XVIII Legislatura

VIII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Martedì 25 febbraio 2020

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Benvenuto Alessandro Manuel , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DELLA PROPOSTA DI LEGGE C. 1428 PELLICANI RECANTE «MODIFICHE E INTEGRAZIONI ALLA LEGISLAZIONE SPECIALE PER LA SALVAGUARDIA DI VENEZIA E DELLA SUA LAGUNA»

Audizione del Primo procuratore di San Marco, Carlo Alberto Tesserin.
Benvenuto Alessandro Manuel , Presidente ... 3 
Tesserin Carlo Alberto , Primo procuratore di San Marco ... 3 
Favaro Don Fabrizio , Vicario episcopale per gli Affari economici del Patriarcato di Venezia ... 6 
Benvenuto Alessandro Manuel , Presidente ... 7 
Deiana Paola (M5S)  ... 7 
Pellicani Nicola (PD)  ... 7 
Vallotto Sergio (LEGA)  ... 8 
Brunetta Renato (FI)  ... 8 
Benvenuto Alessandro Manuel , Presidente ... 9 
Tesserin Carlo Alberto , Primo procuratore di San Marco ... 9 
Brunetta Renato (FI)  ... 11 
Benvenuto Alessandro Manuel , Presidente ... 11 

Audizione del presidente dell'Autorità di Sistema Portuale del mare Adriatico settentrionale di Venezia, Pino Musolino:
Benvenuto Alessandro Manuel , Presidente ... 11 
Pellicani Nicola (PD)  ... 14 
Deiana Paola (M5S)  ... 15 
Fogliani Ketty (LEGA)  ... 15 
Benvenuto Alessandro Manuel , Presidente ... 15 
Musolino Pino , presidente dell'Autorità di Sistema Portuale del mare Adriatico settentrionale di Venezia ... 16 
Pellicani Nicola (PD)  ... 17 
Benvenuto Alessandro Manuel , Presidente ... 17 

Audizione del comandante provinciale della Guardia di finanza, generale di brigata Giovanni Avitabile:
Benvenuto Alessandro Manuel , Presidente ... 18 
Avitabile Giovanni , comandante provinciale della Guardia di finanza ... 18 
Benvenuto Alessandro Manuel , Presidente ... 22 
Avitabile Giovanni , comandante provinciale della Guardia di finanza ... 22 
Benvenuto Alessandro Manuel , Presidente ... 22 
Pellicani Nicola (PD)  ... 22 
Andreuzza Giorgia (LEGA)  ... 23 
Patassini Tullio (LEGA)  ... 23 
Valbusa Vania (LEGA)  ... 24 
Cunial Sara (Misto)  ... 24 
Benvenuto Alessandro Manuel , Presidente ... 24 
Avitabile Giovanni , comandante provinciale della Guardia di finanza ... 24 
Benvenuto Alessandro Manuel , Presidente ... 26 

Allegato 1: Documentazione depositata dal Primo procuratore di San Marco ... 27 

Allegato 2: Documentazione depositata dal Comandante provinciale della Guardia di finanza ... 34

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Cambiamo!-Alleanza di Centro: Misto-NI-USEI-C!-AC;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Centro Democratico-Radicali Italiani-+Europa: Misto-CD-RI-+E;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALESSANDRO MANUEL BENVENUTO

  La seduta comincia alle 13.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Primo procuratore di San Marco, Carlo Alberto Tesserin.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Primo procuratore di San Marco, Carlo Alberto Tesserin, in sede di indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame della proposta di legge C. 1428 Pellicani recante «Modifiche e integrazioni alla legislazione speciale per la salvaguardia di Venezia e della sua laguna».
  Ringrazio il Primo procuratore di San Marco, Carlo Alberto Tesserin, per la sua presenza e gli cedo la parola per lo svolgimento della relazione.

  CARLO ALBERTO TESSERIN, Primo procuratore di San Marco. Sono io che devo ringraziare per questa preziosa opportunità di poter portare a questo consesso, in ordine ad una legge per noi importantissima, le considerazioni della procuratoria di San Marco. Io sono il Primo procuratore. Ho la fortuna di essere accompagnato da don Fabrizio Favaro che rappresenta la sommatoria delle chiese presenti nelle realtà di Venezia.
  Vorrei partire velocemente dalla grande alluvione che abbiamo avuto nel 1966, di cui abbiamo celebrato i cinquant'anni quattro anni fa. In quell'occasione c'eravamo tutti illusi che nel giro di qualche mese avremmo potuto testare il funzionamento del MOSE e che quindi ci avviavamo alla risoluzione dei nostri problemi. Purtroppo questo non è avvenuto. Siamo arrivati all'acqua alta del 28 ottobre 2018. In quell'occasione abbiamo avuto un'acqua alta di 156 centimetri sul medio mare e quel segnale drammatico, arrivato allora, secondo noi non è stato recepito da parte di chi lo doveva recepire. I danni che si sono verificati allora hanno creato alla basilica condizioni difficilissime e abbiamo cercato in tutti i modi di far comprendere che il male non era che si fosse verificato quell'evento, ma come si era verificato, perché per la prima volta avevamo la basilica inondata dall'acqua per sedici ore continue e ininterrotte.
  Questo potrà sembrare di difficile comprensione per chi non conosce la realtà della laguna di Venezia, ma la presenza della salsedine all'interno della basilica per sedici ore ci aveva preoccupato moltissimo. Tuttavia neanche lì abbiamo sortito risposte operative e siamo arrivati al 12 novembre di quest'anno con la drammatica realtà dell'acqua alta a 187 centimetri di altezza. Ci teniamo sempre a dire che 187 centimetri sono una finzione in riduzione del dato, dal momento la forza dell'acqua è arrivata a superare – per quanto riguarda la basilica – i due metri e mezzo, perché la forza del vento che soffiava dalla laguna all'interno del cortile della basilica ha fatto sì che l'acqua entrasse da sopra all'interno della cripta, dove non era mai arrivata, creando danni drammatici. Pag. 4
  Perché mi sono voluto soffermare su questo excursus in ordine alla problematica delle alte maree, partendo da oltre cinquanta anni fa? Perché abbiamo la percezione che non ci sia la sensazione del pericolo che stiamo attraversando. Chiunque di noi ascolti gli esperti della mutazione dei tempi, si trova a dover constatare che gli accadimenti che sono avvenuti il 12 novembre sono ripetibili questa sera, sono ripetibili tra una settimana, sono ripetibili tra un mese. Quando io sento dire che forse per mettere alla prova il MOSE dobbiamo aspettare la fine del 2021, sono terrorizzato, perché penso a quello che è capitato, a quello che potrebbe capitare. Per cui io sono qua a fare una forte raccomandazione: che si dia corso alla legge, ma che insieme alla legge si attuino i provvedimenti, perché il MOSE venga messo nella condizione di essere testato per capire finalmente se funziona o non funziona.
  Noi lo vogliamo, perché funzioni, ma il dato che ci preoccupa di più è quello di cui non si parla mai cioè: se non funziona, cosa facciamo? Aspettiamo altri cinquant'anni per sapere cosa succede? Qua il dramma a cui noi siamo chiamati a dare risposta è se il MOSE – che è rimasto in maniera irresponsabile per cinque anni immerso nell'acqua, sapendo che quello che rimane immerso nella salsedine ha dei danni incalcolabili – funzionerà; è un miracolo se funzionerà!
  Chiunque conosce la realtà della laguna di Venezia pensa che dopo cinque anni di immersione nella salsedine se funziona, è un miracolo, perché così come è stato trattato non dovrebbe funzionare più. Forse volevano che non funzionasse, non lo so, ma certamente non era questa la maniera per poter dire se il MOSE è la chiave giusta per darci una risposta o meno.
  Però nella realtà noi abbiamo la convinzione che la risposta «funziona o non funziona» vada data subito e che, se abbiamo la capacità di verificarlo subito in un senso o nell'altro, siamo pronti ad un'alternativa. Parallelamente va realizzato l'innalzamento della piazza, in maniera da far sì che l'azione combinata dell'innalzamento della piazza e della funzionalità del MOSE dia la risposta definitiva.
  È evidente che quando noi parliamo della realtà della basilica di San Marco facciamo riferimento a quello che è il simbolo più importante di Venezia. Noi abbiamo avuto la riprova in questa tornata di come tutto il mondo sia corso a Venezia. Abbiamo avuto la fortuna di avere con noi rappresentanti istituzionali a tutti i livelli. Abbiamo avuto tanti onorevoli, tanti senatori, dal Presidente del Senato al Presidente del Consiglio, tanti ministri, tanti presidenti di Commissione che ringraziamo per queste visite preziose che noi ci auguriamo si espandano ancora di più. Io sono qua a invitare tutta questa Commissione quando vuole, come vuole, perché venendo forse ci si rende più conto e si percepisce in maniera diretta quella che è la realtà di cui cerco di darvi velocemente una rappresentazione.
  Venendo velocemente alla proposta di legge, noi riteniamo importantissimo quello che è stato fatto, l'estensione dell’art bonus alle realtà delle chiese che sono nella laguna di Venezia. Nel provvedimento si è fatto riferimento alle chiese di Venezia: secondo me va esteso alla concezione delle chiese della laguna di Venezia, perché altrimenti quelle ne rimarrebbero fuori e solo altre andrebbero dentro.
  Ci tengo anche a dire che è importantissimo che ritorni il Magistrato alle acque. Anche questo è stato previsto nella proposta di legge e credo che accanto alla ricostituzione del Magistrato alle acque, che è un'istituzione storica per Venezia importantissima, ci sia una lettura di semplificazione tra i diversi soggetti di riferimento. Venezia ha una sommatoria di tanti passaggi che devono essere affrontati per qualsiasi cosa, che si moltiplicano nel confronto con quelli di qualsiasi altra realtà nazionale, senza parlare di quelle europee. Per cui nel mettere a posto la posizione del Magistrato alle acque, bisognerebbe anche pensare a come rendere snella l'operatività. Benissimo le istituzioni: il comune, la città metropolitana – sperando che finalmente funzioni –, la regione e lo Stato, però non c'è ombra di dubbio che questi organismi, Pag. 5che sono istituzionalmente presenti, debbano rimanerlo e debba esserci una capacità di snellimento con tutto il resto: le capitanerie di porto, la Marina, l'Esercito, i Carabinieri, la Finanza e tutto quello che è accanto a questo. Se la difficoltà di Venezia non trova uno snellimento, tutto diventa difficile.
  Abbiamo presentato alle autorità competenti una sommatoria di danni ricevuti per quello che è accaduto il 12 novembre pari a 5 milioni di euro. I 5 milioni di euro sono quelli che abbiamo potuto immediatamente documentare, perché noi, per effetto della salsedine, dobbiamo tener conto che la basilica è rimasta immersa nell'acqua per 50 giorni consecutivi senza nessuna interruzione. Non si era mai verificato nella storia, perché di solito c'è alta marea e poi c'è la bassa marea. Nel momento della bassa marea la salsedine esce, noi abbiamo la possibilità di pulire, di addolcire tutto quello che si è verificato. In questa stagione di novembre e dicembre del nostro anno, abbiamo avuto la sciagura che per cinquanta giorni continui l'acqua alta è rimasta all'interno della basilica.
  Per cui quello che si riusciva a smaltire fra un passaggio tra alta marea e bassa marea non si è potuto verificare, per cui noi abbiamo il pavimento nella sua interezza che si sta sgretolando, perché man mano la salsedine fa sì che il sale sgretoli i marmi. Siamo nelle condizioni di ipotizzare che solo il pavimento della basilica è di oltre 2000 metri quadri. Quello invaso è tre quarti. Vuol dire 1500 metri e il rifacimento del pavimento costerebbe da solo 20 milioni di euro, per comprenderci.
  Quindi la preoccupazione è di dire che sicuramente i danni che abbiamo dichiarato per 5 milioni di euro, che sono registrabili immediatamente sono una parte minoritaria di quelli che sicuramente verificheremo nei prossimi mesi, che supereranno sicuramente i 30 milioni.
  Abbiamo avuto un contributo importantissimo da parte della regione e siamo qua a dire grazie, perché ci ha dato un milione di euro già finanziati. Abbiamo degli apporti da parte di privati che raggiungeranno ipoteticamente forse la stessa cifra, ma voi vedete che tutte queste cifre, ancorché le riuscissimo a spendere immediatamente, non sono in grado di affrontare l'entità dei danni che abbiamo subito.
  Ci teniamo anche a dire che la condizione che stiamo vivendo è di un'incertezza spaventosa, perché non riusciamo a capire quali saranno i tempi per arrivare ad avere la risposta sul MOSE sì o sul MOSE no.
  Questa è una partita a cui noi siamo più ancorati e per la quale siamo più preoccupati. Proprio per questo abbiamo già consegnato alla Sovrintendenza e alle autorità, al comune di Venezia, un nostro progetto per la messa in sicurezza della basilica da sola. Una parte siamo in grado di farla noi, quella che riguarda la facciata, che guarda il canale che guarda verso Sant'Apollonia, ma la parte che riguarda la basilica non possiamo farla noi, deve essere fatta al comune, perché siamo in territorio di spettanza municipale. Noi ci auguriamo che quel progetto – riteniamo che è un progetto importante, ma non riteniamo che debba essere realizzato proprio quel progetto – lo esaminino gli organi deputati, lo prendano in considerazione, e si sia messi nella condizione immediata di fare qualcosa che possibilmente, nell'arco di tempo che va da qui a quella che sarà la stagione dei grandi acque per il prossimo anno, sia possibile.
  Noi ci teniamo a dire che non abbiamo tempo da perdere. Queste cose le abbiamo dette il 13 di aprile, quando abbiamo presentato alla stampa l'ultimo libro di San Marco, prezioso e in quell'occasione ho avuto modo di dire che eravamo preoccupati, perché non c'è condivisione. Abbiamo avuto l'acqua alta in piazza San Marco anche ad agosto, per dire come sono cambiati i tempi e come le situazioni non consentano indugi. Finisco con il dire che in quel convegno io, salutando la riunione che avviavamo con tutti quelli che erano presenti, ho detto che San Marco è l'immagine più forte che abbiamo quando si entra in basilica, che con le braccia aperte invita tutti i cittadini a entrare nella basilica.
  Ieri sera quando io sono uscito mi sono fermato davanti alla basilica chiusa per le Pag. 6vicende del virus e ho visto quanta gente era lì speranzosa di entrare nella basilica, perché riteneva e ritiene al di là degli aspetti religiosi estremamente significativi e importanti, che San Marco sia un'immagine ineludibile per tutti quelli che vogliono far riferimento a Venezia, per quello che rappresenta.
  Non vorremmo trovarci più nella condizione, o per effetto del virus o per effetto delle acque alte, di dover chiudere la basilica. Per cui auspichiamo che questa Commissione, il più rapidamente possibile, magari venendo a trovarci a Venezia, mettendo insieme le proposte che ci sono, nel più breve tempo possibile dia al mondo la risposta che il Parlamento può e deve dare a una realtà come Venezia, su cui tutti stanno in attesa di comprendere quello che siamo in grado di fare e vogliamo fare. Auguri di buon lavoro.

  DON FABRIZIO FAVARO, Vicario episcopale per gli Affari economici del Patriarcato di Venezia. Vi ringrazio. Mi inserisco a margine dell'intervento del dottor Tesserin per rappresentare, unitamente alla situazione della basilica di San Marco, la complessità del tessuto cittadino e delle diverse chiese. Vi do alcuni numeri e metto a fuoco qualche questione.
  Se nella gronda lagunare insistono quattro diocesi – una di queste è Venezia – se nel Patriarcato di Venezia vi sono 210 chiese, nel centro storico veneziano ci sono 139 edifici di culto. Di questi, 49 sono edifici parrocchiali, 90 sono edifici non parrocchiali. Di questi 90, 71 sono di proprietà ecclesiastica, 19 sono di proprietà non ecclesiastica appartenenti a enti pubblici o previdenziali.
  Durante il censimento, durante le visite fatte a ridosso del fenomeno del 12 novembre abbiamo visitato tutti gli edifici di culto che sono stati interessati dal fenomeno eccezionale dell'acqua alta. Abbiamo censito 80 edifici di culto danneggiati. Abbiamo presentato richieste di danni di prima necessità per 1.800.000 euro, il massimo che era richiedibile nella prima istanza, ipotizzando e stimando danni – solo per l'episodio del 12 novembre scorso – per tre milioni e mezzo di euro. Dieci anni fa era stata fatta una prima valutazione sommaria delle problematiche strutturali e conservative delle chiese della città storica e si era ipotizzato un intervento per una cifra indicativa di circa 85 milioni di euro per poter fare la manutenzione di tutti gli edifici di culto.
  Faccio una prima sottolineatura veloce. A mio giudizio su questo occorre mettere a fuoco un nuovo paradigma, che è culturale, riconoscendo che gli edifici di culto nel centro storico di Venezia hanno due implicanze. Una sociale: fanno parte del tessuto abitativo-sociale della città. Far vivere la città significa anche necessariamente tenere le chiese aperte. Attualmente ci sono 126 gli edifici aperti, 13 sono chiusi, qualcuno in pericolo di crollo. Gli edifici di culto del centro storico di Venezia hanno indubbiamente una rilevanza sociale, ma hanno anche un'evidente rilevanza economica: le chiese aperte sono musei aperti, nella gran parte dei casi gratuiti.
  Allora forse un dato che manca è quello del riconoscere la specificità degli edifici di culto, della loro proprietà ecclesiastica, che li esclude di fatto da tutte le recenti norme di defiscalizzazione e di decontribuzione, perché appartengono a enti che, non avendo partita IVA, non avendo attività commerciali o talvolta non avendo reddito, di fatto non possono usufruire di quei piccoli contributi che le recenti defiscalizzazioni potrebbero consentire.
  Gli ultimi interventi consistenti sono stati eseguiti nel quinquennio 2000-2005, con gli ultimi contributi della legge speciale per Venezia. Dopo quell'intervento, dopo quegli ultimi cantieri aperti, circa 30 dal 2005, non sono più stati eseguiti interventi di straordinaria manutenzione e di messa in sicurezza degli edifici di culto. I fondi di cui gli enti ecclesiastici dispongono attualmente sono di piccola entità: fondi derivanti dall'otto per mille di competenza della chiesa cattolica o della diocesi e piccoli interventi legati alla legge regionale n. 44 del 1987 che determina l'utilizzo degli oneri di urbanizzazione.
  A nostro giudizio è indispensabile costruire innovativi canali di contribuzione statale, strumenti di defiscalizzazione che Pag. 7siano realmente usufruibili dalla specifica realtà degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, proprietari nella quasi totalità dei casi degli edifici di culto.
  Per venire alla proposta di legge presentata, alcune osservazioni: all'articolo 1 e all'articolo 7, dove si prevedono diversi sistemi di contribuzione alla manutenzione della città e dei beni culturali, a nostro giudizio servirebbe una fattispecie, forse non messa a fuoco in modo adeguato, che è quella degli edifici di culto di proprietà ecclesiastica. Metterli a fuoco consentirebbe di avere dei canali e delle voci di contribuzione per la manutenzione, il restauro e l'apertura di questi edifici che le altre fattispecie rendono piuttosto articolato.
  Utile anche l'articolo 8 che prevede l’art bonus, che di per sé andrebbe integrato a nostro giudizio con le disposizioni della legge n. 156 del 2019 che ha esteso a edifici di culto del centro storico la possibilità di ricorrere all’art bonus, che prima era preclusa.
  Chiudo, per essere sintetico e non prendere ulteriore tempo, rappresentando lo sforzo da parte nostra per tenere in piedi questi edifici di culto e per garantirne l'apertura. In taluni casi per noi è praticamente impossibile anche solo garantirne l'apertura, che richiede risorse economiche di cui gli enti ecclesiastici e le parrocchie, data la scarsità del tessuto sociale del centro storico, sono molto scarse.
  Recentemente nella Commissione prefettizia istituita per il monitoraggio delle torri campanarie, altro problema gravissimo... noi abbiamo una quindicina di torri campanarie sotto osservazione per rischio crollo nel centro storico di Venezia. Su quattro di queste torri campanarie abbiamo ordinato la sospensione dell'uso delle campane, a titolo di precauzione. Durante quella Commissione della prefettura di Venezia un tecnico del Ministero dei beni culturali mi disse: «Almeno gli interventi di supervisione iniziale fateli!» Io ho risposto a questo tecnico, a questo architetto, dicendo: «Vede, io mi trovo a sovrintendere enti ecclesiastici proprietari di questi beni che hanno introiti settimanali di 40, 50, 60 euro. Come posso garantire anche solo 20.000 euro all'anno di supervisione sulle torri campanarie con questi ingressi?».
  Questa è la situazione nella quale noi ci troviamo ad operare e che ha bisogno urgentemente della messa a tema di una nuova legge speciale per Venezia che interessi tutta la gronda lagunare, la città metropolitana, ma che metta a fuoco forse in modo innovativo la presenza degli enti ecclesiastici determinati dopo la revisione concordataria e che nelle ultime norme non hanno mai ho trovato una loro specifica finestra di finanziamento. Grazie.

  PRESIDENTE. Chiedo se vi siano deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  PAOLA DEIANA. Innanzitutto ringrazio gli auditi per la disponibilità e tra l'altro a me, che non sono cittadina di Venezia, avete dato delle delucidazioni in merito anche a un censimento sui famosi edifici di culto o chiese nel centro storico.
  Il primo procuratore faceva riferimento a un progetto che è stato presentato inerente la salvaguardia della basilica, solo ed esclusivamente della basilica. Ovviamente anche dal mio punto di vista dovrebbe essere un intervento prioritario. Ci chiediamo se è possibile eventualmente supervisionare questo progetto e da chi è stato formulato questo progetto a cui lei faceva riferimento. Grazie.

  NICOLA PELLICANI. Ringrazio anch'io dell'audizione, perché mi pare molto utile per cercare di mettere a fuoco quelli che sono i tanti problemi di un puzzle che riguarda la messa in sicurezza della città di Venezia.
  Rapidamente: anch'io credo che il MOSE – che ci auguriamo a questo punto, giunti oltre al 90 per cento dei lavori, che venga terminato e che funzioni – da solo comunque non possa bastare anche qualora funzionasse, anche perché il MOSE entra in funzione con l'acqua alta a 110 centimetri, mentre la basilica viene allagata già sotto gli 80, mi pare, tra i 75 e gli 80 centimetri, quindi viene allagata moltissimi giorni all'anno. Pag. 8 Poi magari ci ricorda mediamente quanti giorni all'anno viene allagata.
  Quindi questi interventi che devono essere fatti nella piazza San Marco e nella basilica sono fondamentali. Adesso mi pare che gli interventi di innalzamento della piazza riguardino solamente una parte, che sia stato un po’ accantonato questo progetto, ma c'è invece un progetto che prevede interventi integrati tra loro, con valvole e pompe di sicurezza per intercettare e svuotare l'acqua che entra nella basilica.
  Poi mi pare che ci sia anche un progetto per mettere attorno alla basilica una protezione di vetro, che sia allo studio anche un intervento di questo tipo. Quindi è bene anche avere una panoramica completa di tutto quello che è il patrimonio monumentale ecclesiastico della città di Venezia, che deve essere messo in sicurezza. Io credo che questa audizione confermi come uno dei temi fondamentali che dovremmo affrontare sia quello di garantire continuità di risorse. Anche perché lo Stato italiano deve dimostrare di essere all'altezza della sfida che ha di fronte di salvaguardare la città di Venezia, mettendo a disposizione tutte le risorse che servono.
  Concludo richiamando il conto del primo procuratore Tesserin che faceva riferimento alla necessità di una trentina di milioni per restaurare un bene prezioso come la basilica di San Marco, che noi non possiamo permetterci di disperdere. Quindi il tema delle risorse sarà uno degli elementi che dovremo affrontare nel corso di questi lavori.

  SERGIO VALLOTTO. Ringrazio gli auditi per la presenza e per le preziose informazioni che ci hanno dato nel loro intervento. Non lo dico da veneziano, nel senso che non abito proprio nella città di Venezia, abito nelle immediate vicinanze, quindi sono proprio del comune di Venezia.
  Io credo che le informazioni che oggi ci hanno dato gli auditi siano informazioni importantissime e che vanno tenute ben presenti quando andremo poi a definire e a lavorare nei dettagli la legge.
  Il MOSE: è un'opera che oramai credo la sua storia l'abbia fatta. È una storia troppo lunga, una storia che non è arrivata a compimento e non sto qui a entrare nel merito politico del perché e del per come delle cose, ma credo che non ci siano più deroghe e che il MOSE debba partire non per quando è fissata come data di prova, ma doveva partire ieri.
  Per quanto riguarda tutti gli interventi in merito proprio al contesto della città di Venezia, io credo che il patrimonio veneziano, inteso anche come luoghi di culto, sia un bene troppo grande e troppo importante per tralasciarlo e non entrare proprio direttamente con questa legge a sostenere nella misura possibile questi centri di culto.
  Chiedo anche a Carlo Alberto Tesserin – l'ha già espresso – il suo pensiero in merito a un coinvolgimento più ampio e più vasto della città metropolitana nella legge di salvaguardia, visto che tutti gli affluenti importanti che abbiamo, vedi il Sile, vedi il Brenta, vedi anche il Lemene, confluiscono e vanno a far parte della gronda lagunare e sono direttamente interessati anche dallo scambio salmastro di quello che è proprio l'equilibrio della laguna di Chioggia. Ringrazio e con questo chiudo.

  RENATO BRUNETTA. Ringrazio anch'io gli auditi per la loro presenza. Al procuratore e amico Carlo Alberto Tesserin do, oltre che il mio saluto, anche la mia piena condivisione, ricordando a me stesso che oltre al progetto basilica c'è anche il progetto piazza San Marco, perché parimenti alla basilica anche piazza San Marco ha la caratteristica o la virtù di andare sott'acqua anche con livelli di medio mare molto bassi. Questo è il progetto parallelo – lo dico agli altri colleghi della Commissione – Piazza San Marco e Basilica, proprio di messa in sicurezza.
  Per quanto riguarda poi la rivisitazione delle leggi speciali, oltre a quella del collega Pellicani è stata depositata la scorsa settimana un'altra proposta di legge a mia prima firma, che penso verrà inviata agli auditi, se non è stato già fatto, per una loro valutazione.
  Per quanto riguarda la gestione, è un'antica questione quella dei costi di gestione del patrimonio artistico a gestione ecclesiale, tema che deve essere tenuto assolutamente Pag. 9 in considerazione proprio per necessità di manutenzione e di gestione dello stesso. Quindi questo elemento dovrà essere assolutamente preso in considerazione proprio nell'individuazione delle risorse necessarie per la manutenzione.
  Abbiamo altresì evidenziato come sia necessario, da subito e senza attendere le nuove leggi speciali, attivare le richieste fatte dal comune di Venezia e dalla regione Veneto di 150 milioni di euro ciascuno, a valere sulla legge speciale già esistente, per ripristinare gli investimenti manutentivi che erano stati compressi dalle esigenze economiche di investimento finalizzate alla costruzione del MOSE dal 2004 in poi e quindi ripristinare il finanziamento della vecchia legge speciale, nelle more dell'approvazione della nuova, in modo da mantenere i livelli manutentivi antecedenti al 2004, quando la quasi totalità delle risorse veniva assorbita, proprio in virtù della legge speciale vigente, per le opere manutentive.
  Quindi questa la richiesta che è stata fatta dal sindaco Brugnaro e dal governatore Zaia: rifinanziare. Questa è stata la richiesta al Governo.
  Nell'ultimo Comitatone, in attesa del prossimo Comitatone che ci dovrebbe essere i primi giorni di marzo, è stato chiesto di rifinanziare gli investimenti manutentivi per un'entità di 150 più 150 milioni di euro annui e quindi è opportuno collocare in questo quadro le esigenze da voi evidenziate, in attesa di collocarle strutturalmente nella prospettiva della nuova legge speciale.
  Questo per quanto mi riguarda sarà il mio impegno. Verificheremo il prossimo Comitatone e nel frattempo su questa linea cercheremo di completare il quadro delle proposte di legge speciale che attualmente sono state depositate presso questa Commissione. Vi ringrazio ancora.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi, do la parola al primo procuratore Tesserin per la replica. Prego.

  CARLO ALBERTO TESSERIN, Primo procuratore di San Marco. Grazie, perché le domande sono preziose e mi servono per dare alcune risposte nei limiti di quello che è possibile.
  Il progetto che noi abbiamo presentato è stato consegnato prima di tutto alle sovrintendenze; tutto quello che noi facciamo in basilica ha come primo riferimento e condizionamento la sovrintendenza. Poi è stato consegnato al Magistrato, al Consorzio e al comune di Venezia. Ne sono già in possesso. Evidentemente noi lo abbiamo consegnato.
  L'abbiamo fatto noi come procuratoria di San Marco, proprio nella logica di uscire dalle attese improduttive e per dimostrare che riteniamo di non poter aspettare i tempi burocratici lunghi, ma che bisogna intervenire tempestivamente.
  Siamo terrorizzati da quello che potrà capitare a ottobre, novembre di quest'anno, se non poniamo rimedi. Noi, per la legge che istituisce le fabbricerie, abbiamo il dovere di custodire, tutelare e rendere fruibili i beni che ci ha affidato la basilica di San Marco. Noi riteniamo che sia nostro dovere far comprendere che, in attesa che siano chiare le scelte che gli istituti deputati sceglieranno – MOSE sì, MOSE no qualche alternativa MOSE, non voglio entrare nel merito – non possiamo rimanere inerti, avendo vissuto anche istituzionalmente tutto il percorso che va dal 1990 ad oggi.
  Quindi il nostro progetto, firmato prima di tutti dal nostro Proto, dall'architetto Piana, conosciutissimo a Venezia assieme a Rinaldi e al nostro deputato alla parte tecnica che è l'ingegnere Campostrini, è un progetto che noi riteniamo fattibile. Non costa moltissimo, costa 3 milioni di euro, quindi non è un'opera che si pone per rimanere all'infinito, perché noi la basilica vogliamo averla libera, pulita. Questa non sarebbe mai deturpata, perché l'opera sarebbe fatta in cristallo, però in realtà è un'opera che rimane il tempo necessario, perché si concretizzino le altre opere, che non potranno essere fatte in pochi mesi, però la facciamo proprio con l'aspettativa di far comprendere che non c'è più tempo da buttar via.
  Abbiamo la necessità di poter far sì... Il vento che è soffiato a 120 chilometri all'ora il 12 novembre crea delle condizioni per Pag. 10noi... per la prima volta le piastre in piombo che reggono le cupole e che proteggono le cupole sono volate via. Fortunatamente non son cadute in piazza, perché il vento a quella velocità e con quell'impeto non si era mai verificato prima. Noi abbiamo avuto una velocità di entrata dell'acqua dentro la laguna e di uscita dalla basilica tale che in un quarto d'ora è entrato un fiume d'acqua dentro la basilica ed è uscita come un fiume; perché l'acqua è arrivata a entrare nella cripta da sopra, raggiungendo due metri e mezzo? Perché dentro la spingeva ben al di là dei 187 centimetri! Questo può verificarsi in qualsiasi momento. La forza dell'acqua diventa dirompente quando è spinta dal vento e quando sale a dimensioni impossibili.
  Quindi l'obiettivo è quello di far comprendere che ci sia l'obbligatorietà di metter mano a questa protezione. Ci rendiamo conto anche che quello che obbligatoriamente abbiamo davanti a noi come scenario è che abbiamo subito dei danni in una volta sola che sono incredibili. La basilica di suo ogni anno, per mantenerla nelle condizioni di fruizione e di mantenimento, necessita di 5 milioni. Non è che la basilica è qua a dire: «Dateci tutti i soldi che ci servono.» Noi abbiamo un programma decennale di 50 milioni da spendere, che spendiamo con le risorse che abbiamo dalle entrate della basilica. Queste opere qua sono aggiuntive a quelle lì. Noi non è che possiamo pensare che ce la facciamo con le risorse nostre ad affrontare queste situazioni. Non ce la facciamo e la basilica se non fa questo salto di qualità immediato...
  Lo facciamo anche per far comprendere che se lo si fa per San Marco, va fatto anche per il resto della realtà veneziana. Io sento dire che il MOSE ha finito la sua stagione, che il MOSE forse funziona. Io dico che bisogna metter fine a questa altalena: sì, no, sì, no. O è sì o è no. Non si può pensare ancora: «Ma forse il MOSE...». Non è che possiamo continuare in questa situazione.
  Ci rivolgiamo quindi a quelli che hanno responsabilità dirette, e qui siamo all'interno del massimo dei livelli, non per scaricare delle responsabilità, ma perché abbiamo bisogno che ci si renda conto che questa è una stagione in cui non possiamo più permetterci attese. È una stagione in cui bisogna prendere le decisioni che sono ineludibili, altrimenti un bel giorno noi faremo quello che temevamo il 12 di novembre: il 13 novembre non bastavano gli stivali per entrare nella basilica di San Marco, eravamo in una condizione di impossibilità, voglio dire... Noi eravamo terrorizzati, quella notte che eravamo lì, di sapere se la mattina l'acqua sarebbe rientrata o non sarebbe rientrata. Avevamo presente l'immagine del ’66, quando la forza del mare ha scardinato i Murazzi di Pellestrina. Guardate, che Pellestrina stavolta ci è andata vicina. Fortunatamente i Murazzi hanno tenuto, perché se i Murazzi non avessero tenuto, non so anche questa volta quello che sarebbe successo.
  La percezione che abbiamo noi è che non venga avvertito all'esterno il pericolo vero che noi corriamo. Quando uno vede Venezia il giorno dopo dice: «Tutto a posto. Cosa è successo? Non è successo niente.». Ma uno che è lì si rende conto di cosa vuol dire, cos'è la salsedine che corrode, cos'è la forza del vento che incalza l'alta marea e che distrugge tutto.
  Per cui io sono lieto di avere avuto la possibilità di venire in audizione presso questa Commissione così importante per quello che può fare e sono certo che provvederà nella maniera dovuta.
  Aggiungo una battuta: la realtà di Venezia è quella che è, perché abbiamo la fortuna di avere 200 chiese. 200 chiese non sono 200 chiese aperte, sono nella maggioranza chiese chiuse, perché non possono svolgere le loro funzioni nell'isola, perché il tessuto urbano e i turisti sono quelli che sono, ma dentro ogni chiesa c'è un patrimonio culturale immane. La richiesta sui tesori che stanno dentro ogni chiesa, grande o piccola che sia, non può essere abbandonata. Non è una visione della Chiesa per conservare le chiese. È una visione di un patrimonio che non può essere lasciato andare in perenzione e questo è un pericolo esistente. Ogni giorno c'è questa difficoltà. Io ho la fortuna oggi di poter trasferire a questa Commissione il massimo Pag. 11che si può auspicare per avere questa considerazione. Grazie.

  RENATO BRUNETTA. Solo per tranquillizzare l'amico Tesserin, per volontà del Governo e penso di gran parte del Parlamento il MOSE non è in discussione. L'ultimo Comitatone ha, se ce ne fosse stato bisogno, confermato il completamento del finanziamento dello stesso, sulla base degli ultimi test che si dovranno fare, con delle date ben precise, quindi almeno questa è una certezza, al netto ovviamente della sperimentazione e dei test che si devono fare.
  Quello su cui occorre riflettere sono le forme di finanziamento e di regolazione del sistema Venezia città-città metropolitana oltre alla costruzione del MOSE, ivi compreso il tema piazza San Marco da subito e basilica di San Marco da subito. Queste sono le tematiche specifiche. Quindi: sul MOSE c'è certezza, per quanto può essere certa un'opera di quella complessità, sono certi i finanziamenti; rifinanziamento dell'opera manutentiva che si era ridotta negli ultimi 15-18 anni e necessità di provvedere da subito per la messa in sicurezza di piazza San Marco per la ragione che diceva prima Pellicani. Sia Piazza San Marco che la basilica di San Marco vanno sotto anche quando il MOSE non è alzato, perché piazza San Marco strutturalmente è più bassa del medio mare di allagamento. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Primo procuratore di San Marco, Carlo Alberto Tesserin e don Fabrizio Favaro per il loro intervento e per il documento depositato, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto della seduta odierna (vedi allegato 1) e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione del presidente dell'Autorità di Sistema Portuale del mare Adriatico settentrionale di Venezia, Pino Musolino.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente dell'Autorità di Sistema Portuale del mare Adriatico settentrionale di Venezia, Pino Musolino, in sede di indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame della proposta di legge C. 1428 Pellicani recante «Modifiche e integrazioni alla legislazione speciale per la salvaguardia di Venezia e della sua laguna». Ringrazio il presidente dell'Autorità di Sistema Portuale del mare Adriatico settentrionale di Venezia, Pino Musolino, per la sua presenza e gli cedo la parola per lo svolgimento della relazione.
  PINO MUSOLINO, presidente dell'Autorità di Sistema Portuale del mare Adriatico settentrionale di Venezia. Grazie signor presidente e grazie onorevoli membri della Commissione anche per la sensibilità di averci coinvolti in questa fase di discussione e indagine conoscitiva. In questa sede non ho preparato slide o materiali, proprio perché è una prima fase e noi siamo già stati auditi, peraltro, nelle Commissioni parlamentari la scorsa estate, dove abbiamo fatto anche un'approfondita indagine su tutte le situazioni di criticità e su tutte le necessità del porto di Venezia e gli atti sono stati già acquisiti da parte della Commissione competente e quindi volevo evitare di ripetere o di ridare dell'ulteriore materiale.
  Ho analizzato, spero con la dovuta attenzione, la proposta di legge C. 1428 che oggettivamente va in una serie di direzioni che potrebbero essere anche quelle auspicabili o auspicate.
  Da tempo si parla di una riedizione, di un ripensamento della legge speciale per Venezia e della legislazione speciale per Venezia. Noi siamo l'autorità di sistema portuale, peraltro siamo dal 2016 fondamentalmente l'unico sistema portuale dell'intera regione Veneto, perché all'interno dell'autorità di sistema portuale c'è il porto di Venezia, ma anche il porto di Chioggia che - non dimentichiamo - è a sua volta un componente fondamentale dell'intero sistema lagunare e dell'intero sistema portuale.
  È ovvio che, per fortuna – e di questo ringrazio i proponenti della legge, ma anche l'intero Parlamento – che l'articolo 1, che riprende peraltro quelli che erano i temi della prima legge speciale per Venezia, quella del ’73, pone lo sviluppo sociale ed Pag. 12economico della città e del complesso sistema lagunare al centro delle priorità.
  Mi permetto di puntualizzare: il sistema portuale veneto è fondamentalmente uno degli elementi di traino dello sviluppo sociale ed economico dell'intero territorio, anzi direi dell'intero sistema economico veneto.
  Vi do una serie di dati e poi entro nello specifico. Nel diretto, i porti di Venezia e Chioggia impiegano 19.330 lavoratori. Solo all'interno del porto di Venezia ci sono 1.269 imprese. Il valore della produzione diretta annua è di circa 6 miliardi di euro, che con l'indotto diventano quasi 21 per 95.000 addetti. Stiamo parlando di numeri importanti. Stiamo parlando di elementi fondamentali per l'economia sicuramente della città di Venezia e del Veneto, ma mi permetto di dire, con questi numeri, per la tenuta complessiva dell'economia del nord Italia e quindi, se volete, di una fetta consistente dell'economia del Paese.
  Questi numeri non sono numeri a caso. Sono numeri figli di uno studio che noi abbiamo commissionato al Centro studi CGIA di Mestre, proprio per avere dei dati significativi oggettivi sui quali poter ragionare. Questa premessa è necessaria per poter fare qualsiasi tipo di ragionamento sulla legislazione speciale per Venezia e sulla tutela di Venezia.
  Io mi permetto, oltre che da amministratore, da veneziano che vive ed è cresciuto nel centro storico, di sentirmi titolato in qualche modo a parlare, perché oggettivamente la tutela della città passa sicuramente e inevitabilmente attraverso il mantenimento e la creazione di posti di lavoro, di sana e buona occupazione e di processi che passino attraverso l'economia green, ma non solo, attraverso l'innovazione, attraverso la possibilità di mantenere sicuramente in piedi quella bellissima città, la più bella del mondo, se posso dirlo da un punto di vista architettonico, ma che sia popolata di persone.
  Senza l'apporto e l'elemento fondamentale garantito dall'esistenza del sistema portuale di Venezia e Chioggia, si comprometterebbe in maniera significativa questo tipo di ragionamento. Non entro nello specifico di tutta la proposta di legge, però ci sono degli aspetti che sono estremamente importanti e fondamentali e che si sposano anche con altri pezzi di legislazione che avrebbero dovuto esserci e che non ci sono stati.
  Per esempio, quando venne dato il parere in Conferenza unificata regioni e città metropolitane alla riforma portuale, il decreto legislativo n. 179 del 2016, vi era stato il parere vincolante della regione Veneto, affinché, per poter dare il parere favorevole a quel provvedimento, ci fosse l'istituzione del cosiddetto «porto regolato» all'interno del sistema portuale di Venezia. Questa cosa noi l'abbiamo anche presentata all'ultimo Comitatone, quello di novembre, come un'ipotesi, perché porto regolato significa questo: per darvi un'idea di che cosa sono i porti regolati, vi dico che sono i porti più grandi che ci sono in Europa. A Rotterdam piuttosto che ad Anversa ci sono porti regolati. Sono porti che, essendo all'interno di ecosistemi complessi e non direttamente in faccia al mare – così come quelli di Venezia e Chioggia, che, essendo all'interno della laguna, non sono porti immediatamente in faccia al mare –, hanno una sorta di torre di controllo che prevede la gestione complessiva dell'arrivo delle navi e la gestione complessiva del traffico in una maniera molto più regolata, molto più scadenzata, molto più simile a quella che potrebbe essere una gestione di un aeroporto di quella che è in un porto fondamentalmente di mare.
  Perché dico questo? Perché ovviamente il giorno in cui il sistema MOSE sarà operativo ed entrerà in funzione, noi rischieremmo il paradosso unico di essere un porto che non ha un accesso al mare, almeno per il periodo nel quale le paratie del MOSE sono alzate. Quindi va gestita la fase di alzata e abbassata delle paratie in maniera gestionale-ingegneristica, visto che fisicamente non si può superare, ma ci torno sull'eventuale conca di navigazione, che andrebbe ripensata anche nel ragionamento di opere collaterali o di completamento del MOSE, perché anche quella era nata con l'obiettivo di far funzionare il porto quando il MOSE fosse in funzione. In Pag. 13questo momento per motivi di costruzione e per motivi di disegno non fungerà a quello scopo, pur essendo costata svariate decine di milioni di euro al contribuente pubblico. Questo è un elemento che andrebbe pensato.
  Sicuramente alcuni ragionamenti che sono stati svolti sulle proposte, dal piano di riconversione, allo sviluppo dell'area di Porto Marghera, dell'area dell'Isola dei Saloni di Palladio, che fondamentalmente sono tutte sotto il controllo o meglio sotto lo sviluppo strategico dell'autorità di sistema portuale, non possono che trovarmi e trovarci favorevoli, al netto del fatto che la normazione, la legislazione deve essere tutta improntata al massimo dell'operatività e al massimo del controllo, nel senso che spesso e volentieri noi abbiamo assistito, e ve lo posso dire, perché lo vivo quotidianamente sulla mia pelle, a uno stratificarsi di competenze, sottocompetenze, sovracompetenze che vanno dal livello locale, al livello regionale, al livello nazionale, però è evidente che i porti sono sì enti pubblici, ma sono quegli enti pubblici particolari, perché i loro stakeholder di riferimento sono operatori economici.
  Il nostro primo compito è chiaramente uno sviluppo sostenibile, ma comunque uno sviluppo economico e quindi quando i vari livelli di normazione rischiano di aumentare il livello di confusione o il livello di incertezza da parte dell'azione diretta, questo è un elemento che mi sento di sottolineare, perché effettivamente possiamo fare di più e meglio come sistema Paese.
  Sicuramente ci sono degli elementi importanti, come la lettera s) dell'articolo 1, lo sviluppo delle infrastrutture della portualità e della logistica, valorizzando il sistema portuale e l'intermodalità. È chiaro che io sottoscrivo al mille per cento questo comma ed è addirittura un di più, perché già è sottolineato dalla legge n. 84 del 1994, che istituisce i sistemi portuali di Venezia e Chioggia.
  Noto che c'è la proposta di un comitato istituzionale e poi un consiglio di partecipazione di Venezia e della sua laguna. Io vi dico che cosa viviamo quotidianamente. Già la Commissione di salvaguardia per Venezia, che è quella che in questo momento è prevista dall'attuale legislazione speciale, è un ottimo strumento che permette la massima apertura, però uno strumento che spesso e volentieri non collima, in termini almeno temporali, con i tempi necessari allo sviluppo e allo svolgimento delle operazioni più basiche, a partire dai dragaggi manutentivi, piuttosto che all'infrastrutturazione di terra, piuttosto che all'infrastrutturazione e ai marginamenti, che peraltro sottolineo non sono di competenza dell'autorità di sistema portuale, ma che l'autorità di sistema portuale ha sempre fatto quando i marginamenti sono opere collegate a banchine portuali, almeno sotto il profilo della finanza, sostenendo l'allora Magistrato alle acque, adesso OPP, in un'ottica di sana e buona collaborazione tra tre enti pubblici.
  Quindi quello che voglio dire è che va assolutamente benissimo ogni strumento che permetta la massima condivisione dei dati, però stiamo sempre attenti a non creare ulteriori elementi di difficoltà amministrativa che poi nuovamente non ci permettano di dare risposte in tempi normali, in tempi europei.
  Non possiamo non pensarci per lo meno in un contesto europeo, perché altrimenti i nostri porti sono sempre e comunque fuori dallo schema di altri porti. Uno dice: "Ma perché devo venire da voi che per darmi una risposta ci mettete tre anni, quando posso andare dall'altra parte dell'Adriatico dove mi rispondono in sei mesi?".
  Quindi è evidente che noi dobbiamo avere il massimo livello e ho trovato tra l'altro molto interessante il fatto che si considerino anche lo sviluppo tecnologico, l'innovazione, la digitalizzazione, la ricerca, il Centro sui cambiamenti climatici, cioè tutte cose nelle quali anche i sistemi portuali hanno la possibilità di lavorare non solo sulla creazione di valore aggiunto diretto, movimentazione merci e logistica, ma anche con una componente di sapere e di messa in rete del sapere, perché anche il sapere applicato, la conoscenza applicata è un elemento di crescita economica e di tutela dei propri territori. Pag. 14
  Questa che è un'audizione non formale al 100 per cento, nel senso che mi è stata richiesta un'opinione, non un'opinione puntuale sulla proposta di legge e vi sto dicendo quelle che sono le potenziali criticità che, da presidente dell'autorità di sistema portuale, posso incontrare all'interno di questa proposta.
  All'articolo 5, comma 5, della proposta c'è la gestione dell'accesso ai porti di Venezia e Chioggia prevista dal MOSE, ossia quello che vi dicevo prima, l'istituzione del porto cosiddetto «regolato». Questo però necessita sicuramente di strumenti appositi ma anche di fondi, perché altrimenti facciamo sempre i conti senza l'oste e quindi anche in questo caso va prevista eventualmente, nella creazione o nell'istituzione della macchina o del contenitore, un'adeguata linea di finanziamento.
  Ho visto che per esempio nella cabina cosiddetta di regia o nella stanza di controllo del sistema del modulo elettromeccanico è stata inserita l'autorità di sistema portuale. Io vorrei che ci chiarissimo su questo punto. L'autorità di sistema portuale ha competenze sullo sviluppo dei traffici e dei collegamenti retroportuali, intermodali e del miglioramento della logistica complessiva legata alle merci e legata all'elemento di porto industriale.
  Non rivendichiamo nessuna figura diretta di controllo nel sistema MOSE, se il sistema MOSE è la parte di gestione ingegneristica, alzata e abbassata delle paratie. Non è quello il nostro lavoro, però sicuramente abbiamo la necessità di essere coinvolti nel momento della redazione delle regole di ingaggio. Questo perché se i cittadini di Venezia sono sicuramente i primi beneficiari della messa in funzione del MOSE, perché rimangono – io stesso – coi piedi asciutti, il porto di Venezia è la prima vittima, perché come dicevo prima ha nei momenti di alzata e abbassata delle paratie l'inaccessibilità al mare e un porto che non accede al mare tende a essere ossimorico, se volete, non ha senso.
  Quindi si deve sicuramente ragionare sulle regole d'ingaggio e su come funzionerà il MOSE e su come si alzerà il MOSE, però noi possiamo anche non essere direttamente coinvolti nella stanza nella quale si prendono le decisioni operative e si alza e si abbassa al MOSE. Lo dico anche perché non vorrei che si pensasse a un certo punto – questo non è nella proposta di legge ma in futuro – che poi si accede direttamente ai fondi dell'autorità di sistema portuale che ha, a livello istituzionale, altre competenze.
  Noi dobbiamo sviluppare le banchine, dobbiamo sviluppare i dragaggi, dobbiamo sviluppare la sostenibilità ambientale, energetica del porto. Non possiamo essere anche inseriti, a valle peraltro di un percorso, all'interno del finanziamento e dell'utilizzazione del MOSE, che è un'altra opera che ha un altro tipo di storia.
  Queste, signor presidente, sono le prime e le più puntuali osservazioni che posso fare in questa prima sede sulla proposta di legge che oggettivamente – ribadisco – accogliamo con favore anche concettualmente. Eventualmente, se gli onorevoli lo ritengono, possiamo tornare ulteriormente, magari con qualche osservazione più puntuale, magari con un materiale più definito, in maniera tale anche da mostrarvi visivamente quali possono essere gli interventi.

  NICOLA PELLICANI. Ringrazio il presidente Musolino della relazione.
  Volevo evidenziare come in queste due audizioni anche un po’ plasticamente abbiamo visto due degli aspetti fondamentali di quello che definisco il dossier Venezia, ovvero prima l'audizione del primo procuratore di San Marco, che ha messo in evidenza i problemi della basilica di San Marco e in particolare di piazza San Marco, che sono i due elementi per cui tutto il mondo ci guarda e per cui stiamo sulle prime pagine di tutti i giornali del mondo quando c'è il fenomeno dell'acqua alta; ora abbiamo audito il presidente del porto, che ci ha evidenziato un altro aspetto che è fondamentale, soprattutto per la vita della città. Mi riferisco a quando ha evidenziato, come ribadito nella proposta di legge, come sia fondamentale lo sviluppo socioeconomico della città, ovvero la vita della città, la vita economica, la vita sociale e il porto nel fulcro di attività, ovvero il fatto di come, Pag. 15accanto al tema della salvaguardia, ci sia quello della vita socioeconomica della città.
  La città di Venezia col suo porto vive da centinaia di anni nella laguna e sono secoli che c'è questo sforzo di trovare un equilibrio tra la salvaguardia dell'ambiente della città e la vita sociale della città. Su questo la proposta di legge punta ad aggiornare quanto già era previsto dalle prime leggi speciali, a partire da quella del ’73, ovvero aggiornare i temi legati soprattutto allo sviluppo sociale ed economico.
  Il porto, quando sarà operativo il MOSE, si diceva prima, dovrà essere sì un porto regolato, ma anche un porto che continua a vivere, altrimenti chiudiamo. Allora uno dei temi da porre secondo me è quello dell'operatività del porto. Adesso c'è la conca di navigazione che in parte era stata sistemata, mi pare, però ancora non abbastanza per essere rifugio per le navi che entrano nel porto. Questo sarà fondamentale, altrimenti noi dobbiamo porci il tema di come garantire la vita del porto nei prossimi trent'anni. Nel porto lavorano, lo ricordava prima il presidente, 20 mila lavoratori e ci sono più di 1200 imprese.
  Un'altra questione, e concludo, è quella che è stata evidenziata prima anche dal procuratore Tesserin, dell'eccessiva frammentarietà delle competenze dentro la laguna. Direi che questo è un tema che non ha risolto nemmeno la seconda legge speciale, la 798 del 1984, con il Comitatone, che è sì fondamentale per assumere tutte le decisioni per la città, che, da quando c'è, passano dal Comitatone per la ripartizione dei fondi, però non ha eliminato il tema della conflittualità delle competenze.
  Il presidente sa meglio di me quanti sono i diversi enti che insistono nel governo delle acque di Venezia, dove il comune di Venezia gestisce solamente i canali interni, il porto, i canali di navigazione, il demanio, la Capitaneria di porto e la regione. Insomma, c'è una miriade di soggetti che interviene. Ecco, questa frammentarietà mi sembrava fosse emersa anche dalla relazione del presidente, è uno dei temi da affrontare.

  PAOLA DEIANA. Ovviamente ringrazio il presidente, che abbiamo appena audito, e che ci ha portato all'attenzione una questione che francamente non è assolutamente trascurabile. Lei dice che una volta che entra in funzione il MOSE, nel momento in cui vengono alzate le paratie, per un periodo non definito le imbarcazioni rimangono fuori dall'accesso al mare, che per un porto è alquanto strano. Quindi io le farei una richiesta operativa, cioè quella di fare lei, come autorità portuale, una proposta di emendamento alla proposta di legge, in modo che noi possiamo valutarla ed eventualmente inserirla nella proposta del collega Pellicani. Grazie.

  KETTY FOGLIANI. Ringrazio l'Autorità portuale per essere qui con noi oggi. Riguardo a questo tipo di proposta volevo capire, perché c'è il tema della profondità del MOSE, ma soprattutto la profondità stabile del porto, perché comunque permette l'ingresso solo fino a una certa... Poi c'è tutto il problema delle grandi navi, e l'eventuale trasferimento, sia provvisorio che non provvisorio, previsto per il futuro. Quindi anche questo potrebbe essere oggetto di suggerimenti da parte dell'Autorità portuale da poter inserire nella proposta di legge, per poter avere ulteriori elementi utili per fare delle valutazioni, secondo me, se questo sarà possibile. Perché, appunto, la profondità del porto, è una profondità che non potrà andare – credo – oltre i 12 metri nel tempo; già è difficile, perché adesso mancano i dragaggi. Lo sappiamo, questo è un altro grande tema, quello del protocollo fanghi, e tutto quello che ne consegue.
  Quindi i temi sono sul piatto sono tanti per quanto riguarda il porto, e proprio per lo sviluppo economico di cui parlavamo prima. Cosa facciamo di Venezia? Lo facciamo sviluppare questo porto e stiamo al passo con gli altri porti? Perché il problema è che noi siamo già indietro rispetto agli altri porti internazionali e quindi avremmo bisogno di fare dei passaggi importanti anche politici. Grazie.

  PRESIDENTE. Non ci sono altri interventi, quindi do la parola al presidente Musolino per la replica.

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  PINO MUSOLINO, presidente dell'Autorità di Sistema Portuale del mare Adriatico settentrionale di Venezia. Grazie signor Presidente. Allora vado in ordine rispetto agli interventi. Chiaramente, onorevole Pellicani, è certo che, come vi dicevo, il tema della conca di per sé meriterebbe un'audizione di questa Commissione, e forse dell'intero Parlamento.
  La conca di navigazione, tanto per essere chiari, è una specie di passaggio tra mare e laguna che dovrebbe servire, doveva servire, a far entrare le navi, nonostante il MOSE fosse in funzione. È alla bocca del porto di Santa Maria del mare di Malamocco, ed è stata tarata per navi di dimensione massima di 280 metri. È stata realizzata con un allineamento che di fatto le impedirà di funzionare, perché l'allineamento della conca ha un angolo di incidenza rispetto alla barriera frangiflutti, che è stata costruita davanti, che gli impedirà di servire a questo scopo.
  Anche se funzionasse perfettamente rispetto alla barriera, le dimensioni della conca sono sottodimensionate rispetto agli utilizzi attuali. Noi abbiamo la necessità di far entrare le navi commerciali e industriali da 330 metri, e la conca è pronta per navi da 280 e, peraltro quando venne installata la prima porta per chiudere la conca, alla prima mareggiata si è rotta la porta e ha causato un danno da 6 milioni di euro.
  Ora io non ho né un compito, come dire, inquirente né voglio sapere le cose che sono state fatte prima che io arrivassi. Io sono arrivato nel 2017, però oggettivamente non posso che dire: «Signori, a noi avevano promesso un garage per il SUV, e ci hanno dato quello per le 500»; però io ho continuato a fare entrare dei SUV. Quindi ho una difficoltà oggettiva.
  Abbiamo proposto, nel piano operativo triennale, che è il documento strategico di mandato del porto, una serie di interventi che si possono, e si potrebbero fare, sulla conca di navigazione e sulla piarda ad essa collegata, che potrebbero, in parte o in tutto, risolvere una serie di problemi; non ultimo anche l'utilizzo dei fondi pubblici, che sono stati spesi per una conca che non serve in questo momento e che a me sta particolarmente a cuore, e il fatto che tornino utili, se non altro come contribuente italiano, e non solo come presidente del porto.
  Quindi sarebbe opportuno, per rispondere in parte, ma poi ci torno, anche a quello che diceva l'onorevole Fogliani, che decidessimo che cosa vogliamo fare da grandi di questo porto. C'è un modo di dire a Venezia: «Non si può volere la botte piena e la moglie ubriaca». Allora, tutto è impossibile, anche perché chi vi promettesse e chi ci promettesse tutto, sa benissimo che non rispetterebbe quella promessa, però bisogna decidere qualcosa.
  Sono stati avanzati una serie di temi legati anche alla profondità. È vero che il massimo di fondale ottenibile, stante la barriera del MOSE, è meno 12 metri, che sono più che sufficienti per servire alle esigenze del porto commerciale e industriale, cioè le navi rinfusiere, le navi da project cargo. Per una stragrande maggioranza di traffici, nei quali noi siamo porto leader o uno dei porti leader in Italia, sui dodici metri non hanno problemi.
  I veri problemi sono legati alle navi portacontenitori di ultima generazione, e alle eventuali navi da crociera di grande dimensione. In questo senso c'erano stati, e avevano avuto una certa vita, alcune ipotesi di porto che cercava il fondale fuori in mare; l'idea, l'intuizione è intelligente ed è assolutamente condivisibile. Quello che non si può pensare è che ci sia il porto scollegato a un elemento di terra.
  Questo accade in tutti i luoghi nel mondo dove hanno fatto porti che sono andati a cercarsi i fondali fuori: Yangshan, a Shanghai, ha 36 chilometri di ponte; «Maasvlakte 2», a Rotterdam ha collegato un ponte alla piattaforma fuori in mare. Addirittura Vancouver, che ha appena presentato un ipotesi di progetto di porto off-shore, l'ha presentato, niente di più e niente meno, con una foto che se andate a vederla è molto simile a quella del progetto presentato da alcuni privati per il VGate a Chioggia.
  Quindi l'elemento fondamentale è che la struttura in mare che va a trovare il fondale Pag. 17 per il contenitore, si può trovare, la tecnica c'è, però inevitabilmente va collegato con una logistica di terra, sia essa strada, sia essa ferrovia, o nella maniera ideale, l'insieme delle due. Tutto il resto renderebbe l'infrastruttura, e la ricerca di fondale, difficilmente sostenibile finanziariamente ed economicamente per chiunque volesse gestirla.
  A maggior ragione, in un mercato a fortissima volatilità come quello dei contenitori con noli che vanno anche molto bassi, qualsiasi ulteriore elemento di rottura di carico aumenta il costo finale, e quindi creerebbe una non sostenibilità sul mercato, che porta semplicemente a scegliere porti limitrofi; non è che noi siamo l'unico porto dell'area.
  Quindi bisogna fare dei ragionamenti, perché quando si va a fare un progetto di grande infrastrutturazione, e quindi con grandi costi e con un'emivita di venti o trent'anni, si deve tener conto anche degli elementi economici e dei modelli di sviluppo che ha il mercato dello shipping dei contenitori. Io invito a fare un ragionamento molto puntuale, molto tecnico.
  Quindi soluzioni se ne possono trovare, e non siamo gli unici. Noi italiani ogni tanto tendiamo a credere che bisogna inventare sempre l'acqua calda, invece ci sono quelli che hanno già inventato i boiler; insomma, gli si può chiedere che cosa stanno facendo. Quindi ci sono le possibilità tecniche però bisogna avere anche una unità di intenti sul medio e lungo termine, sia a livello territoriale sia a livello regionale, nell'ottica dello sviluppo di un sistema portuale nazionale, che è quello previsto dal Piano strategico nazionale della portualità e della logistica, che è lo strumento ancora in vigore da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che stabilisce quelli che sono i piani di sviluppo dei porti del futuro.
  Sul tema dell'eccessiva frammentazione delle competenze, come dire, stiamo stabilendo l'ovvio ed è evidente che va fatta per lo meno chiarezza, e se non accorpare le competenze, almeno che venga definito in maniera molto chiara chi fa cosa e dove; cosa che in questo momento ancora non è spesso e volentieri di facile comprensione.
  Permettetemi di aggiungere questo: se alcuni pezzi della laguna sono definiti e sono inseriti nel piano regolatore portuale, come canali di grande navigazione portuale, io che sono presidente dell'Autorità del sistema portuale, devo considerarli tali: sono canali di grande navigazione portuale. Se, però, si vuole cambiare l'identità piuttosto che la carta d'identità di questi canali, allora va fatta una scelta sapendo che però non possono essere canali di grande navigazione portuale dove non ci sono le navi, perché allora cominciano a essere due cose differenti. Anche in questo caso il Parlamento è sovrano, e il Paese decide le cose, però deve deciderle; una volta che si va in una direzione, si stabiliscono delle competenze dirette, si fanno delle scelte normative dirette. Le due cose insieme è impossibile che funzionino, altrimenti cozzano, e ad a un certo punto le contraddizioni emergono e succedono i problemi.
  Ultimo punto. Sicuramente, onorevole Deiana, faremo così come abbiamo fatto in sede di Comitatone. Invierò, se posso, all'attenzione della presidenza della Commissione, se non la bozza di emendamento almeno la struttura di quello che noi abbiamo proposto, o di quello che proporremo sotto il profilo tecnico. Poi demandiamo al Parlamento, che è sovrano, l'eventuale valutazione e decisione di inserirla o meno nella legge. Ribadisco, siamo a pienissima disposizione per dare ulteriori dati e informazioni anche di natura tecnica.
  Spero che questa audizione abbia almeno dato qualche informazione di rilievo a voi onorevoli.

  NICOLA PELLICANI. Siccome non so se ci sarà un altro giro di audizioni, se quel materiale che citava prima, ce lo può comunque a inviare.

  PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Musolino per il contributo che ha dato ai lavori della Commissione. Resta inteso che, se ci invierà del materiale, lo inseriremo nella documentazione dell'indagine conoscitiva. Dichiaro conclusa l'audizione.

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Audizione del comandante provinciale della Guardia di finanza, generale di brigata Giovanni Avitabile.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del comandante provinciale della Guardia di finanza, generale di brigata Giovanni Avitabile in sede di indagine conoscitiva deliberata nell'ambito dell'esame della proposta di legge 1428 Pellicani, recante modifiche e integrazioni alla legislazione speciale per la salvaguardia di Venezia e della sua laguna. Io ringrazio il generale Avitabile per la presenza, e gli cedo la parola per lo svolgimento della relazione.

  GIOVANNI AVITABILE, comandante provinciale della Guardia di finanza. Buongiorno. Voglio ringraziare anche a nome della Guardia di finanza per avere questa possibilità di collaborare ai lavori importanti di quest'indagine, che ha a cuore la salvaguardia della città di Venezia.
  Io sono il comandante provinciale di Venezia della Guardia di finanza, e mi occupo di legalità economico-finanziaria. Infatti l'intervento che vi vorrei proporre riguarda proprio questo aspetto, cioè una rappresentazione – ai fini di una visione più ampia del concetto di salvaguardia della città di Venezia - dei possibili effetti sul lato della legalità economico-finanziaria, che il turismo di massa, che sta interessando la città ormai da tempo, può determinare e può provocare. Questo anche in chiave propositiva, perché su determinati aspetti probabilmente si può anche pensare di introdurre qualche misura in sede legislativa.
  Io non faccio proposte, però posso lanciare degli spunti che prendono come punto di partenza la realtà operativa, cioè quello che la Guardia di Finanza fa sul territorio. Io ho preparato una relazione che poi lascerò agli atti, non la leggo, farò una sintesi anche perché il tempo non è moltissimo: una relazione in cui si parte da una esposizione, da un punto di vista statistico del fenomeno turistico a Venezia.
  Il fenomeno turistico a Venezia si presenta nella forma del cosiddetto «overtourism», che significa una presenza quasi asfissiante, forse eccessiva, di un turismo che ha le caratteristiche della massa, nel senso che in qualche maniera si tratta di folle di visitatori, interessati a visitare la città, che ha uno spazio fisicamente limitato, e che la invade, almeno fino a prima che nascesse l'emergenza di questi giorni in maniera massiccia.
  Questo fenomeno è dimostrato dai dati statistici che io tralascio, e che troverete esposti in maniera molto dettagliata nella relazione, che ha determinato e determina degli effetti sul tessuto sociale della città e sul tessuto economico. Sul tessuto sociale, il principale problema è quello della residenzialità nel centro storico di Venezia: una residenzialità che sta decrescendo. Anche qui ci sono dei dati individuati nella relazione, che parlano di una perdita in un quinquennio di 20 mila abitanti circa. Nella relazione ci sono dati più precisi, se volete ve li posso citare: parliamo in termini assoluti di 19 mila unità in meno nel periodo tra il 2000 e il 2019 nel solo centro storico di Venezia. Con un dato in controtendenza, invece, per quanto riguarda la terraferma, in cui si è registrato nello stesso periodo un aumento di popolazione.
  Questo significa che se c'è una parte della città che soffre per la presenza turistica, quella parte è il centro storico e l'area insulare, che sono delle parti ben individuate: chi conosce Venezia lo sa, la parte monumentale, ma anche la zona delle isole che fanno parte della laguna.
  Oltre all'effetto residenzialità, quindi a un calo demografico registrato nel comune, la presenza turistica di massa determina degli effetti anche sul piano economico, con una trasformazione dell'indotto turistico che è veramente evidente. Innanzitutto, sul piano della ricettività, non è probabilmente un argomento che non conoscete, ma a Venezia è molto evidente il fatto che il turista che viene a soggiornare in città non si avvale più esclusivamente delle strutture alberghiere, ma utilizza quelle forme legittime di ricettività cosiddetta «complementare», ossia i bed and breakfast piuttosto che le locazioni turistiche, piuttosto che altre tipologie di offerta ricettiva, che è diversa da quella alberghiera. La relazione Pag. 19presenta anche in questo caso dei dati che sono veramente rilevanti. Io mi limito semplicemente a segnalare il fatto che, con i dati ultimi disponibili e asseverati perché tratti dalla statistica del comune, i posti letto nel 2017 offerti dalla ricettività complementare hanno superato di poco quelli degli alberghi: il che significa che la grande massa di turisti che viene a visitare la città probabilmente è assorbita in gran parte da queste strutture.
  Un altro effetto del turismo di massa sul piano economico riguarda l'indotto commerciale. Chi è venuto a Venezia di recente, avrà notato che c'è un fiorire di esercizi commerciali che danno l'idea più di un bazar che di una città culturalmente avanzata, come è il capoluogo lagunare. Vendono merce di modesti prezzo e anche qualità, probabilmente in gran parte etichettata made in Italy, che serve sostanzialmente a consentire a questo turista di massa, e al turismo di massa, di poter disporre di qualche ricordo, di qualche souvenir, e di qualche oggetto che possa in qualche maniera ricordargli il soggiorno a Venezia.
  Anche questo è un problema ed è un problema sotto molteplici punti di vista. Perché intanto la città, ripeto, se invasa o se fa registrare l'esplosione di una certa tipologia di esercizi commerciali di questo tipo, in qualche maniera fa in modo che un'altra tipologia di commercio o un'altra tipologia di imprenditorialità venga fatta fuori, in qualche maniera. Quindi le botteghe storiche, e ciò che costituiva in qualche maniera anche una testimonianza della Venezia storica e culturale, ultimamente sembra aver un po’ lasciato spazio a questa tipologia di offerta che sicuramente attira il turista «mordi e fuggi», però ripeto, è un qualcosa che non è caratteristico di Venezia perché lo si può trovare in qualunque parte d'Italia.
  Quindi il primo effetto di questa situazione, l'imprenditorialità caratteristica, riferibile anche alla residenzialità, sta scomparendo. Quello che viene venduto, ripeto, è merce che molto spesso ha una qualità modesta, anche dei prezzi modesti, etichettata made in Italy, ma su quello, come vedrete dalle nostre esperienze operative, qualche dubbio può sorgere. L'insieme di queste circostanze fa sì che Venezia stia assumendo anche una conformazione estetica che in qualche maniera è distonica rispetto a quello che il luogo invece suggerirebbe, da un punto di vista del decoro e dell'aspetto.
  Ci sono tanti altri aspetti che potrei citarvi, ma ripeto, rimando alla relazione. Volevo però segnalare un altro aspetto importante: gran parte di questi esercizi che chiameremo riferibili a un turismo di massa, sono gestiti rilevati e acquisiti da soggetti esterni al territorio lagunare, da una forma imprenditoriale che non è tipica del territorio. Gran parte di questi esercizi sono condotti da cittadini stranieri che li hanno rilevati dai precedenti titolari italiani, parliamo sia di esercizi di ristorazione, di bar sia di esercizi commerciali.
  Quindi c'è una presenza imprenditoriale esterna al territorio che acquisisce queste licenze, anche pagando prezzi rilevanti dai precedenti titolari italiani. Talvolta questi soggetti non manifestano una capacità reddituale o patrimoniale del tutto congrua e commisurata all'ammontare degli affari, che stanno concludendo: il che ci fa in qualche maniera sollevare l'attenzione operativa su possibili infiltrazioni nel tessuto economico locale di capitali quantomeno di origine opaca e non del tutto trasparente. Questo, ripeto, è un altro aspetto molto rilevante che secondo me, merita una riflessione.
  Sempre legata al discorso commercio, quindi all'indotto commerciale, un altro aspetto riguarda il fenomeno dell'ambulantato, che anch'esso ormai è pressoché in mano ed è gestito da cittadini di origine extracomunitaria. In questo caso, in molte circostanze, agiscono sulla base di contratti di subaffitto, che sono nella titolarità di concessionari italiani, che hanno la possibilità di godere di una rendita di posizione, dovuta appunto al pagamento del canone annuale che il subaffittuario gli concede senza fare nessuna attività materiale.
  Il banco a Venezia è aperto dodici ore almeno, dalle 9 di mattina alle 9 di sera nei periodi di alta stagione. Quindi un'attività particolarmente usurante che sicuramente Pag. 20trova più facile terreno in altri cittadini più propensi a fare sacrifici in termini materiali. Il dato di fatto è che la titolarità della concessione, in base alle norme e anche ai bandi del comune, permane ed è in mano a cittadini italiani, che però di fatto non la esercitano.
  C'è un'altra serie di fenomeni legati a questo indotto turistico massificato che riguarda le cosiddette «mini crociere» sui canali piuttosto che altre forme di prestazioni turistiche, di impatto rilevante sul territorio, ma abbastanza poco organizzate. Sono riportate sempre nella relazione insieme all'ultimo argomento che volevo citare molto velocemente, che riguarda il discorso delle guide turistiche a Venezia.
  Abbiamo anche lì un indotto straordinario di visite guidate per la città, che talvolta sono talmente caotiche, che è rilevante. Questi gruppi portano in giro persone e comitive, che sfruttano anche le possibilità concesse dalla normativa regionale, che determina sostanzialmente delle esclusioni per coloro che sviluppano l'attività di accompagnamento senza teorici fini di lucro. Non so se avete mai sentito parlare dei cosiddetti «free tour», che sono delle visite guidate gratuite in cui il turista alla fine se vuole può lasciare una mancia. Ecco anche in questo ambito la nostra attività operativa ha fatto emergere situazioni di potenziale irregolarità.
  In definitiva, quello che volevo segnalare è che il turismo di massa, che è una grande opportunità economica per la città di Venezia, può determinare anche effetti negativi di trasformazione dell'indotto commerciale e dell'indotto turistico, che hanno a loro volta effetti sulla legalità economico-finanziaria. Questo aspetto è il frutto della nostra attività operativa.
  Nella relazione, come vedrete, c'è un capitolo in cui riepiloghiamo alcune delle attività operative che stiamo sviluppando su Venezia, proprio per arginare questi fenomeni di illegalità che noi riteniamo essere strettamente legati al turismo di massa, alla volontà di fare business a tutti i costi sfruttando l'attrattività turistica della città che è infinita finché Venezia continuerà ad esistere.
  Non vi voglio elencare i dati, però sono dati che evidenziano percentuali di irregolarità anche rilevanti in quei settori che vi ho detto. Per esempio sulla ricettività: noi abbiamo fatto nel 2019 numerosi controlli, che facciamo regolarmente in collaborazione con la polizia municipale di Venezia. Abbiamo individuato 55 strutture alloggiative irregolari: o perché abusive; o perché gli occupanti non erano registrati, quindi la loro presenza non era comunicata all'autorità di pubblica sicurezza; o perché impiegavano lavoratori in nero; o perché i ricavi non venivano dichiarati. Abbiamo sequestrato, in attività di controllo ad esercizi commerciali, 300 mila prodotti irregolari perché mancanti di etichettatura, in qualche caso addirittura perché contraffatti, quindi venduti in esercizi pubblici o in banchi di ambulanti in forma irregolare. Abbiamo individuato 27 guide abusive. Sono dati che troverete dettagliati e specificati meglio nella relazione, che evidenziano, al di là dell'impatto numerico, la presenza di una forma di illegalità che sfrutta in qualche maniera il turismo e la massiccia presenza di visitatori che a Venezia si registra ormai da tanto tempo.
  Volevo fare un accenno specifico a due aspetti che riguardano le attività operative che svolgiamo, uno riguarda il cosiddetto «vetro di Murano». Mi interessa segnalarvi questo aspetto, anche perché ho visto che nella proposta di legge dell'onorevole Pellicani c'è una norma riferita alla tutela del vetro artistico di Murano, con la giusta proposta di introduzione di un marchio collettivo. Io vi posso dire che noi troviamo difficoltà nell'aggredire operativamente lo smercio di prodotto di vetro etichettato «Murano», perché in realtà, fatto salvo il marchio collettivo registrato dalla regione «vetro artistico di Murano», a Venezia vediamo prodotti in vetro venduti con le più varie denominazioni, che vogliono richiamare l'attenzione sulla qualità Murano per ovvie ragioni.
  Il turista viene a Venezia e pretende di comprare Murano; ma il perché un vetro che appare comune possa essere etichettato come Murano in realtà non è facile comprenderlo. Noi abbiamo anche riscontrato Pag. 21 prodotti fatti non a Murano e neanche in provincia di Venezia, che vengono venduti come vetro di Murano, ma non siamo in grado di sconfessare questa qualità. Ripeto, fatto salvo il «vetro artistico di Murano» che è un marchio registrato collettivo della regione Murano in sé, il vetro di Murano non ha una tutela reale. Per salvaguardare la storia artigianale dell'isola in maniera più efficace, probabilmente bisogna fare una riflessione.
  Un altro aspetto che volevo richiamare riguarda i controlli che abbiamo fatto a una tipologia di esercizi, a Venezia molto diffusa, che è quella delle pelletterie. Venezia ha una enorme quantità di pelletterie che sono riconducibili a tipologie di esercenti: sono esercizi assai simili tra loro che vendono merce molto simile.
  Abbiamo fatto dei controlli e abbiamo trovato diverse irregolarità, soprattutto in termini di etichettatura obbligatoria, prevista dal codice del consumo, sulla merce made in Italy. In questo caso noi abbiamo scoperto, per esempio, che l'etichettatura era apposta direttamente dal dettagliante, che evidentemente aveva della merce non etichettata, anonima, e si preoccupava esso stesso di apporre le etichette obbligatorie previste dal codice del consumo su questi prodotti.
  Questo è un problema rilevante perché significa che questa merce ha un'origine che non è esattamente tracciabile. Io penso che qualunque produttore o distributore di merce abbia tutto l'interesse a dire che quella merce, che poi viene venduta al dettaglio, sia la propria. È una prassi particolarmente anomala il fatto che si possa in qualche maniera provvedere, nell'ultimo anello della catena commerciale, a etichettare merce distribuita al dettaglio.
  L'ultimo aspetto che vi richiamo velocemente, e poi, vi ripeto, nella relazione tutte queste situazioni sono meglio dettagliate, riguarda la rilevazione delle attività economiche su Venezia da parte di imprenditori estranei ed esterni al territorio veneziano. Moltissimi di questi sono soggetti di etnia straniera, non sono italiani, sono extracomunitari. Molto spesso queste persone, quando acquistano le licenze o quando mettono in piedi le attività economiche, lo fanno non disponendo di una storia reddituale e patrimoniale adeguata.
  Questo, come ho detto prima, può porre dei problemi sotto il profilo dell'immissione di capitali che non hanno un'origine trasparente, che hanno un'origine opaca, e su cui noi operativamente interveniamo. Il problema è come intervenire, perché affrontare queste situazioni non è operativamente semplicissimo. Le norme ci sono, sono molto garantiste, però molto spesso noi non siamo in grado di ricostruire in maniera dettagliata le origini dei capitali che poi hanno portato alla rilevazione di determinate attività economiche. Questo va a scapito dell'economia locale, perché in qualche maniera è materia che sfugge poi anche all'imprenditorialità tipica del territorio.
  Ora veniamo alla parte propositiva. Noi abbiamo fatto degli esperimenti. Abbiamo impostato un'attività operativa che cerca in qualche maniera di intervenire con le risorse di cui disponiamo, su tutti questi settori che vi ho velocemente individuato. Abbiamo anche rilevato delle possibili misure che potrebbero essere adottate per cercare di aiutare noi a controllare meglio, o evitare che determinati fenomeni possano sfociare in forme di illegalità ancora più diffusa, e riguardano sostanzialmente i settori che vi ho citato precedentemente.
  Partendo dalla ricettività, sicuramente è utile pensare a una forma di contingentamento del numero o dell'esercizio delle strutture ricettive complementari. Una forma di contingentamento serve ad evitare che possa esistere un mercato troppo aperto, che in qualche maniera diventa anche difficile da controllare e che può invece essere fertile terreno per fenomeni di abusivismo o di evasione fiscale che, peraltro, noi nella nostra pratica operativa abbiamo più volte individuato in questo stesso contesto.
  Sarebbe anche opportuno pensare di individuare un potenziamento degli strumenti ispettivi di controllo per consentire un accesso su queste strutture complementari. Io mi riferisco in particolare alle locazioni turistiche, che sono degli appartamenti che vengono dati in affitto temporaneo a visitatori della città, e quindi consentire delle facoltà di accesso Pag. 22amministrativo che si aggiungerebbero a quelle fiscali o di altra natura, per velocizzare i controlli. La Guardia di Finanza di Venezia attualmente fa i controlli alle attività ricettive sfruttando una norma regionale che peraltro è riferibile alla polizia municipale. In questo senso noi abbiamo instaurato questo ottimo rapporto che ci consente di moltiplicare il numero di controlli. Se le strutture ricettive nel 2017 erano 6 mila a Venezia – adesso saranno sicuramente di più – controllare 6 mila strutture non è una cosa per nulla semplice, e invece riteniamo che per arginare l'abusivismo e le attività illegali sia opportuno monitorare questa tipologia di attività in maniera più penetrante. Anche perché...

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  GIOVANNI AVITABILE, comandante provinciale della Guardia di finanza. Sì. Vi rimetto alla relazione perché il tempo sta per finire. L'ultimo cenno che volevo porvi in termini propositivi riguarda il settore del commercio. Anche nel settore del commercio, parlo di Venezia, qualche misura di contingentamento e anche di incentivazione delle forme sanzionatorie, che incidano sulla licenza, potrebbe essere pensata guardando il quadro normativo vigente. Un altro aspetto importante è fare in modo che le attività commerciali, fatte salve quelle per le quali questo sistema già esiste, vengano autorizzate e che non sia sufficiente, per esercitare determinate attività, semplicemente fare una comunicazione, o una segnalazione di inizio attività agli uffici comunali. Bisogna esercitare un'attività di autorizzazione, il che significa controllare e verificare in anticipo quello che si sta per avviare. Se il tempo è finito, chiuderei qui. Mi dispiace perché gli aspetti sono tantissimi, per la verità, però nella relazione troverete spunti più precisi.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Chiedo se vi sono deputati che intendano intervenire.

  NICOLA PELLICANI. Ringrazio il generale Avitabile per questa relazione, perché si affronta un altro degli aspetti fondamentali dei problemi della città. Abbiamo appena affrontato quello della salvaguardia, dell'operatività del porto, e quello fondamentale dei risvolti del turismo di massa. È un aspetto che molto spesso viene trascurato, e che riguarda la gestione e il controllo dei flussi turistici delle persone, ma anche dello sviluppo di tutte le attività che accompagna: il fenomeno dell’overtourism.
  Io ringrazio il generale, anche perché il risvolto relativo alla legalità e alla trasparenza delle attività svolte è fondamentale ed è stato, forse, troppo a lungo trascurato anche per l'esplosione che ha avuto il fenomeno del turismo di massa in città. Adesso dobbiamo porci concretamente il tema dei limiti della città, garantendo l'accessibilità della città a tutti, ma nella consapevolezza che fisicamente la città pone alcune limitazioni, che riguardano il gigantismo delle navi, ma anche il numero e l'utilizzo della città ad uso turistico.
  Mi preoccupano molto alcuni flash che ha fatto, e mi riservo di leggere con attenzione la relazione, sulla deriva che queste attività stanno rischiano di assumere in città in relazione ad esempio alle affittanze, alle locazioni turistiche. Tra l'altro io ho fatto un'altra proposta di legge che va proprio in quella direzione, di distinguere in primo luogo le attività imprenditoriali da attività occasionali, e soprattutto di porre un limite di giornate annuali come avviene in tantissime città internazionali. Penso a Berlino, a Madrid, ad Amsterdam e a New York, dove c'è un tetto di giornate annuali per limitare e regolamentare questo fenomeno. Sono arrivato a proporre il rilascio di una licenza da parte del comune per contingentare le 8 mila 500 circa locazioni turistiche.
  Però mi preoccupa molto anche, e concludo per ragioni di tempo riservandomi di approfondire successivamente, il rischio di queste attività che sfuggono al controllo e che riguardano le affittanze turistiche, ma anche le attività commerciali e anche, ad esempio, le attività di accompagnamento dei turisti in laguna per brevi tour, i cosiddetti «lancioni»; bisogna capire come sono gestiti.
  Adesso è in atto un primo maxiprocesso che si fa, forse, dopo quello della banda Maniero, Pag. 23 sulla presenza della criminalità organizzata nella nostra regione, in particolare nella nostra provincia, per verificare se ci sono delle derive in questo senso. Quindi è molto importante capire innanzitutto se voi avete le risorse, le forze necessarie per compiere tutte le indagini e i controlli alla luce dell'esplosione del fenomeno.

  GIORGIA ANDREUZZA. Io ringrazio il generale, innanzitutto per il lavoro che svolgete perché ovviamente Venezia è una città molto complessa e la relazione che ci avete fatto è proprio una testimonianza, anche per i colleghi che hanno una visione di Venezia diversa, di come effettivamente sia pesante il lavoro da fare per tutelarla.
  Qui parliamo di legge speciale, e credo che la specialità di Venezia non sia legata ad oggi solo ad una salvaguardia ambientale, ma anche a una salvaguardia di quella che è l'autenticità di Venezia, la sua identità, che passa attraverso la storia di alcune produzioni. Mi riferisco al vetro di Murano, oppure al merletto di Burano, di cui purtroppo, come lei ci ha detto, nell'ambito di questo grande suk che si sta creando, di tutti questi bazar, non si riesce più a comprendere quale sia il vero e cosa sia il falso.
  Chiunque viene a Venezia vede una continua vetrina, spesso negozio dopo negozio, per esempio di «ricordi», souvenir, ma a volte anche cose che possono sembrare importanti. Come ha ricordato lei, esiste una certificazione fatta dal Consorzio, dalla regione, che è quella chiamiamola «autentica», però a volte esistono anche etichette strane con scritto «made in Italy». Un turista che viene per la prima volta non riesce a distinguere cos'è vero e cos'è falso.
  Sicuramente ci piacerebbe, per quella che è la vostra esperienza sul territorio che da anni si ripete, anche se non in questo momento, che ci fossero delle indicazioni, o qualcosa che ci possa aiutare: può essere anche un aumento della comunicazione, capire se servono più forze. Sicuramente è un fenomeno dove credo ci sia, e lo dico anche al collega Pellicani, l'intento di voler mettere nella legge la volontà di trovare soluzioni normative per risolvere il problema. Abbiamo parlato del vetro di Murano, ma interessa anche il made in Italy in generale, che diventa un patrimonio importante.
  Rischiamo di far sì che l'autenticità di una città con produzioni preziose cada in una banalità, dal punto di vista produttivo, ma soprattutto in una forte illegalità che produce danni economici, per chi vuole svolgere bene il proprio lavoro, ma anche a volte di sicurezza e di salute, perché non sappiamo questi prodotti da dove provengono e dove andranno.
  Per cui su questo se è possibile continuare in qualche modo, anche con la memoria scritta, però penso che voi siate le persone più titolate, come dire, a non lasciare sottintendere delle misure che invece per noi possono essere sconosciute. Nel vostro lavoro siete in grado di dire «se fosse così, riusciremo a essere più incisivi, riusciremo a riconoscerlo prima». Io ho sentito parlare di esperimenti, di etichettatura parlante, non so se ci sono soluzioni che si possono adottare anche in via sperimentale nella legge, e magari introdurle proprio per la specificità di Venezia.
  Questo è un tema sicuramente che mi sta a cuore, e poi sul discorso dell'etichettatura volevo capire oggi, qualora voi riusciste anche a verificare che ci sono etichette fatte in casa, com'è stato detto: qual è il tipo di intervento che fate, come riuscite a intervenire e a riconoscere che azione fate? Mi chiedo anche, per quanto riguarda la requisizione delle merci ad oggi, che è una cosa tecnica: come funziona e cosa viene fatto di tutta la merce che viene requisita? Anche qui il sistema come funziona, c'è bisogno di altro? Riguardo allo stoccaggio, cosa accade di questa merce? Grazie.

  TULLIO PATASSINI. Ringrazio il generale e i suoi collaboratori per l'intervento, perché è evidente che lavorare in una realtà completamente a sé stante, autonoma, ma così affascinante e fragile come Venezia, richiede anche delle accortezze operative che non sono comuni. Di questo chiaramente vi ringraziamo, e ve ne rendiamo merito, come già hanno anticipato i colleghi.
  È chiaro che, oltre a tutto quello che le hanno già chiesto i miei colleghi commissari, in ordine alla questione del commercio e del turismo di massa, c'è anche la Pag. 24questione dell'artigianato, delle piccole botteghe artigiane e di come esse possano essere nella vostra esperienza importanti per la vita quotidiana della città lagunare, e di come possono esservi forme invece di artigianato non adeguato. Mi permetto di utilizzare il termine «abusivo», ma vorrei essere almeno chiaro nell'esposizione.
  Essendo Venezia una delle realtà portuali più importanti d'Italia in ordine al traffico di merci, vi chiedo se avete avuto nella vostra esperienza operativa dei casi in cui vi sono delle destinazioni precise da parte di venditori, come diceva lei, di prodotti non marchiati, o che facilmente sbarcano direttamente in container al porto di Venezia, e utilizzano il materiale direttamente per l'attività turistico commerciale alla laguna. Io non so se c'è relazione, ma se non ci fosse, su questo aspetto avremmo piacere di avere qualche indicazione in più, cosa che sicuramente avete già fatto in maniera egregia. Grazie, comandante.

  VANIA VALBUSA. Volevo ringraziare anch'io il generale di brigata Avitabile, il colonnello Di Lucia e il tenente colonnello Mela della loro presenza qui oggi, è una presenza importante.
  Prima sentivo parlare di rischio di possibili infiltrazioni all'interno del tessuto economico di Venezia. Tra l'altro, io provengo da un territorio mi permetto di dire simile, provengo dal lago di Garda. Una situazione di turismo chiamiamolo «di massa» esiste anche altrove sul nostro territorio, e su alcuni particolari problemi mi ci sono un po’ ritrovata nella vostra esposizione.
  Per quanto riguarda questo rischio di infiltrazioni nel tessuto economico locale, si diceva prima che vengono utilizzati dei capitali provenienti da non si sa bene dove, quindi sono dei capitali poco trasparenti, opachi. Vengono usati per acquistare delle attività; acquistare degli immobili; acquistare attività per poi permettere l'avvio di queste attività che sono rivolte prevalentemente al turismo.
  Sicuramente noi crediamo che questo sia un tema di particolare importanza, è un tema molto delicato, e anche se prima il generale di brigata diceva che non è venuto qui a fare delle proposte, io chiedo se avete trovato delle difficoltà nell'effettiva operatività di questi controlli. Nel momento in cui voi affrontate queste situazioni, come vi ponete? Avete trovato delle difficoltà? Come possiamo integrare questa proposta in base anche alle criticità che sono state dette qui oggi? Ripeto, una vostra proposta è per noi importante. Io credo che la collaborazione tra parte politica e le forze dell'ordine che operano sul territorio sia importante e sia costruttiva. Chiedo anche un parere su come possiamo intervenire per arginare i rischi che ci sono. Non dobbiamo nemmeno aver paura di dirlo, anzi dobbiamo dirlo per arginarli. Io credo che un vostro importante contributo su questa parte sia gradito. Grazie.

  SARA CUNIAL. Ringrazio il generale. Mi associo a quanto detto dai colleghi. Farò una domanda molto secca. Al di là dell'origine di questi capitali che abbiamo capito essere alquanto torbida, vi chiedo eventualmente un approfondimento in questo senso. Probabilmente lo troviamo anche nella relazione, ma qual è l'idea che vi siete fatti in anni di esperienza sul territorio veneto? Chi si avvantaggia veramente di questo tipo di altra economia? Perché mi dà la sensazione che non siano certo i «commessi», o gli ambulanti di turno che si avvantaggino di tutto questo. Quindi, probabilmente, anche in un'ottica di verificare quale sia la reale compromissione dell'economia locale, e quindi anche le interazioni tra un'economia che noi riteniamo essere di fuori, con un'economia locale, volevo capire che tipo di idea vi foste fatti. Grazie.

  PRESIDENTE. Non essendoci altri iscritti a parlare do la parola al generale Avitabile per la replica.

  GIOVANNI AVITABILE, comandante provinciale della Guardia di finanza. Intanto grazie per queste domande, tutte molto interessanti.
  Onorevole Pellicani, parto subito dal discorso risorse e disponibilità operative. Noi lavoriamo con tutto quello di cui disponiamo. Il Comando provinciale è un reparto strutturato. Su Venezia io impiego anche risorse dei reparti territoriali sul Pag. 25litorale, perché per fattori di stagionalità in certe parti del territorio di Venezia, magari d'inverno, si lavora di meno. A Venezia si lavora sempre. Quindi noi ottimizziamo le risorse. Le risorse non bastano mai, perché da fare ce n'è tantissimo. Però ci rendiamo conto che la situazione anche complessiva, di gestione della macchina statale, è una cosa complessa, non è semplicissimo reperirle. Quello che posso dire è che la Guardia di Finanza di Venezia fa tutto il possibile con quello di cui dispone, e non spreca nessuna risorsa, e se dovessero esserci risorse aggiuntive, siamo assolutamente disponibili a riceverle e ad impiegarle.
  Per quanto riguarda il discorso «tutela made in Italy», produzioni caratteristiche, qui ci sarebbero da fare dei discorsi anche concreti in termini di norme. Qualche spunto lo troverete nella relazione. Io penso in linea generale che il made in Italy, o produzioni caratteristiche per Venezia, e per Murano in particolare, debbano essere tutelate di più. Noi, come Stato, come sistema, dobbiamo cercare di trovare dei sistemi affinché il made in Italy, che è un'eccellenza mondiale, nel segmento produttivo, possa ricevere una tutela maggiore. Bisogna evitare che persone e soggetti che non hanno produzioni di altezza qualitativa, come noi riteniamo essere quella del made in Italy, possano inserirsi e approfittare di questa caratteristica.
  Sul come farlo ci possono essere tanti sistemi: le etichette parlanti sono delle proposte che sono già anche state fatte in altre circostanze. Ogni sistema, per quanto magari molto raffinato e scientificamente evoluto, può trovare poi un contraltare a livello di contromisura. Quindi non c'è un sistema assoluto.
  Io penso che però una riflessione generale sulla necessità di tutelare maggiormente il made in Italy sia opportuna. Perché non tutelarlo significa non aiutare le imprese nazionali che lavorano, che producono, che rispettano le regole, che pagano le tasse, e che sicuramente hanno un effetto rilevante dal punto di vista del costo delle produzioni.
  Sull'aspetto dell'artigianalità non tanto consona, su Venezia noi abbiamo fatto delle attività, che hanno interessato i trasporti di merce non diretti, per la verità, a Venezia, perché poi i flussi commerciali che arrivano nei porti si spargono su tutto il territorio.
  Abbiamo fatto dei servizi che hanno evidenziato merce che in qualche maniera è prodotta all'estero, principalmente in Oriente, e che poi va ad alimentare dei circuiti che sono sicuramente non legittimi.
  In un caso per esempio abbiamo trovato un'importazione di scarpe, che venivano dalla Cina, erano assolutamente anonime, però avevano un sistema di etichettatura a scomparsa, per cui uno staccava una linguetta e appariva la scarpa col marchio importante.
  Quindi ci sono mille sistemi per poter introdurre merce in maniera illegittima. La Guardia di Finanza vigila al porto di Venezia come su tutti i porti. Non è detto che quello che arriva a Venezia vada a finire sul mercato di Venezia, magari va da qualche altra parte, si disperde ulteriormente e poi arriva sotto altra forma sul nostro territorio.
  Quello che, ripeto, rileviamo abbastanza frequentemente sono queste forme di introduzione di merce che ha dei problemi sull'etichettatura piuttosto che sulla contraffazione, e quindi il fatto che nasconda il marchio reale come in questo caso, oppure che abbia un'etichettatura mancante, oppure con delle informazioni che non sono corrette secondo la normativa.
  Per quanto riguarda il discorso capitali, quindi rilevazione di attività, ecco noi facciamo un'attività investigativa a vari livelli, che può essere più o meno approfondita. Quando troviamo delle situazioni che non sono apparentemente normali, le approfondiamo investigativamente. Non è sempre facile fare questi riscontri, perché talvolta troviamo degli schermi che sono pressoché insuperabili. È difficile andare a capire i soldi che arrivano dalla Cina che origine abbiano in Cina, perché ovviamente questo è un ostacolo che neanche in via normativa e in via rogatoriale con attività investigativa si riesce a superare.
  Noi abbiamo quindi delle difficoltà oggettive che poi sono connesse probabilmente Pag. 26 ad una numerosità di casi. Avere tante situazioni da approfondire significa avere necessità di tante risorse, e fare tutto bene non è facilissimo. La Guardia di Finanza è attentissima sul lato del riciclaggio, piuttosto che dell'infiltrazione di capitali. In Veneto, la Guardia di Finanza ha partecipato ad attività investigative con la Procura di Venezia sull'infiltrazione della criminalità organizzata di assoluto rilievo, perché l'attenzione è ovviamente massima. Gli strumenti investigativi ci sono, però diventa difficile stare dietro a tutto perché l'attività e l'attenzione operativa che si deve porre rispetto a queste situazioni è molto rilevante. Noi ce la mettiamo tutta, cerchiamo di seguire tutte le strade possibili.
  Un aspetto che si potrebbe valutare è cercare di introdurre un concetto di pericolosità – nell'ambito per esempio di attività di rilevazione di licenze piuttosto che di attività economiche – collegato ad una disponibilità di ricchezza non giustificata. Quando noi troviamo un soggetto che compra un'attività, ma non ha un profilo reddituale e patrimoniale, non ha una storia che in qualche maniera lasci pensare che quella disponibilità impiegata sia commisurata a quello che lui può fare, il vero pericolo è la disponibilità di questa ricchezza. Questo soggetto potrebbe anche averla perché è un prestanome, quindi non perché ne è il reale titolare, ma perché gli viene intestata.
  Questa cosa investigativamente richiede uno sforzo notevole, e forse il profilo evolutivo, che è un passaggio molto importante, potrebbe essere quello di cominciare a ragionare in termini di pericolosità relativamente alla disponibilità di una ricchezza ingiustificata. Potrebbe essere riferibile a un soggetto non perché il soggetto ne sia il reale proprietario titolare, ma perché gli viene formalmente attribuita, perché qualcun altro da dietro vuole utilizzare questi capitali.
  Noi ovviamente non tralasciamo queste situazioni. Sono accertamenti complessi che noi sviluppiamo sul piano penale o sul piano amministrativo con le misure di prevenzione, li facciamo regolarmente, ne abbiamo fatti tantissimi e continueremo a farli. Quindi l'attenzione sarà massima a Venezia, su tutta la provincia di Venezia, e sicuramente, come i colleghi del comando del Comando Generale assicureranno su tutto il territorio nazionale.
  Chiudo con l'ultima domanda: chi si avvantaggia di questa economia? Anche questa è una bella domanda perché i passaggi di proprietà di gestione richiedono due parti: c'è un venditore e c'è un acquirente. Il venditore si avvantaggia sicuramente e l'acquirente si avvantaggia nel senso che acquisisce una posizione sul territorio che gli consentirà di guadagnare in futuro. Ovvio che se c'è qualcuno che ha del capitale che ha un'origine, non dico illecita, però non tanto trasparente, anche solo frutto di evasione fiscale, ha interesse a investirlo, a farlo emergere nell'economia legale. Questi passaggi di proprietà, queste acquisizioni, l'indotto turistico, il business turistico, da sempre sono degli ambiti in cui l'impiego di capitale è una fonte di guadagno.
  Per questo bisogna anche avere un'attenzione continua, costante e rilevante, perché sono ambiti in cui storicamente il capitale non di origine lecita cerca di insinuarsi. Il business turistico è un guadagno continuo e costante. Bene, io chiuderei, vi ringrazio ancora e rimango eventualmente a disposizione anche in futuro.

  PRESIDENTE. Ringrazio il generale di brigata Avitabile per il contributo reso ai lavori della Commissione e per il documento depositato, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto della seduta odierna (vedi allegato 2) e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina 15.10.

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ALLEGATO 2

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