XVIII Legislatura

VIII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Martedì 24 settembre 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Benvenuto Alessandro Manuel , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA NORMATIVA CHE REGOLA LA CESSAZIONE DELLA QUALIFICA DI RIFIUTO ( END OF WASTE)

Audizione di rappresentanti Fondazione per lo sviluppo sostenibile.
Benvenuto Alessandro Manuel , Presidente ... 3 
Ronchi Edo , Presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile ... 3 
Benvenuto Alessandro Manuel , Presidente ... 6 
Muroni Rossella (LeU)  ... 6 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 6 
Braga Chiara (PD)  ... 7 
Benvenuto Alessandro Manuel , Presidente ... 8 
Ronchi Edo , Presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile ... 8 
Benvenuto Alessandro Manuel , Presidente ... 10 

ALLEGATO: Documentazione depositata dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile ... 11

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Cambiamo!-10 Volte Meglio: Misto-C10VM;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALESSANDRO MANUEL BENVENUTO

  La seduta comincia alle 14.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti Fondazione per lo sviluppo sostenibile.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla normativa che regola la cessazione della qualifica di rifiuto (end of waste).
  Ringrazio i rappresentanti della Fondazione per lo sviluppo sostenibile e cedo la parola al presidente, Edo Ronchi, per lo svolgimento della relazione.

  EDO RONCHI, Presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile. Grazie presidente, qui rappresento anche il Circular economy network e le consegno un breve appunto scritto.
  In riferimento ai quattro quesiti posti per quest'audizione, cercherò di riferire sinteticamente, in modo da lasciare eventuale spazio agli onorevoli parlamentari per domande o considerazioni.
  Il primo quesito riguarda gli stati di avanzamento dei decreti end of waste.
  Negli ultimi sei anni, sono stati pubblicati solo due di questi decreti end of waste. Ce ne sono sedici in lavorazione, alcuni da anni. Il complesso iter che segue l'elaborazione è articolato in sette fasi. Vi consegno la scheda scritta, senza perdermi in troppi dettagli.
  L'elenco dei decreti ministeriali in corso di realizzazione è in relativo stato di avanzamento – abbiamo fatto una ricostruzione – e anche quella è allegata.
  La conclusione di questa ricognizione, a nostro parere, è che le autorizzazioni delle attività di riciclo dopo adeguato trattamento perché diventino prodotti non può essere demandata solo a decreti end of waste, sia per i tempi lunghi che richiedono questi decreti, sia perché vi sono tipologie di rifiuti riciclabili, trattamenti di riciclo e prodotti ottenuti che cambiano per l'evoluzione tecnologica, che non è possibile seguire tempestivamente con decreti nazionali.
  Occorre, a nostro parere, da una parte, operare a livello normativo per snellire la procedura – non è accettabile, comunque, che ci vogliano cinque o sei anni per un decreto end of waste – e rendere meno pesanti e complicati questi decreti, rafforzando anche le strutture ministeriali destinate alla loro elaborazione; dall'altra, consentire alle regioni, sulla base di condizioni e criteri comuni e omogenei a livello europeo, e quindi anche a livello nazionale, di poter intervenire nei casi non ancora regolati da tali decreti.
  In secondo luogo, con riguardo all'attuale disciplina transitoria come normata dal comma 19 dell'articolo 1 del decreto-legge «sblocca cantieri», queste disposizioni non hanno risolto i problemi aperti dalla sentenza del Consiglio di Stato sul riciclo dei rifiuti in Italia, ma li hanno a nostro parere aggravati, perché con forza di legge queste norme non consentono di Pag. 4riciclare tipologie di rifiuti che abbiano provenienza e caratteristiche non previste, non inserite e non regolate nei decreti ministeriali, oppure con attività di riciclo non previste e non regolate dai decreti ministeriali, oppure di ottenere prodotti non previsti, non inclusi e non regolati.
  Questa norma ha, quindi, ingessato il riciclo dei rifiuti, fermandoli alle tipologie, alle tecnologie e ai prodotti del 1998, oltre vent'anni fa, ignorando il grande progresso che c'è stato e che prosegue con grande rapidità, con continue e diffuse innovazioni che non possono aspettare i tempi lunghi dei decreti nazionali.
  Segnaliamo anche l'incertezza per autorizzazioni vigenti per attività di riciclo in atto non conformi alle disposizioni introdotte da queste norme; interpretazioni a nostro avviso non condivisibili e anche smentite, che tuttavia sono state espresse e lasciano incertezza sulle autorizzazioni vigenti.
  Si segnala, quindi, la necessità di comprendere e superare la logica – che riteniamo sbagliata – che ha portato a un simile provvedimento per non ripeterla e risolvere effettivamente il problema che si è aperto, evitando ulteriori danni alle attività di riciclo dei rifiuti.
  Serve, quindi, a nostro parere un intervento urgente che superi il comma 19, che sta generando rilevanti danni ambientali, ostacolando il riciclo di importanti quantità di rifiuti, causando un aumento del prelievo di risorse naturali, dei consumi di energia e di emissioni di gas serra, nonché un aumento degli impatti delle discariche e degli inceneritori per aumento delle quantità non riciclate, e quindi da smaltire.
  Quanto all'elaborazione delle linee guida per l'uniforme applicazione sul territorio nazionale, a nostro parere sarebbe paradossale che, riconoscendo il ritardo e i tempi troppo lunghi dei decreti end of waste di filiera, poi si proponesse un decreto end of waste unico per tutti i rifiuti contenente linee guida o disposizioni di dettaglio per tutti i tipi di rifiuti, per tutte le tecnologie di trattamento e per tutti i prodotti ottenibili dal riciclo. Oltre all'imbuto dei decreti end of waste, se ne aggiungerebbe un altro complessivo, invece di risolvere la situazione.
  Visto che non sono praticabili disposizioni nazionali end of waste dettagliate valide per tutte le svariate tipologie, i diversi trattamenti e i numerosi prodotti ottenuti, perché non limitarsi a recepire la griglia delle condizioni e dei criteri indicati nell'articolo 6 della nuova direttiva? La garanzia delle condizioni omogenee sul territorio nazionale è assicurata dalle condizioni dei criteri precisamente indicati dall'articolo 6 della nuova direttiva.
  Qui c'è l'obiezione di non recepire a stralci pezzi di direttiva: non c'è bisogno di recepire formalmente; basta recepire i contenuti della direttiva.
  Attenzione anche a normare in via transitoria in contraddizione con i contenuti di una direttiva che intanto si sta recependo. Come si risolve questo problema? Operando nella legislazione in coerenza. L'obiezione è, quindi, superabile.
  In particolare, a nostro avviso questi criteri garantiscono un trattamento omogeneo, perché riguardano i rifiuti ammissibili; i processi e le tecniche di trattamento; i criteri dei materiali per i quali è cessata la qualità dei rifiuti, compresi, se necessario, i valori limite delle sostanze inquinanti; i requisiti affinché i sistemi dimostrino il rispetto dei criteri relativi alla cessazione della qualifica; il requisito relativo alla dichiarazione di conformità, che è uno strumento consolidato nell'ordinamento europeo che si impiega anche per altri tipi di attività.
  La persona fisica o giuridica, poi, che utilizza per la prima volta un materiale che ha cessato di essere rifiuto, provvede a verificare che i materiali soddisfino i requisiti ai sensi della normativa applicata in materia di sostanze chimiche, la cosiddetta «normativa REACH» sul rischio dei prodotti.
  È facilmente riscontrabile, inoltre, che l'attuazione di questi criteri sarebbe in grado di assicurare una buona tutela ambientale.
  Ritenere in maniera preconcetta che gli uffici tecnici regionali e provinciali delegati non siano in grado di applicare questi criteri – attenzione, se applichiamo questo Pag. 5ragionamento a tutte le autorizzazioni ambientali di competenza regionale, ci porta a conclusioni che coinvolgono gli scarichi idrici, le emissioni in aria, le discariche e via dicendo, tutta la normativa ambientale – sancirebbe in Italia, a differenza che nel resto d'Europa... Posso dire che abbiamo fatto una ricognizione e siamo gli unici infilati in questo imbuto, in questo momento.
  Dicevo che, in caso di mancanza di decreti nazionali end of waste e di regolamenti europei, non si potrebbe procedere caso per caso, come consentito dal comma 4 dell'articolo 6 della nuova direttiva, con gravi conseguenze, non solo nel breve e medio termine, per l'assenza di gran parte dei decreti end of waste, ma anche, in prospettiva, nella possibilità di promuovere innovazioni nel settore.
  Nulla vieta, invece, oltre che accelerare l'iter dei decreti end of waste, non solo a parole, di migliorare i controlli anche centrali sulle autorizzazioni rilasciate caso per caso.
  Quanto all'eventuale definizione di una nuova disciplina, come sostenuto da 56 organizzazioni di imprese, la soluzione di questo problema è urgente. I danni ambientali, economici e occupazionali che si stanno provocando sono rilevanti. Occorre utilizzare senza indugi il primo veicolo disponibile, a noi pare la conversione del decreto sulle crisi aziendali all'esame del Senato, per inserire un emendamento.
  I motivi di urgenza a noi sembrano evidenti. Le crisi di numerose aziende del riciclo sono note e in peggioramento.
  Il merito di quest'intervento normativo potrebbe essere semplice, immediatamente applicabile e perfettamente in linea con i contenuti della nuova direttiva europea. Occorre, cioè, consentire alle regioni, nei casi in cui non vi siano decreti end of waste, di autorizzare il riciclo, che comprende necessariamente la cessazione della qualifica di rifiuto, altrimenti non è riciclo, applicando omogeneamente le condizioni e i criteri precisamente indicati nell'articolo 6 della nuova direttiva per le autorizzazioni definite nell'articolo 6 «caso per caso».
  Inoltre, occorre istituire presso il Ministero dell'ambiente un registro di tali autorizzazioni per poterle controllare.
  Sui controlli cerchiamo di prestare attenzione al fatto che non possono diventare una minaccia per l'attività di riciclo, ma devono favorire e promuovere il riciclo in condizioni ambientali di sicurezza.
  Se le linee guida, le disposizioni o le norme tecniche non si possono fare, per quello che ho cercato di dire, anche perché i criteri e le condizioni già sono noti per tutti i rifiuti, non è che si fanno dopo e, sulla base di questi criteri, si controlla.
  Inoltre, questi controlli devono avere tempi certi e perentori. Immaginate se uno ha un'autorizzazione, ma non sa se i controlli gliela passeranno. Secondo voi, svolge l'attività industriale, fa l'investimento, in attesa di sapere se poi sarà confermata o revocata l'autorizzazione? Non è realistico e non è corretto.
  Attenzione anche a non creare un regime speciale per il riciclo come fosse un'attività potenzialmente criminogena e non un'attività a favore dell'ambiente. Sicuramente, non è un'attività con peggiore rischio ambientale di molte altre attività che vengono autorizzate. Noi siamo dell'idea che il riciclo dei rifiuti anche in Italia, nell'ottica dell'economia circolare, vada favorito, incoraggiato e promosso.
  Occorre, poi, effettivamente anche a nostro avviso accelerare l'iter e rafforzare le strutture per i decreti ministeriali end of waste. Quest'iter dei decreti richiede un intervento normativo. Si è imposto abbastanza per prassi quell'iter con le sette tappe: succede, però, che raggiunta una tappa, si ritorna alla precedente, perché magari arriva un altro parere che rimette tutto in gioco. Era stato per esempio annunciato il decreto sul polverino, che sembrava dovesse andare in Gazzetta Ufficiale e ci è stato, invece, comunicato che stava riprendendo un'altra fase dell'esame. Il decreto sul polverino ha un'istruttoria che dura da sette anni!
  È evidente che qui c'è un grosso problema che va affrontato tempestivamente, che ovviamente fa parte dell'intero ragionamento. Pag. 6
  Grazie per la vostra attenzione.

  PRESIDENTE. Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ROSSELLA MURONI. Grazie, innanzitutto, al presidente Ronchi per essere qui con noi.
  Io penso che quanto illustrato racconti bene non solo la situazione in essere nel Paese, ma anche l'urgenza di normare questa vicenda. Noi abbiamo letto in maniera più o meno informale il testo del cosiddetto «decreto clima» a firma del Ministro Costa, e lì manca un intero articolo, proprio dedicato all’end of waste.
  È evidente che, se non mettiamo mano al riutilizzo dei rifiuti trasformati in nuova materia, tutto ciò che diciamo sul green new deal e sulla lotta al mutamento climatico rimane monco. Una politica ambientale va affrontata a 360 gradi. La dimostrazione del fatto che, difendendo il clima si sviluppa nuova economia, passa esattamente per decreti così pratici, attuativi e urgenti.
  Peraltro, mi permetto di sottolineare che il fatto che gli end of waste vadano normati è forse uno dei profili più importanti relativamente all'urgenza. Forse, è l'unico elemento che giustifica l'urgenza di un «decreto clima». Vanno normati, vanno normati rapidamente, vanno normati bene.
  Vorrei chiedere alla fondazione, che su questo ha dati, esperienza e analisi importantissimi, di ricordare a questa Commissione di che cosa stiamo parlando quando parliamo di economia legata al ciclo del riutilizzo dei rifiuti, in termini di posti di lavoro, di economia generata e di soluzioni per i rifiuti più impattanti e più diffusi nel nostro Paese. Secondo me, è bene che agli atti della Commissione rimanga anche un elemento qualitativo e quantitativo del pezzo di economia di cui stiamo parlando.

  ALBERTO ZOLEZZI. Ringrazio il Ministro Ronchi per l'audizione. Lo ringrazio anche perché, da un punto di vista politico, è ormai circa un anno che si ragiona su questi temi, da quando è maturata la conseguenza di una sentenza del Consiglio di Stato, ma da quando si è capito che c'era un lavoro da fare.
  In quest'anno non c'è stato, credo, uno stop. C'è stato, anzi, un Ministero che per la prima volta si è attivato in maniera molto forte su questi temi. Si è ultimato, con tutte le necessarie interlocuzioni con il Consiglio di Stato e la Commissione europea, il decreto sui prodotti assorbenti, che sono circa un milione di tonnellate di rifiuti. I quattordici decreti in cantiere non sono consequenziali, potranno viaggiare assolutamente in parallelo, e tra un anno e mezzo probabilmente avremo questi quattordici decreti, che sono oltre 70 milioni di tonnellate di rifiuti riciclabili, con un criterio uniforme sul territorio nazionale. Non è poco avere un Ministero che si è sentito incaricato di fare chiarezza su questa procedura per il riciclo definita end of waste. Fino al 1998, non era così.
  L'Italia è uno degli Stati che ricicla di più al mondo, ha il record europeo con un 76 per cento rispetto al 38 per cento della media europea (dati 2017). Siamo, quindi, all'avanguardia. Per restarci è giusto avere normative chiare. Un'azienda fa quello che deve, fa quello che si sente di fare. Sui pannolini c'era stato il ricorso di un'azienda contro un'altra azienda. Se le normative sono chiare, si riuscirà a limitare molto questi contenziosi.
  C'è una direttiva che dice che rimane in carico al Ministero il ruolo di concedere questa qualifica di end of waste su una procedura. È possibile ed è necessario, prima che vengano perfezionati tutti questi decreti, soprattutto questi quattordici in corso, o eventualmente cose innovative, si provi a lasciare inalterato il ruolo di coordinamento dei ministeri o di altri enti ministeriali per fare chiarezza su questo tema.
  Ringrazio per lo stimolo che anche il Ministro Ronchi ci ha dato, però è chiaro che poi i testi che devono essere scritti devono servire alle imprese, ai cittadini, ai comitati, per riuscire ad avere chiarezza e stimolo verso l'innovazione e verso la sicurezza ambientale, sanitaria ed economica.

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  CHIARA BRAGA. Ringrazio anch'io il presidente Ronchi per averci portato, sappiamo bene, la voce di una rappresentanza molto larga, trasversale, del mondo economico, delle imprese su questo tema, che rappresenta una vera e propria urgenza e che noi ci auguriamo di poter affrontare. Stiamo lavorando, credo in maniera il più possibile condivisa, per correggere la situazione di paralisi che si è generata con l'approvazione di quel provvedimento nello «sblocca cantieri» quest'estate.
  La nota che ci ha proposto, peraltro, riprende anche molte delle osservazioni e dei punti di vista non solo del mondo delle imprese e delle categorie economiche, ma anche dalle stesse associazioni ambientaliste, che abbiamo letto in questi giorni, a conferma del fatto che si chiede e si auspica una soluzione che metta al primo posto il tema della tutela ambientale, ma consenta anche un effettivo sviluppo di quei settori dell'economia circolare che sappiamo bene non essere solo l'ultimo anello, quello delle attività di riciclo, ma anche tutto quello che sta a monte.
  Nel caso specifico, siccome anche fuori dalle sedi istituzionali abbiamo avuto molte occasioni e siamo stati più volte sollecitati come parlamentari a confrontarci con voi, credo che questa possa essere un'occasione per provare a mettere a fuoco alcuni aspetti.
  Innanzitutto, le chiederei un parere su questo punto: ritenete che nella formulazione della direttiva comunitaria, all'articolo 6, siano declinati in maniera sufficientemente chiara e precisa i criteri e le condizioni per il rilascio delle autorizzazioni caso per caso?
  Noi stiamo approvando e discutendo la legge di delegazione europea che recepirà questa direttiva. È sul tavolo delle discussioni, invece, anche da parte di alcune forze politiche, la sottolineatura della necessità di un ulteriore intervento attraverso un atto che si può definire «linee guida» o atto di altra natura: come leggete questa soluzione in relazione alla presenza di una direttiva che aggiorna una direttiva precedente che ha consentito lo sviluppo di molte di queste attività? È un passaggio necessario? È un passaggio obbligato quello di delineare con un provvedimento nazionale questi criteri e queste condizioni per il rilascio delle autorizzazioni caso per caso o rischia di rendere più complesso il quadro e forse anche di non dare quella risposta urgente che molte aziende si aspettano, per cui basterebbe solo riferirsi ai criteri e alle condizioni della direttiva? Su questo punto mi interesserebbe avere un vostro punto di vista.
  L'altra questione è il tema dei controlli. Ovviamente, noi siamo assolutamente d'accordo con quanto avete rappresentato rispetto alla necessità di contrastare ogni forma di degenerazione. Effettivamente, quest'attenzione dovrebbe essere poi declinata e destinata a tutte le attività. Qui stiamo parlando di attività che normalmente vanno nell'ottica di comportamenti ambientali virtuosi, perché parliamo di riciclo, non di conferimento di rifiuti incontrollati, bensì di procedure sottoposte anche a verifiche industriali.
  Pensate, però, che nella soluzione normativa su cui si sta ragionando ci possa essere una declinazione più dettagliata e più precisa del sistema dei controlli? Nel caso, potete darci delle indicazioni di massima su come quest'aspetto può essere sviluppato? Qualcosa è già stato detto dal presidente Ronchi.
  Pensate che il tema del registro delle autorizzazioni, della possibilità di un intervento di controllo che possa portare anche a un annullamento eventuale dell'autorizzazione rilasciata qualora si verificassero delle situazioni non regolari, possa o debba trovare spazio in un intervento normativo?
  Concludo, presidente, queste erano le due domande.
  Credo anch'io che sia necessario evitare di agire su questa materia con un approccio che tradisca la sfiducia in un pezzo del nostro sistema industriale, del nostro sistema economico. Certamente, ci potranno essere e ci sono dei casi di irregolarità, ma penso che regolare questo settore con un rischio di eccesso di pregiudizio in questo senso sia controproducente e non ci aiuti a trovare una soluzione efficace per sviluppare e giocare nei tempi necessari tutta la Pag. 8partita dell'economia circolare anche in vista del recepimento delle direttive.

  PRESIDENTE. Do la parola al presidente Ronchi per la replica.

  EDO RONCHI, Presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile. La rilevanza dell'attività di riciclo in Italia è abbastanza nota. Ci sono dei rapporti. Noi ne presentiamo uno da nove anni, tutti gli anni, che si chiama L'Italia del Riciclo, in cui facciamo ogni anno il punto delle diverse filiere.
  Sono oltre 6.000 imprese, circa 120.000 addetti. Come l'onorevole Zolezzi ricordava, nel riciclo dei rifiuti speciali siamo leader europei e nel riciclo dei rifiuti urbani siamo in seconda o terza posizione.
  Ovviamente, questo comporta dei vantaggi economici, perché siamo un Paese povero di materie prime, ma, come non sempre si ricorda in maniera adeguata, comporta anche dei rilevanti vantaggi ambientali, perché i 114 milioni di tonnellate di materiali riciclati tra speciali e urbani comportano meno prelievo di materie prime vergini, meno consumo di energia, meno emissioni di gas serra, meno rifiuti da smaltire in discarica e nell'inceneritore.
  Una stima globale di questi vantaggi economici non è mai stata fatta, ma molte filiere hanno fatto e pubblicato rapporti, e noi stessi abbiamo seguito molte pubblicazioni, su questi vantaggi. Ovviamente, di recente c'è l'impronta carbonica di queste attività e c'è il risparmio di emissioni rispetto alla crisi climatica, messo spesso in primo piano e che penso vada sottolineato.
  Per quanto riguarda l'istruttoria dei decreti end of waste, abbiamo anche noi salutato con piacere la pubblicazione del decreto «sui pannolini». Non dimentichiamo, però, che ha alle spalle cinque anni di istruttoria.
  Il fatto che in un anno e mezzo si esaurisca l'iter dei sedici – a noi ne risultano sedici – decreti in istruttoria ci lascia perplessi. A parte che non è scritto da nessuna parte, ma anche se certamente potrebbe accadere, non essendoci nessuna sicurezza al riguardo, ricordo che la media, per ora, è quella di cinque o sei anni. Quello che sta più avanti ha alle spalle sei anni di istruttoria e non è ancora inviato in Gazzetta Ufficiale.
  Io penso che si possa essere ottimisti, ma bisognerebbe fare qualcosa di operativo, che non può essere solo aumentare il numero di quelli che se ne occupano. Qui bisognerebbe mettere mano alla procedura e ai contenuti di questi decreti, altrimenti penso che non riusciremo a stringere i tempi.
  Per quanto riguarda le domande dell'onorevole Braga riguardo ai criteri e alle condizioni dell'articolo 6, noi abbiamo partecipato alla fase ascendente di questa direttiva. Come saprete, la relatrice del parere per il Parlamento, l'onorevole Bonafè, è italiana, e questo ci ha facilitato i rapporti.
  C'è stata una forte discussione su questi criteri. Francamente, noi non siamo riusciti a infilarne neanche mezzo. Sono stati cambiati. La Commissione ne aveva fatti di meno stringenti. È stato il Parlamento a insistere per avere criteri così dettagliati.
  Guardate, metteteci la caratteristica del rifiuto; il tipo di processo; il prodotto che deriva, che deve essere equivalente a un prodotto esistente; le modalità di verifica di questo processo, che vanno certificate; la dichiarazione di conformità; se la sostanza non è già nel mercato, la valutazione di rischio con la procedura REACH... francamente, criteri più rigorosi dal punto di vista ambientale non siamo riusciti a trovarne.
  Ovviamente, continuiamo a sentire anche noi che si possono fare dei criteri diversi. Sarebbe bene che qualcuno li indicasse. Attenzione, non ditemi: l'applicazione. Per quella ci sono i decreti end of waste. Sono preferibili i decreti end of waste? Io sono d'accordo con l'indirizzo della direttiva europea che sono preferibili i decreti end of waste, che sono la via che dà dei criteri molto più dettagliati, giustamente.
  Il problema è che cosa si fa quando non ci sono. Non immaginare di fare un decretone... Quanto alle linee guida, se qualcuno mi presenta un testo, si può discutere, ma io vedo in queste linee guida, in queste Pag. 9norme tecniche, il rischio, anzitutto, di fare delle cose molto generiche. Attenzione, quindi, non possono contraddire i criteri europei, sennò andiamo in procedura di infrazione e apriamo una fase di incertezza a fronte di scelte di imprese. Quelli ci devono essere.
  Se li faccio dettagliati, torno ai decreti end of waste.
  Non è che siamo stati noi a inventare questa discussione. Questa è una discussione che ha attraversato per ben più che mesi il dibattito al Parlamento europeo. Alla fine, la conclusione è: fate i decreti end of waste, che sono stati anche facilitati; se non li fate, potete decidere – ovvio, non è un obbligo, però sarebbe pazzesco non usare questa possibilità – affrontare caso per caso: le condizioni e i criteri sono questi.
  È possibile che qualcuno riesca a migliorare i criteri? Tutto è perfettibile. Attenzione, stiamo parlando non di criteri fatti in casa, ma di criteri che devono essere omogenei a livello europeo e che devono avere il vaglio. Se cambi quei criteri, tocchi un punto cruciale dell'impianto della direttiva. Soprattutto, tocchi delle scelte economiche, industriali e ambientali almeno dei prossimi dieci, quindici, vent'anni. Non si può giocare come fossero norme facilmente manovrabili.
  Per quanto riguarda i controlli, in questa normativa abbiamo i controlli ordinari. Che cosa vuol dire controlli ordinari?
  Come ogni attività autorizzata, ripeto ogni attività autorizzata, anche le autorizzazioni end of waste subiscono i controlli ordinari, quindi dei Corpi di polizia, delle agenzie regionali, c'è un ruolo di coordinamento di queste modalità di controllo dall'ISPRA nazionale. La parte controlli esiste. Non è che dobbiamo inventare i controlli. Esistono. Nemmeno dobbiamo per forza stabilire dei controlli speciali perché questa è un'attività di particolare rischio ambientale.
  In sede di dibattito con le organizzazioni che hanno partecipato a questa discussione, molto interessante, è emersa l'idea di trovare un punto d'incontro con l'esigenza comprensibile del Ministero dell'ambiente di avere un ruolo in questa partita, o comunque di avere una maggiore garanzia del livello di tutela nazionale.
  Abbiamo accolto come possibile punto di incontro l'idea di comunicare queste autorizzazioni caso per caso e di costituire un registro, onde consentire al Ministro dell'ambiente di attivare controlli attraverso i canali che ha (ISPRA, agenzie regionali, i propri uffici) e, nel caso riscontrasse delle anomalie, di intervenire per contrastarle.
  Qual è il timore? Attenzione: aperta questa discussione, che non diventi di nuovo una rimessa in discussione dell'impianto. Se faccio dei controlli che mi rimettono in discussione tutto, con tempi indefiniti, con modalità generalizzate, ovviamente blocco di nuovo tutto. Anche se ho l'autorizzazione, infatti, che diventa a questo punto provvisoria, non faccio l'investimento o l'attività se non sono sicuro di passare poi il «secondo grado».
  Siccome si sta discutendo di questi controlli, un po’ di consultazione c'è stata. Ieri sera, abbiamo visto le tre associazioni ambientaliste (WWF, Legambiente e Greenpeace), e questo anche è stato un tema di discussione, riscontrando con piacere un'ampia convergenza anche col punto di vista ambientalista su questa questione.
  Che cosa si può dire di questi controlli? Attenzione, quando si istituiscono dei controlli speciali, con le migliori intenzioni, spesso si creano dei problemi di sovrapposizioni di competenze. Bisogna essere molto cauti; in secondo luogo, non siano troppo complicati, altrimenti li scrivi sulla carta e poi non li fai; in terzo luogo, che ci siano tempi certi e brevi.
  Noi abbiamo una norma simile. Le autorizzazioni sulle emissioni inquinanti nell'aria da parte delle province hanno la possibilità – non ricordo esattamente i tempi, però sicuramente entro i 90 giorni – di avere delle osservazioni del Ministero dell'ambiente: decorsi questi 90 giorni, però, l'autorizzazione diventa definitiva. Se non c'è questa garanzia, o se non c'è l'altra... ovviamente se riscontri delle illegalità puoi sempre procedere, ma non con una discrezionalità piena sul contenuto specifico delle singole autorizzazioni con tempi illimitati. Pag. 10Questo sarebbe paralizzante per l'attività di riciclo dei rifiuti nel nostro Paese. Tempi certi, quindi, brevi e perentori, oltre i quali la procedura è terminata e si intende definitiva l'autorizzazione.

  PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi per il contributo e per il documento depositato, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.50.

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ALLEGATO

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