XVIII Legislatura

IV Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 9 di Martedì 7 maggio 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Rizzo Gianluca , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLO STATO DEL RECLUTAMENTO NELLE CARRIERE INIZIALI DELLE FORZE ARMATE

Audizione del Comandante generale dell'Arma dei carabinieri, Generale di Corpo d'armata Giovanni Nistri.
Rizzo Gianluca , Presidente ... 2 
Nistri Giovanni , Comandante generale dell'Arma dei carabinieri. ... 2 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 7 
Russo Giovanni (M5S)  ... 7 
Ferrari Roberto Paolo (LEGA)  ... 8 
Pagani Alberto (PD)  ... 8 
Deidda Salvatore (FDI)  ... 9 
Del Monaco Antonio (M5S)  ... 10 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 11 
Nistri Giovanni , Comandante generale dell'Arma dei carabinieri ... 11 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Sogno Italia - 10 Volte Meglio: Misto-SI-10VM.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIANLUCA RIZZO

  La seduta comincia alle 12.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del Comandante generale dell'Arma dei carabinieri, Generale di Corpo d'armata Giovanni Nistri.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sullo stato del reclutamento nelle carriere iniziali delle Forze armate, l'audizione del Comandante Generale dell'Arma dei carabinieri, Generale di Corpo d'armata, Giovanni Nistri.
  Saluto e do il benvenuto al Generale Nistri, che ringrazio per la sua presenza all'incontro di oggi. Il Generale Nistri è accompagnato dal Generale di brigata, Mario Cinque, dal Generale di brigata, Marco Mochi, e dal Colonnello Rodolfo Santovito.
  Ricordo che dopo l'intervento del Generale Nistri darò la parola ai colleghi che intendano porre domande o svolgere osservazioni. Successivamente, il Generale potrà rispondere alle domande poste. Chiedo ai colleghi di far pervenire fin da ora, al banco della Presidenza, la propria iscrizione a parlare.
  Do la parola al Generale Nistri.

  GIOVANNI NISTRI, Comandante generale dell'Arma dei carabinieri. Signor presidente, onorevoli deputati, sono onorato di essere qui e di poter fornire un contributo a questa autorevolissima Commissione sul delicato tema del reclutamento delle carriere iniziali delle Forze armate.
  Si tratta di un tema delicato che, a distanza di circa venti anni dall'introduzione del cosiddetto «modello professionale», merita sicuramente una riflessione ad ampio spettro, nell'ottica di migliorare l'efficienza complessiva dello strumento militare. È un'efficienza che proprio per essere riferita all'intero comparto ritengo sia da perseguire necessariamente attraverso soluzioni idonee a realizzare un bilanciato ed equo contemperamento delle differenziate esigenze di ciascuna delle quattro Forze armate nell'unico inscindibile contesto di appartenenza, che poi è la Difesa.
  Il mio intervento segue sia quelli del Capo di stato maggiore della Difesa e del Capo di stato maggiore dell'Aeronautica militare, sia quello tenuto con un taglio più specifico e tecnico dal Direttore del Centro di selezione e reclutamento dell'Arma dei carabinieri, il Generale Mochi, che è qui presente, che tra le varie questioni portate all'attenzione ha anche sottolineato l'esigenza di poter contare su sempre più elevati standard qualitativi nel reclutamento dei ruoli di base dell'Arma essendo necessario trasfondere nei giovani le competenze corrispondenti alla crescente professionalità richiesta nell'assolvimento dei compiti dell'Arma.
  In premessa ritengo utile ricordare che l'attuale modello di reclutamento risale al 2000, allorquando, con la scelta di sospendere la coscrizione obbligatoria, si è passati a uno strumento militare composto interamente da professionisti.
  L'adesione a tale modello, nel soddisfare un'esigenza ineludibile di operatività, ha Pag. 3prodotto alcune significative criticità tra cui, di maggiore impatto, la necessità di ricollocamento professionale dei volontari al termine del periodo di ferma, cui si collega l'esigenza di una più ampia e concreta gamma di sbocchi lavorativi per i volontari stessi, in aggiunta a quella rappresentata dall'attuale riserva di posti nei concorsi per gli arruolamenti nell'Arma e nelle altre Forze di polizia, l'innalzamento dell'età media di tutto il personale della Difesa, con particolare riguardo a quello dell'Arma, con il naturale corollario dell'aspirazione al ricongiungimento familiare quasi sempre nei luoghi di origine e sin dai primissimi anni di servizio, argomento sul quale tornerò nel prosieguo.
  Un problema è quello del progressivo invecchiamento, già peraltro sottoposto all'attenzione delle Commissioni Difesa di Camera e Senato nel corso della precedente legislatura. Nel luglio del 2017 il Ministro della difesa pro tempore segnalava, infatti, che l'età media nello strumento militare si attestava ormai intorno ai 38 anni. Analogamente, nell'agosto 2018 l'allora Capo di stato maggiore della Difesa evidenziava l'innalzamento dell'età media delle Forze armate. Io stesso, lo scorso 16 ottobre, in sede di illustrazione delle linee programmatiche dell'Arma, riferivo che dal 2000 a oggi l'età media del carabiniere è passata dai 35 anni e mezzo ai 43 anni e mezzo e che oltre 71.000 militari, pari a circa il 65 per cento della forza complessiva dell'Arma, hanno oggi un'età superiore a 40 anni. Questo, detto incidentalmente, porterà a un grosso numero di persone che si dovranno congedare anche nei prossimi anni, fino al 2025-2026.
  È di immediata evidenza che tale trend, se non corretto, creerà crescenti condizionamenti all'operatività dei reparti, tenuto conto che l'efficacia degli interventi sulla strada, cui è quotidianamente chiamato il nostro personale, è strettamente correlata al vigore fisico certamente maggiore in giovane età.
  Per questo motivo desidero ribadire, con la franchezza e la chiarezza imposti dalla delicata problematica, che la necessità di pervenire a un rapido abbassamento dell'età media del personale costituisce per l'Arma un obiettivo funzionale irrinunciabile; ciò in ragione non solo del già evidenziato collegamento tra requisito fisico ed efficienza operativa, ma anche per le maggiori difficoltà nell'impiego e nella mobilità del personale connesse con il progredire dell'età e con le responsabilità familiari che ad essa naturalmente si accompagnano.
  Non sfugge, infatti, che quanto più elevata è l'età anagrafica, tanto minore è la disponibilità all'impiego sul territorio nazionale, con il ricorrente se non sistematico instaurarsi di pendolarismi tra le sedi di servizi e le località d'origine; una pratica che, oltre ad essere dispendiosa e logorante per gli interessati, allontana fisicamente il carabiniere dal territorio nel quale presta servizio, ne impedisce la piena partecipazione alla vita della comunità ove opera e ne condiziona la costante e pronta reperibilità, incidendo, in altre parole, sull'efficienza operativa del disposto presidiario.
  Ne deriva, come accennato, che le modalità e i termini di reclutamento nelle carriere iniziali si riflettono direttamente, proprio in ragione del dato anagrafico, sul precoce manifestarsi della problematica del ricongiungimento familiare alla quale l'Arma, a differenza e più delle altre Forze armate, non può certo ovviare attraverso misure di delocalizzazione di strutture e/o di reparti.
  La capillare distribuzione dei presidi sul territorio costituisce, infatti, non solo la cifra distintiva del nostro genoma organizzativo, ma l'essenza stessa di quel collaudato sistema integrato di presenza, conoscenza e attività con il quale l'Arma assolve ai propri compiti; un impianto organizzativo che ci consente di essere interpreti aggiornati e proattivi non solo delle dinamiche influenti sulla situazione della sicurezza pubblica, ma anche delle preoccupazioni e delle istanze sociali di altra matrice che pure incidono, a vario titolo, sulla pacifica convivenza, sui parametri di sicurezza percepita e quindi sulla qualità complessiva della vita dei cittadini.
  Oggi, infatti, le previsioni normative ci consegnano carabinieri che, all'atto dell'immissione nel circuito operativo, sono mediamente Pag. 4 prossimi ai 26 anni. Il dato anagrafico, tuttavia, non è l'unico elemento rilevante ai fini della valutazione di possibili correttivi all'attuale sistema di reclutamento, come emerge dall'esito di alcune procedure concorsuali degli ultimi anni.
  Mi pare allora utile richiamare l'attenzione di codesta Commissione su alcune riflessioni già espresse dal Direttore del Centro nazionale di selezione e reclutamento nel corso della sua audizione, concernenti i punteggi conseguiti nelle prove scritte su argomenti di cultura generale dai candidati volontari e da quelli provenienti dai civili.
  Questi ultimi, nelle procedure del 2017, hanno proseguito l’iter concorsuale, avendo conseguito un punteggio minimo di 82 centesimi, mentre per i candidati provenienti dai volontari sono stati sufficienti quello di 77 centesimi per i volontari in ferma prefissata, VFP4 o VFP in congedo e quello di 56 centesimi per i VFP1.
  Sostanzialmente analogo è il divario registrato nelle procedure del 2018, laddove il punteggio minimo per la prosecuzione della selezione conseguita dai civili è stato di 85 centesimi, mentre le soglie risultate utili per il personale volontario sono state di 78 centesimi per i VFP4 o in congedo e di 65 centesimi per i VFP1. È ovvio che questo deriva anche da esigenze di maggior impegno operativo dei volontari rispetto ai civili che, magari, hanno appena terminato il corso di studi. Quindi, prima di proseguire il ragionamento, desidero sgomberare il campo da ogni dubbio circa l'elevatissima qualità complessiva dei volontari. Colgo questa occasione, per quanto è di mia competenza e conoscenza, per dare pubblicamente atto dello straordinario lavoro svolto dai colleghi delle altre Forze armate nella relativa formazione.
  Si tratta, infatti, di una risorsa preziosa che in questi anni ha fornito molteplici prove di capacità operative e di valori in contesti nazionali, che sono quelli che sono più facilmente verificabili sul territorio, visto che noi operiamo al loro fianco, e in teatri operativi esteri riscuotendo unanimi consensi e convinta attestazione di professionalità anche da parte di autorità civili e militari straniere.
  Mi preme, invece, evidenziare che il meccanismo della riserva dei posti, così come concepito, lascia a casa candidati civili molto preparati ed egualmente motivati, garantendo il transito nell'Arma, sebbene in numeri certamente non particolarmente significativi, anche a volontari inclusi in code di graduatoria, la cui idoneità, come sopra evidenziato, viene in definitiva dichiarata senza un adeguato vaglio selettivo del parametro culturale.
  Si tratta, come già accennato, di un requisito sempre più essenziale tanto per i candidati all'arruolamento provenienti dai volontari, quanto per i civili, per sostenere con profitto sia l'impegnativa formazione specialistica sia i successivi percorsi di qualificazione necessari per l'impiego nei sempre più numerosi incarichi caratterizzati da elevati contenuti tecnici. Non si intende, ovviamente, mettere in discussione l'attuale modello di reclutamento, quanto piuttosto coniugare tali previsioni con gli irrinunciabili standard di qualità dei giovani che aspirano a prestare servizio nell'Arma.
  Per tali motivi appare congruo subordinare il superamento dell’iter concorsuale a un'idoneità complessiva del candidato che, in linea con la più recente giurisprudenza, si fondi non solo sulla verifica dell'idoneità fisica già attualmente prevista, attitudinale e sanitaria, ma che sia accertata anche con riferimento al parametro culturale, richiedendo il conseguimento di un punteggio minimo nelle prove scritte di cultura generale.
  Si tratta, in definitiva, di individuare un parametro di sufficienza che potrebbe coincidere nominalmente con il punteggio appunto di 60 centesimi, cioè la sufficienza, al di sotto del quale non risulterebbe conseguita quell'idoneità complessiva fondamentale per rendere operativa la riserva dei posti, ferma restando la possibilità di completare il numero delle assunzioni previste dalla procedura ricorrendo, ove necessario, al bacino dei concorrenti provenienti dai civili parimenti idonei, così, del resto, come già stabilito dalle vigenti norme (articolo Pag. 5703, comma 1-bis del decreto legislativo n. 66 del 2010).
  Completa il ragionamento sul parametro di sufficienza, e ne rafforza l'esigenza anche per la prova di cultura generale quale condizione necessaria per l'idoneità e quindi per aver titolo, la circostanza del minor tasso di selettività che attualmente caratterizza il reclutamento nell'Arma dei volontari rispetto ai candidati civili.
  A titolo di esempio segnalo che nel concorso in atto per il reclutamento di 3.700 allievi carabinieri, a fronte di oltre 37.000 domande complessivamente presentate e in ragione dell'attuale situazione, la selezione premierà solo il 3,6 per cento dei 31.641 candidati civili, ovvero quasi uno su trenta, con un'età media di 21,7 anni, e il 46,6 per cento dei 5.424 candidati provenienti dalla categoria volontari, uno su due, la cui età, invece, si attesta mediamente intorno ai 24,3 anni.
  Ulteriori utili correttivi sono perciò stati ipotizzati nel corso di alcune interlocuzioni informali con lo stato maggiore dell'Esercito, che ringrazio per l'attenzione e la disponibilità dimostrata nella circostanza e che mi limito per ora ad elencare: riduzione dell'età massima dei volontari, e analogamente dei civili, per la partecipazione ai concorsi nell'Arma dagli attuali 28-26 a 23-24 anni, così da allineare il parametro anagrafico degli arruolati indipendentemente dal bacino di provenienza, oggi invece significativamente divergente in quanto registra un'età media di circa 25 anni per i reclutati dalla categoria dei volontari, a fronte dei circa 22 anni per quelli provenienti dai civili; manifestazione dell'intendimento a un futuro impiego nell'Arma sin dalla selezione per la Forza armata di primo arruolamento, in modo da poter intercettare, già in questa fase, le motivazioni più genuine e le attitudini più funzionali alle esigenze dell'istituzione; partecipazione del fascicolo attitudinale degli aspiranti al successivo arruolamento nell'Arma, così da poter effettuare una prima ricognizione dei relativi profili ed apprezzare, all'atto del successivo iter concorsuale, l'evoluzione dei processi cognitivi e comportamentali degli aspetti valoriali e relazionali dei tratti della personalità e delle capacità di gestione dell'emotività.
  Si tratta, in altre parole, della possibilità di poter conoscere tutti quei fattori attuali e potenziali utili a valutare, avendo a riferimento un più ampio arco temporale, l'idoneità del candidato all'espletamento degli specifici compiti dell'Arma secondo quei canoni di prossimità, capacità di ascolto e dialogo e di attitudine alla mediazione assolutamente indispensabili e tipici per corrispondere alle esigenze e alle aspettative dei cittadini; peculiarità che, del resto, è stata ampiamente riconosciuta anche dal Consiglio di Stato in sede di plurimi pronunciamenti relativi a contenziosi promossi da concorrenti esclusi dalle procedure concorsuali proprio in ragione di un giudizio di non idoneità in sede di selezione attitudinale.
  Ritengo, inoltre, che allo scopo di ovviare al minore appeal della figura del volontario registrato negli ultimi anni, e segnalato anche dal Capo di stato maggiore della Difesa, siano percorribili ipotesi diverse che sottopongo alla loro attenzione in termini di proposte, consapevole dell'esigenza di tutelare gli interessi dell'intero comparto militare della Difesa, non solo quelli dell'Arma.
  Premessa la consapevolezza delle difficoltà che il mercato del lavoro incontra nel garantire opportunità occupazionali, credo, innanzitutto da cittadino, che non possiamo sottrarci all'impegno, non solo morale, di offrire una reale possibilità di impiego ai volontari congedati che per qualsiasi motivo non proseguano le esperienze di servizio né presso la Forza armata di primo arruolamento né nell'Arma o nelle altre Forze di polizia. Direi, anzi, che si tratta di una vera e propria obbligazione, quella di garantire un futuro ai nostri volontari di cui lo Stato e l'intera nazione devono farsi carico, nella considerazione che il servizio prestato da questi giovani realizza un adempimento di rango costituzionale, il sacro dovere del cittadino alla difesa della patria (articolo 52 della Costituzione). Quindi, oltre a quanto già previsto dall'articolo 1014 del codice dell'ordinamento militare (decreto legislativo 15 marzo Pag. 62010, n. 66) in materia di riserva di posti nel pubblico impiego, ritengo che le competenze acquisite negli anni di servizio in armi, anche in termini di soft skill, ben consentirebbero ai volontari di poter essere proficuamente impiegati sia nell'ampia gamma di opportunità lavorative collegate al mondo della security e della protezione civile, certamente prossimo all'esperienza maturata, sia nell'ancor più ampio ventaglio di professioni qualificanti anche nel privato, riconducibili alla funzione di incaricato di pubblico servizio.
  Invero, le competenze maturate dai volontari sono sempre più ad ampio spettro e li emancipano dalla necessità di dover pensare a un futuro lavorativo esclusivamente in armi.
  Le Forze armate, infatti, sono ordinariamente impegnate anche in attività duali, in una varietà di settori, quali, ad esempio, il soccorso in mare e in montagna, i trasporti sanitari d'urgenza, la meteorologia e climatologia, l'assistenza al volo e alla navigazione civile, la difesa cibernetica, la bonifica del territorio da residuati bellici, la cartografia e l'idro-oceanografia, la difesa nucleare, chimica, biologica eccetera cui corrispondono competenze trasversali di sicuro interesse per il mercato del lavoro non solo nel pubblico, ma anche nel privato, cui potrebbero essere riconosciute concrete misure di premialità fiscale e/o previdenziale finalizzate proprio al ricollocamento dei volontari, adattando, ad esempio, le attuali misure: occupazione stabile giovani, occupazione sud, apprendistato, incentivo donne eccetera, eccetera.
  Non da ultimo, come peraltro mi risulta già segnalato a codesta Commissione dal Capo di stato maggiore dell'Aeronautica militare, che desidero espressamente ringraziare per avere evidenziato, nel corso della sua audizione, la necessità di tenere conto anche delle esigenze dell'Arma, mi pare congruo e doveroso che ciascuna Forza armata premi e capitalizzi le esperienze e le professionalità acquisite dai propri volontari. Andrebbero cioè previste adeguate riserve di posti in tutti i concorsi interni e pubblici per i ruoli dei sergenti e dei marescialli, estendendo così una misura oggi già contemplata dal Codice dell'ordinamento militare, ma solo in favore del personale già transitato in servizio permanente, con esclusione dunque dei VFP4 o VFP in congedo o VFP1.
  Nell'avviarmi alla conclusione, penso sia utile soffermarmi sul nesso già evidenziato tra la problematica conseguente alla più elevata età media del personale arruolato dai ranghi dei volontari delle Forze armate e quella del ricongiungimento familiare, tema peraltro particolarmente avvertito dalla signora Ministro della difesa. Il dato anagrafico, infatti, messo a sistema con il gettito geografico degli arruolamenti, molto sbilanciato quanto a regioni di origine e/o provenienza, ha nel tempo reso sempre meno agevole una funzionale politica di impiego del personale, proprio a causa delle diffuse resistenze degli interessati a trasferire il nucleo familiare acquisito nelle sedi di servizio.
  A tale riguardo, nell'ambito del recente ciclo di audizioni avviato al Senato nell'ambito dell'esame dei disegni di legge n. 791 e n. 1009, in materia di ricongiungimento familiare, il Capo del I reparto del mio stato maggiore ha già riferito circa le difficoltà nel conciliare le esigenze operative di impiego con le aspirazioni del personale attratto in grande maggioranza e sin dai primi anni di servizio legittimamente verso i luoghi d'origine, che coincidono per circa il 50 per cento della Forza con le regioni Campania, Puglia e Sicilia, dove, però, sono previste solo il 23 per cento circa delle posizioni di impiego complessive.
  È proprio il sempre più precoce manifestarsi di tali aspirazioni a richiedere una riflessione allo scopo di individuare soluzioni che incoraggino il ricollocamento dell'intero nucleo familiare nella sede di servizio individuata per il carabiniere.
  L'Arma, invero, ha da sempre sostenuto l'impiego del personale e la sua mobilità in località diverse da quelle di origine e/o provenienza, perseguendo coerenti politiche infrastrutturali che consentono oggi di disporre di ben 10.840 alloggi destinati al personale in servizio presso i soli reparti di minore livello dell'organizzazione territoriale, stazioni tenenza e compagnia. Pag. 7
  Con la stessa sensibilità, nell'ottica di offrire ulteriori soluzioni idonee a corrispondere, in modo sollecito e concreto, alla specifica tematica, ritengo utile sottoporre alla loro attenzione la possibilità di introdurre misure di natura economica e fiscale, che peraltro ho già segnalato allo stato maggiore della Difesa, per alleviare il disagio del personale impiegato in regioni diverse da quella di origine.
  Il Testo unico delle imposte sui redditi, infatti, già prevede cinque casistiche di detrazioni fiscali per affitto di una casa in misura variabile in funzione del reddito percepito durante l'anno.
  Per coloro che trasferiscono la propria residenza nel comune di lavoro o in uno di quelli limitrofi ad almeno 100 chilometri dal precedente e comunque fuori dalla propria regione è contemplata la possibilità di detrazioni per tre anni pari a circa euro 1.000 se il reddito complessivo è inferiore a 15.493 euro e nella misura di circa euro 500 se il reddito complessivo percepito è compreso tra i 15.493 e 30.987 euro.
  Ritengo, quindi, che si possa valutare l'opportunità di attagliare tale beneficio fiscale alle specifiche esigenze del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia rivedendo in chiave estensiva sia i limiti temporali sia i parametri di reddito che ne consentono l'accesso.
  Penso, ad esempio, a una detrazione per affitto di una casa fuori dalla regione di origine ad almeno 150 chilometri dal comune di origine o di dimora abituale, con una durata temporale quindicennale nella considerazione che gli ultimi bandi di concorso per i ruoli iniziali dell'Arma dei carabinieri hanno previsto, per il solo personale non proveniente dai volontari, una prescrizione di impiego nella regione di prima assegnazione, coincidente peraltro con quelle di più difficile alimentazione dell'Italia settentrionale, di pari durata.
  Potrebbe, inoltre, essere approfondita la possibilità di prevedere misure incentivanti anche a favore di coloro che volessero optare per l'acquisto di un immobile nella nuova sede di servizio fuori dalla regione di origine, indipendentemente che si tratti dell'acquisto della prima casa.
  Nel sottolineare che si tratta di previsioni che per esigenze di funzionalità ed equità potrà essere necessario estendere in qualche misura anche ai carabinieri neopromossi provenienti dai volontari, sono convinto che simili provvedimenti, ove perseguiti, rappresenterebbero un apprezzabile riconoscimento della specificità del personale dei comparti difesa, sicurezza e soccorso pubblico.
  In definitiva, signor presidente e onorevoli deputati, l'Arma del terzo millennio ha bisogno di un carabiniere al passo con il rapido evolversi della società, la cui sicurezza esige competenze sempre più qualificate. Dobbiamo poter disporre di un carabiniere giovane la cui preparazione sostanzi quelle attitudini complessive indispensabili per sostenere i percorsi di aggiornamento professionale e di specializzazione imposti dalle nuove sfide della criminalità, con particolare riguardo ai settori delle investigazioni scientifiche e telematiche, e a quelle dei comparti operativi attribuiti alla competenza esclusiva dell'Arma, quali la tutela della salute, dell'ambiente, della biodiversità, del patrimonio culturale e del lavoro, fermo restando, ovviamente, l'insostituibile apporto della professionalità e dell'esperienza dei «vecchi», un giusto equilibrio tra le due esigenze.
  Rinnovo perciò il mio ringraziamento per l'opportunità oggi concessa e confermo la piena e convinta disponibilità dell'Arma per ogni ulteriore eventuale approfondimento, consapevole della delicatezza dell'impegno che attende loro anche su questa specifica questione.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, Generale.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIOVANNI RUSSO. Grazie, Generale, per la sua disamina.
  Innanzitutto mi permetto di ringraziarla perché ascoltando, anche nella precedente audizione, le indicazioni e l'analisi che fece, noto che comunque si è passati ad una fase successiva. Infatti, nell'altra occasione Pag. 8 ci fu soltanto un'analisi, mentre adesso lei ha parlato di spunti, come correttivi formulati anche in maniera informale.
  Sono stati proprio questi spunti che lei ha dato che hanno suscitato maggiormente il mio interesse. Spero che possano essere integrati in una maniera organica e, soprattutto, possano diventare qualche cosa di più che un semplice spunto.

  ROBERTO PAOLO FERRARI. Anzitutto colgo l'occasione della presenza del Comandante generale dell'Arma per esprimere la nostra vicinanza, a poco più di un mese, per il gravissimo fatto avvenuto in provincia di Foggia sintomo proprio di una presenza sul territorio dell'Arma. Mi riferisco all'omicidio del Maresciallo Di Gennaro. Questa peculiarità noi vogliamo continuare a garantirla anche attraverso una giusta alimentazione delle forze che la compongono.
  Questa Commissione ha avvertito l'esigenza di avviare un'indagine conoscitiva sul reclutamento proprio perché, durante le audizioni svolte all'inizio di questa legislatura, abbiamo ascoltato la preoccupazione emersa appunto dai Comandanti generali di carabinieri e Guardia di finanza o dai Capi di stato maggiore delle varie Forze armate circa un invecchiamento del personale militare, anche già in fase di ingresso.
  La composizione particolare dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza per la loro peculiarità all'interno, specificità nella specificità delle Forze armate, deve sollevare una attenzione ancora più focalizzata.
  Quelle che lei ci ha illustrato sicuramente sono proposte concrete, che nel quadro complessivo delle audizioni saranno sicuramente utili e delle quali dovremo tener conto. La ringrazio anche del fatto che lei abbia sottolineato alcune esigenze particolari dell'Arma, però in un contesto complessivo di esigenze delle Forze armate. Anche il suo riferimento a quanto il Generale Rosso ha affermato nella sua audizione le rende sicuramente onore.
  Noi dovremo cercare – e qui sta la difficoltà della sintesi – di dare ad esigenze differenti probabilmente risposte anche differenti, perché quello che lei ci ha sottolineato prevede, per la capillarità della diffusione dell'Arma dei carabinieri rispetto a quelle che possono essere invece le sedi di altre Forze armate e le esigenze del personale, appunto soluzioni differenti.
  È interessante, nelle proposte che ci ha esposto alla fine del suo intervento, l'idea di dare anche delle risposte in termini di alloggio. In questo senso mi ricollego, e penso che possa essere una strada sicuramente percorribile, a un protocollo sottoscritto pochi giorni fa in Prefettura a Milano circa il coinvolgimento e l'investimento da parte delle aziende regionali dell'edilizia residenziale pubblica affinché possano destinare alloggi con possibilità di riscatto agli appartenenti alle Forze dell'ordine e alle Forze armate.
  L'idea è di un affitto che, dopo i quindici anni di prima permanenza dell'assegnazione, come lei diceva, possa poi essere riscattato. Se i militari si formano una famiglia e si integrano nel luogo di prima assegnazione, cosa che assolutamente è ben vista e ben accetta da tutti nei territori, avrebbero la possibilità di permanervi e di integrarsi totalmente. Oltretutto con un beneficio anche per coloro che risiedono in quegli edifici dove ai militari viene concesso l'alloggio, perché la presenza di un carabiniere o di un altro appartenente alle Forze dell'ordine aumenta la percezione della sicurezza anche da parte degli altri residenti.
  Nel ringraziarla ancora per i suggerimenti che ci ha voluto fornire. Spero davvero che l'esito di questa indagine conoscitiva possa addivenire a proporre soluzioni affinché noi come legislatori o anche il Governo possa trarre ottimi spunti per dare una risposta magari di revisione di quelle criticità che sono emerse a seguito anche dell'adozione della forma professionale per quanto riguarda le Forze armate e che hanno incrinato quel rapporto di approvvigionamento che per l'Arma c'era da parte dei giovani che provenivano dalla leva.

  ALBERTO PAGANI. Ringrazio il Generale per l'illustrazione, sempre molto precisa e lineare, delle problematiche che ci sono e anche – cosa che ho molto apprezzato Pag. 9 – per la concretezza degli aspetti propositivi. Naturalmente ci sono problemi e c'è la necessità di trovare soluzioni con proposte concrete, come quelle che ha illustrato. Come diceva il collega Russo, mi associo a quanto è stato detto, si tratta di proposte concrete.
  Colgo l'occasione per dire che, se la maggioranza su queste proposte ha intenzione di lavorare, da parte dell'opposizione, almeno da parte del partito che rappresento, c'è piena collaborazione. Chiaramente, vanno nella direzione di affrontare una difficoltà oggettiva che non si risolve con dichiarazioni di buone intenzioni. Bisognerà prendere qualche provvedimento che consenta di trovare soluzioni alle problematiche che questa indagine sta evidenziando.
  La sua audizione, Generale, si inserisce in un quadro di altre audizioni che ormai hanno cominciato a delineare alcuni punti. I comuni ci chiariscono su quali assi si potrebbe provare a lavorare. Un punto meritevole di riflessione che, almeno io, ho trovato nella sua audizione e anche nelle altre esposizioni è quello relativo al legame che ci può essere tra la «crisi delle vocazioni», cioè la riduzione delle persone che superano le prove di selezione e rientrano nei criteri, quindi una forbice che si allarga tra coloro che fanno click sul computer di casa perché vogliono prendere in esame l'ipotesi di avere parte della propria vita all'interno delle Forze armate, e quelli che, alla fine, realmente si presentano a fare i test, li superano e vengono arruolati.
  Forse una delle ragioni – veniva accennato indirettamente nella sua illustrazione – che fa cadere l'attenzione potrebbe essere anche la precarietà dell'esperienza. Un ragazzo sa che se supera i test da volontario può avere un anno di ferma, al quale si possono aggiungere altri quattro anni con i VFP4; però poi rischia di avere un futuro precario, di doversi cercare un altro lavoro nella società civile, diciamo così, utilizzando per questa nuova professione l'esperienza e la formazione molto settoriali che ha acquisito in questi quattro-cinque anni di Forze armate.
  Sicuramente sono utili gli strumenti che possono favorire questa ricollocazione. È difficile pensare che vadano tutti a fare le guardie giurate o che possano essere ricollocati nel livello base del sistema della security privata. Dall'altra parte, mi si è accesa una lampadina. Potrebbe anche trattarsi di una cosa sciocca, quindi la pongo come domanda proprio per capire se può avere un senso o no ragionare anche in questi termini. Tutte le Forze armate, in particolare con la loro professionalizzazione, hanno via via esternalizzato una serie di funzioni, dalla gestione delle strutture agli automezzi. Per cambiare una lampadina devono chiamare l'elettricista; per sistemare gli scarichi idraulici che si rompono devono chiamare l'idraulico, per cambiare le gomme a un mezzo spesso devono andare in un'officina.
  Potrebbe essere ragionevole pensare per una parte, naturalmente una piccola aliquota di volontari che hanno fatto un'esperienza e che potrebbero modificare la propria competenza e la propria formazione, un futuro più stabile anche all'interno delle Forze armate, con ruoli diversi legati a un primo livello di gestione e manutenzione delle strutture? Oppure l'idea per voi migliore è ringiovanire e poi rimettere tutto sul mercato del lavoro fuori dalle Forze armate?
  Ho posto la domanda in un modo un po’ confuso. Spero, però, che si sia capita.

  SALVATORE DEIDDA. Buongiorno, Generale. Spero che la sua relazione sia una delle ultime di questa indagine conoscitiva. I problemi sul reclutamento e sulle possibili soluzioni penso siano già emersi nelle varie audizioni e anche nelle diverse visite che molto spesso questa Commissione ha fatto nelle varie strutture militari, ma anche nella semplice attività dei parlamentari nei propri territori.
  Questa Commissione ha approvato all'unanimità una risoluzione per cercare un modo di dare anche all'Arma dei carabinieri la possibilità di fare il reclutamento. Ritengo non vi siano motivi ostativi o contrari. Ricordo che le Forze armate sono quattro e che quello che contraddistingue, o differenzia, i Carabinieri rispetto, per Pag. 10esempio, all'Esercito è la stabilità che l'Arma dei carabinieri dà al proprio personale, cosa che purtroppo l'Esercito non ha la capacità di fare. Non si può tenere un ragazzo che desidera fare il militare per tre, quattro, cinque anni e poi offrirgli solamente una strada. Infatti, come ha detto il collega Pagani, o fa la guardia giurata (posto che non è più possibile per la carenza di posti di lavoro) oppure oscilla tra Carabinieri e Polizia. La strada è obbligata. Non c'è una vocazione. Esercito, Marina, Aeronautica, Carabinieri, Guardia di finanza: se si incominciasse una carriera, si venisse giudicati per quello che si sa fare e poi si intraprendesse una carriera dentro quella Forza non ci sarebbero grandi problemi di vocazione o di altro tipo.
  Ovviamente c'è il problema degli alloggi, come lei ha detto, ma tutto questo rientra, purtroppo, nella responsabilità della politica, dei vari Governi. Non attribuisco la colpa a una forza politica o a un'altra, ma ai vari Governi. Si è pensato alle Forze armate come a un portafoglio da cui attingere fondi. Si è trascurato molto questo settore, cosa che, per esempio, i Carabinieri – e mi fa piacere – non hanno fatto. Dovevo visitare la Folgore, però ho visto la sede del Tuscania: devo dire che è mantenuta benissimo. Vi sono lavori continui. Faccio i miei complimenti. Allo stesso modo, sto vedendo il vostro sforzo. Ho detto in una delle prime audizioni che avrei visitato anche le caserme più piccole, quelle dei centri più piccoli, magari dove c'è il rischio di chiusura per il contenimento dei costi. Ho visto che vi state sforzando per mandare personale giovane, contribuendo a un ringiovanimento dell'organico. Mi fa assolutamente piacere.
  La mia non è tanto una domanda, quanto una richiesta di spingere, di non preoccuparsi degli effetti politici e di continuare a pensare che anche i Carabinieri devono avere un proprio reclutamento e spiegare che non è concorrente agli altri. Le Forze armate devono avere una stabilità di carriera.

  ANTONIO DEL MONACO. Generale, la ringrazio per la sua eccellente relazione. Ha messo i punti soprattutto su alcuni aspetti, tra cui l'età media elevata e sul discorso del ricollocamento dei volontari congedati, nonché sulle problematiche «economiche» per quelli che prestano servizio assai distanti dalla propria residenza. Ha indicato anche alcune soluzioni.
  Ben venga la questione di occuparci del ricollocamento di chi va fuori dalle Forze armate. Esistono a livello regionale alcune sezioni. Le sezioni che si occupano di ricollocamento non possono fare altro che aggiornare la banca dati del Sistema informativo lavoro difesa (SILD) e fare qualche protocollo di intesa. Tempo fa abbiamo cercato anche di stimolare a livello centrale per costituire delle cooperative di servizio degli ex congedati – quei servizi di cui si parlava prima – per cercare di coprire quei servizi che una volta erano svolti all'interno. Questo è un problema che si può anche valutare.
  Sento il bisogno di dire un'altra cosa, però. Il 50 per cento della domanda per il VFP1 è in diminuzione. Tutti ci hanno detto che si è abbassata la richiesta per accedere al VFP1. Questo mi fa capire che ci troviamo di fronte a un modello la cui motivazione si è abbassata. È su questo che bisogna operare. Soprattutto, bisogna capire per quale ragione ciò accade. Come dicevamo prima, magari una persona entra nelle Forze armate per fare quell'anno di servizio, per cercare di trovare nuove sponde, di rimanere nelle Forze armate oppure, magari, di entrare nei Corpi armati. Questo, però, spesso non accade e crea disagi non solo al ragazzo che va via, ma a trecentosessanta gradi. Penso che il problema vi sia anche per le Forze armate. In fin dei conti in un anno investiamo tantissimo, anche se probabilmente questo ragazzo dovrà andare via. In un anno noi facciamo selezione, incorporamento, addestramento e formazione di primo e secondo livello, quindi un investimento abbastanza importante sia a livello economico sia a livello di energie, ma poi lo mandiamo via.
  È possibile pensare a un nuovo modello? Faccio un esempio e le do alcune indicazioni alle quali sto pensando per risolvere la questione sia a livello operativo che a livello tecnico per il volontario. Un'indicazione Pag. 11 è quella di tornare a tre anni – non più uno – aggiungendo all'aspetto operativo anche l'aspetto tecnico. Si tratta di entrare in una logica in cui, alla formazione operativa del volontario, si aggiunge anche un aspetto tecnico. Come ho detto nella precedente audizione, quella del Capo di stato maggiore dell'Aeronautica, ricordo i volontari tecnici operatori (VTO). Allora noi all'interno della struttura militare avevamo delle caselle, così come diceva il collega prima (l'elettricista, l'idraulico eccetera), che rappresentavano le esigenze dell'epoca. Oggi non ci sono più quelle esigenze, ma ci sono altre nuove attività che potremmo cercare di canalizzare per quanto riguarda questi volontari, che possono essere utilizzati sia da noi all'interno della nostra struttura sia come continuum. Noi abbiamo volontari dopo un certo numero di missioni. È giusto che quella operatività si possa trasformare in una operatività prettamente tecnica nell'ambito della nostra realtà.
  Questa potrebbe essere una soluzione anche in merito alla questione della giovane età per quanto riguarda i Carabinieri. Prendendo un volontario per tre anni, potrei dare la possibilità ai Carabinieri, o a chi per loro, così come succedeva una volta con gli ufficiali di complemento, di prenderlo sin da subito, nel giro di pochi mesi, dopo la prima fase, di poterlo arruolare, nell'ambito del primo anno, e portarlo direttamente nell'Arma. Quella selezione, quella scelta avviene anche prima. In questo modo si farebbero entrare nei Corpi armati braccia fresche, giovani volontari. L'idea, quindi, è quella di un volontario a ferma triennale, con la possibilità per i Carabinieri e le altre Forze di assorbirli nell'ambito del primo anno e di mantenerli, oltre che su un ruolo operativo, anche su un ruolo tecnico, dando la possibilità di sfruttare questa peculiarità tecnica non solo nell'ambito delle Forze armate, ma anche all'esterno una volta congedati.

  PRESIDENTE. Do adesso la parola al Generale Nistri per la replica.
  Prego, Generale.

  GIOVANNI NISTRI, Comandante generale dell'Arma dei carabinieri. Intanto, ringrazio per le domande che sono state poste e per le attestazioni di attenzione anche per i fatti luttuosi capitati. Grazie veramente di cuore.
  Le risposte alle domande hanno tutte una necessaria premessa che parte dal presupposto che – per convinzione profonda, prima ancora che per disposto legislativo – tutte le valutazioni non possono che essere riportate all'unitarietà del complesso difesa. Per cui, si possono formulare proposte, ma chiaramente debbono essere valutate, validate e sottoscritte – diciamo così – dalle autorità competenti, ovviamente la signora Ministro della difesa e il signor Capo di stato maggiore della Difesa.
  Per quanto riguarda la domanda dell'onorevole Pagani, che ringrazio, premesso che posso dettagliatamente parlare della nostra struttura, della nostra organizzazione, posso sicuramente dire che il concetto dell'esternalizzazione è derivato da tante necessità che dovevano tenere conto, da un lato, del maggior impiego possibile di personale in attività operative per la saturazione del territorio (quindi, da una parte li metti e dall'altra li togli) e, dall'altro lato, dalla capacità di fornire la massima aderenza possibile al supporto logistico. Noi avevamo, e abbiamo tuttora, le officine legionari, quindi a livello di capoluogo di regione, con dei posti manutenzione distaccati. Diventa, ovviamente, difficile un discorso del genere. Insieme a tutto questo vi sono aspetti che, chiaramente, concernono la particolare difficoltà tecnica anche nelle manutenzioni di determinati tipi di autovetture.
  Chiaramente, la situazione nelle altre Forze armate non la conosco nel dettaglio, ma credo che una proposta da studiare, come quella da lei in qualche modo suggerita, per far sì che al termine del loro servizio nella Forza armata di provenienza questi ragazzi possano trovare collocazione nell'ambito delle strutture militari, per esempio come civili nell'ambito dell'amministrazione difesa, non sottrarrebbe personale per l'impiego operativo sul territorio, ma darebbe queste possibilità sia a livello locale Pag. 12 di utilizzo di professionalità formate sia a livello individuale. Ovviamente non compete a me questa valutazione, anche perché un ragionamento del genere insisterebbe anche sugli aspetti economici. A quel punto, diventa un impiegato dello Stato, con quello che ne consegue.
  I suggerimenti avanzati nel corso della mia illustrazione ben potrebbero valere, per esempio, per le facilitazioni all'impiego di questi giovani nell'ambito di quelle ditte e di quelle imprese che normalmente, notoriamente, hanno appalti nei confronti della Pubblica amministrazione. Quindi, quel discorso di premialità fiscale, previdenziale e quant'altro potrebbe ben essere valutato per orientarlo su queste ditte. Immagino che potrebbe essere una soluzione, ovviamente con il beneficio di quanto ho detto all'inizio. Questa è una mia valutazione espressa sul momento. Sarà, poi, valutata al giusto livello.
  Per quanto concerne l'indicazione dell'onorevole Deidda sul reclutamento proprio, rimane sempre valido il discorso della cornice unitaria. In Accademia c'era il motto «una acies» (un'unica schiera). Tale siamo, a prescindere dalla Forza armata di appartenenza, quindi va trovato qualunque sistema che possa contemperare – come ho detto all'inizio della relazione – le diverse esigenze e le diverse necessità.
  Per quanto concerne quanto lei ha detto, il discorso dei VFP3, diciamo così, non riguarda tanto noi come Arma, ovviamente, ma immagino sia un discorso rivolto all'attenzione degli altri stati maggiori, in particolare del Capo di stato maggiore dell'Esercito, che penso possa avere idee più compiute sull'argomento.
  Il nostro problema riguarda, da un lato, l'aspetto dell'età, come abbiamo detto (non si tratta dell'età e basta, ma dell'età con tutto ciò che l'avanzare della stessa comporta); dall'altro lato, vi è un discorso di percentuale di impieghi in compiti operativi e non logistici. Noi abbiamo già una riduzione notevolissima della percentuale di personale impiegato in compiti amministrativo-burocratico-logistici. Abbiamo uniformato il Centro unico contrattuale (CUC) e abbiamo unificato il Centro nazionale amministrativo (CNA). Stiamo cercando di ridurre al massimo. Anche questa valutazione, quindi, va considerata sulla base della percentuale d'impiego operativo. Certamente, è un'idea che, immagino, sarà valutata dagli stati maggiori competenti. Quindi, ringrazio per la domanda. Penso che potrebbe essere un altro aspetto da valutare compiutamente nel quadro che ci siamo detti.

  PRESIDENTE. La ringrazio, Generale.
  Io non ho ulteriori richieste di intervento. Pertanto, rinnovo i ringraziamenti a lei, Generale, e a tutti gli intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.