XVIII Legislatura

XI Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 6 di Martedì 11 maggio 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Mura Romina , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE NUOVE DISUGUAGLIANZE PRODOTTE DALLA PANDEMIA NEL MONDO DEL LAVORO.

Audizione di rappresentanti dell'Associazione italiana società di outplacement (A.I.S.O.) e Assolavoro.
Mura Romina , Presidente ... 3 
Pechy Cristiano , presidente dell'Associazione italiana società di ... 3 
Mura Romina , Presidente ... 4 
Galante Cetti , consigliera delegata per gli affari istituzionali dell'Associazione italiana società di ... 4 
Mura Romina , Presidente ... 5 
Ramazza Alessandro , presidente di Assolavoro (intervento da remoto) ... 5 
Mura Romina , Presidente ... 7 
Viscomi Antonio (PD)  ... 7 
Mura Romina , Presidente ... 8 
Rizzetto Walter (FDI)  ... 8 
Mura Romina , Presidente ... 9 
Musella Graziano (FI)  ... 9 
Mura Romina , Presidente ... 9 
Pechy Cristiano , presidente dell'Associazione italiana società di ... 9 
Galante Cetti , consigliera delegata per gli affari istituzionali dell'Associazione italiana società di ... 10 
Mura Romina , Presidente ... 10 
Ramazza Alessandro , presidente di Assolavoro (intervento da remoto) ... 10 
Mura Romina , Presidente ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-L'Alternativa c'è: Misto-L'A.C'È;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Cambiamo!-Popolo Protagonista: Misto-C!-PP;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento ADC: Misto-NcI-USEI-R-AC;
Misto-Facciamo Eco-Federazione dei Verdi: Misto-FE-FDV;
Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-MAIE-PSI: Misto-MAIE-PSI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
ROMINA MURA

  La seduta comincia alle 15.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web tv.

Audizione di rappresentanti dell'Associazione italiana società di outplacement (A.I.S.O.) e Assolavoro.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle nuove disuguaglianze prodotte dalla pandemia nel mondo del lavoro, l'audizione di rappresentanti dell'Associazione italiana società di outplacement e di Assolavoro. Ricordo che l'odierna audizione sarà svolta consentendo la partecipazione da remoto in videoconferenza degli auditi e dei deputati, secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento nella riunione del 4 novembre 2020.
  Intervengono in collegamento da remoto, in rappresentanza dell'Associazione italiana società di outplacement (A.I.S.O.), il presidente Cristiano Pechy e la consigliera delegata per gli affari istituzionali, Cetti Galante e, in rappresentanza di Assolavoro, il presidente Alessandro Ramazza.
  Nel ringraziare i nostri ospiti per la disponibilità, ricordo che ciascun audito ha a disposizione per il proprio intervento dieci minuti, in modo da consentire i successivi interventi da parte dei deputati interessati e la replica dei soggetti auditi. Cedo la parola per l'Associazione italiana società di outplacement al presidente Pechy. Prego.

  CRISTIANO PECHY, presidente dell'Associazione italiana società di outplacement (A.I.S.O.) (intervento da remoto). Buonasera, onorevoli, è un piacere accogliere il vostro invito a questa audizione. Partendo con le presentazioni, sono Cristiano Pechy, presidente dell'Associazione italiana società di outplacement e sono affiancato virtualmente dalla dottoressa Cetti Galante, consigliere delegata per gli affari istituzionali dell'Associazione.
  Rispetto all'indagine conoscitiva oggetto dell'odierna audizione, il nostro intervento si concentra sugli effetti che la pandemia ha sulle persone che hanno perso o perderanno il lavoro, focalizzandosi su come la nostra associazione possa dare un contributo alla ricollocazione dei disoccupati.
  Preliminarmente, ricordo che A.I.S.O. è l'associazione che da trent'anni si impegna a sensibilizzare le aziende italiane nell'utilizzo del servizio di outplacement, quando devono porre termine a un rapporto di lavoro con un dipendente. Giova ricordare che tale attività – già obbligatoria in altri ordinamenti europei – è l'attività di supporto professionale alla ricollocazione effettuata su specifico ed esclusivo incarico dell'azienda. È importante sottolineare come tale servizio ad oggi è sostenuto economicamente esclusivamente dall'azienda. È finalizzato a facilitare la ricollocazione dei lavoratori nel minor tempo possibile, agevolando le transizioni occupazionali. Tale supporto intensivo alla ricollocazione va considerato integrativo al sistema delle politiche attive, armonizzandosi con gli altri strumenti previsti dall'ordinamento in una sinergia che mira al medesimo obiettivo, il Pag. 4reinserimento rapido delle persone nel mondo del lavoro. Grazie alla natura della nostra attività, strettamente collegata con le attività di riorganizzazione aziendale, abbiamo avuto modo di vivere in forma diretta l'emergenza da COVID-19 delle aziende private italiane. Non addentrandoci troppo nelle innumerevoli rappresentazioni del mercato del lavoro odierno, ciò che possiamo all'unanimità confermare è che il mercato del lavoro privato attuale si può rappresentare facendo riferimento a due principali categorie. Da una parte ci sono tutte quelle aziende che stanno vivendo una evoluzione strutturale di settore, non risolvibile nel breve periodo, che impone un radicale ridimensionamento della forza lavoro e della sua organizzazione. A questa categoria afferiscono oggi settori come la ristorazione collettiva, dove è molto realistico credere che difficilmente si tornerà a uno stato occupazionale come quello precedente l'epidemia da COVID-19. Usi e costumi professionali delle aziende sono in mutamento e stanno variando in continuazione. È evidente come lo smart working – quando assumerà una sua fisionomia stabile – continuerà a comportare una minore necessità di forza lavoro e non è la prima volta che ciò accade nella storia recente del mondo del lavoro. Pensiamo agli informatori scientifici del farmaco, ad esempio, oppure al settore della telefonia mobile dopo l'installazione della rete. Oggi, tuttavia, questa evoluzione è immediata, come si usa dire nel gergo quotidiano, è «al gradino».
  Dall'altra parte, invece, abbiamo aziende che hanno necessità di crescere velocemente per poter rispondere all'improvvisa variazione di domanda. A questa categoria afferiscono, ad esempio, la logistica, il digital trust, la GDO (Grande distribuzione organizzata) e l'e-commerce. In tutti questi settori la domanda di lavoro non viene soddisfatta a scapito della competitività delle aziende italiane e della capacità di riassorbire la crescente disoccupazione. Quindi perché non creare dei percorsi di ricollocazione dai settori più in crisi verso quelli in crescita? È così difficile credere che un addetto a una mensa aziendale non possa risultare abile in un'attività logistica oppure nei servizi alla persona? Che cosa dire allora di tutti quegli informatori scientifici del farmaco che si sono ricollocati nella vendita di altri servizi, senza generare un minimo di disoccupazione di categoria? Cosa dire di tecnici di system test, passati dalle telecomunicazioni all'automotive alla fine degli anni 2000? Sono tutti risultati dell'attività di outplacement, che è stata in grado di colmare due principali gap. Il primo è il mismatch di competenze tra le richieste delle aziende in sviluppo e quelle che generano esuberi, il secondo è la proattività dei candidati. Difficilmente le persone si immaginano di lavorare in un altro settore rispetto a quello di provenienza, rinunciando ad un aggiornamento delle competenze secondo la richiesta del mercato attuale.
  Risulta evidente – come sta avvenendo in Francia, in Spagna e in altri Stati europei dove l'outplacement è stato reso obbligatorio – che sia necessario potenziare il sistema di ricollocazione professionale, affiancando incentivi all'uso dell'outplacement ulteriori rispetto a quelli più tradizionali. Lascio la parola alla collega dottoressa Cetti Galante, per continuare l'approfondimento.

  PRESIDENTE. Do la parola alla dottoressa Cetti Galante. Prego.

  CETTI GALANTE, consigliera delegata per gli affari istituzionali dell'Associazione italiana società di outplacement (A.I.S.O.) (intervento da remoto). Buongiorno a tutti. Continuando la nostra breve esposizione, è importante sottolineare i risultati che otteniamo ormai da anni. A.I.S.O. supporta circa 10.000 persone all'anno. Il modello è scalabile e, dunque, se il servizio fosse incentivato, potrebbe assistere molti più utenti. In Francia, ad esempio – dove il servizio è obbligatorio – si supportano più di 200.000 persone all'anno, ma, anche nei Paesi dove non è obbligatorio, l'utilizzo è molto più esteso rispetto all'Italia. Noi riteniamo sia un'opportunità da cogliere. L'osservazione importante è che in Italia il tasso di ricollocazione sul totale delle persone Pag. 5 seguite è superiore all'80 per cento, ma anche in Francia, dove l'outplacement è sinergico con il Pole emploi pubblico, pur su una base di utilizzo così più ampia, il tasso di successo è poco al di sotto di quello italiano. Quello che proponiamo è potenziare il sistema delle politiche attive pubbliche con la cooperazione di tutti i soggetti, A.I.S.O., Assolavoro, le agenzie per il lavoro, i centri per l'impiego, con l'obiettivo comune di accelerare il rientro nel mercato del lavoro. Potenziamento in che senso? Esplicitiamo tre caratteristiche che vogliamo porre alla vostra attenzione.
  La prima. L'outplacement favorisce il passaggio – fondamentale in questo periodo – dai settori in crisi ai settori in crescita, partendo dalle competenze trasversali comuni e operando una riqualificazione delle persone nelle competenze mancanti o deboli, indispensabile per rispondere alle richieste occupazionali dei settori in crescita, che in questo momento non trovano tutte le persone di cui avrebbero bisogno. In questo caso il servizio di outplacement – continuativo, intensivo, personalizzato e attivo dal primo giorno della disoccupazione – sensibilizza le persone alla produttività, per accelerare al massimo il tempo di rientro nel sistema produttivo.
  La seconda. Con una relazione storica con le aziende del territorio, le società di outplacement conoscono il fabbisogno occupazionale del territorio a livello capillare. Grazie a questo, i tempi medi di rientro delle persone che supportiamo sono di sei mesi e sottolineo che supportiamo tutte le persone che le aziende ci affidano. Siamo anche riusciti a superare il problema dell'età: l'80 per cento delle persone che supportiamo ha più di 40 anni, che diventano 50 per i manager. Il nostro servizio è fondamentale per le persone più distanti dal mercato del lavoro, nell'ottica di potenziamento delle politiche attive pubbliche che stiamo proponendo.
  La terza. Poiché non tutti i territori hanno una forte presenza d'impresa, noi ci siamo specializzati anche nella creazione di impresa, che sia attività autonoma da freelance, micro imprenditorialità o creazione di cooperative. Questo consente alle persone dei territori svantaggiati di rimanere nel luogo natio o di residenza. Nel 2020 si è verificato un calo nella generazione di impresa, testimoniato dalla riduzione delle partite IVA e questo è un tema rilevante, soprattutto nell'ottica di pari opportunità occupazionali per tutte le regioni. Riteniamo che sia fondamentale incentivare le imprese all'utilizzo dell'outplacement: con una sorta di chiamata alle armi per la quale vanno usati tutti gli strumenti utili ad accelerare il rientro del disoccupato nel mercato del lavoro e dove il potenziamento dei centri per l'impiego gioca anch'esso un ruolo importante. Quello che proponiamo è incentivare l'uso dell'outplacement sgravando le imprese del suo costo, cosa fondamentale per le imprese che si privano di persone proprio per una crisi finanziaria. Dunque, proponiamo di incentivarne l'uso, ad esempio, prevedendo un credito d'imposta o dando la possibilità di fare rientrare questo servizio tra quelli finanziabili con i fondi interprofessionali.
  Grazie per la vostra attenzione e il vostro tempo. Se avete delle domande, saremo lieti di rispondere. Nei prossimi giorni vi faremo anche avere un documento che riassuma i punti toccati oggi.

  PRESIDENTE. Bene, la ringrazio. Adesso do la parola ad Alessandro Ramazza, presidente di Assolavoro. Prego.

  ALESSANDRO RAMAZZA, presidente di Assolavoro (intervento da remoto). Grazie, presidente. Buonasera a lei e agli onorevoli deputate e deputati della Commissione.
  Nel 2020 abbiamo avuto un fortissimo calo occupazionale, sono circa 900.000 – sono i dati che ci ha fornito l'ISTAT recentemente – coloro che hanno perso il lavoro fino a dicembre del 2020. Chi ha pagato di più? Hanno pagato coloro che avevano rapporti di lavoro a tempo determinato, che erano in somministrazione a tempo determinato, i lavoratori stagionali e i lavoratori autonomi. La gran parte di questi erano giovani e donne, quindi sono queste – in termini di cittadinanza – le categorie che sono risultate più svantaggiate. C'è stato un aumento degli inattivi – ad oggi, il tasso Pag. 6di inattività è pari al 36,8 per cento – e, tra questi in particolare, dei NEET, cioè dei giovani tra i 15 e i 34 anni che non lavorano né studiano. I NEET sono circa il 25 per cento, uno su quattro della popolazione tra i 15 e i 34 anni. Tornerò su questo punto, perché a noi appare quello più delicato. Coloro che per lungo tempo restano lontani dal lavoro, poi hanno difficoltà sia alla formazione sia al reinserimento lavorativo. Ad aprile dell'anno passato le agenzie di somministrazione hanno avviato al lavoro circa 400.000 persone; di queste, 80.000 hanno perso il lavoro, circa 130.000 sono state oggetto di intervento di protezione da parte del sistema della somministrazione e del sistema bilaterale e circa 200.000 hanno continuato a lavorare, in particolare nei settori allora definiti dalle norme di emergenza «settori essenziali», ovvero in quelli della logistica e in quelli della sanità.
  Ad oggi, la situazione è decisamente diversa. A fine 2020 il settore della somministrazione aveva già recuperato dati occupazionali analoghi a quelli precedenti la pandemia da COVID-19, perché c'è stato un aumento della somministrazione. Al contrario, non c'è stato un analogo aumento nei rapporti di lavoro diretti delle aziende, perché queste, al momento, vivono ancora una situazione di incertezza, hanno una lista breve e hanno necessità di agilità e tempestività nel lavoro. Che cosa abbiamo fatto per proteggere anche questi lavoratori e avviarli rapidamente al lavoro?
  Nell'aprile dell'anno scorso abbiamo raggiunto un accordo con le organizzazioni sindacali del nostro settore, NIDIL CGIL, FeLSA CISL, UILTemp, sugli ammortizzatori sociali di settore. Abbiamo introdotto un trattamento di indennità sostitutiva che è stato finanziato dal nostro Fondo bilaterale di solidarietà e poi reintegrato con provvedimenti assunti con i decreti adottati nel corso della pandemia. Sono stati 400 i milioni di euro erogati dal nostro Fondo di solidarietà; a questi vanno aggiunti altri 20 milioni di euro erogati dal nostro ente bilaterale EBITEMP (Ente bilaterale per il lavoro temporaneo) che sostiene il reddito di questi lavoratori. Sono stati circa 130.000 i lavoratori che hanno avuto il trattamento di indennità sostitutiva e circa 15.000 ulteriori lavoratori che hanno avuto un sostegno diretto, mille euro per un mese, che si è aggiunto alla NASpI o al Reddito di cittadinanza, per coloro che avevano svolto almeno 110 giorni di lavoro con noi. Questo accordo è stato riconosciuto come una best practice dall'OCSE, assieme a un altro accordo svedese, riguardo al dialogo sociale e ai risultati che il dialogo sociale ha potuto raggiungere nel periodo della pandemia.
  A questo voglio aggiungere che i trattamenti di indennità sostitutiva sono stati erogati tempestivamente, puntualmente, a tutti i lavoratori in somministrazione, grazie alle anticipazioni delle agenzie per il lavoro e del nostro Fondo di solidarietà. Quando intendo a tutti e puntualmente, intendo che fin dal mese di marzo del 2020 i lavoratori hanno ricevuto – nella stessa busta paga in cui veniva riconosciuto lo stipendio – il trattamento d'indennità sostitutiva. Come voi sapete, non tutti hanno potuto godere di questa tempestività, poiché non tutte le aziende che potevano godere della cassa integrazione sono state in grado di anticiparla e non tutte le aziende avevano diritto alla cassa integrazione. In alcuni casi è stata prevista la cassa in deroga o, addirittura, i lavoratori autonomi hanno dovuto attendere provvedimenti governativi. A questo abbiamo aggiunto anche ulteriori interventi a sostegno dei lavoratori, come prestazioni COVID; in particolare, ad esempio, abbiamo erogato un'indennità di isolamento domiciliare per i lavoratori che lavoravano in remoto.
  A questo abbiamo aggiunto anche un'attività straordinaria di formazione. Il nostro ente bilaterale Forma.Temp (Fondo per la formazione dei lavoratori in somministrazione) nel 2020 ha finanziato 44.000 progetti formativi, il 50 per cento dei quali è stato svolto in aula virtuale. Questo significa che i lavoratori, che erano a casa perché destinatari del trattamento di indennità sostitutiva o perché non lavoravano, hanno potuto essere formati per poter essere riavviati il più rapidamente possibile al lavoro. In questa maniera abbiamo raggiunto svariati obiettivi: per quanto riguarda Pag. 7 la tenuta occupazionale, a fine del 2020 i dati della somministrazione erano già superiori a quelli della fine del 2019 e abbiamo garantito in modo particolare la rioccupabilità dei lavoratori. Questi due elementi – protezione con ammortizzatori sociali, da un lato, e, dall'altro, accompagnamento, riorientamento, ricollocamento e formazione – sono i due elementi essenziali che abbiamo messo in campo e che, a nostro modo di vedere, dovrebbero andare di pari passo nelle situazioni di crisi, quando dovrebbero essere costantemente abbinate le politiche passive alle politiche attive del lavoro.
  Voglio sottolineare alcuni aspetti critici che tuttora osserviamo. Il primo. C'è una categoria di cittadini inattivi; è un arcipelago, quello degli inattivi, molto ampio, sul quale occorrerebbe porre grande attenzione. Tra questi, vi sono i NEET, i giovani che non lavorano e non studiano, che hanno gravi difficoltà nel reinserimento lavorativo. Per questa categoria di persone, che spesso è dimenticata, ma che rappresenta una fascia estremamente ampia dei nostri concittadini, andrebbero selezionate apposite azioni, in termini di politiche attive del lavoro, di orientamento e di formazione.
  La seconda sottolineatura che voglio fare riguarda le politiche attive del lavoro. Dovrebbero essere in questo momento già operative e, invece, ricordo che i circa 500 milioni di euro stanziati nella legge di bilancio per il 2021 per l'assegno di ricollocazione sono ancora fermi, mentre sarebbero quanto mai necessari proprio in questo momento.
  La terza sottolineatura che voglio fare riguarda un gruppo di lavoratori che nel corso del 2020 purtroppo, malgrado tutte le svariate iniziative che sono state prese, non è stato oggetto di protezione economica reddituale. Si tratta dei lavoratori che hanno perso il posto di lavoro, che non avevano un numero di settimane sufficiente per accedere alla NASpI, che non potevano accedere al Reddito di cittadinanza e che, non lavorando più, non avevano ammortizzatori sociali come la cassa integrazione. Occorre prestare attenzione all'universalità dei cittadini e dei lavoratori, poiché spesso categorizzandoli se ne perdono per strada alcuni, che poi pagano i prezzi più alti; in particolare in questo gruppo di lavoratori ci sono le donne.
  Infine una considerazione sullo smart working. Da analisi che hanno fatto agenzie a noi associate, stimiamo che circa tre milioni di lavoratori nei prossimi anni continueranno a lavorare a distanza. È un numero molto ampio, se consideriamo che sia da studi nostri sia da studi del Politecnico di Milano si stima tra otto e dieci milioni la popolazione che potrebbe lavorare in smart working. Tre milioni è una cifra estremamente alta, è un cambiamento radicale – soprattutto nei settori dei servizi – al quale occorre prestare grande attenzione.
  Nei prossimi giorni vi invieremo una relazione con approfonditi dati sull'andamento dell'occupazione e sull'andamento del nostro settore. Grazie per la vostra attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. La parola all'onorevole Viscomi, poi all'onorevole Rizzetto.

  ANTONIO VISCOMI. Grazie agli auditi. Mi pare di poter trovare, sia pure nelle diversità delle esperienze rappresentate, un elemento in comune, cioè che il contrasto alle diseguaglianze – tradizionalmente affidato all'intervento legislativo, alla programmazione di norme oppure ad interventi di sostegno economico – passa in realtà attraverso la costruzione, l'elaborazione e il disegno di servizi per il mercato del lavoro, servizi adeguati per il nuovo mercato del lavoro, per le caratteristiche che ormai tendono a caratterizzarlo, transizione ecologica, economia circolare, innovazione digitale e così via. Quindi credo che il punto sul quale, se non erro, viene richiamata l'attenzione della Commissione è proprio quella della centralità dei servizi. Ovviamente, si tratta di servizi innovativi, servizi per il mercato, servizi integrati tra pubblico e privato, ma all'interno di questi servizi – mi pare di capire, su questo chiedo conferma – il punto qualificante è la capacità di mettere insieme quelle che Pag. 8tradizionalmente chiamiamo politiche passive con politiche attive, cioè di innescare processi di attivazione dei disoccupati nella ricerca di una nuova situazione occupazionale. Processi di attivazione che pongono al centro una parola, forse antica, quella di «mestiere», che oggi forse potremmo meglio definire professionalità, competenza, che è il vero tesoro di chi cerca lavoro in questo momento. Quindi, in tanto questi servizi sono utili per il mercato in quanto sono in grado di esaltare le competenze possedute dal soggetto interessato e di integrarle in contesti produttivi innovativi. Da questo punto di vista – e chiudo – mi ha colpito molto l'osservazione del rappresentante di Assolavoro sulla necessità di evitare le categorizzazioni: noi siamo abituati a parlare dei disoccupati in genere, come categoria, dimenticando che, in realtà, ogni disoccupato ha la sua storia, il suo percorso, più o meno adeguato, più o meno interrotto, di esperienze professionali, oltre che personali. Forse da questo punto di vista abbiamo bisogno di servizi per il mercato, capaci di valorizzare la professionalità posseduta dalle persone e di incrementarla, di ampliarla, ma con particolare riguardo alle specificità del soggetto interessato. Forse questa è la vera sfida che abbiamo davanti, se veramente vogliamo operare per un contrasto alle diseguaglianze che ponga al centro la persona che cerca lavoro, che non ha lavoro in un contesto che è costantemente mutevole. Grazie.

  PRESIDENTE. Prego, onorevole Rizzetto.

  WALTER RIZZETTO. Grazie, presidente. Buongiorno ai rappresentanti di Assolavoro e di A.I.S.O., che ringraziamo. Rispetto alla relazione del rappresentante di Assolavoro, faccio una brevissima riflessione e poi una domanda.
  Ritengo, presidente, che le agenzie hanno questo grado di performance che ci è stato illustrato poc'anzi proprio perché molto spesso, a differenza degli enti del settore pubblico, le agenzie anticipano e capiscono le necessità reali di un'azienda e questo è un valore aggiunto notevole. Egli ricordava un aspetto molto interessante, che è quello dello smart working, che oggi noi non siamo ancora riusciti a sviluppare in modo, secondo me, sufficiente. Più che di smart working, oggi parlerei di remotizzazione del posto di lavoro. Smart working secondo me è un'altra cosa rispetto a quello che abbiamo vissuto fino ad ora. Al rappresentante di Assolavoro chiedo, a questo punto, quanto sarà importante una collaborazione tra privato e pubblico sotto questo punto di vista, perché, secondo me, da quella noi dovremmo ripartire. Rispetto a quanto ricordato dai rappresentanti di A.I.S.O., dal presidente e dalla consigliera, anche in questo caso, farei una valutazione, presidente, e un paio di domande. Noi ci troviamo in una fase evidentemente drammatica rispetto al mercato del lavoro. Ad oggi, la politica, purtroppo, non ha ancora immaginato quello che accadrà dopo il prossimo 31 di ottobre, quando ci sarà lo sblocco dei licenziamenti. Invece, secondo me, dovremmo prevenire e prevedere quanto accadrà, senza svegliarsi nelle ultime settimane e negli ultimi mesi o, peggio ancora, subito dopo il termine del prossimo mese di ottobre.
  Altra cosa molto interessante sotto questo punto di vista in termini di valutazione, è quella che, ancora oggi, purtroppo, i centri pubblici per l'impiego non funzionano, per lo meno non in tutte le regioni. Funzionano poco, funzionano male, intermediano – lo sappiamo, lo ripetiamo oramai da mesi – poco meno del tre per cento delle persone che accedono, che esce da quegli uffici con una posizione lavorativa in mano più o meno duratura nel tempo. Vorrei capire quali sono – rispetto all'outplacement, a cui io credo particolarmente – le priorità rispetto alla valorizzazione sia nei confronti dei lavoratori, sia nei confronti dello stesso settore dell'outplacement, laddove si può andare a migliorare qualcosa, al netto del fatto che io sono completamente d'accordo che un provvedimento per la defiscalizzazione, ad esempio, la detrazione delle spese che le aziende sostengono nei confronti dei loro lavoratori secondo me sarebbe una cosa buona e Pag. 9giusta. In particolare – e chiudo ringraziando per la risposta – per coloro che in questo momento percepiscono ancora l'assegno di ricollocazione e devono essere reinseriti mediante una sorta di assistenza personalizzata rispetto al prossimo futuro lavorativo, chiedo qual è il percorso di integrazione che con questo tipo di strumento effettivamente si potrebbe fare, anche in questo caso – aprendo e chiudendo una parentesi velocissima – considerando il fatto che la formazione pubblica, purtroppo, ad oggi in Italia, presidente, funziona poco e male. Grazie.

  PRESIDENTE. Prego, onorevole Musella.

  GRAZIANO MUSELLA. Anch'io ringrazio i rappresentanti di A.I.S.O. e Assolavoro per la relazione dettagliata, approfondita e anche molto interessante. Ci sono un paio di aspetti che volevo sottolineare in premessa e poi sviluppare in una domanda.
  Mi sembra di capire che l'orientamento oggettivo cui si tende e si dovrebbe tendere è quello di una collaborazione importante – l'hanno anticipato anche miei colleghi della Commissione – tra pubblico e privato. Io vorrei capire l'aspetto tecnico della collaborazione fra pubblico e privato. Noi abbiamo liste di lavoratori in cassa integrazione, liste di soggetti che percepiscono il Reddito di cittadinanza, abbiamo tutta una serie di dati che, dal punto di vista pubblico, possono essere utilizzati e sviluppati per quanto riguarda anche aspetti di carattere privato. Io penso che questa sia un po' una necessità che può essere rivalutata anche nei rapporti tra le aziende private e i centri per l'impiego e anche con riferimento alle varie situazioni legate alla cassa integrazione e al Reddito di cittadinanza.
  Poi vorrei capire esattamente anche l'utilizzo della formazione, perché, secondo me, più che una formazione esterna al luogo di lavoro, dovrebbe esserci una formazione fatta all'interno del luogo di lavoro, impartita e usufruita attraverso stage programmati, che possono essere sviluppati in prospettiva all'interno delle singole aziende, che in questo momento possono fare assunzioni, com'è stato in parte sottolineato dai rappresentanti di A.I.S.O. Io penso che ci sia la possibilità, importante e necessaria, di una collaborazione tra pubblico e privato, però bisogna individuare i passaggi tecnici e le sinergie da realizzare. Naturalmente, non dimentichiamo le agevolazioni fiscali, perché sono quelle che poi permettono a chi assume e a chi dà l'opportunità di lavorare di indicare un percorso alternativo velocizzando anche l'integrazione del personale che – abbiamo visto – in prospettiva si ridurrà notevolmente nel nostro Paese. Penso che, dal nostro punto di vista, sia importante anche capire l'aspetto tecnico della collaborazione tra pubblico e privato, perché è un elemento fondamentale per poter procedere anche a interventi legislativi.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi, cederei la parola agli auditi per la replica nell'ordine degli interventi. Do, quindi, la parola ai rappresentanti di A.I.S.O. e poi a quello di Assolavoro. Prego.

  CRISTIANO PECHY, presidente dell'Associazione italiana società di outplacement (A.I.S.O.) (intervento da remoto). Ringrazio innanzitutto per le domande, che sono anche integrate tra loro, poiché insieme affrontano l'intero tema. Rispondendo alle domande in maniera diretta, noi non prevediamo numeri apocalittici in termini di disoccupazione a seguito dello sblocco dei licenziamenti, sia che questo avvenga il prossimo 31 ottobre sia che venga decisa un'altra data. Sicuramente vediamo il rischio che ci possano essere alcune professionalità stagnanti e, di conseguenza, sempre più difficili da ricollocare, e quindi employability che si riducano. È questo il rischio potenzialmente maggiore. Per diminuire questo rischio e quindi aumentare la competitività del mercato del lavoro italiano, riteniamo essenziale il rapporto pubblico-privato, dove il pubblico sia innanzitutto garante di qualità e fattore canalizzante delle professionalità in esubero rispetto al mercato verso le attività da svolgere. Dall'altra parte, il privato ha la capacità Pag. 10innegabile di poter rispondere in maniera tempestiva e immediata alle necessità delle aziende, la conoscenza capillare del mercato e la capacità di reagire con la comprensione delle necessità e dei bisogni di formazione – tornando anche al tema della formazione di cui si parlava prima – manifestati dalle aziende in un dato momento. Questo avviene già in Francia, dove il Pole emploi fa per le aziende da catalizzatore di tutti i servizi che poi vengono appaltati alle società private. Si tratta, quindi, un sistema già visto, funzionante. È sicuramente necessario indirizzare la formazione verso le richieste delle aziende. Questo è un obiettivo di miglioramento che, secondo me, può assolutamente essere raggiunto grazie a un'attenzione iniziale, nel «tempo zero» e non quando la persona è disoccupata da tempo, ma prima che lo diventi o contestualmente alla cessazione dell'impiego, rispetto al bilancio delle competenze delle persone, in modo da poter diminuire il più possibile il periodo di disoccupazione e da non perdere, di conseguenza, quella capacità emotiva e di competenza che può avere la persona immediatamente dopo la perdita del lavoro. Più si perde tempo e più la persona difficilmente recupera la propria employability. Non vediamo potenzialmente una crisi occupazionale se diamo alle aziende che devono assumere le persone di cui hanno bisogno. C'è poco da dire, lo leggiamo ogni giorno sui giornali, sui siti internet, sui Job recruitment center. C'è un'intera Italia che sta cercando di assumere competenze, bisogna creare la transizione dalle competenze obsolete a quelle, invece, richieste.

  CETTI GALANTE, consigliera delegata per gli affari istituzionali dell'Associazione italiana società di outplacement (A.I.S.O.) (intervento da remoto). Per completare le risposte alle domande che avete posto, aggiungerò solo altri due punti.
  Sottolineo ancora come sia fondamentale la relazione continuativa con le aziende del territorio. Se possiamo pensare a un fattore di stimolo per i centri dell'impiego è questa relazione che caratterizza le agenzie private. La relazione continua con le aziende del territorio è capillare, vuol dire, letteralmente, conoscere tutte le imprese del territorio senza eccezione, dunque conoscere i fabbisogni occupazionali e quali competenze sono necessarie per soddisfare i fabbisogni occupazionali e mappare continuamente i servizi di cui i territori hanno bisogno. Questo consente di operare non una formazione «a catalogo», ma una formazione «chirurgica», mirata a dotare i lavoratori esattamente della competenza che gli permette di transitare da un settore all'altro.
  Un'altra cosa che avete sottolineato è la centralità della persona. Questa è assolutamente fondamentale, noi non crediamo nel puro matching tra domanda e offerta, altrimenti potremmo mettere in collegamento due computer, uno con i curriculum e l'altro con le posizioni richieste e incrociarli con le tecniche semantiche che oggi esistono, ma il matching non basta. La tecnologia serve, ma bisogna partire dalla persona per ricentrarla, essere sicuri che ritrovi l'energia corretta, che sia preparata per affrontare i colloqui di lavoro, che abbia consapevolezza delle sue competenze, che sia «energizzata» e che comprenda quali sono le sue «spendibilità» allargate verso il mondo del lavoro, perché tutte le persone fanno fatica a immaginarsi in ruoli diversi da quelli che occupano oggi. L'outplacement, partendo dalla persona, è veramente centrato su questo, nel rispetto anche delle aspirazioni personali, per favorire il benessere individuale, ma anche accelerare i tempi di rientro nel mercato del lavoro. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. Prego, presidente Ramazza.

  ALESSANDRO RAMAZZA, presidente di Assolavoro (intervento da remoto). Grazie, presidente. Ringrazio anche gli onorevoli Viscomi e Rizzetto per le domande e le considerazioni opportune che hanno svolto.
  Per quanto riguarda l'andamento occupazionale dei prossimi mesi, da un lato, osserviamo che in questo momento c'è una ripresa del mercato del lavoro. L'onorevole Rizzetto diceva che le agenzie anticipano. Nel mese di aprile noi abbiamo somministrato Pag. 11 un numero decisamente elevato – superiore addirittura ad aprile del 2019 – di personale. Questo potrebbe voler dire che nei prossimi mesi ci sarà una ripresa occupazionale o, comunque, una ripresa della domanda poiché – come prima dicevo – le aziende al momento hanno una lista corta e chiedono agilità. Con lo sblocco dei licenziamenti ci sarà un effetto? Sì, ci sarà, ma lo tsunami è già in atto e i milioni di posti di lavoro persi fino ad oggi sono già qualcosa di mastodontico. Quello che volevo sottolineare è il fatto che, in termini di politiche attive verso questo milione di persone, al momento non ci sono strumenti massivi ed efficaci.
  Sul tema del rapporto tra pubblico e privato, noi siamo assolutamente d'accordo, siamo per potenziare i centri per l'impiego, siamo per potenziare in generale – come diceva l'onorevole Viscomi – i servizi per il lavoro. Il nostro è uno dei Paesi europei più arretrato in questo senso, sia in termini di servizi pubblici sia in termini di servizi privati. Quindi noi concordiamo sul fatto che il servizio pubblico si rafforzi e i centri per l'impiego aumentino e svolgano un maggiore ruolo.
  Rispetto alla domanda «Qual è tecnicamente la combinazione tra il servizio pubblico e il servizio privato?», provo a rispondere prendendo a riferimento l'assegno di ricollocazione, che – come ripeto – è stato finanziato con 500 milioni di euro nella legge di bilancio per il 2021 e di cui, al momento, ci sarebbe una grandissima necessità, ma che non è ancora operativo. L'assegno di ricollocazione deve prevedere una presa in carico del lavoratore – o meglio del disoccupato – e questo lo dovrebbero fare, secondo noi, i centri per l'impiego. Poi la persona dovrebbe essere libera di scegliere se continuare il proprio percorso presso il centro per l'impiego o presso un'agenzia per il lavoro privata. Questo percorso sarà fatto di orientamento, di bilancio delle competenze, di aiuto all'inserimento e – laddove necessario – anche di formazione. Vorrei sottolineare il fatto che la formazione deve essere servente alle politiche attive del lavoro. Spesso nel nostro Paese la formazione è autoreferenziale. Per esempio, la formazione che noi facciamo con il nostro fondo bilaterale – il secondo in Italia dopo Fondimpresa – è quella della grande industria ed è tutta orientata all'occupazione e all'occupabilità dei lavoratori. I nostri corsi non si possono tenere se almeno un terzo o la metà di coloro che li frequentano alla fine del corso non sono occupati. Questo è un punto essenziale per poter essere efficaci, sia in termini di politiche attive sia in termini di formazione.
  L'altro punto è che l'intervento – come dicevano anche i colleghi prima – deve essere tempestivo. Io vorrei dire che deve essere tempestivo quando c'è la cassa integrazione, in particolare la cassa integrazione straordinaria o, per una breve riqualificazione, la cassa integrazione ordinaria, o quando un disoccupato è percettore di NASpI o di assegno di ricollocazione. In questi casi, io sarei addirittura per rendere vincolante per l'erogazione dell'ammortizzatore sociale la partecipazione al percorso di politiche attive e quindi, eventualmente, di formazione. È chiaro che per fare ciò bisogna che le politiche attive siano molto diffuse, perché oggi noi abbiamo un'ampia diffusione delle politiche passive, ma non delle politiche attive.
  L'ultima considerazione riguarda il lavoro a distanza. Questa sarà una grande trasformazione, oggi è anche abbastanza difficile poter immaginare come sarà tra uno, due o tre anni. Di certo fino a tredici mesi fa nessuno di noi poteva immaginare una trasformazione di queste dimensioni. Anche in questo caso il rapporto tra pubblico e privato è importante. Per esempio, mi è capitato personalmente di essere contattato da enti locali che hanno chiesto come potevano fare perché, per esempio, ci sono donne lavoratrici che, dopo un anno di isolamento in casa, hanno condizioni di difficoltà con i bambini, i ragazzi. Quindi, per esempio, in questo caso sarebbero utili spazi comuni o collettivi in condivisione come le biblioteche pubbliche, non per trasformarle, ma per indicare un tipo di spazio collettivo che potrebbe essere utilizzato. Quindi lavoro a distanza, ma non necessariamente lavoro da casa. Pag. 12
  Faccio un ultimo esempio e concludo, la mia azienda ha deciso sperimentalmente di aprire un piccolo ufficio in un comune nelle montagne della Basilicata, assumendo per ora tre persone lì anziché nella sede centrale di Milano. Si può lavorare a distanza, quando l'attività può essere svolta da remoto e questo può essere anche un modo per valorizzare aree territoriali del nostro Paese che in questo momento sono dimenticate. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio ancora una volta i nostri ospiti per il contributo fornito all'indagine conoscitiva e dichiaro conclusa l'audizione. Grazie e buonasera.

  La seduta termina alle 16.25.