XVIII Legislatura

IV Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 9 di Mercoledì 2 dicembre 2020

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Rizzo Gianluca , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA PIANIFICAZIONE DEI SISTEMI DI DIFESA E SULLE PROSPETTIVE DELLA RICERCA TECNOLOGICA, DELLA PRODUZIONE E DEGLI INVESTIMENTI FUNZIONALI ALLE ESIGENZE DEL COMPARTO DIFESA

Audizione di rappresentanti della Federazione Aziende Italiane per l'Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza (AIAD).
Rizzo Gianluca , Presidente ... 2 
Crosetto Guido , Presidente della Federazione Aziende Italiane per l'Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza (AIAD) ... 2 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 6 
Deidda Salvatore (FDI)  ... 6 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 6 
Frusone Luca (M5S)  ... 6 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 7 
Tripodi Maria (FI)  ... 7 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 7 
Russo Giovanni (M5S) , intervenendo da remoto ... 7 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 8 
Occhionero Giuseppina (IV)  ... 8 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 8 
Crosetto Guido , Presidente della Federazione Aziende Italiane per l'Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza (AIAD) ... 8 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 11 
Ferro Wanda (FDI)  ... 11 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 11 
Crosetto Guido , Presidente della Federazione Aziende Italiane per l'Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza (AIAD) ... 11 
Ferro Wanda (FDI)  ... 12 
Crosetto Guido , Presidente della Federazione Aziende Italiane per l'Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza (AIAD) ... 12 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Cambiamo!-Alleanza di Centro: Misto-NI-USEI-C!-AC;
Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Centro Democratico-Italiani in Europa: Misto-CD-IE;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Popolo Protagonista - Alternativa Popolare (AP) - Partito Socialista Italiano (PSI): Misto-PP-AP-PSI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIANLUCA RIZZO

  La seduta comincia alle 14.40

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la diretta sulla web-tv e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti della Federazione Aziende Italiane per l'Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza (AIAD).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla pianificazione dei sistemi di difesa, sulle prospettive della ricerca tecnologica della produzione e degli investimenti funzionali alle esigenze del comparto Difesa, l'audizione di rappresentanti della Federazione Aziende Italiane per l'Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza (AIAD).
  Saluto e do il benvenuto all'onorevole Guido Crosetto, Presidente dell'AIAD, al dottor Carlo Festucci, Segretario generale dell'AIAD, che ringrazio per essere intervenuti, e agli altri colleghi che parteciperanno alla seduta, anche secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento del 4 novembre 2020, ai quali rivolgo l'invito a tenere spenti i microfoni per consentire una corretta fruizione dell'audio.
  Ricordo che, dopo l'intervento del Presidente Crosetto, darò la parola ai colleghi che intendano porre domande o svolgere osservazioni. Successivamente, il nostro ospite potrà rispondere alle domande poste. A tal proposito, chiedo ai colleghi di far pervenire sin da adesso al banco della Presidenza la propria richiesta di iscrizione a parlare.
  Do, quindi, la parola al Presidente della Federazione Aziende Italiane per l'Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza, onorevole Guido Crosetto.

  GUIDO CROSETTO, Presidente della Federazione Aziende Italiane per l'Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza (AIAD). Grazie, presidente. Ringrazio tutti i membri della Commissione, sia quelli presenti che quelli collegati via web. Questa è la seconda volta che l'AIAD interviene in questa indagine conoscitiva, ma la prima volta – allora per l'AIAD c'era il dottor Festucci – eravamo in un mondo completamente diverso rispetto a quello di oggi. Ormai, infatti, divideremo il mondo, anche nei futuri anni, tra quello prima e quello dopo la pandemia del Covid-19.
  Questa pandemia ha inciso su tutti i settori dell'economia e, quindi, anche sul settore dell'industria della Difesa, ma ha mostrato anche alcune cose più ampie all'interno del mondo della Difesa, che ci hanno fatto capire come la Difesa non sia soltanto quella militare, ma consista anche nella capacità di un Paese di reagire a emergenze come queste.
  Abbiamo visto declinare la Difesa in un modo diverso rispetto a quello che avveniva negli anni precedenti; cito, ad esempio, l'Afghanistan o il Libano. L'abbiamo vista montare ospedali da campo, assumere e inviare medici e infermieri, diventare il primo centro dei tamponi in Italia (uno di quelli più avanzati), intervenire con i reparti del Genio, occuparsi di cose che fanno parte di compiti della Difesa che molto spesso dimentichiamo e ce ne ricordiamo solo quando ci sono le catastrofi naturali. Pag. 3Ma abbiamo visto anche l'importanza della Difesa in un settore come quello della sanità.
  Anche da questo punto di vista parliamo di un modo diverso di approcciare la Difesa e l'industria della Difesa rispetto a quello con cui potevamo approcciarlo anni fa. Lo si è visto nella legge finanziaria di quest'anno, perché finalmente dà alla Difesa una dignità che non ha mai avuto prima, prevedendo un fondo pluriennale che, al di là di quanto è stato stanziato quest'anno, potrà essere alimentato negli anni a venire, consentendo alla Difesa una programmazione degli investimenti. È una novità molto importante perché prende atto della strategicità del sistema Difesa e dell'industria della Difesa per il nostro Paese, e in qualche modo la codifica, lasciando poi alla libera scelta della politica la decisione di cambiare la quantità di risorse. È stato approntato uno strumento legislativo; spetta, poi, alla politica decidere quanto è importante, a seconda dei momenti economici che si vivono.
  E veniamo al momento economico attuale. Già due anni fa, l'industria della Difesa era uno dei pochi asset strategici e tecnologici rimasti in questo Paese; un Paese che ha perso parte della chimica, parte dell'informatica, ma che è rimasto all'avanguardia nel mondo per alcuni settori specifici. Ci sono ancora settori per i quali siamo i primi produttori al mondo; penso alle macchine imballatrici, a certi parti della meccanica; ma dal punto di vista tecnologico, se si esclude il farmaceutico, sono rimasti pochissimi ambiti industriali nei quali siamo tra i primi al mondo e nei quali, quando ci sediamo al tavolo con un'altra nazione, abbiamo qualcosa da offrire che gli altri non hanno. Il campo dell'industria della Difesa è rimasto uno di questi pochi campi perché richiede un altissimo livello di investimento in ricerca e sviluppo. L'11 per cento del fatturato della ricerca è investito in Italia in ricerca e sviluppo; eppure è molto meno rispetto a quello che investono altri Paesi, perché è strappato ai bilanci delle industrie della Difesa, mentre in altri Paesi – faccio l'esempio più facile, quello della Francia – è venti volte quello italiano (il Piano di ricerca nazionale militare francese arriva a un miliardo di euro).
  Questo gap difficilmente può essere superato se non si mettono insieme le risorse del bilancio pubblico con quelle dei bilanci delle aziende. Secondo me, ciò fa parte di una visione che va al di là dell'industria della Difesa, ed è l'ambizione in cui il Paese vuole collocarsi dal punto di vista tecnologico in alcuni comparti. Li divido perché è logico dividerli: l'aeronautico, l'elicotteristico, quello della cyber sicurezza, quello terrestre (che non è da meno), quello navale e quello elettronico. Aggiungerei due comparti, di cui non se ne parla mai, ma che diventeranno sempre più importanti nel futuro: quello spaziale e quello sottomarino. Quello spaziale è ormai evidente; quello sottomarino meno.
  Vi faccio solo riflettere sul fatto che le telecomunicazioni, le risorse energetiche e lo sfruttamento di alcune materie particolari, come le terre rare, nei prossimi anni avverranno sott'acqua e, cosa che nessuno sa, siamo il Paese che ha probabilmente il maggior numero di tecnologie subacquee al mondo, ma totalmente slegate tra di loro e diffuse in decine di piccole e piccolissime aziende; in questo momento – ci metto insieme anche le tecnologie della SNAM (Società nazionale metanodotti) che sono della SAIPEM (Società azionaria italiana perforazioni e montaggi) – siamo tra i primi al mondo in questo tipo di tecnologie di cui non parliamo mai e che rientrano nella tecnologia della Difesa.
  Faccio questa premessa perché il momento che stiamo vivendo, più di quello che potevamo vivere due anni fa, ci impone di calare nel comparto industriale della Difesa scelte di prospettiva. Tutte le aziende sono più deboli di quanto lo erano due anni fa. Ne cito due: Airbus e Boeing. I due più grandi colossi al mondo sono in grandissima difficoltà, perché entrambi avevano un reparto che si occupava di difesa, soprattutto Airbus, ma anche un grande reparto che si occupava della parte civile. Pensate che, secondo le previsioni attuali, i voli aerei raggiungeranno il livello di passeggeri del 2019 solo nel 2025. Ciò significa Pag. 4che tutte le compagnie aeree che basavano i loro investimenti sul numero di passeggeri non hanno ridotto gli investimenti, ma li hanno tagliati, riducendo in modo drammatico il mercato degli aerei civili. Questo ha toccato pesantemente Lockheed Martin, Boeing, Airbus e, in qualche modo, ha toccato anche noi, perché parte di quegli aerei civili venivano fatti in Italia.
  La «fortuna» italiana è stata che, nel bilancio di Leonardo, la parte civile incideva molto di meno rispetto a quello che incideva nei bilanci di Airbus e Boeing, e questo ha preservato meglio la forza di Leonardo rispetto a quello che è successo, invece, in queste due aziende. Ma il comparto mondiale ha subito un arresto, e in questo arresto metto tantissime piccole e medie aziende italiane dai nomi sconosciuti, che erano tra i partner principali di Boeing o di Airbus. In Umbria abbiamo alcune eccellenze mondiali che legano il loro fatturato, oltre il 40-50 per cento, a questi due colossi; sono aziende che esportavano il 95 per cento del loro fatturato, ma che si sono trovate con il settore aeronautico totalmente distrutto.
  Perché faccio questa premessa? Ve lo accenno perché poi parleremo anche del Recovery Fund. Il Parlamento ne parlerà. Voi siete membri della Commissione difesa, ma siete membri del Parlamento, e quando uscite da questa Commissione rappresentate la nazione, nella sua vastità e nei suoi interessi complessivi. All'interno della discussione del Recovery Fund, una delle scelte strategiche riguarderà quali aziende e quali comparti vogliamo preservare e perché preservare un certo comparto, quanto investe, quanto mi può portare di fatturato e di PIL nei prossimi anni, quanta occupazione e dove, come è suddiviso.
  Fino all'anno scorso abbiamo affrontato il rapporto tra lo Stato e l'economia con il distacco che si deve, nel senso che non siamo mai intervenuti troppo nell'economia. Dovremmo vivere tempi nei quali sarà importante chiedere conto anche alle grandi aziende dicendo: «ma i soldi che ti ho dato da amministrare, a parte sul suo bilancio, su quali aziende italiane hanno avuto ricaduta?». Noi non ci siamo mai domandati, quando stanziavamo risorse anche in un settore strategico come quello della Difesa, se dai soldi dati fosse derivata una ricaduta per l'economia italiana. Viviamo tempi nei quali abbiamo la necessità di sapere quanta ricaduta avranno in Italia i soldi che diamo, dove l'avranno e come ci serviranno per preservare l'impatto che ci sarà nei prossimi mesi.
  La cosa che mi spaventa più di tutta questa crisi è il momento in cui salterà il blocco dei licenziamenti; cosa succederà nelle aspettative delle persone che passeranno dalla cassa integrazione, che sembra una sospensione dal lavoro, al rendersi conto che quel lavoro non c'è più perché il Covid l'ha cancellato? Allora saranno richieste tutte le nostre energie. Penso che la Difesa sia uno dei settori che può svilupparle meglio, perché questo è un settore che, a fronte dell'investimento di un euro, ha il più alto moltiplicatore di tutti gli altri settori (3 euro). È il settore dove un euro ha la più alta ricaduta di innovazione, di tecnologia e di ricerca e il settore in cui la cinghia di trasmissione è più veloce. Se la burocrazia funziona, un miliardo di lavoro nell'industria della Difesa diventa lavoro nel giro di un mese, cioè appena firmo il contratto.
  Mi sembra giusto dirvelo: uno dei problemi che ho notato quest'anno è che, mentre cediamo risorse per gli anni futuri, noi dovremmo essere in grado di spendere quelle che abbiamo; invece, molto spesso succede che un contratto finanziato nel 2019 ancora oggi non si sia formalizzato. L'azienda che ha quel contratto si trova costretta a mettere qualcuno in cassa integrazione, cosa che non farebbe se quel contratto fosse stato formalizzato; per cui, una delle cose da fare quando noi pensiamo al settore dell'industria della difesa – ma vale anche per gli altri – è togliere i soldi (non quelli che stanzieremo con la finanziaria 2021, ma quelli già stanziati nel 2019, nel 2018 e nel 2017) e farli entrare nell'economia, dove entrerebbero senza costi ulteriori per lo Stato e per il Paese.
  Ciò detto, lo ripeto, è buona l'impostazione che è stata data quest'anno con la finanziaria. Va perseguita, ma il passo ulteriore Pag. 5 è individuare quali settori vogliamo preservare. L'Italia non ha un bilancio che ci consente di preservare tutti i settori; su questo vorrei essere chiaro. Noi non possiamo permetterci da soli di fare un aereo di sesta generazione; non ne siamo in grado, non abbiamo i soldi per farlo. Possiamo farlo solo unendoci a una, due, tre, quattro altre nazioni, perché non siamo né i numeri uno, né i numeri due, i numeri tre, i numeri quattro o i numeri cinque sulla parte aeronautica militare e civile. Siamo invece i numeri uno sulla parte elicotteristica; perciò prima facevo la divisione. In una strategia in cui devo scegliere tra le risorse limitate, e non ne ho per tutti i settori, devo puntare di più su quello che può alla lunga darmi di più. È una scelta dura. Noi siamo ancora debolissimi sulla parte cyber, che diventerà uno degli asset di un Paese sia di difesa, sia di attacco, con grandi possibilità di esportazione. Lo siamo nell'implementazione delle nuove tecnologie, ma anche su questo serve un'indicazione. Il proseguimento di industria 4.0 ha questa logica.
  Per il resto, nello specifico dell'industria della difesa, molto importante è il Documento pluriennale di pianificazione (DPP) che state esaminando, perché esso non fa solo scelte dal punto di vista militare, ma le fa anche dal punto di vista politico, economico e sociale. I nomi dei programmi non sono solo nomi di strumenti che serviranno alla Difesa; sono nomi di agglomerati industriali che avranno una ricaduta, sia tecnologica che occupazionale, più o meno importante sul territorio.
  È uno sguardo diverso rispetto a quello che anche io, quando sedevo in Parlamento, potevo avere, ma che in questo momento drammatico dobbiamo porci. Non parlo solo dell'aspetto puramente militare, ma anche di quello economico e sociale. L'investimento dell'industria della Difesa non deve essere qualcosa a sé, che si conclude e rimane all'interno del Ministero della difesa, perché in questo momento sarebbe una cosa sterile. L'industria della Difesa non deve essere solo uno strumento con cui noi faremo diplomazia internazionale, perché in questo momento deve essere anche uno strumento economico e di coesione sociale.
  Questo è lo strumento che ci consente di intervenire nelle aree che saranno più colpite nei prossimi anni dal Covid. Con le nuove tecnologie e con il loro sviluppo, questi investimenti possono farci superare il gap infrastrutturale di alcune zone dell'Italia che non lavorano perché hanno dei gap infrastrutturali. Se aspetto che si facciano ponti o gallerie ad alta velocità affinché le zone più depresse di questo Paese si riprendano, aspetto decenni. Se faccio infrastrutture immateriali che consentano alla parte più spedita di questo Paese di essere al centro del mondo, do al Paese una possibilità di vita e di risorse economiche che oggi non ha, e anche in questo serve la tecnologia che c'è in questo comparto. Serve, dunque, investire in questo comparto.
  Serve ricordarlo quando parlo del Recovery Fund, perché la Difesa è uno scheletro che non è a servizio dei militari, ma è al servizio del Paese, più di tutti gli altri, come testimonia quello che è successo durante la pandemia o che succede durante i grandi disastri naturali. Il mio ruolo, rappresentando tutte le aziende, non solo quelle più grandi che si rappresentano molto meglio da sole, è collocare questo mondo dell'industria della Difesa all'interno di un mondo più grande, che è quello dell'Italia, e di spiegare, non solo in questa Commissione (so che ne avete consapevolezza), che è un valore che va preservato. È uno di quei gioielli che uno si trova in famiglia e che, se si mantiene, ti dà più di quello che gli dai; se lo abbandoni muore, senza che tu te ne accorga, perché è un settore molto competitivo a livello internazionale e perché non possiamo pensare, quando parliamo di finanziamento della Difesa italiana, a un valore assoluto italiano.
  Non dobbiamo guardare il finanziamento della Difesa italiana come un valore assoluto italiano, ma dobbiamo compararlo a quello francese, a quello inglese; non dico a quello americano, ma a quelli che hanno industrie della Difesa competitive con la nostra. Non parlo di quelle americane, russe, cinesi; quelli sono altri Paesi. Parlo di quelli francesi, inglesi. Questi Pag. 6 sono i punti di confronto, e saranno i futuri punti di collegamento. È vero che in Europa dovremmo pensare sempre di più a una cooperazione tra Paesi, ma la cooperazione la fai se ti siedi al tavolo con la stessa forza. Se io mi siedo al tavolo da poker con mille euro e la persona davanti a me ne ha 100 mila, ho perso comunque, prima di partire. Mi siedo al tavolo quando ho la stessa dignità; non ci può essere qualcuno al tavolo e qualcuno di fianco, altrimenti succede quello che sta succedendo nel terrestre, dove ci è stato impedito di sederci al tavolo del nuovo carro europeo dicendoci: «non vi vogliamo!». Se non arrivi con le risorse adeguate e che ti consentono di fare lo stesso sviluppo che fanno francesi e tedeschi, non ti vogliono, perché non porti nulla; sei simpatico, ma andiamo a mangiare la pizza, non facciamo insieme un nuovo carro europeo.
  Ripeto, l'approccio deve essere più ragionato rispetto a quello che abbiamo sempre avuto nei confronti di questo comparto, e questo è il momento decisivo per vedere se questo comparto sopravvivrà nei prossimi decenni.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Presidente Crosetto. Passiamo agli interventi dei colleghi. Il collega Deidda ha chiesto già di intervenire. Prego.

  SALVATORE DEIDDA. Grazie, presidente. Ringrazio anche il Presidente Crosetto e il Segretario Festucci. È sempre molto illuminante l'audizione dell'AIAD, perché ci mostra il quadro non solo nazionale, ma anche e soprattutto quello internazionale. Come ha detto lei, nella finanziaria c'è questo nuovo strumento che dà un po' più di certezza, e Fratelli d'Italia ha sottolineato spesso che nel bilancio della Difesa manca certezza.
  Si fanno programmi di investimento a lunga scadenza, di 7-10 anni, si finanziano i primi due anni e, poi, a ogni legge di bilancio, si deve lottare per continuare a finanziare. Inoltre, se la Forza armata acquista o realizza un nuovo elicottero, poi manca sempre la parte per la manutenzione e per l'addestramento; si fa economia su quello. Sì, abbiamo il nuovo elicottero, però non si comprano i pezzi di ricambio e c'è questa difficoltà.
  Ho due domande da fare. La prima. Abbiamo molte aziende piccole, che sono a volte sparse in tutta Italia, nei territori più periferici. Volevo sapere quante sono, proprio per capire e far capire a tutti dal punto di vista statistico questa realtà. La seconda domanda è come si sta comportando il sistema bancario. Anche in un'altra occasione avevate un male dell'Italia, cioè il problema delle banche etiche e della necessità di rivolgersi per forza all'estero per scavalcare un programma. Volevo sapere se il sistema bancario vi sta aiutando oggigiorno e come, e se c'è bisogno di una riforma.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Deidda. Ha chiesto di intervenire l'onorevole Frusone. Prego, collega.

  LUCA FRUSONE. Grazie, presidente. Ringrazio anche i nostri ospiti per questo tempo che ci hanno dedicato. Concordo con moltissime delle cose che sono state dette. È molto interessante il passaggio sulla ricaduta delle aziende, quando si parla di investimenti in Italia. Anch'io, molto spesso, in passato, sono stato critico in alcuni casi in cui, per dare strumenti adeguati alle nostre Forze armate, si tralasciava un po' questo aspetto delle ricadute sull'economia italiana.
  Proprio ora, con l'emergenza del Covid-19, stiamo vedendo alcuni Paesi, come la Francia o la Germania, concentrarsi un po' più sui programmi nazionali, mettendo in un certo senso in stand-by alcuni programmi di natura europea o comunque bilaterali, proprio perché vedono in questo la possibilità di aiutare lo Stato. È una riflessione molto interessante.
  Presto, in Commissione, saremo chiamati a decidere di alcuni programmi. Già abbiamo votato alcuni schemi di decreto relativi ad alcuni programmi d'arma; ce ne sono altri. Per fare un esempio, io sono il relatore di un programma che riguarda degli aerei, alcuni esemplari già acquistati dall'Italia. Questo è un caso particolare, Pag. 7come diceva lei, dove non abbiamo la tecnologia, non abbiamo certe capacità e, quindi, dobbiamo affacciarci all'estero. Però, ricordo il caso di quando sono stati acquistati i primi due Gulfstream. Ci fu uno scambio con Israele per gli addestratori M-346. Anche se non ci fu una ricaduta diretta, definiamola così, ci fu comunque una ricaduta indiretta su un altro programma italiano al 100 per cento. Concordo con questa analisi.
  Un'altra domanda riguarda il Piano nazionale della ricerca militare. Al di là della cifra, mi interesserebbe sapere un'altra cosa. Ho fatto questa domanda anche al Capo di Stato Maggiore, Generale Vecchiarelli, quando è venuto e al Ministro. Non conosco molto bene il funzionamento di questo Piano e delle diramazioni che possono svilupparsi da questo Fondo, ma oltre che di quantità, secondo me, bisogna parlare anche di qualità. Potrebbe essere una sorta di moltiplicatore della tecnologia che viene sviluppata in Italia, soprattutto in questo caso dalle piccole e medie imprese, perché le grandi aziende spesso ricevono dei finanziamenti dedicati a un determinato programma e hanno al loro interno anche la quota per lo sviluppo e ricerca; però così rimangono fuori tutte quelle aziende che potrebbero essere start up innovative, che nel campo della Difesa ci sono, ma purtroppo non sono in un numero così considerevole, e che potrebbero beneficiare di una sorta di incubatore statale che possa portare a delle unicità e dei brevetti che poi altre aziende più grandi, che magari diventano leader del programma, sono costrette a implementare; sarebbero quindi costrette a rafforzare proprio la componente made in Italy su quel determinato strumento, che potrebbe essere a questo punto anche di un progetto europeo. Vorrei una riflessione su cosa si potrebbe cambiare e come si potrebbe migliorare questo aspetto. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Frusone. Do la parola all'onorevole Maria Tripodi.

  MARIA TRIPODI. Grazie, presidente. Ringrazio il Presidente Crosetto e il Segretario Festucci per l'audizione odierna. Devo dire che per me è sempre illuminante quando si parla di sistema Paese, di aziende della Difesa; è abbastanza noto che il mio gruppo politico si è speso molto negli ultimi anni proprio per cercare di riportare al centro del dibattito la politica industriale della difesa.
  Volevo sottolineare un mio spunto di riflessione. Giustamente il Presidente ha evidenziato che, per quanto riguarda gli investimenti, si crea un margine di volume e di denaro che non è cosa da poco. Mi chiedo come sia possibile che ancora oggi viviamo in un tempo totalmente miope sotto questo aspetto. La politica a volte continua a non vedere un settore che è il fulcro dell'economia di un Paese. Peraltro è anche un settore strategico per il nostro sistema di relazioni internazionali e per il nostro collocamento atlantico; quindi all'economia si aggiunge anche l'aspetto militare.
  Tuttavia, vedo che ancora, leggendo articoli di stampa, c'è una certa noncuranza per l'importanza di questo settore. E vedo, a rafforzamento di questa convinzione, che, purtroppo, a volte c'è anche un giornalismo un po' di parte che vuole quasi limitare lo sviluppo di questo settore. Per me questa visione è un grande nocumento, soprattutto in questo frangente dove tutto il mondo dell'industria della Difesa, più che fare le guerre come vogliono far passare taluni, si mette a disposizione anche nel campo civile. Questa è una cosa che sicuramente la politica deve migliorare, però forse ci servono anche degli spunti di comunicazione per veicolare meglio questo messaggio al di fuori del comparto della Difesa. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, onorevole Tripodi. Ha chiesto di intervenire l'onorevole Giovanni Russo. Prego, collega.

  GIOVANNI RUSSO, intervenendo da remoto. Grazie, signor presidente. Ringrazio anche l'onorevole Guido Crosetto. Lei ha fatto un chiarissimo excursus sull'industria della Difesa italiana, che, purtroppo, è stata sempre bersaglio di una visione quanto mai miope e soprattutto orientata soltanto a Pag. 8vedere la Difesa come qualcosa legata alla guerra e non anche alla sicurezza nazionale. La Difesa, invece, è un asset veramente strategico per il nostro Paese. In diversi programmi d'arma abbiamo avuto la necessità di rivolgerci all'estero, come per esempio per acquisire delle capacità di raccolta informativa strategica. Mi domando se c'erano alternative per fare qualcosa di diverso, se siamo necessariamente costretti a rivolgerci all'estero e se ci sono alternative per un'acquisizione anche di un know how nazionale per raggiungere lo stesso scopo e lo stesso risultato.
  Inoltre, i Paesi dell'Unione europea hanno tante piattaforme che vanno a coprire lo stesso settore. Penso a tutti i tipi di piattaforme aeree, ai tanti MBT (Main Battle Tank) presenti nel panorama europeo. Anche dal punto di vista navale è chiaro che ci sarà una sempre maggiore integrazione verso una riduzione di questi numeri di piattaforme e, necessariamente, si creeranno delle forti e accese competizioni nelle quali l'Italia, anche per quella che è la maggiore integrazione politica tra Francia e Germania, rischia di essere tagliata fuori.
  La mia domanda è se ci sono dei punti di forza; lei già ne ha accennati due, quello elicotteristico e quello sottomarino. Volevo chiedere se il gap su alcuni tipi di piattaforme, come per esempio quelle terrestri sull'MBT, sia ancora molto ampio rispetto al resto dell'Europa. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. Onorevole Russo. Ha chiesto di intervenire l'onorevole Occhionero. Prego.

  GIUSEPPINA OCCHIONERO. Grazie, presidente. Grazie al Presidente Crosetto, che ringrazio per la sua dettagliata descrizione rispetto alla situazione e al panorama attuale. Mi chiedevo e le chiedevo se ritiene necessario e utile, anche per sviluppare la nostra economia e le professionalità eccellenti che ci sono nella nostra nazione, continuare a investire in progetti di sviluppo di tecnologie che riguardano la ricerca spaziale. Volevo sapere che cosa questo settore, cui sono particolarmente interessata, può rappresentare secondo lei e in che termini, sia rispetto alle risorse finanziarie da poter investire per lo sviluppo economico italiano, sia per l'utilizzo di professionalità emergenti soprattutto in questa fase così delicata, con i rischi che lei ha rappresentato. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, collega. Non essendoci altre richieste, do la parola al nostro ospite per la replica. Prego.

  GUIDO CROSETTO, Presidente della Federazione Aziende Italiane per l'Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza (AIAD). Grazie, presidente. Ringrazio tutti i parlamentari perché mi avete aperto delle autostrade nelle quali poter scorrazzare per tutta la giornata. Non lo farò per il profondo rispetto che ho nei confronti vostri e del presidente della Commissione.
  Vado in ordine di domande. Parto dall'onorevole Deidda, che ha aperto dei temi su cui potremo parlare a lungo. Il tema della manutenzione è fondamentale e drammatico. Se questa Commissione facesse un'indagine su quanti dei mezzi attualmente a disposizione sono efficienti, rimarrebbe colpita. Mi ricordo, e parlo di dieci anni fa – quindi nessuno può offendersi – che quando ero Sottosegretario chiesi a un Capo di Stato Maggiore: «Mi dica, quanti dei mezzi che lei adesso ha servirebbero veramente?» E lui mi rispose: «Cento». «E quanti ne ha?» «Seicento». «E quanti ne ha funzionanti?» «Quarantadue». La manutenzione è una parte fondamentale. Molto spesso pensiamo che un investimento si esaurisca con l'acquisto. Negli ultimi contratti fatti, normalmente, l'acquisto prevede la manutenzione, ma in quelli vecchi no. Noi ci troviamo con moltissime acquisizioni fatte che poi vengono smontate e cannibalizzate. La manutenzione è fondamentale, ma è sempre stata tagliata i perché considerata inutile, e invece è un suicidio. La Corte dei conti avrebbe dovuto prendere il primo che l'ha tagliata e mandargli il segnale di cosa aveva fatto, però non è mai stato fatto.
  Le aziende piccole sono centinaia. Noi adesso stiamo facendo una ricerca con Prometeia per fornire un quadro alla Commissione, Pag. 9 al Parlamento e a tutti gli stakeholder sul peso nel settore in Italia, ma parliamo di migliaia; quelle che fanno solo difesa sono centinaia, ma quelle che fanno anche difesa e per cui la difesa magari è il motore con cui poi fanno la parte civile sono migliaia.
  Le banche etiche continuano a essere un problema che ci viene sollevato tutti i giorni. Le aziende non riescono a lavorare. Più sono piccole, minori sono gli affari, più le banche diventano etiche. La stessa banca si comporta in maniera etica quando si parla di un milione o due di euro; meno o affatto etica se si parla di un miliardo di euro. Il problema principale ce l'hanno le piccole, piccolissime e medie aziende, che sono proprio impossibilitate a operare. Se anche non hanno bisogno di soldi e hanno bisogno, come nel caso di una settimana fa, di una fideiussione a fronte della quale mettono pari importo in titoli, questa non gli viene data. La fideiussione non puoi darla tu; la deve dare una banca. È un esempio di come funziona. AIAD aveva iniziato un percorso, che il Covid ha un po' interrotto, con Arcuri nella sua qualità di Invitalia, non di Commissario straordinario. Con Mediocredito e con quella che adesso sarà la Popolare di Bari, che verrà inglobata, avevamo iniziato un percorso con una banca pubblica, perché una volta avuta l'autorizzazione dal Ministero degli esteri, dalla Difesa e dal MEF, una banca pubblica non può dire di no come le altre banche. Speriamo di riprenderlo appena questo problema del Covid sarà passato.
  Onorevole Frusone, parto dal PNRM perché l'altro tema è molto più ostico. Certamente non basta dal punto di vista qualitativo e quantitativo. Bisognerebbe, secondo me, fissare una percentuale minima che debba essere in qualche modo data alle piccole e medie imprese innovative, perché è questo lo schema che funziona negli altri Paesi. Il PNRM dovrebbe dare delle indicazioni e delle linee su cui hai la possibilità di competere. È inutile che io faccia fare un PNRM per fare un aereo se non ho i soldi per finanziarlo; ma, ad esempio, per quanto riguarda la parte cyber, la parte di innovazione, la parte spaziale, sono campi in cui anche la piccola e media industria possono aggiungere qualche elemento di innovazione e la ricerca può essere una cosa che immediatamente viene sfruttata. Bisogna calare a terra; non finanziare solo un progetto che ci piace, ma un progetto che poi possa creare valore aggiunto. Su questo sono totalmente d'accordo ed è una cosa su cui, secondo me, se uno alimentasse le risorse potrebbe dire: «va bene, la parte in più va tutta a questo tipo di interventi».
  L'altro è un tema che conosco molto bene, perché fui io a trattare con Israele. L'accordo era che compravamo il Gulfstream solo se loro compravano l'addestratore M-346. Ci sono due modi di avere ritorni industriali. Il primo è partecipare alla creazione di un consorzio: l'F-35 ne è un esempio. L'impegno era di investire miliardi e di avere un ritorno del doppio, perché quando noi investimmo nell'F-35 – tendo a ricordarlo sempre, perché ce ne siamo dimenticati col tempo – gli americani promisero che la manutenzione di tutti gli aerei che erano nel Mediterraneo e in Europa sarebbe stata fatta a Cameri. Si sarebbero dovuti concentrare a Cameri gli studi per l'innovazione e i miglioramenti dei futuri F-35 e di tutte le ali; per cui il ritorno economico che in teoria Lockheed promise quando i velivoli da acquistare erano 135 era il doppio di quello che l'Italia investiva. Cito quel caso perché è il più discusso. Nel caso del Gulfstream noi comprammo da Israele il Gulfstream e Israele comprò l'M-346. È importante che in qualunque programma all'interno del DPP ci sia o un ritorno diretto o un ritorno indiretto; ma io penso che nell'ambito dei poteri della Commissione, se ricordo bene, e ricordo bene, arrivò in Commissione già nel 2010 o 2011 la richiesta di acquisto di due Gulfstream, gli stessi che ci sono adesso. Allora le Commissioni diedero delle indicazioni che si riferivano al ritorno industriale. Erano gli stessi doveri di cui si ripropone l'acquisto adesso e parlo di 10-11 anni fa. Probabilmente nei resoconti di allora della Commissione si trovano queste cose come suggerimento, per cui sarò fucilato domani mattina. Pag. 10
  Passo alle domande dell'onorevole Maria Tripodi. Sì, sono convinto anch'io che vada costruita una cultura della Difesa attraverso la capacità di comunicare su un intero settore. La colpa, secondo me, è in parte dell'industria della Difesa, che ha sempre pensato che fosse meglio nascondersi piuttosto che comunicare le proprie capacità. Tutti pensano che l'industria della Difesa sia il carrarmato. Non è così: è il radar, l'elettronica, lo spazio, la sicurezza; non è solo l'attacco. È un complesso di tecnologie; è l'elicottero che ha la stessa tecnologia di quello civile che ti viene a salvare, ed è costruito con gli investimenti con cui abbiamo fatto quello militare; è la tecnologia che monta sopra che lo rende più veloce e più sicuro; è quella che noi abbiamo cercato, facendo il primo militare, che poi è diventato civile. Dovete tener conto che, in ogni Paese, esiste anche nel giornalismo un grande lavoro di intelligence economica dei concorrenti. Il COPASIR (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) lo ha rilevato nel lavoro degli ultimi anni. Il lavoro di intelligence economica nel comparto della Difesa dei competitor internazionali non è da sottovalutare. Rispondere a questo è una cosa assai complessa e difficile, ma mi pare che l'industria della Difesa negli ultimi anni sia molto migliorata da questo punto di vista. Anni fa c'era il terrore di parlare di qualunque cosa che riguardasse l'industria della Difesa.
  Onorevole Russo, anche lei ha parlato di investimenti che necessariamente dobbiamo fare all'estero perché non abbiamo le capacità finanziarie per recuperare il divario tecnologico esistente. Ce ne sono e ce ne sono molti. Cito l'esempio dell'F-35, che è il più conosciuto. Gli Stati Uniti per arrivare all'F-35 hanno investito 600 miliardi. È il punto di arrivo di investimenti in aeronautica e in tecnologie che avevano portato a un aereo superiore all'F-35. L'avevano giudicato troppo superiore e inutilmente superiore; non hanno usato tutte le tecnologie che avevano tirato fuori e ne hanno messa solo una parte nell'F-35.
  Ma parliamo di quelle percentuali. Ci sono punti inarrivabili, stante la nostra possibilità e la nostra popolazione; ma in quelli in cui non riesci ad arrivare e si è costretti ad acquistare dall'estero, allora parte il discorso che facevamo prima. Io compro un cane e vi do due gatti. Ci vuole un accordo economico che stia in piedi, avendo tutti un'identità industriale, perché anche noi abbiamo delle eccellenze. Io lo ricordo; quella navale. Gli americani hanno acquisito da Fincantieri non perché gli è simpatico il dottor Bono, ma perché il contenuto tecnologico e di design, che offriva Fincantieri era superiore a quello che trovavano negli Stati Uniti. IVECO (Industrial Vehicles Corporation) ha venduto i mezzi ai marine. I marine americani hanno comprato dei mezzi anfibi dall'IVECO italiana, che sta a Bolzano, perché aveva un contenuto tecnologico di utilizzo che loro non hanno trovato in tutto il resto del mondo. Vogliamo parlare degli elicotteri di Leonardo, sempre venduti agli americani? Vogliamo parlare degli M-346? Gli addestratori M-346 sono stati comprati dalle due nazioni che richiedono la maggior qualità al mondo, che sono Singapore e Israele. Se voi sentite l'aeronautica americana parlare di M-346 vi inorgoglite, perché lo considerano il miglior aereo addestratore che sia mai stato fatto al mondo e che non ha concorrenza al mondo. Potrei parlare della cyber, dove anche lì abbiamo delle nicchie di eccellenza mondiale, ad esempio nella cifratura; o potrei parlare di guerra elettronica, dove anche aziende medie come l'elettronica forniscono in giro per il mondo con grande qualità. Abbiamo nicchie come in tutti i settori di eccellenza, perché, lo ricordo sempre, siamo il secondo Paese come complessità di produzioni industriali dopo la Cina; siamo il Paese che ha più tipi di produzioni industriali dopo la Cina, solo che le nostre sono piccole e le loro sono grandi. Se preserviamo questa capacità, preserviamo la possibilità anche di far sopravvivere la nostra economia, e con «economia» intendo anche il nostro benessere.
  Lo spazio fa parte di questa scommessa. Lo spazio è all'interno del sistema industriale di cui parliamo, quello in cui negli ultimi due anni è stato fatto il maggior investimento. Negli ultimi anni, nessun altro settore del bilancio dello Stato ha avuto un aumento così forte quanto lo spazio. Bisogna fare attenzione al fatto che quell'investimento – richiamo il discorso fatto Pag. 11prima – ricada nella filiera italiana. Sarebbe interessante vedere quanto di quell'investimento ricade in una filiera italiana, con quale velocità, ma soprattutto con quale risultato, perché un investimento deve ricadere sul sistema industriale italiano ma deve consentire anche di fare un prodotto che il giorno dopo trovi un mercato nel mondo.
  Costruire un prodotto in Italia tutto italiano che usiamo solo noi perché non ha mercato nel mondo è un fallimento. Il finanziamento e la decisione finanziaria è il primo passo di un percorso che lo Stato deve monitorare, che riguarda i tipi di tecnologie, dove vanno gli investimenti, in che parte del territorio, a quali aziende si rivolgono, quanta occupazione fanno, quale risultato finale danno e, quindi, quale prodotto industriale contribuiscono a costruire. Deve essere un percorso complesso se voglio che l'investimento dello Stato mi porti un risultato a medio-lungo termine. Noi non siamo qui per impegnare risorse dello Stato in Italia; siamo qui per impegnare le risorse dello Stato in modo da produrre reddito a più lungo tempo possibile.

  PRESIDENTE. Grazie, Presidente Crosetto. Ho un'altra richiesta di intervento da parte dell'onorevole Ferro. Prego.

  WANDA FERRO. Grazie, presidente. Mi sono decisa in ritardo, ma è sempre piacevole ascoltare il Presidente Crosetto, che ringrazio perché ha aperto uno spaccato ampio su quello che è e che sarà il mondo della Difesa prima e dopo il Covid. Questo credo che sia essenziale anche per una scelta di campo come membri di questa Commissione, ma anche come parlamentari della Repubblica, su importanti investimenti.
  Ho tre brevi domande che riguardano non solo la parte, che è stata è spiegata bene, riferita al sedersi al tavolo avendo l'orgoglio di poterlo fare, che credo sentiamo tutti noi, ma anche quella riferita alle conseguenze del Covid per quanto riguarda l'occupazione, che credo incida moltissimo su tutto il Paese ma in modo particolare sull'area meridionale, per quanto credo di avere inteso.
  Poi mi interessava il discorso delle banche etiche. Già in una precedente audizione avevo fatto questa domanda, alla quale però non mi era stata data risposta. È una questione annosa. A che punto siamo? Poi volevo fare anche uno spunto veloce per quanto riguarda la green economy, che credo sia un tema importante collegato a questo argomento.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, onorevole Ferro. Do la parola al Presidente Crosetto.

  GUIDO CROSETTO, Presidente della Federazione Aziende Italiane per l'Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza (AIAD). Anche lei ha posto dei temi facili. Sull'occupazione cosa vi devo dire? Ci renderemo conto dell'impatto reale sull'occupazione il prossimo anno, quando la possibilità di licenziare da parte delle aziende sarà riammessa e quando, con la ripartenza dell'economia, le risorse per la cassa integrazione diminuiranno necessariamente. Allora ci renderemo conto – lo dico in modo brutale – di quanti morti saranno rimasti sul campo, e già bisogna partire adesso per prevenire questo e incidere andando a recuperare tutte le persone possibili. Questo va fatto nel settore della Difesa preservando quelle capacità che una volta perse non possono essere più recuperate, perché noi parliamo di un settore che ha manodopera specializzata, ingegneri, ricercatori, persone difficili da formare e la cui formazione richiede un alto costo. Qualora ci saranno degli impatti nel settore – non so se ci saranno e quanti saranno – vanno preservati in altri settori. Vi faccio un esempio. Ho visto che l'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC) non è stata trasformata in ente economico, però avete previsto in finanziaria l'assunzione di 400 persone, visto che ENAC ha compiti tecnici e non di ufficio. Queste 400 persone sono ingegneri che stanno momentaneamente disoccupati e che poi potranno rientrare nel loro mondo e lasciare lo spazio che hanno occupato momentaneamente, ma in qualche modo preservando le potenzialità e facendo una scelta di alto livello. Se mettiamo insieme decine di scelte di questo tipo, possiamo in qualche modo preservare l'impatto; ma l'impatto occupazionale Pag. 12 nel nostro settore si preserva avendo dei programmi e tagliando i tempi della burocrazia. Non parlo solo dei bilanci del 2021; parlo anche di quelli del 2020 e del 2019, quando vengono scaricate a valle tutte le risorse accantonate. Pulisci i bilanci, scarichi i soldi che hai messo nei bilanci dello Stato e li trasformi in contratti, perché immediatamente, partendo il lavoro, la cassa integrazione finisce e le persone non vengano lasciate a casa. Lo ripeto, questo è un settore in cui la cinghia di trasmissione è più corta, perché arriva immediatamente, perché hai un cliente uno, lo Stato, con un fornitore che poi è quello che le ripartisce.
  Sulle banche etiche ripeto quello che ho detto prima. Noi aspettiamo di vedere la possibilità che attraverso il Mediocredito e la Banca Popolare di Bari, che diventerà Banca statale, non ci siano preclusioni per il sistema. A quel punto diventeranno le banche del sistema e le uniche con cui si potrà lavorare tranquillamente. Noi abbiamo un incontro con Arcuri ancora adesso, soltanto che Arcuri ora si occupa di qualcos'altro, ha qualche altro problema in più; però pensiamo di definire entro il prossimo anno un accordo di tutto il settore con la Banca dello Stato, non con Arcuri.
  La green economy in qualche modo tocca la Difesa. Voi ne avete anche esempio nel DPP. In questo documento si parla, ad esempio, di «Caserme verdi», che erano anche nel Recovery Fund o ci sarebbero state; ma so che ci sono, ad esempio, importanti accordi in corso fatti con Cassa depositi e prestiti per utilizzare le enormi risorse immobiliari della Difesa e metterle a disposizione di investimenti, come quello della produzione di energia di vario tipo. La parte green riguarda tutta la possibilità della parte infrastrutturale di adeguarsi ai tempi e dismettere o rendere utile tutto il patrimonio che per adesso non utilizza. Ma ripeto, mi pare che il Ministro, nella parte del DPP che riguarda le Caserme verdi e gli investimenti in infrastrutture, abbia già delineato questa possibilità e mi sembra sia una cosa seria.

  WANDA FERRO. Presidente, chiedo perdono. Rispetto ai maggiori competitor, come la Francia, Regno Unito, e agli investimenti italiani, quale differenza c'è in termini di quello che si è fatto fino ad oggi?

  GUIDO CROSETTO, Presidente della Federazione Aziende Italiane per l'Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza (AIAD). Fatemi dire che siamo inferiori.
  Fate attenzione: non è che siamo inferiori oggi; siamo inferiori da trent'anni. Non è una responsabilità momentanea; è una scelta di quei Paesi che, da sempre, hanno investito nel settore della Difesa molto più di noi. Nonostante ciò, noi abbiamo ottenuto eccellenze uniche. Cito un esempio, ma potrei citarne veramente dieci. Agusta Westland resiste a Airbus Elicotteri, che è un colosso. Non solo resiste; vince sui mercati internazionali e riesce a essere il primo al mondo. Se investissimo di più e guardassimo al futuro, probabilmente in alcuni settori potremmo diventare noi il riferimento europeo e la guida europea; non in tutto, ma in alcuni settori sì.

  PRESIDENTE. Non avendo altre richieste di intervento, ringrazio il Presidente Crosetto e il Segretario generale, dottor Festucci, per la disponibilità e anche per il contributo importante che avete dato al lavoro della Commissione con riguardo all'indagine conoscitiva che stiamo trattando. Rinnovo il ringraziamento a tutti gli intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.35