XVIII Legislatura

IV Commissione

Resoconto stenografico



Seduta antimeridiana n. 27 di Giovedì 29 luglio 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Rizzo Gianluca , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA PIANIFICAZIONE DEI SISTEMI DI DIFESA E SULLE PROSPETTIVE DELLA RICERCA TECNOLOGICA, DELLA PRODUZIONE E DEGLI INVESTIMENTI FUNZIONALI ALLE ESIGENZE DEL COMPARTO DIFESA:

Audizione, in videoconferenza, del Rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea, Ambasciatore Pietro Benassi.
Rizzo Gianluca , Presidente ... 3 
Benassi Pietro , Rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea ... 3 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 9 
Pagani Alberto (PD)  ... 9 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 10 
Benassi Pietro , Rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea ... 10 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 11

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Coraggio Italia: CI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-L'Alternativa c'è: Misto-L'A.C'È;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento ADC: Misto-NcI-USEI-R-AC;
Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-MAIE-PSI: Misto-MAIE-PSI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIANLUCA RIZZO

  La seduta comincia alle 8.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la diretta sulla web-tv e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione, in videoconferenza, del Rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea, Ambasciatore Pietro Benassi.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla pianificazione dei sistemi di difesa e sulle prospettive della ricerca tecnologica della produzione e degli investimenti funzionali alle esigenze del comparto difesa, l'audizione in videoconferenza del Rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea, ambasciatore Pietro Benassi.
  Saluto e do il benvenuto all'ambasciatore Benassi, che ringrazio per la partecipazione ai lavori della Commissione, ai colleghi presenti e ai colleghi che parteciperanno alla seduta secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento del 4 novembre 2020, ai quali rivolgo l'invito a tenere spenti i microfoni per consentire una corretta fruizione dell'audio. Ricordo che, dopo l'intervento del nostro ospite, darò la parola ai colleghi che intendano porre domande o svolgere osservazioni e, successivamente, l'ambasciatore potrà rispondere alle domande poste. A tal proposito chiedo ai colleghi di far pervenire fin da adesso la propria richiesta di iscrizione a parlare.
  Do, quindi, la parola all'ambasciatore Pietro Benassi. Prego, a lei la parola.

  PIETRO BENASSI, Rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea. Ringrazio il signor presidente e gli onorevoli deputati della Commissione difesa della Camera per questa occasione di riflessione sui temi connessi allo sviluppo di capacità di difesa adeguate a rispondere alle sfide legate alla sicurezza e alla difesa dell'Unione europea.
  Questa dimensione della sicurezza della difesa è – consentirmi questa espressione – uno dei grandi cantieri aperti oggi a Bruxelles. Si tratta di questioni storicamente fuori e, comunque, ai margini del processo di integrazione, perché devolute, come è noto, principalmente alla NATO e, conseguentemente, afferenti in buona parte a competenze eminentemente di tipo nazionale. Dopo una fase iniziale che si fonda costruendo sulla European Union Global Strategy del 2016 dell'allora Alto rappresentante Federica Mogherini, si declina in iniziative e programmi intergovernativi. Però si è aperto negli ultimi anni uno scenario di prospettiva «comunitarizzazione», almeno di alcuni settori del comparto difesa e mi riferisco alla sua dimensione industriale. Fenomeno questo accompagnato da una sorta di contaminazione tra componenti militari e civili, proprio per i motivi su accennati.
  Il progetto di un'Unione europea della difesa, dunque, è stato ripreso esplicitamente dalla presidente Von der Leyen, allorché ha spesso evocato la nozione di una Commissione geopolitica, nozione che è stata resa ancora più attuale dal consolidarsi di un concetto di sicurezza diffusa, in cui sfide e minacce ibride e multilivello investonoPag. 4 sempre più interi aspetti della vita civile – pensiamo alle infrastrutture, al settore dell'energia, alle telecomunicazioni – e non solo le comunità della difesa tradizionalmente investite per la protezione degli interessi e dei valori europei.
  Anche l'attuale Alto rappresentante Josep Borrell ha sottolineato spesso la necessità di occuparsi di sicurezza, di rafforzare gli strumenti di difesa e proiezione di forza e iniziare ad apprendere, cito testualmente, il cosiddetto «linguaggio della potenza». È dal 2016 che si procede, anche su forte impulso del nostro Paese, a ridefinire l'architettura di sicurezza e difesa europea.
  Passo dopo passo si definisce il profilo di una Ue della difesa che si sviluppa nel corso degli anni secondo tre principali piste di azione. La prima attiene al rafforzamento del coordinamento tra i vari attori della difesa della Ue tramite la Coordinated Annual Review on Defence (CARD). La seconda riguarda l'individuazione di priorità di sviluppo di capacità impostato su Capability Development Plan (CDP), riflessa nella Cooperazione strutturata permanente (PESCO) a partire dal 2017. Dal 2020 queste priorità sono concentrate in sei aree specifiche: le cosiddette focus areas della CARD. Infine – e questo è un elemento molto importante oggetto di critiche e riflessioni – mettere finalmente a fattor comune le risorse disponibili con l'istituzione di linee di finanziamento dedicate, sino ad arrivare allo European Defence Fund (EDF). L'evoluzione più recente, evidenziata dalla crisi pandemica e dalla vulnerabilità che questa ha impietosamente svelato, ha riguardato – come dicevo – la nozione di sicurezza diffusa.
  L'Unione europea e gli Stati membri si trovano a rispondere oggi a sfide e minacce differenti, ma non meno fragilizzanti, rispetto a quello che in dottrina è definito attacco armato. Si tratta di atti malevoli, come sono definiti, attacchi che colpiscono al cuore la società con mezzi cyber, digitali o satellitari, e che possono invalidare le infrastrutture civili come trasporti ed energia, le telecomunicazioni fino alle strutture sanitarie. Su un piano correlato vi è poi la concreta minaccia della disinformazione, che mira a rendere fragili, quando non a paralizzare, le strutture decisionali a livello nazionale ed europeo.
  Questi nuovi scenari di sicurezza, o meglio di insicurezza, hanno determinato la consapevolezza di dover sanare le vulnerabilità dell'Unione e si sono riflessi nell'apertura di strumenti e programmi finanziari della Commissione verso progetti con capacità dual use e a contaminazioni incrociate tra l'industria civile, quella dello spazio e della difesa. Questo impianto è stato confermato sia nella sua componente geostrategica, sia in quella industriale dal Consiglio europeo che, nella sua dichiarazione finale di febbraio 2021, ha chiesto alla Commissione di presentare entro l'autunno una road map delle tecnologie critiche, i cui esiti confluiranno poi nella bussola strategica che l'Alto rappresentante Borrell dovrà presentare al Consiglio europeo entro il marzo del prossimo anno.
  Di fatto si tratta di mettere in coerenza e adattare alla mutata congiuntura globale le iniziative, i programmi e gli strumenti già esistenti ideandone nuovi che sono ritenuti necessari. La sfida è orientare la Ue in direzione dell'autonomia o come sempre più spesso si sente in circoli europei, la cosiddetta sovranità strategica, ma soprattutto costruire il necessario consenso interno sul quale fondarla.
  Di fronte a situazioni di crisi che mettono in gioco la sua sicurezza, pensiamo al Sahel, alla Libia o al Corno d'Africa, lo stesso vicinato orientale, l'Unione europea dovrà – in prospettiva – essere capace di dispiegare e al tempo stesso proiettare la propria forza in preminente modalità collaborativa, se è possibile, ma anche da sola, se necessario. In una tale prospettiva, il lavoro in corso sullo Strategic Compass può contribuire a creare quella cultura strategica comune che ancora manca nell'Unione europea e che potrà riverberare il principio di solidarietà e coesione del Next Generation EU in un settore sinora a forte connotazione nazionale.
  La bussola strategica dovrà inoltre definire le capacità industriali di cui la Ue ha bisogno, allo scopo da un lato di proteggere l'Europa e i propri cittadini in piena complementarietàPag. 5 con la NATO, dall'altro mitigare le minacce, proteggere gli interessi e promuovere i valori della UE sui principali scenari di interesse per l'Unione e per i suoi Stati membri.
  Il Compass dovrebbe, in altre parole, definire gli obiettivi principali dell'azione di proiezione esterna della Ue e individuare le capacità per realizzarle, ma per questo secondo obiettivo la bussola strategica dovrà costruire su un impianto già largamente esistente.
  Ad oggi la Ue può contare su due strumenti essenziali per sviluppare capacità strettamente di difesa. Il primo è la Cooperazione strutturata permanente, la cosiddetta PESCO e ha come obiettivo l'integrazione della difesa europea.
  Il secondo è il Fondo europeo di difesa (EDF), uno strumento finanziario importantissimo, innovativo, che pur affrontando il tema delle capacità della difesa da un punto di vista di politica industriale costituisce il primo strumento a bilancio della Ue. Questo è un passaggio importante per il sostegno a un settore economico sinora considerato precluso, quale quello della difesa.
  Vi sono poi i vari strumenti di sostegno alla ricerca, sviluppo e contaminazioni nei settori duali, dal dominio cyber allo spazio, alle contaminazioni tra industria civile e della difesa, alle tecnologie emergenti su cui la Commissione e l'Alto rappresentante hanno incrementato la loro attenzione negli ultimi anni, in risposta a quello scenario mutato che descrivevo poco prima.
  Riguardo alla PESCO, com'è noto, l'Italia fa parte del gruppo di Stati membri propulsori di questa Cooperazione rafforzata. Assieme a Francia, Germania e Spagna formiamo il cosiddetto gruppo dei PESCO quattro, gli Stati membri più ambiziosi rispetto all'integrazione del panorama militare di difesa della Ue. Questo si traduce nei fatti nella guida di nove progetti sulle tre serie di progetti PESCO, a cui si aggiungeranno i progetti della quarta serie che spaziano dalle corvette di nuova generazione, ai cosiddetti sistemi unmanned, cioè senza pilota, sia via terra sia via aria, profilando l'Italia in una posizione di leadership in tutti i tradizionali domini militari. Però per la maggior parte dei casi si tratta di impegni di lungo periodo e, pertanto, poco visibili e comunicabili alla stessa opinione pubblica.
  Uno degli obiettivi più importanti della revisione strategica della PESCO è stata proprio l'individuazione di progetti che, entro la fine del 2025, producano risultati tangibili.
  A fine 2020 la Ue ha approvato la decisione del Consiglio sulla partecipazione alla PESCO degli Stati terzi. Dopo oltre due anni di negoziato è prevalsa la linea – da noi sostenuta – di un giusto equilibrio tra autonomia strategica e la necessità di preservare e migliorare la connessione delle industrie nazionali alle catene di valore globale, di fatto tra indipendenza delle industrie strategiche e apertura agli alleati tradizionali quali, ad esempio, gli Stati Uniti, il Regno Unito, il Canada e la Norvegia. Nel marzo scorso Canada, Norvegia e Stati Uniti sono entrati per la prima volta nel progetto PESCO sulla mobilità militare che la Ue conduce in stretta cooperazione con la NATO. È in via di negoziato un accordo tra l'EDA e gli Stati Uniti per la partecipazione di Washington ai progetti industriali della PESCO. Nei prossimi mesi occorrerà poi definire in maniera compiuta la questione delle regole di governance nei progetti PESCO. Anche in questo caso occorrerà lavorare per affermare il principio di un'Europa inclusiva, ma in grado al tempo stesso di superare le vulnerabilità e le fragilità delle catene di valore evidenziate in maniera molto evidente dalla pandemia da COVID-19.
  I progetti PESCO hanno il fine essenziale di sviluppare capacità all'avanguardia, interoperabili tra le forze armate degli Stati membri e con le forze della NATO in maniera collaborativa. Nel medio periodo tale strumento potrà dotare la Ue di capacità più complesse di quanto essa ne ha avute in passato. Nel breve periodo il maggior vantaggio della PESCO resta quello di indurre gli Stati membri a lavorare assieme, facilitando lo scambio di informazioni, favorendo una familiarità di contatti Pag. 6e costruendo una comunità di esperti e di expertise.
  Un riferimento allo European Defence Fund ci fa dire come l'impianto di sostegno allo sviluppo di capacità della difesa in maniera collaborativa sia completato da questo strumento finanziario inquadrato nel bilancio pluriennale dell'Unione 2021/2027 e approvato formalmente ad aprile dal Parlamento europeo. Si tratta del Fondo europeo di difesa.
  Con uno stanziamento di circa otto miliardi di euro, prezzi correnti, poco più di un miliardo di euro l'anno, questo fondo ha l'obiettivo di sostenere progetti di sviluppo, di capacità e ricerca nel settore della sicurezza e difesa, con due focus specifici. Il primo è l'affrancamento della Ue dalle dipendenze strategiche, per capirci quelle che hanno portato lo scorso anno alla crisi di offerta di semiconduttori. Il secondo è il sostegno alle piccole e medie imprese e alle startup.
  Il Fondo europeo di difesa divide i fondi per ciascun anno in due differenti finestre. Una, pari a circa il 70 per cento, disponibili per lo sviluppo di capacità operative; l'altra, per circa il 30 per cento, opera invece in ricerca e sviluppo, un settore altamente rischioso e a basso turnover- profitto per l'industria della difesa, soprattutto nelle fasi iniziali che il Fondo intende finanziare.
  Lo strumento gestito dalla neoistituita direzione generale DEFIS (Defence Industry and Space), una direzione generale della Commissione europea, è strettamente connesso alle iniziative di integrazione della difesa del Consiglio che sono il CDP (Capability Development Plan), la CARD (Coordinated Annual Review of Defence) e la Cooperazione strutturata permanente, la PESCO (Permanent Structered Cooperation). Speciale rilievo hanno i progetti che cercano di rispondere alle capability development priorities e, in particolare, alle lacune militari immediatamente ed evidenziate e necessarie.
  Un bonus finanziario di un ulteriore 10 per cento del valore dei progetti è assegnato a quei progetti EDF che sono al tempo stesso anche i progetti in ambito PESCO. È in questa componente che si assiste a una graduale, ma profonda prospettiva di «comunitarizzazione» della dimensione industriale della sicurezza e difesa.
  Questo si traduce in una commistione di ruoli sempre più intricata tra Commissione e Consiglio che, con ogni probabilità, andrà regolata via via che si toccheranno con mano i primi risultati concreti delle azioni in corso.
  Se passiamo a un esame dell'industria italiana di settore e a domandarci quali sono i risultati che possiamo intravedere o vedere sin da ora, dobbiamo sinceramente dire che l'Italia finora ha giocato in maniera adeguata le sue carte, classificandosi al secondo posto dopo la Francia per numero e valore di progetti finanziati e aggiudicandosi il 20 per cento dei fondi totali disponibili. La Francia, prima classificata, se ne è aggiudicata il 23 per cento.
  Sul solo programma preparatorio dell'EDF per il 2020, dei 9 progetti a guida nazionale 5 sono stati considerati vincitori, di cui uno, ESSOR (European Secure Software Defined Radio), in finanziamento diretto per il valore aggiunto che fornisce alla cosiddetta «dimensione europea». Per il 2021 il programma di lavoro prevede 17 categorie di azioni con 37 topics, da cui scaturiranno 23 call for proposal, per un bilancio complessivo di 930 milioni di euro, di cui circa 310 milioni per la ricerca e circa 620 milioni per lo sviluppo, che è esattamente quella divisione percentuale a cui facevo prima riferimento.
  L'industria nazionale della difesa, quella che il Commissario Thierry Breton chiamerebbe «l'ecosistema della difesa», ha tutti gli strumenti e le capacità per assumere un ruolo di guida in un processo che riesca a conciliare la tutela dell'indipendenza strategica in un settore cruciale per la protezione dei nostri interessi con il legame alle industrie e degli alleati e, soprattutto, di Stati Uniti e Regno Unito che pervadono e caratterizzano il nostro tessuto industriale.
  Le discussioni che orienteranno l'utilizzo dell'EDF si svolgeranno formalmente in un comitato rappresentativo di Stati membri e Commissione, ma una gran parte del lavoro preparatorio si svolgerà nel Pag. 7gruppo internazionale di esperti stabilito dalla Commissione, ove siedono sette aziende o enti italiani e l'associazione di categoria AIAD (Aziende italiane per l'aerospazio, la difesa e la sicurezza).
  Le azioni che ho descritto finora afferiscono a ricerca e capacità per la difesa in senso stretto. Tuttavia, come evocavo prima, le minacce degli scenari di sicurezza contemporanei sono trasversali e investono tutti i settori della vita civile, con particolare riferimento, da un lato, ai due spazi geostrategici contestati, cyber e spazio, fonte di intelligence e veicolo di potenziali azioni malevole e, dall'altro, alle contaminazioni tra industria civile e quella della difesa.
  Per far fronte a tali sfide e minacce e per cogliere appieno il potenziale moltiplicatore degli strumenti finanziari a disposizione dell'Unione europea, la Commissione si è posta l'obiettivo di ricercare attivamente sinergie e contiguità tra i programmi e le iniziative di cui dispone. Con questo scopo nasce il programma d'azione per le sinergie tra industria civile dell'aerospazio e della difesa, che si pone come obiettivi una complementarietà tra programmi e iniziative della Ue che finanziano ricerca e sviluppo per incrementare le economie di scala e l'efficacia degli investimenti della Ue, ma anche la promozione del principio che i fondi investiti nella ricerca di difesa e sicurezza abbiano dividendi economici e tecnologici per i cittadini europei, quello che la Commissione europea chiama «spin-offs» e, infine, facilitare l'utilizzo di risultati e innovazione civile per i progetti di cooperazione UE nella difesa, i cosiddetti «spin-ins».
  Il Consiglio ha fatto un passo ulteriore per assicurare la superiorità tecnologica europea su un orizzonte di trent'anni. L'Ue fa fronte a un'intensa e sempre più assertiva competizione da parte di concorrenti strategici, in particolare della Cina che, con la sua rincorsa scientifica e tecnologica, ha sviluppato autonomamente un sistema per basi spaziali in soli dieci anni.
  Su questo sfondo, come evocavo all'inizio, il Consiglio europeo ha incaricato la Commissione di presentare una roadmap per l'individuazione delle tecnologie critiche su cui concentrare programmi e finanziamenti per i prossimi anni. La roadmap è attesa per questo autunno e sarà focalizzata su tecnologie emergenti e di rottura.
  Un elemento fondamentale per il rafforzamento delle capacità europee in materia di difesa e sicurezza è l'innovazione tecnologica spinta dalla ricerca. Le attività finanziabili a valere sul nuovo programma quadro europeo per la ricerca e l'innovazione nel periodo 2021-2027, come Horizon Europe, con un budget complessivo di 95,5 miliardi di euro a prezzi correnti dovranno avere un focus esclusivo sulle applicazioni civili. Tuttavia, la Commissione favorisce le sinergie tra Horizon Europe e il Fondo europeo per la difesa.
  È particolarmente rilevante in questo contesto il cluster di ricerca dedicato alla digitalizzazione, all'industria e allo spazio nell'ambito del pilastro sulle sfide globali della società e la competitività dell'industria europea. Le risorse verranno assegnate su base competitiva a progetti di ricerca collaborativi di portata europea.
  Anche il programma per l'Europa digitale, finanziato con 7,5 miliardi di euro nell'ambito del quadro finanziario pluriennale 2021-2027, punta al rafforzamento delle capacità digitali della Ue in cinque settori chiave: il calcolo di alte prestazioni, l'intelligenza artificiale, la cyber security le abilità digitali avanzate, la diffusione e l'interoperabilità della capacità digitale.
  Il digital compass pubblicato dalla Commissione nel marzo scorso ha l'obiettivo di indirizzare in maniera più mirata e strategica vari strumenti programmatori e finanziari: Horizon Europe, il Digital Europe Programme, ma anche il meccanismo per connettere l'Europa parte digitale e i piani nazionali di ripresa e resilienza – quel Next Generation EU di cui si è molto parlato in queste settimane e in cui il nostro Paese, come gli altri Stati membri, è particolarmente impegnato – al fine di realizzare la trasformazione digitale in Europa entro il 2030, contribuendo in tal modo all'autonomia strategica dell'Unione.
  Un cenno agli spazi geostrategici di grande rilievo, spazio e cyber. Il settore dello spazio è sostenuto da un consistente Pag. 8programma civile. Il regolamento spazio entrato in vigore nel giugno scorso ha infatti istituito il Programma spazio dell'Unione europea che racchiude tutte le attività spaziali dell'Unione, con una dotazione di 14,8 miliardi di euro nell'ambito del quadro finanziario 2021-2027.
  Questo Programma include quattro componenti: la navigazione satellitare con il programma Galileo EGNOS (European gestionary navigation overlay system), l'osservazione della terra con il programma Copernicus, le comunicazioni satellitari istituzionali con il programma GOVATSCOM (Governmental satellite communications), la sorveglianza dell'ambiente spaziale, la SSA (Space situation awareness).
  Il Programma include anche misure di sostegno all'accesso autonomo della Ue nello spazio, cioè all'industria europea dei lanciatori e dei servizi di lancio e strumenti di sostegno alla competitività industriale e all'ecosistema produttivo.
  Sul tema dell'accesso allo spazio il commissario Breton ha di recente lanciato l'iniziativa di un'alleanza europea per i lanciatori, con l'obiettivo di riunire tutti gli attori europei di rilievo per discutere una tabella di marcia tecnologica volta al rafforzamento delle capacità europea di accesso indipendenti allo spazio.
  Tra le principali linee di azione per il settore spaziale occorre, infine, evocare la volontà specificamente di Italia e Francia di elaborare una strategia di sicurezza e difesa nello spazio al momento ancora in fase embrionale che, quando sviluppata, richiederà l'avvio di specifici programmi di sviluppo di capacità. Dal settore spaziale e dalla difesa dei satelliti dipendono i trasporti, le telecomunicazioni e la stessa salute. Si tratta, quindi, di una priorità essenziale soprattutto per tutelare l'Unione da potenziali attacchi o azioni malevole che metterebbero in pericolo il nostro stesso sistema di vita, di valori e le nostre società civili.
  Un breve cenno, infine, al settore cyber, che è stato individuato come dominio di capacità dalla NATO già nel 2016. Per l'Ue il settore cibernetico ha implicazioni assai più trasversali, toccando tutti i campi della vita civile, al punto che la Commissione sta lavorando all'istituzione della Joint Cyber Unit per migliorare la condivisione delle informazioni, tenere le fila di tutti gli aspetti di regolamentazione, policy e sviluppo di capacità nel settore e consolidare la capacità dell'Unione di rispondere ad attacchi cibernetici.
  Nella visione della Commissione, la Joint Cyber Unit sarà uno strumento per permettere a tutti gli attori della comunità cyber civile, law enforcement, diplomatica e della difesa di essere preparati e consapevoli, ma anche di poter rispondere agli attacchi in maniera coordinata.
  La Joint Cyber Unit risponderebbe, quindi, a una mancanza di coordinamento tra le diverse comunità e dovrebbe essere utile a sviluppare appieno il potenziale di cooperazione.
  Infine, è entrato in vigore lo scorso giugno il regolamento che istituisce il centro di competenza europeo per la cyber security non ancora operativo, che avrà il compito di assicurare la coerenza dei progetti previsti nell'ambito dei programmi di ricerca di Horizon Europe e di Digital Europe e, conseguentemente, lo sviluppo di specifiche capacità.
  Tuttavia, all'Unione manca una dottrina nel dominio cyber. Sarà questo il fine del negoziato per un concreto operativo cyber defence policy framework previsto a settembre, da cui scaturiranno anche le specifiche capacità della difesa da sviluppare e sostenere nel settore cyber.
  In conclusione, un riferimento alla bussola strategica tra capacità e resilienza e quel che dobbiamo, signori deputati, attenderci per il futuro. Al di là delle prossime tappe delle singole iniziative che ho sinora menzionato, un ruolo importante per dare un'articolazione organica e coerente alle iniziative e ai programmi di difesa della Ue sarà, come evocavo all'inizio, il negoziato per la bussola strategica. Al suo interno due capitoli essenziali ai fini dei temi dell'indagine conoscitiva del nostro Parlamento saranno dedicati, rispettivamente, alla capacità e alla loro resilienza.
  Nei prossimi mesi e nel negoziato per la preparazione del compass dovremo lavorarePag. 9 affinché le esigenze e le capacità del nostro tessuto industriale della difesa e dell'aerospazio siano incluse nella trama del compass e possano contribuire efficacemente a sviluppare gli strumenti necessari a far fronte alle minacce ibride e multilivello poste da un ambiente securitario sempre più fluido e complesso.
  Dobbiamo il prima possibile, in maniera cooperativa, dotarci di capacità militari ad alto contenuto tecnologico, cogliere il potenziale delle tecnologie emergenti e di rottura e investire con i nuovi strumenti a disposizione del Fondo europeo per la difesa, Horizon Europe, Digital Compass e del Programma spazio, utilizzando al meglio la nuova struttura della Commissione, ovvero questa neoistituita direzione generale DEFIS che dovrà lavorare in stretta sinergia con le istanze del SEAE (Servizio europeo per l'azione esterna) per assicurare coerenza con la politica estera e di difesa.
  Inoltre, dovremo imparare a lavorare con una logica di reti concentrandoci, ad esempio, anche sulle implicazioni di regolamentazioni volte a rendere la finanza Ue più sostenibile e verde e che, pur non incidendo direttamente sul tessuto industriale della difesa, potrebbero puntellarla o al contrario renderla più fragile, rendendone più complesso o difficoltoso l'accesso al mercato dei capitali.
  In conclusione, onorevoli deputati, a proposito del ruolo del nostro Paese, è evidente che in una tale dinamica il nostro Paese non può non avere un ruolo importante. Siamo il primo contributore di personale alle missioni e alle operazioni militari della Ue e il terzo contributore di bilancio, operiamo con convinzione in favore della costruzione di un'Unione sempre più capace di proiettarsi sulla scena globale anche quale attore di sicurezza e ci muoviamo nell'ambito definito con estrema precisione dal Presidente del Consiglio Draghi sin dal suo discorso programmatico in Senato.
  Il Presidente Draghi, infatti, citando testualmente, ha ricordato che lo Stato nazionale «nelle aree definite dalla nostra debolezza cede sovranità nazionale per acquistare sovranità condivisa». È esattamente il caso della difesa europea da costruire: per essere credibile e per avere un futuro la crescita della dimensione europea della difesa deve ancorarsi a una forte complementarietà con la NATO e a una nuova e rafforzata relazione transatlantica.
  L'Amministrazione Biden schiude una finestra di opportunità politica per superare alcune passate incomprensioni.
  Nei prossimi mesi ricchi di scadenze negoziali l'Italia sarà chiamata – come sovente è avvenuto nella storia europea – a un ruolo propositivo e di costruzione di legami e di ponti. Rispetto agli iperatlantisti e ai propugnatori di un'autonomia strategica a vocazione isolazionista, il nostro Paese è portatore di una visione di strutturale complementarietà tra il rafforzamento dell'alleanza transatlantica e della NATO, da un lato, e alla crescita progressiva del contributo Ue, alla sicurezza propria e del contesto internazionale, dall'altro. Gli Stati membri non hanno da soli la capacità di far fronte ai nuovi scenari di sicurezza e i bilanci nazionali non sarebbero in grado di sostenere il volume di investimenti necessario a profilare l'Unione come attore di sicurezza globale, a difendere il nostro immediato vicinato meridionale e orientale e a stabilizzare le aree da cui hanno origine le minacce ai valori, alla libertà e ai diritti europei.
  Il sostegno dell'opinione pubblica e dei Parlamenti nazionali sarà quindi un fattore chiave in questo processo, che è finalizzato a dare all'Unione i mezzi per proteggere le proprie società e i propri cittadini.
  Vi ringrazio molto per la vostra attenzione e rimango a disposizione per ogni domanda e approfondimento.

  PRESIDENTE. Grazie, eccellenza, per la sua relazione esaustiva, dettagliata e con degli spunti di riflessione utili ai lavori della nostra Commissione e all'indagine conoscitiva che abbiamo in corso.
  Ho una già una richiesta di iscrizione a parlare da parte del collega Pagani, a cui do la parola. Prego.

  ALBERTO PAGANI. Grazie, ambasciatore per l'illustrazione veramente molto completa sul campo della sicurezza.Pag. 10
  Ha spiegato molto bene gli impegni europei sui programmi, anche di ampio respiro e di prospettiva nel settore del digitale e del cyber. Tuttavia, a mio avviso vi è un tema sul quale l'Unione europea ha cominciato a riflettere forse con un po' di ritardo e mi chiedo se sia ancora possibile scalare una marcia per accelerare in questa riflessione. Il tema a cui faccio riferimento è quello del passaggio di paradigma, e non solo di tecnologie alla tecnologia 5G, nelle reti delle telecomunicazioni.
  Le chiedo questo anche in virtù dell'esperienza che precedentemente ha fatto nel nostro Paese nel comparto della sicurezza nazionale.
  Noi conosciamo bene il dibattito che c'è stato in questi anni nell'ambito del mondo occidentale sull'impiego di tecnologie cinesi, cioè di un competitor strategico, nell'infrastrutturazione delle nostre reti di comunicazione con l'introduzione del nuovo 5G. Sappiamo anche che, oggettivamente, da cliente normale la tecnologia cinese dal punto di vista del rapporto qualità-prezzo non ha competitor, perché i cinesi hanno investito nella tecnologia 5G molte risorse con molto anticipo e hanno sviluppato capacità sulle quali poche aziende dell'Occidente – uso termini un po' forzati – sono in grado di competere. Nell'ambito europeo, per un fattore più casuale che altro, ci sono operatori come Ericsson o Nokia che, usciti dal mercato dei device in quanto non più competitivi con i nuovi competitor che si erano profilati sul mercato, hanno investito nelle tecnologie di rete per tempo e hanno prodotti tra i più avanzati.
  Resta comunque una competizione impari, perché mentre Huawei può contare di avere alle spalle lo Stato cinese, una grande potenza che può acquisire tecnologie e finanziare le aziende e la ricerca, come è capitato in questi anni – il primo cliente di Huawei è stato l'Esercito di liberazione popolare, da cui proviene il patron dell'azienda –, noi invece abbiamo aziende europee che sono sottoposte a una serie di normative che tutelano la libera concorrenza e impediscono gli aiuti di Stato e che, giustamente, l'Europa ha posto in essere negli anni. Tuttavia, è una visione della libera concorrenza fra di noi, come se la concorrenza dovesse essere fra i francesi, tedeschi e norvegesi e non su una scala globale, dove si concorre con competitor nei quali gli aiuti di Stato evidentemente ci sono.
  La domanda è questa: in ambito europeo ci sono le condizioni per affrontare una riflessione di questo tipo e trovare il modo per avere programmi e politiche pubbliche che sostengono la ricerca, l'aumento di capacità di aziende europee in questo settore strategico, perché sarà quello su cui si muoverà tutto nella società di internet delle cose e nel futuro non remoto, ma assolutamente prossimo oppure l'unico sistema di difesa che abbiamo è forzare e imporre alle società di telecomunicazione di utilizzare tecnologie che oggettivamente costano di più, vanno peggio e sono meno performanti?

  PRESIDENTE. Ringrazio l'onorevole Pagani. Non ho altre richieste di intervento, pertanto do la parola al nostro ospite per la replica. Prego, eccellenza.

  PIETRO BENASSI, Rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea. L'onorevole Pagani ha centrato con la sua domanda una delle questioni più di attualità e più dibattute anche a livello strategico degli ultimi anni che hanno toccato tutti quegli elementi di potenziale fragilità o, per usare un termine economico, il not level playing field tra compagnie europee e compagnie extraeuropee e che ha in qualche modo anche condizionato in una prima fase i rapporti tra molti Stati membri dell'Europa e gli stessi Stati Uniti.
  La questione del 5G richiede un vero e proprio passaggio di paradigma. Tuttavia, devo dire che molti Stati membri dell'Unione europea e la stessa Unione europea, anche se forse con qualche ritardo, hanno acquisito questa consapevolezza.
  Intanto, per stare al nostro Paese, l'onorevole Pagani sa perfettamente – qui faccio riferimento anche alle mie due passate esperienze, in particolare quella a Palazzo Chigi come consigliere diplomatico del Presidente del Consiglio e anche a quella Pag. 11brevissima successiva – che il nostro Paese si era già dotato di una legislazione che atteneva al perimetro nazionale di sicurezza che mirava proprio a dotare il nostro Paese di quelle garanzie di difesa da attacchi cibernetici. Questo riguarda la parte che chiamiamo «tecnologica» oppure di possibile fragilità di quella che l'onorevole Pagani ha definito «l'internet delle cose» e che per la sua strategicità e delicatezza implicava da parte nostra un dominio e un controllo rafforzato su alcune installazioni strategiche del nostro Paese, tanto che la legge approvata circa due anni fa prevedeva la definizione del cosiddetto «perimetro strategico di sicurezza» entro 18 mesi. In quel periodo di limbo – se così posso esprimermi –, come sanno bene i deputati, il nostro Paese inserì nell'impianto legislativo golden power anche la materia del 5G, proprio per aumentare il tasso di attenzione. Questo per quanto attiene la posizione della sicurezza italiana come singolo Paese Stato membro della NATO e dell'Unione europea.
  Tuttavia, come ha detto l'onorevole Pagani, eravamo e siamo di fronte a una scarsa o inefficace competizione tra imprese per diversi livelli tecnologici raggiunti e, conseguentemente, diverse situazioni di costo dei materiali prodotti.
  Come sappiamo, in Europa le società portatrici di maggiore capacità tecnologica in materia sono le due dei Paesi scandinavi, le uniche in grado di presentare un livello tecnologico praticamente pari a quello dei concorrenti cinesi, che però per il livello di investimenti e per la natura degli investimenti, come sottolineava l'onorevole Pagani, beneficiavano di costi sul mercato talmente inferiori da mettere in difficoltà competitiva le imprese che stavano sul mercato o le imprese italiane che necessitavano di questi servizi. Ora lo stato legislativo nazionale impediva una sorta di discriminazione amministrativa nelle varie gare.
  Quello per il quale ci si è orientati, e che sta avendo un'importanza crescente a livello comunitario, è il cosiddetto «toolkit» a livello Ue. Questo toolkit comincia, con raccomandazioni sempre più stringenti, a dare uniformità sia a quelle attività che devono tutelare i singoli Paesi da fragilità di tipo tecnologico e quindi strategico – peraltro quella è una materia nella quale diventa fragile il vicino, posso comunque patirne l'impatto –, sia una dimensione paritaria in termini economici alle imprese che si trovano a operare sul mercato.
  Tanto per non fare i nomi, se una legislazione italiana mi dà il via libera a rivolgermi a chiunque – faccio un esempio – e un altro Paese non ha quel via libera, è chiaro che è l'impresa del Paese che non pone limiti ad essere avvantaggiata i, andando potenzialmente a inficiare il livello di uniformità nella sicurezza continentale.
  L'attenzione crescente anche in termini decisionali dell'Unione europea attraverso questo toolkit per darsi regole sempre più uniformi di totale attualità sta avanzando nella sua dimensione e mira a un'uniformità di tutela strategica e a quel level playing field tra imprese che eviti forme di concorrenza sleale.

  PRESIDENTE. Grazie, eccellenza. Io non ho altre richieste di intervento, pertanto rinnovo i ringraziamenti all'ambasciatore Benassi per la disponibilità e per il contributo che ha dato ai lavori della nostra Commissione e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.20.