV) e docente di patologia vegetale presso l'Università degli studi di Torino. Un altro aspetto secondo me importante è che ci vuole un segnale forte verso gli agricoltori che si sentono abbandonati.
  Non credo che in futuro nella zona ristretta più colpita si coltiverà l'olivo, a Los Angeles non si coltiva più la vite e non credo che pensiate di tirare fuori Hollywood in questa zona, ma il discorso che faceva il collega della SOI di cercare altre specie di interesse per la zona e di spingere alla sostituzione è estremamente importante e concreto e significa dare una risposta ai poveri agricoltori.
  Sarà perché sono figlia di imprenditori agricoli, ma ritengo che dobbiamo pensare soprattutto a loro.

  PRESIDENTE. Nel ringraziare i nostri ospiti, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.10.