XVIII Legislatura

VI Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Martedì 7 luglio 2020

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Trano Raffaele , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUI MERCATI FINANZIARI AL SERVIZIO DELLA CRESCITA ECONOMICA

Audizione in videoconferenza della presidente dell'Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici (ANIA), Maria Bianca Farina.
Trano Raffaele , Presidente ... 3 
Farina Maria Bianca , presidente dell'Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici – ANIA ... 3 
Trano Raffaele , Presidente ... 7 
Ungaro Massimo (IV)  ... 8 
Centemero Giulio (LEGA)  ... 8 
Trano Raffaele , Presidente ... 8 
Farina Maria Bianca , presidente dell'Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici – ANIA ... 8 
Trano Raffaele , Presidente ... 11 

Audizione in videoconferenza di rappresentanti dell'Associazione italiana dei venture capital - VC Hub Italia:
Trano Raffaele , Presidente ... 11 
Boni Fausto , presidente dell'Associazione italiana dei ... 11 
Cerruti Francesco , direttore generale dell'Associazione italiana dei ... 11 
Trano Raffaele , Presidente ... 15 
Centemero Giulio (LEGA)  ... 15 
Zanichelli Davide (M5S)  ... 15 
Ungaro Massimo (IV)  ... 15 
Trano Raffaele , Presidente ... 16 
Boni Fausto , presidente dell'Associazione italiana dei ... 16 
Cerruti Francesco , direttore generale dell'Associazione italiana dei ... 17 
Trano Raffaele , Presidente ... 18 

Allegato 1: Documentazione depositata dalla dottoressa Farina ... 19 

Allegato 2: Documentazione depositata dai rappresentanti dell'Associazione italiana dei venture capital – VC Hub Italia ... 34

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Cambiamo!-Alleanza di Centro: Misto-NI-USEI-C!-AC;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Centro Democratico-Radicali Italiani-+Europa: Misto-CD-RI-+E;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Popolo Protagonista - Alternativa Popolare: Misto-PP-AP.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
RAFFAELE TRANO

  La seduta comincia alle 13.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione in videoconferenza della presidente dell'Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici (ANIA), Maria Bianca Farina.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui mercati finanziari al servizio della crescita economica, l'audizione in videoconferenza della presidente dell'Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici – ANIA, Maria Bianca Farina.
  Ricordo che l'audizione si svolgerà in videoconferenza con la partecipazione da remoto dell'audito, nel rispetto delle misure di tutela adottate dalla Camera per prevenire il contagio da Coronavirus, secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento nella riunione del 31 marzo 2020. Quella di oggi è la prima audizione nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui mercati finanziari al servizio della crescita economica.
  Cedo subito la parola alla presidente Farina, alla quale chiederei di limitare, se possibile, il proprio intervento a una ventina di minuti al massimo, al fine di lasciare poi adeguato spazio al successivo dibattito.

  MARIA BIANCA FARINA, presidente dell'Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici – ANIA. Signor presidente, mi lasci innanzitutto ringraziarvi per averci invitato a questa audizione. Mi fa particolarmente piacere aprire questo ciclo di audizioni, perché il tema oggetto della vostra indagine è di grande rilievo per il Paese innanzitutto e certamente per la nostra industria. Noi pensiamo che nel contesto del Piano di rilancio post pandemia, il sistema assicurativo possa svolgere un ruolo importante, ruolo che definirei centrale, in primo luogo come investitore istituzionale.
  Mi fa piacere ricordarvi alcune cifre che riguardano i nostri investimenti. In particolare tenete conto che la quota del risparmio degli italiani investita in forme di assicurazione sulla vita è in crescita ormai da diversi anni: nel 2019, secondo i dati della Banca d'Italia, ha raggiunto oltre il 18 per cento della complessiva ricchezza finanziaria. Gli investimenti delle imprese assicuratrici, sempre alla fine dell'anno scorso, erano pari, in valore assoluto, a circa 950 miliardi di euro, una cifra corrispondente al 53 per cento del PIL, quindi una cifra sicuramente importante.
  Sarò breve, come mi è stato richiesto, e vorrei evidenziare prima alcuni dei principali obiettivi che l'azione di rilancio dovrà necessariamente porsi e analizzerei poi, sempre molto sinteticamente, l'evoluzione recente dell'industria assicurativa, soprattutto alla luce degli impatti della pandemia, e il ruolo, questo sarà il punto centrale, che la nostra industria potrà svolgere a sostegno della crescita. A questo proposito, proprio in chiusura, mi soffermerò su alcuni interventi necessari, sia sul piano regolamentare, sia su quello fiscale, che possono Pag. 4concorrere a rendere il nostro ruolo ancora più efficace.
  Il Governo ha appena presentato il Piano di rilancio – lo abbiamo letto proprio nelle ultimissime ore – costruito intorno a tre linee strategiche fondamentali: modernizzazione del Paese, transizione ecologica, inclusione sociale e territoriale e parità di genere. Certamente queste linee strategiche e le attività che ne deriveranno richiedono un fortissimo incremento sia di investimenti sia di riforme necessarie per incrementare la competitività, l'equità e la sostenibilità sociale ed ambientale del nostro Paese.
  Secondo la proposta della Commissione europea, che dovrebbe essere approvata già questo mese, le risorse europee che si renderanno disponibili per il rilancio dell'economia saranno molto importanti. È quindi fondamentale che il Governo arrivi al più presto a definire la declinazione pratica e dettagliata del nostro Recovery Plan, questo se possibile ben prima della data ultima oggi prevista, sempre secondo la proposta della Commissione, per aprile prossimo.
  Noi riteniamo che non possiamo perdere questa irripetibile occasione per dare uno slancio forte al nostro Paese. Sarà però cruciale per il successo del Piano la capacità di favorire in maniera efficace anche l'afflusso di capitali privati sugli investimenti necessari. Per far ciò si potrebbe pensare anche all'offerta di garanzie pubbliche sui progetti a più alto rischio - che quindi sarebbero inadeguate per investimenti a condizioni di mercato - per riportarle appunto alla situazione nella quale un privato può investire.
  Come rafforzare il finanziamento privato e di mercato degli investimenti è proprio la materia di questa indagine conoscitiva. Dobbiamo tenere in debita considerazione due caratteristiche tipiche della struttura produttiva italiana: innanzitutto l'elevata incidenza di imprese piccole, addirittura microimprese, che peraltro, nel confronto europeo, presentano una quota di debiti molto elevata – quasi totalmente bancari – in relazione al capitale proprio che detengono, quindi c'è un fattore di indebitamento di queste piccole imprese. Altra caratteristica è la presenza di un gap infrastrutturale ancora elevato, ben superiore a quello europeo.
  Come fare per rafforzare lo sviluppo del mercato dei capitali in Italia viene indicato in maniera chiara dal recente Rapporto OCSE e noi condividiamo le azioni raccomandate nel Rapporto e in particolare i due obiettivi.
  Il primo è il miglioramento delle condizioni per la partecipazione ai mercati finanziari da parte degli investitori individuali. Secondo i dati della Banca d'Italia, alla fine del 2019, poco meno di un terzo della ricchezza finanziaria delle famiglie – stiamo parlando di oltre 1.300 miliardi di euro – era detenuta in depositi e circolante. In questo scenario è decisivo avere chiaro il contributo che può arrivare direttamente dalle famiglie italiane. Un contributo che, stando agli eccellenti risultati delle emissioni di debito pubblico, può avere dimensioni importanti e rivelarsi decisivo nella complessa attività di difesa e rilancio del sistema produttivo che andrà messa in atto. Riteniamo che sarebbe importante valutare l'istituzione di un Fondo Sovrano Italiano, che possa accogliere a questi fini anche capitale privato.
  Il secondo obiettivo indicato dall'OCSE è incoraggiare e rafforzare la partecipazione ai mercati dei capitali da parte degli investitori istituzionali. Tenete conto che alla fine del 2019, la quota di ricchezza finanziaria allocata presso investitori istituzionali è ancora salita, raggiungendo il 31,6 per cento, rispetto a circa il 20 per cento del 2007. Le assicurazioni vita rappresentano il 18,2 per cento del totale della ricchezza finanziaria degli italiani e questo significa che detengono quasi il 60 per cento di tutto il risparmio che affluisce agli investitori istituzionali. Quindi, quando ci si interroga su come rafforzare il ruolo nel mercato dei capitali degli investitori istituzionali si deve necessariamente ragionare, in primo luogo, su quello che possono fare le imprese di assicurazione.
  E vorrei aggiungere un terzo obiettivo a quelli indicati dall'OCSE, che noi riteniamo altrettanto fondamentale e in qualche modo complementare agli altri due che ho appenaPag. 5 enunciato, che è quello di rafforzare la resilienza del Paese, ovvero la capacità di far fronte in modo efficace ed efficiente ai vari shock. Famiglie e imprese più sicure, più assicurate, hanno certamente meno necessità di risparmio precauzionale e possono allocare in maniera più efficiente le loro risorse patrimoniali. Fatemi dire che non è un caso che i Paesi con un mercato dei capitali più avanzato siano anche quelli con un'industria assicurativa più diffusa e sviluppata della nostra.
  L'emergenza COVID ha certamente acuito questo gap di protezione assicurativa che già caratterizzava il nostro Paese, rendendolo ancora più fragile e meno competitivo. Serve rilanciare la previdenza integrativa, rendere più efficiente e più equa la spesa sanitaria privata delle famiglie, realizzare una partnership pubblico-privata in tema di catastrofi naturali: sono temi importanti da affrontare in maniera strutturata per aumentare il grado di protezione delle famiglie italiane.
  Inoltre, la crisi del COVID-19 ha evidenziato con chiarezza la necessità di dotarsi di un sistema efficiente di gestione assicurativa del rischio pandemico. Stiamo vedendo quanto, approfittando della mutualità che connota il sistema assicurativo, si possano coprire dei bisogni per le famiglie, le imprese e per lo stesso sistema sanitario che emergono in occasione di una pandemia
  A questo proposito, in ANIA, abbiamo costituito un Comitato di eminenti esperti, economisti, biologi, epidemiologi con l'obiettivo di individuare possibilità e modalità di intervento, in un'ottica di partnership pubblico-privato. Sarà difficile che il sistema assicurativo possa coprire danni così ingenti e così poco prevedibili, ma sicuramente può avere un ruolo e in partnership con il pubblico può dotarsi ex ante di strumenti per venire incontro ai bisogni dei vari componenti del nostro tessuto socio-economico
  Detto questo in termini di obiettivi da raggiungere, quale ruolo il settore assicurativo può svolgere?
  Prima vorrei dirvi cosa è accaduto all'industria assicurativa nel corso di questa pandemia. Debbo dirvi che già i primi impatti sono sembrati molto seri anche per la nostra industria. Ma debbo anche dirvi che, nonostante le grandi difficoltà che, come tutti, abbiamo incontrato, il settore ha retto e, anche se i ricavi sono crollati e abbiamo dovuto comunque procedere a sostenere i nostri costi e cioè a pagare i risarcimenti che i nostri clienti ci chiedevano, siamo rimasti solidi, affidabili e abbiamo continuato pienamente a svolgere il nostro importante ruolo e abbiamo garantito da subito significative iniziative a sostegno del Sistema sanitario nazionale, della Protezione civile, della comunità e del Paese.
  Devo dirvi che, come investitori istituzionali, il settore ha seguito nel corso degli anni, anche in coerenza con il tipo di impegni assunti nei confronti degli assicurati, un asset allocation dei propri investimenti molto prudente, che ha privilegiato i titoli a reddito fisso, in particolare quelli emessi dallo Stato italiano, che, a fine del 2019, ammontavano a 335 miliardi di euro. Questa politica ha contribuito ad attutire le forti turbolenze che si sono verificate nei mercati nei momenti di crisi, come ad esempio nel 2011 e nel 2012. Nessun assicurato italiano ha perso un euro dei propri investimenti. Anche – ripeto – nelle condizioni di maggiore difficoltà tutti hanno ricevuto ciò che era stato loro promesso al momento della sottoscrizione.
  Proprio perché si è poi presentato uno scenario ormai prolungato di bassi tassi di interesse, le imprese hanno iniziato a mettere in atto una diversificazione maggiore della propria asset allocation ed è in aumento la quota, sul totale del portafoglio, dei corporate bonds e degli investimenti alternativi.
  Alla fine del 2019 – che è l'ultima data per la quale disponiamo di dati certi – gli investimenti delle compagnie di assicurazione in obbligazioni societarie – esclusi gli attivi relativi a polizze linked, altrimenti questo numero sarebbe ancora maggiore – erano pari a 186 miliardi di euro, circa il 25 per cento del totale, oltre 100 miliardi rivolti direttamente verso l'economia reale.Pag. 6
  Per contro sono ancora contenuti gli acquisti di azioni di società non collegate, così come è ancora limitato l'investimento nelle infrastrutture, che solo molto recentemente ha beneficiato – sempre con certi vincoli e a particolari condizioni – di una riduzione dei requisiti patrimoniali.
  Per facilitare l'intervento dell'industria assicurativa in un settore di vitale importanza per il Paese, nel quale crediamo molto, ANIA stessa si è fatta promotrice di un progetto innovativo di investimento in infrastrutture italiane che ha coinvolto tutti gli attori chiave. Abbiamo chiuso il primo closing di 320 milioni di euro lo scorso febbraio, è ora in corso il secondo closing con l'aspettativa di arrivare - se non addirittura superare - al target che ci siamo dati di 500 milioni. Per dirvi quanto crediamo nella necessità di far affluire gli investimenti alle nostre infrastrutture.
  Infine, come dicevo in apertura, un ultimo punto: come incoraggiare e rafforzare la partecipazione ai mercati dei capitali da parte degli investitori istituzionali. Per incoraggiare gli investimenti delle assicurazioni nelle imprese a media capitalizzazione e nelle PMI è necessario affrontare un tema sicuramente regolamentare – per lo più di derivazione europea – e un tema fiscale.
  Sul piano regolamentare è necessario – direi è indispensabile – migliorare il quadro normativo europeo. In particolare il nostro sistema di vigilanza prudenziale, denominato Solvency II ed entrato in vigore nel 2016, va rivisto perché sicuramente da una parte questo nuovo regime ha introdotto principi innovativi e condivisibili per rendere l'assicurazione europea più efficiente e più solida, ma per altri versi – e questo è stato evidentissimo nei primi anni di applicazione del regime – ha presentato grandi criticità.
  Alcune regole infatti espongono le imprese e il capitale che le imprese debbono allocare a fronte del proprio business a una volatilità eccessiva della loro situazione patrimoniale. Da un giorno all'altro cambiano i requisiti di capitale che le assicurazioni debbono mettere sul piatto, malgrado niente sia cambiato nelle aziende. Soprattutto tutto questo risulta incoerente con il modello di business dell'industria assicurativa, perché nel business assicurativo la durata dei contratti assicurativi ha orizzonti medio-lunghi, più lunghi che medi, e quindi mal si applica a questa industria una regolamentazione che basa la valutazione dei suoi asset e delle sue liabilities giorno per giorno. Questo significa che la necessità di capitale per gli azionisti cambia di giorno in giorno secondo la volatilità dei mercati, che peraltro non influenza il business che portano avanti.
  Proprio per questo, una delle cose che per prime dovrebbero cambiare – peraltro è in atto a livello europeo una revisione del sistema – è quello che viene definito Volatility Adjustment, che è uno strumento che vorrebbe proprio attutire gli impatti della volatilità artificiale dei mercati finanziari ma che ha dimostrato, anche in occasione della pandemia, quando ricorderete c'è stato un momento in cui gli spread sono saliti molto, di non funzionare adeguatamente e di non rappresentare la realtà del nostro business. L'Italia in particolare, per la volatilità del nostro spread, ha bisogno di efficaci modifiche di questo meccanismo, proprio per il fatto che si dovrebbe tener conto del fatto che il nostro è un business di lungo termine e che quindi è in grado di sopportare e riassorbire nel medio termine episodi di volatilità estrema, come quando si manifestano incertezze dei mercati sulla capacità di tenuta del nostro debito pubblico.
  È essenziale, perciò, che la revisione dello strumento contro questa volatilità, che abbiamo definito artificiale, permetta effettivamente alle compagnie di avere un orizzonte di investimento a lungo termine, coerente con la durata dei propri impegni con gli assicurati.
  È anche necessario migliorare la calibrazione dei requisiti patrimoniali per gli investimenti azionari e obbligazionari, tuttora molto elevati, soprattutto quando si considerano le durate più lunghe. Per fare un esempio in alcuni casi per acquistare un'azione, magari non quotata, l'assorbimento di capitale di quello specifico investimento arriva almeno al 40 per cento Pag. 7dell'investimento stesso. Gli asset meno liquidi e di più lunga durata possono arrivare a cifre di assorbimento del capitale anche pari al 100 per cento dell'investimento stesso.
  La Review del 2018 è un'occasione per noi fondamentale, irripetibile, nella quale l'Italia deve far sentire la propria voce, perché poi gli interessi dei vari Paesi non sono sempre allineati. È un'occasione importante sulla quale dobbiamo tutti essere molto attenti.
  In chiusura vi rappresento un tema fiscale, anche questo importante per noi, per migliorare la nostra capacità di investimento nell'economia reale. Negli anni recenti sono stati introdotti i Piani individuali di risparmio – PIR, che sono agevolati fiscalmente e sono volti a finanziare alcuni tipi di imprese, in particolare le PMI. All'inizio i PIR hanno avuto grande successo e la possibilità di investire in PIR è stata estesa anche a investitori istituzionali, come enti di previdenza obbligatoria e fondi pensione. Questo nell'ambito di investimenti che possono raggiungere il 10 per cento dell'intero patrimonio investito. Le modifiche introdotte nel 2019 hanno provocato un significativo deflusso di risorse, proprio perché era stata introdotta la possibilità di investire in asset meno liquidi e questo ha creato qualche problema per i fondi destinati a retail.
  Ora, come auspicato da gran parte degli operatori – forse da tutti gli operatori – l'ultima legge di bilancio ha ripristinato di fatto la versione iniziale dei Piani, mentre il decreto Rilancio ha introdotto una nuova tipologia di PIR, cosiddetti alternativi, che si aggiunge a quella in essere. Però vorrei far presente che per ora la normativa del settore assicurativo prevede vincoli tanto stringenti da rendere impossibile per le imprese di assicurazione realizzare PIR alternativi. È quindi opportuno, anche per ragioni di parità competitiva, adattare le norme settoriali alla disposizione generale. Si tratta di modificare regolamenti che non consentono alle nostre compagnie di investire in questi Piani.
  Il nostro auspicio è che il ripristino dei PIR originari, integrati da un vincolo di investimento in piccole imprese, e l'introduzione dei PIR alternativi alimentino un'ulteriore crescita delle quotazioni al segmento Alternative Investment Market – AIM di Borsa Italiana. Per facilitare questo processo, sarebbe molto importante sfruttare la dimensione del portafoglio delle polizze assicurative tradizionali – pari a oltre 500 miliardi di euro. Si tratta di quelle gestioni in cui l'assicuratore garantisce in ogni caso, a proprio rischio, il rimborso dell'investimento e che presentano peraltro caratteristiche previdenziali di medio-lungo termine.
  Se anche l'uno per cento di questo portafoglio fosse impiegato in PIR, offrendo all'assicurato un proporzionale vantaggio fiscale, certamente i PIR garantirebbero significative nuove risorse a favore delle PMI. Peraltro, si tratterebbe di estendere alle gestioni assicurative tradizionali le disposizioni già oggi efficaci e operative previste a vantaggio degli enti di previdenza obbligatoria e delle forme di previdenza complementare.
  Quello che chiediamo e che riteniamo sarebbe utile per tutti è includere anche le gestioni separate e le compagnie assicurative in questo perimetro. In maniera molto sintetica credo di avervi esposto quello che come industria possiamo e vogliamo fare.
  Vi ringrazio ancora una volta per l'attenzione che ci avete dedicato e che ci auguriamo davvero che questa vostra indagine permetta un significativo passo in avanti del sistema finanziario nel nostro Paese. Restiamo, ovviamente, a disposizione per ogni eventuale necessario chiarimento.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente Farina, per gli spunti oltremodo interessanti per questa Commissione e i dati che ci ha fornito, molto rilevanti. Siamo contenti di aver iniziato con lei questa indagine conoscitiva. Pertanto, io non posso che ringraziarla.
  Invito i colleghi che intendono formulare quesiti o osservazioni a contenere il proprio intervento in due o tre minuti per consentire a tutti di intervenire e lasciare adeguato tempo per la replica.

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  MASSIMO UNGARO. Grazie, presidente Farina per questa relazione e leggerò con molto interesse il documento depositato.
  Io ho due domande molto puntuali, non direttamente collegate alla sua relazione, ma che comunque hanno a che vedere con il mondo delle imprese assicuratrici in Italia. Io vedo un settore molto solido prima del COVID, in cui la redditività è raddoppiata, in cui i capitali minimi sono due volte e mezzo i requisiti di legge e la raccolta è in crescita. Pertanto mi sembra che il settore sia stato nella condizione di affrontare la crisi del COVID-19; inoltre, almeno per il comparto dell'assicurazione delle autovetture, immagino che una circolazione minore, abbia portato a minori esborsi per incidenti, mentre non c'è stata nessuna proroga o moratoria delle polizze assicurative in generale.
  Come richiamato più volte dall'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni – IVASS e dalla politica negli ultimi anni, quali sono le iniziative dell'ANIA per consentire di continuare a ridurre i prezzi delle polizze assicurative e dei premi assicurativi? Tali prezzi in Italia rimangono troppo elevati, più che in altri Paesi europei, anche se è vero che sono in discesa. Faccio un esempio, che è soltanto un comparto del mondo delle assicurazioni: la polizza RC-Auto. L'italiano medio paga 90 euro in più rispetto a tutti i suoi colleghi europei – erano 200 euro fino a qualche anno fa. Quali sono le iniziative intraprese da ANIA per continuare a ridurre i premi? Per certe categorie, soprattutto i giovani, i premi assicurativi in Italia rimangono estremamente elevati.
  Seconda domanda: sulle polizze dormienti vorrei sapere se ci sono altre iniziative intraprese da ANIA per combattere questo fenomeno, che in Italia rimane ancora troppo rilevante.

  GIULIO CENTEMERO. La ringrazio per la relazione e per aver inaugurato questa indagine conoscitiva. La mia domanda è se lei ritiene utile la costituzione della sandbox per l'InsurTech in Italia e se ritiene utile la creazione di una sandbox anche a livello europeo. Questa domanda, che mi arriva dal settore, si collega ai mercati finanziari. Da un lato, siete sicuramente degli investitori istituzionali, come ci ha dimostrato poc'anzi con cifre molto significative, che personalmente non conoscevo; invece dall'altra parte della cosiddetta barricata, ci sono queste nuove forme di società assicuratrici, o comunque anche nel campo del Fintech, penso al RegTech per esempio, che possono essere oggetto di investimento.
  In secondo luogo – sapendo di non sapere, mettendola dal punto di vista filosofico – vorrei sapere se non ritenga importante, dal suo osservatorio, creare una cultura su quello che rappresentano le società assicuratrici e riassicuratrici nel nostro Paese e non solo. Perché mi rendo conto che un ragazzo, giunto al diploma, spesso conosce il vostro mondo solo per l'assicurazione del motorino o dell'auto, quando invece è un mondo molto più vasto e che concerne anche i bilanci aziendali.

  PRESIDENTE. Cedo la parola alla presidente Farina per la replica.

  MARIA BIANCA FARINA, presidente dell'Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici – ANIA. Partiamo dalla domanda dell'onorevole Ungaro. Sulla solidità del settore ho detto prima, in questi mesi sono scesi gli indici di solvibilità, cioè il rapporto tra capitale e business, ma sono sempre molto al di sotto della quota minima richiesta dalle norme. Questo proprio a dire quanto è resiliente il settore rispetto a scosse, a turbolenze, allo tsunami che si è scatenato sul mondo e sul nostro Paese. Le confermo che il settore resta solido e che è un settore, come avete appena sottolineato, importante, ma poco conosciuto per i servizi che fa, che sono sicuramente a grande valore per i cittadini, proprio perché sono imperniati sul criterio della mutualità, che abbassa il costo per tutti e dà risarcimenti importanti a chi poi è colpito da qualcuno dei rischi che fronteggiamo ogni giorno.
  Detto questo, parliamo della RC-Auto su cui c'è un discorso di attualità, quello a cui lei si riferiva relativo al calo della frequenza dei sinistri, che sicuramente c'è stato nel periodo del lockdown e che noi, come ANIA e come settore, abbiamo affrontatoPag. 9 fin da subito in maniera molto seria. Lei avrà visto il nostro comunicato, predisposto a seguito di riunioni con i nostri organi associativi, con il quale abbiamo detto che il settore non avrebbe ritenuto un euro dei risparmi derivanti da quel calo di frequenza, laddove il calo fosse rimasto tale, anche man mano che il lockdown si fermava e le cose riprendevano. Già non sono solo due o tre, ma molte nostre imprese hanno differito gratuitamente la durata del contratto, per un mese in più rispetto a quanto previsto. Tra l'altro a livello normativo, sono stati differiti tutti i termini di comporto, quindi le compagnie non hanno incassato, per tempi ben più lunghi del normale, i loro premi.
  Ritornando al discorso del calo di frequenze, tenete conto che molte compagnie hanno detto che, alle scadenze delle polizze, anch'esse reintegreranno in varie forme: chi ha dato un voucher, chi uno sconto. Ognuno con le proprie modalità sta man mano risarcendo i clienti, e questo – debbo dirvi – lo stanno facendo a proprio rischio; perché così com'è calata la frequenza dei sinistri nel periodo del lockdown, le compagnie sono preoccupate che la frequenza possa crescere nei mesi prossimi, perché non si prendono i mezzi pubblici e le macchine vengono usate molto di più, così come è successo in Cina, dove nel post lockdown, le frequenze dei sinistri sono molto aumentate. A fine anno, quando si faranno i conti, probabilmente quel calo di frequenze dei mesi del lockdown, potrebbe essere stato addirittura recuperato e superato. Malgrado questa preoccupazione, le imprese di assicurazione si sono date da fare.
  Tenete conto che anche le imprese di assicurazione hanno subito gli effetti del COVID. Hanno pagato un po' di sinistri in meno – vediamo cosa succederà in futuro – ma hanno incassato tanti, ma tanti ricavi in meno e in alcuni rami i sinistri sono anche aumentati. Noi siamo abbastanza trasparenti nei nostri dati, forse si conoscono poco, ma avremo modo di farveli vedere ancora più in dettaglio, perché vogliamo essere molto trasparenti. Ci sentiamo parte del sistema e siamo molto convinti che insieme a voi dobbiamo risolvere i problemi dei cittadini italiani, mettendo in campo tutta la nostra competenza e le nostre capacità.
  Faccio una digressione sul tema dell'auto, perché questa è una contingenza di oggi. C'è un tema ricorrente sul discorso dell'auto, che a mio giudizio, va preso nel verso giusto. I prezzi della RC-Auto, come indicavate anche voi, sono molto diminuiti rispetto agli anni scorsi, grazie alla riduzione della frequenza dei sinistri e anche agli interventi di razionalizzazione che sono stati realizzati. Un'ulteriore riduzione dei prezzi, che ancora si può fare, presupporrebbe nuovi interventi di revisione strutturale dei costi, che richiederebbero scelte di politica sociale ed economica. Vorrei far presente che i prezzi sono scesi di più per chi pagava di più, quindi si sono notevolmente attutite le differenze tra chi pagava molto più e chi pagava di meno. C'è stata una discesa equa dei prezzi. Tutto ciò, però, attiene al calo generalizzato del costo dei risarcimenti della RC-Auto e quindi ai prezzi che le compagnie di assicurazione richiedono ai propri clienti.
  Il nostro obiettivo è far scendere questi costi, perché tutti i prezzi calino. Noi abbiamo delle proposte strutturali per arrivare a questo obiettivo. Sarebbe il caso di parlarne in dettaglio per vedere che cosa si può fare. Ne cito uno solo, perché su questo possiamo fare qualcosa. Il tema delle frodi, che incide in maniera sensibilissima sui prezzi globali del sistema RC-Auto. In questi anni, stiamo approntando un osservatorio delle frodi, cioè stiamo facendo un database dei sinistri, di tutti i rami, per capire quelli che sono più vicini al rischio di frode.
  Un altro dato: sapete quante tasse gravano sui prezzi della RC-Auto? Più del 20 per cento, per la precisione il 21 per cento. C'è stata una proposta della nostra Autorità di vigilanza: perché non togliere le tasse – nel 21 per cento c'è dentro anche un rimborso al Sistema sanitario nazionale – perché non togliere dai premi RC-Auto quest'onere e trasferirlo, per esempio, sul costo del carburante, soprattutto di quello più inquinante? Con questo si raggiungono Pag. 10due obiettivi importanti: dare un sollievo a un servizio sociale, quello della RC-Auto, e gravare sul costo di chi compra carburanti inquinanti.
  Un altro esempio: noi paghiamo per lesioni superiori ai nove punti percentuali le cifre più disparate, perché il tribunale decide come vuole. Siamo ben lontani dalle medie europee. Avrebbero dovuto essere pubblicate delle tabelle, per uniformare questo tipo di rimborsi in tutta l'Italia, ma sono anni e anni che aspettiamo e non escono. Questo ci farebbe risparmiare forse un altro 5 per cento del premio che paghiamo oggi. Vi faccio questi esempi per dire che si può ridurre ancora il prezzo complessivo del sistema.
  C'è poi un altro tema che sento spesso affrontare in maniera sbagliata e sul quale mi farebbe piacere trovare la sede giusta per chiarire: una volta determinato che il fabbisogno del sistema RC-Auto sia cento, come quel cento deve essere ripartito tra i vari utenti, che è un tema diverso. Il nostro obiettivo dovrebbe essere quello di ridurre quel cento e farlo diventare novanta, ottantacinque, e così via. Prendiamo in considerazione questo tema, cioè: chi far pagare di più e chi far pagare di meno e come dividere quel fabbisogno, che – ripeto – è un tema di secondo livello rispetto al primo, che è quello di come far diminuire i premi. Molto si può ragionare in proposito. Tenete conto che i padri dell'RC-Auto avevano definito il sistema del bonus malus proprio per mettere nell'ambito del sistema, che – ripeto – ha valenza sociale, degli elementi educativi, cioè paga di più chi provoca più incidenti; paga di meno chi provoca meno incidenti.
  Ora, il sistema del bonus malus è stato stravolto e ormai non è più efficace. L'80 per cento – credo – degli utenti sono nella prima classe, come dire che le classi di bonus malus non hanno più una ragion d'essere. Bisognerebbe modificare il sistema e trovare poi la chiave giusta per questa ripartizione. Se riuscissimo sempre di più a basarla sui comportamenti specifici di un cliente, si potrebbe attutire l'effetto di quelle che oggi sono proxy della sinistrosità attesa, come il territorio – sul quale ne abbiamo sentite dire di cotte e di crude. Io non so se sono stata chiara, è un discorso che mi sta molto a cuore e che dovremmo fare tutti insieme a carte scoperte – perché qualcosa si può fare, ma noi da soli non lo possiamo fare – perseguendo gli interessi degli italiani.
  Sul secondo tema, quello delle polizze dormienti, si è fatto tutto quello che si poteva fare. Per noi era importante trovare gli eredi e spesso e volentieri li abbiamo trovati. Ora non ho le cifre sottomano, ma sono notevolmente calate, ne abbiamo «risvegliate» ben 4,4 miliardi. Questo è stato possibile incrociando i codici fiscali, c'è stata di aiuto l'anagrafe per queste persone decedute, e con quelli abbiamo individuato gran parte di quelle polizze che erano dormienti, perché non si trovava il beneficiario. È un lavoro continuo, ormai diventato di routine per noi, ogni anno incrociamo queste basi dati e cerchiamo con molta attenzione i destinatari. Sapete, poi, che laddove non si trovano, quelle somme non vengono incamerate dalle compagnie di assicurazione, ma vengono versate al Fondo presso il Ministero dell'economia e delle finanze. Quindi non è che restano a disposizione delle compagnie. Comunque noi ci siamo attivati per andare a cercare i reali beneficiari. Spero di aver risposto alle domande dell'onorevole Ungaro.
  Passo alle domande dell'onorevole Centemero. È molto interessante il discorso che lei fa sull'InsurTech e sulle sandbox. Tenga conto che noi siamo stati un po' pionieri su questo: abbiamo lanciato circa tre anni fa, un progetto legato alla blockchain su alcune procedure assicurative. In particolare, ne abbiamo fatta una sulla cosiddetta «asta cieca», in fase di accordi, transazioni su sinistri, sui quali non si era d'accordo sull'entità del sinistro. Abbiamo fatto tutto questo anche con l'Autorità di vigilanza, con una sandbox abbiamo definito degli smart contract. Insomma, è un settore che ci interessa molto e sul quale continuiamo a lavorare. Io sono sicura che questo possa essere utile per il mercato italiano, dove ci sono molte relazioni tra le varie compagnie. Questo può andare anche a favore delle compagnie europee, cioè sul Pag. 11network europeo, laddove ci sia questa base, che mi sembra un po' il presupposto per fare questo tipo di processi, che è quello delle relazioni, che debbono essere certificate e sicure, tra i vari oggetti della catena.
  In questi giorni, noi abbiamo lanciato una Call for Ideas a gran parte degli universitari, per due motivi: primo, per cercare idee sulla nuova mobilità e su come migliorare l'assicurazione RC-Auto, per dirvi quant'è nei nostri pensieri, e, secondo, per far conoscere l'assicurazione ai nostri ragazzi. Noi stiamo facendo tanto per far capire il nostro ruolo, che è importante, ma poco conosciuto, al di là dell'assicurazione RC-Auto, e di cui spesso si parla male senza conoscere la realtà delle cose. Non voglio dire che, come in tutte le famiglie, non ci siano cose che non vanno bene, però non si può generalizzare su un settore che è serissimo, solido e che ha voglia di sociale, quindi, aiutateci! Credo che abbiamo bisogno di una vostra sponsorship, perché tutto questo venga compreso da tutti e non solo dagli addetti ai lavori.
  Spero di aver risposto a tutto.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente. Abbiamo colto i suoi suggerimenti. La ringrazio e la inviteremo volentieri per approfondire qualche altro tema di cui si è discusso oggi.
  Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dalla dottoressa Farina (vedi allegato 1) e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione in videoconferenza di rappresentanti dell'Associazione italiana dei venture capital (VC Hub Italia).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui mercati finanziari al servizio della crescita economica, l'audizione in videoconferenza di rappresentanti dell'Associazione italiana dei venture capital (VC Hub Italia).
  Ricordo che l'audizione si svolgerà in videoconferenza con la partecipazione da remoto degli auditi, nel rispetto delle misure di tutela adottate dalla Camera per prevenire il contagio da Coronavirus, secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento nella riunione del 31 marzo 2020.
  Cedo subito la parola al presidente Fausto Boni, al quale chiederei di limitare, se possibile, il proprio intervento a una quindicina di minuti al massimo, al fine di lasciare poi adeguato spazio al successivo dibattito.

  FAUSTO BONI, presidente dell'Associazione italiana dei venture capital (VC Hub Italia). Grazie, lascerei la parola al dottor Francesco Cerruti, direttore generale di VC Hub Italia che svolgerà la relazione.

  FRANCESCO CERRUTI, direttore generale dell'Associazione italiana dei venture capital (VC Hub Italia). Grazie presidente. Grazie agli onorevoli per l'invito. Per noi è molto importante cercare di portare il punto di vista di una realtà relativamente giovane, ma già particolarmente impegnata sia a costruire una comunità di eccellenza nel settore dell'innovazione in Italia, sia a cercare di portare avanti tutta una serie di misure orizzontali che possano sostenere lo sviluppo del settore.
  Premetto un piccolo inquadramento rispetto alla nostra realtà. VC Hub Italia è un'associazione che nasce da un'idea dei sei principali gestori del venture capital italiano, nella prima metà del 2019, e che, in poco più di un anno, è riuscita a includere circa il 90 per cento dei soggetti attivi nel mercato italiano del venture capital. In qualche modo il percorso della nostra associazione è esemplificativo di come noi guardiamo a quello che dovrebbe essere fatto per sviluppare il settore dell'innovazione, perché, in piena fase emergenziale dovuta al contagio da COVID-19, abbiamo ritenuto di allargare la nostra base associativa a vari tipi di investitori fino ad arrivare ai corporate venture capital e a una serie di imprenditori e start-up innovative che avessero già raccolto fondi per 500.000 euro. Un ambizioso obiettivo, che mi sento di aver già raggiunto in pochi mesi, è quello di diventare sempre più centrali nello sviluppo al sostegno di una serie di misure Pag. 12che possano promuovere l'innovazione digitale, facendoci forti del fatto che abbiamo più categorie rappresentate nella nostra base associativa.
  Fra le altre cose parlerò in modo particolare anche del settore Fintech. Questo settore è uno dei più presenti nella nostra base associativa, anche in virtù dell'ottima collaborazione reciproca che portiamo avanti con altre attività specificatamente dedicate al Fintech, tra le quali mi sento di citare Italia Fintech. La nostra attenzione sarà peraltro ribadita nell'ultimo trimestre del 2020, quando abbiamo in programma di lanciare un'indagine settoriale che metterà al centro proprio gli operatori e gli imprenditori del settore che operano nel Fintech in Italia. L'obiettivo sarà duplice, da una parte presenteremo una sorta di zoom, di fotografia, di un paio di pagine non di più, che possa far emergere la centralità del Fintech nello sviluppo dell'economia italiana e dall'altra ci sentiremo di proporre qualche modifica all'ecosistema normativo e chissà, magari potremmo venire, se lo vorrete, a presentarle anche in questa sede non appena queste saranno pronte.
  Tornando brevemente a un discorso più generale sul venture capital, credo che sia opportuno ricordare come ormai sia riconosciuta la strettissima relazione che esiste tra il livello di crescita dell'economia di un Paese e lo sviluppo del venture capital in seno alle start-up tecnologiche che i venture capital riescono ad alimentare. Purtroppo però sino ad ora il settore dell'innovazione in Italia rispetto a Paesi vicini, sia geograficamente sia a livello di condizione socioeconomica, è stato un pochino trascurato dalla politica economica, come risulta peraltro dalla distanza che ci separa da Francia, Germania e Regno Unito, senza andare troppo lontano, dove si investe all'incirca dieci volte più che in Italia nell'innovazione. Uno di questi motivi – ci sentiamo di poter dire – va trovato in alcune scelte di politiche economiche e fiscali attuate in certi altri Paesi, che sono volte a supportare maggiormente il nostro settore.
  Come sapete il settore high tech è strutturalmente molto più transnazionale di altri, quindi ci auguriamo che ci sia un forte impegno per provare a colmare il divario che ci divide dagli altri Paesi, perché più tempo facciamo passare e più sarà complesso abbreviare questo divide, a maggior ragione perché le start-up e le scale-up si sono mostrate, anche nel nero periodo dal quale stiamo uscendo, mi auguro, più resilienti delle imprese tradizionali, portando quindi di fatto un beneficio anche a tutto il sistema Paese. Basti pensare che nell'ultimo semestre gli investimenti in start-up si sono comunque mantenuti su una cifra che si aggira intorno ai 300 milioni di euro, evidentemente in calo rispetto a dodici mesi fa, ma comunque ben al di sopra della linea di galleggiamento. Le imprese innovative italiane sono peraltro sempre più in grado di attrarre capitali anche dalle grandi imprese, che sono a loro volta più orientare verso un approccio costruttivo e collaborativo che possa lasciare ampio margine di indipendenza alle start-up, le quali possono così continuare il loro percorso di crescita.
  Naturalmente per quanto ci riguarda sarebbe importante aumentare i canali di finanziamento, soprattutto quelli basati sull'equity, e favorire di fatto un processo di affiancamento alle banche di nuovi soggetti erogatori, nel senso che per le nostre realtà è proprio cruciale che il sistema non sia solo e soltanto «banco-centrico». Soprattutto nelle fasi iniziali di sviluppo, il finanziamento rappresentato dal canale business Angel o venture capital è sicuramente il più adatto, questo lo cercheremo anche di spiegare più avanti per delle problematiche oggettive interne ad alcuni procedimenti bancari.
  L'equity crowdfunding è un meccanismo che – permettetemi il termine – andava molto di moda qualche anno fa. Purtroppo però si sta leggermente sgonfiando per la necessità di mantenere un livello di approfondimento da parte degli investitori, che è pressoché impossibile avere da remoto e soprattutto fare artigianalmente. La crescita dimensionale del settore dell'innovazione passa evidentemente anche dalla crescita delle modalità di finanziamento del Pag. 13venture capital che sono, secondo noi, chiave per lo sviluppo del sistema.
  Venendo al Fintech, il settore è molto più differenziato di quanto si potrebbe pensare e si caratterizza per la possibilità di offrire un supporto completo al privato interessato a usufruire dei servizi del Fintech. In Italia – nonostante la distanza che rimane rispetto ai principali players globali ed europei – si è assistito a una netta crescita a partire dal 2014 fino ad arrivare alle 278 società attive nel 2019. Il Fintech ha un enorme potenziale, sia per il supporto a società in crescita, sia per colmare il gap che esiste innegabilmente tra il settore dell'innovazione, che per sua natura è un settore sempre nuovo, sempre all'avanguardia, e settori invece più tradizionali, che spesso faticano a recepire, e quindi a poter supportare, le società innovative. Purtroppo un altro dato da citare è relativo all'elevato tasso di competizione infraeuropea, che rende il nostro mercato meno appealing di altri nell'attrazione di talenti, elemento evidentemente chiave per lo sviluppo nel suo complesso del settore.
  Mentre nel resto dei Paesi varie istituzioni finanziarie hanno decisamente incominciato a guardare al Fintech con un misto di curiosità e interesse, in Italia – permettetemi il termine – esiste una sorta di «cultura del sospetto» da parte di alcuni soggetti tradizionali, che, come dicevamo prima, ha la duplice conseguenza negativa di limitare lo sviluppo delle società Fintech e di fatto di privare le realtà tradizionali di elementi innovativi, che potrebbero sicuramente essere utili.
  In questo momento, per riassumere, ci sono tre principali ostacoli a uno sviluppo maggiore del settore Fintech e questo in realtà vale per tutto il venture capital nel nostro Paese. In primis un ecosistema normativo che, nonostante i passi avanti che ci farebbe piacere elencare più avanti, è un ancora frenante rispetto alla crescita di società del settore. Il secondo è la difficoltà a reperire i finanziamenti utili ad aumentare il volume degli interventi potenzialmente supportati da Fintech e quindi dal venture capital e il terzo è una distanza, debbo dire molto più percepita che reale, da parte dell'opinione pubblica, che, pur utilizzando spesso e volentieri strumenti Fintech comunque in realtà innovativi e supportati dal venture capital, non riesce in alcuni casi a coglierne appieno i benefìci.
  Come invece dicevamo prima, soprattutto nella fase che mi auguro sia conclusa definitivamente con l'affievolirsi del contagio, è emersa nettamente la potenziale utilità di un settore che fa del lavoro da remoto, delle operazioni digitali, dell'erogazione accelerata e delle delibere snelle la propria cifra distintiva. A nostro modo di vedere il legislatore dovrebbe supportare maggiormente quelle realtà Fintech che hanno dimostrato maggiore flessibilità e velocità nell'approccio al mercato e di conseguenza permettono una più rapida ed equa distribuzione delle risorse. Le Fintech costituiscono un vero e proprio laboratorio di innovazione che permette il miglioramento della soddisfazione dell'utente e al tempo stesso un accesso più democratico ai servizi finanziari da parte del cittadino.
  Per andare più nel concreto noi crediamo che sia necessario contenere la regolamentazione delle realtà Fintech, allo stesso tempo aprendo alcune opportunità di mercato loro riservate, utile anche ad evitare operazioni di fatto di dumping, ad opera delle banche, che possano creare situazioni svantaggiose per le Fintech stesse. Più in generale il tema chiave è relativo al fatto che la regolamentazione finanziaria spesso non è in grado di riflettere la nuova finanza, di conseguenza limitando le opportunità per famiglie e imprese, che potrebbero invece avere accesso a soluzioni più efficaci e più veloci.
  In questo senso ci auguriamo inoltre che ci possa essere un salto di qualità anche nel rapporto tra Fintech e pubblica amministrazione, che vada verso una maggiore agevolazione rispetto a soluzioni di pagamento Fintech anche nel pubblico, a maggior ragione in una fase in cui recarsi fisicamente in determinati luoghi è sconsigliato – giustamente dico io – in primis dalle stesse autorità.
  Venendo all'indagine conoscitiva in sé, troviamo che sia importante – e per questo vi ringraziamo – che il legislatore acquisiscaPag. 14 il maggior numero di informazioni e documentazione possibile sulle sfide economiche che ci troviamo ad affrontare in questo periodo complicato.
  Come ben sapete, uno dei pilastri del tessuto economico italiano sono le piccole e medie imprese e le microimprese. I decreti emergenziali, che hanno cercato – e di questo va dato atto al Governo – di intervenire per sorreggere quelle realtà in difficoltà, troppo spesso purtroppo, dal nostro punto di vista, si sono scontrati con una difficoltà oggettiva a ricevere i finanziamenti.
  Inoltre, non essendo sufficiente la garanzia totale da parte dello Stato, e dato che, giustamente, non è possibile eliminare la valutazione di «merito creditizio» da parte degli istituti bancari, molto spesso capita che realtà imprenditoriali innovative non riescano ad ottenere i finanziamenti di cui hanno un bisogno vitale a causa della difficoltà a leggere il proprio bilancio da parte degli istituti di credito.
  Come saprete senz'altro, le start-up sono imprese tendenzialmente in perdita nel primo periodo di attività, ma non per questo crediamo che siano meno meritevoli di essere supportate rispetto alle imprese tradizionali, anche perché, lo ripeto, nella fase emergenziale è emersa una resilienza molto maggiore da parte delle imprese innovative, che hanno peraltro nel medio-lungo periodo maggiore possibilità di crescita e di conseguenza di fornire posti di lavoro qualificati nel lungo periodo.
  In questi casi, il sistema bancario – che pure rimane evidentemente un pilastro della nostra economia – spesso ha, anche comprensibilmente, delle tempistiche e delle modalità troppo lente rispetto alle necessità delle imprese innovative e proprio in questi casi emerge ancora una volta di più il ruolo chiave fondamentale delle società Fintech che, per loro stessa natura, sono maggiormente in grado di supportare con celerità quelle realtà che possono emergere.
  In buona sostanza, mentre il sistema bancario è necessariamente impegnato a correggere le problematiche organizzative e ad assorbire l'impatto sistemico delle varie crisi che si sono succedute dal 2015 ad oggi, il Fintech ha gli strumenti e il potenziale per assumere un ruolo sempre più centrale nella vita economica del Paese, senza porsi – è bene ricordarlo – in contrapposizione rispetto agli istituti bancari, perché – nonostante alcune evidenti situazioni di concorrenza – sono parecchi i segmenti nei quali le Fintech operano dove le banche preferiscono non arrischiarsi. Un esempio concreto – lo citavamo prima – è proprio relativo ai prestiti concessi alle imprese ad alto tasso di innovazione, che molto spesso sono difficilmente esplorabili per gli istituti bancari tradizionali proprio a causa di regolamentazioni interne.
  A livello normativo, le misure di Industria 4.0, della legge di bilancio del 2019 e del decreto cosiddetto Crescita a nostro modo di vedere vanno nella direzione giusta. In alcuni casi però purtroppo non si è verificata una implementazione efficace delle misure stesse. È necessario, anche rifacendoci ai dati che elencavamo in precedenza, continuare nel percorso che è stato decisamente già intrapreso, migliorando l'infrastruttura tecnologica del Paese da ogni punto di vista, colmando quello che si chiama digital divide e dando impulso alla cultura finanziaria dei cittadini. Le varie misure implementate negli ultimi anni – dai mini-bond alle agevolazioni per le start-up, passando per la promozione dell'educazione finanziaria e l'istituzione sperimentale di regulatory sandbox per le imprese e lo sviluppo dell'equity crowdfunding – sono misure che sicuramente vanno nella direzione giusta, ma non possono definirsi sufficienti a diversificare davvero il sistema di finanziamento delle imprese italiane.
  In conclusione, ringraziandovi ancora per l'invito e la tribuna, noi crediamo che la strada che è stata fatta sia già molta, però non vogliamo rassegnarci a vedere l'Italia come un nano rispetto agli altri Paesi, che non sono più grandi di noi, né geograficamente, né tantomeno economicamente, per quanto riguarda il settore dell'innovazione.
  Ci auguriamo di poter contribuire anche concretamente con alcune delle proposte che emergeranno dai tavoli di cui parlavo Pag. 15prima per migliorare questa situazione. Vi ringrazio e, assieme al presidente Boni, saremo contenti di rispondere a eventuali quesiti in questa sede o quando vorrete più avanti.

  PRESIDENTE. Grazie a voi. Vi ringraziamo per questa interessantissima audizione. Passiamo ora alla fase delle domande. Invito i colleghi che intendano formulare quesiti o osservazioni a contenere i propri interventi in due o tre minuti per consentire a tutti di intervenire.

  GIULIO CENTEMERO. Grazie per essere stati con noi e per l'illustrazione. Purtroppo non si sentiva benissimo, quindi se avete già risposto, chiedo venia. Ho sentito parlare di deregulation soprattutto per quanto riguarda la norma finanziaria, perché ovviamente la finanza va più veloce della norma, soprattutto in un Paese di civil law. Vi ho sentito anche parlare di difficoltà rispetto al merito creditizio, per quanto riguarda le società vostre target, le vostre partecipate, ovvero le start-up, che sono in perdita per definizione nei primi esercizi della loro vita. Poi ho sentito parlare di troppa lentezza nell'erogazione dei finanziamenti. È proprio partendo da questi principi che questa Commissione ha deciso di effettuare questa indagine conoscitiva.
  Vi vorrei chiedere, come ha detto la rappresentante di ANIA, visto che avete parlato molto di Fintech e di deregulation, se considerate utile la creazione di una sandbox per il Fintech italiano, che dovrebbe essere varata a breve con l'emanazione del regolamento da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, e se a vostro avviso andrebbe creata una sandbox a livello europeo.
  L'altra domanda è se da un punto di vista sia di seed sia di exit vediate positivamente l'estensione del credito di imposta per le Initial Public Offering – IPO delle piccole e medie imprese non solo alle IPO che sono effettuate molto comunemente sul mercato Alternative Investment Market – AIM, ma anche all'equity crowdfunding e alle grandi imprese e quindi anche – per parlare di mercati italiani – sul Mercato telematico azionario – MTA e sul segmento STAR, riservato ai titoli con alti requisiti.

  DAVIDE ZANICHELLI. Vi ringrazio per la relazione. Non ho potuto non notare che rispetto al tema del venture capital, che ha diversi settori – l'aerospazio, il digital, la farmaceutica – avete fatto un focus abbastanza specifico, come ricordava anche il collega Centemero, sul Fintech. Io volevo capire da questo punto di vista, se il Fintech oltre a essere un settore molto promettente possa anche essere un aspetto catalizzante, una sorta di volano, perché se funziona anche l'aspetto creditizio delle nuove Fintech anche italiane in tema finanziario, non solo sono un settore positivo per il Paese, ma possono anche catalizzare investimenti per altri settori.
  Da questo punto di vista, rispetto a quanto previsto dal Testo unico bancario – e mi rifaccio ad esempio al principio di proporzionalità che potrebbe essere introdotto – ritengo che per delle piccole società, che si affacciano e che sperimentano, essere assoggettate alle medesime regole, requisiti e caratteristiche di grosse e strutturate banche potrebbe essere un limite. Chiedo se da questo punto di vista avete qualche proposta. Così come l'inserimento o comunque l'entrata all'interno del venture capital di una sempre maggiore presenza di fondi previdenziali, che hanno a disposizione nel nostro Paese e non solo di un'enorme massa monetaria e soprattutto di cui potrebbe giovare il settore del venture capital. Un inserimento anche di piccole quote di fondi previdenziali potrebbe dare notevole impatto al vostro settore.
  Infine mi piacerebbe sentire un paio di parole per quanto riguarda la tecnologia blockchain, piuttosto che la tokenizzazione di rappresentazioni di valore o riguardo alle frontiere sulle valute virtuali che in giro per il mondo comunque risultano uno dei settori su cui si sta catalizzando la curiosità di diversi Paesi e diverse società. Vorrei sapere se da questo punto di vista avete qualche suggerimento.

  MASSIMO UNGARO. Anche io ringrazio il presidente Boni e il direttore Cerruti. Pag. 16Purtroppo anche io ho avuto difficoltà a sentire tutto l'intervento, quindi sarò ben lieto di leggere la relazione scritta. Io avevo un paio di domande, riprendendo le domande dei colleghi Zanichelli e Centemero.
  Chiaramente il venture capital rimane una classe di investimento nascente nel nostro Paese, come voi avete evidenziato, non ancora matura, non ancora ampia e che quindi va potenziata. Io credo che però le esperienze degli ultimi anni ci abbiano mostrato che inserire dei vincoli obbligatori non sempre ha portato ai risultati voluti. Quindi credo che la strategia migliore sia combinare da una parte i fondi di Stato o comunque con una leadership dello Stato, come adesso è stato fatto con il decreto-legge cosiddetto Rilancio, che aumenta le somme del Fondo nazionale innovazione anche nel vostro settore in maniera considerevole, e dall'altra anche una politica di sgravi fiscali che possa cercare di rimediare a questo paradosso tra il grande risparmio privato nel nostro Paese e un sottodimensionamento delle classi di investimento alternative, come la vostra.
  Io quindi vi faccio due domande molto puntuali. La prima è se voi avete altri consigli da dare al legislatore, anche a fronte degli ultimi sgravi fiscali che sono molto, molto generosi. Io guardo all'esperienza del Regno Unito in cui ci sono stati programmi molto popolari e molto democratici come l'Enterprise Investment Scheme – EIS, che ha permesso veramente ai risparmiatori anche piccoli e medi di accedere direttamente alla vostra classe di investimento come i venture capital. Non so se voi pensiate che questo potrebbe essere un esempio anche per il nostro Paese.
  La seconda domanda è se voi ritenete, dall'esperienza che avete nelle aziende in cui investite, che dal punto di vista della tassazione delle stock options nel nostro Paese ci sia qualcosa che potremmo fare per rendere il nostro Paese più competitivo e incentivare gli impiegati delle start-up o comunque l'imprenditore a dare il meglio di sé e cercare di evitare un'uscita, di emigrare in altre giurisdizioni, quando si arriva nella fase dell'exit.

  PRESIDENTE. Cedo la parola ai rappresentanti dell'Associazione italiana dei venture capital (VC Hub Italia) per la replica.

  FAUSTO BONI, presidente dell'Associazione italiana dei venture capital (VC Hub Italia). Parto da una delle tante domande, per le quali vi ringrazio. Cosa si può fare di più per il settore del venture capital? Sicuramente, come ha detto l'onorevole Zanichelli, lo stimolo a far sì che il risparmio dei fondi previdenziali sia canalizzato verso classi di attivo che hanno un impatto diretto di trasmissione sull'economia reale e quindi sulla crescita è sicuramente auspicabile. Questo non succedeva affatto fino a pochissimo tempo fa. Cominciamo a vedere alcuni segni incoraggianti anche con grossi fondi, alcune casse e fondi previdenziali che hanno iniziato a parteciparvi, certamente in misura molto, molto ridotta e molto timida. È stato detto giustamente che i fondi in Italia non hanno masse comparabili a quelle di altri Paesi. Tuttavia anche una sola piccola percentuale – pochi punti percentuali di allocazione – rispetto a queste masse che, pur se più piccole sono comunque molto importanti, può fare una notevole differenza. Quindi questo sicuramente è uno stimolo, uno spunto molto positivo.
  L'onorevole Ungaro ha giustamente detto che si è visto in passato che l'inserimento di vincoli obbligatori di destinazione non produce gli effetti desiderati. Concordo, anche se devo dire che i tentativi fatti erano stati più timidi e se vogliamo anche un po' ostracizzati da altre categorie dei gestori. Ricordo che io credo che giustamente ogni gestore deve fare l'asset allocation in maniera indipendente, ma quando però si chiede, come nel caso dei piani individuali di risparmio – PIR o di altri strumenti, una defiscalizzazione dei profitti eventuali di questi prodotti, credo che sia legittimo da parte del legislatore chiedere che queste minori entrate vengano riconosciute a fronte di investimenti che vadano a incidere sull'economia reale in modo chiaro, diretto e semplice. Se uno vuole investire in derivati su azioni della borsa di Hong Kong, può benissimo farlo, è totalmente legittimo, ma Pag. 17non credo che sia legittimo chiedere che questi prodotti siano defiscalizzati.
  Per quanto riguarda il tema Fintech, su cui noi abbiamo parlato molto, credo che Fintech oggi sia un settore con un grandissimo potenziale in tutti i Paesi europei. Anche in Italia si stanno vedendo alcune attività interessanti. Diciamo che l'impulso iniziale è dato da una maggiore agilità di questi attori che sono determinati sia da un'organizzazione più snella e meno legata a strutture tradizionali di tipo bancario, sia anche a una minore invasività del regolatore e anche a una normativa europea abbastanza favorevole al contesto. Non credo siano necessari ulteriori interventi. Gli interventi ci sono già. L'unica cosa che sarebbe importante è che di fatto ci fosse maggiore vigilanza sulla compliance da parte di tutti di normative già esistenti.
  Faccio un esempio, la normativa Payment Services Directive 2 – PSD2, che di fatto, obbligando le banche ad aprire i dati dei conti correnti dei propri clienti anche a player esterni come Fintech, chiaramente mette queste aziende in grado di analizzare questi dati con strumenti moderni e quindi sostanzialmente anche di competere con istituti magari molto più grandi. Il problema è la compliance. Oggi una legge già c'è, ma le banche la stanno applicando un po' come vogliono loro, in ordine sparso e senza un timing molto aggressivo, cosa che chiaramente, dal loro punto di vista, può anche essere fair e legittimo, ma ci vuole qualcuno che le stimoli ad adeguarsi a quanto è già previsto dalla legge, altrimenti si tende a rinviare le cose al più tardi possibile, un po' come era successo con la normativa sulla trasparenza dei costi degli strumenti di risparmio gestito. Fino all'ultimo secondo i gestori e le banche hanno addotto scuse di ogni tipo, legate a sistemi informativi da aggiornare, per non comunicare al cliente il costo degli strumenti. Questo non deve essere tollerato. Se questo non lo sarà, chiaramente lo spazio per il Fintech si aprirà in modo considerevole anche in Italia.
  Infine sulle tematiche della defiscalizzazione degli investimenti tra privati e della tassazione delle stock options, anche qui siamo d'accordo su tutto. La defiscalizzazione e gli incentivi fiscali hanno però un tempo di traduzione, di messa a terra sempre piuttosto lungo, anche perché richiedono agli operatori come noi di passare attraverso il filtro delle reti dei gestori patrimoniali delle banche. Quindi sostanzialmente anche se oggi è molto più conveniente sottoscrivere strumenti di venture capital immessi sul mercato, perché la normativa già prevede una fiscalità talmente interessante da coprire anche l'eventuale rischio di perdite, però purtroppo noi non siamo né equipaggiati né autorizzati a collocare i nostri prodotti presso i risparmiatori in diretta, quindi dobbiamo passare attraverso banche e gestori, i quali hanno delle tempistiche, dei criteri decisionali e anche delle esigenze per i ritorni economici su quanto loro distribuiscono, tali, da frenare, di fatto, la diffusione di questa leva fiscale.
  Per quanto riguarda l'altra domanda che è stata fatta rispetto al tema dei crediti di imposta per le aziende che si quotano sui mercati, anche qui nessuna obiezione a questi crediti di imposta. Riteniamo però che purtroppo quello che è emerso negli ultimi cinque o sei anni è che le aziende high tech o le start-up avanzate hanno come loro finanziatori naturali più i fondi privati come noi, piuttosto che i mercati borsistici. Almeno fino a quando non riescono ad arrivare a dimensioni tali da poter interessare una platea di investitori adeguata, il totale sui mercati delle aziendine da venti, trenta, quaranta, cinquanta o anche cento titoli di capitalizzazione non è veramente necessariamente la strada maestra, perché molte di queste aziende poi finiscono nel dimenticatoio e danno poca soddisfazione agli azionisti, perché nessuno si cura di loro. Quindi sì ai crediti di imposta, ma privilegerei altre strade, se vogliamo far affluire più risorse alle start-up.
  Sicuramente qualche domanda mi è sfuggita, lascio a Francesco Cerruti l'integrazione delle risposte.

  FRANCESCO CERRUTI, direttore generale dell'Associazione italiana dei venture capital (VC Hub Italia). Direi che Fausto Pag. 18Boni ha risposto quasi a tutto. Riguardo alla domanda dell'onorevole Centemero sulla regulatory sandbox, noi troviamo che sia molto utile sia per i risparmiatori sia per gli investitori, perché si riesce, con quella che è praticamente una magia, a semplificare il quadro normativo e, allo stesso tempo, a regolamentarlo meglio. Quindi noi siamo sicuramente a favore delle sandbox. Vi preghiamo, ove fosse possibile, di armonizzarle anche a livello europeo.
  Un'altra questione emersa nell'intervento del presidente, che mi pare che sia la questione principale, o meglio una delle principali questioni quando si tratta di venture capital in Italia, è quella dei fondi previdenziali. È evidente che in Italia scontiamo un ritardo nella platea dei potenziali investitori. È come se in uno sport la squadra nostra fosse composta da meno giocatori rispetto alla squadra avversaria. Questo è evidente. Ci sono stati degli sforzi di moral suasion da parte di Governi stranieri nei confronti di fondi previdenziali, casse assicurative e tutta una serie di soggetti che potrebbero investire nel venture capital, ma che in Italia non lo fanno. Ecco, quella è la nuova frontiera. Ci auguriamo che questo possa avvenire a breve, perché sarebbe uno dei principali elementi per approcciare il dibattito.
  Passo alla domanda dell'onorevole Ungaro rispetto ai consigli che potremmo avere nei confronti del legislatore. Intanto rispetto ai decreti emergenziali facciamo un appello veramente accorato: quello di fare il più in fretta possibile, nel senso che, pur accogliendo con enorme favore il decreto-legge cosiddetto Rilancio, in particolare mi riferisco all'articolo 38, ci rendiamo conto e facciamo presente che il tempo sta passando e quindi la misura diventa sempre meno emergenziale, mentre le nostre imprese avrebbero bisogno di un supporto quanto prima. In condizioni normali, esulando dall'articolo 38 specifico, noi crediamo che sia fondamentale puntare sugli investitori privati, avendo ben presente che l'investimento fatto dal privato su una realtà innovativa è la migliore garanzia rispetto al valore assoluto di quella realtà, perché nessuno investirebbe per vezzo. Si investe solo e soltanto se c'è una forte credibilità da parte del soggetto che riceve il finanziamento.
  Con questo credo che fra me e il presidente abbiamo risposto a tutte le domande, se così non fosse evidentemente siamo a vostra disposizione.

  PRESIDENTE. Grazie. Non vedo ulteriori quesiti, quindi credo che i colleghi deputati siano soddisfatti delle vostre risposte. Pertanto, oltre a ringraziarvi, vi saluto e magari ci rivedremo in una futura audizione per qualche approfondimento o focus. Arrivederci e grazie ancora.
  Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dai rappresentati dell'Associazione italiana di venture capital (VC Hub Italia) (vedi allegato 2) e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.50.

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ALLEGATO 1

Documentazione depositata dalla dottoressa Farina

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ALLEGATO 2

Documentazione depositata dai rappresentanti dell'Associazione
italiana dei venture capital – VC Hub Italia

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