XVIII Legislatura

Commissioni Riunite (VI Camera e 6a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 17 di Venerdì 19 marzo 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Marattin Luigi , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA RIFORMA DELL'IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE E ALTRI ASPETTI DEL SISTEMA TRIBUTARIO

Audizione in videoconferenza di rappresentanti del Consiglio nazionale dell'Ordine dei consulenti del lavoro.
Marattin Luigi , Presidente ... 3 
Braghin Massimo , consigliere del Consiglio nazionale dell'Ordine dei consulenti del lavoro (intervento da remoto) ... 3 
Marattin Luigi , Presidente ... 3 
Braghin Massimo , consigliere del Consiglio nazionale dell'Ordine dei consulenti del lavoro (intervento da remoto) ... 3 
Marattin Luigi , Presidente ... 6 
Giorgini Sergio , coordinatore del Dipartimento economia e fiscalità del Consiglio nazionale dell'Ordine dei consulenti del lavoro (intervento da remoto) ... 6 
Marattin Luigi , Presidente ... 9 
De Bertoldi Andrea  ... 9 
Marattin Luigi , Presidente ... 9 
De Bertoldi Andrea  ... 9 
Marattin Luigi , Presidente ... 9 
Fenu Emiliano  ... 9 
De Bertoldi Andrea  ... 10 
Marattin Luigi , Presidente ... 10 
De Bertoldi Andrea  ... 10 
Toffanin Roberta  ... 10 
Marattin Luigi , Presidente ... 10 
Braghin Massimo , consigliere del Consiglio nazionale dell'Ordine dei consulenti del lavoro (intervento da remoto) ... 10 
Marattin Luigi , Presidente ... 11 
Giorgini Sergio , coordinatore del Dipartimento economia e fiscalità del Consiglio nazionale dell'Ordine dei consulenti del lavoro (intervento da remoto) ... 11 
Marattin Luigi , Presidente ... 12 

(La seduta, sospesa alle 10.50, riprende alle 11) ... 13 

Audizione in videoconferenza di rappresentanti dell'Associazione fra le società italiane per azioni – Assonime:
Marattin Luigi , Presidente ... 13 
Cipolletta Innocenzo , presidente dell'Associazione fra le società italiane per azioni – Assonime (intervento da remoto) ... 13 
Marattin Luigi , Presidente ... 16 
Micossi Stefano , direttore generale dell'Associazione fra le società italiane per azioni – Assonime (intervento da remoto) ... 16 
Marattin Luigi , Presidente ... 18 
De Bertoldi Andrea  ... 18 
Giacomoni Sestino (FI)  ... 18 
Marattin Luigi , Presidente ... 19 
Cipolletta Innocenzo , presidente dell'Associazione fra le società italiane per azioni – Assonime (intervento da remoto) ... 21 
Micossi Stefano , direttore generale dell'Associazione fra le società italiane per azioni – Assonime (intervento da remoto) ... 22 
Marattin Luigi , Presidente ... 23 
Micossi Stefano , direttore generale dell'Associazione fra le società italiane per azioni – Assonime (intervento da remoto) ... 23 
Marattin Luigi , Presidente ... 23 
De Bertoldi Andrea  ... 24 
Marattin Luigi , Presidente ... 24 
De Bertoldi Andrea  ... 24 
Marattin Luigi , Presidente ... 24 
Cipolletta Innocenzo , presidente dell'Associazione fra le società italiane per azioni – Assonime (intervento da remoto) ... 24 
Marattin Luigi , Presidente ... 24 
Giacomoni Sestino (FI)  ... 24 
Marattin Luigi , Presidente ... 25 

Audizione in videoconferenza di rappresentanti dell'Associazione italiana del risparmio gestito – Assogestioni:
Marattin Luigi , Presidente ... 25 
Galli Fabio , direttore generale dell'Associazione italiana del risparmio gestito – Assogestioni (intervento da remoto) ... 25 
Marattin Luigi , Presidente ... 29 
Giacomoni Sestino (FI)  ... 29 
Ungaro Massimo (IV)  ... 30 
Marattin Luigi , Presidente ... 31 
Galli Fabio , direttore generale dell'Associazione italiana del risparmio gestito – Assogestioni (intervento da remoto) ... 31 
Marattin Luigi , Presidente ... 31 
Galli Fabio , direttore generale dell'Associazione italiana del risparmio gestito – Assogestioni (intervento da remoto) ... 31 
Immacolato Arianna , direttore fisco e previdenza dell'Associazione italiana del risparmio gestito – Assogestioni (intervento da remoto) ... 33 
Marattin Luigi , Presidente ... 33 

Allegato 1: Documentazione depositata dai rappresentanti del Consiglio nazionale dell'Ordine dei consulenti del lavoro ... 35 

Allegato 2: Documentazione depositata dai rappresentanti dell'Associazione fra le società italiane per azioni – Assonime ... 77 

Allegato 3: Documentazione depositata dai rappresentanti dell'Associazione italiana del risparmio gestito – Assogestioni ... 90

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-L'Alternativa c'è: Misto-L'A.C'È;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Cambiamo!-Popolo Protagonista: Misto-C!-PP;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento ADC: Misto-NcI-USEI-R-AC;
Misto-Facciamo Eco-Federazione dei Verdi: Misto-FE-FDV;
Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Europeisti-MAIE-PSI: Misto-EUR-MAIE-PSI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA VI COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
LUIGI MARATTIN

  La seduta comincia alle 10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione in videoconferenza di rappresentanti del Consiglio nazionale dell'Ordine dei consulenti del lavoro.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla riforma dell'imposta sui redditi delle persone fisiche e altri aspetti del sistema tributario, l'audizione di rappresentanti del Consiglio nazionale dell'Ordine dei consulenti del lavoro.
  Ricordo che l'audizione si svolgerà in videoconferenza dinnanzi alle Commissioni riunite VI (Finanze) della Camera dei deputati e 6a (Finanze e Tesoro) del Senato della Repubblica, con la partecipazione da remoto dei deputati, dei senatori e degli auditi, conformemente alle disposizioni dettate dalla Giunta per il Regolamento della Camera dei deputati nelle riunioni del 31 marzo e del 4 novembre 2020 e dalla Giunta per il Regolamento del Senato della Repubblica nelle riunioni del 9 giugno e del 10 novembre 2020.
  Rivolgo quindi un saluto, anche a nome del presidente della 6a Commissione Finanze e Tesoro del Senato, Luciano D'Alfonso, al dottor Massimo Braghin, consigliere del Consiglio nazionale dell'Ordine dei consulenti del lavoro, e al dottor Sergio Giorgini, coordinatore del Dipartimento economia e fiscalità del Consiglio nazionale dell'Ordine dei consulenti del lavoro, ai quali do il benvenuto ufficiale delle nostre due Commissioni, e che ringrazio per la gentile partecipazione.
  Darei la parola al dottor Braghin, al quale chiederei, cortesemente, di limitarsi a quindici, massimo venti minuti, per dare modo poi ai commissari di fare domande e considerazioni, a voi stessi di fare una replica e a tutti noi di rispettare il programma e gli orari di questa mattina. Prego dottor Braghin, grazie ancora per essere con noi questa mattina.

  MASSIMO BRAGHIN, consigliere del Consiglio nazionale dell'Ordine dei consulenti del lavoro (intervento da remoto). Grazie presidente, grazie a tutti gli uditori. Signor presidente le chiedo, innanzitutto, se posso condividere la mia relazione, sempre nei termini che lei mi ha concesso di quindici/venti minuti, assieme al mio collega Sergio Giorgini, che è il coordinatore del Dipartimento economia e fiscalità, quindi io cercherò di rispettare i miei termini e poi se lei mi autorizza...

  PRESIDENTE. Certo, assolutamente.

  MASSIMO BRAGHIN, consigliere del Consiglio nazionale dell'Ordine dei consulenti del lavoro (intervento da remoto). Grazie presidente. A nome del Consiglio nazionale dell'Ordine dei consulenti del lavoro desidero, chiaramente, esprimere un ringraziamento e l'apprezzamento per avere avuto l'opportunità – opportunità unica Pag. 4questa – di fornire, quali professionisti in materia tributaria, le nostre proposte relative al progetto di riforma dell'IRPEF. Condividiamo pienamente tutto quello che è stato fatto e quindi l'impostazione metodologica del progetto, perché secondo noi è stato chiaramente pensato in un'ottica di sviluppo economico. E quindi è necessario dedicare ad una riforma di così ampio impatto tutto quello che è il tempo e la discussione di cui necessita.
  Le nostre proposte, sinteticamente, signor presidente, rimettono al centro del sistema la persona. Sia nella sua dimensione familiare, sia in quella lavorativa. Questo perché? Perché tutti gli strumenti di cui lo Stato dispone, compreso quello fiscale del quale stiamo parlando oggi, potranno concorrere sicuramente a uno sviluppo e a una rinascita sociale ed economica quando sarà finalmente finita questa pandemia, questo periodo di pandemia.
  Le nostre proposte si basano essenzialmente su due pilastri, il primo è la tutela e la valorizzazione della famiglia. Quando parliamo di famiglia ne parliamo in tutte le sue forme, e quindi viene introdotta in maniera molto forte un'attenzione a tutti quelli che sono i costi effettivi sostenuti in ambito familiare e la richiesta di trasformazione delle detrazioni di imposta in deduzioni dal reddito complessivo. Questo perché? In un'ottica, chiaramente, di sostegno ai nuclei più numerosi e di incentivo poi alla natalità.
  Il secondo pilastro, invece, riguarda il sostegno al lavoro in ogni sua forma e declinazione, e quindi, quando parliamo di lavoro dipendente, ci si propone chiaramente la riduzione del cuneo fiscale, e quindi legando questa riduzione del cuneo a un investimento, e quindi quale contropartita, un massiccio investimento formativo sui lavoratori, che punti a far loro acquisire tutte quelle competenze che sono necessarie per il mutato scenario economico.
  Agganciata a queste due proposte, ma non ultima, noi chiediamo di prevedere la piena deducibilità fiscale dei costi per il lavoro subordinato dei familiari. Questo perché? Perché dobbiamo in qualche modo – e questa potrebbe essere l'occasione ghiotta – aprire la strada a una piena rivalutazione di quello che è il lavoro familiare in un momento come questo, in cui il sostegno per le famiglie è l'impresa o lo studio professionale gestito dagli altri membri della famiglia e quindi sia imprese e sia studi professionali costituiscono poi quell'ammortizzatore sociale naturale, che, è importante, potrebbe rappresentare in questo periodo l'unica occasione di impiego, in previsione della perdita di numerosi posti di lavoro, che ci sarà o che potrebbero esserci.
  Per quanto riguarda lavoro autonomo e imprese abbiamo proposto alcune misure, tra cui la previsione di maggiore deducibilità fiscale di alcuni costi sostenuti per l'attività di impresa e di lavoro autonomo e una rivisitazione del regime forfettario, per il quale, secondo noi, ci sono alcuni buchi e alcune cose che devono essere chiaramente sistemate.
  Presidente, passo subito a una visione generale degli obiettivi della riforma: noi abbiamo segnalato due questioni di carattere generale, abbiamo detto quella primaria: il sostegno alla famiglia. E l'altra, che riguarda la riduzione del carico fiscale sui fattori produttivi, questo al fine poi di incentivare tutti gli investimenti e l'offerta di lavoro. Quindi crescita e ripresa economica post pandemica. Chiaramente sarà prioritaria la riduzione del cuneo fiscale sul lavoro, come ho detto prima, e a fronte di questo risparmio di costi ci dovrà necessariamente essere, come contropartita, la riqualificazione e la formazione dei lavoratori. Tant'è che occorrerà investire con priorità quasi assoluta, diciamo, sul capitale umano, intervenendo su tutto quello che riguarda l'accrescimento delle sue competenze. È noto ormai che c'è un fenomeno di mancata corrispondenza tra competenze specialistiche richieste dalle imprese e quelle possedute dai lavoratori. Abbiamo centralizzato alcuni focus, quali, ad esempio, l'accrescimento e l'acquisizione delle competenze digitali, sia per giovani, ma anche per meno giovani, che si devono rimettere in discussione e magari cambiare il lavoro che hanno fatto per tanti anni e quindi l'acquisizionePag. 5 di queste competenze necessita chiaramente di un ampio sostegno da parte della politica e della leva fiscale.
  Sicuramente un altro focus è sulle competenze linguistiche, per risollevare il settore del turismo, che è un po' il fiore all'occhiello dell'Italia, nonché tutto quello che riguarda il settore commerciale, non da ultimo – come dicevo prima – tutti quei percorsi formativi che devono essere di qualità, certificati e verificati, per dare quel plusvalore al capitale umano. Quindi la possibilità che ci sia sempre una formazione continua in tutta la vita lavorativa del lavoratore, da quando inizia, da quando è giovane, finché non va in pensione, quindi deve essere una formazione continua. Su questo poi, nella seconda parte, relazionerà il mio collega Sergio Giorgini per andare più nel dettaglio.
  Per quanto riguarda le proposte di semplificazione: noi abbiamo evidenziato due maxi criticità. La prima, chiaramente, è quella del complesso del quadro normativo, ma qui abbiamo scoperto il vaso di Pandora, alla fine. E la seconda: della mancanza di trasparenza dell'IRPEF e l'erosione della base imponibile.
  Per quanto riguarda la prima, quindi la complessità del quadro normativo, il diritto tributario italiano è stato più volte definito polisistematico, in varie ordinanze e sentenze della Corte costituzionale. E questa polisistematicità genera sempre difficili problemi di interpretazione per individuare qual è la disciplina che regola una determinata materia, oppure per verificare che la disposizione vigente individuata sia quella giusta, oppure non sia abrogata e sostituita insomma.
  Noi abbiamo una disciplina delle imposte sui redditi contenuta nel Testo unico delle imposte sui redditi – TUIR, il decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, ma tutte le altre norme complementari, quindi quelle sia legislative sia regolamentari, devono essere reperite in altri testi. Faccio l'esempio delle norme di attuazione sugli ammortamenti, sugli enti commerciali, sulle ONLUS, sui minimi, sui forfettari eccetera, poi abbiamo avuto una serie di regolamenti che riguardano l'autotutela, gli interpelli, il redditometro, le black list, eccetera e tutta una serie di provvedimenti dell'Agenzia delle entrate e questo chiaramente crea molta confusione. Poi abbiamo anche un settore di iperlegificazione, in quanto il legislatore è spesso animato – come abbiamo scritto nella nostra relazione – da esigenze di gettito e di adeguamento ai rapidi cambiamenti economici.
  Altro aspetto riguarda la precarietà della nostra legislazione tributaria, dovuta anche al largo ricorso ai decreti-legge. Poi questi decreti-legge possono anche non essere convertiti o essere convertiti con molte modifiche, creando non pochi problemi a tutti gli operatori. C'è anche un problema di tecnica legislativa: norme di nuova introduzione si innestano necessariamente in testi normativi preesistenti, con aggiunte, sostituzioni, espunzioni eccetera, e quindi è sempre difficile abbinare il testo originale a quello che è il nuovo provvedimento.
  Cosa proponiamo su questo? Proponiamo delle semplificazioni, che riguardino la razionalizzazione di tutto quello che ho detto prima, quindi semplificazione di un quadro organizzativo in un'ottica chiaramente di certezza del diritto, in quanto quando si percepisce un sistema tributario che è chiaro, questo ha effetti anche sui fenomeni evasivi dell'imposta ed erosivi della base imponibile.
  Poi una raccolta legislativa tributaria, non solo quella in materia di imposta sui redditi, un unico testo normativo, ossia un codice, oppure un testo unico omnicomprensivo di tutta la materia. Ad esempio: noi abbiamo delle disposizioni che riguardano le dichiarazioni dei redditi che non sono contenute nel TUIR, ma in vari provvedimenti, ad esempio il decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, il decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1988, oppure in materia di riscossione il decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973. Chiediamo anche che si faccia maggiore attenzione a quanto disposto dall'articolo 2 dello Statuto del contribuente, per quanto riguarda i principi di chiarezza e di trasparenza.Pag. 6
  Ho citato prima la mancanza di trasparenza dell'IRPEF, in quanto le aliquote nominali indicate nel TUIR in riferimento ai vari scaglioni di reddito differiscono di molto rispetto alle aliquote marginali effettivamente pagate. Inoltre c'è un'erosione della base imponibile dovuta a tutte quelle che sono le detrazioni e le deduzioni, spese fiscali in genere, bonus, esenzioni, crediti di imposta eccetera, che non danno trasparenza e quindi il contribuente non è in grado di conoscere ex ante il peso effettivo del prelievo sul proprio reddito.
  Per quanto riguarda, poi, tutto l'aspetto di quello che abbiamo citato all'inizio, quindi il dettaglio sull'IRPEF famiglia, IRPEF e redditi da lavoro dipendente e assimilato, IRPEF e redditi di impresa e lavoro autonomo, io cederei la parola, anzi cedo la parola a lei signor presidente, mi scusi, per poter darla poi al mio collega Sergio Giorgini.

  PRESIDENTE. Assolutamente. Prego dottor Giorgini.

  SERGIO GIORGINI, coordinatore del Dipartimento economia e fiscalità del Consiglio nazionale dell'Ordine dei consulenti del lavoro (intervento da remoto). Grazie presidente per la parola, e buongiorno a lei e a tutti gli onorevoli deputati e senatori. L'introduzione è stata fatta dal mio collega, io andrò per le vie brevi soffermandomi sulla questione famiglia, sull'imposizione sul reddito del lavoro dipendente e assimilati. Qualche breve cenno sul reddito di impresa e, se ho tempo, poi magari una formulazione sull'allargamento della base imponibile.
  Per quanto riguarda la famiglia, che noi consideriamo fulcro principale della nostra società in senso lato, nel nostro ordinamento attualmente noi abbiamo tante definizioni di famiglia: abbiamo quella classica, la famiglia civile, oppure un'unione di fatto, però abbiamo anche una definizione di famiglia sul lato dell'impresa familiare, un'altra definizione ancora sulla piccola proprietà contadina, ne abbiamo un'altra sull'abitazione principale, sui carichi familiari tramite il modello ISEE e poi abbiamo anche un'altra definizione ancora di famiglia sulla determinazione del reddito in modo sintetico.
  Noi come consulenti del lavoro, con il contributo che abbiamo depositato agli atti – del quale magari, se ritenete, potete fare uso – abbiamo in modo specifico analizzato e proposto, come già avviene anche in alcuni Paesi del Nord Europa, una definizione di famiglia fiscale, un'unica, fondata, come stabilito anche da una sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea molto recente, la n. 460 del 2019, sul principio della residenza.
  Riteniamo che una, due o più persone, che risiedano stabilmente, in modo registrato, nello stesso posto, possano, da un punto di vista fiscale, essere considerate una famiglia e in quanto tale si presume che condividano le stesse spese e comunque alcuni interessi in comune, salvo i casi di affitto esterno o locazione specifica per studenti o altre locazioni momentanee.
  Per noi la definizione di famiglia, da un punto di vista fiscale, unica, in base al concetto di residenza, non solo supererebbe tutte queste altre definizioni e questa frammentazione, ma darebbe un senso di capacità di guardare oltre il 2021, perché, come sappiamo, l'impianto dell'IRPEF attuale è quello di un'imposta che è nata e pensata mezzo secolo fa, che è stata più volte aggiornata, ma l'impianto è rimasto lo stesso e non è pensabile andare a guardare verso il 2030, il 2040, con una logica fiscale di 50 anni fa. Alcune cose sono sacrosante, però il tempo nel settore tributario è veramente mutevole e quindi dobbiamo portare avanti questo concetto.
  Altra proposta, sempre all'interno della famiglia, è quella della tutela della maternità. Noi invitiamo il legislatore a pensare veramente in modo forte, senza tentennamenti, alla famiglia e a non mettere più in qualche modo le donne in condizioni di dover scegliere tra il lavoro e i figli dal punto di vista fiscale – questa è la materia dell'audizione di oggi, ma la leva fiscale, non avendo più quella monetaria, è fondamentale. Il tasso di occupazione delle donne del nostro Paese, come sappiamo, è almeno il 20 per cento in meno rispetto agli altri Pag. 7Paesi. Abbiamo visto che dei 464.000 licenziamenti che sono avvenuti nel 2020, il 70 per cento erano donne giovani, perché sono tutte quelle donne che devono scegliere obbligatoriamente tra accudire i figli, tra la famiglia e il lavoro. E molte volte il costo di un'eventuale assistente familiare è molto più alto dello stipendio che prende la donna. Su questo aspetto il legislatore dovrebbe tutelare la maternità e, contemporaneamente, anche il nucleo familiare numeroso.
  Noi oggi viviamo in un contesto in cui la legislazione prevede – l'articolo 53 della Costituzione, ma poi la Corte costituzionale ha più volte confermato – che l'imposta sia personale. Però se in una famiglia, dove ci sono quattro persone, c'è un monoreddito non è la stessa cosa di una famiglia dove ci sono due redditi o due o più redditi. E quindi anche qui si potrebbero stabilire degli indicatori, dei coefficienti specifici. Per esempio per la no tax area, che adesso è di circa 8.000 euro, nel caso di più persone, specialmente per il coniuge che vive nella stessa famiglia, ci dovrebbe essere un indicatore di no tax area, cioè in pratica ampliare la no tax area in relazione all'effettiva esigenza della sopravvivenza familiare. Su questo la Corte costituzionale è intervenuta più volte, anche con sentenze molto datate, degli anni Sessanta, Settanta, ma anche recenti, dicendo che non può costituire base imponibile per il periodo fiscale ciò che serve per la sopravvivenza personale di sé stessi o della propria famiglia. Capisco le esigenze del legislatore, però su questo penso che sia utile fare uno sforzo di andare oltre.
  Altra proposta per la famiglia: bisogna fare un intervento sulle detrazioni. Noi abbiamo le detrazioni di imposta, quando andiamo a pagare anche una semplice visita medica del 19 per cento, però l'aliquota del primo scaglione di reddito è del 23 per cento. Quindi bisogna trovare un sistema per sostenere la famiglia anche per le spese effettive, con dei plafond determinati, non si pretende una spesa sine die senza nessun controllo, le spese effettive per la crescita dei figli. Noi abbiamo un problema in Italia, siamo il Paese dell'area euro con il numero più basso di laureati under 35, abbiamo il 27 per cento dei laureati under 35 contro il 42 per cento della media dell'area euro. Bene, io penso che sostenere i ragazzi con un plafond, e anche con le spese effettive per le locazioni, per le tasse universitarie, fino ad arrivare alla laurea, penso che sia un investimento, non un costo per il Paese, ma sia assolutamente un investimento perché investiamo sul futuro e quindi ritornerà indietro tanto di positivo, anche ai fini fiscali. Abbiamo anche l'articolo 31 della Costituzione che ci impone di sostenere la famiglia in tutte le sue fattispecie.
  Riepilogo: se riusciamo a definire la famiglia da un punto di vista fiscale, riassumendo tutte le varie tipologie attuali, con i correttivi, soprattutto sui soggetti deboli – le donne e i minori – penso che si potrebbe fare un salto di effettiva civiltà anche giuridica nei confronti del nostro Paese.
  Il secondo pilastro, altrettanto importante, riguarda il lavoro. Noi non dimentichiamo che, al di là della purtroppo gravissima situazione di crisi pandemica e sanitaria, viviamo anche una grandissima crisi economica, che segue due grandi crisi, quella economica e quella finanziaria che già erano avvenute nel 2008 e nel 2012.
  Noi abbiamo un parterre di lavoratori con diverse problematiche, al di là degli squilibri territoriali tra Nord, Centro e Sud, quella poca occupazione che riusciamo a fare è quella a bassa qualifica e praticamente a bassa retribuzione. Abbiamo un'alta disoccupazione giovanile, una bassa occupazione femminile, l'ho già detto, il 20 per cento in meno della media europea, e abbiamo ancora – purtroppo sono problemi immensi – un'inadeguatezza del sistema scolastico: abbiamo un gap enorme da colmare tra la conoscenza che i giovani acquisiscono dal sistema scolastico e dall'università e le competenze in realtà richieste dalle aziende.
  Su questo penso che dobbiamo lavorare su una riduzione del cuneo fiscale, abbiamo un'imposizione sul reddito da lavoro dipendente, compresi i contributi, di 4 punti percentuale più alta della media area Euro. La stessa tassazione quando è eccessiva, si dice, violerebbe anche il principio costituzionalePag. 8 dell'articolo 36, secondo il quale la retribuzione deve assicurare un'esistenza libera e dignitosa. Quando il lavoro è inciso eccessivamente dall'imposta, ovviamente poi drena sull'utile, sul reddito, sullo stipendio netto che rimane.
  Io penso che di questa grande riduzione che dobbiamo fare di almeno il 4 per cento, che noi proponiamo per riportarci in media area Euro, il 50 per cento dovrebbe essere corrisposto in contanti in tasca ai dipendenti, perché questi li spenderebbero, farebbero ripartire l'economia, ma a una condizione: che i dipendenti stessi si prestino, in maniera seria, anche qui senza tentennamenti a fare percorsi formativi, perché la necessità di crescere a livello formativo per tutto il sistema Paese è ormai ineludibile.
  L'altro 50 per cento dovrebbe essere concesso alle imprese come forma di credito di imposta, anche qui a una condizione: che si attivino in maniera seria, da un punto di vista certificato e verificabile con verifiche oggettive, le formazioni per gli stessi dipendenti. Avremmo così un grande vantaggio: avremmo persone, lavoratori più qualificati, imprese che a loro volta si dovranno attivare per diventare più brave, per essere qualificate anche loro. E quindi avremmo una cultura del lavoro del Paese più importante, perché un'altra delle problematiche che scontiamo come Paese Italia, è che il rapporto tra costo dell'ora-lavoro e produttività del lavoro, purtroppo, è il più basso d'Europa, brutto primato che condividiamo con Malta.
  Significa un costo: basso reddito, molti costi e bassa produttività, e da qui nasce la necessità assoluta di iniziare un percorso di formazione aziendale dei lavoratori per poterli riqualificare e portarli in un contesto che ci aspetta. Nessun investimento può arrivare sull'intelligenza artificiale, su Industria 4.0 e sul futuro, se non abbiamo una forza lavoro formata.
  Altro aspetto, e chiudo sul punto lavoro, è quello, in questo momento così difficile, di valutare, rivalutare il costo del lavoro all'interno della famiglia e delle attività professionali. Noi abbiamo nel nostro ordinamento una norma del 1975, nata nel diritto di famiglia, ancorché non troppo usata, riguarda la cosiddetta impresa familiare dove viene concesso di suddividere in base al lavoro prestato il reddito prodotto dall'azienda familiare. Invece non è concesso all'interno dell'impresa, ancorché piccola, familiare, o dell'attività di lavoro autonomo, di potere dedurre come costo del lavoro quello prestato tra familiari. Poteva essere anche in qualche modo giustificato in altri tempi, ma in un momento dove la perdita di lavoro è tanta e il lavoro all'interno della piccola impresa familiare, o del piccolo professionista, potrebbe essere l'unica soluzione per potere recuperare i lavoratori, io penso che il legislatore dovrebbe fare uno sforzo in questo senso per incentivare e non perdere delle unità produttive. Questo per quanto riguarda il lavoro.
  Dell'IRPEF sui redditi di lavoro dipendente e autonomo abbiamo già detto, noi dobbiamo pensare anche al reddito di impresa e al reddito del lavoro autonomo. Su questo punto il legislatore, con la leva fiscale, dovrebbe incentivare le aggregazioni di piccole realtà economiche o professionali. È una condicio sine qua non ormai, perché essendo troppo piccoli non si riesce a stare sul mercato, e non si riesce a competere né con le strutture più grandi, né men che meno con quelle estere. Ci vorrebbe un'incentivazione in modo tale che alcune attività siano agevolate se sono svolte in forma associata.
  Per converso, ancorché io apprezzi molto la norma sul forfettario e la condivida, ritengo che quella norma agevoli la disgregazione in realtà. Ad esempio: se ci sono tre professionisti che fatturano 180.000 euro in una piccola società di persone, non potendo la società di persone accedere al regime forfettario con tre professionisti, che sarebbe una cosa utilissima, è molto facile che quei tre professionisti diventino tre aziende individuali da 60.000 euro ciascuna, per poter rientrare in quel regime, perdendo quel valore aggiunto che si determina nello stare insieme, nel condividere non solo i costi, ma anche i progetti e le sinergie.Pag. 9
  Vado velocissimo. Per quanto riguarda la tassazione per cassa, abbiamo già risposto ad un'altra richiesta fatta dalla Commissione Finanze della Camera su cosa ne pensavamo: noi pensiamo che, fermo restando quella già vigente, il sistema di abolizione dei saldi e degli acconti e l'introduzione di 12 rate sia assolutamente sconveniente per un motivo molto semplice, perché i piccoli imprenditori e i professionisti non sempre riescono a garantire tutti i mesi la provvista, perché i clienti non pagano. Non abbiamo una provvista stabile come il lavoro dipendente.
  Avere delle scadenze fisse vuol dire programmare quelle scadenze, averle mensilmente è quasi impossibile. Anche qui sull'abolire la ritenuta d'acconto assolutamente non siamo contrari, perché il professionista è inciso dalla ritenuta d'acconto nel momento in cui riscuote. Pagare imposte comunque fisse, con la possibilità di recuperarle nell'anno successivo – ma non si sa bene se nell'anno successivo ci sarà reddito – e non invece al momento in cui sto incassando quei compensi, potrebbe far chiudere tante, tante migliaia di professionisti.
  Per quanto riguarda l'allargamento della base imponibile: io penso alla chiusura di tante attività commerciali, perché l'e-commerce è una cosa bellissima, che quasi tutti noi ormai usiamo, però farà chiudere migliaia e migliaia di negozi, farà chiudere. E quel valore aggiunto che noi perdiamo dovrà in qualche modo essere trasferito su una valutazione di una web tax generale ormai non più rinviabile, oppure un taglio delle spese fiscali e comunque con una semplificazione, finanche quella di ripensare, ancorché magari non andrà di moda, a una seria spending review per il taglio degli sprechi, però solo degli sprechi, perché se tagliamo gli investimenti poi gli effetti, stiamo alle volte vedendo, non sono certamente positivi.
  Io ringrazio lei presidente e tutti i deputati e senatori per la pazienza e l'ascolto che mi avete dato e sono disponibile comunque ad eventuali vostre osservazioni o domande.

  PRESIDENTE. Grazie sia al dottor Braghin, che al dottor Giorgini. E ora come al solito apro il dibattito tra i colleghi, ai quali ricordo ovviamente di limitarsi anche loro, anche noi, se possibile, in pochi minuti, per consentire poi la replica ai nostri auditi.

  ANDREA DE BERTOLDI(intervento da remoto). Naturalmente un saluto e un ringraziamento ai consulenti del lavoro, ai miei cugini, visto che sono un commercialista – cugini di professione – e un saluto che mi permetto di rivolgere a Marina Calderone per l'impegno che mette nella sua attività e della quale tutti noi vi siamo grati.
  Entrando nel merito, molto in sintesi, ho apprezzato molto, come mi accade spesso peraltro, il vostro contributo ed in particolare oltre che condividere i passaggi, e quindi le mie domande sono per forza abbastanza...

  PRESIDENTE. Senatore non la sentiamo più.

  ANDREA DE BERTOLDI(intervento da remoto). Facciamo una cosa: io adesso modifico un'impostazione e provo a intervenire dopo.

  PRESIDENTE. Perfetto. Va bene. Intanto passiamo al senatore Fenu.

  EMILIANO FENU(intervento da remoto). Io ho giusto una domanda su quello che è stato detto su un aspetto: si parla di rendere deducibili i compensi che il lavoratore autonomo eroga a favore dei familiari che prestano il lavoro per l'impresa familiare dell'imprenditore. Volevo chiedere questo: va bene la proposta di rendere deducibili questi compensi, però sapete bene che siccome i compensi erogati ai familiari non sono deducibili, allo stesso tempo, simmetricamente, il percipiente non li assoggetta a IRPEF e quindi non concorrono a formare il reddito complessivo del percipiente. Ma facendo diventare deducibili questi compensi, secondo voi si può mantenere una situazione di asimmetria? E quindi continuare a non fare concorrere il reddito Pag. 10percepito nel reddito complessivo del percipiente, oppure il reddito percepito dal familiare, a questo punto, deve diventare imponibile?

  ANDREA DE BERTOLDI(intervento da remoto). Mi sentite adesso, mi sentite presidente?

  PRESIDENTE. La sentiamo e se posso le suggerisco di andare direttamente alla domanda, qualora purtroppo il problema si ripresentasse, così almeno la acquisiamo, grazie.

  ANDREA DE BERTOLDI(intervento da remoto). Certo, vado in sintesi diretta. Allora, come dicevo, assolutamente d'accordo sul tema familiare, che per noi di Fratelli d'Italia è davvero importante, e nello specifico come pensa che potremo intervenire con la leva fiscale sul tema della natalità? Un tema che riteniamo importante, fondamentale per le prospettive del nostro Paese, anche da un punto di vista, anche e soprattutto da un punto di vista economico.
  Per quanto riguarda il ragionamento sul regime forfettario, che avevamo fatto presente già all'epoca del primo Governo Conte, l'aspetto legato al fatto che il sistema forfettario non è la flat tax, perché il sistema forfettario ha il difetto d'origine di incentivare la separazione invece delle aggregazioni delle realtà imprenditoriali. E quindi su questo le chiedo se la strada dell'utilizzo della leva fiscale in un'ottica generalista, invece che settoriale, possa avere un merito in più.
  Per concludere, un tema anche che ci è molto caro – che noi rileviamo fino dall'inizio della legislatura e che abbiamo provato a inserire in tutte le leggi di bilancio e in tutti i decreti fiscali, mai è stato accolto, ma perseveriamo, e adesso abbiamo visto che anche alcuni esponenti del centro-destra nell'attuale maggioranza stanno convergendo su questo, e quindi ne siamo felici – è il tema della ritenuta d'accordo per noi professionisti, un'ingiusta e indebita funzione creditizia che i professionisti svolgono verso il sistema dello Stato e che andrebbe risolta, soprattutto in un momento così difficile come questo.
  Nello specifico lei ritiene preferibile, nell'ottica complessiva, un'eliminazione della ritenuta d'acconto, ovvero – come forse sarebbe anche più accettabile e da noi proposto – una riduzione al 10 per cento della ritenuta d'acconto, che contempererebbe quella che è una funzione di cassa dello Stato con – diciamo – un equilibrio nella gestione finanziaria di noi professionisti? Grazie e concludo vista la difficoltà del rapporto audio.

  ROBERTA TOFFANIN(intervento da remoto). Grazie ai relatori. Una semplice questione: cosa ne pensate dell'assegno universale unico? Provvedimento che è in esame al Senato, già votato dalla Camera dei deputati, che riassume tutte le detrazioni e anche i vari assegni e i vari bonus che sono ora presenti. Ecco, se la vedete come una semplificazione o se va ad escludere dei destinatari e come viene recepito dai lavoratori, sia dipendenti sia autonomi.

  PRESIDENTE. Se non c'è nessun altro io cedo la parola intanto al dottor Braghin e poi mi dirà lei, dottor Braghin, se vuole che il dottor Giorgini intervenga nelle vostre repliche.

  MASSIMO BRAGHIN, consigliere del Consiglio nazionale dell'Ordine dei consulenti del lavoro (intervento da remoto). Io mi sono fatto qualche annotazione sperando di avere capito bene le domande.
  Io partirei dalla domanda che ha fatto il senatore Fenu per quanto riguarda le imprese familiari. Ecco, il senatore Fenu ha detto una cosa corretta, infatti l'articolo 54, comma 6-bis, del TUIR, dice che non concorrono a formare il reddito complessivo dei percipienti i compensi erogati in seno a un rapporto di lavoro in ambito familiare. Abbiamo due articoli, quindi il citato articolo 54, comma 6-bis per il lavoro autonomo, e l'articolo 60 per quanto riguarda il reddito di impresa. Sì, è vero che c'è questa commistione e quindi io non posso dedurre come professionista, ma dall'altra parte non c'è un reddito imponibile da parte del Pag. 11percepiente. Però la nostra proposta va al di là, è chiaro che è una proposta fiscale per la detrazione, ma va al di là di quella che è la detrazione ed è l'occasione per un riconoscimento ufficiale al lavoro subordinato in ambito familiare di impresa e di lavoro autonomo.
  Perché purtroppo, come sapete, c'è una tendenza al disconoscimento di questi lavori soprattutto da parte dell'INPS, che non riconosce la subordinazione, in quanto dicono che i poteri datoriali non vengono esplicitati all'interno di questi rapporti di lavoro. Per poteri datoriali intendo chiaramente il potere direttivo, di controllo e disciplinare: il potere direttivo è quando dico che cosa fare, di controllo, quando controllo se è stato fatto bene, disciplinare quando posso sanzionare se il lavoro non è stato fatto o se è stato fatto in modo diverso. Quindi quando c'è l'esplicazione di questi poteri datoriali il rapporto di lavoro è genuino. Per noi, però, la nostra proposta è di riabilitare il lavoro dipendente dei familiari per dare dignità anche al familiare che lavora all'interno, che va oltre a quello che è l'impresa familiare prevista dall'articolo 230-bis del codice civile.
  E quindi la premessa l'ha fatta anche il mio collega Giorgini, nel 1975 in realtà c'erano altre previsioni. Ora, invece, c'è proprio una tendenza a ritornare nell'ambito familiare, perché, come si diceva prima, molte realtà chiudono, non c'è la possibilità di andare altrove, c'è la possibilità solo di rimanere nell'ambito familiare e rimanere in un ambito familiare chiaramente ti dà quel plusvalore anche all'interno della familiarità e soprattutto si dà dignità al familiare che lavora. E quindi quella preclusione che è rivolta al disconoscimento del rapporto verso il coniuge, a esempio, o verso l'ascendente o il discendente, i figli conviventi o i genitori conviventi etc., deve sparire. Perché alla fine la nostra proposta è in un ambito di famiglia, abbiamo detto sotto qualsiasi forma, e di aggregazione familiare e quindi tutti devono avere pari dignità. E pari dignità significa non solo in ambito fiscale, che è il tema che stiamo affrontando oggi, ma anche in ambito previdenziale e pensionistico. Quindi pari dignità con tutti gli altri lavoratori.
  È chiaro che la deducibilità dalla parte del costo e l'imponibilità, dall'altra parte, del compenso, della retribuzione percepita, ha una funzione quindi di reddito familiare, sul quale approdano sistematicamente e si calano veramente bene tutte le proposte che abbiamo fatto prima con il gioco delle deduzioni e detrazioni o la trasformazione delle detrazioni in deduzioni.
  Prendo spunto da quello che aveva detto nella parte finale il senatore De Bertoldi per quanto riguarda il regime forfettario: certo non è, non sembra una flat tax come si intende, come si potrebbe intendere, però tutto sommato lo è: il 5 o 15 per cento ricalca una flat tax e ricalca delle flat tax che anche a livello europeo sono molto applicabili. Noi abbiamo evidenziato solo dei punti di criticità per quanto riguarda il sistema forfettario, non è che non vada bene. Va bene entro determinati limiti, non per chi fa il 'giochino' di fatturare entro i 65.000 euro, entrare nel sistema, ma poi l'anno successivo fatturare anche 300.000 euro, con il pagamento dell'imposta sostitutiva al 15 per cento su 300.000 euro ed uscire l'anno dopo. E quindi noi abbiamo messo dei paletti, che sono anche dei paletti etici, per evitare anche dumping o scorrettezze.
  Quindi nel momento in cui si supera un determinato limite, noi abbiamo messo un paletto di 100.000 euro, e quindi se si superano i 65.000 euro – questo va bene, si esce l'anno dopo – ma se si superano i 100.000 euro si esce immediatamente, si rientra in un regime ordinario con una tassazione ordinaria. Tutto questo per eliminare quegli scompensi e quei giochi elusivi per evitare il pagamento delle imposte in modo ordinario.
  Sugli altri temi lascerei la parola, se mi permette presidente, al collega Giorgini.

  PRESIDENTE. Prego.

  SERGIO GIORGINI, coordinatore del Dipartimento economia e fiscalità del Consiglio nazionale dell'Ordine dei consulenti del Pag. 12lavoro (intervento da remoto). Grazie presidente. Rimane il tema della domanda anche del senatore De Bertoldi sulla denatalità: come pensiamo di affrontare questo tema? Al di là dei servizi sociali – per i quali mi verrebbe da dire che finché facciamo pagare gli asili 400 o 500 euro è molto difficile poi riuscire in qualche modo a mettere al mondo, a pensare di mettere al mondo, dei figli – ma al di là di questo, noi dobbiamo pensare che un sistema di incentivazione al mantenimento o comunque alla copertura dei costi dei figli non c'è, adesso abbiamo dei sistemi molto desueti, abbiamo 800 euro all'anno per un figlio, cioè abbiamo delle deduzioni che non sono pensabili per potere mantenere un figlio. Noi dobbiamo avere il coraggio, a mio avviso, di pensare a un sistema di copertura, tramite deduzioni o detrazioni dei costi, che effettivamente non pesi più di tanto sulla famiglia o diciamo almeno in parte. Dobbiamo riuscire a far dedurre le spese sociali. Un figlio quanto costa all'anno? Qualche migliaio di euro, almeno il 50 per cento dobbiamo cercare di farlo dedurre.
  Oggi come oggi, se non riusciamo a intervenire con una leva fiscale, con un sostegno al reddito della famiglia in senso lato, noi vedremo sempre meno famiglie e non dimentichiamoci che nel 2020 sono nati 120.000 bambini meno del 2008, nel 2020 sono nati 19.000 bambini meno del 2019 e se andiamo a 20.000 all'anno onestamente diventa un problema di altro tipo.
  E quindi il legislatore dovrebbe venire incontro alle esigenze vere, con delle deduzioni, delle specifiche, comprovate da spese effettive, perché la famiglia non è un costo, la famiglia è una risorsa – in senso lato come ho detto prima – è una risorsa per la comunità, per tutti noi, per la società e ovviamente su questo bisogna ripensarla a fondo. Noi abbiamo formulato alcune proposte, ma sicuramente si potrebbero approfondire.
  L'altro aspetto è la ritenuta d'acconto del 10 per cento. Sì, anche questo potrebbe essere molto utile in un momento di grave crisi, soprattutto per i professionisti, perché i professionisti hanno il problema, come tutti, come i piccoli imprenditori, non solo di lavorare poco in questo momento, ma anche di avere delle grandi difficoltà a potere riscuotere il loro credito e con un'incisione subito del 20 per cento, che non è poco, molte volte, se alla fine dell'anno non c'è reddito, quella ritenuta d'acconto è eccessiva e si andrebbe a credito.
  Io rimango dell'idea, i consulenti del lavoro rimangono dell'idea, che comunque il sistema della ritenuta d'acconto sia utile, sia un mezzo anche per poter equilibrare e anticipare delle imposte perché al momento in cui si riscuote il denaro è disponibile, poi altrimenti a fine anno molti avrebbero delle difficoltà ad adempiere alla propria obbligazione tributaria. Quindi ridurla sì, l'impianto però mantenerlo.
  Per quanto riguarda la domanda della senatrice Toffanin: che cosa ne pensiamo dell'assegno unico universale? Beh, ne pensiamo molto bene. È uno strumento che è atteso, gradito, che mette insieme, finalmente, tante piccole detrazioni, dal sostenimento al reddito, anche il cosiddetto ex bonus Renzi, tante altre cose e che comunque quantifica una somma, che è quindi unica e utile per le famiglie. Però non è sufficiente, non è assolutamente sufficiente. Perché questo qui è un modo diverso perché ha messo insieme delle altre agevolazioni; utile, ho detto, assolutamente gradito, ne pensiamo molto bene. Però ovviamente dobbiamo fare uno sforzo molto diverso, perché rimangono fuori tutte le spese, dicevamo prima, per contrastare la denatalità e per la tutela del lavoro delle donne. Penso che la questione delle donne non possa essere più procrastinata, un Paese civile non può avere le donne con un tasso di occupazione del 20/25 per cento in meno rispetto alla media europea. Una donna in Italia non può dover scegliere tra mettere al mondo un figlio e lavorare, è una questione di civiltà giuridica del Paese.

  PRESIDENTE. Grazie sia al dottor Giorgini, sia al dottor Braghin dell'Ordine dei consulenti del lavoro per la loro partecipazione di questa mattina. Come dico a tutti gli auditi, noi chiediamo di rimanere a disposizione per eventuali domande o richieste di approfondimento che vi faremo Pag. 13pervenire per iscritto se i commissari lo dovessero ritenere utile e poi socializzeremo tra tutti le vostre risposte in modo da arricchire il contributo già molto puntuale e preciso che ci avete dato questa mattina. Quindi io vi ringrazio per la partecipazione e vi do appuntamento a una prossima occasione.
  Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dai rappresentanti del Consiglio nazionale dell'Ordine dei consulenti del lavoro (vedi allegato 1) e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta, sospesa alle 10.50, riprende alle 11.

Audizione in videoconferenza di rappresentanti dell'Associazione fra le società italiane per azioni – Assonime.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla riforma dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e altri aspetti del sistema tributario, l'audizione di rappresentanti dell'Associazione fra le società italiane per azioni – Assonime.
  Ricordo che l'audizione si svolgerà in videoconferenza dinnanzi alle Commissioni riunite VI (Finanze) della Camera dei deputati e 6a (Finanze e Tesoro) del Senato della Repubblica, con la partecipazione da remoto dei deputati, dei senatori e degli auditi, conformemente alle disposizioni dettate dalla Giunta per il Regolamento della Camera dei deputati nelle riunioni del 31 marzo e del 4 novembre 2020 e dalla Giunta per il Regolamento del Senato della Repubblica nelle riunioni del 9 giugno e del 10 novembre 2020.
  Rivolgo quindi un saluto, anche a nome del presidente della 6a Commissione Finanze e Tesoro del Senato, Luciano D'Alfonso, al professor Innocenzo Cipolletta, presidente dell'Associazione fra le società italiane per azioni – Assonime, e al dottor Stefano Micossi, direttore generale dell'Associazione fra le società italiane per azioni – Assonime, ai quali do il benvenuto formale delle nostre Commissioni e che ringrazio sentitamente per essere qui con noi questa mattina in questa indagine conoscitiva che, come sapete, da due mesi e mezzo stiamo conducendo, guardando con attenzione a tutti gli aspetti del sistema tributario in previsione di un auspicato intervento legislativo in merito, che è stato anche ricordato recentemente nelle linee programmatiche del nuovo Governo.
  Darei quindi la parola al professor Cipolletta, al quale chiederei, cortesemente, di limitare il proprio intervento ad una ventina di minuti al massimo, al fine poi di permettere un adeguato dibattito e la vostra replica. Prego professore, grazie ancora a lei e al dottore Micossi per essere con noi questa mattina.

  INNOCENZO CIPOLLETTA, presidente dell'Associazione fra le società italiane per azioni – Assonime (intervento da remoto). Grazie alle Commissioni, grazie a voi presidenti di aver chiesto il nostro parere sulla riforma fiscale. Farò alcune considerazioni e darò successivamente la parola a Stefano Micossi per alcune altre considerazioni, il tutto nell'ambito dei venti minuti che ci sono stati assegnati.
  La riforma del sistema fiscale, che è da tempo attesa, credo che debba essere una riforma giusta ed efficace. Giusta nel senso che deve essere una riforma nella quale chi ha di più paga di più proporzionalmente – e quindi mantenga un sistema di carattere proporzionale – ma soprattutto efficace per fornire allo Stato risorse sufficienti per adempiere ai compiti dello Stato e fornire quei servizi pubblici che sono strumento essenziale per ridurre le diseguaglianze di un Paese e per rendere il Paese competitivo. Quindi questi sono i due obiettivi: giustizia, ma anche efficacia, cioè capacità di generare un gettito che sia sufficiente per assolvere ai compiti dello Stato.
  Andrò rapidamente sulle varie tipologie di imposta, cominciando, ovviamente, dall'IRPEF, che è quella che è alla base del nostro sistema fiscale. L'IRPEF era nata come una tassazione omnicomprensiva e oggi ha perso questo carattere e probabilmente è impossibile tornare indietro a considerare l'IRPEF un sistema omnicomprensivo.Pag. 14
  Oggi però la base imponibile e il gettito dell'IRPEF sono fortemente concentrati sul reddito da lavoro dipendente e pensione, per effetto della progressiva erosione legale della base imponibile, dovuta all'introduzione dei regimi di tassazione separata, cedolari, regimi forfettari, agevolazioni ed esenzioni che hanno minato l'equità orizzontale e verticale di questa imposta.
  Se vogliamo conseguire obiettivi di riduzione dell'imposizione su famiglie e imprese per favorire la crescita, questi non possono essere raggiunti senza una rimodulazione dei carichi impositivi, soprattutto spostando l'imposizione sui patrimoni e sui consumi. E quindi la riforma deve essere tale da spostare il gettito dalla produzione – se vogliamo lavoro e imprese – a rendite e consumi.
  Una parte importante di risorse necessarie per la riduzione dell'IRPEF deve venire, ovviamente, anche dalla lotta all'evasione, che continua a mancare, anche per resistenze a colpire aree diffuse di percettori di redditi modesti, come ad esempio la richiesta di rottamazione delle cartelle esattoriali ricorsa in questi giorni.
  Le criticità dell'IRPEF riguardano tre aspetti. La determinazione della base imponibile, la progressività delle aliquote e le cosiddette spese fiscali. La definizione della base imponibile è senza altro importante, è prioritaria perché incide sull'equità orizzontale dell'imposta. La base imponibile dell'IRPEF è costellata da un numero eccessivo di regimi che ne erodono la determinazione attraverso tassazioni separate, cedolari, forfettizzazioni, esenzioni, crediti di imposta e via dicendo.
  A nostro avviso, vanno sicuramente riconsiderati ed eliminati alcuni regimi di tassazione proporzionale e forfettaria, che derogano all'equità orizzontale dell'IRPEF, favorendo anche la propensione all'evasione, valga per tutti la cosiddetta flat tax sulle partite IVA fino a 65.000 euro di fatturato, che porta molti percettori di reddito a dichiarare fino a quella cifra e non oltre quella cifra.
  Tuttavia il ritorno all'imposta omnicomprensiva, come ho detto all'inizio, sembra difficilmente percorribile, meglio razionalizzare il sistema eliminando da un lato molti di questi regimi forfettari o a tassazione proporzionale, ma assecondando dall'altro la tendenza ormai consolidata dell'IRPEF a proporsi come un sistema duale, fondato cioè sulla tassazione progressiva dei redditi da lavoro, dipendente e autonomo, e da pensione, e sulla tassazione con un'imposta proporzionale dei redditi derivanti dall'impiego di capitale, intendendo in questo caso non solo quello finanziario, ma anche quello investito nell'azienda.
  Per quanto riguarda il secondo aspetto – la natura progressiva – riteniamo che debba essere mantenuta, però le principali critiche che possiamo portare si appuntano sull'andamento delle attuali aliquote previste per i 5 scaglioni di reddito, con un saldo di ben 11 punti percentuali tra lo scaglione del 27 per cento, che riguarda redditi tra i 15.000 e i 28.000 euro, e lo scaglione del 38 per cento, che riguarda i redditi tra 28.000 e 55.000 euro, nonché sull'andamento decrescente delle detrazioni per carichi di famiglia e spese di produzione per i redditi da lavoro dipendente, lavoro autonomo e di impresa. L'insieme di queste variabili dà luogo ad aliquote marginali effettive molto differenti da quelle legali, differenti anche fra categorie di contribuenti e che, con un andamento erratico, incidono in modo notevole sui redditi medio bassi. Il modo più adeguato per superare questi inconvenienti sarebbe quello di immaginare uno scaglione intermedio tra le due aliquote del 27 per cento e del 38 per cento, mantenendo costanti, anziché decrescenti, le detrazioni per tipologia di reddito.
  Per quanto riguarda il profilo attinente alle spese fiscali, si propone da tempo un drastico taglio delle cosiddette tax expenditures. Secondo il rapporto del Ministero dell'economia e delle finanze esse rappresentano quasi il 4 per cento del prodotto interno lordo, in questo ambito si trovano molti incentivi obsoleti e di scarsa efficacia che disperdono le risorse e producono effetti distorsivi sull'allocazione delle risorse produttive, anche se ovviamente ne esistono altre che invece sono importanti e che vanno mantenute.Pag. 15
  Poi vorrei fare una considerazione sui redditi immobiliari. Il problema di fondo, per quanto riguarda i redditi immobiliari, attiene alle rendite catastali. La revisione del catasto è sempre stata rinviata con la affermazione che ci vuole troppo tempo e non è mai cominciata e portata a termine. Invece bisogna puntare sulla revisione del catasto per cominciare ad avere una base imponibile per gli immobili, evitando le formule attuali che sono presuntive.
  Altri problemi attengono, sull'imposizione immobiliare, alla tassazione della prima casa, la quale non è soltanto esclusa dall'imposizione IRPEF, come avviene anche in altri Paesi, ma è esclusa dall'applicazione dell'IMU e non ci sono ragioni che sia esclusa dall'imposizione dell'IMU, tenendo presente che l'IMU è spesso considerata una tassa a carattere locale e quindi in qualche misura dovrebbe essere pagata da tutti coloro che si trovano a incidere su un territorio, su un ente locale.
  Redditi finanziari: crediamo che i redditi finanziari, delle attività finanziarie, debbano essere in qualche misura riportati alla tassazione prevista per il reddito di impresa, che è dell'ordine del 20 per cento, tutti i redditi che derivano da attività finanziarie, immobili e dividendi. Da questo punto di vista mantenere il trattamento di favore attualmente accordato ai titoli di Stato, che sono tassati al 12,5 per cento, aggrava la distorsione a danno degli investimenti nelle attività produttive e quindi la nostra proposta è di portare al 20 per cento la tassazione di tutte le rendite finanziarie, anche quelle dello Stato, anche quelle sui titoli dello Stato. Piuttosto per i redditi finanziari occorre ripensare anche alla distinzione tra i redditi di capitale e i redditi diversi di natura finanziaria. Sarebbe opportuno unificare questi regimi, consentendo l'utilizzo in compensazione delle perdite da realizzo anche sui redditi di capitale, per evitare che questo gap determini ingiustificate penalizzazioni o, al contrario, comportamenti elusivi.
  Imposizione patrimoniale, di cui si parla spesso. A nostro avviso è preferibile mantenerla sulle attività immobiliari, sui beni immobili, avendo a mente la forte capacità di movimento dei redditi finanziari, dei patrimoni finanziari, i quali dovrebbero però essere considerati da comunicare, in maniera tale che si possa evitare di avere delle situazioni di estremo favore per alcune persone.
  Per quanto riguarda l'imposizione patrimoniale e l'IMU, come abbiamo detto dovrebbe essere ricompresa la prima casa. Lasciatemi dire che tuttavia sarebbe opportuno immaginare una riforma dell'IMU, accorpando l'IMU alla TARI e rendendo questa tassa una tassa per i servizi degli enti locali, ovviamente comprendendo anche la prima casa, ma soprattutto che sia basata su chi ha la disponibilità dell'immobile, in maniera tale anche da ricondurre in capo agli elettori degli enti locali la capacità di contribuzione, accanto alla capacità di utilizzo dei servizi degli enti locali. Gli elettori sarebbero, così, capaci di premiare o punire i propri amministratori sulla base del rapporto costi/benefici che ottengono sul territorio, cosa che oggi non avviene, perché è lo Stato che centralizza le imposte e sono gli enti locali quelli che erogano i servizi.
  Infine, per stimolare il mercato immobiliare e favorire la circolazione degli immobili, sarebbe opportuno ridurre l'imposizione indiretta sulla compravendita degli immobili, che in Italia è particolarmente elevata.
  Un capitolo a parte riguarda l'IVA. L'IVA nel nostro Paese ha un gettito tra i più bassi, malgrado abbia un'aliquota normale tra le più alte esistenti in Europa e questo deriva dal fatto che abbiamo un numero eccessivo di beni e servizi che sono compresi in aliquote ridotte. Abbiamo, inoltre, quattro aliquote quando dovremmo avere soltanto tre aliquote.
  Il nostro giudizio è di eliminare l'aliquota ridotta del 4 per cento, portare l'aliquota intermedia dal 10 al 12 per cento e mantenere al 22 per cento l'aliquota normale, l'aliquota massima, e questo potrebbe non solo aumentare il gettito dell'IVA, che potrebbe compensare un'eventuale riduzione di quello dell'IRPEF, ma potrebbe anche ridurre l'elusione fiscale che si nasconde nella moltitudine delle Pag. 16aliquote dell'IVA. Inoltre per determinare i beni e servizi da assoggettare a ogni aliquota sarebbe opportuna, in un'ottica di semplificazione e di modernizzazione del sistema, effettuare una revisione dell'elenco vigente delle operazioni assoggettabili ad aliquota ridotta, che risale ormai agli anni Ottanta.
  Sul fronte della tassazione delle imprese: l'esigenza di affermare criteri di semplicità e di neutralità impone di intervenire con decisione in materia di deduzioni e di crediti di imposta, limitandoli a obiettivi chiari e normativamente predeterminati. Come Assonime ha da tempo proposto, si potrebbe prevedere, con l'esclusione delle imprese in fase di start up, un unico plafond in percentuale dei ricavi, in relazione al quale ciascuna impresa potrebbe scegliere quali spese dedurre tra quelle individuate dal legislatore.
  Occorre poi ripensare all'IRAP, un'imposta nata negli anni Novanta e che è andata molto modificandosi nel tempo, essendo del tutto snaturata. Questa imposta potrebbe essere sostituita o addirittura abrogata. La perdita di gettito derivante dalla sua abrogazione potrebbe essere recuperata attraverso l'introduzione di un'imposta, da applicare con una aliquota inferiore a quella attuale IRAP, ma su una base imponibile più ampia, rappresentata da tutti i redditi assoggettati a tassazione, compresi quelli oggi tassati con ritenuta di imposta o con imposta sostitutiva. Superare l'IRAP sarebbe – credo – un passaggio importante per il nostro Paese.
  Infine un paio di considerazioni. Per quanto riguarda le imprese è importante che ci sia una sorta di tregua normativa, le continue revisioni del sistema tributario rendono incerti i piani industriali delle imprese e rendono per loro difficile poter operare. Sarebbe opportuno che per un periodo di tempo ci fossero il minimo possibile di cambiamenti. Inoltre, il rapporto tra fisco e contribuente va semplificato in maniera significativa e l'amministrazione finanziaria non deve più operare come controparte del contribuente, ma deve essere dalla parte del contribuente per dargli quelle indicazioni che sono necessarie per pagare la giusta imposizione. In prospettiva sarebbe utile anche rivedere i modelli delle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche, puntando a una drastica semplificazione. Il formulario è ancora complesso e le persone sono costrette a rivolgersi a intermediari: la cosa è del tutto fuori da ogni logica.
  Infine, per quanto riguarda le sanzioni amministrative e penali, il sistema va ripensato per prevedere reazioni punitive proporzionate alla gravità dei comportamenti dei contribuenti e va orientato nel rispetto del principio del ne bis in idem, secondo le indicazioni della Corte della Giustizia.
  Per saldare in modo efficace il legame di fiducia tra contribuente e amministrazione finanziaria è infine indispensabile una riforma della giustizia tributaria. Per questo è necessario che, in linea con quanto avviene in altri ordinamenti europei, la giurisdizione tributaria sia affidata a giudici professionali a tempo pieno reclutati con concorso pubblico ed esami.
  Queste erano le mie considerazioni. Se consente do la parola per terminare a Stefano Micossi per alcune considerazioni sul sistema generale futuro.

  PRESIDENTE. Prego.

  STEFANO MICOSSI, direttore generale dell'Associazione fra le società italiane per azioni – Assonime (intervento da remoto). Buongiorno presidenti, buongiorno commissari. Solo qualche punto veloce guardando al futuro. Il primo punto che voglio sottolineare è che dal dibattito pubblico sembra esserci una presunzione larga che si debba aumentare la progressività, viste le dimensioni dei disavanzi e del debito che dovremo affrontare in futuro.
  Io voglio sottolineare che la progressività dell'IRPEF, come testimoniato da molti dei contributi portati davanti a queste Commissioni, è molto elevata. Per ricordare un numero, portato qui dal professor Pisauro dell'Ufficio parlamentare di bilancio, l'8 per cento dei contribuenti oggi, che corrisponde al 28 per cento del reddito imponibile, paga il 50 per cento dell'imposta e Pag. 17sono numeri abbastanza impressionanti. E l'idea che ci siano forti recuperi di gettito da compiere guardando alle fasce di reddito sopra i 100.000 euro è un mito, i frutti sono molto modesti e spesso conducono alla scomparsa delle basi imponibili.
  La seconda osservazione che voglio fare è che abbiamo bisogno di allargare la base imponibile naturalmente – siamo tutti d'accordo – ma abbiamo bisogno anche di renderla visibile. Da questo punto di vista noi siamo a favore del mantenimento di un regime duale, che separi i redditi finanziari e di capitale da una parte – diciamo con aliquota fissa, che secondo noi dovrebbe essere uguale per tutti e non manipolabile a ogni legge di bilancio – dall'imposizione sul reddito, moderatamente progressiva, forse con un numero minore di aliquote. Noi siamo in favore di questo sistema duale, ma tuttavia siamo anche favorevoli a indicare in dichiarazione tutti i redditi percepiti con tassazione separata. Perché c'è qui una grave anomalia, che se solo il 70 o il 60 per cento dei redditi personali viene indicato in dichiarazione e sono esclusi tutti quelli colpiti con tassazione separata, allora l'attribuzione delle esenzioni, di particolari benefici per la famiglia o per altre finalità meritevoli, diventa distorsiva. Può essere che persone che hanno una prevalenza di redditi patrimoniali e finanziari vengano, come dire, inserite nella lista dei bisognosi. Quindi la nostra proposta è di inserire in dichiarazione tutti i redditi tassati, colpiti, con tassazione separata.
  L'ultimo punto sull'aumento della base imponibile è che i numeri dell'evasione continuano a rimanere sproporzionati. Secondo le stime fatte dalla Commissione apposita, presieduta dal professor Giovannini, l'evasione dell'IRPEF da parte del lavoro autonomo e di impresa ammonta a 33 miliardi, nella media del 2016-2018, e quella dell'IVA è di 35 miliardi circa. Poi c'è l'evasione contributiva di 11 miliardi. È evidente che la tassazione degli autonomi e l'evasione dell'IVA sono la chiave per riportare la base imponibile più vicina ai redditi effettivi e questa battaglia non si sta facendo, nonostante gli annunci, perché politicamente sgradita, ma bisognerà pur trovare il coraggio per affrontare questo problema.
  Sul reddito di impresa anche qui solo due sottolineature, guardando avanti. La prima: dovremo ragionare sull'idea di eliminare tutti, per quanto possibile, tutti gli aggiustamenti contabili del cosiddetto doppio binario: ammortamenti, plusvalenze e minusvalenze e altre poste, che sono fonte continua di contenzioso tra l'amministrazione e le imprese, ma anche di riduzione delle basi imponibili. La quantità di accertamenti di contenzioso intorno all'uso di questi particolari strumenti è completamente sproporzionata rispetto al gettito che ne deriva. In realtà i numeri dell'evasione imputati alle imprese sono molto piccoli relativamente alle società di capitali e tutta questa fatica per farsi dare un altro po' di soldini da parte dell'Agenzia delle entrate non ha successo. Se si volesse affrontare il problema dell'evasione combinando le banche dati e utilizzando le informazioni che esistono si avrebbe risultati molto più forti.
  Il secondo punto, molto importante, è che globalizzazione, digitalizzazione e dematerializzazione dei processi produttivi hanno reso irreversibile la crisi del modello tradizionale di tassazione, basato su una nozione convenzionale di reddito di impresa, che non regge più. Il sistema deve evolvere in due direzioni. La prima: la progressiva transizione verso un concetto di base imponibile riferito ai flussi di cassa. Il tentativo, che ha ragioni storiche, di definire su base annuale i servizi del capitale, per poi tassarli come parte del reddito di impresa, con la digitalizzazione e la dematerializzazione dei processi produttivi sta diventando semplicemente un tentativo fittizio, che non corrisponde ai benefici di servizi e di locazione delle imprese.
  E il secondo punto è che bisognerebbe spostare il riferimento, nella definizione della base imponibile, dal luogo di produzione – secondo la tradizionale attitudine dei sistemi di tassazione che tassano quello che viene prodotto in casa propria – a un concetto di tassazione nel mercato di sbocco, un concetto di destination-based cash flow. Su questa base diventa possibile tassare in Pag. 18maniera non distorsiva anche le grandi imprese del web, che verrebbero tassate per quello che vendono e non per quello che producono in un certo mercato.
  Entrambi i mutamenti di cui stiamo parlando hanno natura radicale e postulano accordi internazionali, verso i quali forse la strada di un negoziato in sede OCSE, con la nuova Amministrazione, potrebbe riaprirsi. Grazie dell'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie a voi, professor Cipolletta e dottor Micossi, per questa relazione introduttiva. Ora al solito apro il dibattito tra i colleghi, pregando tutti noi di rimanere in pochi minuti per consentire poi la replica del professor Cipolletta e del direttore generale Micossi.

  ANDREA DE BERTOLDI(intervento da remoto). Mi rivolgo ai relatori di Assonime sostanzialmente partendo da un presupposto: condivido in toto i richiami alla semplificazione, i riferimenti al sistema duale, soprattutto l'aspetto – lo ribadisco da commercialista – della negatività degli approcci del doppio binario, dei doppi, tripli bilanci, che purtroppo oggi caratterizzano il nostro lavoro a seconda che siamo nell'ottica civile o fiscale e poi all'interno del fisco, del fisco IRPEF, IRES, IRAP eccetera. Quindi sicuramente la strada va semplificata e su questo sono perfettamente d'accordo. Condivido, pure, un certo appello, che mi pare di avere capito da voi, a una minore progressività, che sicuramente è una barriera allo sviluppo economico e all'attrazione dei capitali.
  Mi fermo però e qui invece vi faccio delle domande, perché rimango un po' stupito dalla posizione che voi mi pare vogliate avere nei confronti del settore immobiliare. Quando io sento parlare di tassazione della prima casa, quando sento parlare poi anche in parallelo, anche se il campo è leggermente diverso, di aumento delle aliquote IVA, qua veramente vorrei capire meglio da voi come lo possiate giustificare, perché storicamente il nostro Paese non è confrontabile con il resto dell'Europa in quanto da noi la casa è un bene primario, da noi è stato sempre, e io auspico che continui ad essere in parte un punto di riferimento per le famiglie italiane. Quindi veramente faccio fatica a capire quali sono i retropensieri che voi potreste avere se, in un momento così difficile di crisi, potete ipotizzare la tassazione della prima casa e comunque per altri aspetti l'aumento dell'IVA.
  Sul settore immobiliare, quindi, che cosa ne pensate della tassazione che oggi riguarda le società di comodo, di quella presunta redditività che non corrisponde alla realtà degli immobili nelle società di comodo? Che cosa ne pensate del fatto che, in particolar modo in periodi di crisi come ormai stiamo vivendo – non solo per la pandemia – da alcuni anni, gli imprenditori piccoli, ma io dico i piccoli proprietari, coloro che spesso vivono perché hanno tre/quattro appartamenti e devono oggi pagare le tasse su immobili per i quali magari non percepiscono canoni, perché tra l'altro c'è il blocco degli sfratti. Quindi oggi abbiamo, secondo noi, una tassazione sulla casa che colpisce a prescindere le famiglie, che hanno magari la prima casa o la seconda casa al mare, frutto di fatiche e di sforzi, e che noi abbiamo via via appesantito con la tassazione in questi anni e credo che prevedere addirittura un ritorno alla tassazione della prima casa sarebbe drammatico. Ma anche coloro che hanno visto un po' nell'immobile un fattore imprenditoriale e che si vedono – dalle società di comodo e dalla tassazione per competenza – veramente penalizzati. Quindi in generale sul settore immobiliare avrei piacere di capire meglio come la pensiate, ma soprattutto di giustificare meglio, in un contesto economico attuale, quella proposta che mi pare abbiate fatto e che sinceramente non posso comprendere e accettare.

  SESTINO GIACOMONI(intervento da remoto). Volevo ringraziare il professor Cipolletta e il dottor Micossi per i loro contributi. Molti condivisibili, altri meno e ovviamente evito di soffermarmi anche io sulla tassazione della prima casa.
  Però mi vorrei soffermare su due cose, secondo me di base condivisibili. Giustamente il professor Cipolletta dice: «Occorre spostare il gettito dalla produzione e Pag. 19dal lavoro, alle rendite e ai consumi», condivisibile. E poi dice che dovremmo arrivare a una tassazione uniforme sui redditi di attività finanziaria al 20 per cento, soprattutto per evitare di riconoscere un trattamento «di favore» ai titoli di Stato.
  Fermandomi proprio su questo aspetto volevo fare con lei professore questa riflessione: ci rendiamo conto che a causa della pandemia e della crisi economica le imprese sono molto indebitate, molto indebolite, molto esposte verso le banche e rischiano di diventare prede di aziende straniere. È ovvio che le possiamo difendere con la golden power, però le aziende non si difendono con decreto, ma si difendono facendole crescere e rendendole più forti.
  Sicuramente, quindi, per farle crescere è importantissimo rivedere la tassazione, è impensabile che, finita la pandemia, si possa ipotizzare che le imprese tornino a pagare il 60 per cento come avviene oggi, e quindi sicuramente va rivista. Però mi chiedevo: che cosa ne pensa lei dell'idea, proprio legata anche alle attività finanziarie, di incentivare i risparmi delle famiglie ad andare verso l'economia reale, sul modello dei PIR, creando un grande fondo sovrano, o meglio ancora un fondo dei fondi, che serva proprio a sostenere la capitalizzazione delle imprese? Personalmente immagino un fondo pubblico/privato dove, appunto, sicuramente la Cassa depositi e prestiti può svolgere un ruolo importante, ma dove devono essere coinvolte anche le maggiori istituzioni finanziarie. In questo senso mi piaceva sapere lei che cosa ne pensava del fatto, appunto, di incentivare il risparmio privato affinché vada in un fondo dei fondi, che potrebbe essere istituito anche utilizzando parte delle risorse del Recovery Fund.

  PRESIDENTE. Chiedo se ci sono altri colleghi che vogliono intervenire, altrimenti ho tre questioni io. Però vorrei prima dare modo a tutti i colleghi di esprimersi. Non mi sembra ci siano altre richieste. Innanzitutto ripeto: noi prendiamo anche queste audizioni come momento di dibattito tra noi in previsione di quelle che ci saranno. Io non esprimo, non ho interesse a farlo ora, la mia opinione personale su eventuali incrementi di tassazione nell'ambito del nostro sistema tributario, ma è evidente che immagino che ogni tipo di intervento in quel senso serva banalmente a reperire risorse da destinare alla riduzione della tassazione sui fattori produttivi, che tra l'altro è uno dei temi che, come ben sappiamo, abbiamo in agenda; poi discuteremo e probabilmente arriveremo a conclusioni diverse, ma è evidente che le risorse per una riforma fiscale da qualche parte devono arrivare, altrimenti si decide di farla a parità di gettito, che è certamente una scelta legittima. Questo, ripeto, al di là delle singole opinioni e credo che, tra l'altro, concorderemmo con chi è intervenuto su alcuni punti.
  Però tre questioni e una premessa. La premessa è, dottor Micossi, che non ho trovato nella vostra memoria quella sua interessante parte finale sulle considerazioni relative al disegno, al passaggio alla tassazione per cassa nell'ottica di favorire l'introduzione di una web tax. Noi abbiamo come abitudine qui, anche dopo l'audizione, di rivolgere domande per iscritto e richieste di approfondimento per iscritto agli auditi. Io ne approfitto per anticiparle che su questo mi piacerebbe avere un approfondimento, perché l'ho trovata una parte molto interessante e, sarà mia colpa, ma non l'ho trovata nella memoria scritta.
  Le tre questioni sono queste qui: la prima riguarda l'IRAP. Il tema dell'IRAP ce lo siamo posti e ce lo stiamo ponendo all'interno di questa indagine conoscitiva, anche su questo immagino avremo opinioni forse non coincidenti, però il punto è questo: non è la prima volta che qualcuno ci suggerisce – stiamo sempre parlando di riforma a parità di gettito qui, per lo meno qui – l'assorbimento dell'IRAP in qualcos'altro. Intanto tutti ci fanno notare, diciamo che è abbastanza sotto gli occhi di tutti, che dal 2016 in poi, con l'esclusione dalla base imponibile del costo del lavoro a tempo indeterminato, la base imponibile dell'IRAP è pericolosamente vicina alla base imponibile dell'IRES. Differiscono solo per alcune componenti: interessi passivi, svalutazioni, eccetera. Però non siete i primi a dirci «Se decidete di riassorbire l'IRAP, Pag. 20deve essere assorbita in un nuovo tributo ad ampia base imponibile e ad aliquota bassa».
  Io – perché qui ovviamente parliamo ognuno a titolo personale – mi chiedo invece se non sia maggiormente percorribile una strada di assorbimento dell'IRAP nell'IRES, sfruttando il fatto che le basi imponibili ormai sono molto vicine. Quali sono i problemi di un'opzione del genere? Primo: la platea dei soggetti passivi non è sovrapponibile, perché l'IRAP la pagano anche le società di persone e i lavoratori autonomi, mentre l'IRES, ovviamente, solo le società di capitale, gli enti, eccetera. Quindi diciamo che un'operazione del genere sic et simpliciter implicherebbe un trasferimento di carico fiscale dai primi ai secondi: da lavoratori autonomi e società di persone alle società di capitale.
  Ma questo trasferimento, che qualcuno aveva stimato in circa tre miliardi, può essere ricollocato all'interno del saldo complessivo della riforma, perché è evidente che se la riforma è strutturale e se interviene sul carico fiscale e sul ridisegno dell'IRPEF, e magari anche dell'IRES in generale, alla fine il dare/avere è da vedere e quindi questo trasferimento di carico fiscale può anche essere giocato all'interno della disponibilità finanziaria complessiva che questa riforma avrà e si veda appunto quanto detto precedentemente.
  L'altro problema è che l'IRAP al momento è un'imposta fintamente locale, che finanzia il contributo statale al finanziamento del Servizio sanitario nazionale. Quindi la domanda qui è: siete davvero convinti che la strada per l'assorbimento dell'IRAP sia l'inclusione in un altro tributo di nuova istituzione, vanificando – è la mia opinione – in questo modo l'afflato semplificativo? Oppure possiamo esplorare la strada dell'IRES, risolvendo i due problemi di cui dicevo prima? Io credo, ad esempio, che il secondo problema, quello del finanziamento del Servizio sanitario nazionale, potrebbe essere risolto tagliando la cosiddetta testa al toro, cioè, non so voi, ma io non riesco a trovare più troppe ragioni per cui il Servizio sanitario nazionale non debba essere semplicemente finanziato totalmente da risorse centrali – questo al di là poi della gestione, delle scelte insomma di cui anche durante la pandemia si è parlato – ma non vedo troppa ragione per mantenere un sistema del genere, in cui l'IRAP è un'imposta locale, viene versata allo Stato, lo Stato la versa nel Fondo sanitario nazionale, che però è gestito dalle regioni. Io vedo l'occasione per fare un po' di chiarezza da questo punto di vista e mi chiedevo che cosa ne pensaste o se siete convinti che la strada per l'abolizione dell'IRAP, l'assorbimento dell'IRAP, passi attraverso un tributo di nuova istituzione.
  La seconda questione: ovviamente queste Commissioni si stanno molto esercitando sull'alternativa tra il sistema comprehensive e il sistema duale, ben sapendo che noi al momento non abbiamo un sistema duale. Qualche audito ha definito il nostro sistema non un DIT, dual income taxation, ma un PIT, un plural income taxation, cioè noi abbiamo una pluralità di aliquote sui regimi sostitutivi sottratti alla progressività dell'IRPEF. Allora vi chiedo rispetto al ritorno al sistema duale, che voi avete citato nel vostro intervento, chiarimenti sul riferimento all'aliquota al 20 per cento.
  Cioè: immagino un sistema duale in cui l'IRPEF ha un certo numero di aliquote progressive – non riuscirete a farmi dire il numero ovviamente, né il livello; diciamo solo un certo numero di aliquote: N1, N2, fino a NN, e in cui N1, cioè l'aliquota più bassa, sia utilizzata per tutto il resto. Ma per tutto il resto intendo i redditi finanziari, intento l'IRES, pre o post inglobamenti dell'IRAP, intendo regimi agevolativi, che siano una cedolare secca o un forfettario per gli autonomi o quello che si deciderà. E quindi volevo capire: è questo che avete in mente anche voi?
  Perché per esempio quel richiamo al 20 per cento non mi è chiaro, perché l'aliquota IRES al momento è al 24 per cento e quindi non vedo perché l'aliquota sui redditi finanziari dovrebbe essere allineata al 20 per cento. In un sistema duale più o meno puro è allineata alla prima aliquota IRPEF e all'aliquota sul reddito di impresa Pag. 21e all'aliquota sulle società di persone. Quindi in un'ottica completamente duale.
  Terzo ed ultimo punto, mi scuso per la lunghezza anche con i colleghi. Voi sapete che la norma più violata nella storia del genere umano è lo Statuto del contribuente. Allora molti suggeriscono – e stiamo anche noi ragionando sul punto – che l'unico modo per evitare che sia violata in questo modo da coloro che l'hanno scritta, cioè il potere pubblico, sia darle un rango costituzionale. Ovviamente non certo tutto lo Statuto del contribuente, che probabilmente ingesserebbe troppo poi la politica fiscale, ma alcune parti dello Statuto del contribuente. E quindi io vi chiedo: che cosa ne pensate di un'ipotesi del genere in cui alcune parti, e quali eventualmente, dello Statuto del contribuente, possano essere elevate a rango costituzionale – o con legge costituzionale o con una vera e propria riforma costituzionale in tal senso – e se pensate che non sia l'unico modo per far sì, ovviamente, che non venga più violato per lo meno in quelle parti.
  Ho concluso. Nel frattempo non vedo nessuno che si è prenotato e quindi cedo volentieri la parola al professor Cipolletta e al dottor Micossi per la loro replica.

  INNOCENZO CIPOLLETTA, presidente dell'Associazione fra le società italiane per azioni – Assonime (intervento da remoto). Io provo a rispondere a una parte delle domande e Stefano Micossi risponderà a quelle a cui io non ho risposto.
  Vorrei iniziare facendo mia la sua premessa, presidente, quella che, nell'ambito di una riforma complessiva fiscale, l'obiettivo che noi ci siamo posti è quello della parità di gettito, almeno al momento attuale e quindi aumenti di imposizione da una parte servono a finanziare riduzioni di imposizione dall'altra.
  E questo mi porta alla prima domanda riguardante l'aumento che noi immaginiamo possibile attraverso l'imposizione della prima casa con l'IMU e una rimodulazione dell'IVA. Non è che noi riteniamo che queste imposte debbano essere aumentate a priori, a prescindere da qualsiasi altra cosa, è perché immaginiamo che uno degli obiettivi della riforma sia quello di ridurre la pressione fiscale sul lavoro e sulla produzione e quindi da questo punto di vista ci sarà necessità di aumentare il gettito da qualche altra parte e questa altra parte noi l'abbiamo individuata nelle rendite, e quindi nella rendita immobiliare, e nei consumi, e quindi l'IVA. Queste sono le motivazioni di base.
  L'IMU sulla prima casa: non esiste in nessun Paese l'esenzione per la prima casa e se in Italia la casa è un bene prioritario, io sono convinto che sia un bene prioritario in Svezia, in Israele, a Cipro, in qualsiasi altro Paese. Ma, lasciatemi dire, anche il lavoro è un bene prioritario. Eppure lo tassiamo e lo tassiamo anche in maniera forte. Allora con questo criterio sarebbe da escludere il primo lavoro che ciascuno di noi fa. Sto facendo del sarcasmo, quindi scusatemi.
  No, la realtà è che noi dovremmo considerare la casa come una base imponibile per il finanziamento degli enti locali, così come è nella maggior parte dei Paesi normali. Lo Stato impone le imposte sul reddito, perché il reddito si realizza in varie parti del territorio nazionale, gli enti locali concentrano la loro imposizione sull'immobile, perché l'immobile è bloccato, fissato in un certo posto.
  La mia proposta non è soltanto quella di riportare l'IMU sulla prima casa, ma come ho detto anche quella di riconsiderare la tassazione degli enti locali unificando TARI e IMU, in maniera tale che gli enti locali si finanzino prevalentemente attraverso l'imposizione sulle persone sulla base della loro residenza o sulla disponibilità di un appartamento. E quindi, lasciatemi dire, anche uno che affitta un appartamento dovrà pagare per i servizi locali sulla base dell'appartamento, della casa che ha affittato. Se uno, invece, una casa la detiene per sé, che sia prima, seconda, terza o quarta, pagherà per il fatto di incidere sopra il territorio. Questo è il sistema che moltissimi Paesi hanno posto.
  Poi, ovviamente, ci dovrà essere un sistema di perequazione territoriale, perché sappiamo benissimo che non tutti i comuni, non tutte le province, non tutte le regioni hanno le stesse percentuali di possibilità di Pag. 22incidere sul reddito. Si possono abbinare elementi di minor carico fiscale sulla base anche della considerazione del reddito delle persone, sul luogo dove la casa si trova, ma la casa è in tutti i Paesi del mondo, diciamo, l'indicatore della capacità di finanziamento dei servizi locali e in questa maniera, ripeto, chi paga i servizi degli enti locali e usufruisce dei servizi degli enti locali è l'elettore, che giudicherà l'amministrazione che gli ha imposto certe aliquote e che gli dà certi servizi. Che è la maniera più democratica per avere un rapporto tra eletto ed elettore e quindi per questo motivo io penso veramente che non si possa prescindere da una riforma, considerando non solo la prima casa, ma il sistema immobiliare, come un sistema di imposizione e ripeto in tutti i Paesi la gente ha nella casa un bene importante. L'esenzione della prima casa, peraltro - non è una boutade - sappiamo che ha fatto proliferare in Italia le prime case e quindi molte famiglie hanno tante prime case quante sono le persone che le compongono e questo porta evasione ed elusione, che onestamente non vale la pena di favorire.
  Sull'IVA, lo abbiamo già detto, basta considerare che noi abbiamo un'aliquota normale, quella del 22 per cento, che è tra le più alte di tutta Europa, eppure ci troviamo ad avere il gettito più basso. E quindi vuol dire che da noi i consumi non sono tassati, come sono tassati in altri Paesi. Poiché dobbiamo ridurre le tasse sul lavoro, tanto vale aumentare quella sui consumi e l'IVA può sicuramente portare a dei buoni risultati.
  Poi, per quanto riguarda le imprese indebitate, quesito dell'onorevole Giacomoni, io sono del tutto d'accordo che bisogna favorire l'avvicinamento del risparmio delle famiglie al finanziamento delle imprese e quindi immaginare formule di incentivazione attraverso dei fondi di fondi. Lei ha parlato di un fondo sovrano, cioè di un fondo che possa in qualche maniera investire sulle imprese, specie in questa fase di ritorno – speriamo – alla normalità che trova molte imprese in fase di forte indebitamento. È sicuramente una misura che mi trova d'accordo.
  Infine l'ultima considerazione che volevo fare riguardava l'IRAP, per dire al presidente Marattin che in questo siamo d'accordo con lui, noi abbiamo proposto l'idea di un'imposta a base larga, non abbiamo voluto approfondire la questione, ma una base larga significa anche diluire questa imposta nel sistema fiscale già esistente. In parte può essere l'IRES, ma per i problemi che ha segnalato il presidente probabilmente è più importante far ricadere una parte di questo finanziamento nel sistema fiscale complessivo, dato che ci proponiamo tutti quanti di abbassare alcune imposte e di alzarne altre e in questo caso ci sarebbe una riduzione dell'IRAP, che è un'imposta sulla produzione, che dovrebbe essere in qualche maniera in parte non trascurabile recuperata sulle imposte locali, se uno vuole, o sull'IVA, che è un'imposta sui consumi e, perché no, anche in parte sull'IRES. Sono del tutto d'accordo che il finanziamento della sanità attraverso l'IRAP sia una sorta di illusione, perché in realtà la sanità deve essere finanziata con i redditi di tutti quanti i cittadini e non deve avere un finanziamento diverso da regione a regione, perché i cittadini di fronte alla sanità sono uguali in tutto il Paese. Già è stata un'aberrazione affidare la sanità alle regioni, finanziarla attraverso il finanziamento regionale non avrebbe alcun senso, almeno questa è la mia opinione.
  Cederei la parola a Stefano Micossi per completare le risposte.

  STEFANO MICOSSI, direttore generale dell'Associazione fra le società italiane per azioni – Assonime (intervento da remoto). Un'osservazione vorrei farla anche io sulla domanda dell'onorevole Giacomoni, l'esperienza passata insegna comunque che spingere il risparmio con gli incentivi non corrisponde a far domandare quel risparmio da parte delle imprese e in effetti qui hanno avuto grandi problemi.
  Noi dovremmo affrontare e prendere di petto il problema dell'eccesso di indebitamento delle imprese. E qui abbiamo tre vie, una è quella di cancellare i debiti in certe fasce e l'eccesso di debito, i nuovi debiti. Ci si deve ragionare, forse per i piccolissimi Pag. 23non c'è molta scelta, qualcosa bisognerà fare.
  La seconda è quella di strumenti fiscali per alleggerirne il peso, questa strada è stata già seguita con il decreto-legge n. 34 dell'estate scorsa, cosiddetto Rilancio, che prevede incentivi significativi per le ricapitalizzazioni. Poi, però, bisogna puntare a un forte incremento del capitale privato. Cioè le imprese indebitate devono essere ricapitalizzate, stiamo studiando e porteremo presto alla vostra attenzione e all'attenzione del Governo uno schema, forse di garanzia pubblica parziale, per questi aumenti di capitale.
  Il punto essenziale è che bisogna ragionare su questi incrementi di capitale come strumenti per spostare i debiti da debiti bancari a strumenti equity, o quasi equity, crediti convertibili, convertible bonds, e sulla base di un'istruttoria preparata dalla banca che certifica, come dire, la qualità, ma avendo un istituto tipo Patrimonio S.p.A., che si occupa di convertire e quindi fornisce questo capitale ma a condizioni di mercato. Questa è una cosa su cui dobbiamo tornare.
  Sull'IRAP voglio solo aggiungere che è una minimum tax, non ve lo scordate; in un Paese con alta evasione aveva realizzato l'obiettivo di allargare la base imponibile e quindi valgono tutte le considerazioni che ha fatto Innocenzo Cipolletta. L'opposizione nasceva dal fatto che pagava anche chi non guadagnava, in un Paese in cui il 50 per cento delle imprese esistenti anche da diversi decenni non paga nessuna imposta, cioè non ha mai guadagnato, è chiaro che il problema di avere una minimum tax sorge.
  Sul sistema duale, lo voglio dire, sono pienamente d'accordo con l'impostazione accennata dal presidente Marattin, dovremmo identificare un'aliquota che serva da raccordo con il sistema dell'imposizione personale e dell'impresa e diciamo che ci sono vari modi di farlo, ma non c'è dubbio che dovrebbe essere un'aliquota in qualche modo corrispondente a una delle fasce identificate per la tassazione dei redditi personali in un sistema duale. Sottolineo quello che abbiamo detto e che ho detto anche prima: deve essere un sistema in cui i redditi siano tutti indicati in dichiarazione, perché altrimenti l'applicazione della progressività diventa molto distorta.
  Infine, sullo Statuto del contribuente dobbiamo intenderci: qual è la causa sistematica della violazione delle regole sulla retroattività e sulla trasparenza? La causa è la ricerca del gettito. Noi trasformiamo una volta all'anno l'Agenzia delle entrate in uno strumento per aumentare il gettito, forzando le norme esistenti. Allora l'Agenzia delle entrate dovrebbe applicare la giusta imposta. Notate che, come dicevo prima, da molto di quel contenzioso esce molto poco. I numeri vengono iscritti nell'anno e poi nell'anno dopo e poi ancora nell'anno successivo e poi diventano cartelle non esigibili e poi dopo cinquanta anni si vogliono cancellare. Possiamo anche pensare di rafforzare la forza legale dello Statuto del contribuente, ma se non si abbandona l'idea che ogni anno l'Agenzia deve dare gettito forzando le regole – perché è quello che le si chiede di fare ed è quello che fa – noi non usciremo da questo problema. Possiamo scrivere diciassette Statuti del contribuente e non raggiungeremo il risultato.

  PRESIDENTE. Grazie al dottor Stefano Micossi, direttore generale di Assonime, e al presidente, professor Innocenzo Cipolletta, per questo loro contributo molto puntuale e preciso che si innesta benissimo in tante riflessioni che stiamo facendo come Commissioni Finanze nell'ambito di questa indagine conoscitiva.

  STEFANO MICOSSI, direttore generale dell'Associazione fra le società italiane per azioni – Assonime (intervento da remoto). Chiedo scusa presidente. A pagina 9 della nostra memoria scritta noi menzionavamo la cash flow tax, su questo abbiamo fatto uno studio che vi manderò nei prossimi giorni e può essere la base poi di un ulteriore confronto.

  PRESIDENTE. Sì, chiedo scusa, ero io che non lo avevo visto. Però accolgo con favore ogni ulteriore materiale che possiate Pag. 24inviarci su questo, perché, benché come lei stesso ricordava questa è materia attualmente appannaggio di organismi internazionali e dell'Unione Europea, ovviamente non possiamo ignorarla nell'ambito della nostra indagine e quindi vi ringrazio nuovamente.
  Senatore De Bertoldi, prego velocemente.

  ANDREA DE BERTOLDI(intervento da remoto). Torno velocemente sempre sul tema della prima casa, mi perdoneranno i colleghi, ma per noi di Fratelli d'Italia è un tema importante e allora io vorrei ricordare e chiedere quindi al dottor Cipolletta una cosa molto semplice: dove rinviene la capacità contributiva nel possesso sic et simpliciter di un immobile, che è stato acquistato con risparmi, già tassati peraltro? Non rileva un'incongruenza nel fatto che se io, lavoratore, risparmiatore, investo 100.000 euro in borsa vengo tassato solamente sui guadagni – e in alcune occasioni posso anche compensare le perdite che eventualmente ho subìto – mentre sulla prima casa io dovrei essere tassato non solo, giustamente, sui guadagni, ma pure sul semplice possesso, nel momento in cui non mi genera guadagno alcuno? Questo secondo me, anche da un punto di vista dottrinale, legato alla capacità contributiva, è un controsenso. Oltre che, ribadisco, un atto inaccettabile nei confronti di quell'italiano medio che vive di risparmi, di fatiche, che lavora, che giustamente viene tassato, bene o male, sul lavoro e sul guadagno, ma che poi dovrebbe, secondo quanto voi avete proposto, essere tassato anche per il fatto di possedere un immobile sul quale, peraltro, comunque viene tassato se ha delle locazioni, degli affitti, dei guadagni e sul quale comunque paga i servizi, dai rifiuti - la TARI - agli oneri di urbanizzazione quando fa dei lavori e i consorzi di bonifica.
  E quindi io non capisco davvero questo voler da parte del mondo della finanza, mi sia permesso di dirlo, andare ad attaccare l'italiano medio che possiede una casa, che deve essere un punto di serenità e non di crisi.

  PRESIDENTE. Grazie la sua opinione è chiara, così come è chiara l'opinione dei nostri auditi, che ovviamente ne hanno diritto pienamente. Avremo sicuramente modo noi, nell'ambito dei nostri confronti, di continuare a esprimere le nostre preferenze.

  ANDREA DE BERTOLDI(intervento da remoto). Dove è la capacità contributiva presidente? Vorrei che mi rispondessero, dov'è la capacità contributiva.

  PRESIDENTE. Chiedo agli auditi se molto brevemente, l'audizione si sta completando e ne abbiamo una tra pochi minuti, vogliono brevemente cogliere questo spunto del collega De Bertoldi.

  INNOCENZO CIPOLLETTA, presidente dell'Associazione fra le società italiane per azioni – Assonime (intervento da remoto). Forse non riesco a spiegarmi bene, ma in tutti i Paesi, o in molti Paesi, non è un problema di capacità contributiva, è un problema di utilizzo di servizi di carattere locale, che vanno dalla rimozione dei rifiuti, all'illuminazione, al rifacimento delle strade, del giardino. Tutte queste cose incombono su coloro che abitano nel territorio e l'individuazione della loro capacità di contribuzione è data nove volte su dieci in tutti quanti i Paesi dall'utilizzo, disponibilità, di un immobile ed è quindi proporzionato alla sua localizzazione, alla dimensione e così via.
  Questo è semplicemente un sistema utilizzato dappertutto, che io trovo equo e importante da utilizzare anche nel nostro Paese. Ovviamente la nostra proposta è di riportare questo sistema a tutti quanti, quindi la stessa famiglia beneficerebbe di una riduzione dell'IRPEF e non avrebbe un aggravio fiscale, ma avrebbe una diversa maniera di pagare le stesse tasse.

  PRESIDENTE. Grazie per questo ulteriore scambio.

  SESTINO GIACOMONI(intervento da remoto). Presidente siccome condivido molto di quanto detto, su questo punto che riguardaPag. 25 la tassazione della casa non ci troviamo d'accordo per un semplice motivo, innanzitutto io credo che non si debba partire, l'obiettivo non può essere, una riforma a parità di gettito, in realtà dovremmo fare in modo di ridurre le spese per ridurre le tasse.
  Togliendo questo, sulla prima casa ricordo che il passaggio dall'ICI all'IMU ha fatto una raccolta da 9 miliardi a 22 miliardi e quindi la tassazione della casa in questo Paese c'è stata ed è pesante e poi mi lasci dire che, purtroppo, ha ragione il professore quando dice che in molti Paesi, fa l'esempio della Svezia, i servizi vanno pagati. Il problema è proprio questo, che in molte città, e noi che siamo a Roma lo vediamo tutti i giorni, non ci sono i servizi. E quindi il problema vero è che non si può parlare di aumentare o di mettere la tassa sulla prima casa fintanto che non vediamo servizi efficienti. Tutto qui. Per il resto condivido gran parte delle impostazioni, su questo punto probabilmente dobbiamo approfondire e sicuramente non possiamo oggi parlare di rimettere le tasse sulla prima casa.

  PRESIDENTE. Nessuno sta parlando di questo. Abbiamo solo degli auditi che hanno espresso la loro opinione argomentata e noi avremo lungamente modo di discutere tra noi se siamo o meno d'accordo con questa opinione. Io faccio i complimenti al professor Cipolletta e al dottor Micossi, perché mai prima d'ora un'audizione aveva stimolato in questo modo i colleghi, anche dopo la sua conclusione, quindi si vede che avete toccato le corde giuste per un dibattito tra noi che continuerà nelle prossime settimane e nei prossimi mesi.
  Scherzi a parte, grazie davvero per essere stati con noi. E vi do appuntamento a una prossima occasione, che sicuramente ci sarà, se, come spero, da tutta questa discussione verrà fuori qualcosa di concreto e qualcosa di sperabilmente buono. Grazie ancora.
  Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dai rappresentanti dell'Associazione fra le società italiane per azioni – Assonime (vedi allegato 2) e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione in videoconferenza di rappresentanti dell'Associazione italiana del risparmio gestito – Assogestioni.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla riforma dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e altri aspetti del sistema tributario, l'audizione di rappresentanti dell'Associazione italiana del risparmio gestito – Assogestioni.
  Ricordo che l'audizione si svolgerà in videoconferenza dinnanzi alle Commissioni riunite VI (Finanze) della Camera dei deputati e 6a (Finanze e Tesoro) del Senato della Repubblica, con la partecipazione da remoto dei deputati, dei senatori e degli auditi, conformemente alle disposizioni dettate dalla Giunta per il Regolamento della Camera dei deputati nelle riunioni del 31 marzo e del 4 novembre 2020 e dalla Giunta per il Regolamento del Senato della Repubblica nelle riunioni del 9 giugno e del 10 novembre 2020.
  Rivolgo quindi un saluto, anche a nome del presidente della 6a Commissione Finanze e Tesoro del Senato, Luciano D'Alfonso, al dottor Fabio Galli, direttore generale dell'Associazione italiana del risparmio gestito – Assogestioni, e alla dottoressa Arianna Immacolato, direttore fisco e previdenza dell'Associazione italiana del risparmio gestito – Assogestioni, ai quali do il benvenuto e che ringrazio per la partecipazione.
  Darei quindi la parola al direttore generale, dottor Galli, per il suo intervento. Voi avete inviato correttamente, e vi ringraziamo per averlo fatto, la memoria già ieri. È stata distribuita ai commissari e sarà pubblicata sul sito Internet. Quindi dottor Galli le do la parola per quindici/venti minuti, in modo che poi il successivo dibattito possa svolgersi consentendovi la replica.

  FABIO GALLI, direttore generale dell'Associazione italiana del risparmio gestito – Assogestioni (intervento da remoto). BuongiornoPag. 26 a tutti. La ringrazio onorevole Marattin e ringrazio anche il senatore D'Alfonso per questa opportunità di illustrare le nostre considerazioni sul tema di indagine delle Commissioni, ringrazio tutti i partecipanti. Non mi dilungherò su Assogestioni. Assogestioni rappresenta tutte le società di gestione italiane e quelle estere operanti in Italia, che raccolgono e gestiscono quasi 2.500 miliardi di euro di risparmio gestito, si tratta del terzo mercato europeo e, in termini di impatto sul PIL, sicuramente di una delle industrie del risparmio gestito di maggior rilievo a livello internazionale.
  È evidente il nostro interesse per l'approfondimento che sarà oggetto della discussione di oggi, io non mi dilungherò sugli aspetti più tecnici, che sono anche illustrati nella nostra breve relazione, e vorrei andare a dare un quadro complessivo della logica con la quale abbiamo svolto le nostre considerazioni.
  In primo luogo: quando analizziamo l'impatto delle misure fiscali ci atteniamo a tre princìpi che sono i princìpi cardine per l'Associazione e per l'industria del risparmio. Il primo è quello di un sistema che sia di incentivo a un risparmio, e quindi a un investimento, di lungo termine, che quindi sia un sistema di investimento che possa portare un beneficio complessivamente al sistema economico ed anche al reddito da capitale dei partecipanti, degli investitori e risparmiatori, senza avere invece un obiettivo di breve termine, ma considerando, appunto, un termine più lungo. E questo – avere un sistema che incentiva l'investimento di lungo termine – significa dare un favore implicitamente alla parte più giovane della popolazione, e anche alla parte più debole, perché chiaramente l'incentivo di lungo termine si esplica negli anni e quindi diventa più forte se si inizia a investire all'inizio della propria carriera lavorativa.
  Ma non solo, come vedremo nella nostra relazione, è possibile avere un risparmio anche da parte dei minori, laddove ci siano forme di incentivo a livello familiare che consentano la ripartizione di quel risparmio incentivato anche su chi non genera reddito nella famiglia.
  Quindi il primo punto cardine è l'investimento di lungo termine, poi il fatto che ci sia quindi implicitamente un favore, un incentivo, all'investimento in ambito familiare, anche da parte di chi non genera reddito, ma può beneficiare negli anni di quello che sarà il ritorno dall'investimento in capitale.
  Il terzo principio è quello di avere un sistema che favorisca l'investimento non soltanto nelle grandi società quotate, ma anche in tutti gli strumenti di investimento meno liquidi e quindi nell'impresa medio piccola e nel sistema infrastrutturale del Paese. Come vedremo, il nostro sistema fiscale ha già un ottimo livello di coerenza e gli incentivi vanno esattamente nella direzione che noi auspichiamo.
  Ci sono, a nostro avviso, alcuni aspetti che potrebbero essere considerati, in una revisione, che rafforzano un sistema già molto solido e impostato correttamente. È chiaro che noi vediamo con favore un riordino del sistema delle tax expenditures che favorisca la progressività e la coerenza complessiva del sistema.
  Riteniamo che si debba entrare nel merito e osservare con precisione che cosa si intende quando si guarda alle forme di tax expenditures. Ora la deduzione nell'ambito degli investimenti di tipo finanziario, la deduzione principale per quanto riguarda la riduzione del reddito soggetto a IRPEF, è quella relativa alla previdenza complementare, quindi la deducibilità di 5.165 euro di cui ogni cittadino italiano può beneficiare; su questo primo punto vorremmo subito mettere in rilievo che non si tratta in realtà di una spesa fiscale, ma si tratta semplicemente di un rinvio della tassazione, cioè questo meccanismo è un meccanismo che consente di rinviare la tassazione IRPEF dal momento in cui si contribuisce alla forma previdenziale, al momento in cui andrà in erogazione la prestazione, ovvero il momento in cui si esce dal sistema produttivo e si va in pensione.
  È molto importante guardare all'ammontare del limite di deducibilità, perché Pag. 27questo limite di deducibilità è forse il meno generoso tra i Paesi che noi conosciamo a livello europeo, uno dei meno generosi, ed è fermo ormai da quasi trent'anni. Noi non solo crediamo sia giusto, assolutamente, mantenere la deducibilità dall'IRPEF per quanto riguarda la contribuzione alle forme previdenziali di secondo e terzo pilastro, ma addirittura dovrebbe essere considerato un aumento di questo limite di deducibilità, quindi superare i 5.165 euro, che sono i vecchi 10 milioni di lire. Questo come primo termine. Vorrei mettere in luce che, appunto, non si tratta di una spesa, ma si tratta in realtà di un incentivo all'investimento, che genererà comunque gettito nel tempo per lo Stato, un gettito che verrà, ovviamente, incrementato da quella che sarà la fase di accumulo di lungo termine della forma previdenziale.
  Nel considerare una revisione complessiva del sistema, oltre a questo aspetto specifico delle tax expenditures, sicuramente si possono fare delle considerazioni sul sistema di tassazione che caratterizza i redditi di natura finanziaria nel sistema italiano. Noi lo abbiamo tracciato nella nostra nota, abbiamo ripercorso i passaggi e la logica con cui è stato creato il sistema di tassazione dei redditi finanziari nel nostro Paese e vogliamo subito condividere con voi un punto cardine della questione, ossia: noi siamo, come tutti i maggiori Paesi europei – se non la totalità dei Paesi europei – in un sistema di tassazione duale, nel quale la tassazione dei redditi finanziari è di tipo proporzionale e non è, quindi, una tassazione progressiva omnicomprensiva.
  Questo avviene in tutti i Paesi europei per delle ragioni molto, molto solide. Il fatto che sicuramente una tassazione che non sia di tipo proporzionale e specifica per le rendite finanziarie si presterebbe a fenomeni elusivi, ma anche di erosione della base imponibile, con trasferimenti all'estero, per esempio, della propria residenza fiscale, ovvero con l'interposizione di entità che non consentano di risalire alla persona fisica che percepisce questi benefici. Tutti i Paesi europei quindi, e non solo, tassano separatamente i redditi di natura finanziaria. Nell'ambito quindi della tassazione separata, proporzionale dei redditi di natura finanziaria ci sono, si sono accumulate nel tempo, alcune forme, diciamo delle discrasie, delle incongruenze che, a nostro avviso, potrebbero essere superate e si potrebbe in qualche modo dare piena coerenza al sistema.
  Quali sono queste discrasie e incoerenze? La prima questione, sicuramente, si riferisce alla dicotomia tra redditi di capitale e redditi diversi. Ora questa definizione, reddito da capitale e reddito diverso è una definizione che, per esempio, mostra difficoltà di fronte all'evoluzione degli strumenti di investimento – pensate a tutto ciò che riguarda l'evoluzione di investimenti in valuta digitale e strumenti finanziari di tipo digitale – perché sostanzialmente riflette una dicotomia, che peraltro in molti casi chi emette strumenti finanziari ha provato a superare in forma elusiva. I redditi di capitale e i redditi diversi vengono trattati secondo regimi differenziati, sulla base delle forme di compensazione e dei momenti di tassazione, e questi regimi differenziati derivano da un superamento dell'impostazione originaria, tutta basata sulla tassazione a maturato, che è una tassazione che ha mostrato diversi problemi. È stata superata, per esempio, nell'ambito degli strumenti finanziari quali i fondi della gestione collettiva, ma non è stata superata per altre forme di investimento, quali la gestione di portafoglio e soprattutto la previdenza complementare.
  Che cosa significa questo? Significa che, non solo si potrebbe cogliere l'occasione per superare la distinzione tra redditi di capitale e redditi diversi, ma dovremmo anche analizzare con attenzione la possibilità, l'opportunità, di superare questa differenza di tassazione tra forme di investimento che sono rimaste in tassazione in regime del maturato e ciò che invece viene tassato a realizzazione, cioè al momento della percezione da parte del contribuente investitore e risparmiatore.
  Questo significa mettere mano ai regimi di compensabilità e quindi capire quali sono i proventi finanziari positivi e negativi che possono essere compensati e in quale Pag. 28forma. Ma certamente crediamo che la definizione di reddito di capitale e reddito diverso, più che essere incoerente, si presta a interpretazioni e quindi una base imponibile unica dei redditi finanziari andrebbe sicuramente nella direzione di semplificare ed eliminare ogni causa di elusione o di innovazione finanziaria con fini fiscali.
  E, dall'altra parte, il superamento pieno del sistema del maturato ha ottime ragioni non soltanto per quanto riguarda la coerenza del regime di compensabilità. Vorrei spendere due parole per quanto riguarda oggi forse una delle incoerenze più forti del nostro sistema di tassazione della forma previdenziale, che è appunto la tassazione per maturato dei fondi pensione. Ora tenete presente che la tassazione per maturato dei fondi pensione va contro i principi europei: nel sistema europeo, dicevamo fin dall'inizio, si prevede una deducibilità nel momento di contribuzione, un'esenzione nella fase di accumulo, che dura trenta, quaranta anni, e poi la tassazione solo nel momento di percezione o erogazione delle pensioni.
  Il sistema italiano ha mantenuto, invece, una tassazione nella fase di accumulo quindi, come sapete – arriverò poi al terzo punto, la questione delle aliquote – una tassazione sul maturato nella fase di accumulo delle forme previdenziali con un'aliquota del 20 per cento, molto prossima al 26 per cento, che è quella ordinaria per gli investimenti non incentivati previdenzialmente. Ora per una persona giovane, quindi una persona di trent'anni, che accede a un investimento previdenziale, significa pagare le imposte sul maturato anno per anno a partire dal trentesimo anno di età, è vero al 20 per cento anziché al 26 per cento, ma paradossalmente si possono dare diverse configurazioni nelle quali l'aliquota più bassa pagata sul maturato anno per anno comporta alla fine, nel montante complessivo che il soggetto si ritrova al compimento dei 67 anni - età oggi prevista per andare in pensione e per avere l'erogazione - complessivamente un prelievo più alto di quello che avrebbe ottenuto con l'aliquota del 26 per cento pagando soltanto a realizzazione.
  Questo perché? Perché versando le imposte sul maturato la parte versata in forma di imposta non consente di essere reinvestita. E quindi noi abbiamo un sistema che in parte ha introdotto, mantenendo forme di tassazione sul maturato, un'incoerenza rispetto a quell'obiettivo principale che dicevamo all'inizio, cioè quello della tassazione di favore nel lungo termine.
  Il terzo aspetto a cui ho fatto brevissimo riferimento è quello complessivo delle aliquote di tassazione. L'aliquota ordinaria del 26 per cento è sorprendentemente più alta dell'aliquota marginale base per le persone che hanno un reddito – diciamo – basso.
  Il che significa che una persona che ha un'aliquota marginale del 23 per cento di tassazione IRPEF si trova a pagare di fatto un'aliquota più alta di tassazione del 26 per cento se fa un investimento, per esempio, in forma produttiva, in azioni italiane. Ma non solo c'è l'incongruenza della tassazione ordinaria sostitutiva al 26 per cento, c'è anche il problema della tassazione al 12,50 sui titoli di Stato dei Paesi white list, per cui ad esempio oggi significa che un risparmiatore italiano è tassato meno se investe in titoli di Stato americani, piuttosto che se investe in un'azienda italiana. Ora è chiaro qual è stato l'obiettivo in passato: avere l'aliquota del 12,50 per cento sui titoli di Stato, ma forse varrebbe la pena verificare veramente quanto questa aliquota di vantaggio solo sui titoli di Stato – e non solo su quelli italiani, ma di tutti i Paesi in white list – in realtà non costituisca uno svantaggio comparativo dell'investimento sulla parte più produttiva e anche meno liquida dell'economia reale del Paese.
  Quindi, ripassando rapidamente le tre questioni che noi vi presentiamo, la questione fondamentale è il superamento della distinzione tra redditi di capitale e redditi diversi. La questione del superamento della tassazione a maturazione, soprattutto per la parte previdenziale, ma anche per la gestione di portafoglio, con la correlata verifica di quello che è il regime di compensazione dei redditi che vengono realizzati. E la questione delle aliquote complessive per mantenere una coerenza rispetto Pag. 29al principio fondamentale dell'incentivo all'investimento di lungo termine.
  Come ultimo punto mi preme ringraziare il Parlamento per quanto è stato fatto in materia di normativa sui PIR, quindi su tutte quelle forme di risparmio e di investimento di lungo termine, che hanno l'obiettivo specifico di indirizzare gli investimenti nel sistema economico italiano, che – come sapete – ha avuto un'evoluzione, passando dai PIR di forma tradizionale, aggiungendo anche quelli in forma alternativa, e complessivamente la normativa di incentivo sull'investimento nei portafogli dei PIR: è un incentivo costruito in maniera razionale, precisa e coerente. E crediamo che questa impostazione meriti di essere sostenuta nel tempo, perché tra l'altro può fare da volano per quanto riguarda tutta quella fase di investimento che seguirà nei prossimi anni e vorrei dire che il fatto stesso che la Commissione europea abbia riconosciuto che un investimento specifico a livello nazionale, indirizzato verso le aziende, le infrastrutture e il sistema Paese, non costituisca aiuto di Stato è stato un riconoscimento molto importante alla coerenza di questo strumento, di questa forma di investimento, di questa norma fiscale rispetto, appunto, a un obiettivo di investimento di lungo termine che non fosse distorsivo.
  Quindi è evidente che il fatto che la Commissione abbia riconosciuto che non c'è un aiuto di Stato si inquadra proprio nel fatto che lo strumento dei PIR è a tutti gli effetti uno strumento adeguato, coerente e razionale.
  Mi fermerei qui. Ovviamente la nostra relazione è articolata nello specifico rispetto a quella che è stata l'evoluzione del sistema di imposizione dei redditi finanziari. Ci tengo veramente a sottolineare che Assogestioni è a totale disposizione per lavorare tecnicamente e puntualmente su quelle che potrebbero essere ipotesi di riforma del sistema e ribadisco che il nostro impianto di tassazione dei redditi finanziari è solido ed è in linea con quello dei principali Paesi europei; meriterebbe quegli aggiustamenti di cui abbiamo parlato e meriterebbe una particolare attenzione per il rafforzamento degli incentivi all'investimento previdenziale, proprio perché l'investimento previdenziale e lo sviluppo dei fondi pensione è forse il pezzo del nostro sistema finanziario che manca per renderci un Paese ancora più competitivo.

  PRESIDENTE. Grazie dottor Galli. Passiamo subito alla fase delle domande, in modo poi da consentirvi una replica.

  SESTINO GIACOMONI(intervento da remoto). Ringrazio il dottor Galli. Devo dire che condivido totalmente quello che ha detto, la ringrazio anche per il riconoscimento che ha fatto, diciamo – tra virgolette – alla politica, nel senso che in questi anni come ha detto è stato fatto un percorso per far sì che gli incentivi fiscali andassero nella giusta direzione. Lei ha citato il caso dei PIR, introdotti cinque anni fa, nel 2017. Io allora ero all'opposizione con Forza Italia, c'era il Governo Renzi e poi Gentiloni, però tutta la Commissione Finanze lavorò in quella direzione.
  Come sa anche quest'anno, come lei appunto diceva, sono stati introdotti anche i PIR alternativi e io sono convinto che sia fondamentale incentivare il risparmio non solo perché vada nell'economia reale, ma anche perché sia un risparmio di lungo termine. E questa è la direzione. Condivido anche quello che lei ha detto in relazione al risparmio previdenziale, che è fondamentale. Anche sul tipo di tassazione che, secondo me, va rivisto. Così come ritengo, come già ha detto in precedenza il professor Cipolletta, che noi dobbiamo arrivare probabilmente a un'aliquota unica di tassazione sulle rendite finanziarie, perché non ha nessun senso in questo momento «avvantaggiare» i titoli di Stato addirittura di altri Paesi.
  Detto questo, le volevo sottoporre questa questione: è ovvio che la pandemia ha spiazzato tutti noi, ovvio che le imprese ne escono indebolite e indebitate, sono molto esposte verso le banche e rischiano di diventare preda di aziende straniere. Ovviamente noi possiamo difenderle con il golden power, come stiamo facendo, tutto questo però non basta. Io credo che la vera Pag. 30difesa delle aziende consista nel farle crescere e quindi nel rafforzarne la patrimonializzazione. In questo contesto da tempo sto portando avanti un'idea che le vorrei sottoporre, che è quella appunto di utilizzare lo stesso modello di incentivi fiscali che abbiamo creato per i PIR, e che ha funzionato – personalmente, anzi, sui titoli ordinari, io aumenterei anche il margine di possibilità di incentivo. Utilizzare questo sistema per far sì che si possa istituire un fondo, io lo chiamo sovrano, diciamo un fondo dei fondi, pubblico/privato, e quindi gestito da Cassa depositi e prestiti, ma anche dalle maggiori istituzioni finanziarie, quindi con logiche di mercato, per indirizzare i risparmi a sostenere la patrimonializzazione delle aziende.
  Mi piacerebbe sapere lei cosa pensa di questo progetto e se può essere il completamento di quel percorso iniziato cinque anni fa con i PIR ordinari, proseguito con i PIR alternativi e che in un momento di emergenza, come quello dettato dalla pandemia, ovviamente deve prevedere anche una parte di intervento pubblico. Per questo io lo chiamo fondo sovrano, o fondo dei fondi. Però credo che in questo modo avremmo veramente tutti gli strumenti per sostenere con forza la patrimonializzazione delle aziende e, soprattutto, per mettere in sinergia i due punti di forza del nostro Paese, che sono il risparmio delle famiglie – che grazie al cielo c'è e aumenta – ma anche la creatività delle piccole e medie imprese. Quindi mi piacerebbe proprio su questo avere poi un suo parere.

  MASSIMO UNGARO(intervento da remoto). Anche io ringrazio il presidente Fabio Galli per la sua relazione e volevo fare un paio di domande su alcuni consigli che ha dato a queste Commissioni. La prima domanda: lei appunto metteva in luce alcune delle contraddizioni dell'attuale tassazione agevolata sulle obbligazioni di Stato, che, come lei diceva, si estende anche ai Paesi della white list e quindi oggi l'aliquota del 12,5 per cento si applica non soltanto ai BTP italiani, ma anche ai Treasury americani o ai Gilt britannici, e quindi questo crea un po' un disincentivo ad acquistare, per esempio, obbligazioni di aziende italiane. E quindi le volevo chiedere: se il legislatore andasse in quella direzione, quindi nella direzione di allineare queste aliquote, quali ricadute possiamo aspettarci? Sembra in effetti che i BTP in mano alle famiglie siano ai minimi storici e quindi forse avremmo delle ricadute basse. Forse ci sarebbe una domanda maggiore di obbligazioni corporate. Ieri abbiamo avuto un'audizione informale di Banca d'Italia che ci mostrava come, anche se c'è stato un aumento negli anni, le aziende italiane usano poco le obbligazioni, molto poco, e questo è un problema. Dovremo cercare di promuovere canali di credito alternativi al sistema bancario. E quindi volevo chiedere anche a voi, in quanto associazione di gestori, come possiamo incentivarvi a investire di più in obbligazioni di aziende e quali altre misure noi potremo escogitare.
  Un altro punto che lei ha toccato – e che trovo molto interessante – è quello appunto della tassazione a maturazione del sistema pensionistico. Per noi è ovvio che la sostenibilità della spesa pensionistica nel nostro Paese è un tema cruciale per gli anni a venire. È ovvio che noi vogliamo passare a un sistema pensionistico basato più sulla capitalizzazione che sulla ripartizione e cercare di incentivare le pensioni integrative e quindi mi sembra di capire che questa tassazione a maturato sia un ostacolo importante, appunto, alla promozione del sistema di previdenza integrativa. Non so se lei è l'interlocutore a cui chiedere questo, ma vorrei sapere se c'è una stima dei costi di un'eventuale abrogazione e di allineamento della tassazione più in chiave europea.
  Infine – anche qui non c'entra l'IRPEF, ma sento di associarmi a quello che diceva l'onorevole Giacomoni – noi abbiamo molto a cuore l'evoluzione dei PIR come strumento di canalizzazione del risparmio privato verso l'economia reale; è quindi importante avviare un monitoraggio informale - e spero che sarà possibile contare anche su Assogestioni - per vedere come lo strumento evolverà negli anni prossimi, per assicurarci di evitare gli errori che abbiamo visto negli ultimi anni e per far sì che i PIR crescano come strumento di Pag. 31canalizzazione del risparmio privato verso l'economia reale; vedremo anche quale sarà l'impatto dei nuovi PIR alternativi.

  PRESIDENTE. Poiché non ci sono altri colleghi che hanno domande o considerazioni, ne ho un paio veloci io.
  Perdonate, dovrei forse saperlo con più precisione, ma c'è solo quella che avete indicato come residuo di tassazione a maturato nel nostro sistema di tassazione del risparmio? Non ricordo se sia così o meno, quindi solo quella riguardante i contributi da previdenza complementare o abbiamo regimi...

  FABIO GALLI, direttore generale dell'Associazione italiana del risparmio gestito – Assogestioni (intervento da remoto). Anche le gestioni di portafoglio.

  PRESIDENTE. Ecco, infatti. Quindi la domanda era: voi ritenete che tutto debba essere uniformato al criterio del realizzato, oppure a questo punto soltanto quello che indicate in relazione?
  La seconda questione: mi ha interessato molto quando, a pagina 5 della memoria, voi affrontate un tema che sono sicuro che dovremo affrontare meglio anche noi, vale a dire quello secondo cui non è propriamente vero che le recenti evoluzioni in materia di trasparenza fiscale tra Paesi degli ultimi anni hanno eliminato la mobilità della base imponibile di una tassazione patrimoniale mobiliare. O meglio non la mobilità, ma diciamo hanno eliminato l'argomento secondo cui, per sfuggire a una tassazione nuova introdotta in un determinato Paese, questa mobilità sarebbe comunque limitata dal fatto che siamo in un regime ormai di piena trasparenza; cioè non è vero che posso sfuggire, legalmente ovviamente, nell'ambito della legalità, a un incremento della tassazione mobiliare portando i miei risparmi altrove, perché comunque, diciamo, gli spazi elusivi legali in questo senso si sono ridotti.
  Io vorrei, se possibile, che voi ci spiegaste un po' meglio, su un altro argomento. Recentemente forze politiche hanno esposto la necessità dell'introduzione di una nuova tassazione patrimoniale, tra l'altro basata anche sul patrimonio mobiliare, non solo immobiliare. Di fronte all'obiezione: «La mobilità di questa base imponibile renderà inefficace questa tassazione», rispondono dicendo: «No, non è più vero perché c'è la trasparenza, lo scambio di informazioni...». Voi avete, nella vostra memoria, accennato a una contro argomentazione, vorrei per favore qualche dettaglio in più, nel senso: come rispondereste a chi vi dice che ormai non ci si può più sottrarre alla tassazione sul proprio risparmio, come si poteva fare qualche anno fa?
  Vi cedo la parola per una replica alle domande e considerazioni che vi abbiamo rivolto, grazie.

  FABIO GALLI, direttore generale dell'Associazione italiana del risparmio gestito – Assogestioni (intervento da remoto). Volentieri. Chiederò, tra l'altro, anche ad Arianna Immacolato di intervenire in particolare sulle sue domande, onorevole Marattin. Cerco di essere sintetico, ma di rispondere a tutti i punti che sono stati sollevati.
  L'industria del risparmio gestito sicuramente si sta sviluppando, sta cercando di innovare tutta la propria capacità di gestione di portafogli meno liquidi, di investimento di lungo termine, che quindi vanno a impattare su infrastrutture e su piccola e media impresa.
  In questo ambito le forme di partnership pubblico/privato, anche nell'ottica di quelle che saranno le risorse disponibili da Recovery Fund, certamente vedranno con favore qualsiasi forma di incentivo, o di qualcosa che possa funzionare. È evidente che noi siamo a disposizione per comprendere quali sono i meccanismi tecnici con cui si possono realizzare queste forme di partecipazione del risparmio pubblico e privato, ma certamente una delle grosse sfide per il risparmio gestito e una delle capacità su cui si sta facendo maggiore investimento è proprio verso quel tipo di investimenti. E quindi ben venga una riflessione su come consentire a quella parte di risparmio privato, che oggi forse rimane ferma e infruttuosa sui conti correnti, di contribuire anche nelle forme appunto di partnership con Pag. 32quelle che sono le risorse, invece, di origine pubblicistica.
  Sugli altri punti, per quanto riguarda la questione delle obbligazioni è evidente che per noi, come dicevamo, la stella polare del sistema di tassazione dovrebbe essere favorire l'investimento verso la parte più produttiva e, in questo senso, non si tratterebbe semplicemente di creare un disincentivo all'investimento nei titoli pubblici, perché sono una parte importante del portafoglio. Bisogna dire che oggi la non attrattività dei titoli pubblici dell'area euro è palese a causa del livello dei tassi di interesse e quindi forse è il momento migliore per andare a introdurre quel tipo di razionalità nell'aliquota. Ovviamente si tratta di calibrare bene, invece, le aliquote, diminuendo casomai l'aliquota ordinaria, come dicevamo nella nostra relazione, riducendola rispetto al 26 per cento; forse si potrebbe arrivare al 23 per cento, che è l'aliquota minima, la prima aliquota del sistema IRPEF. E quindi in qualche modo riequilibrando l'incentivo all'investimento nella parte obbligazionaria privata – delle imprese – e nella parte anche azionaria.
  Tenete conto che comunque noi crediamo, appunto, che gli investimenti di tipo PIR e di tipo previdenziale siano quelli più adatti a tutto ciò che è meno liquido e quindi che ha un livello più basso di capitalizzazione. In tutti i Paesi la sostituzione progressiva ai canali di investimento bancari si è avuta con lo sviluppo di un forte sistema previdenziale di secondo e terzo pilastro. Questo è vero negli Stati Uniti, in Inghilterra e in Olanda. E quindi noi abbiamo bisogno di ricalibrare il nostro sistema di tassazione a favore del lungo termine, come dicevamo all'inizio.
  Per quanto riguarda i numeri sui PIR, ed in particolare sui PIR alternativi, troverete in noi sicuramente una fonte di dati. Il 2021 sarà il primo anno di funzionamento complessivo dei PIR alternativi: tenete conto che la reingegnerizzazione del sistema di consulenza rispetto a questo tipo di prodotti sta richiedendo un po' di tempo ed oltretutto non ha aiutato il fatto che in questo momento il sistema di consulenza non possa avere un contatto diretto con i risparmiatori.
  In quell'ambito io vorrei sottolineare, anche se la questione non è specificamente di tipo fiscale, che ormai da due anni Assogestioni ha fatto una proposta articolata al Governo e ai regolatori per favorire e migliorare il sistema di regolamentazione dell'accesso degli investitori semiprofessionali agli investimenti alternativi. Il sistema di regolamentazione italiano è uno dei più rigidi, che pone più restrizioni all'accesso ai prodotti di investimento alternativo e secondo noi la proposta di Assogestioni sembra che sia stata accolta con favore, in realtà, nello spirito e nell'impostazione, sia da Banca d'Italia, sia da CONSOB che dal Ministero dell'economia e delle finanze. Speriamo che a breve si possa trovare una convergenza, che consentirebbe di abbassare quelle soglie regolamentari che sono disallineate rispetto all'impostazione di altri Paesi, come la Germania e la Francia, in maniera tale da accompagnare l'iniziativa fiscale dei PIR anche a questo tipo di iniziative invece di tipo normativo.
  Sicuramente, onorevole Marattin, io ho messo in rilievo la tassazione del maturato sulla parte previdenziale, ma questo vale certamente per le gestioni di portafoglio. Tenete conto che oggi, a parità di investimento, se io utilizzo un fondo comune ho un sistema di tassazione solo sulla realizzazione, però con una forte penalizzazione in termini di compensazione delle perdite, derivante dall'impossibilità di compensare con perdite realizzate eventualmente su altri fondi nell'ambito della gestione di portafoglio; lo stesso portafoglio di investimento sarebbe tassato invece per maturazione e avrebbe delle forme di compensabilità diverse. È un'incoerenza che non ha nessun senso. Ho messo in rilievo la questione previdenziale, perché lì sicuramente non solo non c'è volontà di differimento di imposta, ma addirittura l'obiettivo delle forme previdenziali è quello di differire la realizzazione dell'investimento. Nella gestione di portafoglio sicuramente il sistema a maturazione comporta tutti i problemi, e anche tutte le incongruenze, che comportava un tempo la gestione per maturazione Pag. 33sui fondi comuni di investimento. E quindi certamente anche sulla gestione di portafoglio dovremo cercare di convergere su un sistema di tassazione sul realizzato con delle forme coerenti di compensazione.
  Sul tema molto importante delle forme, diciamo, delle ragioni o degli incentivi alla residenza fiscale, ai comportamenti quando si tratta di rendite finanziarie, lascerei ha parola ad Arianna Immacolato, che sicuramente è molto più esperta di me.

  ARIANNA IMMACOLATO, direttore fisco e previdenza dell'Associazione italiana del risparmio gestito – Assogestioni (intervento da remoto). Buongiorno a tutti. Effettivamente noi abbiamo fatto una considerazione, che abbiamo visto è un po' in controtendenza con quelle che sono state portate da altri soggetti, che sono stati auditi in questo periodo, ma questo perché? Perché noi stiamo lavorando e abbiamo lavorato sulla materia dello scambio di informazioni sin dall'inizio, sin dalla sua introduzione, addirittura sin da quando c'era esclusivamente la disciplina americana in materia di conti statunitensi, Foreign Account Tax Compliance Act – FATCA. E quali sono i punti diciamo critici? Innanzitutto la disciplina sullo scambio di informazioni riguarda solamente i beni che sono detenuti in conti finanziari e quindi è chiaro che tutto ciò che non entra in conti finanziari, come ad esempio l'oro, le pietre preziose e quant'altro, non rientra nella disciplina sullo scambio di informazioni.
  Ma non è tutto, in realtà il tema è che lo scambio automatico di informazioni riguarda prevalentemente i conti detenuti da persone fisiche. Per quanto riguarda le entità, in realtà comprende esclusivamente, include nell'ambito della comunicazione solo quei conti detenuti da entità, che vengono definite come entità che producono solo redditi passivi ed esclusivamente se l'investitore persona fisica, che si deve trovare in uno Stato diverso da quello che è lo Stato in cui è istituita l'entità, è una persona fisica che, ai fini nella disciplina antiriciclaggio, viene qualificata come titolare effettivo.
  Ora è un po' complessa, diciamo, la ricostruzione di queste fattispecie, però in realtà è chiaro che tutto ciò che viene nascosto o investito tramite le società, è fuori. E quindi, insomma, sapete meglio di noi che è abbastanza facile superare il meccanismo dello scambio di informazioni.
  Poi c'è un altro tema, la disciplina sullo scambio di informazioni, purtroppo, non è stata recepita in modo uguale in tutti i Paesi, quindi noi stiamo lavorando a livello europeo tramite la nostra federazione europea per cercare di vedere dove sono i buchi, perché poi ogni amministrazione ha recepito le misure in maniera differente; potete immaginare come, nel caso di Paesi come Lussemburgo e Irlanda, che non ci fanno conoscere esattamente in che modo hanno recepito la disciplina sullo scambio di informazioni, dei buchi facilmente possono esserci nella normativa.
  E quindi, insomma, noi riteniamo che non siamo così al sicuro e così tranquilli – a oggi non possiamo dirlo – con lo scambio automatico di informazioni.

  PRESIDENTE. Benissimo, grazie mille al dottor Fabio Galli, direttore generale di Assogestioni e a tutti i suoi collaboratori, alla dottoressa Immacolato, alla dottoressa Di Capua e al dottor Menchini per la loro presenza qui questa mattina, in questa audizione che chiude la giornata di oggi e questa settimana di audizioni. Io ringrazio ancora Assogestioni per la presenza.
  Ricordo che noi abbiamo questa prassi che i commissari dopo l'audizione, ristudiando e riflettendo su quanto abbiamo discusso, hanno la facoltà di inviarvi domande scritte o ulteriori richieste di approfondimento, che vi faremo pervenire eventualmente tramite la segreteria, e se siete così gentili poi da risponderci socializzeremmo queste risposte anche con gli altri commissari, in modo da avere un follow up su questa interessante chiacchierata che abbiamo fatto con voi e di cui vi ringrazio ancora una volta.
  Saluto anche i colleghi, auguro buon fine settimana e vi ricordo che ci rivediamo lunedì prossimo ed entriamo nell'ultima settimana di audizioni, diciamo, standard prima di quelle finali di aprile, del Fondo Monetario Internazionale, del Commissario Gentiloni e poi del Ministro Franco. E Pag. 34quindi stiamo procedendo verso la fine della nostra indagine e di nuovo, come avevo detto in Ufficio di Presidenza mercoledì a tutti i colleghi, un ringraziamento per come stiamo lavorando, ma anche un incoraggiamento perché stiamo per entrare nella fase in cui cominciamo a tirare la rete e vedere che pesci, se mi consentite la metafora, stiamo per mangiare.
  Grazie a tutti.
  Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dai rappresentanti dell'Associazione italiana del risparmio gestito – Assogestioni (vedi allegato 3) e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 12.40.

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ALLEGATO 2

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