XVIII Legislatura

XI Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Mercoledì 28 aprile 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Mura Romina , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUI LAVORATORI CHE SVOLGONO ATTIVITÀ DI CREAZIONE DI CONTENUTI DIGITALI.

Audizione di Davide Bennato, professore associato di sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l'Università degli studi di Catania, dell'avvocato Angelo Greco e dell'avvocato Marco Scialdone.
Mura Romina , Presidente ... 3 
Bennato Davide , professore associato di sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l'Università degli studi di Catania (intervento da remoto) ... 3 
Mura Romina , Presidente ... 5 
Greco Angelo , avvocato (intervento da remoto) ... 5 
Mura Romina , Presidente ... 7 
Scialdone Marco , avvocato (intervento da remoto) ... 7 
Mura Romina , Presidente ... 9 
Barzotti Valentina (M5S)  ... 9 
Mura Romina , Presidente ... 9 
Bennato Davide , professore associato di sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l'Università degli studi di Catania (intervento da remoto) ... 10 
Mura Romina , Presidente ... 10 
Greco Angelo , avvocato (intervento da remoto) ... 10 
Mura Romina , Presidente ... 10 
Scialdone Marco , avvocato (intervento da remoto) ... 10 
Mura Romina , Presidente ... 11 

ALLEGATO: Documentazione trasmessa dall'avvocato Scialdone ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-L'Alternativa c'è: Misto-L'A.C'È;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Cambiamo!-Popolo Protagonista: Misto-C!-PP;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento ADC: Misto-NcI-USEI-R-AC;
Misto-Facciamo Eco-Federazione dei Verdi: Misto-FE-FDV;
Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-MAIE-PSI: Misto-MAIE-PSI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
ROMINA MURA

  La seduta comincia alle 14.50.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera e la trasmissione diretta sulla web tv.
  Ricordo che l'odierna audizione sarà svolta consentendo la partecipazione da remoto in videoconferenza degli auditi e dei deputati secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento nella riunione del 4 novembre 2020.

Audizione di Davide Bennato, professore associato di sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l'Università degli studi di Catania, dell'avvocato Angelo Greco e dell'avvocato Marco Scialdone.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento, l'audizione di Davide Bennato, professore associato di sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l'Università degli studi di Catania, dell'avvocato Angelo Greco e dell'avvocato Marco Scialdone, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui lavoratori che svolgono attività di creazione di contenuti digitali.
  Nel ringraziare i nostri ospiti per la loro partecipazione ai lavori dell'indagine, cedo quindi loro la parola per lo svolgimento delle relazioni.

  DAVIDE BENNATO, professore associato di sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l'Università degli studi di Catania (intervento da remoto). Buongiorno a tutti i membri della Commissione. Per prima cosa permettetemi di esprimere il mio apprezzamento per essere stato coinvolto in questa indagine conoscitiva per due motivi: innanzitutto perché, secondo me, l'indagine è di interesse sostanziale e assoluto e bisogna trovare un modo per dare una forma nuova alle figure dei content creator; in secondo luogo, perché è importante dare un contributo a questa indagine e allo studio sociologico, di cui sono rappresentante.
  Nella mia audizione cercherò di dare un quadro molto generale degli elementi da prendere in considerazione quando si affronta il tema dei content creator. Il mio ragionamento prenderà le mosse da una delle caratteristiche sociologiche più evidenti delle piattaforme digitali. Le piattaforme digitali sono sicuramente strumenti tecnologici, ma hanno l'ambiguità di essere contemporaneamente spazi pubblici, di relazione pubblica, di creazione di connessioni e di relazioni, ma anche spazi privati, nel senso di gestione dell'autonomia del singolo individuo e del singolo soggetto. Questa ambiguità di essere contemporaneamente sia mezzi di comunicazione sia strumenti di connessione sociale fa esplodere alcune ulteriori ambiguità ascrivibili, secondo me, alla figura del content creator.
  Giusto per fare uno schema molto rapido e, soprattutto, per cercare di dare un quadro che sia il più ampio possibile, perché ovviamente la figura del content creator è vincolata anche alla tipologia di piattaforma che viene utilizzata – un content creator di video di YouTube ha regole un po' diverse, sia dal punto di vista dei contenuti sia da quello dell'applicazione, rispetto ai creatori di video su Twitch, per le caratteristiche Pag. 4 della piattaforma, ma anche per le caratteristiche degli algoritmi, ovvero delle regole che la piattaforma dà per la gestione dei contenuti –, cercherò di fare un quadro di quelli che, a mio avviso, sono gli elementi interessanti da discutere nel momento in cui si parla dei content creator.
  Secondo me, le componenti chiave da prendere in considerazione per un content creator che si confronta con una piattaforma sono sostanzialmente tre: la prima è la componente legata alla creatività; la seconda è la componente legata all'aspetto più eminentemente tecnico; la terza è, sicuramente, la componente legata alla dimensione relazionale. Passo all'analisi di ogni singola componente, giusto per dare un quadro che cerchi di chiarire il mio punto di vista.
  La componente creativa è inerente alla specificità dell'attività produttiva del content creator, perché il content creator è una persona che, come dice il nome stesso, crea e produce un contenuto ed è il responsabile anche dell'ideazione e della creazione di questo contenuto. Molto spesso, soprattutto nel momento in cui questa figura assume una veste professionale, questo contenuto prende la forma di un documento scritto: è un canovaccio, un «post», un trattamento per un video, e così via. Quindi, sicuramente c'è una componente di creatività, che prende anche la forma di una componente di scrittura. Questo aspetto si interseca con la componente legata alla capacità che ha il content creator di esprimere liberamente il proprio pensiero, quindi con una componente legata alla libertà di espressione.
  Invece, per quanto riguarda la componente tecnica, che secondo me è la seconda componente da prendere in considerazione, il content creator deve avere un'opportuna conoscenza della politica dei contenuti della piattaforma. A questo termine intendo dare una doppia accezione. In primo luogo, con «politica dei contenuti» intendo riferirmi alle regole esplicite o implicite – molto spesso sono regole implicite – in base alle quali un contenuto prodotto dal content creator può circolare all'interno della piattaforma stessa. Questo punto, secondo me, è delicato, perché spesso alcune piattaforme non esplicitano in maniera chiara quali sono i contenuti che possono circolare o le motivazioni alla base dell'impedimento alla circolazione di un contenuto. In secondo luogo, secondo me il termine «politica dei contenuti» deve essere declinato anche in un altro modo: le strumentazioni tecniche che rendono possibile l'utilizzo delle piattaforme, gli algoritmi, in realtà hanno al proprio interni delle regole che vincolano la possibilità di circolazione, ma anche di produzione, di contenuti, perché alcune piattaforme mettono a disposizione solo lo spazio per far circolare i contenuti – faccio un esempio molto banale, ovvero i video all'interno di Facebook –, altre piattaforme, invece, mettono a disposizione anche la strumentazione tecnica per editare il contenuto, come la possibilità di fare editing nei video di YouTube oppure, in maniera molto più celebre, nelle clip pubblicate sulla piattaforma Tik Tok.
  Un altro aspetto della componente tecnica che, secondo me, deve essere preso in considerazione da parte del content creator è la necessità di conoscere quali sono le opportunità commerciali che la piattaforma mette a disposizione. Ad esempio, la possibilità di fare advertising o la possibilità di guadagnare attraverso la vendita diretta dei contenuti sono alcuni degli elementi della componente tecnica che il content creator deve conoscere per poter valorizzare nel miglior modo possibile la produzione di contenuti.
  Vi è infine un'altra componente da prendere in considerazione nel momento in cui si vuole normare questa figura per coglierne la dimensione professionale nuova, ovvero la componente relazionale. Infatti, vi è una componente relazionale anche nell'attività del content creator e cercherò di descriverla nel modo più semplice possibile. I fruitori, ovvero coloro i quali fruiscono del contenuto prodotto da un creator, tecnicamente non possono essere considerati dei clienti, che acquistano direttamente il contenuto prodotto, ma devono essere considerati più come dei contatti, come persone che entrano in contatto con il content creator e che, in questo senso, Pag. 5vogliono fruire del contenuto a vario titolo. Secondo me, questa cosa è piuttosto interessante ed è fonte dell'ambiguità dovuta alle caratteristiche delle piattaforme digitali, perché l'essere un contatto vuol dire sia essere un contatto professionale, nel senso che può essere un collega del content creator, sia essere una persona interessata ad acquistare o a fruire dei contenuti che il content creator mette a disposizione, ma c'è anche una componente personale. Molto spesso i contatti, le persone che seguono il content creator, sono persone che conoscono il produttore di contenuti e hanno costruito anche una forma di relazione di quasi amicalità con il content creator. Questa cosa è importante da prendere in considerazione, perché quando le piattaforme intervengono per limitare o impedire la circolazione di contenuti fanno un danno, non solamente dal punto di vista economico, ma anche dal punto di vista emotivo.
  Secondo me, queste tre componenti cooperano per far sì che la figura del content creator sia una figura sostanzialmente nuova, ma che si muove tra un limite inferiore e un limite superiore: il limite inferiore è che il content creator si configura come un professionista, come qualcuno che avendo delle competenze nella produzione di contenuti e competenze tecniche – come ho potuto schematizzare prima –, mette a disposizione queste competenze anche in un'ottica di redditività personale; il limite superiore riguarda il fatto che alcuni content creator sono riusciti a valorizzare la propria presenza nelle piattaforme fino a creare quelle che si potrebbero definire a tutti a tutti gli effetti vere e proprie microimprese. Infatti, ci sono content creator molto seguiti, che utilizzano sistematicamente l'opportunità che le piattaforme mettono a disposizione e che si configurano come piccole aziende con uno staff responsabili che si occupano del marketing o dell'aspetto tecnico e, soprattutto, che si occupano dell'accesso multipiattaforma al contenuto, quindi della possibilità che lo stesso contenuto possa essere veicolato su piattaforme diverse.
  Dal mio punto di vista, la componente creativa, la componente tecnica e quella relazionale cooperano per delineare una figura professionale molto interessante, che sicuramente, secondo le statistiche internazionali, sta crescendo esponenzialmente. Questi sono elementi da prendere in considerazione per poter dare un quadro di questa figura il più dettagliato possibile. Ho terminato. Grazie.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Do la parola ad Angelo Greco, prego.

  ANGELO GRECO, avvocato (intervento da remoto). È davvero sventurato non chi patisce una mala sorte, ma chi da questa mala sorte non trae un'occasione per crescere. La pandemia ci sta dando una grande opportunità per cambiare e rinnovare il mondo intorno a noi, in particolare quello di Internet. Dobbiamo saper cogliere immediatamente questa occasione, perché non credo tornerà più in questa stessa forma. Una di queste occasioni riguarda proprio il mondo di chi lavora su Internet, che bisogna riformare, o meglio, formare, perché, ad oggi, non è mai stato regolamentato.
  Mi chiamo Angelo Greco, sono un avvocato da più di vent'anni e da undici anni dirigo la piccola testata giornalistica online La Legge per Tutti, che, al momento, è il dodicesimo sito di tutto il mondo più influente d'Italia, secondo i dati di Alexa Amazon, e ora sono anche un divulgatore giuridico con un canale YouTube con circa mezzo milione di iscritti. In questa veste sono quello che si definisce un creator e quindi di questo mondo e di queste problematicità voglio parlarvi in modo sintetico.
  La categoria dei creator, i creatori di contenuti, ha ricevuto, come avete visto, un grande stimolo durante la pandemia, poiché molti giovani costretti a casa hanno trovato nel web un modo sicuro per guadagnare, oltre che per acquisire nuove conoscenze. Sono guadagni non facili, perché il web non è sempre quella fonte di euro che molti dipingono. Infatti, il più delle volte, la gente abbandona i propri sogni di gloria dopo un anno o, addirittura, dopo qualche mese, demoralizzata un po' dagli scarsi introiti, un po' dal peso delle tasse e Pag. 6un po' dalle condizioni vessatorie che le piattaforme impongono in modo unilaterale. Tuttavia, quelli che ce la fanno possono dire di aver raggiunto un obiettivo di tutto rispetto, ovvero fare un lavoro creativo, vario e nuovo, con effetti positivi per l'intero Paese, perché, come nel mio caso, si può dare lavoro a numerose persone. La Legge per Tutti oggi conta su circa tremila collaboratori in tutta Italia.
  I content creator sono oggi una sorta di precari al soldo delle grandi company di Internet, le piattaforme come Google o i social network come Facebook, Instagram e Tik Tok, a cui si affiancano YouTube e Twitch, l'ultima nata, che è una piattaforma di streaming di Amazon.
  Chi è il creator? Quanto guadagnano i creator e soprattutto come? Vorrei spiegarvelo in poche parole.
  La definizione di creator non è contenuta in alcuna norma, è abbastanza ampia e comprende chiunque crei contenuti da pubblicare sul web. Si può trattare di contenuti testuali, per cui il creator è anche il blogger o, come nel mio caso, il direttore di un giornale online, oppure si può trattare di contenuti fotografici, essendo creator anche chi realizza immagini e video per Instagram, anche se si tratta di selfie, oppure contenuti video e audio, per chi, ad esempio, è su YouTube o su Twitch.
  Spostandoci in un'ottica più marcatamente giuridica, il creator è soltanto il titolare dei diritti d'autore delle proprie opere, secondo l'accezione contenuta nella legge sul diritto d'autore che risale, addirittura, al 1941 e, salvo poche modifiche, ad oggi non è stata mai toccata. Come sappiamo, la legge sul diritto d'autore tutela tutte le opere dell'ingegno di carattere creativo riconducibili alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all'architettura e via dicendo. Le opere dei creator sono tutelate rispetto ai terzi, cioè agli eventuali autori di plagio, dalla legge sul diritto d'autore, ma nessuna norma oggi tutela il creator dal gestore della piattaforma su cui queste opere vengono pubblicate. Il gestore della piattaforma ha un ampissimo potere e finisce per decidere della sorte del creator, perché si riserva il diritto, non solo di usare le sue opere per renderle fruibili ai propri utenti, ma anche di gestirne il profilo e, quindi, di chiuderlo secondo proprie e insindacabili valutazioni, che, seppur dovrebbero fondarsi sulle violazioni delle condizioni contrattuali, finiscono spesso per nascondere non poco arbitrio, tant'è che, non di rado, si finisce in tribunale e le cronache dei giornali ce ne raccontano di tutti i colori. Se è vero che oggi l'artista è ciò che pubblica, è anche vero che la piattaforma può deciderne la morte professionale, cancellando in un solo colpo tutto il lavoro su cui questi ha investito per anni. Immaginate che la vostra carriera professionale, tutto il vostro curriculum, le competenze e ogni altra skill che avete acquisito difficoltosamente negli anni possano essere eliminati per sempre dalla memoria della gente in un solo colpo da un controllore. È come un artista di strada che fa un disegno sulla strada che poi viene cancellato dalla pioggia. Come vi sentireste? I creator sono alla mercé delle piattaforme.
  Vediamo come e quanto guadagna un creator. I guadagni dei creator possono arrivare da diverse fonti. Ad esempio, chi non vende servizi, proprio perché non deve sponsorizzare o pubblicizzare la propria immagine di artista, autore o professionista, guadagna generalmente tramite le inserzioni pubblicitarie che la piattaforma inserisce insieme ai contenuti del creator stesso. Così, ad esempio, un blogger guadagna tramite i banner che Google o le altre concessionarie inseriscono tra le pagine, uno youtuber guadagna tramite i micro spot pubblicitari che vedete sempre prima dei video. La concessionaria più importante è proprio quella di Google che si chiama «Google Ads», però ce ne sono tantissime altre. Per monetizzare con Google bisogna aprire un account presentando una domanda tramite un modulo di registrazione, nient'altro che una spunta su una pagina web. È un contratto, un modulo che, come succede in questi casi, viene predisposto unilateralmente con condizioni imposte dalla piattaforma e non c'è modo di trattare. Peraltro, bisogna accettare una serie di comportamenti descritti dalla piattaforma, come, ad esempio, non usare un linguaggio violento, Pag. 7aggressivo o scabroso, che però è valutato dalla stessa piattaforma.
  Faccio un esempio. Come vi dicevo, il sito «la leggepertutti.it» spiega al cittadino cos'è la legge e come funziona. Tra le altre cose, spesso abbiamo parlato di prostituzione e di droga, come sono inquadrate dalla legge, cosa si può fare e cosa no. Un algoritmo automatico di Google, rilevando nell'articolo che ci sono parole proibite come «prostituta», senza verificare quale è l'effettivo contenuto del testo – nel nostro caso era un contenuto educativo – poi, lo esclude dalla monetizzazione, azzerando il nostro lavoro. I sistemi automatici e i revisori esaminano giornalmente i contenuti del canale o del sito, però sono macchine. Un algoritmo verifica che l'account rispetti le linee guida e il creator non ha alcuna possibilità di difendersi.
  Per partecipare alla monetizzazione del canale di YouTube bisogna avere più di 400 ore di visualizzazioni pubbliche valide negli ultimi dodici mesi e più di mille iscritti, mentre per partecipare alla monetizzazione di un sito web bisogna avere un sito attivo raggiungibile e più contenuti ci sono, maggiori sono le possibilità di guadagno.
  Il punto è che, in tanto un contenuto può generare guadagni, in quanto sia visibile e – usando un gergo tecnico – indicizzato sui motori di ricerca. Indovinate chi decide l'indicizzazione? La decide la piattaforma stessa tramite il proprio algoritmo, che è un algoritmo che cambia spesso, almeno ogni sei mesi, decretando così unilateralmente il successo o il fallimento dei propri autori, con un incredibile e improvviso stravolgimento delle sorti anche ai danni di chi, incoraggiato dai guadagni, ha in precedenza fatto numerosi investimenti.
  Potrebbe avvenire che un creator con diversi milioni di visitatori e quindi con un certo budget, che ha investito in forza-lavoro, in dipendenti e collaboratori, d'un tratto – e quando dico «d'un tratto» intendo dalla sera alla mattina – si trovi penalizzato dai nuovi algoritmi e non possa più pagare gli stipendi. Ecco il perché delle entrate pubblicitarie che si fanno su YouTube. Google trattiene per sé tra il 6 e il 45 per cento di tutti i guadagni. Un canale medio-grande, come quello che potrebbe essere il mio, guadagna all'incirca 5 mila euro al mese, pari a circa 2 euro ogni mille visualizzazioni. Sugli abbonamenti Google trattiene il 30 per cento.
  Il principale punto problematico di tutta questa struttura è che a fare i conti delle visualizzazioni – su questo vorrei focalizzare la vostra attenzione – e a renderli noti ai creator è solo la piattaforma, nel caso di specie si tratta di Google, che è proprietaria anche di YouTube. Il creator non ha alcuna possibilità di verificare e di confrontare quanto gli è stato comunicato dalla piattaforma. È come dire che voi, gestendo un negozio, vi dovete fidare del cliente che vi dice: «Io ho acquistato questo, questo e quest'altro», senza neanche poter vedere se questo ha davvero fatto l'acquisto.
  Un altro rilevante problema è che la nostra legge impone l'apertura di una partita IVA per tutte le attività abituali e costanti. Quindi, il creator, a volte, viene messo nella condizione di decidere se dichiarare i propri ricavi, che a volte non sono superiori a poche centinaia di euro, o se essere evasore, perché la nostra legge non prevede alcuna soglia di esenzione per l'apertura di una partita IVA per chi realizza ricavi online. È necessario prevedere una soglia, perché altrimenti abbiamo milioni di ragazzini che sono formalmente evasori fiscali. Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Grazie, avvocato Greco. Do ora la parola a Marco Scialdone, prego.

  MARCO SCIALDONE, avvocato (intervento da remoto). Saluto e ringrazio la Commissione Lavoro per questa occasione di confronto su un tema così affascinante come quello dei creativi digitali e della nuova creatività abilitata dalle piattaforme, in una fase storica in cui si registra una sorta di transizione da quella che è stata per lungo periodo una fase della materialità dei contenuti verso una fase, invece, di professionalizzazione della produzione dal basso di questi contenuti. Se si guarda all'origine del fenomeno che normalmente viene definito degli «user generated content», è incredibile constatare come nella Pag. 8prima definizione di questo fenomeno data dall'OCSE nel 2007 il tratto caratterizzante era rappresentato dal fatto che si trattasse di contenuti prodotti al di fuori dell'attività professionale o al di fuori dell'attività propria del soggetto che questi contenuti realizzava. Nel 2013, quando l'Ofcom (Office of communication) britannico si occupò della questione del valore economico degli user generated content e aggiornò quella definizione, si è avuto un primo spostamento, perché la nuova definizione, facendo riferimento a un'attività di produzione del contenuto che, pur non essendo strettamente e prettamente amatoriale, non rappresentava la principale fonte di guadagno dell'autore, segnalava già il fatto che questi contenuti avevano iniziato ad avere un valore economico anche per il soggetto che li produceva, che poteva essere anche un valore, de relato, dal punto di vista reputazionale o del riaffermare quella che è l'attività principale. Si è quindi giunti, qualche anno più tardi, a una fase di transizione: nel 2015 Forbes realizza una prima indagine sui valori del fatturato generato dalle tredici principali YouTube stars in quel momento, da cui emerge un fatturato complessivo di 54,5 milioni di dollari. Da quel momento è un crescendo di YouTube stars che generano enormi profitti e che rappresentano la punta di un mercato che, evidentemente, si è cominciato ad aprire, in cui le piattaforme rappresentano sempre più il luogo di produzione e di generazione di contenuti, non soltanto a livello amatoriale, ma a livello professionale, con strutture che hanno le caratteristiche proprie dell'impresa e che, quindi, invocano una regolamentazione, che non è più quella tipica del rapporto tra fornitore e utente consumatore, in quanto si tratta di un rapporto, più tipicamente, business to business.
  Da questo punto di vista, venendo anche alle tematiche che sono al centro di questa indagine conoscitiva e che sono state evidenziate nel programma dell'indagine, probabilmente in questo momento in Europa il punto di partenza del ragionamento non può che essere il Regolamento (UE) 2019/1150, il cosiddetto «regolamento platform to business» che, per la prima volta, ha provato a dettare una serie di regole per quanto riguarda la trasparenza del posizionamento sui motori di ricerca, la trasparenza delle condizioni contrattuali e per prevedere un minimo di salvaguardia rispetto a quei fenomeni, che sono stati descritti in precedenza, di allontanamento, più o meno coatto e improvviso, dalle piattaforme, limitandola ovviamente agli utenti di carattere commerciale. Questo regolamento trova applicazione soltanto nei confronti degli utenti commerciali e non dell'utente consumatore, ma evidentemente è l'aspetto regolamentare che più si avvicina alla tematica di cui oggi ci occupiamo e che più può essere preso come riferimento anche per eventuali proposte integrative a livello nazionale di quella disposizione.
  Perché è un punto di riferimento importante? Innanzitutto perché afferma il principio, ormai costante nella regolazione europea, sulla base del quale quello che conta è, di fatto, il Paese di destinazione e non il Paese di origine, di produzione del servizio. Questo significa che la regolamentazione unionale trova applicazione anche quando si usano piattaforme che hanno la loro collocazione dal punto di vista giuridico fuori dai confini dell'Unione e quello che conta è che il soggetto che usufruisce del servizio e che, tramite quella piattaforma, rende i servizi sia nel territorio dell'Unione europea.
  L'altro elemento di particolare interesse è che questo regolamento è entrato in vigore il 12 luglio 2020 e soltanto di recente sono state adottate le linee guida che il regolamento stesso richiamava per quanto riguarda la trasparenza delle piattaforme. Nonostante siamo evidentemente in una fase embrionale della sua applicazione, all'articolo 4 il regolamento prova a dare risposta all'esigenza di garanzie rispetto alle attività di limitazione, sospensione e cancellazione degli account degli utenti professionali, che fino a quel momento ne erano sostanzialmente privi. Ovviamente è un primo passo con cui l'Europa prova a contrapporre, come è capitato molto spesso di recente, la propria forza regolamentare allo strapotere contrattuale ed economico Pag. 9delle piattaforme che trovano la loro collocazione fuori dal territorio europeo, ma è un punto di riferimento importante per comprendere e collocare correttamente il fenomeno dei creativi digitali.
  Quello che, a mio avviso, è importante che la Commissione tenga in considerazione è di non cadere nell'eventuale tentazione di formulare proposte normative che cadono nell'eccesso opposto, con quella che potremmo chiamare una «riderizzazione» del fenomeno dei creativi digitali. I creativi digitali non sono equiparabili ai rider delle piattaforme di food delivery, non sono un soggetto debole del mercato del lavoro che necessita delle cautele tipiche del lavoro dipendente. Stiamo parlando di piccoli imprenditori, di realtà tendenzialmente imprenditoriali, in cui il rapporto è business to business e per i quali le esigenze fondamentali sono la trasparenza delle condizioni della piattaforma e la tutela degli interessi economici e imprenditoriali di chi, attraverso quella piattaforma, esercita la propria attività. Da questo punto di vista, mi sembra che tanto il Regolamento (UE)2019/1150, quanto il pacchetto di riforme che la Commissione europea ha varato in questi mesi, che vanno sotto il nome di Digital Services Act e Digital Market Act, sembrano andare esattamente in quella direzione.
  In conclusione, vorrei porre l'attenzione sulla necessità di non caricare le piattaforme di oneri che non competono loro. In particolare, non trasformiamo questi creatori digitali in dipendenti delle piattaforme, perché non faremmo un buon servizio al mercato e al suo funzionamento, bensì cerchiamo di creare le condizioni perché queste micro attività imprenditoriali possano crescere nella maniera migliore. Per crescere nella maniera migliore esse hanno necessità che la legge fornisca garanzie rispetto ai possibili abusi della parte forte del business in questione. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a Marco Scialdone. Chiedo ora ai colleghi se vogliono intervenire per porre delle domande agli auditi. Onorevole Barzotti, prego.

  VALENTINA BARZOTTI. Grazie, presidente. Ringrazio gli auditi di oggi e spero che quanti non lo hanno già fatto ci facciano pervenire le loro memorie che analizzeremo con attenzione.
  Per quanto riguarda i creatori di contenuti digitali, secondo me il lavoro da fare è molto interessante, perché dobbiamo ricostruire una fattispecie con gli strumenti a noi noti, quindi capire se si parla di autonomia oppure se questa dipendenza funzionale ed economica dalla piattaforma digitale debba essere inquadrata in qualche altro modo. Inoltre, l'indagine conoscitiva ci dà l'opportunità di verificare come effettivamente nel concreto si svolge il rapporto.
  Le domande che vorrei fare sono sostanzialmente focalizzate sulla natura del contratto, perché, come è emerso dalle relazioni, si tratta di un contratto predisposto tramite un modulo o un formulario, non configurandosi, quindi, come un accordo commerciale business to business, come è stato detto dall'avvocato Scialdone, ma con uno sbilanciamento anche nella forma contrattuale che viene prescelta. Quindi vorrei un focus su questo nonché sui termini e sulle condizioni contrattuali.
  Inoltre, mi interessava capire anche qual è il foro competente per eventuali controversie, perché abbiamo a che fare con utenti di servizi che, allo stesso tempo, sono lavoratori e, quindi, sono nuove figure professionali, che svolgono la loro attività tramite le piattaforme. Per questo motivo ritengo che vada fatto un approfondimento su questi aspetti.
  Inoltre, volevo anche capire se, all'interno dei contratti sottoscritti, ovvero la fonte del rapporto in essere, vi siano clausole di esclusività o vincoli di mono committenza.

  PRESIDENTE. Non essendoci altre richieste di intervento, darei la parola agli auditi per una replica e, qualora non l'avessero già fatto, chiederei di volerci inviare cortesemente le memorie relative ai contributi che ci hanno dato oggi in questa audizione.
  Inizierei secondo l'ordine degli interventi e quindi comincerei con il professor Pag. 10Bennato e poi passerei agli avvocati Angelo Greco e Marco Scialdone. Prego.

  DAVIDE BENNATO, professore associato di sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l'Università degli studi di Catania (intervento da remoto). Ovviamente non posso entrare nel merito dal punto di vista legale, perché non è mia competenza, però posso fare un'osservazione rispetto a quello che è stato detto, soprattutto sul fatto che la vera arma – fatemelo dire in questo modo – che le piattaforme hanno nei confronti dei content creator è il banning e soprattutto le due forme di ban che, secondo me, sono perniciose. Il primo è il ban permanente, il permaban, ovvero il fatto che le persone non possono più accedere a quella piattaforma spesso non sapendo neanche quale è stato specificamente il motivo che ha portato al ban. Il secondo, quello che secondo me è il più pernicioso da un certo punto di vista, è lo shadow ban, ovvero il fatto che io sono nella piattaforma, i miei contenuti sono nella piattaforma, ma i miei contatti non possono più accedervi. Qui vi è anche la doppia frustrazione di continuare a essere dentro la piattaforma, senza che i miei contatti possano accedere ai miei contenuti.
  Bisogna sicuramente capire che le piattaforme hanno un potere straordinariamente asimmetrico a loro favore e su questo ovviamente bisogna fare molta attenzione. Grazie.

  PRESIDENTE. Prego, avvocato Greco.

  ANGELO GRECO, avvocato (intervento da remoto). Rispondo dall'ultima domanda, ovvero se c'è l'esclusiva. No, non c'è l'esclusiva e, quindi, salvo patto contrario con la concessionaria di pubblicità, un creatore di contenuti può stipulare contratti con più concessionarie contemporaneamente. Ad esempio, su La Legge per Tutti operano diverse concessionarie.
  Chiaramente, le condizioni contrattuali cambiano. Ad esempio, con Google AdSense i termini sono regolati dal diritto inglese e quindi le parti deferiscono qualsiasi controversia contrattuale o extra-contrattuale concernente il contratto con Google alla giurisdizione esclusiva dei tribunali inglesi. Questo è anche un disincentivo per un eventuale contenzioso, perché, dovendo far valere un diritto di mille euro perché il conteggio non è stato fatto correttamente, nessun creator va a fare una causa in Inghilterra per mille euro.
  Vi è un aspetto molto importante che forse ho tralasciato nella mia relazione e su cui vorrei ritornare – cercherò di rubarvi meno tempo possibile –, ovvero il tema della partita IVA, perché voi mi insegnate che oggi in Italia è obbligatorio aprire una partita IVA, a prescindere dal volume di redditi dichiarati, quando l'attività è continuativa. Questo vuol dire che, se una persona pubblica un solo video, un solo contenuto su un blog, poiché lì è sempre presente un banner che è continuativamente e potenzialmente produttivo di reddito, per guadagnare anche 10 euro al mese deve aprire una partita IVA. Questo non lo fa nessuno. Formalmente siamo dinanzi a milioni di evasori fiscali, di persone non in regola con il fisco, perché il fisco non prevede una soglia minima, almeno per i creatori di contenuti online, per l'apertura della partita IVA, perché il fisco rimane alla vecchia gestione materiale degli affari, secondo la quale se si apre tutti i giorni il negozio, è chiaro che si tratta di un'attività continuativa, ma se si ha un sito Internet con una sola pagina, è vero che l'attività è continuativa perché i banner sono presenti tutti i giorni, ma non è minimamente equiparabile all'attività di un negozio.
  Sarebbe necessario regolamentare questo aspetto e stabilire che per i creator l'obbligo dell'apertura della partita IVA scatti soltanto dopo un certo fatturato. Grazie.

  PRESIDENTE. Prego, avvocato Scialdone.

  MARCO SCIALDONE, avvocato (intervento da remoto). Sulla natura del contratto, il fatto che la parte contrattuale forte sia solita predisporre le condizioni, di per sé, non ha rilevanza rispetto alla natura dell'altro contraente, nel senso che Pag. 11l'altro contraente può avere natura imprenditoriale e commerciale, a prescindere dal fatto che il contratto sia predisposto integralmente da una delle due parti.
  Quello che, invece, è importante è che, quando c'è uno squilibrio contrattuale, come è evidente in questa circostanza, la legge deve prevedere tutele, perché la parte contrattuale debole, anche se non è un consumatore, ma è un utente professionale, abbia alcune garanzie.
  Come dicevo, da questo punto di vista, l'impalcatura del regolamento «platform to business» va esattamente in quella direzione e, evidentemente, partendo dal presupposto che le piattaforme hanno un potere superiore rispetto agli utenti professionali che operano su di esse, appresta una serie di tutele, in termini di trasparenza e in termini di garanzie contrattuali, che devono essere inserite nelle condizioni generali del contratto, proprio perché gli utenti possano operare nella maniera migliore possibile.
  L'aspetto che certamente deve essere sottolineato – sono d'accordo con quello che il collega Greco diceva prima – è che, evidentemente, in questo momento c'è una zona grigia che la legislazione non prende in considerazione. Probabilmente bisogna intervenire in questa zona grigia dal punto di vista normativo. C'è una zona grigia tra l'utente consumatore tradizionale e l'utente professionista ad alto livello, che opera in maniera continuativa e lo fa anche come attività principale, e c'è tutta una zona intermedia su cui probabilmente è necessario intervenire.
  Quello che credo sia molto importante è evitare di collocare tutti in una stessa «scatola», in uno stesso contenitore, perché si rischia veramente di trattare nello stesso modo situazioni che sono profondamente diverse, dalla star di YouTube, che, a sua volta, è una multinazionale o un'impresa di medie e grandi dimensioni, al piccolo content creator che, invece, è molto più vicino all'approccio che dovrebbe essere dedicato al consumatore, all'utente non professionale, nonostante ricavi una certa quantità di denaro da questa attività.

  PRESIDENTE. Autorizzo la pubblicazione della documentazione richiamata nel corso dell'audizione, in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato). Ringrazio ancora una volta i nostri ospiti per il contributo fornito all'indagine e dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.30.

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ALLEGATO

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