XVIII Legislatura

XI Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Mercoledì 27 febbraio 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Giaccone Andrea , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SUL RIORDINO DEL SISTEMA DELLA VIGILANZA IN MATERIA DI LAVORO, CONTRIBUZIONE E ASSICURAZIONE OBBLIGATORIA A SEGUITO DELLE MODIFICHE INTRODOTTE DAL DECRETO LEGISLATIVO 14 SETTEMBRE 2015, N. 149, NELLA PROSPETTIVA DI UNA MAGGIORE EFFICACIA DELLE AZIONI DI CONTRASTO AL LAVORO IRREGOLARE E ALL'EVASIONE CONTRIBUTIVA

Audizione di Emilio Aschedemini, avvocato, Marco Esposito, professore ordinario di diritto del lavoro presso l'Università degli studi «Parthenope» di Napoli, e Marco Novella, professore di diritto del lavoro presso l'Università degli studi di Genova.
Giaccone Andrea , Presidente ... 2 
Esposito Marco , professore ordinario di diritto del lavoro presso l'Università degli studi «Parthenope» di Napoli ... 2 
Giaccone Andrea , Presidente ... 5 
Novella Marco , professore di diritto del lavoro presso l'Università degli studi di Genova ... 5 
Giaccone Andrea , Presidente ... 7 
Aschedemini Emilio , avvocato ... 7 
Giaccone Andrea , Presidente ... 8 
Costanzo Jessica (M5S)  ... 8 
Tripiedi Davide (M5S)  ... 9 
Fatuzzo Carlo (FI)  ... 9 
Viscomi Antonio (PD)  ... 10 
Giaccone Andrea , Presidente ... 10 
Esposito Marco , professore ordinario di diritto del lavoro presso l'Università degli studi «Parthenope» di Napoli ... 10 
Novella Marco , professore di diritto del lavoro presso l'Università degli studi di Genova ... 12 
Aschedemini Emilio , avvocato ... 13 
Giaccone Andrea , Presidente ... 14 

ALLEGATO: Documentazione trasmessa dal prof. Marco Novella ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ANDREA GIACCONE

  La seduta comincia alle 9.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati, nonché la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di Emilio Aschedemini, avvocato, Marco Esposito, professore ordinario di diritto del lavoro presso l'Università degli studi «Parthenope» di Napoli, e Marco Novella, professore di diritto del lavoro presso l'Università degli studi di Genova.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul riordino del sistema della vigilanza in materia di lavoro, contribuzione e assicurazione obbligatoria, a seguito delle modifiche introdotte dal decreto legislativo n. 149 del 14 settembre 2015, nella prospettiva di una maggiore efficacia delle azioni di contrasto al lavoro irregolare e all'evasione contributiva, l'audizione di Emilio Aschedemini, avvocato, Marco Esposito, professore ordinario di diritto del lavoro presso l'Università degli studi «Parthenope» di Napoli, e Marco Novella, professore di diritto del lavoro presso l'Università degli studi di Genova.
  Nel ringraziare i nostri ospiti, do la parola al professor Marco Esposito per lo svolgimento della sua relazione.

  MARCO ESPOSITO, professore ordinario di diritto del lavoro presso l'Università degli studi «Parthenope» di Napoli. Ringrazio il presidente e tutti gli onorevoli componenti della Commissione.
  Penso che portare a compimento un'indagine conoscitiva su un tema così spinoso e questa partecipazione nobilitino, non solo il vostro lavoro, ma anche il mio, che studio queste tematiche da un po’ di tempo a questa parte.
  Peraltro, provengo da un'area dove i temi della legalità e del lavoro sono particolarmente sentiti e dove un focus particolare è posto da noi studiosi di diritto del lavoro su questa fenomenologia di eventi.
  Vorrei focalizzare questo mio intervento su tre aspetti fondamentalmente. Uno attiene in senso stretto al tema della funzionalità degli organismi deputati ad assicurare la legalità sul lavoro, attraverso l'operatività dei servizi ispettivi. Un secondo aspetto attiene al contesto in cui i servizi ispettivi si muovono. Un terzo, con molta modestia, è una riflessione su possibili scenari di intervento normativo di riforma che tengano conto delle complessità che i primi due aspetti hanno individuato.
  Partirei, quindi, dal primo aspetto, quello di cui, peraltro, si è parlato molto negli ultimi tempi e che attiene all'essenza dell'organizzazione dei servizi ispettivi. Sapete della centralità dell'Ispettorato nazionale del lavoro. Ormai è addirittura oggetto di informazione giornalistica la difficoltà del coordinamento tra l'Ispettorato nazionale del lavoro e gli altri due enti che nella riforma del 2015 erano stati chiamati a unirsi con l'ispettorato del Ministero, ovvero INPS (Istituto nazionale di previdenza sociale) e INAIL (Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali).
  Sicuramente questo del coordinamento tra i soggetti (Ispettorato nazionale del lavoro, Pag. 3 INPS e INAIL) è un tema importante, perché gran parte dei raccordi operativi che erano previsti nella normativa del 2015, ovvero il decreto legislativo n. 149 nel 2015, non sono stati completamente attuati. Manca, anzi, la normativa secondaria che avrebbe dovuto implementare, ma anche strutturare, le modalità di raccordo tra gli ex ispettori del Ministero del lavoro, gli ispettori dell'Ispettorato nazionale, gli ispettori dell'INPS e dell'INAIL.
  Ci sono stati, infatti, soltanto due protocolli siglati dall'Ispettorato nazionale del lavoro, rispettivamente con INPS e INAIL, che cercano di ovviare all'assenza di questa normativa secondaria, che, per la verità, testimonia forse una non piena messa a fuoco di quei problemi. Mi spiego meglio: se è stato devoluto alla libera iniziativa dell'Ispettorato nazionale e degli enti il compito di cercare una forma di leale cooperazione, è chiaro che, in qualche modo, dal 2015 a oggi è un po’ come se si fosse smarrito il senso originario di quella riforma, che – non dobbiamo dimenticare – richiedeva l'unificazione dei servizi ispettivi, principalmente per semplificare l'attività ispettiva.
  Questo aspetto della semplificazione sicuramente non è stato raggiunto, però mi piace anche osservare, con onestà scientifica e anche da osservatore più o meno esperto, che non è nemmeno il cuore dei problemi.
  Infatti, se andiamo a leggere questi protocolli, in effetti vediamo che sono numerose le ipotesi in cui ci può essere un'iniziativa autonoma, meno burocratizzata per intenderci, degli ispettori tanto dell'INPS quanto dell'INAIL.
  Mi spiego meglio: è vero che esiste una partenza condivisa, ovvero una riunione di coordinamento che viene fatta presso ciascuna struttura territoriale dell'Ispettorato nazionale del lavoro, e c'è un organismo, partecipato da un rappresentante dell'Ispettorato e da un rappresentante degli altri enti, dove avviene la programmazione degli interventi ispettivi.
  È pur vero, però, che nei due protocolli di cui vi ho detto, uno del febbraio 2017, che riguarda l'INPS, e l'altro del luglio 2017, che riguarda l'INAIL, è previsto anche che questi enti possano adottare una iniziativa autonoma in taluni casi, cioè, ad esempio, quando abbiano possibilità diretta di intervenire per un recupero più efficiente di somme o comunque per poter operare accertamenti su infrazioni legate alla normativa sull'assicurazione obbligatoria e sulla contribuzione, non necessariamente passando per questa programmazione, ma semplicemente notificando alla struttura territoriale dell'Ispettorato nazionale la necessità di questo loro intervento.
  Come dicevo, l'aspetto organizzativo esiste ed è un aspetto su cui si dovrebbe intervenire, ma non è esattamente il cuore del problema. Un problema molto più serio, secondo me, è quello della formazione del personale dell'Ispettorato nazionale del lavoro, cioè quello della riqualificazione di entrambi i corpi ispettivi per funzioni che dovrebbero essere unitarie e unificate.
  Mi spiego: l'Ispettorato nazionale del lavoro ha in partenza come organico gli ex ispettori del lavoro del Ministero, che hanno una competenza solo per talune prescrizioni e contravvenzioni in materia di lavoro; viceversa, la competenza dell'ispettore INPS è tarata sulle violazioni in materia contributiva. Sono due ambiti di competenza professionale molto complessi e non di facilissimo trasferimento.
  Quello era un aspetto su cui si doveva intervenire molto più massicciamente di come, invece, si è fatto. Mi riferisco alla riqualificazione del personale per consentire un recupero di queste competenze trasversali nuove, che avrebbero permesso effettivamente ispezioni con un raggio più ampio, per accertare qualunque tipo di contravvenzione, non soltanto quella settoriale e specialistica delle competenze originarie dei singoli ispettori.
  L'aspetto della formazione – consentitemi – è un epifenomeno, però, di un problema più ampio. Il decreto legislativo n. 149 del 2015 ha abbozzato l'unificazione, ma non l'ha compiuta. Vi faccio un esempio che, secondo me, è meno giornalistico, cioè non lo trovate sugli organi di informazione, che è il problema dei ricorsi. In pratica, chi riceve un'ispezione ha la Pag. 4possibilità di operare una serie di misure di tutela in sede amministrativa (ricorsi amministrativi) e, ovviamente, in sede giudiziale.
  Peraltro, questo punto è stato trattato espressamente dall’ex capo dell'Ispettorato nazionale, Paolo Pennisi, in un articolo che potete trovare sul n. 1 del 2018 di una rivista free on line che mi pare si chiami «Diritti, lavoro, Europa».
  Dovete sapere che oggi abbiamo ancora verbalizzazioni differenziate, cioè verbali che riguardano i vari aspetti, quello lavoristico in senso stretto, legato alle contravvenzioni in materia di diritto del lavoro e rapporto di lavoro, e quello previdenziale, contributivo e assicurativo obbligatorio.
  Questo è un aspetto su cui richiamo la vostra attenzione, cioè quello della necessità di una vera semplificazione – questa, secondo me, sarebbe una misura anche molto facile da adottare – del sistema dei ricorsi, in una prospettiva che chiamerei «fiduciaria» del rapporto tra servizi ispettivi e destinatari.
  È vero che ci sono dei destinatari tutelati in prima battuta, che sono i lavoratori, come è giusto che sia, però non dobbiamo dimenticare che la semplificazione può perseguire il duplice obiettivo, innanzitutto, di rendere più efficace l'intervento, ma anche, in qualche misura, di accompagnare gli imprenditori a una cultura della legalità più friendly, più vicina, più evidente.
  Una semplificazione del sistema dei ricorsi, in particolar modo dei ricorsi amministrativi, cioè quelli che l'imprenditore può presentare esattamente contro gli organi, sarebbe opportuna. Oggi c'è una diversificazione, a mio modo di vedere, assolutamente inconcepibile tra due istanze di ricorso, una ai comitati per i rapporti di lavoro, un'altra alla struttura territoriale dell'Ispettorato nazionale, che non ha nessun senso. Si scinde addirittura una materia che sulla base del decreto dovrebbe essere unitaria, quindi è un aspetto di «giustiziabilità» e di vicinanza tra la società civile e il gruppo economico-sociale alla struttura di controllo.
  Aggiungo solo poche battute finali, perché penso che il mio tempo sia quasi esaurito, sul contesto. Ovviamente dopo ci possiamo trattenere ancora, perché molte sarebbero le cose da dire. Sono andato per punti e per flash. Questo è un aspetto su cui voglio insistere: quello della modellistica, non strutturale, ma democratico-partecipativa, del funzionamento dei servizi ispettivi. Secondo me, questo è un problema politico molto importante. Lo tratto da esperto. La politica siete voi e, quindi, non mi compete fare un intervento politico.
  Da esperto posso dire che non è tanto un problema strutturale. D'altro canto, questa legislatura, con l'articolo 1, comma 445, della legge n. 145 del 2018, la legge di bilancio 2019, ha previsto un robusto innervamento con nuovo personale, quindi un rafforzamento della struttura. Ripeto: non è soltanto un problema strutturale, è un problema di partecipazione.
  Ho parlato del sistema dei ricorsi perché, secondo me, è paradigmatico di una certa cultura di vicinanza tra i servizi ispettivi, le comunità, il territorio e anche gli operatori economico-sociali. Secondo me, questo è un aspetto più generale dei servizi ispettivi.
  Un limite del decreto legislativo n. 149 del 2015 è quello di non discostarsi da una sorta di ideologia e di cultura del servizio ispettivo come strumento sostanzialmente repressivo o repressivo-sanzionatorio. Manca una condivisione, una partecipazione. Penso anche alle parti sociali, quindi alle organizzazioni sindacali e alle organizzazioni imprenditoriali, che possano recuperare un ruolo nell'indirizzo, ma anche nel governo del sistema delle ispezioni del lavoro. Secondo me, questo è un aspetto importante.
  Io rifletterei, quindi, anche sul recupero di alcuni istituti legati all'ispezione. Penso, ad esempio, alla conciliazione monocratica prevista nel decreto legislativo n. 124 del 2004, cioè a tutti quegli strumenti, magari modificati, che possano consentire una sorta di «negoziazione» di questo aspetto meramente punitivo, in un'ottica di certezza dell'intervento, ma anche di estrema flessibilità della conseguenza, nella prospettiva di un recupero effettivo e non meramente simbolico di legalità del lavoro.

Pag. 5

  PRESIDENTE. Do ora la parola al professor Marco Novella per lo svolgimento della sua relazione, autorizzando la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione che ha trasmesso (vedi allegato).

  MARCO NOVELLA, professore di diritto del lavoro presso l'Università degli studi di Genova. Grazie, presidente e onorevoli commissari.
  Il primo punto che vorrei toccare riguarda strettamente la questione dell'Ispettorato nazionale del lavoro. Dovendo dare un mio parere sulla bontà della scelta di creare un'agenzia unitaria che consentisse un migliore coordinamento delle attività ispettive, quindi dare un giudizio sulle intenzioni del legislatore del 2015, direi che il mio giudizio è positivo.
  Se mi chiedessero se una struttura unitaria – ripeto – semplicemente di coordinamento, che concentrasse funzioni, compiti e attribuzioni di ispezione del lavoro, potesse essere opportuna, la mia risposta sarebbe positiva, perché su questo condivido la logica di fondo del decreto legislativo n. 149 del 2015. Se l'obiettivo è il migliore coordinamento dell'attività ispettiva per evitare sovrapposizioni nelle ispezioni e duplicazioni negli accessi presso la stessa azienda, allora io dico: sì, bene, un soggetto che preveda un migliore coordinamento è assolutamente opportuno.
  La riduzione degli accessi ispettivi di per sé, in astratto, come modello, per così dire, potrebbe non essere cosa negativa, come spesso invece si dice. Bisogna vedere quali sono i motivi alla base della riduzione degli accessi ispettivi. Se si tratta di accessi ispettivi più mirati, perché dietro c'è una migliore intelligence, perché si va a stanare, grazie all'uso di banche dati opportunamente consultate e interoperative, quello che sembra essere il trasgressore, allora ben venga la diminuzione degli accessi ispettivi. Se, invece, si tratta di una minore attività legata semplicemente a una minore efficienza dell'attività stessa, ovviamente il giudizio cambia.
  Il secondo obiettivo legato a questo accorpamento di strutture è il contenimento della spesa pubblica per le azioni ispettive. Bisogna ovviamente valutare la spesa con riferimento al singolo accesso ispettivo. Complessivamente, la spesa pubblica destinata all'azione ispettiva può anche ragionevolmente essere aumentata, non è quello il problema. Infatti, se noi guardiamo gli organici, forse, obiettivamente, l'organico dell'Ispettorato del lavoro è storicamente e tradizionalmente sottodimensionato rispetto alle esigenze.
  Il terzo elemento a mio avviso molto importante, in particolare dal punto di vista delle imprese che subiscono le ispezioni, è che un soggetto unitario dovrebbe garantire un'uniformità e un'informazione maggiore sulle modalità di svolgimento della vigilanza e, soprattutto, un consolidamento migliore degli orientamenti interpretativi e applicativi della disciplina lavoristica. Questo è un obiettivo certamente utile da perseguire.
  L'insoddisfazione nei confronti dell'azione dell'Ispettorato nazionale del lavoro, a mio avviso, deve riguardare, non tanto, probabilmente, il modello in sé, quanto le modalità di funzionamento che si sono adottate, potremmo parlare di implementazione, di conseguimento dell'obiettivo «costruzione dell'Ispettorato nazionale del lavoro».
  Per quanto concerne la difficoltà di integrazione effettiva tra servizi ispettivi di INPS e INAIL e Ispettorato nazionale del lavoro – forse questo è un aspetto che è stato preso in minore considerazione – non sottovalutiamo il fatto che elementi e misure di coordinamento tra servizi ispettivi INPS-INAIL e Ispettorato del lavoro-Ministero del lavoro prima erano già esistenti e avevano sempre fallito nel loro compito. Perché? Perché c'è una disomogeneità tra ispettori INPS e INAIL, non solo per le competenze che si sono sviluppate nel tempo, come giustamente diceva il collega che mi ha preceduto, ma anche per differenze culturali, di modalità di azione e, banalmente, di trattamento economico. Abbiamo trattamenti economici differenziati, che derivano da storie di applicazione di contratti collettivi diversi e questo non crea un clima favorevole alla formazione di un soggetto Pag. 6unitario. Questo è un aspetto da considerare.
  Oltretutto, viene lamentato, da parte degli ispettori dell'INPS soprattutto, che il coordinamento dell'Ispettorato nazionale del lavoro rallenta, con maggiore burocrazia, le attività ispettive, soprattutto nel momento dell'iniziativa, e questo è un aspetto sicuramente da considerare per il buon funzionamento del progetto.
  L'altro aspetto debole è, forse, il mancato adeguamento degli organici a fronte dell'elevato turnover che si è verificato, anche se, in realtà, nella legge di bilancio sono previste in prospettiva nuove assunzioni. Per quanto riguarda gli scarsi interventi formativi, non torno sul punto, perché ne ha già parlato il collega.
  Complessivamente ritengo che la risoluzione dei problemi che abbiamo visto non passi probabilmente attraverso lo stravolgimento di un modello, cioè un modello di ispezione accentrato, integrato e, soprattutto, uniforme e coordinato in tutto il territorio italiano, bensì attraverso il riaggiustamento di questi aspetti critici che si sono verificati nell'implementazione.
  Semmai, se dovessi dare un parere o delle indicazioni più in generale su elementi che possono essere migliorati o ai quali prestare attenzione, ove si voglia tornare a regolare la materia, il mio punto di vista è che questa è una materia estremamente delicata e che, se si vuole rivedere l'attività ispettiva e di vigilanza, questa revisione deve essere fatta tenendo presente la struttura del sistema sanzionatorio. Ispezione, vigilanza e modello sanzionatorio non possono andare ognuno per conto proprio, occorre coordinarli.
  Su questo, probabilmente, l'approccio più saggio, anche in considerazione di ciò che avviene in altri Paesi dell'Unione europea e occidentali, sarebbe quello di prevedere sempre un giusto mix tra elementi di repressione (quindi strumenti di deterrenza, anche severa) nei confronti delle più gravi violazioni ed elementi di disciplina che vadano nel senso del ripristino delle condizioni di legalità, se del caso anche prevedendo meccanismi di incentivo alla regolarizzazione da parte dei datori di lavoro.
  Non possiamo trattare i datori di lavoro da delinquenti, non lo sono assolutamente. Occorre, invece, portare il sistema a livelli di legalità accettabili, soprattutto in considerazione del fatto che al centro del sistema devono rimanere, non solo la tutela del lavoratore, ma – attenzione – anche l'idea di sana competizione. Se un'azienda, grazie alla mancata osservanza di norme in materia di lavoro, ottiene un appalto o fa uscire dal mercato un altro soggetto, evidentemente l'Ispettorato nazionale del lavoro, i servizi ispettivi e il sistema sanzionatorio hanno fallito.
  In che modo? A mio avviso, se noi osserviamo come si sta muovendo il sistema, troviamo delle depenalizzazioni blind, cieche, nel senso che le fattispecie di depenalizzazione introdotte negli ultimi anni, nel 2016 in particolare, incidono sul diritto penale del lavoro trasversalmente, indipendentemente dalle fattispecie di reato, puntando, invece, sulle sanzioni.
  Io, personalmente, non sono contrario al passaggio alla sanzione amministrativa, anzi penso che un sistema basato su sanzioni amministrative sufficientemente deterrenti sia auspicabile, proprio perché il diritto penale, come sappiamo, ha dei vincoli: il problema del processo, il problema delle garanzie piene dell'imputato, ovviamente, il problema della tassatività, il problema del principio di legalità. Non sono problemi naturalmente, sono però vincoli da rispettare. Tutto questo impone, secondo me, un passaggio verso un modello di sanzione amministrativa, laddove si voglia esercitare l'attività di deterrenza di tipo repressivo-sanzionatorio.
  Il diritto penale del lavoro, del resto, ha già fallito nella esperienza italiana. Ha fallito perché dagli anni cinquanta del secolo scorso in poi si era scommesso sul diritto penale del lavoro, che non ha dato nessun esito, evidentemente.
  Invece, va, secondo me, mantenuto e rafforzato tutto ciò che di buono troviamo ancora oggi nel decreto legislativo n. 124 del 2004. Parlo di tutte quelle misure, quali la diffida ad adempiere, la prescrizione Pag. 7obbligatoria e la disposizione ispettiva, che sono strumenti da rafforzare. Tutti questi strumenti, a volte poco utilizzati (mi riferisco alla disposizione ispettiva in particolare), non escludono del tutto, ma lo mettono in secondo piano, l'aspetto meramente sanzionatorio, consentendo, attraverso un'azione di ripristino, messa in atto dal datore di lavoro, dall'imprenditore, dal trasgressore, delle condizioni di legalità (la sanatoria, per così dire, della situazione di legalità), di accedere a un sistema sanzionatorio privilegiato, ovvero alla riduzione delle sanzioni, detto in parole povere.
  Questo è un modello che, secondo me, può funzionare. In particolare, pongo l'attenzione su un istituto del decreto legislativo n. 124 del 2004, cioè la disposizione ispettiva, perché da una verifica compiuta sembra essere veramente poco utilizzato. È un istituto che concederebbe all'ispettore del lavoro la possibilità di adottare una misura di carattere ripristinatorio nei confronti del datore di lavoro. Nel momento in cui il datore di lavoro adempie, non viene sanzionato; la sanzione è applicata soltanto nel momento in cui il datore di lavoro non applica ciò che l'ispettore ha ordinato.
  Abbiamo già parlato delle altre misure, come la conciliazione monocratica, ad esempio. Mi risulta che in alcune sedi funzioni abbastanza bene; non in tutte le zone d'Italia naturalmente, ma in alcune zone sì.
  La diffida accertativa è un altro strumento particolarmente interessante, se noi vogliamo spostare l'asse del nostro intervento in questa materia, non concentrandoci soltanto – ripeto – sulla repressione e neanche soltanto sull'obiettivo di rastrellare denaro. Infatti, a volte certi interventi, anche critici, che ho ascoltato, a proposito di questa materia dicono: «Dobbiamo aumentare quanto lo Stato incassa, il recupero». La mera attenzione al dato quantitativo può nascondere dei difetti.
  Parlavo della diffida accertativa perché è uno strumento che consente di porre il focus dell'attenzione sui diritti dei lavoratori. In questo momento è molto grave il problema del mancato pagamento delle retribuzioni. La diffida accertativa può servire a questo scopo. Il datore di lavoro non viene sanzionato; al datore di lavoro, una volta accertato, ovviamente, il credito del lavoratore, viene intimato il pagamento. Se non lo fa, la diffida accertativa acquisisce il valore di titolo esecutivo. È uno strumento assolutamente efficace e da mantenere.

  PRESIDENTE. Do la parola all'avvocato Emilio Aschedemini per lo svolgimento della sua relazione.

  EMILIO ASCHEDEMINI, avvocato. Grazie, presidente e onorevoli commissari. In materia credo ci siano tre macro-aree di riflessione. Una riguarda l'organico, una la competenza e la formazione e una l'efficacia dei processi che regolano l'attività degli ispettori. Dico questo partendo da alcuni dati successivi al decreto legislativo n. 149 del 2015.
  Partiamo, ad esempio, dal dato dell'organico in termini di numero. Oggi abbiamo un rapporto tra ispettori e aziende che è insufficiente, essendo pari a 1 su 456. È evidente che è una proporzione anomala e non in grado di assicurare l'efficacia del sistema delle ispezioni.
  Infatti, uno degli elementi maggiormente criticabili della riforma è il fatto che la stessa sia stata realizzata senza aver attuato alcun tipo di concreto investimento economico. Evidentemente questo intervento e questa scelta sono da porre in relazione alle difficoltà economiche del Paese, ma ovviamente l'accorpamento dei tre ruoli ispettivi (circa 3.500 ispettori) ha comunque fatto registrare una fuoriuscita di buona parte di loro per pensionamento. Abbiamo previsioni di ulteriori fuoriuscite dovute proprio alla cosiddetta «quota 100», che contribuirebbero a complicare il quadro attuale.
  Si registra una previsione favorevole contenuta nella legge di bilancio prima ricordata, nel comma 445 dell'articolo 1, che prevede proprio l'assunzione di 939 unità. Sicuramente è un intervento positivo, ma probabilmente non è un intervento che potrà in qualche modo risolvere le problematiche connesse al nuovo Ispettorato nazionale del lavoro (INL), visto che c'è anche un problema di competenze degli ispettori Pag. 8a cui si accennava prima. Ci sono tre distinte competenze che difficilmente possono essere ben armonizzate e comprese le une nelle altre, in assenza di una specifica formazione al riguardo.
  Si pensi al caso di un ispettore ministeriale che magari ha sviluppato una maturità professionale per quanto riguarda la contrattualistica e che si trova domani a dover intervenire sulle verifiche in materia di sicurezza dei luoghi di lavoro, ad esempio, nella cantieristica. È un approccio totalmente diverso, che andava sicuramente preparato e veicolato attraverso un processo di formazione degli stessi ispettori.
  Un ulteriore elemento di criticità è quello relativo ai processi che regolano l'attività ispettiva. Quello a cui tendeva il decreto legislativo era un processo meno burocratico. Questo, però, già nella fase di iniziativa della fase ispettiva, contrasta in concreto con i princìpi che il legislatore del 2015 intendeva perseguire.
  L'emblema di questo indesiderato effetto è certamente la procedura di programmazione dell'attività ispettiva tramite le commissioni regionali e la commissione centrale in materia di controlli previdenziali. Si pensi al protocollo sottoscritto fra l'INL e l'INPS, in cui si prevede l'istituzione della commissione centrale e di una serie di commissioni regionali di programmazione dell'attività di vigilanza, con il compito di riunirsi due volte al mese per redigere il calendario delle ispezioni.
  È ovvio che questa previsione contribuisce a un'effettiva farraginosità dell'intero sistema, posto che ogni ispezione deve essere preventivamente organizzata, quindi decisa dalla commissione, senza la possibilità degli ispettori di effettuare dei blitz dove si rendesse opportuno, tenuto presente che, nel campo dei controlli del lavoro, questa modalità a sorpresa spesso produce un effetto assolutamente positivo. Si pensi al lavoro nero, al caporalato, a tante regioni deprivate del nostro Paese, dove l'attività ispettiva, svolta in questi termini, sicuramente ha un'efficacia maggiore di come è stata elaborata dal decreto legislativo in commento.
  Un altro elemento di criticità, che però in qualche modo è trasversale alla pubblica amministrazione, è quello dell'infrastruttura digitale. Spesso i database non parlano tra di loro e l'infrastruttura digitale telematica a servizio dell'Ispettorato non è fruibile da parte di ulteriori enti. Invece, una maggiore sinergia permetterebbe anche di favorire quell'efficacia che è già prefigurata nel titolo del decreto legislativo. La maggiore efficacia delle azioni di contrasto passa anche da una maggiore sinergia delle infrastrutture digitali. L'infrastruttura, come congegnata oggi, penalizza l'attività ispettiva, con un'inutile duplicazione di sforzi, di energia e, probabilmente, anche di costi.
  Volendo un po’ tirare le fila di questi macro-temi di approfondimento, si può ritenere che l'accentramento dei servizi ispettivi in capo a un unico soggetto sicuramente è un obiettivo da perseguire e da realizzare, ma è ancora probabilmente in una fase embrionale, poste le criticità sollevate.
  Si punterebbe anche al maggiore inserimento di nuovi operatori e di ispettori, anche se la legge di bilancio prevede già queste nuove assunzioni, che sono comunque contenute rispetto all'entità e alla vastità delle attività di ispezione.
  Inoltre, bisognerebbe anche tenere conto di un investimento importante nella formazione e specializzazione del ruolo del personale dell'INL, così da fornire a tutti coloro che operano all'interno dell'ente le stesse specifiche competenze, senza penalizzare l'attività che è loro demandata. Sarebbe auspicabile anche uno snellimento delle procedure di iniziativa. Da ultimo, occorrerebbe intervenire su tutte quelle dinamiche che possono compromettere l'efficienza e la celerità dei controlli. Mi riferisco a quello che ha previsto il protocollo e, quindi, all'iniziativa che spesso non ha quell'efficacia concreta che dovrebbe avere.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  JESSICA COSTANZO. Ringrazio gli auditi per il contributo che ci hanno dato. Pag. 9Vorrei tornare un po’ all'obiettivo per cui questa agenzia unica era stata creata. Si è anche detto che l'obiettivo era quello di renderla un organismo più uniforme e coordinato nel settore della vigilanza e delle ispezioni.
  Una riflessione è: come è possibile raggiungere questo obiettivo se ci sono al momento delle differenze retributive? Pensiamo solo alle forme di indennizzo che magari sono previste per ispettori INPS e INAIL, mentre non sono previste per il personale dell'Ispettorato nazionale del lavoro.
  Un'altra questione riguarda il rallentamento dell'attività ispettiva, che ovviamente dipende dal passaggio attraverso la commissione territoriale, che comporta maggiore burocrazia, maggiore rallentamento e, quindi, il rischio di minore incisività. Mi chiedo se tutto questo può eventualmente influire anche sul fatto che all'inizio dell'anno scorso (a febbraio 2018) l'INPS denunciava anche una perdita in termini di incassi dalle ispezioni di 600 milioni di euro.
  Mi chiedo se con il tentativo di uniformare un po’ la formazione di un ispettore del lavoro in materia di previdenza, lavoro e previdenza assicurativa non ci sia il rischio di incorrere in un sovraccarico del ruolo dell'ispettorato del lavoro.

  DAVIDE TRIPIEDI. Anch'io ringrazio gli auditi per l'ottimo contributo che ci avete dato.
  Vorrei capire innanzitutto cosa pensate delle nuove assunzioni che sono state previste dalla legge di bilancio per rafforzare l'Ispettorato nazionale del lavoro.
  Per quanto concerne i database e i dati, noi abbiamo un grosso problema: INPS non comunica con INL. Il database di INPS non supporta il database di INL. Sostanzialmente abbiamo questo grosso problema di scambio dei dati. L'INL dice che l'INPS non glieli dà, l'INPS dice che, sostanzialmente, non hanno gli strumenti. Se non ricordo male, c'era anche un problema legato alla privacy, un ente non può dare i dati all'altro, quindi noi abbiamo questo grosso vincolo.
  I risultati dell'INL fino a oggi, con le risorse e con gli strumenti che ha avuto a disposizione, secondo voi sono stati positivi o sono stati caratterizzati da bassa redditività (mettiamola così)?
  Col Jobs act si è istituito l'INL. Voi che siete degli esperti – è una domanda quasi politica – avreste potenziato l'INPS? È una soluzione che avrebbe funzionato o avreste fatto quello che ha fatto il ministro Poletti creando un nuovo ente, con tutte queste difficoltà oggettive che oggi ci troviamo ad affrontare in relazione all'Ispettorato nazionale del lavoro?

  CARLO FATUZZO. Mi complimento con gli oratori che ci hanno illustrato la situazione.
  Molto brevemente vorrei porre una domanda agli auditi. Qualcuno potrebbe pensare che forse non c'entra niente con il tema in discussione; io penso, invece, che è giusto che la ponga, perché è tanto che penso a questa situazione. È una situazione di carattere generale.
  Vorrei che non ci fosse bisogno di avere ispettori, come gli avvocati vorrebbero che non ci fossero delinquenti, i religiosi vorrebbero che nessuno peccasse e così via. Sarebbe troppo bello. So che su questo concordereste tutti.
  In questa ottica, vi chiedo cosa pensate voi del fatto che c'è un'agevolazione e una discesa più facile verso l'irregolarità nei rapporti di lavoro tra datori di lavoro e lavoratori... L'irregolarità massima è il lavoro nero naturalmente, poi ci sono tutte le situazioni intermedie.
  Cosa pensate voi del fatto che quasi non c'è più convenienza a seguire le regole quando si pensi al fatto che, nonostante un rapporto di lavoro che osserva tutte le prescrizioni previste, comprese due molto importanti, quella della sicurezza sul lavoro e quella dell'eventuale futura pensione per vivere quando si ha un'età molto avanzata, avere lavorato in regola per venti, trenta, a volte anche quaranta anni comporta il pagamento di una pensione più bassa di quella che viene pagata a titolo di assistenza sociale a chi non ha mai versato contributi? Pag. 10
  Purtroppo, passo dopo passo, si è arrivati al punto che a settanta anni si arriva oggi a percepire solo 650 euro al mese di pensione e che tante lavoratrici e tanti lavoratori non ci arrivano neanche, pur avendo lavorato e versato contributi regolarmente. È un problema molto complesso, però io tengo a cominciare a parlarne. Non sarebbe il caso di far sentire il peso del fatto che, a un certo momento, quando il giovane comincia a lavorare, si sente domandare: «Vuoi essere iscritto perfettamente in regola oppure facciamo una cosa un po’ così?». Al che, lui può pensare: «Tanto mio padre ha lavorato tanti anni, ha sempre svolto il suo lavoro, pagato i contributi perfettamente in regola, però prende meno del vicino di casa che ha lavorato e nessuno lo ha saputo». È un problema che, temiamo molto, si riproporrà con l'introduzione del reddito di cittadinanza, il che non deve succedere, però già succede per quanto riguarda gli anziani. Vorrei sapere il vostro parere.

  ANTONIO VISCOMI. Ringrazio gli auditi, gli esperti. Posso dire anche «gli amici», però senza alcun sottinteso. Li ringrazio per due motivi: in primo luogo, per avere riportato l'attenzione sul sistema delle ispezioni e non soltanto sulle tematiche di dettaglio dei rapporti di lavoro all'interno dell'Ispettorato, sulle carriere professionali. Ho l'impressione che quando parliamo di ispezioni sul lavoro, se non condividiamo prima l'obiettivo di questa attività ispettiva, non riusciamo a costruire un modello di attività ispettiva.
  Il professor Novella alla fine della sua relazione diceva che spesso si parla delle ispezioni in funzione del rastrellamento monetario di soldi, così come altre volte si affrontano le questioni delle ispezioni nella prospettiva della tutela del diritto individuale del lavoratore. Credo, invece, che gli esperti auditi oggi abbiano fornito una chiave di lettura un po’ più interessante, che è quella della regolarità del mercato del lavoro per evitare fenomeni di dumping fra imprese, come ricordava prima il collega Fatuzzo.
  Se così è, se le ispezioni riguardano, in primo luogo, un interesse generale al corretto funzionamento delle relazioni economiche nel mercato del lavoro, allora forse dobbiamo iniziare a pensare, da un lato, al potere ispettivo e al potere sanzionatorio dello Stato, con un grosso punto interrogativo sul valore o meno della sanzione punitiva rispetto alla sanzione premiale, cioè la sanzione che consente al datore di lavoro non in regola di rimettersi in regola, senza perciò subire degli effetti negativi su altri versanti, e, dall'altro lato, a qual è il ruolo delle parti sociali.
  Intendo chiedervi: è possibile ipotizzare una più intensa partecipazione delle parti sociali (sindacati e datori di lavoro) alla gestione corretta del mercato del lavoro e anche all'attività ispettiva? In definitiva, la presenza di lavoro irregolare in tutte le sue varie forme, misure e declinazioni, è un problema che tocca in primo luogo le imprese regolari e i lavoratori regolari.
  Da questo punto di vista, l'attività ispettiva è semplicemente un'attività riservata all'autorità pubblica statale, in via generale, e regionale per alcuni aspetti, o può e deve richiedere un più intenso intervento delle parti sociali nella regolazione del mercato del lavoro, compreso il controllo del mercato stesso? Penso agli enti bilaterali, ma anche a una serie di altri strumenti sui quali possiamo iniziare a riflettere.
  Infatti, se lo scopo dell'indagine conoscitiva che abbiamo avviato è quella di individuare i limiti dell'implementazione, come si diceva prima, dell'Ispettorato nazionale del lavoro, è facile da raggiungere e potremmo chiuderla esattamente in ventiquattro ore facendo l'elenco delle lacune riscontrate. Se, invece, la funzione della nostra indagine è quella di capire come proporre un modello innovativo, concreto, effettivo di controllo delle «patologie» del mercato, forse allora una domanda su quale possa essere il ruolo delle organizzazioni sindacali dell'una e dell'altra parte credo sia ineludibile.

  PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  MARCO ESPOSITO, professore ordinario di diritto del lavoro presso l'Università Pag. 11degli studi «Parthenope» di Napoli. Grazie a tutti voi, perché i quesiti e le riflessioni che avete posto mi consentono di riprendere, nei quattro minuti che mi sono stati assegnati, alcune osservazioni di sintesi.
  Onorevole Costanzo, sulla formazione ci troviamo perfettamente d'accordo: è un punto importante. Mi consenta solo di segnalare che la burocratizzazione insita in questo tipo di processi è un po’ meno pesante di come è rappresentata dall'informazione al riguardo. Ripeto: il protocollo siglato dall'Ispettorato nazionale del lavoro e dall'Istituto nazionale della previdenza sociale, il protocollo del febbraio 2017, prevede delle iniziative di urgenza dove non c'è bisogno di passare per la programmazione. Questo non significa che tutto funziona bene, significa che l'aspetto organizzativo è importante, ma non è quello più critico, a mio modo di vedere, in questo momento. È un'opinione personale, anche alla luce delle attività condotte.
  Onorevole Tripiedi, le assunzioni certamente, ma questo a prescindere, se mi consente. Il rafforzamento della dotazione organica dell'Ispettorato era importante, quindi sono assolutamente d'accordo; come diceva prima l'avvocato Aschedemini, anche di più, se è per questo. Sulle assunzioni siamo d'accordo che la misura era opportuna, forse, addirittura, necessaria.
  Per quanto concerne i database, il problema esiste. Consentitemi in questa sede istituzionale di rimarcarlo in termini più generali. È qualcosa che riguarda anche l'ultimo quesito, quello sulla riunificazione. Il problema, in grande sintesi, quando parliamo di governo del mercato del lavoro in Italia, è esattamente la pluralità eccessiva dei soggetti dotati di competenze. Considerate che in Germania – non lo dico per fare gli esterofili – l'agenzia che cura le politiche attive è la stessa che cura le politiche passive, cioè è un unico soggetto che fa quello che fanno INPS, Agenzia nazionale politiche attive lavoro (ANPAL), ad esempio, e Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Dunque, sulla riunificazione, se mi consentite, il target è ancora più estremo, ancora più spinto.
  Il problema del database è quello dell'incomunicabilità istituzionale, non tecnica, come ha dimostrato ANPAL. Infatti, sul sito di ANPAL c'è la possibilità di fare l'intervista, c'è la possibilità di fare il profiling personale, dimostrando, quindi, che mettere su un database che sia unificante e non divisivo è facilissimo. È un problema di sovraccarico, di discordia e di conflitto fra competenze istituzionali, non è il problema tecnico del database, che esiste ed effettivamente è come lei lo ha rappresentato. L'Ispettorato dice: «noi l'abbiamo chiesto e non ce lo danno», l'INPS dice: «noi ve lo diamo, ma voi non lo sapete leggere». È ridicolo, onestamente.
  Secondo me, i risultati sono stati quelli possibili alla luce delle problematiche che c'erano nell'avvio di questa iniziativa, quindi né buoni né cattivi, ma, secondo me, accettabili, migliorabili, non i peggiori possibili, quindi una bassa redditività. Tuttavia, mi consenta, onorevole Tripiedi: è comunque una redditività, anche in termini di prospettiva. So da informazioni acquisite in via formale e informale, ma comunque ufficiali, che i risultati del 2018 dell'Ispettorato evidenzieranno una tendenza al miglioramento. Sulla riunificazione le ho risposto.
  Rispondendo all'onorevole Fatuzzo, i problemi dei costi del lavoro, della fiscalità e della contribuzione sono fondamentali. Nell'ambito di un'idealità che lei ha rappresentato, le rispondo che non sono d'accordo che questo possa essere un disincentivo, perché, se tutti contribuissero alla fiscalità generale – quindi, non abbiamo un problema di contribuzione, ma di fiscalità generale – le misure da mettere a profitto per l'emersione del lavoro sommerso e per la regolarizzazione contributiva porterebbero a un modello culturale virtuoso che porterebbe il giovane a dire: «Papà ha avuto di meno, ma io so che, ad esempio, avrò un salario più ricco, perché ci sarà una fiscalità più leggera». Dobbiamo pensare ai problemi del lavoro come a un problema anche di fiscalità generale, non soltanto pensionistico o assistenziale. Da questo punto di vista, il reddito di cittadinanza non leva e non mette. Pag. 12
  Rispondo sulla partecipazione all'onorevole e amico Viscomi. Dico «amico» nel senso che siamo colleghi universitari, se non altro, ma anche di più. Onorevole Viscomi, sicuramente, come ho accennato, la partecipazione è importante.
  Vi segnalo, a titolo meramente informativo, che l'unico protocollo con un'azienda sanitaria locale stipulato dall'Ispettorato nazionale del lavoro è con l'ASL di Foggia e un CTP (consiglio territoriale permanente) di un ente bilaterale dell'edilizia. È sicuramente un modello virtuoso. Come dicevo prima, occorre partire dal basso, con un approccio che tenga conto delle effettive e concrete esigenze del tessuto economico-sociale e del tessuto civile. È impossibile pensare a politiche del lavoro che prescindano dall'apporto delle parti sociali e cioè che prescindano dal coinvolgimento attivo degli attori economici. Quello verticistico, centrale, che porta tutto dall'alto è un modello impossibile da praticare e questo Paese, nella sua storia delle relazioni industriali e del lavoro, ha molto da imparare.

  MARCO NOVELLA, professore di diritto del lavoro presso l'Università degli studi di Genova. Rispondo all'onorevole Costanzo in relazione alle sue osservazioni. Condivido le sue analisi. I dati che ci ha fornito sono incontrovertibili.
  Sottolineo anch'io che, sotto il profilo della maggiore burocrazia, sicuramente questa è una lamentela. Io l'ho presentata come una lamentela da parte dell'INPS, ma occorre verificarla.
  Il protocollo, come giustamente ha segnalato il collega Esposito, lascia degli spazi di intervento al di fuori del coordinamento obbligatorio nei casi di urgenza, quindi occorre verificare come si svolgono effettivamente le cose, cosa che io non ho fatto e non riesco a fare con i miei strumenti di indagine di tipo teorico-formale.
  L'onorevole Tripiedi ci chiede un giudizio politico e su questo sono un po’ in imbarazzo. In poche parole ci chiede: era meglio puntare sull'INPS o era meglio creare un'agenzia? In astratto, a mio avviso, è meglio creare un'agenzia, come modello. Il modello è quello di un'agenzia che nasca come soggetto terzo, ulteriore, che dovrebbe prendere il bene sia del Ministero del lavoro, sia dell'INPS, sia dell'INAIL, ma staccandosi un po’ dalle prassi e dai difetti che naturalmente tutti questi istituti hanno.
  C'è poi una valutazione politica sulla quale – ripeto – effettivamente non ho strumenti di indagine da utilizzare, perché bisogna sapere se l'INPS, ipoteticamente, abbia o no in questo momento la capacità di sopportare il ruolo di istituto guida, cioè il trasferimento di un'ulteriore funzione in quella direzione, come auspicato da alcuni, anche con dichiarazioni sulla stampa.
  Io dico che, in linea teorica, preferisco il modello dell'agenzia, il modello terzo, snello, naturalmente con gli aggiustamenti di cui si è detto, anche sotto il profilo delle retribuzioni, come giustamente affermava l'onorevole Costanzo.
  Si chiedeva un giudizio sui risultati dell'INL. A vedere i numeri, è deludente, però i numeri non sono tutto, perché, quando si parla di bassa redditività, significa che sono state recuperate minori somme. Cosa c'è dietro? Anche su questo occorre un'analisi sul campo, occorre andare a leggere i dati delle relazioni dell'INL, ma, molto più probabilmente, bisogna fare un'indagine più capillare. Probabilmente, dai dati non risultano chiaramente le motivazioni ultime. Può essere semplicemente un momento di passaggio: c'è un problema di turnover e, quindi, minori risorse in questo momento, non ancora rimpiazzate, e così via.
  L'interoperabilità dei database è una cosa che a sentirla nel 2019 sembra un po’ ridicola.
  Rispondo all'onorevole Fatuzzo sul problema del free rider, di uno che dice: «Non voglio la contribuzione previdenziale, voglio tutto in tasca, perché so fare da me e, comunque, anche se non saprò fare da me, interviene lo Stato». Se tutti fossimo free rider, mamma mia! Per fortuna non lo siamo. Puntiamo su questo.
  Vengo alla domanda dell'onorevole Viscomi sul ruolo delle parti sociali. Questo è un aspetto interessante. Dal mio punto di vista, con la gestione dell'INL i sindacati dei datori di lavoro e dei lavoratori non c'entrano niente. Quella è un'attività che va svolta da parte di un'agenzia e la mediazione, Pag. 13 il coinvolgimento o la partecipazione sindacale non ce le vedo assolutamente, ma penso che sia anche questo un punto di vista.
  Invece, sotto altri profili può essere utile. Uno l'ha già detto il collega Esposito, quindi non mi ripeto. Ne dico altri due un po’ più sofisticati dal punto di vista tecnico. In primo luogo, oggi, se un ispettore del lavoro è chiamato a dire qual è la retribuzione applicabile o dovuta a un certo lavoratore in certi settori in cui i contratti collettivi sono multipli, in cui c'è una sovrapposizione nello stesso settore di più contratti collettivi stipulati da vari soggetti sindacali, in cui c'è una frammentazione che riguarda, non solo i soggetti sindacali, ma anche i soggetti datoriali, io credo che questo ispettore, come chiunque di noi, non sappia dire qual è la retribuzione minima derivante dal contratto collettivo in quel settore.
  In che senso il ruolo delle parti sociali? Se vogliamo dare un ruolo alle parti sociali nella tutela del lavoro, almeno nei livelli minimi, bisogna che il legislatore selezioni i contratti collettivi o i soggetti sindacali – le strategie possono essere diverse – e metta mano all'annoso problema della definizione delle categorie contrattuali e sindacali. Questo sarebbe un passaggio fondamentale per poter ragionare seriamente di ispezione sul lavoro sotto il profilo dei minimi retributivi. Quindi, il sindacato c'entra, ma in seconda battuta.
  Vengo a un aspetto finale sul ruolo dei sindacati. Io, ad esempio, ritengo che con l'ispezione del lavoro c'entri molto l'istituto, spesso dimenticato, della certificazione dei contratti di lavoro (articolo 75 del decreto legislativo n. 276 del 2003). Io sono presidente di una commissione di certificazione dell'Università di Genova. L'effetto della certificazione sul versante pubblicistico è interessante, perché la certificazione, sebbene medio tempore e non in maniera definitiva, cristallizza la qualificazione dei rapporti di lavoro e dà certezza all'assetto di interessi delle parti, ovviamente se questo è congruo con le previsioni normative. Benissimo. Una buona certificazione riduce l'ambito dell'ispezione. Tutto ciò che è certificazione (il contratto di lavoro certificato, l'appalto certificato) ha già passato un primo step di controllo, seppure da parte di un solo soggetto.
  Cosa c'entra il sindacato? Oggi le organizzazioni sindacali sono estranee al procedimento di certificazione. Le certificazioni possono essere fatte dalle università, dagli ordini dei consulenti del lavoro e da una serie di altri soggetti, ma non dalle organizzazioni sindacali. Potrebbero farlo attraverso gli enti bilaterali, ma è un modello che evidentemente non funziona. Questo è un ulteriore profilo di possibile coinvolgimento.

  EMILIO ASCHEDEMINI, avvocato. Onorevole Costanzo, sono d'accordo anch'io: sostanzialmente credo che la formazione sia un elemento imprescindibile. Abbiamo visto che la legge di bilancio destina risorse alle assunzioni. Probabilmente si potrebbe anche ragionare in questo senso per quanto riguarda la formazione del personale dell'INL.
  Credo che l'INL, in sé e per sé, sia concettualmente e operativamente qualcosa che può avere un'efficacia, che può eliminare la sovrapposizione di ruoli. Se proprio di questo parliamo, anche per quanto riguarda l'integrazione dei database, sicuramente lo dobbiamo fare già dal principio, per quanto concerne l'integrazione delle competenze. Credo che l'INL sia comunque uno strumento efficace, inteso come una sinergia di competenze.
  Se è prevista una spesa per le assunzioni, credo che sia utile poter utilizzare parte delle risorse anche per la formazione.
  Onorevole Tripiedi, per quanto riguarda i database e tutte le difficoltà legate all'infrastruttura digitale, questo sicuramente, come accennavo, è un problema che riguarda un po’ trasversalmente tutte le pubbliche amministrazioni, quindi credo che sicuramente ci sia necessità di avere un unico programma gestionale. Questo permetterebbe sicuramente di raggiungere una maggiore efficacia ed, eventualmente, anche di avere una diminuzione dei costi, perché credo che comunque avere venti Pag. 14database significherebbe avere una gestione dai costi significativi.
  Per quanto riguarda i risultati, viviamo in un Paese che ha una profonda piaga, che è quella dell'evasione contributiva. Credo che sia importante avere un sistema ispettivo efficace, perché dai risultati sembra che, a partire dal 2016, ci sia un trend negativo rispetto all'attività di accertamento dell'INL. Dai dati mi sembra di ricordare che si sia passati da circa un miliardo di euro del 2016 a 800 milioni di euro.
  Certamente non si tirano le conclusioni sulla bontà o meno e sull'efficacia solo con i dati. Sicuramente, però, tendenzialmente questi ci aiutano a fare dei ragionamenti. Credo che, piuttosto che basarsi solo sui dati, si debba dare una giusta accelerazione – batto ancora sul punto – sulla formazione, perché dove c'è un accertamento efficace, c'è certezza del diritto.
  Posso così rispondere all'onorevole Fatuzzo: se davvero c'è un accertamento corretto, fatto da ispettori che abbiano specifiche competenze, con un sistema allineato e con una maggiore integrazione dei database, c'è certezza del diritto e la sanzione non è semplicemente afflittiva, ma permette di capire qual è la giusta direzione, sia, stando al suo esempio, per il vecchio, sia per il giovane.

  PRESIDENTE. Ringraziamo ancora una volta i nostri esperti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.40.

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