XVIII Legislatura

Commissioni Riunite (VII e XI)

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Martedì 16 luglio 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Latini Giorgia , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MATERIA DI LAVORO E PREVIDENZA NEL SETTORE DELLO SPETTACOLO

Audizione di rappresentanti di rappresentanti delle organizzazioni sindacali CGIL, CISL, UIL e UGL.
Latini Giorgia , Presidente ... 3 
Bizi Emanuela , Sindacato lavoratori della comunicazione SLC-CGIL ... 3 
Mollicone Federico (FDI)  ... 6 
Latini Giorgia , Presidente ... 6 
Benigni Fabio , Dipartimento Spettacolo nazionale CISL ... 7 
Latini Giorgia , Presidente ... 8 
Di Cola Giovanni , UILCOM ... 8 
Latini Giorgia , Presidente ... 10 
Imperiali Maddalena , UGL ... 10 
Latini Giorgia , Presidente ... 11 
Mollicone Federico (FDI)  ... 11 
Aprea Valentina (FI)  ... 13 
Carbonaro Alessandra (M5S)  ... 13 
Latini Giorgia , Presidente ... 14 
Fusacchia Alessandro (Misto-+E-CD)  ... 14 
Epifani Ettore Guglielmo (LeU)  ... 15 
Anzaldi Michele (PD)  ... 16 
Latini Giorgia , Presidente ... 16 
Benigni Fabio , Dipartimento Spettacolo nazionale CISL ... 16 
Bizi Emanuela , Sindacato lavoratori della comunicazione SLC-CGIL ... 17 
Di Cola Giovanni , UILCOM ... 17 
Latini Giorgia , Presidente ... 18 

Allegato 1: Documentazione depositata dai rappresentanti della CGIL ... 19 

Allegato 2: Documentazione depositata dai rappresentanti della CISL ... 30 

Allegato 3: Documentazione depositata dai rappresentanti della UIL ... 46

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Sogno Italia - 10 Volte Meglio: Misto-SI-10VM.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE
DELLA VII COMMISSIONE
GIORGIA LATINI

  La seduta comincia alle 14.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di rappresentanti delle organizzazioni sindacali CGIL, CISL, UIL e UGL.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in materia di lavoro e previdenza nel settore dello spettacolo, l'audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali CGIL, CISL, UIL e UGL.
  Saluto il Vicepresidente Tripiedi della Commissione lavoro.
  Sono presenti, per la CGIL, Ezio Davide Cigna, area welfare; Emanuela Bizi, segretaria del Sindacato lavoratori della comunicazione (SLC-CGIL); Maria Elisabetta Monaco, politiche previdenziali, fiscali e lavoro SLC-CGIL; Giorgia D'Errico, coordinatrice della segreteria generale.
  Per la CISL sono presenti Giovanni Luigi Pezzini, segretario nazionale della Federazione informazione, spettacolo e telecomunicazioni (FISTEL CISL); Fabio Benigni, Dipartimento spettacolo nazionale; Nicola Pellicano, segreteria regionale Lazio della FISTEL CISL.
  Per la UIL, sono presenti Giovanni Di Cola, segretario nazionale della UILCOM, con delega per spettacolo, sport e tempo libero, e Fabio Porcelli, funzionario UIL confederale.
  Per l'UGL è presente Maddalena Imperiali, dirigente confederale.
  Saluto i nostri ospiti e li ringrazio per essere venuti e per la loro presenza. Come di consueto, darò la parola prima agli auditi, quindi ai colleghi che la richiederanno per porre questioni e, da ultimo, di nuovo agli auditi per le risposte ai chiarimenti richiesti. Abbiamo tempo fino alle 15.30. Chiedo ai nostri ospiti, se possibile, di contenere il tempo di intervento nei dieci minuti per sindacato, in modo da lasciare nel dibattito il tempo anche per i deputati. Naturalmente, le relazioni o le memorie più corpose potranno essere lasciate alla Commissione e saranno trasmesse a tutti i commissari.
  Iniziamo con la prima relazione, quella della CGIL. Do la parola a Emanuela Bizi, segretaria del Sindacato lavoratori della comunicazione (SLC-CGIL).

  EMANUELA BIZI, Sindacato lavoratori della comunicazione SLC-CGIL. Buongiorno. Vi ringrazio molto per questa audizione.
  Noi conosciamo i lavoratori dello spettacolo e sappiamo che sono scarsamente tutelati dalle normative. Sostanzialmente, l'ENPALS (Ente nazionale di previdenza e assistenza per i lavoratori dello spettacolo), nel 1947, ha provato ad individuare un settore assolutamente atipico e non assimilabile agli altri.
  Abbiamo ascoltato l'audizione del dottor Montaldi e non possiamo che condividere le proposte da lui fatte in tema di malattia, per quello che riguarda i collaboratori, e sul meccanismo di estensione della giornata (uno vale uno virgola qualcosa) Pag. 4 che cercava di affrontare il tema della difficoltà per questi lavoratori di raggiungere il montante annuale necessario per avere un anno di contribuzione. Siamo d'accordo nel chiedere una riduzione delle cento giornate minime per avere diritto alla malattia. È una condizione discriminatoria. Rispetto a un lavoratore normale a tempo determinato che si ammala, un lavoratore dello spettacolo e che non abbia maturato le cento giornate non ha diritto ad alcun tipo di malattia. Lo stesso vale per la maternità. Lì bisogna ritoccare i minimi previsti, che sono tutti inferiori a quelli previsti dai contratti nazionali. Si parla di circa 67 euro.
  Ho depositato una mia memoria. Vado molto veloce per lasciare spazio agli altri. Stiamo già lavorando per un ampliamento della platea ENPALS, in particolare per chiedere il riconoscimento dell'attività di insegnamento che viene fatta generalmente dagli artisti in seconda battuta – attualmente loro versano alla gestione separata - per consentire loro di maturare ulteriori giornate.
  Abbiamo una necessità particolare che riguarda gli stuntmen. Immagino ve lo abbia detto anche il dottor Montaldi quando è venuto in audizione: sostanzialmente i danzatori hanno diritto a un anticipo pensionistico per il tipo di attività fisica che fanno. Non si capisce perché gli stuntmen siano fuori e seguano le regole normali pur svolgendo un'attività altamente rischiosa. Conosco stuntmen che a quarant'anni hanno già lo schiacciamento delle vertebre perché svolgono un'attività molto intensa a livello fisico. Abbiamo, quindi, la necessità di ricondurli almeno ai requisiti dei danzatori.
  Abbiamo un'altra richiesta da fare. Tenendo conto che l'ENPALS ha considerato i lavoratori dello spettacolo a prescindere dal rapporto di lavoro che hanno, noi chiediamo anche – e su questo troviamo l'accordo con l'INAIL (Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro) – di estendere l'assicurazione per la malattia a figure autonome e collaboratori, sostanzialmente lasciando il costo in capo al committente. È una cosa che si può fare perché è assimilabile all'onere contributivo.
  Vi è un tema che, secondo me, è venuto fuori chiaramente anche dall'audizione svolta con l'INPS e l'ISTAT. Non sappiamo esattamente quanti lavoratori ci sono nel settore dello spettacolo. I dati che abbiamo sono completamente inaffidabili, non possono essere considerati certi. Siamo molto d'accordo sul fatto di istituire Osservatori regionali, dando ovviamente un ruolo diverso all'Osservatorio nazionale. Sarebbe molto utile riuscire a mappare l'occupazione in questo settore che non ha una natura ordinaria. Questi lavoratori sono tutti «migranti», cioè si muovono continuamente seguendo gli spettacoli. È evidente che gli Osservatori potrebbero offrire un punto di chiarezza rispetto a noi.
  Per quello che riguarda la tipicità di questo settore, vi ricordo che l'UNESCO nel 2008 esortava gli Stati membri a prendere in considerazione la specificità artistica caratterizzata da attività atipica e da forti variazioni delle entrate e invitava anche a garantire misure di finanziamento per una protezione sociale specifica per gli artisti.
  Nel 2007 il Parlamento europeo ha approvato la relazione sullo Statuto dell'artista e ha invitato gli Stati membri a procedere a forme di finanziamento speciale. Inoltre, chiede misure particolari per la previdenza sociale, soprattutto per garantire una protezione sociale nei periodi in cui non è prevista la retribuzione, basando il mantenimento di tali diritti unicamente sul reddito imponibile. È evidente che la relatrice europea - che era Claire Gibault - nel chiedere tali interventi guardava al modello francese, di cui probabilmente questa Commissione ha già sentito parlare come riferimento. La Commissione europea nel 2018 ha inviato a tutti i Paesi membri un documento dal titolo «Una nuova agenda europea per la cultura», in cui ribadisce che intende sostenere gli Stati membri nell'assicurare retribuzioni eque agli artisti e ai creatori.
  Nel corso dell'audizione con l'INPS e con l'ISTAT ho ascoltato le domande poste dai deputati. C'è una prima cosa forte che dobbiamo dire: pensiamo che vadano tutelati Pag. 5 i professionisti di questo settore. Sostanzialmente, si tratta di dividere l'attività amatoriale dal professionismo. Una discriminante per dividere questo tipo di attività ugualmente importanti (perché non penso che l'attività amatoriale non sia importante) è quella relativa alle giornate maturate. Nel contratto nazionale degli scritturati abbiamo già stabilito, ad esempio, che per essere allievo devi avere un certo numero di giornate lavorate, oltre il quale si diventa un professionista. Si potrebbe immaginare per gli amatoriali un livello più basso, che li configura come amatoriali, quindi regole diverse da quelle dei professionisti.
  Nella mia relazione vedrete quello che è successo in questi anni. A parte il 1947, che è stato molto illuminante, nel senso che l'ENPALS effettivamente ha cercato di intervenire, ma probabilmente guardava oltralpe, immaginando un sistema anche per l'Italia, ci siamo fermati e abbiamo emanato una serie di leggi, di regole e regolette che sono sostanzialmente derogatorie, cioè non aiutano il settore. Dobbiamo vedere questo settore per com'è, dobbiamo capire che un artista, che sia un danzatore, un attore, un musicista, uno stuntman, ha bisogno di una preparazione continua, a prescindere dal rapporto di lavoro. Immaginate solo che uno stuntman non può non fare ginnastica tutti i giorni; deve andare in palestra, deve avere un corpo molto allenato. Questo vale anche per i danzatori. Immaginate anche un musicista che si deve esercitare tutti i giorni, oppure l'attore che deve prepararsi perché deve affrontare un casting o le prove di uno spettacolo. Quindi, è un'attività molto particolare che prevede attività fuori dal rapporto di lavoro ordinario.
  Vi ho elencato tutte le norme che a parer nostro, in un'ottica di revisione, laddove si voglia riconoscere al settore dello spettacolo una sua specificità, potrebbero essere abrogate e reinserite dentro un sistema di tutele che – ripeto – devono riguardare solo i professionisti.
  Nella mia relazione ho scritto come funziona in Francia a cui possiamo guardare sicuramente. La tutela degli artisti è un sistema che nasce moltissimi anni fa, ma può essere un riferimento importante anche per noi. Vi ho descritto anche il modello belga, che sostanzialmente è simile.
  Non avere tutele specifiche per questi lavoratori rende molto complicato per noi sindacati fare dei contratti. Normalmente, quando si parla di attività lavorative nel settore dello spettacolo tutti pensano all'intermittenza. L'intermittenza italiana, però, è pensata per gli esercizi commerciali, non per quel modello di attività, che è molto atipico. In qualche modo, visto che dobbiamo utilizzare gli strumenti che ci sono, abbiamo normato l'intermittenza, ad esempio, sul contratto degli scritturati. Tenendo conto che è una forma di flessibilità, abbiamo chiesto che venga utilizzata solo quando non ci sono date certe di spettacoli, e nemmeno prevedibili, quindi che vi sia una reale necessità di intermittenza. Abbiamo stabilito che il costo deve essere maggiore. Si prevede, sostanzialmente, il 140 per cento rispetto al minimo previsto dal contratto nonché una cosa ulteriormente importante: ogni sei giorni lavorativi, anche non consecutivi, si ha diritto a un giorno di riposo. La nostra impostazione sul contratto è stata quella di cercare di garantire più giornate possibili a questi lavoratori.
  Sul contratto abbiamo inserito anche altre formule, che poi leggerete nella memoria depositata, dalla scrittura continuativa (che significa «ti pago da... a...», un normale contratto a termine) al tempo parziale, con un minimo di giornate. Abbiamo previsto anche un modello un po’ innovativo che prevede che tali lavoratori vengano assunti almeno per un mese. Nei giorni in cui non lavorano sono pagati alla retribuzione minima ENPALS, pari a circa 46 euro. Nei giorni in cui lavorano prendono il minimo previsto dal contratto. Chiaramente, c'è una parte lasciata alla trattativa individuale di questi lavoratori.
  Questo contratto, che è stato un salto in avanti rispetto al vecchio, che era ampiamente eluso, a un anno dalla sua firma, è ancora scarsamente applicato. Su questo contratto abbiamo fatto un'altra operazione Pag. 6 molto importante. Abbiamo inserito l'equo compenso per i lavoratori autonomi: proprio perché questi lavoratori si muovono tra l'attività autonoma e quella subordinata in modo abbastanza elastico rispetto alle altre professionalità. Non solo, abbiamo scritto che possono partecipare alle assemblee indette per il personale dei teatri senza decurtazione del compenso e che devono avere un'assicurazione. Come vi dicevo prima, l'INAIL non assicura i lavoratori autonomi. In questo caso, devono pagare un'assicurazione che li copra dai rischi. Possono avere anche accesso alla previdenza integrativa oppure alla parte assicurativa per la sanità.
  Questo settore, che è molto complicato, ha un'ulteriore debolezza. Le nostre parti datoriali sono scarsamente rappresentative. Questo vale un po’ per le cooperative e un po’ anche per l'AGIS (Associazione generale italiana dello spettacolo). In questa situazione, fare contratti è molto complicato, anche perché, pur avendo firmato da oltre un anno questo contratto, non vediamo da parte dell'AGIS un atteggiamento di difesa di quel contratto e della sua applicazione.
  C'è un'altra questione rispetto al modello di rappresentanza. Questo è un settore in cui spesso gli artisti creano micro associazioni. Sono associazioni troppo piccole, quindi spesso non in grado di accedere ai bandi per ottenere finanziamenti né, tantomeno, di rispettare i diritti dei lavoratori.
  Pensiamo che chi riceve soldi pubblici debba necessariamente rispettare i diritti dei lavoratori. Rispetto a questo, abbiamo anche segnalato al MiBAC (Ministero dei beni e delle attività culturali) società e associazioni che non rispettavano il contratto di lavoro, non perché vogliamo danneggiare le imprese, ma perché crediamo che in qualche modo bisogna mettere a sistema questo settore che, tra l'altro, ha tantissimo lavoro nero.
  L'onorevole Serracchiani nell'audizione dell'INPS aveva sollevato il problema. Vi abbiamo inviato una ricerca che abbiamo fatto due anni fa e che fotografa in modo molto spietato la condizione davvero difficile degli artisti. Parla di redditi mediamente fino a 5.000 euro in un anno e delle difficoltà per accedere a un sistema di ammortizzatori sociali. Ve l'ho portata e vi invito a leggerla perché è molto significativa. Il 37,3 per cento di questi lavoratori dice di aver lavorato molto in nero. È un sistema in cui il lavoro nero è davvero significativo. Credo che per uscirne ci vogliano nuove regole, non solo giuslavoristiche, perché, ripeto, pensiamo che il vero sistema di tutela per questi lavoratori sia il modello francese: applicare un ammortizzatore che tenga conto del modello di attività svolta da questi lavoratori e quindi il riconoscimento di tutta l'attività extra lavorativa.
  Pensiamo anche ad alcune regole, ad alcune semplificazioni. Penso a tutto il mondo degli esercizi, le birrerie, i pub. Spesso lì si lavora ma magari si è pagati a birre, non si chiede il certificato di agibilità. Lì, a mio avviso, va previsto un sistema di facilitazione riguardo all'agibilità.
  Per quel che riguarda la questione dell'agibilità, poteva essere uno strumento importante per intercettare anche il lavoro nero. È stata indebolita perché, come sapete, l'agibilità adesso si chiede solamente per i lavoratori autonomi e per i collaboratori. Credo che questa sia una partita che in qualche modo vada recuperata, perché, ripeto, il dato del lavoro nero è molto significativo.
  Credo che se riusciamo a creare un sistema di tutele sarà più facile anche per noi sindacati fare contratti, quindi offrire garanzie effettive a questi lavoratori. Vi abbiamo descritto quali sono i due modelli di riferimento che credo siano importanti.

  FEDERICO MOLLICONE. Mi scusi, presidente, intervengo sull'ordine dei lavori. Proprio per rispetto dei nostri ospiti, credo che vada prevista un'ulteriore convocazione. Sono le 14.30 e dovendo far intervenire tutti con lo stesso tempo, oltre alle domande dei commissari, credo sia necessario mettere in cantiere la prosecuzione in una seconda seduta. Grazie.

  PRESIDENTE. Intanto andiamo avanti. Poi vediamo a che punto arriviamo. Do la Pag. 7parola, per la CISL, a Fabio Benigni, del Dipartimento Spettacolo nazionale.

  FABIO BENIGNI, Dipartimento Spettacolo nazionale CISL. Grazie, presidente.
  Un ringraziamento a tutti i componenti delle Commissioni per questa opportunità che ci è data e che vorremmo sfruttare al massimo. Siamo stati scrupolosi e quindi, in modo dettagliato, abbiamo letto il vostro programma di indagine e abbiamo cercato di sviluppare sia i dati numerici degli addetti, sia gli elementi che dimostrano l'alta precarietà; sia i volumi economici che noi intendiamo ricondurre al sistema, sia i pochi diritti, i contratti del settore e poi alcune proposte operative che auspichiamo farete al termine dell'indagine.
  Nel 2011 è stato soppresso l'ENPALS (Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza per i Lavoratori dello Spettacolo). Gli ultimi dati utili di una certa consistenza e rilevanza, oltre che fondatezza, li abbiamo in quel periodo. Ricordiamo che al momento della fusione con l'INPS 3.000 milioni di euro sono stati dirottati alla gestione separata dell'INPS medesimo. Sono soldi che stanno a dimostrare l'alta precarietà del settore; soldi che non erano andati al finanziamento delle pensioni, quindi ai diretti interessati, ma erano surplus di bilancio accantonati e finiti tutti nella gestione separata.
  Si continua dal 2011 ad oggi ad accantonare somme in surplus pari a 280 milioni di euro l'anno per lo spettacolo e a quasi 70 milioni per l'attività sportiva. Sono tutti proventi che continuano ad andare nella gestione separata dell'INPS. Sono dati che sto citando perché poi vorremmo utilizzarli nella proposta operativa di ricondurre queste risorse all’ex ENPALS attraverso una gestione speciale dell'INPS.
  Faremo quattro proposte molto sintetiche, ma precise, alle quali speriamo sia dedicata la vostra attenzione.
  Alle risorse dell’ex ENPALS se ne aggiungono altre, che derivano da effetti di legge e di decreti ancora vigenti. Ne prendo uno a titolo di esempio: c'è un 5 per cento che veniva prelevato in modo coattivo agli artisti, ai calciatori, agli attori, ai cantanti e quant'altro, oltre una certa soglia di reddito. Era una sorta di «Robin Hood tax» che serviva per mettere in garanzia la prestazione previdenziale. L'ENPALS è stato sciolto. I proventi continuano a essere prelevati e anche questi vanno a finire nella gestione separata dell'INPS. Sono tutte cose documentate segnalate nella memoria che abbiamo depositato. Questo per dirvi che c'è un tesoretto, un patrimonio che vorremmo ricondurre in una gestione speciale dell'INPS per poterlo poi destinare al contrasto della precarizzazione che è diffusa almeno per l'80 per cento in questo settore.
  Sappiamo che in questo settore – lo dico sulla base di statistiche, anche qui, di fonte ex ENPALS, divise per aree di settore merceologico – abbiamo il cinema con una media di 73 giornate annuali; la musica con 70 giornate; il teatro con 77 giornate; la radiotelevisione – dove c'è il nocciolo del rapporto di lavoro indeterminato e subordinato – con 254 giornate; intrattenimento e spettacolo polivalente con 112 giornate; gli impianti sportivi – dove, anche qui, c'è una presenza in alcuni circoli sportivi di subordinazione a tempo indeterminato – con 196 giornate e, sotto la voce «varie», 45 giornate. Cito questi numeri perché per avere un anno di contributi previdenziali ex ENPALS servono almeno 120 giornate. È chiaro a tutti che, così come ha detto la legge Fornero, che comunque ancora è vigente, per riuscire a fare le 120 giornate e i venti anni minimi di contribuzione a questi lavoratori servono due anni di lavoro per farne uno ai fini previdenziali: venti anni, quarant'anni di lavoro. Questa è un po’ la dimensione del fenomeno ad oggi di quello che emerge.
  Accumuliamo le risorse che comunque sono in campo e che, prima della fusione dell’ex ENPALS, erano patrimonio del settore dello spettacolo. Riconduciamole in un perimetro attraverso una gestione speciale. Attraverso l'istituzione di un fondo bilaterale, così come voi state cercando di proporre in tutti i settori merceologici, possono servire a dare quell'aiuto di ammortizzatori sociali sia per eventuali eccedenze di personale (vedi Fondazioni liriche e quant'altro), sia per il sostegno al reddito di Pag. 8queste persone. Potremmo contribuire a dirottarle nel settore.
  La prima proposta è la gestione speciale. La seconda è un fondo di solidarietà bilaterale del settore, riconducendo dentro quel perimetro alcune risorse che oggi sono, invece, dirottate, perché non disciplinate, in una gestione separata. Dopodiché, abbiamo ancora altre piccole proposte.
  La gestione separata è un lavoro che abbiamo fatto, una bozza di proposta di legge che facemmo addirittura con i dirigenti ex ENPALS. Parlo del dottor Antichi, del dottor Montaldi, con i quali avevamo costruito una soluzione alternativa per ridare un minimo di valore identitario a questo settore che, se messo nell'industria o nel pubblico impiego, perde il suo valore identitario.
  Serve dare un'identità precisa a questo settore che, non lo dico per piaggeria o per vezzo, è diverso dagli altri. Esprime un tipo di lavoro, un tipo di professionalità, un tipo di modello organizzativo che non può essere omologato né all'industria, né tantomeno al pubblico impiego.
  L'esempio pratico di questa contraddizione sono le Fondazioni lirico-sinfoniche. Si parla di pianta organica e di codice civile. È una contraddizione in termini. È da anni che stiamo cercando di sottoscrivere un contratto. C'è una mole di contenzioso che non ci consente di fare l'attività per la quale siamo chiamati, quella negoziale, quella politica, quella che poi tutti esercitiamo quotidianamente, perché ogni volta c'è un ricorso al TAR o alla magistratura ordinaria oppure alle interpretazioni autentiche delle varie norme di tutto il corpo normativo che disciplina in modo pesante questo settore. Vorremmo che si facesse chiarezza. Come CISL proponiamo anche un cambiamento della natura giuridica e quindi uno status diverso delle Fondazioni lirico-sinfoniche, perché, secondo noi, devono uscire dall'alveo di questa contrapposizione tra pubblico e privato e avere una loro identità, un valore identitario che dia un orizzonte di prospettiva.
  Abbiamo allegato alla documentazione depositata anche tutte le tipologie di contratto. In relazione all'Osservatorio era richiesto: quante tipologie di contratti e quanti contratti sono riconducibili ai lavoratori assicurati presso l'ex ENPALS che comprende dal socio di cooperativa, alla partita IVA, al subordinato, al tempo determinato. Tutte le forme giuridiche di lavoro stanno dentro questo soggetto pubblico.
  Interveniamo sulle norme disciplinari che tante volte si contraddicono nell'ambito del corpo normativo che riguarda questo settore. Abbiamo preparato un documento che raccoglie in sintesi quattro proposte che vorremmo portare avanti. Avremmo piacere se aveste la pazienza di leggerlo, di valutarlo, anche di contraddirlo, perché nessuno di noi sta scrivendo un lodo, ma c'è solo la volontà di trovare soluzioni, le più idonee e più confacenti a una situazione che è irregolare, è a macchia di leopardo.
  Chiediamo un Fondo per lo sviluppo dello spettacolo dal vivo. Non invento niente se dico che tutto il sistema Paese si basa sulle tax expenditures, sui sostegni fiscali e tributari che aiutano i settori. Questo settore ne ha pochi. Vorremmo armonizzarli. Una delle tante proposte era la famosa web tax sulla quale stiamo da tempo insistendo, perché ci sono gli «over the top» che utilizzano i contenuti culturali e non dirottano poi niente a chi li produce.
  C'è un'occasione storica, che è quella di recepire le norme europee sul diritto d'autore: un'occasione per portare benefici anche a chi produce cultura. Queste sono le quattro proposte: leve fiscali di sostegno, l'ordinamento giuridico delle Fondazioni lirico-sinfoniche, la gestione speciale del Fondo previdenziale per i lavoratori dello spettacolo ex ENPALS e un Fondo bilaterale di solidarietà che possa dare un contributo a questo settore altamente parcellizzato. Ho cercato di fare veramente un backup molto ristretto, cercando di identificare quelle che per noi sono le necessità primarie. Grazie.

  PRESIDENTE. Per la UILCOM, do la parola al dottor Di Cola.

  GIOVANNI DI COLA, UILCOM. Buongiorno. Mi unisco ai ringraziamenti non di Pag. 9circostanza, per poter dire la nostra e poter dare un contributo fattivo. Mi riferisco al fatto che ci sia un'indagine conoscitiva. Questo è un settore dove, oltre a molte specificità, il perimetro dei dati non è sempre chiarissimo, proprio perché essendo il lavoro così discontinuo è difficile avere, a volte, dati certi.
  Non ripeterò quanto già detto dai miei colleghi relativamente alla previdenza e ad alcuni aspetti storici, come il fatto che molte norme non sempre siano tarate sulle peculiarità dei lavoratori di questo settore.
  Per essere estremamente sintetici, operativi e pragmatici abbiamo provato a mettere giù un documento costruttivo, con una proposta molto specifica riferita ad una criticità del settore, molto difficile individuare, prendendo spunto proprio da un aspetto che abbiamo visto nel vostro documento e relativo al quadro normativo anche europeo. Mi riferisco, in particolare, al fatto che questi lavoratori sono discontinui, sono intermittenti in grandissima prevalenza, con una percentuale che va dall'80 al 90 per cento, a seconda che si consideri tutto lo spettro di pertinenza ex ENPALS, che era comunque l'unico contenitore istituzionalmente definito che dava un riferimento certo, per la regolamentazione del perimetro dei lavoratori dello spettacolo. Poi ci sono alcuni settori come radio, tv, fondazioni liriche e teatri stabili che mi auguro continuino ad avere un elemento di stabilità, essendo caratterizzati da alcuni aspetti tradizionali. Tutto l'ambito che non presenta gli elementi tradizionali è fuori dalle integrazioni salariali, che sono tarate sul tipico modello industriale, quindi in costanza di rapporto di lavoro oppure in stato di disoccupazione continuato.
  Abbiamo immaginato qualcosa che utilizzi le risorse già prelevate al settore, quindi già esistenti, e che si possa già realizzare sulla base del contesto legislativo vigente. Mi riferisco al Fondo di solidarietà bilaterale di settore (ci sono già alcune esperienze altrove). Come organizzazioni sindacali abbiamo già provato a lavorarci, la difficoltà è stata l'estrema frammentazione del settore, i tanti tavoli di confronto, su alcuni dei quali c'è stata l'occasione per condividere questi temi, anche provando a entrare nel dettaglio, mettendo giù una bozza di accordo, una bozza di costituzione del Fondo. Ovviamente, a causa dell'alto numero di soggetti coinvolti, era difficile riuscire a fare un percorso simultaneo.
  Questa proposta vuole mettere subito sul tavolo qualcosa che possa essere vagliato e portare a risultati immediati, per quanto possibile ovviamente, o comunque possa avere da parte vostra un sostegno non solo in questa direzione, ma anche nell'ambito delle risorse. Prima accennavo al fatto che le risorse sono quelle già esistenti. In primis mi riferisco al Fondo di integrazione salariale (FIS), che copre quei settori al di fuori del Titolo I del decreto legislativo n. 148 del 2015, quindi dalla cassa integrazione ordinaria e straordinaria.
  Poiché le causali sono le stesse della disciplina generale, il Fondo di integrazione salariale non risponde alla necessità di trovare soluzioni adatte, su misura. Quindi il settore, pur versando al Fondo, non riesce ad utilizzare queste sue risorse. Inoltre, vi sono alcune specificità che risalgono a quando ancora esisteva l'ENPALS. Si tratta, in particolare, di una contribuzione extra a carico dei redditi elevati che aveva una doppia funzione, di solidarietà e di gestione prudenziale dell'allora ENPALS. Per noi potrebbe essere opportuno riuscire a utilizzare quelle risorse, prodotte dal settore, all'interno del settore medesimo.
  Credo sia un punto fondamentale, perché, come sapete meglio di me, è sempre difficile riuscire a trovare nuove risorse. Il fatto che si possa partire con qualcosa di esistente, senza oneri aggiuntivi, prendendoli prevalentemente dagli operatori del settore, perché la quota versata al FIS è delle aziende e dei lavoratori del settore, credo che possa essere molto interessante dal punto di vista della fattibilità, perché non costringe ad attendere le disponibilità di bilancio.
  Oltre a questo, farei un brevissimo accenno ad un altro aspetto. In questo ambito ci sono sostanzialmente tre macro-aree. La prima è l'area del cinema audiovisivo, dove ci sono stati interventi legislativi importanti Pag. 10(mi riferisco in primis alla legge sull'audiovisivo, ma anche alle disposizioni relative alle quote di programmazione) che hanno dato un forte sostegno al settore, riuscendo a reindirizzare le entrate provenienti dai distributori per riportarle in capo alla filiera. Si tratta di un meccanismo virtuoso che cerca di dare vitalità al settore e impulso alla produzione, con tutti i risvolti occupazionali che ne conseguono.
  Nel mondo del teatro e della musica ci sono state più difficoltà. È stato approvato un Codice dello spettacolo, ma non si è passati dalla legge delega ai decreti attuativi. Lo si dovrebbe fare adesso perché al Senato è incardinato il decreto-legge sulle fondazioni lirico-sinfoniche che era un primo step (era necessario un intervento urgente per una sentenza della Corte di giustizia europea sui contratti a tempo determinato). In un incontro che abbiamo avuto con il ministro e, ieri, con il direttore generale dello spettacolo dal vivo e il commissario alle fondazioni liriche, ci è stato accennato che si sta lavorando al nuovo Codice dello spettacolo (utilizzo questo termine, ma non so se sarà quello utilizzato). Qui c'è necessità di «copiare» quello che è stato fatto in termini di risorse, poi immagino che la discussione sui contenuti sarà più lunga e articolata. Nell'ambito delle fondazioni lirico-sinfoniche l'aspetto della precarietà è fondamentale perché si tratta di un settore, quello della lirica, in cui è evidente la necessità di programmazione a lungo termine, più che annuale.
  Per una serie di motivazioni che non ricapitolo per brevità, si è creata una sacca di rapporti precari estremamente elevata. Abbiamo sottoscritto un accordo per cercare di tamponare un problema che si è verificato negli ultimi periodi, individuando una soglia di 240 mesi come limite massimo di durata dei rapporti; ovviamente abbiamo inserito una clausola di salvaguardia in base alla quale i contratti, in realtà, non possono arrivare oltre il 30 giugno 2020. Quella data è stata individuata perché, per il blocco delle assunzioni e per i diversi piani di risanamento in corso, è difficile riassorbire in tempi brevi il precariato, un passo necessario per il ripristino dei diritti dei lavoratori.
  La terza macro-area è lo sport. In questa sede, presso la sola VII Commissione, facemmo un incontro specificamente per lo sport, per la legge di riordino del settore. Nello sport l'anomalia è che non esiste la figura del lavoratore: esiste il professionista o il dilettante, dove il professionista fa capo al CONI e alle federazioni affiliate al CONI, mentre il dilettante è al di fuori e il suo rapporto è volontario e basato su rimborsi, tanto che c'è una completa esenzione dal punto di vista fiscale, retributivo e di tutti i contributi minori (malattia, assistenza). Mi fermerei qui. Vi ringrazio dell'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie. Adesso do la parola per l'UGL a Maddalena Imperiali.

  MADDALENA IMPERIALI, UGL. Buon pomeriggio a tutti. Grazie anche da parte mia per questo invito, perché negli ultimi anni siamo stati sempre chiamati a parlare specificatamente in VII Commissione, solo quando si venivano a creare emergenze. Quindi oggi sapere che c'è un'indagine conoscitiva su tutto il settore e immaginare che si possa finalmente pensare allo spettacolo come ad uno specifico settore economico di questo Paese, è per noi particolarmente gratificante.
  Non ripeterò, per economia di tempo, quanto è stato detto dai colleghi. Condivido interamente il discorso sull'ente previdenziale, perché ha sempre aiutato in un'identificazione più netta dei lavoratori di questo settore. Approfitto di questo tempo per rendervi partecipi di quello che può significare fare sindacato in un settore come questo, perché tutti i giorni interagiamo con multinazionali, Fondazioni, enti partecipati dallo Stato, piccole aziende, tantissimi liberi professionisti che si muovono in questo mondo. Questo significa muoversi in un contesto particolarmente ampio e difficile da gestire, aspetto da tenere in considerazione per creare una situazione organica, perché chi si muove all'interno di questo mondo non sono solo gli artisti (quando si parla di spettacolo spesso ci si Pag. 11limita a pensare all'artista) ma tutte le tipologie di lavoratori: l'impiegato, il falegname, il sarto, il grande attore o il regista televisivo che è diverso dal regista cinematografico. Si tratta quindi di una varietà di situazioni, di prerogative, di peculiarità, di interessi, di cui siamo necessariamente obbligati a tenere conto. C'è però una cosa che accomuna tutti questi lavoratori che vi prego di considerare: la formazione e il percorso di scelta di vita che queste persone fanno. Ciò perché chiunque lavora all'interno del mondo dello spettacolo ha fatto una scelta a monte, anche l'amministrativo, optando per una tipologia di lavoro così specifica, che richiede tante competenze specifiche, e che deve essere inquadrata all'interno di un percorso di vita, che spesso inizia sin da quando si è piccoli. Chi è artista (il musicista, l'attore) è motivato a monte ad intraprendere quella strada.
  Vi pregherei quindi di tenere conto anche del dispiacere che vivono questi lavoratori. Lo vive l'esercente della sala cinema nel momento in cui vede che non entra più nessuno nel cinema, perché sono state aperte le arene estive. Oppure si crea un'aspettativa di vita al musicista che poi si ritrova a suonare ai matrimoni la domenica. Troppe volte non si ha questa oculatezza nel capire né il tipo di percorso che hanno queste persone, né il tipo di economia che esse potrebbero effettivamente muovere.
  Come dicevano i colleghi, è un mondo che può produrre economia e la può produrre seriamente, se però trattato effettivamente da lavoro, da settore, da comparto che può produrre quel tipo di economia; quindi non semplicemente arrivando a valle per mettere una toppa, come quando una multinazionale lascia l'Italia e allora si emana una legge ad hoc perché anche quei lavoratori possano accedere alla cassa integrazione. Abbiamo avuto questo problema con tutti i colleghi di Cinecittà e abbiamo dovuto aspettare che ci fosse un decreto affinché lo Stato subentrasse all'interno degli stabilimenti e cose del genere.
  Oggi vi chiederei veramente con tutto il cuore di immaginare un percorso a monte e non più a valle rispetto a tutto il settore, a partire dai conservatori (so che è già allo studio del Ministero dell'istruzione una riforma). Siamo considerati i maestri della musica, ma di fatto il titolo che oggi i ragazzi conseguono all'interno dei conservatori non è spendibile all'estero, perché non è equiparato; nessuno ha mai avuto l'accortezza di pensare che chi si diploma nei nostri conservatori può poi andare a suonare all'estero, ma che per farlo deve fare un percorso di studio direttamente all'estero, altrimenti è condannato a lavorare solo in Italia: piccole follie del nostro quotidiano che purtroppo esistono.
  Non esiste una formazione nel settore cinema o in quello televisivo. Le persone si inventano e nasce il nero, nasce ciò che non viene formalmente riconosciuto: un mondo di sommerso, di formazione che si muove senza avere un riconoscimento ufficiale. Grazie ancora.

  PRESIDENTE. Grazie. Autorizzo la pubblicazione della documentazione depositata, in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegati). Lascio la parola ai colleghi che desiderino intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  FEDERICO MOLLICONE. Grazie, presidente. Intanto grazie alle Confederazioni nazionali per aver posto l'accento su questa indagine conoscitiva che Fratelli d'Italia ha sostenuto, convergendo sulla proposta della collega Carbonaro, perché ritenevamo (la relazione dell'ISTAT ce ne ha dato conferma e anche voi lo confermate) che in Italia si fosse arrivati ad un livello assolutamente minimo di mancanza di rispetto per i lavoratori dello spettacolo in tutte le forme.
  Sono stati citati gli atipici, è stato citato il caso degli stuntmen, simbolo di questo problema strutturale, lo spettacolo dal vivo e quindi gli attori e tutti i mestieri delle compagnie private che ovviamente hanno problemi di riconoscimento della malattia e dei diritti principali, e il reddito dichiarato medio di 10.000 euro l'anno dimostra lo stato talvolta di indigenza di chi sceglie di fare l'attore, il ballerino o lo spettacolo dal vivo. Pag. 12
  C'è poi il caso più politico, più generale, più strutturale che è stato citato da alcune Confederazioni, quello delle fondazioni lirico-sinfoniche. Lì siamo di fronte a una volontà dello Stato di non vedere, di non affrontare e di non risolvere una precarietà ricorrente, che non è più tale. Siamo di fronte a una logica esclusivamente amministrativa, di basso profilo, per cui dalla legge Bray in poi si sono sciolti i corpi di ballo di molte Fondazioni per tagliare la spesa, come se la danza italiana fosse una spesa e non un'eccellenza da difendere.
  Noi ci stiamo battendo e presenteremo anche una proposta di legge perché vengano ricostituiti tutti i corpi di ballo laddove non ci sono più e siano rafforzati quelli che esistono ancora, perché riteniamo che la danza sia un'eccellenza italiana da difendere, e così la lirica.
  Il decreto citato dalla UIL, il cosiddetto «decreto Bonisoli» sulle fondazioni lirico-sinfoniche in realtà «mette una toppa» su una sentenza europea che metterebbe in difficoltà tutte le fondazioni. Tuttavia non risolve il problema della precarietà, tanto è vero che le Confederazioni presenti si sono già mobilitate davanti al MiBAC per contestarlo. Quindi deve essere evidente che quel decreto, per rimediare in emergenza a un rischio di infrazione che esporrebbe l'Italia al pagamento di centinaia di milioni di euro, ha voluto dare una risposta, ma, in realtà, contraddice tutta l'impostazione che si dovrebbe dare alla contrattazione per le fondazioni lirico-sinfoniche, per i lavoratori dello spettacolo, al fine di uscire dalla precarietà, stabilizzando i precari che sono tali da decenni.
  Bisogna difendere i lavoratori dello spettacolo in tutte le loro forme, ma crediamo che occorra risolvere il nodo delle fondazioni lirico-sinfoniche, perché sono l'esempio di come non va gestito lo spettacolo pubblico in Italia, così come per i teatri di interesse nazionale. C'è un problema di precarizzazione riconosciuta e voluta dallo Stato, quando invece basterebbe confrontarsi con le organizzazioni sindacali per affrontarlo e risolverlo.
  Cito il caso eclatante della Fondazione Lirico-sinfonica di Roma, dove un sovrintendente ben noto alle cronache ha avuto la geniale idea di non pagare gli oneri tributari IRPEF per 12 milioni di euro, iscrivendo a bilancio un debito tributario. Se questo è il buon governo delle fondazioni lirico-sinfoniche, mi chiedo cosa aspettino il Sindaco di Roma e il Ministro a cacciarlo, perché non si può far pagare ai lavoratori la mancanza di capacità nella gestione delle fondazioni lirico-sinfoniche. Roma e Firenze risultano essere le due peggiori fondazioni lirico-sinfoniche dal punto di vista dei bilanci, nonostante la legge Bray e i contributi che le fondazioni ricevono ogni anno (sono stati recuperati altri fondi extra bilancio per salvaguardare gestioni insane, che poi ricadono sui lavoratori dello spettacolo).
  Crediamo che questa indagine conoscitiva sia preziosa, la sosteniamo e ringraziamo le organizzazioni sindacali anche per il coraggio. Essendo stato Presidente della Commissione cultura di Roma Capitale, conosco bene il ricatto morale che molti sovrintendenti innescano all'interno delle fondazioni anche sui rappresentanti sindacali. Quindi è raro trovare organizzazioni sindacali che, a livello locale e nazionale (solidarizzo con i lavoratori rispetto a questa presa di posizione) si mettano contro il sovrintendente, che gestisce le promozioni e i rapporti di forza all'interno.
  È necessario rivedere anche il potere di contrattazione, all'interno delle fondazioni lirico-sinfoniche, dei sovrintendenti e ci deve essere la possibilità (il Ministro Bonisoli in questo decreto si è ben guardato dal farlo) di prevedere anche la rimozione di un sovrintendente, laddove questo non amministri bene il bilancio.
  Molte delle proposte fatte vertono sull'esempio francese – nonostante anche lì ci siano state alcune degenerazioni – per cui abbiamo avuto una migrazione di attori italiani in Francia per accedere ad un sistema più garantista del nostro. Però non dovremmo permettere che i nostri artisti vadano in Francia per vedersi riconosciuta l'assistenza sociale, fiscale, pensionistica che è sicuramente di vantaggio rispetto alla nostra. Ho nomi e cognomi di amici attori e rappresentanti del mondo dello spettacolo Pag. 13 che hanno fatto questa scelta. Il problema è ovviamente nostro, non loro; il problema è dello Stato italiano che non tutela le proprie eccellenze artistiche, non garantisce i mestieri dello spettacolo dal vivo in tutte le forme private e pubbliche, non permette alla patria delle arti e dello spettacolo dal vivo e a chi lo pratica e lo rappresenta una dignità, dando origine a molto lavoro nero. Sono infatti convinto che molti di quei 10.000 euro di media annuale nascondano lavoro sommerso; ma, quando il fisco diventa aggressivo o non c'è lavoro, difendersi purtroppo diventa una necessità.
  Ben vengano quindi le proposte fatte dalle organizzazioni sindacali. Rivolgo un appello a non abbassare la testa rispetto alle Sovrintendenze, cosa che non state facendo – quindi vi faccio i complimenti – ma anche per il futuro, perché c'è molto da cambiare sulla gestione degli enti lirici che allo stato attuale sono protettorati che vanno scardinati.
  Con l'aiuto delle organizzazioni sindacali e del Parlamento, penso che si possa fare un ottimo lavoro al termine di questa indagine conoscitiva.

  VALENTINA APREA. Saluto e ringrazio gli auditi. Come sapete, Forza Italia ha presentato già nelle legislature precedenti alcune proposte di legge: tuttavia, non siamo mai riusciti ad arrivare ad un'approvazione finale in materia di welfare dello spettacolo. Ci riproviamo in questa legislatura, ma nel frattempo sono trascorsi dieci anni, perché io ricordo le leggi dal 2008-2009 (Carlucci, Ceccacci e altre leggi presentate dagli altri Gruppi) e qualcosa si è mosso soprattutto dal punto di vista della formazione.
  Qui voglio parlare dei giovani che scelgono questo tipo di carriere, di espressione o di lavori, perché di lavoro si tratta in molti casi. È cambiato molto perché nel frattempo abbiamo la filiera della formazione, che si è arricchita del liceo musicale e coreutico, delle accademie e dei conservatori, dell'istruzione tecnica superiore per molti settori dello spettacolo, per esempio dei Centri sperimentali di cinematografia di Milano e di Roma. Sicuramente molti giovani si avvicinano a queste forme espressive, che diventano anche lavori.
  La mia domanda è questa: perché non recuperare anche per questo settore l'apprendistato formativo di terzo livello, che è previsto, che è garantito nelle sue forme di tutela, però non lascia scoperti questi giovani? Stiamo parlando di eccellenze, che provengono dai licei, oltre che dal liceo musicale e coreutico anche dai licei classici, perché sappiamo che chi prende la maturità classica alla fine sceglie prevalentemente psicologia, filosofia o teatro.
  Approfittiamo quindi di questa nuova sensibilità, di questa formazione ad alto livello che siamo in grado di garantire con percorsi chiari, senza lasciare solo al talento personale la possibilità di fare un po’ di esperienza e diventare attori di teatro o di cinema, ma prevedendo prima anche un investimento pubblico. Soprattutto nei primi anni, perché non spingere i gestori, i responsabili, i direttori ad utilizzare lo strumento dell'apprendistato formativo, che garantisce uno stipendio o comunque dei rimborsi, che consente di cominciare a mettere qualche garanzia? Altrimenti finisce che lo si fa gratuitamente (per non dire sempre «in nero»). È necessario quindi cominciare a riconoscere il lavoro fatto in queste forme espressive sin da quando i ragazzi sono più giovani e lo fanno perché vogliono provare. Questo per i primi anni. Se poi dopo dieci anni vanno a fare altro, bisogna dar loro modo di versare contributi volontari per recuperare questo tempo. Quello che io chiedo è di non fermarsi alla discussione di dieci anni fa, perché molto è cambiato e questi giovani devono sentirsi dentro una rete più ampia, che spinga anche chi li recluta e li attrae in questo mondo ad essere più attenti e a considerarli una materia fragile da rispettare e non da usare solo perché hanno tanta generosità e voglia di esibirsi.

  ALESSANDRA CARBONARO. Desidero ringraziare gli auditi poiché questa è un'indagine conoscitiva che ho fortemente voluto e ha avuto l'appoggio di tutti i Gruppi politici, perché di lavoro e di previdenza nello spettacolo bisogna parlare prima, non in fase di emergenza, come penso che vadano Pag. 14 costruiti provvedimenti attraverso molte audizioni e un confronto attivo tra le parti.
  Ho iniziato a sviluppare l'idea di questa indagine conoscitiva proprio leggendo il report fatto dalla SLC-CGIL con la Fondazione Di Vittorio. I dati erano già preoccupanti, perché il 53,4 per cento di lavoratori del mondo dello spettacolo percepisce meno di 5.000 euro annui: dato allarmante per chi come me ha fatto anche un percorso di conservatorio e la musicista per molto tempo e conosce molto bene le dinamiche che caratterizzano i rapporti di lavoro nel sistema dello spettacolo in Italia. Queste dinamiche, a mio avviso, derivano anche dal mancato monitoraggio. Nel 1985 nasceva il FUS, con il FUS nasceva l'Osservatorio nazionale dello spettacolo e il progetto di un sistema di osservatori più periferici, una rete di cui ogni regione doveva dotarsi. Per questo ho depositato una proposta di legge che istituisce un sistema a rete di osservatori, perché tanti dati arrivano troppo tardi o non sono precisi; infatti, nel corso di questa indagine conoscitiva mi accorgo di come ISTAT ed INPS abbiano dati non sempre corrispondenti e manchi un sistema di omologazione.
  Quando si parla dell'Osservatorio dello spettacolo nelle varie regioni bisogna giungere ad un concetto dirimente, che ci siano almeno livelli essenziali di prestazione e che ogni osservatorio possa avere lo stesso sistema di monitoraggio, per permettere a noi politici di creare norme veramente utili al settore, perché dati non corretti o tra loro dissimili sono un ostacolo.
  C'è un altro problema sollevato dalla UIL: il fatto che a volte non ci si parli o che si aprano tanti tavoli, quando la cosa più importante sarebbe permettere alle norme di essere veramente efficaci e che ci sia un dialogo maggiore fra i ministeri.
  In questa indagine, la volta scorsa chiesi la presenza del Ministero del lavoro e del Ministero dei beni culturali. Anni fa fu Il Sole 24 Ore a lanciare un manifesto per la cultura – parlo di almeno dieci anni fa – in cui si invocava un dialogo maggiore tra tutti i ministeri, non solo quello dei beni culturali, ma anche il MISE, quello del lavoro, dell'ambiente e anche la Presidenza del Consiglio dei ministri, perché quando si parla di lavoro nello spettacolo si fa riferimento a un sistema che deve essere il più possibile concertato. Lavorare a compartimenti stagni, negli anni, ha prodotto questa situazione.
  Dal dopoguerra ad oggi abbiamo visto non solo un decremento delle risorse, ma come ho notato studiando attentamente i dati durante la redazione della mia tesi di laurea, ma anche una diminuzione del numero degli spettacoli e la riduzione del Fondo unico per lo spettacolo; però, soprattutto, il settore è sempre stato percepito in maniera marginale. Eppure, come evidenziava l'UGL, la musica e l'arte che abbiamo in Italia è qualcosa che all'estero viene riconosciuto. Si viene in Italia per studiare nei nostri conservatori e nelle nostre accademie di belle arti, eppure oggi un artista si sente ancora chiedere «ma di mestiere cosa fai?».
  Questa indagine (vi ringrazio per i materiali che ci avete fornito) ha l'obiettivo di giungere a un progetto di legge che possa mettere alcuni paletti fissi sulla tematica del lavoro e della previdenza nello spettacolo. Grazie.

  PRESIDENTE. Ci sono altri tre interventi, quindi vi prego di contenere i tempi affinché possano parlare tutti.

  ALESSANDRO FUSACCHIA. Grazie, presidente, sarò particolarmente breve. Vorrei anch'io ringraziare gli auditi e chi ha proposto l'indagine e terrei a sollevare un punto specifico, toccato dalla collega su questa dimensione extranazionale, paneuropea sulla parte di formazione.
  Sono stato eletto all'estero e in generale ho visto che tutte le questioni legate all'equipollenza dei titoli di studio sono drammatiche. Capisco che possa essere leggermente complicato far riconoscere un titolo in Giappone o in Ghana, ma il fatto che sia complicato farlo riconoscere in Francia, in Spagna o in Germania... C'è terreno per far avanzare questa integrazione europea.
  Chiederei quindi qualche approfondimento su questa questione specifica, perché Pag. 15 oggi è una giornata particolare per l'Europa e in generale ci avviamo verso un percorso di nuovo Parlamento europeo, nuova Commissione europea, quindi credo che per questa Commissione, per quanto riguarda gli esiti e le valutazioni che vorrà fare dei risultati dell'indagine e gli eventuali provvedimenti, possa essere un aspetto apparentemente marginale, ma in realtà sostanziale, per cercare di creare condizioni più agevoli per smettere di discutere di fuga di cervelli o di mancato ingresso nel nostro Paese di talenti di altri Paesi, e cominciare a ragionare di spazio unico di mobilità per la ricerca, per l'Università e ovviamente per le professioni dello spettacolo. Grazie.

  ETTORE GUGLIELMO EPIFANI. Ringrazio anch'io i sindacalisti per gli interventi. Naturalmente il compito che abbiamo di fronte a noi è complesso. Anche solo ascoltando le cose che voi avete detto sul panorama della condizione del lavoro nel settore dello spettacolo, ci si rende conto di come la materia sia estesissima, dei tanti problemi che bisogna affrontare.
  La cosa più importante per noi è trovare un metodo per evitare di fare un lavoro che non serva e provare, invece, a fare qualcosa che serva al Paese e al mondo dello spettacolo nel suo complesso e ai settori che lo compongono. Per fare questo dobbiamo fare una fotografia della condizione del lavoro in senso lato nel mondo dello spettacolo, aggiornata a oggi – sapendo che ci sono cronicità mai risolte, addirittura trentennali o quarantennali – vedere cosa oggi c'è di meglio rispetto a prima, se ci sono esperienze positive, e quali sono le condizioni sulle quali intervenire in modo molto forte e molto deciso.
  Per far questo dobbiamo, a mio avviso, dividere il lavoro in tre grandi comparti. Partirei dalla condizione del lavoro, perché l'indagine parte dalla condizione del lavoro e dei lavoratori del settore. Da questo punto di vista dobbiamo indagare la natura, la quantità e la qualità dei rapporti di lavoro, quali sono le caratteristiche della flessibilità, l'estensione della precarietà e/o del lavoro in nero, quale rapporto c'è tra tutto questo e la formazione, e tra la condizione del lavoro, la formazione, la scuola, l'università nonché il ruolo dei conservatori e delle accademie d'arte drammatica. La prima parte è questa fotografia sulla condizione del lavoro.
  La seconda riguarda quella degli istituti del welfare tipici di questo settore. Non c'è dubbio che bisogna partire dalla previdenza; è evidente che questo è un settore che da sempre ha una sua peculiarità e il fatto che non ci sia più l'ente di riferimento non toglie il fatto che sussista questa peculiarità.
  Ricordavo già nella discussione tra di noi questa vecchia questione dei coreuti: è chiaro che un ballerino non può andare in pensione a 67 anni, si discuteva se fossero 40 o 45 anni, ma non ci sono solo loro, ci sono tante altre condizioni di lavoro per cui non si può avere quell'uniformità che va bene per la totalità dei lavoratori, ma non per una condizione così particolare di lavoro. Non c'è solo questo, c'è anche il rapporto tra l'età anagrafica e i contributi, le cose che venivano segnalate. È chiaro che in un lavoro così frammentato, in cui sommi tanti pezzi di lavoro, che non si svolge in unità di tempo definite, occorre un sistema ad hoc anche nel rapporto tra età anagrafica ed età di pensionamento. Terzo: come funzionano gli istituti della disoccupazione, dell'inoccupazione, la cassa integrazione? Come si tiene assieme quello che oggi è disciplinato con le esigenze del mondo del lavoro, per evitare che si parta sempre dalle conseguenze e mai, invece, da una condizione?
  Terzo grande settore sono gli elementi di sistema. Si parte dal lavoro, si arriva agli istituti del welfare, ma non c'è dubbio che ci si debba porre anche il problema di come funziona il sistema dello spettacolo nel suo complesso, a partire dal finanziamento, dalla Commissione centrale dello spettacolo, da come si destinano le risorse, dalla destinazione corretta dei rapporti al centro, nazionale, ai contributi e ai versamenti degli enti locali, e a come si tengono assieme in maniera equilibrata le diverse esigenze. So anch'io dove va il grosso delle risorse; so anch'io che c'è un rapporto squilibrato, per cui i settori più poveri Pag. 16storicamente sono quelli che hanno meno contributi, mentre quelli che sono un pochino più solidi ne hanno di più.
  Particolare attenzione, secondo me, oltre a quello che è stato detto – oltre alla natura delle fondazioni lirico-sinfoniche, per i problemi che ci sono, oltre ai teatri stabili, per i problemi che ci sono – va riservata a due grandi settori, che sono quelli più in difficoltà. Il primo è il mondo dello spettacolo viaggiante, che da sempre è il settore più esposto e più difficile, perché è quello dove c'è più precariato, meno strutturalità, meno istituzioni permanenti, per definizione stessa, ma è un grandissimo settore di tradizione popolare, di radicamento nella cultura dei nostri territori e del nostro Paese. Il secondo è il mondo del cinema che, soprattutto in questi ultimi anni, vive una crisi molto profonda. Mentre possiamo dire tutto dei difetti delle fondazioni lirico-sinfoniche, ma abbiamo un'offerta di tutta dignità rispetto agli altri Paesi, e sui teatri stabili abbiamo ancora una discreta attività, non c'è dubbio che nel mondo del cinema stiamo andando indietro, non stiamo andando avanti. Anche il rapporto tra cinema e televisione, tra cinema ed emittenti, con la grande trasformazione dei media a livello mondiale, pone secondo me il bisogno di un'attenzione a questo comparto che è stato importantissimo nella cultura e nella storia del nostro Paese e che oggi corre il rischio di vederci fortemente ai margini delle grandi tendenze anche di innovazione culturale e di messaggio.

  MICHELE ANZALDI. Ringrazio gli auditi. Ero incuriosito da alcuni passaggi dei loro interventi, laddove dicevano che vi sono nel Paese alcune sacche dove non viene applicata rigorosamente la legge e che questo non dovrebbe avvenire, soprattutto nel pubblico.
  Vorrei sapere se gli auditi hanno dati su come vengono gestiti i contratti nella principale azienda di cultura presente in Italia, cioè la RAI. Noi sappiamo che da tempo lì c'è qualcosa che non è regolamentata, non è chiara. Ad esempio, vi sono giornalisti che da anni lavorano in RAI, che tutti conosciamo e sono precari a vita. Vi è una richiesta di matricola per accedere, o no? Ci sono conduttori che, per aggirare il tetto, un giorno sono artisti, un giorno sono giornalisti; c'è una dizione nuova, «giornalista artista», che permette di guadagnare qualunque cifra; ci sono gli appalti, i subappalti.
  Ricordo ciò che fece conoscere questa tipologia agli italiani, ossia la famosa testata, a Ostia, al giornalista Piervincenzi. Dopo un primo momento di vanto dell'azienda, si scoprì che il giornalista colpito era della Fremantle, società in subappalto, quindi con tutti i rischi che potevano esserci. Rispetto a questa denuncia, a questa segnalazione degli auditi, forse sarebbe il caso di approfondire per capire, una volta per tutte, com'è regolamentata, quanti sono, che futuro hanno e se hanno un futuro. Grazie.

  PRESIDENTE. Per la replica darei due minuti di orologio a ciascun sindacato. Se rimaniamo nei tempi procediamo alla replica, altrimenti rimandiamo a una seconda seduta, con repliche più estese.

  FABIO BENIGNI, Dipartimento Spettacolo nazionale CISL. Per quanto riguarda l'apprendistato professionalizzante, diciamo che l'80 per cento dei lavoratori di questo settore è precario; prendiamo il cinema: 70 giornate medie di lavoro. Per un apprendistato solitamente ci sono tre anni di formazione. La risposta viene da sola: anche se sono itineranti, per fare tre anni di formazione, di apprendistato ne occorrono 6-7. Diventa uno strumento di costo. Io faccio presenti le difficoltà, ma non è che non possano essere disciplinate, anzi devono esserlo. C'è il rischio che facciamo una formazione per disoccupati. Non vuol dire che non sia un istituto buono, però va regolamentato con molta attenzione e specificità. Volevo chiarire solo questo.
  Mi rivolgo all'onorevole Epifani perché sappiamo che ha competenza e conoscenza del settore, quindi su alcune cose ci capiamo al volo. Cito alcuni problemi. Circa le professionalità, tutta la parte artistica ha una grossa scolarizzazione alle spalle; tutte le parti artistiche, sia teatrali, sia cinematografiche, Pag. 17 sia tersicorei, sia lirico-sinfoniche vengono tutte da scuole altamente specializzanti e professionalizzanti. La formazione andrebbe riconosciuta sul piano professionale. Noi proviamo nei contratti.
  Cito un esempio per tutti: stiamo cercando di istituire la banca ore dell'orario di lavoro, dal momento che queste lavorazioni sono concentrate in poche giornate fatte di tantissime ore, perché un set cinematografico non può permettersi il lusso di lavorare cinque mesi, quindi condensa la propria attività nella location in pochi giorni. Dovremmo trovare la possibilità di avere coefficienti di valori giornalieri, in modo da poter espandere le giornate di lavoro. Questo ci potrebbe dare una soluzione. Non riusciamo a identificare alcuni messaggi che comunque andrebbero passati in modo molto chiaro.
  Circa le condizioni di lavoro, sul welfare, dico una cosa per tutte e ritorno alle 70 giornate. La NASPI, che è l'unico ammortizzatore oggi in piedi, riconosce il 50 per cento delle giornate lavorate. Vi ho risposto: 50 per cento delle giornate lavorate va bene per l'industria, non va bene per questo settore, perché il 50 per cento di 70 fa 35 giornate all'anno. Se pensate che un ammortizzatore possa avere questa dimensione... Scusate. Grazie.

  EMANUELA BIZI, Sindacato lavoratori della comunicazione SLC-CGIL. Vorrei solo chiarire come va guardato il mondo dello spettacolo. Il settore delle fondazioni lirico-sinfoniche è un settore piccolo rispetto a tutto il mondo che lavora nell'ambito dello spettacolo.
  Ovviamente le fondazioni lirico-sinfoniche hanno un tema particolare, che va seguito, però forse dovremmo concentrarci, in questo momento, su quelli che non sono e non possono essere definiti precari. Sono attività tipiche, il lavoratore è agganciato allo spettacolo, quindi ha la necessità di avere un ammortizzatore specifico, perché la NASPI non risponde a queste esigenze.
  Ripeto, il sistema francese va visto e va adattato a questo Paese, altrimenti il rischio è che questi lavoratori – e la nostra ricerca, che vi invito a guardare, è chiarissima – per poter sopravvivere debbano lavorare nei call center per pagarsi le tasse dell'anno precedente. Hanno necessità di farsi autoformazione, ed è tutto a carico loro. Il sistema della formazione in questo settore è complicato, perché le regioni, grazie al Titolo V e quant'altro, hanno la possibilità di normare i profili professionali; di seguito viene anche la formazione. Qual è, ad esempio, con le Film Commission la possibilità di avere lavoratori su quel territorio? Qual è il modello di formazione che viene fatto nelle regioni? Noi abbiamo cercato di ricondurre a un unico sistema, però non ce l'abbiamo fatta. È un mondo molto complesso, non va assolutamente semplificato, ma se provassimo a partire regolamentando questo mondo del lavoro, in particolare quello discontinuo, probabilmente piano piano riusciremmo a farlo emergere da una situazione che è davvero intollerabile.

  GIOVANNI DI COLA, UILCOM. Molto brevemente mi aggancio a quello che ha detto la collega. Ho definito i lavoratori «discontinui»; in Francia li chiamano «gli intermittenti». Ma, al di là del nome, questi peculiari dello spettacolo, che sono la stragrande maggioranza e che non sono ad esempio quelli delle fondazioni liriche, settore a cui dedichiamo tanta attenzione, sono le figure che hanno più bisogno di strumenti su misura, che adesso non ci sono. Dalle altre parti, in qualche modo, già oggi si possono adattare gli strumenti esistenti, il che non significa che in una valutazione estesa non si possa ragionare su questo ampio spettro.
  L'altro accenno vuole essere una richiesta, a partire dal fatto che prima si parlava degli osservatori. È auspicabilissimo che ci sia l'opportunità di avere una fotografia di quello che succede nel settore, lo stato attuale, l'evoluzione, eccetera, così come sarebbero assolutamente opportuni strumenti anche a livello istituzionale di coinvolgimento e di confronto. A partire da quello, la richiesta – magari in una fase più avanzata di questa indagine conoscitiva, quindi non a breve, ma quando ci potranno essere anche le prime risultanze, i primi ragionamenti un po’ più definiti – è di Pag. 18poter avere l'opportunità di essere nuovamente auditi o di dare un contributo.

  PRESIDENTE. Lo prenderemo in considerazione. Vi ringrazio per essere stati presenti e per averci dato questi spunti. Mi dispiace per il tempo, purtroppo sempre scarso, a disposizione, però penso che sia stato un incontro molto proficuo. Grazie. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.30.

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ALLEGATO 1

Documentazione depositata dai rappresentanti della CGIL

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ALLEGATO 2

Documentazione depositata dai rappresentanti della CISL

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ALLEGATO 3

Documentazione depositata dai rappresentanti della UIL

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