XVIII Legislatura

XII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 7 di Martedì 2 aprile 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Lorefice Marialucia , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MATERIA DI FONDI INTEGRATIVI DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE

Audizione di rappresentanti dell'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS).
Lorefice Marialucia , Presidente ... 3 
De Polis Stefano , segretario generale dell'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni ... 3 
Lorefice Marialucia , Presidente ... 6 
Novelli Roberto (FI)  ... 6 
D'Arrando Celeste (M5S)  ... 6 
Lorefice Marialucia , Presidente ... 6 
De Polis Stefano , segretario generale dell'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni ... 6 
Lorefice Marialucia , Presidente ... 7 
Carnevali Elena (PD)  ... 7 
De Polis Stefano , segretario generale dell'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni ... 8 
Lorefice Marialucia , Presidente ... 8 

Audizione di Luca Benci, giurista esperto in diritto sanitario:
Lorefice Marialucia , Presidente ... 8 
Benci Luca , giurista esperto in diritto sanitario ... 8 
Lorefice Marialucia , Presidente ... 10 
Carnevali Elena (PD)  ... 10 
Novelli Roberto (FI)  ... 10 
Sarli Doriana (M5S)  ... 10 
Lorefice Marialucia , Presidente ... 10 
Benci Luca , giurista esperto in diritto sanitario ... 10 
Lorefice Marialucia , Presidente ... 11 

ALLEGATO: Documentazione depositata dai rappresentanti dell'IVASS ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
MARIALUCIA LOREFICE

  La seduta comincia alle 12.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati, nonché la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS).

  PRESIDENTE. La Commissione prosegue oggi le audizioni nell'ambito dell'indagine conoscitiva in materia di fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale.
  Nella seduta odierna è prevista l'audizione dei rappresentanti dell'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni. Sono presenti Stefano De Polis, segretario generale, e Roberto Novelli, capo dell'ufficio segreteria di presidenza e del consiglio, che saluto, ringraziandoli per aver accolto l'invito della Commissione a partecipare all'audizione.
  Pregherei i nostri ospiti di contenere il proprio intervento entro dieci minuti per dare modo ai deputati di porre delle domande, cui seguirà la replica dei soggetti auditi, i quali hanno consegnato una memoria, resa disponibile ai deputati attraverso l'applicazione GeoCamera, che sarà altresì pubblicata sul sito internet della Camera dei deputati.
  Do quindi la parola al segretario generale Stefano De Polis. Ha dieci minuti a disposizione.

  STEFANO DE POLIS, segretario generale dell'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni. Signor presidente, onorevoli deputati, vi ringrazio per aver invitato l'IVASS a fornire un contributo all'indagine che state conducendo in materia di fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale.
  Il tema della sanità integrativa è di particolare e crescente interesse, considerata l'evoluzione del contesto economico e sociale, l'aumento della speranza di vita, i cambiamenti degli stili di vita, ma anche i continui progressi della medicina e anche l'ormai costante crescita della spesa sanitaria privata.
  Atteso il tempo a disposizione per la presentazione, mi soffermerò solo su alcuni passaggi fondamentali, rinviando al testo che consegniamo per ogni altro dettaglio.
  Il sistema di welfare sanitario in Italia ha tre componenti: la gestione pubblica del Sistema sanitario nazionale, i fondi sanitari integrativi e le forme individuali di assistenza sanitaria che riconoscono le prestazioni mediante polizze assicurative individuali.
  La spesa sanitaria complessiva in Italia nell'ultimo quadriennio, 2013-2017, così come rilevato dall'IVASS, è cresciuta del 6,4 per cento. Mentre, però, la spesa pubblica, che rimane prevalente, è cresciuta del 3,5 per cento, la spesa intermediata da enti no profit e da imprese di assicurazione è salita del 18 per cento, cresciuta del 9 per cento solo nell'ultimo anno, nel 2018, e quella sostenuta direttamente dagli assistiti, cosiddetta out of pocket, è cresciuta del 15 per cento. In termini assoluti, la spesa intermediata è pari a circa 3,7 miliardi nel 2017; la spesa out of pocket delle famiglie per la sanità è pari a 36 miliardi di euro. In sintesi, cresce la spesa sanitaria privata. Pag. 4
  Il codice delle assicurazioni pone la tutela degli assicurati come finalità primaria dell'attività di vigilanza dell'IVASS. L'IVASS non ha una competenza generale in materia di fondi integrativi sanitari, ma dispone – questo vorremmo mettere a vostra disposizione – di un osservatorio privilegiato sulle problematiche di tutela che devono affrontare i consumatori. Quest'osservatorio è rappresentato dai reclami che riceviamo, circa 20.000 ogni anno, e dalle telefonate che raggiungono quotidianamente il nostro contact center consumatori, circa 30.000 ogni anno.
  Con riferimento allo specifico settore in esame, la prima problematica che riscontriamo è che i consumatori non hanno chiaro chi è il soggetto responsabile della prestazione sanitaria che viene loro erogata, e quindi dell'eventuale disservizio. Come diciamo questo?
  I reclami e le segnalazioni che l'IVASS si riceve sono riferite, infatti, in maniera indifferenziata a imprese di assicurazione, fondi sanitari, società di mutuo soccorso, questi ultimi non assoggettati a una vigilanza generale dell'IVASS, e financo ai provider di servizi sanitari, ossia quelle imprese che svolgono meri servizi a favore dei fondi sanitari.
  Nel rispetto delle competenze affidateci dalle norme, l'IVASS si fa carico delle questioni legate alle imprese di assicurazioni coinvolte direttamente o nella qualità di gestori della garanzia per la realizzazione dei piani di offerta sanitaria dei fondi. Molti fondi sanitari assicurano, infatti, le prestazioni dei propri iscritti assicurandosi a loro volta con una compagnia di assicurazione.
  È evidente che negli altri casi, cioè nei casi in cui non si tratti appunto di compagnie di assicurazione, ma di lamentele che riguardano l'offerta di fondi sanitari e casse sanitarie o società di mutuo soccorso, l'Istituto è costretto a spiegare al consumatore che non può intervenire nei confronti del soggetto sul cui operato il consumatore stesso esprime insoddisfazione.
  Riteniamo, quindi, che fare chiarezza sui limiti dell'oggetto sociale di alcuni fondi sanitari e società di mutuo soccorso, eliminando ogni aspetto di confusione rispetto alla natura dell'attività svolta dalle imprese di assicurazioni, rappresenti un elemento di grande importanza.
  Nel merito, ad esempio, diverse sono le problematiche oggetto di segnalazione all'Istituto: la tardiva presa in carico di prestazioni richieste, particolarmente rilevante in caso di prestazioni urgenti; contestazioni dopo l'erogazione della prestazione già autorizzata dai fondi; il diniego della prestazione in caso di pazienti complessi, spesso anziani o affetti da patologie plurime che richiedono delle prestazioni non ordinarie, non standard; i mancati rimborsi di prestazioni prescritte dai medici curanti, ma giudicate «inutili» dal fondo o dalla compagnia.
  In sintesi, a nostro avviso le criticità rilevate sono riconducibili alla carenza di chiarezza dell'informativa e dei contratti e dei rapporti che disciplinano l'operato dei piani sanitari e delle polizze assicurative.
  Non vi è altrettanto dubbio che, in difetto di chiarezza, sia ampia la discrezionalità dell'impresa nell'individuazione delle prestazioni sanitarie dovute o meno.
  In sintesi, a nostro avviso è necessario in primo luogo far funzionare comunque meglio l'attuale sistema dei fondi sanitari integrativi. C'è appunto un problema di scarsa chiarezza e trasparenza nelle prestazioni di norma erogate, e la clientela ha difficoltà a orientarsi, e soprattutto ha difficoltà a ricevere la prestazione, sia essa il rimborso o la prestazione diretta.
  La materia della sanità integrativa continua a registrare, quindi, lacune in grado di nuocere a nostro avviso alla qualità del servizio reso agli aderenti. Riassumo le problematiche emerse nella nostra attività.
  A nostro avviso, vanno attuate misure per garantire l'assoluta trasparenza e chiarezza dei contratti sulle prestazioni cui il consumatore ha diritto. Il consumatore deve sapere a quali prestazioni ha diritto sottoscrivendo un determinato contratto, eliminando o riducendo il più possibile l'area di discrezionalità interpretativa. Come fare?
  A nostro avviso, tale obiettivo si potrebbe conseguire attraverso il ricorso a un nomenclatore unico delle prestazioni sanitarie Pag. 5 integrative, cui dovrebbero attenersi tutti gli operatori della sanità integrativa (i fondi, le casse, le società di mutuo soccorso, le imprese di assicurazione, gli stessi provider tecnici), da aggiornare nel tempo, logicamente con un duplice beneficio: eliminare la forte discrezionalità oggi presente nell'interpretazione delle prestazioni oggetto dei piani sanitari; favorire una concreta confrontabilità tra piani sanitari e una più agevole fruibilità delle prestazioni.
  Sulla semplificazione delle strutture e del linguaggio dei contratti il settore assicurativo ha già intrapreso dei passi importanti grazie a un progetto in via di attuazione chiamato «Contratti semplici e chiari». Misure simili, a nostro avviso, con opportuni meccanismi di enforcement, al momento non esistenti, andrebbero prese anche per i contratti dei fondi e delle casse.
  Circa le prospettive più generali del settore, riteniamo che, lungi dal restringere il ruolo dei fondi sanitari, si dovrebbe addivenire a un'azione organica di riordino della sanità integrativa e, più in generale, delle forme di cooperazione tra pubblico e privato.
  Un riordino richiede, in primo luogo, la fissazione di regole unitarie e realistiche in termini di prestazioni integrative e sussidiarie dei livelli essenziali di assistenza del Servizio sanitario nazionale. Interventi dovrebbero anche riguardare, secondo attenti criteri di proporzionalità, le regole di funzionamento di questi organismi, la solidità tecnico-patrimoniale e il regime dei controlli dei diversi operatori.
  Un tale intervento, ovviamente, richiederebbe anche un ripensamento dei benefici fiscali relativi all'iscrizione alle forme sanitarie integrative.
  Con specifico riferimento al coinvolgimento del settore assicurativo in questo progetto, le norme fiscali applicabili al rinnovato comparto delle forme sanitarie integrative dovrebbero in maniera chiara disincentivare, ad esempio, un'eccessiva selezione dei rischi – deve essere evitato – accentuare la mutualità tra gli assicurati, oggi realizzata completamente solo nelle polizze cosiddette collettive; escludere, ad esempio, il diritto di recesso da parte dell'assicuratore per evitare che chi contrae una grave malattia si veda non rinnovato il contratto alla scadenza, ovvero richiesto di gravosi oneri aggiuntivi, come accade oggi.
  Qualora si voglia coinvolgere anche il sistema assicurativo in questo progetto di riorganizzazione della sanità integrativa, andrebbero fissati dei paletti molto chiari a tutela del principio, anche qui, di universalità delle prestazioni offerte.
  Vorrei terminare con un riferimento al tema della non autosufficienza. L'Italia è tra i Paesi con maggior tasso di invecchiamento della popolazione e anche con percentuale di anziani sul totale della popolazione, quindi il fenomeno dell'invecchiamento demografico si ripercuote inevitabilmente sull'universo dei bisogni di cura.
  Oggi, sappiamo che la spesa pubblica per long term care rivolta agli anziani e ai disabili ha tre componenti: la componente sanitaria, la spesa per l'indennità di accompagnamento, la spesa per altre prestazioni.
  Da una proiezione condotta dalla Ragioneria generale dello Stato emerge che il rapporto tra spesa per le long term care e prodotto interno lordo passerà dall'1,7 per cento odierno al 2,6 per cento nel 2070, quindi è previsto un forte incremento tendenziale.
  Le difficoltà di far fronte ai bisogni attuali e futuri delle persone anziane non autosufficienti stimola, quindi, la necessità di risposte anche dal mondo assicurativo. Al momento, però, va detto con estrema chiarezza che la copertura dei rischi di long term care con l'erogazione di una rendita assicurativa a favore del soggetto non autosufficiente è molto poco diffusa.
  Si potrebbe, quindi, valutare l'ipotesi di introdurre modelli integrativi che prevedano un sistema ibrido obbligatorio, o comunque molto esteso, basato sulla contribuzione privata, come ad esempio nell'esperienza tedesca. In sintesi, lo Stato stabilisce le regole e garantisce un'adeguata riduzione fiscale, datori di lavoro e lavoratori versano la rispettiva contribuzione e le imprese di assicurazione specializzate gestiscono le risorse con un modello mutualistico ed erogano le prestazioni. Pag. 6
  In sintesi, e concludo, l'IVASS auspica una complessiva riforma dell'assistenza sanitaria integrativa. Ci sono oggi equivoci sul novero delle prestazioni previste, una frammentazione ed eterogeneità dell'offerta, insufficiente considerazione per la solidità dei fondi sanitari integrativi, la mancanza della necessaria attenzione ai temi della cronicità e dell'autosufficienza, e anche le agevolazioni fiscali sono poco orientate a perseguire interessi collettivi.
  Tutto questo, a nostro avviso, costituisce una criticità che finisce per rendere complessivamente più costosa e meno efficace la tutela del diritto alla salute dei cittadini. Ovviamente, permettetemi di manifestare sin d'ora la disponibilità dell'IVASS a ogni ulteriore approfondimento e confronto con questa Commissione.

  PRESIDENTE. Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ROBERTO NOVELLI. Grazie, dottor De Polis. Io l'ho ascoltata con molta attenzione e, riguardo ai fondi assicurativi, ho alcune domande che vorrei porle.
  Lei ha illustrato in modo molto chiaro le conseguenze per gli assicurati nel momento in cui si verifica il sinistro o la malattia. Non ha, sostanzialmente, salvo certificarlo, detto nulla di nuovo riguardo al sentire popolare, che è normalmente quello di trovarsi di fronte a delle compagnie di assicurazione che molto spesso non adempiono fino in fondo all'aspetto contrattualistico cui l'assicurato si aspettava che la compagnia o le compagnie adempissero.
  Lei ha detto che sarebbe auspicabile un nomenclatore unico per tutti gli operatori. Questo sarebbe estremamente interessante, ma la domanda che voglio porvi è questa.
  In un mercato in cui c'è la libera concorrenza, dove le compagnie di assicurazione operano in base a dei risultati attuariali, e di conseguenza creano un prodotto anche per far sì che questo prodotto sia lucrativo da un punto di vista finanziario, come si può riuscire a imporre condizioni contrattuali uguali per tutte le compagnie? Sempre che non abbia capito male.

  CELESTE D'ARRANDO. Ringrazio il dottore De Polis anche perché arriva dal mondo assicurativo. Io conosco IVASS, il cui ruolo – mi corregga se sbaglio – è proprio quello di vigilare nello specifico e sorvegliare l'operato delle compagnie assicurative.
  Concordo con lei sul fatto che ci debbano essere delle linee guida seguite in maniera attenta da parte delle compagnie assicurative. So anche che ci sono compagnie assicurative che offrono servizi assicurativi di diverso genere. Ci sono compagnie assicurative che lavorano solo sul ramo vita, agenzia assicurative che lavorano solo sul ramo danni e altre che fanno entrambi e con condizioni assicurative diverse. È vero anche che le compagnie assicurative a oggi sono poco chiare nella spiegazione del fascicolo informativo sulle condizioni di assicurazione.
  Secondo voi è necessario normare un modo di scrivere i contratti? Il cliente, il cittadino comune va dal consulente assicurativo perché non conosce la materia assicurativa così come viene conosciuta in altri Paesi. Pensa alla possibilità di una norma che possa semplificare il linguaggio utilizzato nei fascicoli informativi? Il contratto indica semplicemente le condizioni contrattuali in maniera abbastanza sintetica, poi è il fascicolo informativo che dettaglia i criteri per i quali vengono erogate alcune prestazioni o altro.
  La mia domanda, quindi, è proprio questa: bisogna agire sul contratto o forse su come bisognerebbe elaborare il fascicolo informativo, che è poi quello che interessa al consumatore nel momento in cui avrà bisogno dell'assicurazione?

  PRESIDENTE. Non essendoci altre domande, do la parola all'audito per la replica.

  STEFANO DE POLIS, segretario generale dell'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni. Mi sembra che le due domande convergano su un unico tema. Rispondo innanzitutto su libertà di concorrenza e nomenclatore. Pag. 7 Il nomenclatore serve a definire ciò che corrisponde a certe prestazioni sanitarie, non ciò che effettivamente ogni compagnia o fondo potrà offrire. Cito un esempio molto banale.
  È semplice parlare di intervento chirurgico, ma poi va interpretato caso per caso. Magari, una prestazione non è considerata da una compagnia intervento chirurgico ed è intervento chirurgico per un'altra. Se poi parliamo di intervento chirurgico ambulatoriale con diverse prestazioni...
  Il problema del nomenclatore, quindi, non impatta a mio avviso sulla concorrenza, cioè sull'offerta. Dice semplicemente che cosa si intende in maniera chiara, avvalendosi anche della professione medica, che cosa si intende per una certa prestazione, in maniera che sia chiaro che si è assicurati per quella prestazione e a quella si ha diritto. Ugualmente, c'è necessità di conoscere eventualmente ciò a cui non si ha diritto.
  Intervenire sui contratti, a nostro avviso, dopo aver fatto questa chiarezza complessiva attraverso il nomenclatore, vuol dire renderli poi intellegibili concretamente per coloro che vanno a sottoscriverli, ovviamente non per la compagnia o per i fondi, ma per i cittadini che li sottoscrivono.
  Con le compagnie si è avviato, appunto, il processo di scrivere contratti semplici e chiari. Ci stiamo lavorando. Lo stesso auspichiamo si possa fare per i fondi.
  Il mondo dei fondi integrativi sanitari, in realtà, è diverso da quello delle compagnie, che intervengono, se mi permettete, indirettamente in questo mondo, talvolta offrendo garanzie ai fondi per la prestazione dei servizi. Le compagnie al momento sono esterne a questo comparto. Tutt'al più, se si penserà a una riforma, un riordino, si può ipotizzare delle forme di maggior cooperazione o integrazione, ma questo è il futuro, non il presente. Il presente è che le compagnie intervengono in maniera – permettetemi – indiretta. Il mercato, però, è unico.
  È chiaro che, quando una compagnia offre una garanzia a un fondo integrativo sanitario, di fatto finisce anche per definire ciò che quel fondo presterà o, al contrario, il fondo chiede alla compagnia di garantirgli certe prestazioni e non certe altre. Noi notiamo, però, a tutela del consumatore che in questo momento c'è un grande margine di discrezionalità nell'interpretazione dei contratti o dei regolamenti – spesso, si tratta anche dei regolamenti dei fondi e delle società – per cui alla fine c'è sempre da discutere. Chi discute, ovviamente, ed è nella posizione più debole, è il cittadino, è il paziente, che talvolta è anche in situazioni – permettetemi – menomate in termini di condizioni fisiche temporanee.

  PRESIDENTE. Do la parola alla deputata Carnevali per un'ulteriore domanda.

  ELENA CARNEVALI. Mi scuso per non essere riuscita a sentirvi prima, ma ho visto la nota che avete consegnato. In particolare, faccio riferimento a quello che è scritto a pagina 12 sulla questione della spesa pubblica per il long term care, che credo sia uno dei temi più rilevanti. Il tema impatta non tanto sul Servizio sanitario nazionale, anche perché sappiamo che i più grandi consumatori, soprattutto dei fondi regionali, si collocano nella fascia alta di età e per le comorbilità che ovviamente questo comporta, quanto sulla proposta che ci formulate sulla valutazione dell'ipotesi di introdurre modelli integrativi che prevedano un sistema ibrido obbligatorio – devo dirle la verità: sull'obbligatorio ho moltissime riserve – o comunque molto esteso, basato sulla contribuzione privata, simile all'esperienza tedesca.
  Credo che, al netto delle osservazioni della Ragioneria dello Stato, che riportate anche nella vostra relazione, su un incremento della spesa per il long term care previsto al 2070 pari all'1 per cento del PIL, il tema che abbiamo è in particolare relativo all'assistenza, più che alla cura di natura farmacologica, clinica, medica, chirurgica.
  Attualmente, in realtà, su questa fascia di popolazione il nostro sistema offre solo il riconoscimento dell'assistenza domiciliare integrata, e devo dirle che anche nelle regioni più virtuose non so se arriviamo al Pag. 83-4 per cento e la compartecipazione alle spese, sulla base delle classificazioni SOSIA (Scheda Osservazione Sanitaria Intermedia Anziani), delle rette nelle case di ricovero. Peraltro stiamo osservando un fenomeno preoccupante, e spero davvero – lo dico in termini propositivi – che questa Commissione faccia un approfondimento in proposito, perché il numero di case di riposo private sta crescendo.
  Come vi immaginate questo sistema? E a quale di quelle eventuali prestazioni sul long term care fate riferimento?

  STEFANO DE POLIS, segretario generale dell'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni. Quello che immaginiamo è un sistema di alimentazione finanziario sulla falsariga di quello che avviene oggi per i fondi sanitari, in cui c'è un prevalentemente un contributo dei datori di lavoro e dei lavoratori al finanziamento del fondo. Qui si tratta di accumulare, invece, risorse durante l'arco della vita per poterle poi spendere nella parte finale, quando appunto si addiviene a condizioni di non autosufficienza.
  Quello che immaginiamo è un sistema di pagamento di una rendita ovvero – questa è un'altra possibilità che nel mondo assicurativo si sta sperimentando – l'erogazione diretta da parte della compagnia di servizi di assistenza. L'alternativa è proprio o una rendita, che può servire per pagare i servizi per la persona non autosufficiente che usufruisce del servizio di badante o altri similari, ovvero ricevere servizi direttamente dalla compagnia. Questo dipende dal contratto che si può sottoscrivere o che si può prevedere.
  Ovviamente, andando a disegnare un tale schema di welfare, sarebbe la legge a definire le prestazioni minimali o essenziali e le modalità con cui dovrebbero essere erogate. Il meccanismo permette di accumulare risorse che in un periodo successivo, in presenza di determinate circostanze, possono essere spese.

  PRESIDENTE. Ringraziamo i nostri ospiti per essere intervenuti e per la documentazione consegnata di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di Luca Benci, giurista esperto in diritto sanitario.

  PRESIDENTE. Saluto il professor Luca Benci, giurista esperto in diritto sanitario, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione a partecipare all'audizione.
  Pregherei il nostro ospite di contenere il proprio intervento entro dieci minuti per dare modo ai deputati di porre delle domande, cui seguirà la replica del soggetto audito, il quale ha consegnato una memoria, resa disponibile deputati attraverso l'applicazione GeoCamera, che sarà altresì pubblicata sul sito internet della Camera dei deputati.
  Do la parola al professor Luca Benci.

  LUCA BENCI, giurista esperto in diritto sanitario. Ho letto il testo delle precedenti audizioni, per cui vi risparmio quello che è stato già lungamente detto, in particolare sul problema della ricostruzione normativa, anche se faccio una brevissima nota storica proprio sull'articolo sui fondi integrativi.
  Ricordo che, quando è stato varato il decreto legislativo n. 502, quello che fu chiamato all'epoca riforma sanitaria, a firma dell'allora Ministro della salute Francesco De Lorenzo, l'articolo 9 prevedeva una possibilità di forme differenziate di assistenza. Che cosa vuol dire forme differenziate? Vuol dire che c'era la possibilità, all'epoca, di permettere la non iscrizione al Servizio sanitario nazionale. Non iscrizione vuol dire che una parte della contribuzione, una parte della tassazione dei soggetti interessati poteva andare a confluire in mutue volontarie con forme dirette di pagamento.
  Questo significa che, in un modo o in un altro, si poteva riuscire a non iscriversi al Servizio sanitario nazionale e a sottrarre importanti risorse proprio al Servizio sanitario nazionale stesso. Era un tentativo di introdurre di fatto forme assicurative del Pag. 9tutto sostitutive al Servizio sanitario nazionale di carattere universalistico.
  Se quell'articolo fosse rimasto in vigore, e invece è stato poi soppresso nel 1995 dall'allora Ministro Garavaglia, bisogna sottolineare che verosimilmente oggi non ci sarebbe il Servizio sanitario nazionale, perché le risorse non sarebbero sufficienti.
  Oggi, invece, siamo in presenza di una possibilità largamente attuata attraverso vari meccanismi dei fondi integrativi, ma i fondi integrativi, che nascono, come ben sapete, per essere integrativi, sono di fatto oggi in larga parte sostitutivi. Basta scorrere le prestazioni che passano i relativi fondi.
  Il sistema – è stato notato da tempo – presenta fortissime opacità, non è trasparente, presenta decontribuzioni e defiscalizzazioni che sottraggono non si sa bene quante risorse al Servizio sanitario nazionale, che in questi anni è stato largamente definanziato.
  Il definanziamento è senza dubbio alla base politico-normativa delle liste d'attesa e del malfunzionamento del Servizio sanitario nazionale, soprattutto in alcune aree del Paese. Ricordiamo il problema delle regioni in piano di rientro, che sono state fortemente penalizzate.
  Da qui l'esigenza sentita, avvertita, propagandata, pubblicizzata del cosiddetto secondo pilastro. Il secondo pilastro può esistere solo se funziona male il Servizio sanitario nazionale. Per funzionare male, deve essere definanziato. Per funzionare male, devono esistere campagne di stampa come quelle che sono venute fuori. So che sono stati citati, ma non posso fare a meno di citare anch'io i vari studi RBM-Censis, con cui, non si sa per quale motivo, il Censis si presta a misure di carattere propagandistico: una volta si urla che ci sono 12 milioni di italiani che non si curano; un'altra volta, che ci sono altri milioni di italiani che si indebitano per curarsi.
  Intendiamoci, i numeri sono preoccupanti, sono stimati intorno ai 5 milioni. Sostanzialmente, quell'area di povertà nel nostro Paese in questi anni è aumentata, la disuguaglianza è aumentata, e di conseguenza anche i problemi legati alla salute.
  Ovviamente, con l'implementazione dei fondi integrativi questa situazione non migliora, perché aumenta a sua volta il definanziamento. L'opacità che circonda in buona parte questo sistema non aiuta in alcun modo. Il sistema deve essere riordinato, limitandolo, ovviamente a parer mio, alle pure situazioni di carattere integrativo e mai sostitutivo.
  Vorrei ricordare la previsione del 1995 che limitava all'assistenza odontoiatrica, che è un vero buco nero della sanità pubblica di questo Paese, alle medicine non convenzionali e alle cure termali. Diciamo che l'odontoiatria in particolar modo meriterebbe ampiamente l'attenzione del legislatore in termini di finanziamento, e comunque giustamente di defiscalizzazione, ma la defiscalizzazione solo su quella tipologia, altrimenti i cittadini italiani, o parte dei cittadini italiani, si troverebbero di fatto a pagare due volte per lo stesso percorso.
  Concludo con un'osservazione che giudico importante. Per efficientare il Servizio sanitario nazionale in epoca di risorse non particolarmente abbondanti, ci sono vari modi, ovviamente oltre a quello di rifinanziare il Servizio sanitario nazionale. Direi che il Servizio sanitario nazionale stesso può funzionare meglio attraverso un trasferimento di competenze.
  È largamente noto che mancano i medici specialisti, ma è altresì largamente noto che c'è un dibattito sul cosiddetto task shifting, cioè sul trasferimento di competenze alle altre professioni sanitarie laureate. Vanno di fatto liberati i medici da incombenze che mediche ormai non sono più. Abbiamo un patrimonio di 22 professioni sanitarie laureate largamente sottoutilizzate.
  Il Servizio sanitario nazionale può ritrovare efficienza, e quindi per esempio abbassare le liste d'attesa, liberare risorse importanti, utilizzare al meglio il personale qualificato del Servizio sanitario nazionale, se si opera questo tipo di operazione.
  Certo, non si migliora e non si efficienta il Servizio sanitario nazionale, come hanno fatto alcune regioni con misure di carattere emergenziale, richiamando i medici pensionati a operare all'interno delle corsie. È Pag. 10una situazione che appare a colpo d'occhio francamente inaccettabile.

  PRESIDENTE. Grazie, professor Benci. Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ELENA CARNEVALI. Ho una domanda molto secca, professor Benci, giurista esperto di diritto sanitario: cos'è che dal punto di vista legislativo, se la causa è questa, ha in qualche modo indotto a questa rappresentazione che lei ha fatto? E cosa dal punto di vista giuridico eventualmente può aiutare la regolamentazione? Lei dice, in maniera semplice: devono continuare a essere integrativi e non sostitutivi. Sul piano giuridico, come si può realizzare?

  ROBERTO NOVELLI. Dottor Benci, vorrei che mi chiarisse un passaggio. Non sono riuscito a dare il valore vero della sua affermazione. Tra le varie cose interessanti che ha detto, ha affermato che l'esigenza del secondo pilastro può esistere solo se funziona male il Servizio sanitario nazionale. Allora, qui ci sarebbe da domandarsi se il Servizio sanitario nazionale funzioni bene in questo momento, e non sembrerebbe.
  Chiedo scusa se sono approssimativo, ma non sono riuscito a capire fino in fondo la sua affermazione. La sua affermazione mi è sembrata andare nella direzione per cui, se il Servizio sanitario nazionale non funziona, allora ci sarebbe bisogno del secondo pilastro. Se, però, il Servizio sanitario nazionale funziona bene, finanziandolo correttamente, non ci sarebbe bisogno del secondo pilastro, se non ho capito male.
  In questi anni, però, stiamo assistendo a un progressivo definanziamento del Servizio sanitario nazionale. Di conseguenza, una parte delle prestazioni è compensata con i fondi integrativi. La domanda che mi pongo è: come si può trovare un equilibrio tra le due situazioni, che non sembrano risolvibili nell'immediato? Questo definanziamento non credo che potrà essere risolto ipso facto con risorse pubbliche sufficienti per riorganizzarlo così come lei ha descritto.

  DORIANA SARLI. Ho una domanda solo perché forse non ho capito bene un passaggio.
  Lei ha detto che il cittadino poi si trova a pagare due volte la stessa prestazione. Vorrei un chiarimento su questo. Grazie.

  PRESIDENTE. Do la parola al professor Benci per la replica.

  LUCA BENCI, giurista esperto in diritto sanitario. Onorevole Carnevali, il problema sta nel fatto che da un punto di vista giuridico sono stati concessi negli ultimi anni decontribuzione e defiscalizzazione sottraendo risorse al Servizio sanitario nazionale.
  Ora, la quantità di risorse non è ben nota, quantomeno al sottoscritto, ma comunque sono state sottratte risorse. E quando vengono sottratte risorse, il problema non è secondario. Attraverso piccoli commi e piccoli aggiustamenti, se si sottraggono risorse, si impoverisce il fondo sanitario nazionale, o comunque la fiscalità generale. Impoverendolo, abbiamo quello che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni, e cioè la difficoltà di assumere personale, quella di avere un personale sanitario invecchiato.
  Io giro molto gli ospedali per vari motivi e trovo personale sempre più invecchiato, e quindi sempre meno produttivo, sempre con maggiori problemi. Pensare di far fare uno scatto di orgoglio al personale così provato e così esausto diventa estremamente complicato. Se quei 2-3 miliardi di euro – queste sono le cifre che circolano – fossero investiti su personale nuovo, la differenza potrebbe esserci.
  Onorevole Novelli, il problema che ho rappresentato è vero, molti miliardi che sono stati sottratti hanno creato tanti problemi, e oggi iniziamo a pagarne caramente le conseguenze.
  Non ho detto che da domattina col rifinanziamento totale si risolvono i problemi, però intanto è importante agire sui Pag. 11soldi che sono sottratti con le decontribuzioni e le defiscalizzazioni.
  Poi ho indicato una strada, in realtà percorribile da subito: la risistemazione delle competenze tra medici e altre professioni sanitarie. Oggi, i medici italiani fanno o sono costretti a fare attività che negli altri Paesi europei non sono più mediche. Abbiamo un patrimonio di professioni che non mancano, che ci sono, che sono esistenti. Penso, per esempio, al settore dell'ostetricia, della fisioterapia, dell'infermieristica, che possono essere maggiormente valorizzati.
  Vorrei ricordare, anche se probabilmente questa disuguaglianza non è del tutto giustificata, che le cosiddette professioni sanitarie costano circa un terzo di un componente della dirigenza medica. Con le isorisorse, espressione che non mi piace, ma che siamo costretti di fatto a usare, si potrebbe efficientare il Servizio sanitario nazionale attraverso questo trasferimento di competenze, di cui si discute da tempo, ma che non trova un punto d'approdo anche per una serie di resistenze di carattere corporativo.
  Quanto a pagare due volte per la stessa prestazione, penso in particolare al welfare aziendale: il lavoratore, che comunque continua ad avere un carico fiscale del tutto in linea con la situazione precedente, si trova di fatto costretto a non avere aumenti salariali, perché il welfare aziendale è una sorta di contropartita. Non ha aumenti salariali adesso, non ce li avrà a fine carriera, avrà ripercussioni sulla pensione, continuerà ad avere lo stesso carico fiscale, e le prestazioni «sostitutive» che gli erogano le varie forme di assistenza le ha già pagate con la fiscalità generale.

  PRESIDENTE. Ringrazio il professor Benci per essere intervenuto.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 12.50.

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