XVIII Legislatura

X Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Martedì 29 gennaio 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Carabetta Luca , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE PROSPETTIVE DI ATTUAZIONE E DI ADEGUAMENTO DELLA STRATEGIA ENERGETICA NAZIONALE AL PIANO NAZIONALE ENERGIA E CLIMA PER IL 2030

Audizione di rappresentanti dell'Associazione italiana di grossisti di energia e trader (AIGET).
Carabetta Luca , Presidente ... 3 
Bello Massimo , presidente dell'Associazione italiana di grossisti di energia e trader (AIGET) ... 3 
Carabetta Luca , Presidente ... 6 
Bello Massimo , presidente dell'Associazione italiana di grossisti di energia e trader (AIGET) ... 6 
Carabetta Luca , Presidente ... 6 
Bersani Pier Luigi (LeU)  ... 6 
Benamati Gianluca (PD)  ... 7 
Carabetta Luca , Presidente ... 7 
Bello Massimo , presidente dell'Associazione italiana di grossisti di energia e trader (AIGET) ... 7 
Carabetta Luca , Presidente ... 8 

Audizione di rappresentanti dell'Associazione generale operatori carboni (Assocarboni):
Carabetta Luca , Presidente ... 8 
Clavarino Andrea , presidente dell'Associazione generale operatori carboni (Assocarboni) ... 8 
Carabetta Luca , Presidente ... 11 
Sut Luca (M5S)  ... 11 
Squeri Luca (FI)  ... 11 
Benamati Gianluca (PD)  ... 12 
Patassini Tullio (LEGA)  ... 12 
Carabetta Luca , Presidente ... 12 
Clavarino Andrea , presidente dell'associazione generale operatori carboni (Assocarboni) ... 12 
Carabetta Luca , Presidente ... 14

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo Italiani all'Estero-Sogno Italia: Misto-MAIE-SI;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
LUCA CARABETTA

  La seduta comincia alle 12.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati, nonché la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'Associazione italiana di grossisti di energia e trader (AIGET).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia energetica nazionale al Piano nazionale energia e clima per il 2030, l'audizione di rappresentanti dell'Associazione italiana di grossisti di energia e trader(AIGET).
  Nel dare la parola al presidente, dottor Massimo Bello, ricordo che l'audizione odierna è finalizzata esclusivamente ad ottenere elementi istruttori utili ad approfondire le tematiche oggetto del programma dell'indagine conoscitiva.

  MASSIMO BELLO, presidente dell'Associazione italiana di grossisti di energia e trader (AIGET). Ringrazio la Commissione per l'invito Abbiamo esaminato diversi aspetti del piano. Ovviamente, sono molteplici. Per cui, l'idea è quella di sottolineare alcune cose prioritarie per la nostra associazione che rientrano nei temi che noi trattiamo.
  In linea generale, il commento che possiamo fare del piano è di questo tipo. Noi sosteniamo alcuni princìpi. Questi princìpi possono essere linee guida per diversi ambiti del Piano energia. Il primo è quello della concorrenza. Tutte le nostre riflessioni sono sempre volte a favorire la concorrenza nelle sue varie forme, quindi la concorrenza retail e anche la concorrenza su settori diversi dal retail, come ad esempio nei servizi di flessibilità per la rete o nello storage. Lo stop agli incentivi in bolletta è un altro principio al quale teniamo molto. La bolletta è già sovraccarica di una serie di incentivi che talvolta pesano di più dello stesso valore dell'energia e del gas che i clienti adoperano. Il terzo principio è il sostegno all'innovazione. Qualunque strada sia intrapresa all'interno del Piano energia occorre che sia incentivata l'innovazione nelle sue forme (nuovi servizi e innovazione tecnologica). Su questi tre princìpi noi ci siamo basati per fare alcune considerazioni sul piano.
  Un primo tema che sta molto a cuore alla nostra associazione riguarda il completamento della liberalizzazione dei mercati dell'energia. AIGET è un'associazione che rappresenta i fornitori di energia e gas sul mercato. A nostro avviso, l'unico modo per ottenere un settore dell'energia concorrenziale («concorrenziale» vuol dire prezzi competitivi, ma vuol dire anche innovazione dei servizi, nuove idee, nuove tecnologie), l'unico modo per ottenere questo risultato è che ci sia una vera concorrenza ad armi pari tra gli operatori, cosa che oggi, a nostro avviso, non c'è. Una concorrenza fatta ad armi pari consente di avere diversi player di dimensione media o medio-grande che competono tra loro a parità di risorse e di possibilità. Pag. 4
  Per cui, un primo punto saldo per noi nell'evoluzione del settore energetico è quello di completare la liberalizzazione. Come sapete, la liberalizzazione è stata spostata più di una volta. In questo momento la data per la liberalizzazione è luglio 2020. Questa diventa per noi una data veramente importante. Questa data dovrebbe essere mantenuta. Tutte le attività che servono ad arrivare ad una liberalizzazione devono essere fatte con il congruo preavviso necessario.
  Quali sono queste attività propedeutiche alla liberalizzazione? Bisogna dare certezza ai consumatori, bisogna rassicurarli sugli effetti della liberalizzazione. Noi, che rappresentiamo i venditori e i fornitori di energia e gas, crediamo sia molto importante dare seguito all'albo dei venditori. Chi opera in questo settore deve avere un set minimo di requisiti tecnici ed economici. C'è una consultazione in corso su questo argomento. Noi siamo favorevoli all'introduzione di un albo per far sì che il mercato sia popolato da fornitori affidabili. Questo è il primo punto.
  Inoltre, argomento di grande attualità, per noi è veramente cruciale che sia monitorato molto bene dalle autorità del settore il passaggio dei clienti dai mercati tutelati al mercato libero quando siamo in presenza di operatori integrati o ex monopolisti o incumbent, cioè operatori che lavorano sia nella fase della distribuzione, quindi in una fase ancora in monopolio, sia sul mercato libero. Un recente provvedimento dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha sottolineato che spesso il passaggio dei clienti da mercato regolato a mercato libero avviene con pratiche non del tutto corrette. Questo proprio di recente ha portato a sanzioni per gli ex monopolisti da parte dell'Antitrust pari a oltre 100 milioni di euro.
  A nostro avviso, ritardare il mercato non è una misura a favore del consumatore, quanto piuttosto una misura che può favorire anche chi oggi gestisce clienti in un regime regolato. Il problema più importante della liberalizzazione è cosa fare con quei clienti che non effettuano una scelta, per vari motivi: sia perché l'energia elettrica e il gas sono una commodity, sia perché per tradizione sono clienti abituati a non distaccarsi dal loro fornitore storico. Qualunque sia il motivo per cui questi clienti permangono in una situazione di mercato regolato, bisogna decidere cosa fare di loro alla data di passaggio alla concorrenza.
  Da questo punto di vista, abbiamo sviluppato una proposta che, secondo noi, è interessante perché va nella direzione di garantire il consumatore, ma anche in quella di creare una pluralità di offerte. AIGET sarebbe favorevole a ideare un servizio di tutela transitorio che consenta ancora condizioni calmierate o regolate per i clienti finali. Dovrebbe, però, essere un servizio di tutela, finalmente, contendibile, non appannaggio solo di pochi soggetti, ma un servizio tutelato al quale possano accedere gli operatori che fanno parte di quell'albo venditori a cui accennavo prima.
  Questo potrebbe essere un compromesso che, da una parte, mantiene meccanismi di garanzia per il consumatore, ma dall'altra consente di arrivare a quella pluralità di concorrenti che, secondo noi, è fondamentale per far sì che ci sia un mercato vero, un mercato dove i concorrenti possono competere sul prezzo e sui servizi.
  Questo servizio di tutela transitorio, che per noi sarebbe opportuno che iniziasse il prima possibile (non sarebbe neanche necessario aspettare il 2020, perché si tratterebbe di un servizio che conserva forme di tutela), dovrebbe essere assegnato su base pluralistica, quindi sulla base delle competenze tecniche o delle condizioni economiche proposte, a più fornitori, anche attraverso meccanismi collettivi di switching. Se riusciamo a far sì che l'albo venditori definisca quali sono i fornitori affidabili e preserviamo delle tutele per il consumatore, allora vengono meno quelle preoccupazioni che si possono presentare quando si pensa al passaggio da un fornitore storico a un fornitore diverso.
  Perché proponiamo questo? Se si passa da un mercato come quello di oggi, con cinque operatori estremamente strutturati, di grande dimensione, grazie al fatto che gestiscono una mole di clienti regolata importante e centinaia di fornitori di piccolissima Pag. 5 dimensione, a un mercato in cui, invece, competono tra loro decine di competitor di dimensione rilevante, quindi anche con risorse importanti, secondo noi si fa un progresso verso l'innovazione e verso la competitività.
  Un altro tema molto importante per la nostra associazione, che risponde a uno dei tre princìpi che avevo elencato all'inizio, è la vicenda degli oneri di sistema. Gli oneri di sistema sono una componente delle bollette che paghiamo tutti molto rilevante (hanno un'incidenza anche del 30 per cento ormai), che rappresentano incentivazioni di vario tipo. Per questo noi dicevamo che tra i nostri princìpi guida nel commentare il Piano dell'energia ci deve essere lo stop agli incentivi in bolletta, perché abbiamo già una situazione fortemente sbilanciata in cui la bolletta rappresenta poco energia e gas e tanto altre cose, tra cui gli incentivi.
  La vicenda degli incentivi per noi è importante, perché esiste un'anomalia, in quanto i fornitori di energia, che incassano questi incentivi o oneri di sistema nelle loro bollette, devono anche farsi carico degli oneri non riscossi. Questa è veramente un'anomalia, perché noi siamo un servizio di riscossione in questo caso e, a differenza di tutti gli altri servizi di riscossione che esistono in Italia, noi siamo obbligati a farci carico dell'insoluto.
  Questo ha portato a un contenzioso veramente infinito e faticoso. Auspichiamo da questo punto di vista una soluzione, che per noi potrebbe essere simile a quella trovata per la gestione del canone RAI. Quando noi non incassiamo il canone RAI affidiamo la riscossione all'Agenzia delle entrate. Bisognerebbe trovare un meccanismo analogo per gli oneri di sistema.
  Siamo anche favorevoli a meccanismi transitori, come ad esempio le proposte che ha avanzato il regolatore, però gli oneri di sistema sono anche un po’ il termometro del livello che hanno raggiunto gli incentivi in Italia. Ancora oggi in diversi punti, toccati anche dal Piano energia, si accenna al tema degli incentivi. Basti pensare alle fonti rinnovabili, alle colonnine elettriche o ad altre tematiche.
  Noi, su tutta questa questione che riguarda l'eventuale sostegno a forme di innovazione e a nuove fonti produttive dell'energia, non siamo favorevoli all'introduzione di ulteriori incentivi che poi gravano sulla bolletta finale del consumatore.
  Possiamo pensare eventualmente a strumenti di test nell'avvio di nuove tecnologie oppure a meccanismi che possano prevedere anche il diretto coinvolgimento delle istituzioni pubbliche. Per esempio, se penso ai PPA (power purchase agreement) del fotovoltaico, quindi alla realizzazione di impianti fotovoltaici che servono specifici clienti, in quel caso per noi è una buona idea fare in modo che la pubblica amministrazione sia la controparte di questi impianti. Suggeriamo, quindi, la realizzazione di impianti rinnovabili per alimentare la pubblica amministrazione, ma non incentivi nel senso stretto del termine.
  Vorrei fare un piccolo approfondimento sul tema dei PPA. Per PPA si intende contratti dove un impianto fotovoltaico medio-grande serve delle utenze specifiche, per esempio un'industria o un aggregato di utenze. A nostro avviso, ci sono tutte le condizioni affinché impianti di questo tipo siano realizzati secondo logiche di mercato. Peraltro, alcuni esempi, all'estero ma anche in Italia, ci sono già stati.
  Nell'ipotesi in cui il mercato non sia in grado di sviluppare tecnologie di questo tipo, c'è da riflettere sul fatto che probabilmente impianti fotovoltaici di media-grande taglia sono necessari, se si vogliono raggiungere gli obiettivi del Piano energia e clima.
  Pertanto, nel caso in cui il mercato non sia in grado di produrre la capacità necessaria, secondo noi è possibile prevedere sostegno a queste iniziative, ma per volumi molto ridotti e per periodi brevi, finalizzati proprio all'avvio del mercato, oppure si può prevedere il coinvolgimento della pubblica amministrazione.
  Il rischio di questi impianti è sostanzialmente il rischio controparte, perché, se io realizzo un grande impianto fotovoltaico asservito a un'industria e quell'industria poi cessa di esistere, mi ritrovo con un impianto che perde gran parte del suo Pag. 6significato. Per questo la pubblica amministrazione potrebbe essere forse l'interlocutore più adatto per far partire questo tipo di mercato.
  Per quanto riguarda, invece, i mercati dell'energia all'ingrosso, un tema secondo noi significativo è il seguente. Uno scenario futuro in cui ci sarà una moltitudine di punti di produzione dell'energia elettrica (impianti rinnovabili o di piccola taglia, impianti più flessibili) cambia il paradigma del nostro sistema di distribuzione dell'energia, perché bisognerà gestire un'offerta molto variabile e anche difficilmente prevedibile.
  In questo senso, bisogna fare in modo che tutti i servizi di contorno siano il più possibile aperti al mercato. Mi riferisco a tutti quei servizi di flessibilità che sono necessari per tenere in equilibrio il sistema. Se io ho tante fonti produttive che a volte producono e a volte no, distribuite sul territorio, dall'altra parte devo avere anche una domanda flessibile, perché altrimenti il sistema farebbe fatica a trovare il suo equilibrio.
  Dal nostro punto di vista, è importante che i servizi di flessibilità, quindi partecipare al bilanciamento della rete, siano un ambito sempre più aperto al mercato, non gestito esclusivamente dal gestore della rete. Faccio un esempio: se prevediamo nel Piano energia un forte sviluppo della capacità di stoccaggio dell'energia, che serve proprio in questi momenti di flessibilità per bilanciare il sistema, è fondamentale, a nostro avviso, che lo storage sia aperto al mercato. C'è anche a tal proposito una direttiva europea che parla di un principio che noi condividiamo: se c'è necessità di realizzare capacità di stoccaggio, prima che il gestore di rete (nel nostro caso Terna) lo realizzi in proprio al di fuori del mercato, sarebbe importante sondare se sul mercato ci sono soggetti interessati a realizzare loro stessi quella capacità di stoccaggio e, solo se questo non avviene, ricorrere al gestore di rete. Questo, a nostro avviso, è un altro esempio di concorrenzialità.

  PRESIDENTE. Le chiedo scusa, presidente. Abbiamo un'ulteriore audizione e qualche commissario sicuramente vorrà fare delle domande, quindi la devo invitare a concludere per poi lasciare la parola ai commissari.

  MASSIMO BELLO, presidente dell'Associazione italiana di grossisti di energia e trader (AIGET). Dunque, la concorrenzialità è un principio anche per questo aspetto dello storage.
  Nell'ingrosso gas il nostro commento è che siamo favorevoli alla diversificazione delle fonti e alla creazione del corridoio Sud di approvvigionamento. Infine, per chiudere, direi che in generale tutto quello che è sostegno all'innovazione e a nuove forme di mercato per noi è visto in maniera positiva. Mi riferisco, ad esempio, a quello che concerne la demand response per le utenze di piccola taglia, che è sempre uno strumento di flessibilità, all'energia peer to peer, dove io consumatore produco e rivendo la mia energia ad altri consumatori, o al mettere a mercato il metering, che è la fase dei contatori.
  Non da ultimo, noi siamo favorevoli anche a un unbundling proprietario nel caso dei soggetti integrati che gestiscono le reti e anche la vendita, perché in futuro i dati saranno sempre più importanti.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  PIER LUIGI BERSANI. Ho sentito che lei, presidente Bello, sostanzialmente alludeva a un obiettivo di politica industriale che può portare efficienza al sistema e anche beneficio ai consumatori, cioè venir via dalle centinaia – sto parlando di mercato tutelato –, andar verso le decine, non rassegnarsi ai quattro o cinque e fare una transizione.
  Io trovo molto interessante questa ipotesi, purché – e su questo vorrei conoscere la sua opinione – si consideri la sequenza logica di questo fatto. Ho capito i tempi, il 2019, il 2020 e così via; tuttavia, va trovato il modo di fare un passaggio transitorio pre-selezionando. Infatti, io parto sempre dal presupposto che, se sono 450, è chiaro che c'è una zona di inefficienza del sistema Pag. 7che spiega il fatto che la gente non voglia uscire dal mercato tutelato, perché alla fine è così.
  Pertanto, le chiedo se è d'accordo nel dire teniamo la sequenza, facciamo l'albo, affrontiamo il tema di un passaggio transitorio e vediamo se possiamo stabilire un meccanismo di concorrenza qualificata, dopodiché sdrammatizziamo la data. Queste sono buone intenzioni, ma, se le cose vanno avanti così per esempio, io Bersani mi dite dove vado? Ci sono quelli che sono abituati e anche quelli che non sono d'accordo. Dunque, mi dicono dove vado, perché io non mi muovo, perché non è convincente, a mio avviso, questo modo, perché ci porta ai quattro o cinque o ai 450 e a far pagare di più la gente. A me andrebbe benissimo la sua ipotesi, purché ci sia una sequenza che parta dall'alto.

  GIANLUCA BENAMATI. Anch'io mi riallaccio a quello che diceva il collega Bersani, perché la proposta più nuova di AIGET oggi è questa ipotesi di utilizzare in una fase transitoria un servizio simile alla tutela. Questa sostanzialmente è la proposta.
  Su questo, però, anch'io vorrei capire maggiormente, perché da un lato è vero, come si diceva, che se noi stiamo fermi, come siamo fermi adesso, il passaggio diventerà semplicemente disastroso. Infatti, se non si creano le condizioni, come diceva bene Bersani, si arriva a un certo punto in cui non si sa più che cosa scegliere e che cosa fare.
  Io ho capito che voi chiedete l'albo come misura urgente. Anche questa Commissione, però, lo ha recentemente richiesto al Governo, sia nella sua emissione sia nei criteri stringenti di ingresso all'albo, ma mi permetto di dire anche nei criteri di mantenimento e di permanenza all'interno dell'albo stesso. Su questo siamo d'accordo.
  Tuttavia, vorrei capire, quando voi immaginate questa tutela, che durata immaginate abbia, che natura immaginate abbia e anche che dimensioni e come selezionare. Io capisco che la parte di competitività si sposta sulla fornitura alla tutela dell'energia. Allora, siccome parliamo di un albo che potrebbe avere, se si stringono i criteri, forse non 450, ma comunque alcune centinaia di fornitori, le chiederei quali sono i metodi e quali sono i tempi che voi immaginate per questo servizio. Inoltre, vorrei sapere se questo servizio esclude, secondo la vostra opinione, il passaggio al mercato libero o cosa dovrebbe essere fatto in parallelo – infatti, se non facciamo niente, sarà una cosa che penalizzerà assolutamente i clienti – per garantire che quel passaggio non sia quel bagno di sangue che potrebbe rivelarsi se non c'è compatibilità. Questo è il primo punto.
  Arrivo al secondo punto e concludo. Quello della fiscalizzazione degli oneri è un tema dibattuto. Io sono all'opposizione in questa legislatura, ma mi pare di capire che anche questo Governo sulla fiscalizzazione degli oneri non intenda muoversi in quella direzione.
  Noi abbiamo provato come Commissione a dare un'indicazione al Governo anche sulle tipologie di assistenza ai consumatori industriali e civili onesti, cercando di tutelare anche le aziende dai cattivi comportamenti, però, nell'ipotesi in cui non si vada verso una fiscalizzazione degli oneri ma gli oneri rimangano gravanti sui consumatori, vorrei conoscere qual è la vostra opinione per una migliore riduzione, per un migliore contenimento o per un migliore uso degli oneri.

  PRESIDENTE. Do la parola al presidente Bello per la replica.

  MASSIMO BELLO, presidente dell'Associazione italiana di grossisti di energia e trader (AIGET). In merito alla data di fine della tutela ovviamente non possiamo essere d'accordo sull'ulteriore posticipo, perché già siamo stati protagonisti di diversi rinvii, anzi noi auspichiamo che le cose che servono vengano fatte rapidamente per poter arrivare al 2020 pronti.
  È per questo che abbiamo da poco preso a sollecitare spesso l'albo, perché, pur essendo una cosa che dovrebbe crearci dei limiti, nel senso che un albo crea sempre dei limiti perché determina dei parametri entro i quali puoi operare, lo stiamo sollecitando perché rappresenta il primo passo Pag. 8indispensabile, altrimenti non si arriverà mai al 2020. Noi vogliamo che le cose che servono siano fatte in fretta, cercando di rispettare il termine del 2020.
  Dopo l'albo, anche la tutela transitoria è una nuova proposta avanzata da AIGET in un'ottica di compromesso. Fino a ieri eravamo nella posizione: dal 2018 al 2019 diventa tutto mercato libero e il cliente sceglie. Abbiamo compreso che questa posizione è forte, perché probabilmente i consumatori non sono pronti, allora abbiamo creato una posizione di compromesso, che potrebbe iniziare anche prima del 2020, perché l'idea è che la tutela deve essere vista come un servizio, non come un contratto che è appannaggio di pochi soggetti.
  Oggi il cliente è affezionato al servizio, non per forza all'operatore che glielo sta erogando. Per questo una posizione di compromesso potrebbe essere: creiamo una tutela transitoria aperta a tutti, a tutti i fornitori che hanno ovviamente delle caratteristiche e non le centinaia di fornitori che ci sono oggi. Infatti, in quelle centinaia ci sono fornitori che servono clienti industriali e qualche fornitore che serve i clienti domestici, non tutte le centinaia di fornitori servono i clienti domestici. Pertanto, quelli che servono clienti domestici, che hanno dei requisiti, possono erogare il servizio, così i clienti possono testare e verificare che anche altri fornitori, erogando un servizio, sono meritevoli e ci si può fidelizzare anche ad altri fornitori.
  Questo servizio potrebbe essere un compromesso e magari, per essere un compromesso, potrebbe avere una durata, sulla quale poi andremo a ragionare. È ovvio che per noi, se arrivassimo a un servizio aperto di tutela transitoria, probabilmente la durata e le condizioni sarebbero tutte tematiche che ci troverebbero molto disponibili a discutere.
  Sugli oneri il tema c'è e probabilmente per riuscire a trovare anche su questo una quadra – ci rendiamo conto che non è facile – si dovrebbe partire dal ridurre il montante di morosità. Se noi riusciamo a ridurre il montante di morosità, allora a cascata diviene più gestibile trovare una soluzione per gli oneri non riscossi.
  Di recente abbiamo letto – ed è un esperimento probabilmente molto interessante – che nel settore della telefonia è stata realizzata una banca dati degli insolventi volontari. Dobbiamo trovare forme di tutela per insolventi che sono in difficoltà economica, ovvero gli utenti che non possono pagare le bollette, proprio perché non hanno le risorse per farlo. Su questo siamo d'accordo: sarebbe più giusto che un compito del genere non spettasse al fornitore, ma se lo accollasse lo Stato. Dobbiamo, invece, riuscire a identificare e a gestire meglio gli insolventi volontari, cioè quelli che non pagano le bollette attraverso espedienti o attraverso comportamenti che non meritano di essere tutelati.

  PRESIDENTE. Saluto e ringrazio tutti i rappresentanti di AIGET e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti dell'Associazione generale operatori carboni (Assocarboni).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia energetica nazionale al Piano nazionale energia e clima per il 2030, l'audizione di rappresentanti dell'Associazione generale operatori carboni (Assocarboni).
  Nel dare la parola al presidente di Assocarboni, il dottor Andrea Clavarino, ricordo che l'audizione odierna è finalizzata esclusivamente a ottenere elementi istruttori utili ad approfondire le tematiche oggetto del programma dell'indagine conoscitiva.

  ANDREA CLAVARINO, presidente dell'Associazione generale operatori carboni (Assocarboni). Ringrazio il presidente e tutti i deputati oggi presenti per la possibilità di esprimere la posizione di Assocarboni a riguardo dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia energetica nazionale.
  Sono Andrea Clavarino, presidente di Assocarboni. Ho lavorato tutta la mia vita, per oltre quarant'anni, nel settore privato, Pag. 9in una società che si occupa di materie prime e di industria. Nella produzione di macchine utensili ad alta tecnologia in Italia abbiamo circa 300 persone. Per quanto riguarda invece le materie prime, è un business che facciamo in tutto il mondo, ma non facciamo nulla in Italia. Ci tengo a dirlo, perché mi fa un gran piacere essere presidente di un'associazione che rappresenta la catena del valore del carbone, ma la mia società non ha nessun business in questo settore in Italia. Penso che sia anche segno di una certa indipendenza morale rispetto alle teorie che abbiamo e che mi appresto a esporre.
  L'Assocarboni è un'associazione che rappresenta oltre quaranta aziende. I dati riportati nel documento scritto trasmesso alla presidenza mostrano il fatturato complessivo. Le importazioni di carbone sono ancora un numero molto limitato. Noi oggi importiamo circa 11 milioni di tonnellate per fare energia elettrica. Praticamente noi siamo in una fase di phase-out volontario ormai da sette anni. La mia esposizione sarà rapida, tanto per dare i concetti principali, ma naturalmente dopo, se ci saranno domande, sarò ben disponibile a rispondere.
  Il carbone è il leader al mondo. Il 40 per cento delle lampadine mondiali si fa con centrali a carbone e questo avviene ormai da oltre dieci anni. Il commercio del carbone per alimentare le centrali elettriche negli ultimi dieci anni è aumentato del 50 per cento. Il commercializzato mondiale è passato da 797 milioni a 1,198 miliardi di tonnellate. Che cosa voglio dire? Il carbone oggi nel mondo è il leader combustibile. A grande distanza seguono il nucleare e il gas, che sono più o meno al 20 per cento.
  Che cosa succede in Europa? In Europa nel 2017 il carbone è comunque leader. Il 23 per cento di energia elettrica è prodotto da centrali a carbone. Le rinnovabili rappresentano il 31 per cento, mentre c'è ancora una quota importante di nucleare al 26 e il gas è solo al 20 per cento. Carbone e nucleare oggi rappresentano la colonna portante di cosa si fa oggi in Europa.
  Vediamo ora la situazione italiana. Il mix italiano per produrre energia elettrica è invece un mix molto fragile e unico in Europa, perché noi facciamo il 45,5 per cento di energia elettrica da gas naturale e circa il 28,5 dalle rinnovabili. Noi praticamente facciamo il 75-76 per cento di energia elettrica da rinnovabili e gas naturale, che è il mix a cui tendenzialmente i nostri competitor vogliono arrivare nel 2030-2038. Noi abbiamo già fatto in Italia quello che il resto del mondo dovrebbe fare al 2038.
  Tutto questo, come ho detto prima, avviene in una situazione di phase-out volontario delle importazioni di carbone. Abbiamo già chiuso alcune centrali delle poche che sono rimaste oggi in funzione (sono otto e ne abbiamo chiuse cinque negli ultimi anni) perché erano arrivate alla fine della loro vita utile. Abbiamo chiuso centrali, quindi i consumi sono scesi quasi del 50 per cento; da 19 milioni siamo arrivati a 11 milioni di tonnellate nel 2018.
  La quota del carbone oggi in Italia è il 10 per cento. Non c'è nessuno in Europa, nemmeno la Francia, che per il 75 per cento va a nucleare, che ha una quota così bassa di carbone in Europa.
  Qual è l'idea che noi abbiamo? Parliamo del 2025. Come dicevo, c'è stato un phase-out volontario e varie centrali sono già uscite dalla produzione, perché arrivate a una certa maturità, quindi avevano fatto il loro ammortamento. Il Piano integrato energia e clima prevede il phase-out del carbone al 2025. Noi riteniamo che il phase-out sia una cosa eccessiva per due motivi. Il nostro sistema elettrico non può funzionare solo a rinnovabile e a gas.
  Per quanto concerne il gas, sostanzialmente noi lo approvvigioniamo e continueremo ad approvvigionarlo sempre di più da una sola fonte, che è la Russia, e da un solo produttore, che si chiama Gazprom. Penso che abbiano insegnato a tutti che comprare da un oligopolio non è certamente una cosa intelligente dal punto di vista della competitività. Non è un caso che i prezzi del gas continuino a salire. Anche nell'ultimo trimestre i prezzi sono saliti del 10 per cento.
  Pertanto, noi riteniamo che la chiusura degli impianti a carbone vada graduata, soprattutto in regioni come la Sardegna, caso che immagino voi conoscete bene. Non Pag. 10abbiamo alternative. Il phase-out del carbone è già deciso e noi rispettiamo la decisione, ma quello che noi suggeriamo è di avere un tempo di transizione più lungo, oltre al 2025.
  Ci sono alcune centrali che sono tra le più efficienti al mondo. C'è una cosa importante che voglio dire. Noi suggeriamo il phase-out delle centrali a carbone al 2025, anche perché andiamo a sistemare i problemi di CO2 italiani. Innanzitutto siamo i più virtuosi in Europa, come sapete, nella CO2 per PIL eccetera. Oltre a questa considerazione, se noi chiudessimo tutte le centrali a carbone al 2025, sapete quale sarebbe il contributo al problema globale della CO2 mondiale? Le emissioni di CO2 delle centrali a carbone italiane rappresentano lo 0,0004 per cento delle emissioni mondiali.
  Noi sottolineiamo due cose: innanzitutto la fragilità del sistema elettrico senza quel pochissimo carbone che c'è oggi, che è già il più basso d'Europa, e soprattutto il costo-beneficio. Qual è il beneficio ambientale quando sappiamo che la CO2 è un problema mondiale e che la chiusura di tutte le centrali a carbone farebbe risparmiare solo lo 0,0004 per cento sulle emissioni mondiali? Non c'è un equilibrio fra costo e beneficio.
  Peraltro, chiudere quelle centrali – io mi riferisco alle più competitive, perché di quelle otto che ci sono per quattro è già prevista la chiusura – entro il 2025, quelle quattro che rimangono più efficienti, mi riferisco a Torrevaldaliga nord e a Brindisi, sono sicuramente le centrali tecnologicamente più avanzate al mondo. Siccome la loro vita residua può arrivare almeno al 2038, ci sembra una pazzia chiudere delle centrali che comunque avranno dei costi – non possiamo chiuderle senza dei costi – che si ribalteranno ancora una volta sul cittadino e sulla bolletta elettrica. I cittadini poi siamo noi.
  Oggi le imprese italiane pagano un'elettricità che è già del 30 per cento superiore alla media europea, perché, come ho detto, abbiamo un sistema elettrico che si basa sulle fonti sicuramente più costose, gas e rinnovabili.
  Chiariamo una cosa, proprio per sgombrare il campo: noi siamo assolutamente a favore delle rinnovabili e diciamo di aumentare la quota delle rinnovabili. Quello che invece suggeriamo è di mantenere le migliori centrali a carbone oggi in Italia. Tre o quattro sicuramente escono dalla propria vita utile entro il 2025, quindi non c'è nessun problema, ma con quelle più efficienti, io penso che senza nessun problema e senza alcun dubbio avremmo un mix che tutto il mondo ci invidierebbe, perché sarebbe comunque il più avanzato, basato soprattutto su rinnovabili, gas e una piccolissima quota di carbone. Lo dico proprio perché non voglio soffermarmici troppo.
  La SEN sostiene che il gas sia il combustibile che emette meno CO2 e sia per questo il combustibile di transizione alle rinnovabili, ma sinceramente noi diciamo che, se dobbiamo andare verso un mondo pulito, andiamo alle rinnovabili subito. Questo combustibile di transizione noi non lo vediamo così pulito, ma non solo noi. Ad esempio nella documentazione scritta è riportata una prima pagina del Financial Times con un'immagine dal satellite NASA: gas bruciato, shale gas, con tutte le problematiche che ci sono.
  Voi sapete che oggi la CO2 viene calcolata alle centrali elettriche a gas al momento della combustione. Tutto quello che c'è prima, tutte le perdite di trasmissione, tutto quello che è estrazione, tutte le perdite che ci sono nella pre-combustione della CO2 non vengono oggi contabilizzate. Vi cito alcuni giornali, ad esempio il già richiamato Financial Times: «Se catturato e usato per la generazione di energia elettrica, il gas che viene bruciato quando viene estratto potrebbe fornire il 90 per cento del consumo africano». Si parla di Vaca Muerta, in Argentina. Pericoli di pre-combustione, emissioni di CO2 e pre-combustioni.
  Su questo ho letto anche le affermazioni su Il Giornale del senatore Gianni Pietro Girotto, che è il presidente della 10a Commissione industria, commercio e turismo del Senato, che sostanzialmente dice quello che diciamo anche noi: il gas non può rappresentare un'alternativa al carbone, a Pag. 11causa delle predite strutturali di circa il 2 per cento e della dispersione in atmosfera del metano, gas serra, con effetti terribilmente dannosi e nocivi.
  Pensate che BNP Paribas, la più grossa banca francese, non darà più alcun finanziamento alle imprese attive nel fracking: «BNP to halt shale oil financing».
  Sull'espandere i fondi per le rinnovabili noi concordiamo. Diamo più denari alle rinnovabili, aumentiamo la quota delle rinnovabili, manteniamo il gas così com'è e manteniamo quella piccolissima quota di carbone che abbiamo oggi.
  Mi avvio alla conclusione. Sostanzialmente vorrei dire questo. Non ho avuto tempo di accennarvi dettagliatamente, però vi mostro l'immagine, riportata nella memoria scritta, di Torrevaldaliga, con la centrale e affianco a destra i dome, le coperture. Arriva la nave ed è tutto sigillato, non si vede un filo di carbone da nessuna parte. Questa centrale è stata riconvertita con 3 miliardi nel 2009 e la sua vita utile sarebbe fino al 2038. Chiuderla prima naturalmente ha dei costi.
  Ricordo che avantieri la Germania – che ha prodotto il 38 per cento della sua energia elettrica da carbone – ha trovato un accordo per 40 miliardi di euro di indennizzi, che saranno pagati, con chiusura al 2038. Questo è il mix della Germania. Queste centrali, dal nostro punto di vista, dovrebbero avere il permesso di continuare fino alla fine della loro vita utile, che – lo ricordo – è fino al 2038.
  Faccio notare che la centrale di Torrevaldaliga sembra una clinica svizzera. Dico «svizzera» nel senso che gli svizzeri sono famosi per le buone cliniche, ma direi che è ancora meglio.
  Ricordo che in Germania ci sono 109 centrali a carbone, che coprono il 38 per cento del fabbisogno elettrico nazionale. Esce, come ho detto, al 2038, con 40 miliardi di euro di aiuti. Se chiudiamo queste centrali, dovremmo anche noi pagare delle wayout.
  Cosa fanno i nostri concorrenti? Il Giappone ha consumi di carbone pari a venticinque volte quelli dell'Italia e il suo futuro sarà basato in grande parte sul carbone, perché col gas pensa di non essere competitivo. La Corea del Sud (parlo di Paesi manifatturieri che sono strutturalmente simili all'Italia) consuma dieci volte i consumi italiani. Taiwan, per prendere un Paese piccolo, cinque volte i nostri. Noi abbiamo consumi vicini al Cile, che ha un'economia che è un quindicesimo di quella italiana.
  Arrivo alla conclusione. La conclusione è che concordiamo con le raccomandazioni del Governo per un forte aumento delle fonti rinnovabili. Invece, proponiamo un periodo di transizione dopo il 2025, che preveda il mantenimento in attività delle principali e più efficienti centrali italiane a carbone, in quanto garantiscono al nostro Paese costi contenuti e sicurezza energetica. Oggi abbiamo otto centrali ancora in funzione. Praticamente chiediamo un'estensione della transizione per quattro di queste, che sono molto competitive sotto il piano ambientale.

  PRESIDENTE. Grazie, dottor Clavarino. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LUCA SUT. Lei, dottor Clavarino, ha affermato che sono state chiuse delle centrali che erano arrivate a fine vita. Sono state chiuse oppure sono state riconvertite e se sì, come sono state riconvertite? Anche l'esempio che ha fatto prima non ho capito che riconversione ha avuto. Ha parlato di una riconversione.
  Infine, vorrei sottolineare che lei ha fatto il confronto in base ad emissioni di CO2, ma la centrale a carbone ha altri tipi di inquinanti, non per l'ambiente, ma per l'uomo, quali polveri sottili e anidride solforosa. L'impatto, quindi, è anche sull'uomo e soprattutto su chi vive vicino alle centrali.

  LUCA SQUERI. Comincio col fare i complimenti per questa difesa spassionata di una fonte di energia che è destinata a venir meno, proprio perché ormai è sancito che per salvare la terra bisogna decarbonizzare la fonte di energia derivante dal fossile. Pag. 12
  Detto questo, non penso che la miglior difesa sia quella di attaccare il gas rispetto a quella che deve essere una crescita derivante da un impegno titanico sulle rinnovabili, ma reputo invece da sottoporre all'attenzione il ragionamento sugli impianti migliori. Sancita la regola del 2025, ogni regola ha le eccezioni che la confermano, per cui mi sembra un argomento da approfondire in tal senso. Proprio in questo senso, chiedo cosa si intende per «migliori impianti», in termini di efficienza e di produttività o di emissione? Il termine «migliore» che cosa caratterizza rispetto agli impianti non di quel livello?

  GIANLUCA BENAMATI. Anch'io sarò molto breve. La discussione in effetti richiederebbe delle ore ed è già stata fatta. Vedo che si riconosce comunque che il mix energetico italiano è uno dei più avanzati d'Europa e forse tra i più avanzati del mondo.
  Mi consentiranno gli auditi di osservare che il problema non è far arretrare il Paese, ma far sì che avanzino gli altri con la stessa celerità, perché quello che ci siamo sempre detti è che oggettivamente, se gli altri Paesi europei non seguono con decisione e rigore questa strada, c'è una disparità anche nei costi che si evidenzia in maniera sempre maggiore. Mi permetta di dirle, con la correttezza che lei sta usando in questa situazione, che oggettivamente il problema, come lo abbiamo sempre impostato e come credo che debba essere impostato anche in questa legislatura e con questo Governo, è verificare che anche gli altri Paesi europei vadano in questa direzione.
  È chiaro che quando il 40 per cento della generazione di energia elettrica europea è ancora a gas e gli obiettivi della Commissione sono stringenti, c'è qualcosa che stride e questa sarebbe la battaglia vera da fare in Europa.
  Da questo punto di vista, però, anch'io penso che non ci sia una discussione gas-carbone, perché, se la mettiamo ovviamente sul tema delle emissioni specifiche, non c'è questione. Lei, presidente Clavarino, ha ragione: il tema di diversificare i fornitori nel gas è un tema all'ordine del giorno, perché ovviamente l'Italia ha impianti di trasporto gas pipeline molto superiori al suo consumo, quindi potrebbe anche utilizzare fornitori differenziati, non ultimo con il TAP in costruzione. Questa è una risposta che si sta dando.
  Tuttavia, le pongo una domanda, onestamente. Il 2025 riguarda, come diceva lei, pochi impianti residui. La discussione era sul 2025-2030, non è che fosse sul 2025-2038 o sul 2025-2040. Io sono interessato a sentire la sua opinione, proprio perché facciamo queste audizioni in questo senso, per informarci sempre meglio. Lei sta dicendo: sfruttiamo al meglio questi impianti finché ce n'è possibilità. Bene, visto che parliamo del 2025-2030, lei ha parlato di altre date, qual è realmente l'orizzonte temporale che lei ha in mente, sapendo che non parliamo di nuovi impianti e di nuove tecnologie, perché queste non ci sono, ma parliamo del mantenimento in servizio per un plus di anni rispetto al 2025 di impianti che sono già esistenti e che saranno gli ultimi a essere in servizio? Mi interessa capire questo.

  TULLIO PATASSINI. Ringrazio il presidente Clavarino per essere con noi questa mattina e per le informazioni che ci sono state fornite. Vorrei integrare in qualche modo le domande che sono state poste dai colleghi su due aspetti specifici, ancorché a utilizzo di tutti i componenti della Commissione. Il primo riguarda l'economicità della produzione di energia elettrica tramite il carbone. È evidente che l'Italia soffre un gap di approvvigionamento energetico in tutti i settori a livello generico. L'Italia è uno Stato che trent'anni fa ha deciso di rinunciare al nucleare e a tipologie similari di approvvigionamento energetico.
  Vengo all'altro aspetto. Vista questa assenza di giacimenti qualificati di gas sul territorio italiano, vorrei sapere qual è il mix attualmente tra carbone prodotto in Italia e carbone importato.

  PRESIDENTE. Do la parola al presidente Clavarino per la replica.

  ANDREA CLAVARINO, presidente dell'associazione generale operatori carboni (Assocarboni).Pag. 13 Comincerei dall'ultima domanda. In Italia non abbiamo più produzione, non estraiamo più carbone. Si estraevano a Carbosulcis 300.000 tonnellate. Voi sapete – ma ve lo dico – che non si estrae più carbone, non è competitivo e si è deciso di importarlo.
  Il carbone si trova in oltre cento Paesi. Ci sono dei grandi produttori; ve ne cito quattro o cinque: Russia, Sudafrica, America, Colombia. Sono tutti grossi esportatori, quindi ci si approvvigiona facilmente con l'importazione.
  Per rispondere all'onorevole Squeri che mi ha chiesto come si fa a stabilire gli impianti migliori, bisogna vedere l'efficienza e i rendimenti netti. A Torrevaldaliga è tutto sigillato, con le coperture, i dome, e il carbone non si vede. Abbiamo sicuramente due centrali, che sono Brindisi e Torrevaldaliga nord, che appartengono all'Enel, che sono considerate tra le più avanzate al mondo. In Europa non sono coperti i carbonili, in Italia sì, quindi siamo molto più avanti, abbiamo la certificazione ambientale EMAS (eco-management and audit scheme).
  Le emissioni di CO2 non cambiano. Sostanzialmente sono un po’ meno, però rimangono.
  Io però voglio dire che il problema del mix elettrico non ce l'ha solo l'Italia. Perché prima ho fatto riferimento ai nostri competitor? I nostri competitor sono i grossi Paesi manifatturieri, Germania, Giappone, Corea. Se mi volete suggerire voi un Paese manifatturiero vi dico il mix. E tutti hanno il nucleare, vedi la Francia. La Francia ieri ha presentato il suo piano e ha detto: benissimo, noi il nucleare lo teniamo per fare energia elettrica, da 75 per cento scendiamo – ha fatto un grosso sforzo – a 50 per cento al 2038. Allora, questi Paesi manifatturieri hanno o gas (poco) o nucleare o carbone, e se lo mantengono, vedi per esempio il Giappone.
  Allora, io mi permetto di suggerire, così facciamo un po’ di brainstorming: mettiamo una clausola di salvaguardia, poi ci rivolgiamo alla Comunità europea. Benissimo, rispondo all'onorevole Benamati che ha posto la questione, facciamo una clausola di salvaguardia, perché non può essere solo l'Italia ad impegnarsi, mentre gli impegni che si prendono con l'Unione europea non si discutono. Sappiamo benissimo che cosa è successo nell'ultimo mese. Mettiamo una clausola di salvaguarda e diciamo: noi ci impegniamo a fare il phase-out del carbone, ma non abbiamo il nucleare che tutti voi Paesi europei avete.
  Bene, nel momento in cui il mix degli altri Paesi risulta più competitivo perché continuano a usare più carbone o più nucleare, noi chiediamo di rivedere il mix. Allora, mettiamo una clausola di salvaguardia, altrimenti noi andiamo a firmare qualcosa che ci impegna – solo noi che siamo i più virtuosi come emissioni di CO2 – e ci crea dei grossi problemi di costi per fare il phase out al carbone, perché avremo dei costi. Vi ricordo che la Germania pagherà 40 miliardi di euro per uscire, però entro il 2038, non domani. Ne escono mi sembra 12 delle 109 entro il 2025, perché morivano di morte naturale, cioè erano ormai vecchie, e il resto invece no. Quindi le fanno terminare al 2038 e lo Stato darà 40 miliardi di contribuzioni per chiudere le centrali.
  Secondo me, serve una clausola di salvaguardia per dire: se questo mix che noi ci impegniamo a fare non sarà seguito dal resto d'Europa, chiediamo una revisione che ci permetta di usare anche noi quel poco di carbone che ancora è rimasto. Io ve lo suggerisco veramente, perché rischiamo di andare a fare i più virtuosi della classe, ripeto, per un contributo di emissioni sul globale dello 0000,4. Secondo me, dal punto di vista ambientale, avendo già fatto molto l'Italia, perché con l'emissione di CO2 per abitante rapportato al prodotto interno lordo, noi siamo i più virtuosi, allora chiederei una clausola di salvaguardia. Almeno quello.
  Forse non ho risposto all'onorevole Sut, che mi sembra mi abbia ricordato che ci sono più emissioni. Io mi sono concentrato sulla CO2 perché è di quello che parliamo. Per quanto riguarda invece altre emissioni, è vero che si dice che ne emette molto di più, abbiamo problematiche ma tutti gli studi che ho richiamato in realtà non hanno trovato questa situazione di maggiore pericolosità Pag. 14 rispetto ad altri combustibili fossili. Al contrario, tutti gli studi che ho citato hanno detto che non c'è stato un impatto delle emissioni delle centrali a carbone (abbiamo citato l'IPRI nella nota scritta). Non abbiamo avuto tutto questo impatto. La magistratura ha chiesto la chiusura di Vado Ligure perché era stato imputato alla direzione della centrale, ai direttori, di aver causato la morte – quindi, con un nesso di causalità tra emissioni della centrale a carbone e morti – di 465 persone. Alla fine, dopo quattro anni – la centrale è stata chiusa, duecento persone sono state ricollocate – la magistratura poi ha fatto il suo percorso, tutti sono stati assolti, perché non era mai stato provato un rapporto di causalità tra le emissioni della centrale a carbone e le morti, quindi tutti assolti. È venuto fuori – gli stessi enti locali che avevano misurato le emissioni – che con riferimento alla qualità dell'aria, con la chiusura di Vado Ligure, centrale a carbone chiusa, dopo tre anni le emissioni erano aumentate. Quindi, che cosa era successo? La centrale era stata accusata di aver causato delle morti, ma poi la magistratura ha appurato non esserci questo nesso di causalità. La qualità dell'aria purtroppo è peggiorata, quindi evidentemente c'era qualche altra industria che causava il peggioramento dell'aria.
  Penso di aver risposto più o meno a tutti voi.

  PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti di Assocarboni.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.10.