XVIII Legislatura

X Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 22 di Martedì 30 luglio 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Saltamartini Barbara , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE PROSPETTIVE DI ATTUAZIONE E DI ADEGUAMENTO DELLA STRATEGIA ENERGETICA NAZIONALE AL PIANO NAZIONALE ENERGIA E CLIMA PER IL 2030

Audizione di rappresentanti
di Engie Italia.
Saltamartini Barbara , Presidente ... 3 
Aquilini Roberto , direttore strategy, regulatory and public affairs di Engie Italia ... 3 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 8 
Benamati Gianluca (PD)  ... 8 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 9 
Squeri Luca (FI)  ... 9 
Patassini Tullio (LEGA)  ... 9 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 9 

Audizione di rappresentanti di ITW LKW Geotermia Italia Spa:
Carabetta Luca , Presidente ... 9 
Righini Diego , general manager di ITW LKW Geotermia Italia Spa ... 9 
Carabetta Luca , Presidente ... 11 
Squeri Luca (FI)  ... 11 
Patassini Tullio (LEGA)  ... 12 
Carabetta Luca , Presidente ... 12 
Righini Diego , general manager di ITW LKW Geotermia Italia Spa ... 12 
Carabetta Luca , Presidente ... 13 
Righini Diego , general manager di ITW LKW Geotermia Italia Spa ... 13 
Carabetta Luca , Presidente ... 13 

Audizione di rappresentanti di Imprese gas (IGAS):
Carabetta Luca , Presidente ... 13 
Potì Roberto , presidente di Imprese gas (IGAS) ... 13 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 16 
Benamati Gianluca (PD)  ... 16 
Squeri Luca (FI)  ... 16 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 17 
Potì Roberto , presidente di Imprese gas (IGAS) ... 17 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 17

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Sogno Italia - 10 Volte Meglio: Misto-SI-10VM.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
BARBARA SALTAMARTINI

  La seduta comincia alle 12.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati, nonché la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti
di Engie Italia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia energetica nazionale al Piano nazionale energia e clima per il 2030, l'audizione di rappresentanti di Engie Italia.
  Nel dare la parola al direttore strategy, regulatory and public affairs di Engie Italia, il dottor Roberto Aquilini, che saluto, ricordo che l'audizione è finalizzata esclusivamente a ottenere elementi istruttori utili ad approfondire le tematiche oggetto del programma dell'indagine conoscitiva.

  ROBERTO AQUILINI, direttore strategy, regulatory and public affairs di Engie Italia. Onorevole presidente, onorevoli membri della Commissione, desidero innanzitutto ringraziarvi a nome di Engie per l'invito a questa convocazione e per offrirci la possibilità di contribuire a un dibattito così importante come quello che riguarda l'attuazione e l'adeguamento della Strategia energetica nazionale al Piano nazionale integrato energia e clima in fase di definizione.
  Engie è un gruppo internazionale che opera in 70 Paesi del mondo con 160.000 dipendenti ed è uno degli attori più importanti nel processo, che è in corso in tutto il mondo, di transizione energetica. La transizione energetica nel 2019 per Engie apre una nuova frontiera. Abbiamo deciso, infatti, di lanciare una nuova strategia, che sarà molto più focalizzata sulla riduzione delle emissioni di CO2. Riteniamo che la nuova frontiera di sviluppo nel settore energetico, e non solo, sia la transizione verso un mondo a zero emissioni nette di CO2, un mondo decarbonizzato, perché la lotta al cambiamento climatico è una delle sfide principali a livello mondiale nei prossimi anni ed Engie vuole avere un ruolo da protagonista con le proprie soluzioni integrate per i clienti e per i territori per aiutare clienti e territori medesimi a ridurre le proprie emissioni di CO2. Questo obiettivo è condiviso anche per le attività italiane di Engie.
  Engie è presente in Italia da oltre 25 anni con circa 3.500 dipendenti su tutto il territorio nazionale. Siamo presenti lungo tutta la filiera, dall'energia, dalla produzione, al trading, dalla vendita ai clienti finali. In particolare, abbiamo un'attività molto sviluppata nell'efficienza energetica e stiamo lavorando molto anche sulle tematiche di innovazione energetica, con riferimento non soltanto alle fonti rinnovabili, ma anche al demand response e a tutte le altre innovazioni legate alla digitalizzazione che stanno trasformando il settore dell'energia.
  Prima di approfondire alcuni temi specifici, vorrei sottolineare un principio che per noi è molto importante. Il settore energia è un settore estremamente complesso. Pag. 4È noto che non è certamente semplice affrontare le molteplici questioni del settore energetico, ma, a nostro avviso, è importante non affrontarle con un approccio ideologico e con scelte semplicistiche e assolute. Non ha senso a nostro avviso la contrapposizione tra elettrico e gas, né la contrapposizione tra sistemi centralizzati e sistemi decentralizzati.
  Le soluzioni che abbiamo di fronte per lo sviluppo del settore energetico e per la sua decarbonizzazione sono rappresentate da un complesso e dinamico mix di vari interventi che possono essere definiti soltanto con un'interazione costruttiva, come stiamo facendo oggi e come nell'obiettivo di questa indagine conoscitiva, con tutti gli stakeholder istituzionali, tecnologici e di mercato, proprio per non avere un approccio ideologico su una soluzione rispetto all'altra, ma per cercare il mix ideale di soluzioni che sia efficace ed efficiente per i cittadini.
  Ciò premesso, mi focalizzerò su tre tematiche: le rinnovabili, l'efficienza energetica e l'apertura del mercato finale dell'energia elettrica.
  Parto con lo sviluppo delle rinnovabili in Italia. L'attuale tasso di sviluppo delle rinnovabili in Italia non è certamente sufficiente a traguardare gli ambiziosi obiettivi che prima la Strategia energetica nazionale e poi il Piano nazionale energia e clima hanno delineato in linea con gli obiettivi europei.
  La nuova potenza installata come fonti rinnovabili, l'anno scorso, nel 2018, è pari a circa 1.000 megawatt, quando, se vogliamo raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissati per il 2030, sarebbero necessari 4.000 megawatt all'anno. Si tratta di un tasso di sviluppo quattro volte più veloce rispetto a quello che abbiamo registrato nel corso del 2018.
  È, quindi, necessario un cambio di passo nello sviluppo delle rinnovabili in Italia. A nostro avviso, questo cambio di passo si può raggiungere soltanto lavorando su entrambi i fronti di sviluppo delle rinnovabili, vale a dire gli impianti utility scale, cioè gli impianti più grandi connessi direttamente alla rete elettrica, e gli impianti distribuiti, cioè gli impianti di generazione rinnovabile che si trovano vicino ai siti dei clienti, sui tetti, nelle aree industriali e nelle aree commerciali.
  Parto dagli impianti più grandi, quelli utility scale connessi alla rete elettrica. Qui, a nostro avviso, è prioritario intervenire su due fronti. Il primo è quello delle autorizzazioni. Gli iter autorizzativi, come è noto, in Italia sono molto lunghi e complessi e soprattutto molto incerti. È molto difficile poterne prevedere i tempi e gli esiti, il che certamente non aiuta gli investimenti in questo settore.
  Il secondo tema riguarda, invece, l'evoluzione del quadro normativo e regolatorio. Recentemente abbiamo avuto dei passi avanti importanti, come l'approvazione del decreto FER1, che lancerà nuovi incentivi per lo sviluppo di fonti rinnovabili. A questo decreto vanno aggiunti altri componenti fondamentali della riforma del settore elettrico, che è in corso – ci stanno lavorando il ministero, l'Autorità – e prevede l'introduzione del capacity market, recentemente approvato, nonché una riforma molto importante dei servizi di dispacciamento, cioè dei servizi ancillari che servono a garantire la stabilità e la flessibilità del sistema elettrico.
  Tutte queste riforme sono necessarie per poter garantire alle rinnovabili di integrarsi al meglio all'interno del settore elettrico, remunerando, da una parte, gli investimenti in fonti rinnovabili e accompagnando, dall'altra, l'uscita dalla generazione elettrica a carbone, prevista entro il 2025. Tale uscita va accompagnata con uno sviluppo delle rinnovabili e anche di adeguati servizi di flessibilità che possano consentire al sistema la stabilità e la flessibilità necessarie.
  È essenziale, quindi, che le regole di funzionamento dei mercati elettrici valorizzino adeguatamente tutte le fonti di flessibilità che sono presenti e che saranno sempre più presenti nel settore elettrico. Stiamo parlando certamente della flessibilità fornita dalle già esistenti e moderne centrali a ciclo combinato a gas, che già oggi forniscono la maggior parte della flessibilità che serve al sistema. Oltre a questa Pag. 5sarà necessaria un'ulteriore flessibilità che, a nostro avviso, potrà essere fornita tramite tutte le nuove tecnologie che si stanno sviluppando, in particolare lo sviluppo degli accumuli elettrochimici, ossia delle batterie, sia a livello decentralizzato, sia a livello centralizzato, e i sistemi sempre più evoluti di gestione attiva del consumo di energia.
  Anche i clienti potranno mettersi a disposizione del sistema. Già oggi abbiamo iniziato a sviluppare quest'attività, che si chiama demand response. I clienti hanno la possibilità di fornire alla rete la propria flessibilità e, quindi, di contribuire a fornire alla rete i servizi di cui necessita.
  Il ruolo della domanda di energia sarà, dunque, fondamentale sotto vari aspetti. Il primo, come dicevo, riguarda i servizi di flessibilità forniti dai clienti finali.
  Nel 2017 Terna e l'Autorità hanno lanciato alcuni progetti pilota, che vengono definiti UVAP (unità virtuali abilitate di produzione), UVAC (unità virtuali abilitate di consumo) e UVAM (unità virtuali abilitate miste). Si tratta di progetti pilota in cui i clienti industriali possono mettere a disposizione alcuni megawatt di flessibilità alla rete. Noi auspichiamo che questi progetti continuino e che vengano sviluppati ulteriormente, in modo da estendere la platea dei clienti che possono partecipare a questi servizi, aggiungendo ad essi anche la flessibilità fornita dagli stoccaggi, ossia le unità virtuali basate sugli accumuli, nonché il vehicle to grid, cioè i servizi di flessibilità che possono essere forniti dalle batterie facenti parte delle automobili elettriche, che si stanno sempre più diffondendo.
  Un altro aspetto importante per lo sviluppo delle rinnovabili sono i Green Corporate PPA (power purchase agreement). Si tratta di una particolare tipologia di contratti, già molto diffusa in alcuni Paesi, che inizia a diffondersi lentamente anche in Italia. Noi ne auspichiamo una diffusione certamente maggiore nei prossimi anni. I Green Corporate PPA sono contratti in cui un produttore di fonti rinnovabili e uno o più produttori e uno o più consumatori possono concordare, tramite questa struttura contrattuale, la fornitura di energia elettrica prodotta dall'impianto rinnovabile direttamente a questo o questi clienti finali per un periodo lungo, di solito superiore ai cinque anni. Ciò consente al cliente di potersi approvvigionare di energia verde proveniente da un impianto che lo stesso cliente ha contribuito a finanziare e allo sviluppatore di fonti rinnovabili, tramite questo contratto, di avere maggiori garanzie per il finanziamento e la costruzione dell'impianto.
  Oltre agli impianti utility scale, come abbiamo detto, sono molto importanti gli impianti di generazione rinnovabile decentralizzati, vicini ai siti dei clienti finali o nei siti dei clienti finali, che valorizzano al massimo i milioni di tetti e le migliaia di aree industriali e di aree commerciali che abbiamo in Italia, senza un ulteriore consumo di suolo e avvicinano la produzione di energia al consumo di energia. Questo consente di minimizzare anche le necessità di trasporto dell'energia elettrica e le relative perdite e di massimizzare anche l'uso consapevole e intelligente dell'energia. Generalmente, quando si installa una generazione centralizzata in assetto di autoconsumo, il cliente è certamente anche molto più consapevole e si possono installare congiuntamente anche sistemi digitali, piattaforme e strumenti che consentono sia una produzione, sia un utilizzo molto più intelligenti dell'energia, massimizzandone l'autoconsumo in loco.
  La recente direttiva europea RED II, che dovrà essere recepita nei prossimi anni in Italia, sarà un'occasione molto importante per poter adeguare anche la normativa italiana a un maggiore sviluppo delle fonti rinnovabili distribuite. Noi auspichiamo che questo recepimento venga fatto in tempi rapidi. Gli articoli 21 e 22 della direttiva prevedono di introdurre la definizione di autoconsumatore esteso e di energy community e, quindi, permettono delle configurazioni di produzione decentralizzata delle fonti rinnovabili che ad oggi non sono ancora consentite. È, infatti, necessaria una modifica normativa e regolatoria per poter consentire lo sviluppo di alcune configurazioni che noi chiamiamo «1 a n» o «n a n», in cui cioè ci sono un produttore e più Pag. 6consumatori o più produttori e più consumatori all'interno di uno stesso sito commerciale, industriale o anche residenziale.
  La direttiva, come dicevo prima, può essere l'occasione giusta per adeguare la normativa italiana. La data di recepimento ultima per questa direttiva è giugno 2021, ma noi auspichiamo che si possa procedere prima con l'adeguamento della normativa italiana, anche con un adeguamento graduale, proprio per non dover attendere altri due anni per poter sviluppare anche queste configurazioni di generazione distribuita rinnovabile, che sono molto, molto efficienti e ci possono aiutare a raggiungere gli obiettivi di sviluppo delle rinnovabili in Italia.
  Il primo passo che, a nostro avviso, può essere compiuto, molto concreto, riguarda il caso più semplice, quello dell'edificio. Oggi in uno stesso edificio non è possibile installare un impianto di produzione rinnovabile e fornire più utenti. Faccio riferimento ai condomini, ma il discorso vale anche per i centri commerciali.
  A nostro avviso, sarebbe molto interessante poter installare impianti a fonti rinnovabili su edifici, condomini o centri commerciali e fornire questa energia agli inquilini o ai negozi che si trovano all'interno del palazzo o del centro commerciale. Riteniamo che sia un passo molto concreto e molto utile, anche perché oggi tutti gli italiani che vivono in condominio non hanno potuto ancora beneficiare dei vantaggi dell'installazione di un pannello fotovoltaico sul tetto. Più del 60 per cento degli italiani, la maggioranza, vive in condominio. Poter aprire anche a loro la possibilità di massimizzare l'utilizzo di impianti solari sul tetto dei condomini è certamente un'opportunità per loro, ma anche per gli obiettivi che dicevamo prima di sviluppo delle rinnovabili.
  Passo al tema dell'efficienza energetica. L'efficienza energetica ha meritatamente un ruolo di primo piano sia nella SEN (Strategia energetica nazionale) che nel Piano nazionale energia e clima. In particolare, condividiamo appieno il forte focus sulla riqualificazione energetica degli edifici. È noto che il parco immobiliare italiano ha delle performance energetiche estremamente scarse, in termini sia di struttura, sia di impianti. Questo è un problema in termini sia di spreco di energia, sia di inquinamento, soprattutto nelle aree urbane. È corretto e fondamentale, quindi, spingere verso una maggiore riqualificazione degli edifici italiani, sia pubblici, sia privati.
  L'incentivazione all'efficienza energetica in Italia si basa su tre strumenti principali: l’ecobonus, il conto termico e i titoli di efficienza energetica.
  L’ecobonus è uno strumento fondamentale, che ha portato dei risultati molto importanti. Il recente rapporto annuale dell'ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico) parla di 39 miliardi di investimenti e 400.000 posti di lavoro grazie agli interventi legati all’ecobonus. È fondamentale, dunque, una stabilizzazione e, se possibile, anche un rafforzamento del meccanismo dell’ecobonus, così come del tema della cessione del credito, che è stato un ulteriore passo avanti nell'applicazione dell’ecobonus e ha consentito ai consumatori finali di superare uno dei principali ostacoli dell'investimento in efficienza energetica, ossia la spesa iniziale. La spesa iniziale è generalmente molto rilevante, mentre, con la cessione del credito fiscale, il fornitore, recependo il credito fiscale, è in grado di fornire un importante sconto sulla spesa iniziale. La cessione del credito è stata, quindi, a nostro avviso, un passo importante, che ha migliorato ulteriormente l’ecobonus e la sua efficacia.
  Relativamente al conto termico, riteniamo che sia importante semplificarlo ulteriormente, soprattutto per quanto riguarda le ESCo, cioè le Energy Saving Company, come la nostra società, ma come migliaia di altre società in Italia che fanno questo lavoro, perché oggi il conto termico è molto complesso e non è, a nostro avviso, sfruttato quanto potrebbe esserlo. Era stata prevista una soglia di 900 milioni annui di risorse destinate all’ecobonus, ma oggi soltanto una parte minoritaria di queste risorse viene utilizzata. Certamente si può fare di più. Pag. 7
  Tornando al tema degli edifici, altre proposte secondo noi molto importanti su cui lavorare sono certamente una maggiore promozione della certificazione energetica degli edifici. Oggi soltanto in fase di compravendita o affitto si procede con una certificazione, mentre sarebbe opportuno promuoverla in maniera più estesa.
  Sarebbe importante migliorare il monitoraggio degli impianti termici. Oggi il catasto degli impianti termici, che è presente a livello regionale, in molte regioni non è completo, non è aggiornato o non è accessibile. Non è facile, quindi, oggi avere una visione chiara e un monitoraggio degli impianti termici installati in Italia, che è il primo passo per poi poterne migliorare l'efficienza e ridurre le emissioni.
  Un'ulteriore proposta a nostro avviso molto interessante è introdurre sistemi di stimolo e incentivi per la sostituzione degli impianti termici più obsoleti e inquinanti. Abbiamo visto alcuni esempi concreti. Il comune di Milano, per esempio, ha introdotto degli incentivi per la sostituzione delle vecchie caldaie a gasolio, che hanno un livello di inquinamento altissimo e contribuiscono pesantemente all'inquinamento dell'area urbana. È certamente un beneficio a livello ambientale poter sostituire questi vecchi impianti con impianti più moderni.
  L'ultimo strumento incentivante dell'efficienza energetica è il meccanismo dei certificati bianchi, un meccanismo molto importante, che riguarda gli investimenti più grandi, soprattutto nell'ambito industriale. Qui, come sappiamo, c'è qualche problema di incrocio tra domanda e offerta che ha portato il prezzo dei titoli a livelli molto alti. Questo prezzo è stato poi limitato da una soglia introdotta dal ministero.
  Noi riteniamo che, per sbloccare il sistema dei certificati bianchi, sia fondamentale lavorare sull'offerta di certificati bianchi, migliorandone e aumentandone l'offerta. Per fare questo, da un punto di vista di una ESCo che investe in efficienza energetica, è fondamentale ridurre l'attuale incertezza che abbiamo sulla quantità e sul prezzo. Oggi sui certificati bianchi vi è, infatti, una doppia incertezza. Quando facciamo un investimento in efficienza energetica, è molto difficile prevedere la quantità di certificati bianchi che potremmo ottenere e, allo stesso tempo, è molto difficile prevederne il prezzo lungo tutta la vita utile dell'intervento. A fronte di questa doppia incertezza l'incentivo è difficilmente valorizzabile all'interno di un'analisi di un investimento e perde, dunque, molta della sua spinta di stimolo verso l'investimento stesso. Sarebbe fondamentale una riforma dei certificati bianchi che riduca le incertezze sia sulla quantità, sia sui prezzi dei certificati bianchi nel tempo.
  L'ultimo argomento che vorrei trattare è il completamento della liberalizzazione del mercato finale. Tra poco meno di un anno, il 1° luglio 2020, è previsto dalle norme in essere ed è confermato anche dal Piano nazionale energia e clima il completamento della liberalizzazione del mercato finale, con il superamento delle tariffe di maggior tutela dei prezzi regolati. Si tratta del completamento di un processo iniziato circa vent'anni fa, un processo lungo e graduale. Già dal 2007 tutti i clienti sono liberi di scegliere un fornitore. È un processo che ha avuto un suo sviluppo nel corso degli anni e che auspichiamo possa concludersi senza ulteriori proroghe al 1° luglio del 2020 per evitare di introdurre ulteriori incertezze all'interno del mercato.
  Questo non significa che il mercato sia già pronto oggi al passaggio del 1° luglio 2020. È importante, quindi, completare tutti i passaggi necessari a garantire che il mercato, come prevede la stessa legge, che ha definito la fine dei prezzi tutelati, sia caratterizzato da una pluralità di operatori affidabili e in grado di competere ad armi pari per fornire ai clienti migliori servizi e prezzi più competitivi. Oggi il mercato non è ancora in questa situazione. Pertanto, dobbiamo lavorare per portarlo in questa situazione e garantire la massimizzazione dei benefici per i clienti finali.
  A nostro avviso, in particolare, il mercato elettrico risulta oggi molto concentrato intorno agli operatori integrati che gestiscono il servizio di maggior tutela e le reti di distribuzione. È, quindi, importante attivare un rafforzamento e un continuo Pag. 8monitoraggio del rispetto delle regole di unbundling, oltre alla definizione di meccanismi di gestione dei clienti elettrici che al 1° luglio 2020 non avranno ancora scelto un fornitore di mercato libero. A nostro avviso, è importante che tali clienti non vengano trascinati automaticamente, all'interno della società che vende sul mercato libero, dentro lo stesso gruppo integrato in cui è presente la società che oggi fornisce il servizio di maggior tutela in regime di esclusiva.
  Infine, per massimizzare i benefìci ai consumatori, a nostro avviso ci sono tre parole chiave su cui lavorare: informazione, consapevolezza e tutela.
  Informazione significa introdurre campagne informative massive che possano spiegare ai consumatori quali sono i benefici del mercato libero e anche il fatto che, con la fine dei prezzi regolati, non perderanno tutte le tutele. La fine dei prezzi regolati non significa che i consumatori verranno abbandonati a se stessi. Il mercato rimarrà molto regolato. Ci sarà una regolazione sulla continuità del servizio, sulla qualità del servizio e sulle pratiche commerciali.
  La consapevolezza è un altro elemento fondamentale che deve consentire al cliente di scegliere al meglio il proprio fornitore e, infine, c'è la tutela, in particolare la tutela di prezzo. A nostro avviso, la tutela di tipo economico deve rimanere, ma deve rimanere per le famiglie in condizioni di disagio e povertà. Il bonus sociale si può estendere maggiormente e si può rendere automatico per fare in modo che tutte le famiglie in condizioni di disagio e povertà possano accedere al bonus. Per tutti gli altri consumatori dovranno, invece, rimanere in essere tutte le forme di tutela che dicevamo prima: qualità del servizio, continuità della fornitura, correttezza commerciale e anche il monitoraggio dei prezzi.
  In conclusione, a nostro avviso, un mercato aperto, concorrenziale e adeguatamente controllato è la migliore garanzia per i consumatori finali per poter beneficiare delle offerte e dei servizi migliori e più innovativi ai prezzi più convenienti.

  PRESIDENTE. Grazie. Siamo andati un po’ oltre i tempi che ci eravamo dati.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni. Prego tutti di essere il più possibile sintetici, visto che abbiamo altre audizioni.

  GIANLUCA BENAMATI. Cercherò di essere telegrafico.
  Grazie, dottor Aquilini. Ho quattro piccole questioni a cui può rispondere con molta velocità e sintesi.
  In primo luogo, quando lei parla del gas, delle FER e dell'interazione costruttiva nel prossimo futuro, in buona sostanza stiamo dicendo che il transitorio sarà costituito da un uso razionale di queste due fonti. Diversamente, potremmo parlare di convergenze parallele, per fare un ragionamento. Vorrei capire che cosa intendeva esattamente con questa sua affermazione.
  In secondo luogo, lei, dottor Aquilini, diceva che c'è stata un'installazione modesta di megawatt di fotovoltaico in questa fase, in questi anni. Lei sa bene e meglio di me – non sono io che devo difendere l'operato di questo Governo – che gli obiettivi del 2020 sono già stati colti e che la filosofia che il PNIEC (Piano nazionale integrato per l'energia e il clima) adotta, che era quella della SEN, è di avere un transitorio in cui si passa dal regime di incentivazione diretta al futuro regime con i PPA (power purchase agreement), ossia con i contratti a lungo termine, mediante un transitorio ad aste.
  È chiaro che il FER1 è rimasto forse troppo tempo fermo – questa è una situazione che anche noi facciamo notare – ma lo schema è questo: incentivazione diretta, aste e domani i contratti sul mercato a lungo termine. Lei non crede che questo sistema possa poi far riprendere quella che oggi può sembrare anche una riduzione momentanea di installazioni?
  Avrei altre questioni, ma giustamente la presidenza ci fa notare che siamo in ritardo.
  Voi intendete entrare nel settore delle ristrutturazioni a uso energetico sulla base di quelle che sono state le indicazioni fornite dal decreto-legge «crescita», tramite la possibilità di sconti con il recupero da parte di chi esegue? È un dato interessante Pag. 9sapere se una grande azienda come la vostra vuole entrare in questo settore.
  Sulle liberalizzazioni manca il decreto. Lei sa che io non sono sospetto di essere partigiano su questo, ma osservo che sta mancando il decreto che stabilisce le modalità di passaggio. Poi possiamo dire ogni cosa, ma, finché non c'è il decreto, è un po’ difficile giudicare come quel passaggio avverrà. Da questo punto di vista lei che ne pensa?

  PRESIDENTE. Anticipo che, ovviamente, vista la ristrettezza dei tempi, chiederemo al dottor Aquilini di fornirci le risposte per iscritto, in modo che saranno sicuramente approfondite rispetto alle domande.

  LUCA SQUERI. Intanto faccio i complimenti all'audito per l'analisi a 360 gradi fatta in maniera tanto dettagliata e competente. Proprio a fronte di questa competenza e di questo dettaglio, però, mi preoccupo. Chiedo davvero se quello che ho sentito non sia un modo per partecipare un po’ a quello che è il giudizio quasi unanime – sottolineo «quasi» – su quello che stiamo facendo.
  Mi domando, cioè, se immaginare che con l'eolico e il fotovoltaico si riesca a soddisfare l'enorme progetto di aumento di consumo di energia elettrica possa essere davvero fattibile, o se sia vero, come non ancora pubblicamente ma sempre di più in maniera vis-à-vis sento dire da tanti esperti, che ciò che è scritto sul PNIEC è assolutamente formale, ma irrealizzabile.

  TULLIO PATASSINI. Ringrazio il direttore Aquilini per la sua relazione esaustiva e completa. Ho una domanda, a cui, chiaramente, la risposta potrà essere fornita successivamente.
  Nella sua relazione ha fatto un passaggio su forme contrattuali per cui si va direttamente dall'impianto rinnovabile al consumatore finale. Chiedo se può essere più esplicito su questo argomento.

  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Aquilini per il suo intervento, ovviamente pregandolo di inviarci per iscritto le risposte.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti di ITW LKW Geotermia Italia Spa.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
LUCA CARABETTA

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia energetica nazionale al Piano nazionale energia e clima per il 2030, l'audizione di rappresentanti di ITW LKW Geotermia Italia Spa.
  Nel dare la parola al general manager di ITW LKW Geotermia Italia Spa, Diego Righini, ricordo che l'audizione odierna è finalizzata esclusivamente a ottenere elementi istruttori utili ad approfondire le tematiche oggetto del programma dell'indagine conoscitiva.

  DIEGO RIGHINI, general manager di ITW LKW Geotermia Italia Spa. Saluto e ringrazio il presidente della Commissione e i deputati presenti.
  In riferimento ai punti salienti del Piano oggetto dell'indagine conoscitiva, si parla di decarbonizzazione, di innovazione tecnologica, di bene fondamentale – quello dell'energia – ma scarso, con l'idea di come raggiungere l'approvvigionamento, l'efficientamento e la diversificazione. Poi si parla dell'Agenda 2030, l'Agenda dell'ONU, e soprattutto dell'obiettivo 7, per cui tutti gli Stati membri dell'Unione europea, ma anche nell'ambito dell'ONU, hanno degli obiettivi da raggiungere ben chiari.
  Parto dalla fine. Il geotermoelettrico è una risorsa energetica inventata dall'Italia. È noto a tutti, senza fare troppi ricorsi storici, che nel 1904 l'Italia accese la prima lampadina, che venne accesa a Larderello. Il conte De Larderel e l'ingegner Ginori prima del 1900 analizzarono i primi soffioni, ma nel 1904 c'è stata l'accensione della prima lampadina.
  L'Italia è stata per molto tempo, fino a quindici anni fa, il primo produttore di energia geotermoelettrica al mondo. Poi Pag. 10abbiamo perso dei posti in classifica, ma non li ha persi il produttore italiano, il monopolista, l'ENEL. ENEL è rimasta la prima produttrice di energia geotermoelettrica nel mondo, ma l'Italia è scesa al sesto-settimo posto.
  In merito a questo, se si guardano gli obiettivi e i traguardi propri dell'Agenda europea, gli obiettivi che vengono prefissati, si vede che si parla di rafforzare la diffusione delle tecnologie basso emissive e rinnovabili. Oggi il geotermoelettrico è una tecnologia consolidata che può essere fatta a zero emissioni attraverso il ciclo binario, con la differenza tra le centrali toscane, a ciclo flash, e quelle a ciclo binario. Il ciclo flash utilizza il vapore geotermico per muovere la turbina e produrre energia e ha bisogno poi di uno sfogo rispetto all'esterno, tramite le emissioni. Il ciclo binario utilizza solo il calore del fluido geotermico. Scambia con un fluido secondario e muove la turbina, ma non ha nulla all'esterno. Da molti anni si sta provando in Italia a realizzare queste prime centrali geotermoelettriche a zero emissioni. Ce n'è una che, su nostra proposta, a breve – si parla del Consiglio dei ministri di domani – dovrebbe essere la prima autorizzata per l'Italia e anche per l'Europa. Questa sarebbe la possibilità per l'Italia, come nel 1904, di essere la prima a riuscire a produrre altra energia geotermoelettrica con zero emissioni.
  Centrali similari a ciclo binario già esistono in altre parti del mondo, ma, poiché non si è voluto studiare lo zero emissioni assoluto, esattamente come lo si è studiato in Italia, in Germania, in Turchia, in Francia, in Islanda, in Nuova Zelanda, c'è la possibilità per chi produce di poter, in caso di difficoltà di gestione del fluido, aprire le valvole e scaricare un po’ di gas all'esterno. Voi sapete che, quando il gas esce dalla pressione terrestre, il punto di flash, va in consolidamento e calcifica. Chi non è mai stato in un centro termale o ha visto delle strutture calcaree? In realtà, si tratta di gas che, portati all'esterno, si calcificano. Se questo avviene all'interno di tubazioni, può creare un problema.
  Quella italiana è una sperimentazione nata ormai da nove anni, è un'idea lanciata nove anni fa. Purtroppo, fenomeni NIMBY (Not In My Back Yard), No Triv e tanti altri discorsi hanno impedito l'inizio di questa possibilità. Per l'Italia, però, questa sarebbe la seconda scoperta dopo il 1904. L'Italia sarebbe il primo produttore geotermoelettrico a zero emissioni assolute a livello mondiale. Con questa iniziativa l'Italia non rompe gli schemi, poiché vi si è impegnata quando è stata nella Global Geothermial Alliance, l'unione dei Paesi appartenenti all'ONU che hanno sottoscritto i documenti relativi alla geotermia.
  Nel documento trasmesso alla Commissione ho allegato anche la dichiarazione di Firenze del settembre del 2017 in cui l'Italia ha riconfermato, insieme agli altri settanta Paesi del mondo, l'impegno a proseguire verso la maggior produzione di energia geotermoelettrica a zero emissioni.
  C'è un documento che non ho allegato alla documentazione trasmessa, ma che ho portato in audizione, che penso sia importante per ogni parlamentare, in quanto proviene da un territorio. Questo documento è l'estratto di un elaborato che ho recuperato dal GSE (Gestore Servizi Energetici). Attualmente l'Italia ha 850 megawatt di energia geotermoelettrica installata. Il GSE, che, insieme all'RSE (Ricerca sul Sistema Energetico), è l'ente di ricerca più importante al mondo oggi nell'analisi dei serbatoi geotermoelettrici, ha prodotto un documento pubblico, che dovrebbe essere a disposizione di tutti – parlo del Parlamento e del Governo, ma anche delle regioni – in cui afferma che tranquillamente, se ci si investisse e si credesse in questo progetto, si potrebbe arrivare a installare 7.450 megawatt di energia. Oggi ne abbiamo solamente quasi 800 in Toscana.
  Questo fenomeno non è analizzato da noi, ma dal GSE e dall'RSE, cioè dall'ente di ricerca preposto a fare questo. Si tratta di un documento che posso lasciare a disposizione dei parlamentari interessati. È molto interessante perché vi si trova il singolo comune e il modello del serbatoio. Per ogni singolo comune in Italia che ha il Pag. 11serbatoio è scritto quanta energia è producibile.
  Qual è l'insieme importante del settore geotermia? Dove si trova la media e alta entalpia, c'è la possibilità di produrre energia elettrica. Dal primo scarto di energia geotermoelettrica con il calore residuo si possono fare le reti di teleriscaldamento. Perché questa produzione di energia ce l'ha solo Ravenna e non altri comuni d'Italia che hanno la stessa morfologia di territorio, ma che non possono avere il calore portato dentro casa senza fare combustione di idrocarburi e, quindi, riscaldare condomini, edifici, quartieri e mezza città? Ravenna ha più della metà della propria città riscaldata col geotermoelettrico. Nessuno brucia gas, carbone o gasolio. È la geotermia a essere un termosifone unico, una caldaia unica che offre riscaldamento a tutti.
  Il terzo sistema, su cui l'Italia è in eccellenza, ma è pochissima la visibilità, è il retrofit building. Negli edifici che stanno venendo su nuovi o in quelli vecchi parecchie persone fanno il passaggio alla geotermia per un fatto semplicissimo: noi abbiamo bisogno di freddo o di caldo per attenuare le temperature. Se fa molto freddo all'esterno, devo alzare la temperatura. Se parto da zero gradi o 2 gradi e devo portare dentro un edificio o un ambiente, ad esempio, come questo palazzo, devo portarne 22-23 per farvi stare a vostro agio. Se parto da zero e vado a 23, quanta energia elettrica devo consumare in pompa di calore? Immaginate se, invece, c'è la sonda e parto dai 18 gradi stabili che l'Italia ha in tutta la sua penisola. Parto da 18 gradi, con l'aria che viene tirata dai 18 e deve arrivare dai 18 ai 22, se devo scaldare. La parte elettrica che viene consumata è quella per aumentare di 4-5 gradi.
  Facciamolo al contrario. In questo mese abbiamo avuto il giugno più caldo da trent'anni. Se fuori abbiamo 40 gradi e devo portare 22 gradi in questo ambiente, tutti peschiamo con l'aria dei 40 gradi e portiamo i 22 gradi. Ma, se sotto terra, con 40-50 metri, peschiamo a 18 gradi, addirittura portando solo i 18 gradi all'interno di questa stanza, senza condizionamento – questo metodo non farebbe neanche male sotto altri punti di vista – portiamo 18 gradi naturali all'interno di questo edificio. Di conseguenza, perché non dobbiamo superare questa sfida energetica?
  Aggiungo un'ultima frase e concludo. Purtroppo, la dico perché deve avere un impatto verso voi, che siete importanti, essendo i rappresentanti del popolo. Mi spiegate perché il problema delle emissioni e dei comuni che cominciano a bloccare il traffico delle automobili parte sempre a novembre? Perché noi a novembre usiamo la macchina e, invece, negli altri mesi non usiamo le automobili?
  È chiaro che il problema delle emissioni non sono le automobili, ma i riscaldamenti? Ciò vuol dire che, per scaldare gli edifici e per avere l'energia che serve all'industria e alle attività produttive, noi inquiniamo. Siamo un Paese che potrebbe non inquinare. Non lo dico io, lo dice l'ente dello Stato. Eppure lo ignorano tutti. L'ente dello Stato è completamente ignorato.
  Collegano geotermia e sismicità? Scusate, noi abbiamo quasi 30 centrali attive in Toscana, anche enormi, alcune da 30 megawatt. C'è stata negli ultimi trent'anni una scossa sismica riscontrata dalle 30 centrali attive da trent'anni in Toscana? Zero. Perché, se uno ne vuole fare una da un'altra parte, c'è l'allarme sismicità?
  Ci sono 30 centrali attive. Com'è possibile che quelle 30 non provochino niente in trent'anni ma, se se ne apre qualcun'altra da un'altra parte, si piega l'Italia in due e viene risucchiata all'interno del nucleo? Com'è possibile questa differenza di informazione?
  A novembre si accendono i riscaldamenti e fermiamo le automobili. Con 30 centrali attive non c'è sismicità, ma, se ne facciamo una da un'altra parte, fuori dalla Toscana, c'è sismicità. Mi sembrano dei dati strani.

  PRESIDENTE. Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LUCA SQUERI. A conferma della tesi, che condivido, si potrebbe fare di più, dunque, Pag. 12 per promuovere la geotermia nel contributo ad aumentare l'utilizzo di rinnovabili?

  TULLIO PATASSINI. Ho solo una domanda. Chiedo al dottor Righini se potesse illustrarci quali sono i vincoli reali allo sviluppo della geotermia in Italia.

  PRESIDENTE. Do la parola dottor Righini per la replica.

  DIEGO RIGHINI, general manager di ITW LKW Geotermia Italia Spa. Sul tema delle rinnovabili, c'è un'altra questione importante. Si è sempre parlato dell'indipendenza energetica dell'Italia. È noto che in media il fotovoltaico – dipende da dove siamo posizionati – ci può dare dalle 1.600 alle 2.200 ore l'anno. Se siamo al Sud, tendiamo alle 2.200, se siamo al Nord, tendiamo alle mille 1.600-1.800. Anche per l'eolico siamo su un dato simile, o qualcosa di meno.
  Il geotermoelettrico gira esattamente 365 giorni all'anno, 24 ore su 24, ragion per cui tende alle 8.400-8.500 ore l'anno. Ciò significa che il termoelettrico è comparabile, per la continuità elettrica, esattamente all'idroelettrico e al nucleare. Ha la stessa comparazione rispetto alla possibilità. Questo è un altro motivo per il quale nella risposta che l'Italia deve rispetto alla SEN, deve spiegare come utilizzare le FER.
  Si è parlato molto degli incentivi relativi al discorso geotermia. Quando una questione ha bisogno di un incentivo? Se non le si permette uno sviluppo a condizioni di mercato. Le imprese non fanno investimenti in geotermoelettrico perché puntano agli incentivi. Lo schema è il contrario. Tu, sistema Paese, che condizioni di mercato mi crei perché sia prodotto il geotermoelettrico? Se mi crei delle condizioni favorevoli, non voglio incentivi. Posso realizzare la centrale della dimensione che voglio, svilupparla e realizzare con una multiutility e anche con i comuni una mia centrale di teleriscaldamento. Non ho bisogno di incentivi, non ho bisogno dello Stato, ho bisogno solo di non essere ostacolato.
  Se la condizione di mercato è pessima, con tutti vincoli, lacci e lacciuoli, e mi permette di fare piccole centrali, a questo punto, ho una dimensione per cui mi devo sedere al tavolo con il Governo e chiedere l'incentivo. Oggi il geotermoelettrico a 5 megawatt, per farlo pulito e per tenere la contabilità, considerando che oggi si presenta l'istanza e dopo sette anni – forse – si è autorizzati a cominciare, occorre richiedere i 200 euro che vengono richiesti oggi all'interno dei FER. Questa è la dinamica.
  Penso che le difficoltà nascano oggi con i vincoli, per rispondere all'onorevole deputato, e con il fatto che a volte la politica, ossia chi ha responsabilità di rispondere a una cittadinanza in modo a volte anche diretto. Oggi ci sono i social network, che sono un problema di sollecitazione per chi fa politica e, quindi, di pressione.
  Il problema è il seguente: per approvare progetti, si usa un metodo tecnico-scientifico, documentale, o un metodo del consenso rispetto a questa dinamica? L'idea è che, se vale quello che viene detto, il fenomeno NIMBY, che voi conoscete benissimo, vincerà sempre. Oggi si possono dire cose positive, ma, se si dice che, se arriva la centrale, distruggerà il proprio territorio, il sindaco, pur essendo convinto che non sia così, ha difficoltà, sotto pressione, a superare questo ostacolo. Il vero problema è il fenomeno NIMBY. Non so se dal punto di vista parlamentare prima o poi possa essere previsto che, se qualcuno fa un procurato allarme rispetto agli investimenti, riceva una sanzione. Il procurato allarme crea dei danni al Paese, lo tiene bloccato e arretrato, non lo fa sviluppare, non lo fa crescere, non lo fa modernizzare. Non so se questo sia un danno quantificabile.
  Con le procedure di VIA (valutazione impatto ambientale) possiamo fare tutte le audizioni e i contraddittori, far parlare tutti, osservare tutti, far controdedurre a tutti e integrare tutto quello che va integrato, ma, a un certo punto, va messa la parola «fine». Quando chi presenta un progetto rispetta la legge e risponde a tutti i quesiti che gli vengono posti, anche i più astrusi, anche i più illogici da un punto Pag. 13tecnico-scientifico, a un certo punto, si può mettere uno stop? Si può giudicare il progetto positivamente e andare avanti?
  Io penso che i problemi nascano perché c'è il politico di turno che non sa dire «stop».

  PRESIDENTE. Ringrazio e saluto il dottor Righini a nome della Commissione.

  DIEGO RIGHINI, general manager di ITW LKW Geotermia Italia Spa. Lascio alla Presidenza i dati sui singoli comuni

  PRESIDENTE. Ne dispongo la trasmissione ai deputati componenti della Commissione.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti di Imprese gas (IGAS).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia energetica nazionale al Piano nazionale energia e clima per il 2030, l'audizione di rappresentanti di Imprese gas (IGAS).
  Nel dare la parola al presidente di Imprese gas (IGAS), Roberto Potì, ricordo che l'audizione odierna è finalizzata esclusivamente a ottenere elementi istruttori utili ad approfondire le tematiche oggetto del programma dell'indagine conoscitiva.

  ROBERTO POTÌ, presidente di Imprese gas (IGAS). Onorevole presidente, onorevoli deputati, vi ringrazio per l'invito che avete rivolto per l'audizione alla IGAS, l'associazione di Confindustria focalizzata sui temi di gas riguardanti prevalentemente il midstream e il downstream del gas e il suo sviluppo tecnologico e di mercato.
  L'associazione partecipa ai tavoli istituzionali e interassociativi ed è membro di Confindustria Energia, nella quale ricopre il ruolo di vicepresidente. Infatti, la settimana scorsa ho fatto parte in questo ruolo, insieme con il presidente, l'ingegner Ricci, della delegazione di Confindustria Energia che ha partecipato all'audizione presso questa Commissione.
  Pur confermando l'adesione al principio di technology neutral, in questa veste di presidente di IGAS vi illustrerò maggiormente le nostre visioni sul settore del gas. Avendo voi già visto e ascoltato altri operatori del settore, direi che andrò sui temi che caratterizzano la nostra posizione nei riguardi di alcuni specifici argomenti.
  In merito al Piano energetico nazionale integrato energia e clima devo innanzitutto dire che il Piano presentato dall'Italia ha avuto un'ottima risonanza a livello europeo, in quanto abbastanza in linea con le strategie che l'Italia persegue da molti anni sul concetto della complementarità tra il gas e le fonti rinnovabili, al contrario di altri Paesi che, invece, avevano un Piano nucleare-carbone-rinnovabili, poi carbone-rinnovabili e attualmente gas-rinnovabili, come la Germania. Tra l'altro, l'Italia, avendo raggiunto gli obiettivi 20-20-20, ha evidentemente un'ottima referenza sul fatto di sviluppare politiche che hanno un contenuto e un risvolto anche industriale.
  Secondo noi, il Piano non attribuisce adeguato rilievo al settore del gas, che, invece, per noi giocherà un ruolo centrale nel supporto delle rinnovabili, della progressiva decarbonizzazione dell'economia, dello sviluppo tecnologico e dell'utilizzo di infrastrutture esistenti, che sono asset competitivi dell'Italia rispetto ad altri Paesi d'Europa.
  Per quanto riguarda i principali obiettivi, mi soffermerò sulla diversificazione delle fonti e le rotte di approvvigionamento del gas, la riduzione dello spread tra il PSV (punto di scambio virtuale) e gli hub europei, l'ottimizzazione dell'uso delle infrastrutture, nuove fonti di importazione di GNL (gas naturale liquefatto) e il rafforzamento del ruolo del GNL stesso.
  Tra la presentazione del Piano e oggi ci sono stati anche i commenti o le raccomandazioni della Commissione europea, che raccomandano le misure di diversificazione e riduzione di dipendenza energetica, nonché la riforma dei mercati all'ingrosso del gas naturale e di quelli al dettaglio dell'elettricità e del gas naturale. La Commissione Pag. 14 chiede anche di assicurare uno sviluppo del settore che sia compatibile con gli obiettivi di decarbonizzazione 2025 espressi dal Piano, in particolare per quanto riguarda l'abbandono del carbone, e di promuovere un'interconnessione del gas con l'Europa centrale e sudorientale e la valutazione di maggiore cooperazione nel settore del Mediterraneo.
  Devo dire che rispetto a queste osservazioni il Governo italiano, avendo già approvato delle normative per quanto riguarda il capacity market per le FER, risponde in qualche modo al terzo punto, cioè quello che chiede che lo sviluppo del settore non sia soltanto una dichiarazione di principio, ma anche un'attuazione normativa.
  Con riguardo alla domanda gas in Italia, tale domanda nel 2018 è stata di 73 miliardi di metri cubi. Nel Piano si prevede un consumo di 60 miliardi di metri cubi di gas. Guardando la slide della documentazione trasmessa alla Commissione, che è un'elaborazione di Nomisma Energia, si vede come il consumo del gas nei vari settori, in realtà, sia difficilmente comprimibile fino ad arrivare ai 60 bcm, in quanto i limiti di tipo tecnologico di alcuni settori non consentono lo switch sull'elettricità. Il gas è una componente importante per la competitività di questi settori, in quanto essi hanno bisogno di alte temperature nei processi e anche di continuità di fornitura.
  Per quanto riguarda il residenziale, nonostante l'aumento degli impieghi di energia elettrica negli usi finali generato dall'evoluzione tecnologica, appare complesso trasformare nel breve periodo il mix degli impianti di riscaldamento delle abitazioni esistenti, sia in termini di abitudini dei consumatori, sia sotto il profilo tecnico.
  Attualmente in Italia ci sono quasi 16 milioni di case riscaldate a gas naturale. Noi pensiamo che di quelle esistenti una minima parte sarà tutta elettrificata, mentre sulle nuove costruzioni probabilmente la percentuale sarà maggiore. D'altro canto, se volessimo riscaldare tutto elettricamente, dovremo strutturarci un po’ come la Francia, dove il picco di domanda del riscaldamento coincide anche con un picco di produzione di energia elettrica e dovremmo installare molti più impianti elettrici di quanto previsto oggi.
  L'Italia è il terzo mercato europeo per consumo di gas naturale, lo sarà anche in futuro e dipende dalle importazioni. Gli attuali contratti di fornitura non saranno sufficienti a soddisfare la domanda del medio e lungo termine, ragion per cui la revisione di questi contratti e lo sviluppo di infrastrutture per assicurare la sicurezza e la competitività del sistema sono aspetti fondamentali.
  Occorrerà poi valorizzare in quest'ottica anche le opportunità offerte, come raccomanda del resto la Commissione, dall'apertura del corridoio sud tramite il TAP e dall'opzione strategica nel medio termine del Mediterraneo orientale rappresentata dal sistema EastMed-Poseidon.
  Bisogna anche dire che, per quanto riguarda il differenziale di prezzo tra il PSV (punto di scambio virtuale) e il TTF (Title Transfer Facility), ovvero il prezzo continentale, chiaramente ci vorrà un allineamento delle tariffe di trasporto europee. In quest'ambito si dovrà in qualche modo partecipare, come aziende o come associazioni, alle consultazioni per il nuovo gas package della Commissione europea.
  Per quanto riguarda la produzione elettrica, è chiaro che la produzione elettrica, con l'uscita del carbone, avrà uno switch sul gas, che è importante per avere poi un'adeguatezza del sistema e un sistema flessibile ed efficiente.
  In merito alle tecnologie. Lo sviluppo tecnologico dei cicli combinati, che in Italia sono presenti da molti anni e sono una peculiarità positiva in Europa, ha aumentato l'efficienza del rendimento. Si è passati dal 55-56 per cento di rendimento al 62 per cento, abbattendo sensibilmente le emissioni di CO2.
  Nel grafico della documentazione si può vedere come un impianto CCGT (Combine Cycle Gas Turbine) con nuova tecnologia classe H2 abbia una differenza del 10 per cento rispetto agli attuali impianti esistenti in termini di emissioni specifiche di CO2 per kilowattora prodotto, del 19 rispetto a quelli più vecchi e del 62 per cento rispetto Pag. 15a una centrale a carbone standard. Lo sviluppo dei nuovi impianti a ciclo combinato offrirà questo miglioramento nelle emissioni della CO2.
  Per assicurare al sistema questo livello di flessibilità, adeguatezza ed efficienza occorre un'ulteriore nuova capacità gas rispetto, secondo noi, ai 3 gigawatt previsti dal PNIEC. Peraltro, tra il 2025 e il 2030 ci sarà la necessità di fare un repowering di impianti in esercizio che arriveranno a fine vita utile. Il nostro messaggio è che i 60 bcm di domanda e i 3 gigawatt di cicli combinati probabilmente dovranno essere visti al rialzo.
  In questo quadro si valuta positivamente la recente approvazione del capacity market, essenziale per sostenere il processo di phase-out del carbone e lo sviluppo delle fonti rinnovabili elettriche.
  Per quanto riguarda il settore trasporti, in tale settore l'Italia ha un'eccellenza al momento, in quanto in tema di gas naturale compresso la flotta italiana detiene il primato europeo.
  Per quanto riguarda il GNL, l'Osservatorio GNL ha pubblicato recentemente dei dati per cui le stazioni di GNL per il trasporto pesante in Italia sono arrivate a un numero di 53, superiore a quello di tutti i Paesi europei (per esempio, la Spagna ne ha 44, la Germania 6 e in Europa ce ne sono complessivamente 218), ovviamente molto dietro alla Cina, che ne ha 1,300, ma davanti agli Stati Uniti, che ne hanno circa 150.
  Lo sviluppo del gas nel trasporto, oltre ai veicoli elettrici evidentemente, comporterà una riduzione della CO2. In questo bisogna avere anche uno sviluppo tecnologico, per esempio il biometano, che è una fonte rinnovabile e che porterà un apporto molto drastico nella riduzione di CO2, nonché una tecnologia da economia circolare, in quanto associa la produzione di gas da altri settori, in particolare quello agricolo, e l'energia. Ha, quindi, anche questo aspetto. Inoltre, il GNL di cui parlavo prima ha grandi prospettive anche nella sua dimensione dello small scale LNG. Nello small scale LNG, in cui negli ultimi tempi sono stati fatti numerosi progressi, direi che l'Italia non è partita all'inizio molto velocemente sulle stazioni di alimentazione dei camion e anche delle navi, ma sta recuperando il terreno. Si assisterà, dunque, a un ampliamento della flotta dei mezzi stradali, per la quale è atteso un raddoppio della dotazione sia dei distributori, sia dei mezzi stessi.
  Andranno poi valorizzati i progetti di depositi costieri di GNL, che verranno riforniti con delle navi apposite chiamate LNG carrier. Si tratta di una filiera innovativa, che alimenterà in maniera sostenibile un intero settore dell'economia italiana. Per ogni deposito di GNL di capacità media si stima che ci saranno ridotte emissioni per circa 6 milioni di tonnellate di CO2.
  Naturalmente, lo sviluppo del mercato del GNL consente di alimentare anche delle aree off grid, praticamente la Sardegna, nel cui processo di transizione energetica, anche con il contributo dei depositi costieri, sarà essenziale anche definire meccanismi di tariffazione che possano garantire l'allineamento con i prezzi del continente.
  Sulle tecnologie sarò molto veloce, perché le tecnologie non hanno al momento raggiunto una maturità per la quale si possa discutere già di risultati, essendo appena stati sviluppati questi nuovi processi. Bisogna precisare, però, la motivazione.
  Lo stoccaggio del gas offre disponibilità a costi più vantaggiosi rispetto all'energia elettrica soprattutto per la modalità stagionale. L'importante è trovare progressivamente un sostituto del gas naturale che possa svolgere questo fondamentale servizio di stoccaggio stagionale attraverso l'utilizzo dei cosiddetti green gas.
  I green gas sono l'idrogeno oppure il metano sintetico. Questi vettori energetici si affidano a due processi cardine, il power-to-gas – e non il gas-to-power – per utilizzare l'energia elettrica per produrre il gas, e l'elettrolisi. Si può fare il power-to-gas attraverso le centrali a ciclo combinato e ottenere dei gas sintetici facendo una cattura della CO2 alle emissioni del camino e poi combinandole con il carbonio sottratto in questa CCS (Carbon Capture and Pag. 16Storage) e, quindi, con l'idrogeno prodotto con l'elettrolisi, per esempio, delle fonti rinnovabili. Il vantaggio qual è? Essendo le centrali già situate in siti in cui sono disponibili la rete gas e la rete elettrica, diventano dei piccoli impianti chimici e non solo energetici.
  Questo sviluppo di tecnologie è un forte stimolo anche alla crescita delle competenze sia dei giovani, sia degli esperti e degli addetti ai lavori in questo settore, che hanno competenze maturate sia nel settore energetico, sia nel settore chimico. Non si tratta di un cambiamento completo di competenze che potrebbe anche creare dei problemi di occupazione.
  Infine – magari è una visione un po’ particolare da parte nostra – c'è il rapporto col Mediterraneo, che compare anche in una raccomandazione della Commissione europea. Attualmente i Paesi della sponda est e della sponda sud rappresentano il 25 per cento del PIL, ma entro il 2030 ospiteranno circa il 60 per cento della popolazione del bacino. Quando mi riferisco a sponda sud e sponda est, intendo tutto il bacino che va dal Marocco alla Turchia.
  Tale dinamica comporterà una trasformazione della domanda energetica aggregata nei Paesi del Nord Africa e dell'area orientale. Il modello di transizione verso la decarbonizzazione e i gas rinnovabili tracciato dal PNIEC e la sua definizione in termini normativi e regolatori, secondo noi, possono costituire il riferimento per molti Paesi dell'area del sud-est del Mediterraneo. In questo contesto si potranno realizzare anche nuove infrastrutture energetiche, come interconnessioni elettriche e sistemi di trasporto gas naturale, che consentiranno di valorizzare le abbondanti risorse del Mediterraneo e di rendere più sicura la sostenibilità per i sistemi energetici dell'area.
  È evidente che una sostenibilità energetica richiede anche una sostenibilità economica e, quindi, anche una stabilità politica, che ha anche altre ripercussioni su altri effetti che noi adesso abbiamo dalla costa nord del Mediterraneo.
  In conclusione, la nostra visione è che il PNIEC non debba essere visto soltanto in funzione dei rapporti con i Paesi dell'Unione europea, ma anche come punto di riferimento per l'area del Mediterraneo, in termini sia di pianificazione, sia di regolazione e normativa, sia di interventi industriali che gli operatori italiani possono compiere in quest'area, contribuendo alla stabilità di questi Paesi.
  Ho concluso e sono disponibile per eventuali domande.

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
BARBARA SALTAMARTINI

  PRESIDENTE. Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIANLUCA BENAMATI. Tralascio le questioni di carattere generale, perché mi pare abbastanza esaustiva l'indicazione di IGAS sull'uso del gas come elemento di transizione. L'oggetto di discussione è proprio questo.
  Ho una curiosità. Noi abbiamo svolto un'audizione nei giorni passati – il presidente Potì ha citato anche il biometano, oltre che il GNL – in cui ci veniva detto che la proiezione credibile al 2030 potrebbe essere la produzione di un miliardo di metri cubi, o qualcosa del genere, di biometano. Si osservava, però, che il Paese, in questo caso, non è ancora pronto ad assorbire questo tipo di combustibile.
  Ho visto anche nei vostri diagrammi e nei vostri grafici sull'uso del gas – penso a quello realizzato da Nomisma e alla banda rossa che rappresentava il biometano – un dato in crescita. Essendo questa la fase importante di applicazione della strategia del PNIEC, quali pensate siano gli strumenti necessari? Ovviamente, diamo vita a un'industria importante come quella del gas, del biometano, ma magari ci troviamo in una situazione per cui esso non viene impiegato nella maniera più adatta.

  LUCA SQUERI. La mia, più che una curiosità, è una perplessità, che evidenzio. Pag. 17Sono convinto che il gas rappresenti un elemento fondamentale per questo percorso di transizione energetica.
  Tuttavia, come coniugate il fatto che l'obiettivo sia quello della decarbonizzazione al 2050 e che l'attuale Piano preveda al 2030 – non siamo ancora al 2050, ma comunque a una fase già avanzata di questo percorso – che il gas aumenti rispetto a un appuntamento che, molto formalmente, dovrebbe, invece, vedere anche il gas tirare i remi in barca?

  PRESIDENTE. Se non ci sono altre domande, do la parola al Presidente Potì per la replica.

  ROBERTO POTÌ, presidente di Imprese gas (IGAS). Circa la domanda dell'onorevole Benamati, io non ho constatato difficoltà per l'utilizzo del biometano. Il biometano, cioè il trattamento del biogas e, quindi, il trattamento meta specifica del gas naturale, non vedo problemi perché entri in una rete gas e, quindi, sia distribuito. Non vedo neanche problemi per il fatto che sia utilizzato sia dall'industria, sia dai generatori di energia elettrica.
  Il problema è quanto ce ne sarà in futuro, quanto se ne potrà produrre. Il miliardo e 100 milioni è quasi già garantito dal decreto ministeriale che incentiva l'utilizzo del biometano nei trasporti. Virtualmente, un'automobile che si muovesse solo a biometano, ovviamente, avrebbe meno emissioni di una che si muove a elettricità, perché l'elettricità non è prodotta al 100 per cento da fonti rinnovabili, ma non arrivo a dire questo.
  Per l'impiego del biometano non vedo quindi ostacoli. Il problema è come trasferire dalla produzione, che è distribuita, per esempio nelle discariche, a una concentrazione e, quindi, a una rete di adduzione. Non è molto diverso dal problema che abbiamo affrontato per le fonti rinnovabili elettriche, in cui gli impianti eolici distribuiti e gli impianti solari, a un certo punto, devono convergere nella media distribuzione o nell'alta tensione. La stessa cosa vale per la distribuzione gas. In realtà, il problema è avere processi economicamente validi. Bisogna vedere in quale contesto possono essere incentivati senza creare le distorsioni che ci sono state per le altre fonti rinnovabili, ma tecnicamente mi sembra la soluzione più facile.
  In merito a quali siano le prospettive, sul grafico della documentazione si evidenziano per il 2030 4 miliardi, per la verità. Ho sentito previsioni di 8. Dobbiamo soltanto vedere come va a finire. Non so se la mia risposta è soddisfacente.
  Per quanto riguarda la decarbonizzazione, l'aumento dell'utilizzo del gas per eliminare il carbone di fatto, di per sé, riduce le emissioni di CO2. Adesso c'è uno scenario europeo in cui nel 2040 comunque ci saranno 400 miliardi di metri cubi di gas in Europa. La stessa Germania sta raddoppiando il Nord Stream. Se lo sta raddoppiando, evidentemente è perché uscirà dal carbone.
  Il passaggio da 400 miliardi di metri cubi al 2040 a zero nel 2050 non è possibile. È possibile, invece, la decarbonizzazione del gas attraverso il biometano, attraverso l'idrogeno green o l'idrogeno blu, ossia quello prodotto da gas o quello prodotto da fonti rinnovabili, e da gas di sintesi. Sono tutte tecnologie che stanno partendo adesso, ragion per cui rispondere è un po’ difficile.
  Il vettore gas, tra l'altro, per il sistema italiano è importante, perché abbiamo un sistema di trasporto e stoccaggio molto efficiente e soprattutto sullo stoccaggio molto più competitivo di quello di altri Paesi europei. Bisognerà riempire questi stoccaggi con del gas con minor contenuto di carbonio e, quindi, con minore produzione di CO2. Questa è l'evoluzione. Adesso non posso sapere che cosa succederà al 2050. È meglio porsi l'obiettivo e capire che bisogna andare per passi.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente.
  Dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.50.