XVIII Legislatura

III Commissione

COMITATO PERMANENTE SUI DIRITTI UMANI NEL MONDO

Resoconto stenografico



Seduta n. 54 di Giovedì 16 giugno 2022

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Boldrini Laura , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'IMPEGNO DELL'ITALIA NELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE PER LA PROMOZIONE E TUTELA DEI DIRITTI UMANI E CONTRO LE DISCRIMINAZIONI
Boldrini Laura , Presidente ... 3 
Esmaeli Qorbanali , rappresentante dell'Associazione culturale degli afghani in Italia (ACAFI) ... 5 
Boldrini Laura , Presidente ... 6 
Concas Claudio , rappresentante dell'Associazione culturale degli afghani in Italia (ACAFI) (intervento da remoto) ... 6 
Boldrini Laura , Presidente ... 10 
Rezai Hussain , rappresentante dell'Associazione culturale degli afghani in Italia (ACAFI) ... 10 
Boldrini Laura , Presidente ... 12 
Ahmadi Sabera , rappresentante dell'Associazione culturale degli afghani in Italia (ACAFI) ... 12 
Boldrini Laura , Presidente ... 13 
Sultani Zaman , rappresentante dell'Associazione culturale degli afghani in Italia (ACAFI) ... 13 
Boldrini Laura , Presidente ... 14 
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 15 
Boldrini Laura , Presidente ... 15 
Formentini Paolo (LEGA)  ... 15 
Boldrini Laura , Presidente ... 15 
Rezai Hussain , rappresentante dell'Associazione culturale degli afghani in Italia (ACAFI) ... 16 
Boldrini Laura , Presidente ... 16 
Rezai Hussain , rappresentante dell'Associazione culturale degli afghani in Italia (ACAFI) ... 16 
Boldrini Laura , Presidente ... 16 
Sultani Zaman , rappresentante dell'Associazione culturale degli afghani in Italia (ACAFI) ... 16 
Boldrini Laura , Presidente ... 16 
Concas Claudio , rappresentante dell'Associazione culturale degli afghani in Italia (ACAFI) (intervento da remoto) ... 16 
Boldrini Laura , Presidente ... 17 
Esmaeli Qorbanali , rappresentante dell'Associazione culturale degli afghani in Italia (ACAFI) ... 17 
Boldrini Laura , Presidente ... 17 
Esmaeli Qorbanali , rappresentante dell'Associazione culturale degli afghani in Italia (ACAFI) ... 17 
Formentini Paolo (LEGA)  ... 17 
Boldrini Laura , Presidente ... 17 
Esmaeli Qorbanali , rappresentante dell'Associazione culturale degli afghani in Italia (ACAFI) ... 17 
Boldrini Laura , Presidente ... 18 
Karim Hamed Mohammad , rappresentante dell'Associazione culturale degli afghani in Italia (ACAFI) ... 18 
Boldrini Laura , Presidente ... 18

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Coraggio Italia: CI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Alternativa: Misto-A;
Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI;
Misto-MAIE-PSI-Facciamoeco: Misto-MAIE-PSI-FE;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Europa Verde-Verdi Europei: Misto-EV-VE;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento ADC: Misto-NcI-USEI-R-AC;
Misto-Manifesta, Potere al Popolo, Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra Europea: Misto-M-PP-RCSE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
LAURA BOLDRINI

  La seduta comincia alle 13.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche mediante la trasmissione sulla web-tv e sul canale satellitare della Camera dei deputati.
  L'odierna audizione sarà svolta consentendo la partecipazione da remoto delle deputate e dei deputati, secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento nella riunione del 4 novembre 2020.

Audizione di rappresentanti dell'Associazione culturale degli afghani in Italia (ACAFI), con particolare riferimento al rispetto dei diritti della minoranza hazara e sciita in Afghanistan.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'impegno dell'Italia nella comunità internazionale per la promozione e la tutela dei diritti umani e contro le discriminazioni, l'audizione di rappresentanti dell'Associazione culturale degli afghani in Italia (ACAFI onlus), con particolare riferimento al rispetto dei diritti della minoranza hazara – sciita – in Afghanistan.
  Anche a nome di tutti i componenti del Comitato, saluto e ringrazio per la disponibilità i componenti della delegazione: il dottor Qorbanali Esmaeli, fondatore e portavoce di ACAFI; il dottor Hussain Rezai, ricercatore e funzionario governativo anti-corruzione; la dottoressa Sabera Ahmadi, funzionaria di diverse ong e attivista per i diritti umani, per i diritti delle donne in Afghanistan fino al ritorno dei talebani, e adesso studentessa a Roma al master dell'Università di Tor Vergata; il dottor Zaman Sultani, ricercatore dell'area sud-asiatica per Amnesty International. Poi abbiamo il dottor Claudio Concas, da remoto, che è un ricercatore e da anni studia e approfondisce la questione hazara ed è anche autore del testo Voci dell'Hazaristan. Inoltre, sono presenti la signora Fatima Ghulam Sakhi, che è presidente di ACAFI, il signor Gholam Hassan Fazeli, vicepresidente, e il professor Abdullah Shafaee, già Preside della facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Avicenna-Kabul e ricercatore universitario presso l'Università di Torino. Abbiamo, infine, il signor Hamed Mohammad Karim, attivista sociale, la signora Farzana Frasu, attivista, e il dottor Bazil Nekobin, attivista politico e giornalista freelance.
  Segnalo che l'Associazione culturale degli afghani in Italia – fondata nel 2004 ma già attiva prima, a cominciare dal 2003 – ha lo scopo di fornire aiuto primario e assistenza ai profughi afghani che giungono in Italia, molto spesso minorenni – minorenni soli non accompagnati –, aiutandoli ad inserirsi nella società italiana senza abbandonare la cultura di provenienza, anzi continuando a coltivarla per non dimenticare le proprie origini, la propria storia e i fondamentali per il corretto inserimento nella nuova realtà in cui vivono.
  Ho conosciuto negli anni, quando lavoravo per l'Alto commissariato dell'ONU per i rifugiati qui in Italia, tanti minori non accompagnati che avevano viaggiato per anni prima di arrivare in Italia. Partiti da casa a dodici, tredici anni – a volte anche prima – e arrivati a diciotto, diciannove, forse anche più tardi. Viaggi terribili, peraltro. L'Associazione è anche impegnata a promuovere il rispetto dei diritti umani, in Pag. 4particolare i diritti delle donne e delle minoranze religiose, ed a favorire il dialogo tra i diversi gruppi afghani – quelli presenti in Italia e in Europa – e a fare sì che tutti godano di pari diritti e vedano garantita la giustizia sociale, per anni calpestata dai gruppi al potere in Afghanistan.
  Uno degli aspetti più qualificanti dell'Associazione, infatti, è quello di valorizzare la multietnicità e il multiculturalismo dell'Afghanistan, dove convivono – purtroppo non sempre in pace – quattro etnie principali: abbiamo i pashtun, i tagiki, gli uzbechi e gli hazara. Fin dalla fondazione gli sforzi della dirigenza di questa Associazione sono sempre stati volti a rimarginare le ferite della guerra che ha dilaniato l'Afghanistan dal 1992 al 1996 e che ha prodotto forti lacerazioni tra le diverse etnie. La persecuzione di questa comunità hazara si è ulteriormente esacerbata nel periodo del primo regime talebano, nel 2001; a seguito del rovesciamento del potere talebano per mano della coalizione ISAF (International Security Assistance Force), la situazione degli hazara è significativamente migliorata, ma con il ritorno al potere degli studenti coranici – cioè, i talebani – la repressione violenta nei riguardi di questa minoranza è nuovamente deflagrata.
  Quindi, l'audizione di oggi mira proprio ad approfondire la situazione difficile in cui versa il popolo hazara – che è una minoranza sciita in Afghanistan –, anche alla luce dei numerosi attentati terroristici che ci sono stati e che hanno causato vittime negli ultimi mesi. Ricordo alcuni esempi: il 12 aprile due attentati, probabilmente ad opera di Daesh – di un'emanazione di Daesh locale – hanno colpito la scuola superiore Abdul Rahim Shahid e il centro educativo Mumtaz Tuition Center nella parte sud occidentale di Kabul, quartiere simbolo della comunità hazara; particolarmente odiosa è stata anche la tecnica utilizzata nel compound della scuola, che è tra le più frequentate e popolose di Kabul, con circa un migliaio di allievi: c'è stata una prima esplosione all'uscita degli studenti e una seconda esplosione contro i soccorritori. Non è un caso che in un comunicato pubblicato il 27 maggio, in esito alla sua prima visita in Afghanistan, il Relatore Speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Afghanistan, Richard Bennett, abbia evocato la definizione di crimini contro l'umanità, proprio per sottolineare la gravità e la sistematicità degli attacchi rivolti contro i membri della comunità hazara.
  Peraltro, anche nell'ultima risoluzione sull'Afghanistan, approvata il 17 marzo, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, esprimendo la sua profonda preoccupazione per la disastrosa situazione economica e umanitaria, compresa l'insicurezza alimentare, e ricordando che le minoranze, insieme alle donne, sono le categorie più gravemente colpite, ha stabilito che la missione di assistenza all'ONU, UNAMA (The United Nations Assistance Mission in Afghanistan), dovrà, fra le altre cose, potenziare gli interventi a tutela delle minoranze etniche, coordinandosi con le organizzazioni umanitarie di sviluppo, e facilitare il dialogo tra tutti gli attori politici e le parti interessate afghane, per promuovere una governance statale senza alcuna discriminazione di genere, religione o etnia, in grado di assicurare la partecipazione equa e significativa delle minoranze, oltre che delle donne, dei giovani e delle persone con disabilità.
  Anche il Consiglio dell'Unione europea si è pronunciato e ha più volte ribadito la necessità di promuovere e proteggere e rispettare i diritti umani, in particolare il pieno godimento dei diritti delle persone appartenenti alle minoranze, sollecitando l'istituzione in Afghanistan di un Governo equilibrato e con una rappresentanza inclusiva, che comprenda tutte le minoranze etniche e religiose. Sappiamo che questo è l'auspicio, e sappiamo che questo non sta avvenendo.
  Segnalo, altresì, che in esito alla manifestazione che avete organizzato a Roma il 20 aprile, da alcune realtà della diaspora hazara – tra cui l'associazione Nawroz di Roma e anche le attiviste e le imprenditrici del progetto A2030 di Venezia – si esortano le organizzazioni in Italia ad alzare la voce contro le violazioni dei diritti umani degli hazara commessi dai talebani, dallo Stato Pag. 5islamico della provincia del Khorasan e da altri gruppi terroristici che operano nella regione. Al nostro Governo si chiede, inoltre, di usare le sue risorse diplomatiche all'ONU, nei fora internazionali e nelle relazioni bilaterali con altri Paesi a tutela dei diritti umani degli hazara in Afghanistan, nonché di contribuire alle indagini sul genocidio presentando il caso presso la Corte penale internazionale.
  Volevo fornire questi elementi per inquadrare la tematica complessa – magari non tutti i membri del nostro Comitato sono al corrente – e quindi adesso inizierei a dare la parola al rappresentante della delegazione, quindi al fondatore e portavoce di ACAFI, il dottor Qorbanali Esmaeli. Prego.

  QORBANALI ESMAELI, rappresentante dell'Associazione culturale degli afghani in Italia (ACAFI). Buongiorno. Egregio onorevole Presidente, onorevoli deputati presenti in aula e coloro ci seguono da lontano, permettetemi di rivolgervi un sentito ringraziamento per averci concesso questa audizione, non solo a nome mio, ma a nome della delegazione della comunità hazara che l'ho onore di accompagnare oggi davanti a voi. Prima di continuare è un nostro dovere pagare un grande tributo di fronte ai cinquantatré eroici caduti italiani che l'Italia ha subito durante i venti anni di presenza in Afghanistan per favorire la democrazia e la libertà per il popolo afghano: di questo vi siamo infinitamente grati, signora Presidente.
  Onorevole Boldrini, per me, ma per tutti noi hazara è una giornata storica, in cui ci troviamo in questa prestigiosa aula del Parlamento della Repubblica Italiana a parlare degli hazara, ma con i cuori frantumati, perché parliamo del genocidio degli hazara, una etnia perseguitata dal 1890. Un popolo autoctono che vive in quelle terre da secoli. Onorevoli deputati, prima di passare la parola ai miei colleghi – che illustreranno nel dettaglio i dati raccolti negli ultimi anni grazie ad un duro ed eccellente lavoro, che vi ho fatto avere precedentemente, su come e quanti cittadini di etnia hazara sono stati uccisi, torturati, perseguitati, cacciati dalle loro case e dalle loro terre – desidero brevemente spiegare chi sono gli hazara, dove vivono, quanti sono e per quale motivo, secondo noi, sono sotto attacco dal secolo scorso.
  Un popolo pacifista ed amico, con tratti somatici dell'Asia Centrale, con una larga maggioranza di fede musulmana sciita. Vivono prevalentemente al centro del Paese, ma questo perché durante l'Emiro pashtun Abdul Rahman Khan, intorno al 1890, ci fu una deportazione e sterminio di questo popolo dalle altre regioni del Paese, su cui il mio collega, dottor Claudio Concas, si soffermerà di più. È un popolo che crede fortemente nella democrazia, rispettoso verso i diritti umani; amano l'istruzione sia le donne sia gli uomini; un popolo amante dell'arte e della musica: sicuramente vi ricorderete delle due gigantesche statue di Buddha distrutte dai talebani il 12 marzo 2012.
  Per quanto riguarda invece la percentuale della popolazione, non essendoci mai stata una statistica attendibile, non è facile da definire, ma in base alla decisione della famosa Conferenza internazionale di Bonn del dicembre del 2001, è stato riconosciuto il 20 per cento degli hazara e proprio in base a questa decisione la presenza degli hazara sarebbe dovuto essere tale, cioè le risorse pubbliche ed i posti di lavoro eccetera, dovevano andare il 20 per cento agli hazara: ma questo è stato rispettato solo il primo anno, dopodiché sistematicamente è stato ridotto fino ad arrivare, secondo molte stime, tra il 2 e il 3 per cento negli ultimi periodi del Governo di Ashraf Ghani. Addirittura il Governo afghano guidato da Ashraf Ghani, un fanatico pashtunista, appositamente per evitare che i giovani talenti hazara entrassero nelle università statali, ha fatto una legge che razionasse le loro presenze nelle aule universitarie, ma non al 20 per cento, come si era deciso nella Conferenza di Bonn, bensì al 2,5 per cento. Un esempio concreto: nell'anno accademico 2017-2018 dei circa 175 mila ammessi all'esame del concorso per iscriversi alle università statali, il numero degli hazara ammessi all'esame erano solo 4.600 circa. Questo vuol dire che anche sotto gli occhi del mondo intero – tra cui l'Italia, che era Pag. 6presente in Afghanistan – la situazione di questa etnia non è migliorata, anzi, i miei colleghi poi dimostreranno, con i dati in mano, che tra le altre cose i beduini di etnia pashtun – i kuchi – hanno attaccato più volte, in diversi anni, con le armi pesanti i villaggi degli hazara, facendoli fuggire altrove, distruggendo le loro case e le loro coltivazioni.
  Questo avviene nonostante la loro massima collaborazione con la missione ISAF e quelle che l'hanno seguita. Durante questi venti anni non è mai stato sparato un colpo contro le truppe occidentali, hanno massivamente partecipato alle iniziative democratiche, come quelle elettorali. Le ragazze hanno raggiunto i massimi livelli di istruzione e nel campo della politica sono state le prime nella storia afghana a ricoprire alte cariche istituzionali. I militari, anche quelli nello sport, hanno raggiunto alte vette, ma di questo la dottoressa Sabera Ahmadi parlerà ampiamente subito dopo di me.
  Va anche sottolineato, però, che il popolo hazara che vive in Pakistan, nello Stato di Belucistan, è sotto un attacco brutale che va avanti da anni. Dal 2003 – di cui ci sono i dati documentati – ci sono stati ad oggi ben trenta attacchi terroristici, che hanno causato circa 715 morti. Al Governo pakistano, quindi, va chiesto con fermezza di garantire la sicurezza e l'incolumità di questa minoranza etnica, presente maggiormente in Quetta – città capoluogo dello stato di Belucistan – dal 1890, quando l'Emiro Abdul Rahman Khan li cacciò dal loro Paese natale, come la provincia di Uruzgan, Ghazni, Gohr, eccetera, regioni meridionali e centrali dell'Afghanistan, accusandoli di essere infedeli, cioè sciiti. Quella è un'arma con cui è stata portata avanti questa campagna di deportazione.
  Signori deputati e deputate, ciò di cui ho parlato era del passato recente e remoto, ma com'è la situazione di oggi? Come sapete, i talebani, appoggiati – ma per molti versi guidati – dal Pakistan, hanno mostrato la loro faccia, cioè, hanno cambiato il viso, ma il gioco è rimasto tale come durante il loro primo regime. Le donne non hanno nessun tipo di diritto, le altre etnie afghane non sono rappresentante per niente all'interno del cosiddetto Governo ad interim, dove regna una composizione mono-etnica e mono-ideologica. Ma, come sapete, ci sono le personalità ricercate dalla comunità internazionale – a cominciare dagli USA – per aver commesso dei gravissimi atti terroristici. Loro oggi fanno parte di questo Governo. I dipendenti statali di altre etnie, tra cui hazara e gli sciiti, vengono sistematicamente licenziati e sostituiti dai cittadini di etnia pashtun. Gli ex funzionari e ufficiali delle Forze armate e della Pubblica Sicurezza che hanno servito il Governo Repubblicano sono sotto continue minacce, e ciò provoca una fuga di massa verso l'Europa.
  Gli hazara che si fermano in Iran, Paese limitrofo, avendo dei tratti somatici riconoscibili facilmente dalla polizia iraniana sono spesso soggetti agli arresti ed espulsioni, proprio nelle mani dei loro persecutori, cioè i talebani. I beduini di etnia pashtun – i kuchi – attaccano i villaggi degli hazara con il fine di farli fuggire per occupare le loro terre. Dal 15 agosto 2021, giorno del ritorno dei talebani al potere, sino ad oggi, gli hazara hanno subito più di trentuno attacchi, in cui sono stati uccise circa 397 persone. Poi di questo parlerà con più dettagli il mio collega, dottor Rezai. Sono stati uccisi dove? Nelle loro moschee, nelle loro scuole, sui pullman, e altrove che il mio collega ci illustrerà con l'ausilio di un documento.
  Signora Presidente, onorevoli deputati, tutto ciò che ho brevemente menzionato – come Lei prima accennava, signora presidente – secondo l'articolo 6 dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale sono considerati crimini di genocidio. Grazie per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie, dottor Esmaeli, per questa introduzione. Adesso lascerei la parola al dottor Claudio Concas, collegato da remoto, ricercatore che studia da anni la questione hazara e, come ho detto prima, è anche autore del testo Voci dall'Hazaristan. Prego dottore.

  CLAUDIO CONCAS, rappresentante dell'Associazione culturale degli afghani in ItaliaPag. 7 (ACAFI) (intervento da remoto). Buonasera Presidente. Buonasera a tutte e tutti i presenti onorevoli. Vi ringrazio innanzitutto per la preziosa occasione per parlare di un tema così importante. Credo, onestamente, che la discussione riguardo la questione hazara non possa più attendere e che sia nostra responsabilità – di accademia e della politica –, sia a livello nazionale sia internazionale, raccontare la sofferenza di un popolo che, in una sorta di silenzio generale, soffre un destino orribile da più di due secoli.
  Si potrebbe affermare che la storia degli hazara sia una vera e propria storia di sopravvivenza, una sfida che racconta la brutalità di diverse forze distruttrici che nel corso della loro storia hanno concentrato la loro azione politica violenta proprio contro le terre della regione storica e geografica nota come Hazaristan, ovvero le terre delle regioni centrali dell'Afghanistan. Dal 1747, ovvero dall'anno della nascita della monarchia afghana, il processo di state building dell'Afghanistan, che fu ampiamente favorito dagli inglesi, sarà una delle questioni centrali che riguarderanno la storia della relazione più che conflittuale fra Governo centrale afghano e popolo hazara. Un rapporto che è difficile politicamente e culturalmente, costellato da frequenti episodi di tentativi di pulizia etnica, di dispersione di massa, di appropriazione di terre fertili, riduzione in schiavitù ed esclusione sociale ed economica.
  Già nelle carte dei sovrani di fine '700, quando il regno afghano poteva essere considerato ben poco più di un insieme di tribù confederate, si poteva notare il forte disprezzo etnico e culturale che i sovrani afghani provano verso gli hazara. Do lettura di una piccola citazione di Ahmad Shah Durrani, primo emiro e fondatore dell'impero afghano: «L'intera comunità hazara vivrà un futuro periglioso; hanno facce brutte e detestabili. I loro uomini e le loro donne sono sullo stesso livello, collegati gli uni agli altri, come insetti sulla terra. Nel disegnare i loro visi pare che il pittore dell'universo non abbia avuto l'intenzione di ritrarre un viso umano». Credo sia bene evidente come il disprezzo verso gli hazara non si limiti soltanto a discriminare tratti somatici estremamente differenti da quelli di qualsiasi altra etnia in Afghanistan, bensì si rende palese come vada a toccare anche aspetti culturali propri del popolo hazara e considerati «deviati» dagli altri afghani. È interessante notare come, già alla fine del '700, in un contesto socioculturale dove ancora oggi le donne vengono deumanizzate e considerate meno degli uomini, gli hazara ponessero le donne sullo stesso livello dei leader maschili. Ne abbiamo una prova evidente anche grazie allo storico inglese Ben Macintyre e alla sua ricostruzione storica della vita di Josiah Harlan, che fu un esploratore e geologo americano che passò la totalità della sua vita insieme agli hazara in Afghanistan. Harlan parlava così delle donne e degli uomini hazara: «Gli uomini mostrano un riguardo notevole per le opinioni delle loro mogli, si rivolgono alle loro mogli con un titolo rispettoso. Si considerano compagni alla pari, si consultano con loro, in ogni occasione e su questioni importanti. Quando non sono presenti, rimandano una conclusione finché non possono ascoltare le opinioni delle loro donne».
  A cambiare per sempre, in maniera radicale, la situazione politica e sociale del popolo hazara fu l'arrivo funesto al potere dell'uomo che più di tutti contribuì a diffondere sentimenti discriminanti e più che altro a renderli istituzionalizzati, a centralizzare con il sangue e la violenza lo Stato afghano: Abdur Rahman Khan, detto l'Emiro di ferro. Soltanto grazie all'azione di accademici e studiosi hazara, perlopiù svolta negli ultimi trenta o quaranta anni e al di fuori dell'Afghanistan, si è potuto cominciare a parlare del regno di Abdur Rahman Khan per quello che davvero è stato: un periodo storico in cui il mosaico etnico, estremamente variopinto, dell'Afghanistan è stato appiattito e quasi interamente distrutto, con la forza delle armi e l'uso perenne della violenza e della coercizione. Lo scopo di Abdur Rahman Khan era quello di presentare al mondo un Afghanistan che avesse un'unica identità nazionale, ovvero quella pashtun.Pag. 8
  Nei manuali di storia generalisti, è difficile trovare storici che colleghino e analizzano il processo di state building moderno, che fu ampiamente finanziato e sostenuto dall'impero inglese, e i massacri e le pulizie etniche portate avanti per sedare le ribellioni del popolo hazara in quegli anni. Eppure, non sembrerebbe così difficile, dato che lo stesso Abdur Rahman Khan si espresse molto chiaramente rispetto a quello che pensava, rispetto agli hazara e al conflitto hazara. Do lettura di una breve citazione dell'emiro Abdur Rahman Khan: «Questa guerra hazara è l'ultima delle quattro grandi guerre civili che ho affrontato durante il mio regno. Io considero che il prestigio, la forza, il potere, ma al tempo stesso la pace e la sicurezza del mio Paese, siano cresciute più in questa guerra che non nelle altre».
  Il primo attacco ufficiale venne sferrato nel 1891: 10 mila truppe, al comando di Abdul Quddus Khan, invasero l'Hazaristan. L'esercito regolare non si limitò a disarmare la popolazione: uomini e donne vennero ridotti in schiavitù, i leader della comunità furono arrestati e condotti a Kabul. Le fattorie, unico mezzo di sostentamento della popolazione hazara, furono distrutte e la terra fu bruciata. Le migliori terre furono donate a popolazioni pashtun dall'emiro. Il peso dell'umiliazione subita e la sottomissione scatenarono una nuova ribellione, ma la risposta dell'emiro fu di dispiegare il più grande sforzo bellico della storia dell'Afghanistan fino a quel momento.
  Al termine della guerra l'economia dell'Hazaristan era al collasso. Nel 1896 l'emiro chiede al governatore preposto per l'Hazaristan per quale motivo non fosse riuscito a prendere dagli hazara la somma che era stata pattuita. Alla richiesta di chiarimenti, il governatore disse che gli hazara erano talmente poveri, talmente umiliati che non era più possibile raccogliere soldi. Si potrebbe dire che proprio da quegli anni di Abdur Rahman inizia l'epoca buia, l'epopea degli hazara, fra povertà, discriminazione, violenza e distruzione. Le conseguenze della guerra dell'Hazaristan furono ovviamente pagate per la maggior parte dagli hazara. Chi ha avuto occasione di riuscire a studiare questo buio capitolo della storia, parla di una stima di circa il 62 per cento della popolazione hazara totalmente sterminata, stime che vanno dagli 8 ai 3 milioni di morti in meno di due anni. Gli hazara erano i chiari sconfitti della guerra e Abdur Rahman Khan non mancò in nessun modo di sottolineare più volte questo aspetto, riducendo in schiavitù più di 150 mila persone. Le foto di inizio novecento, purtroppo, nei bazar dell'Asia centrale sono piene, stracolme di hazara in catene, pronti a essere venduti.
  Sicuramente la situazione degli hazara migliora leggermente con gli eredi Habibullah Khan e Amanullah Khan, rispettivamente figlio e nipote di Abdur Rahman Khan, però la discriminazione sociale e politica rimane quasi immutata e diventa istituzionalizzata, quasi parte della cultura. C'è un aspetto fondamentale: l'esclusione sociale e la partecipazione; nonostante la richiesta degli hazara fosse fortemente volta all'istruzione e nonostante la prima scuola pubblica di Kabul fosse stata costruita nel 1904, per avere la prima scuola hazara devono aspettare almeno il 1938; quando nel 1960 in tutto l'Afghanistan ce ne sono più di 1.450, nell'Hazaristan esistono solo venti scuole, sparse in un territorio fra l'altro enorme e molto difficile.
  La lunga storia di persecuzione e di massacri degli hazara, purtroppo, non si limita all'Ottocento, ma vive una nuova pagina terribile con la guerra civile e con l'occupazione dei talebani. La guerra civile è stato un periodo molto buio per la storia dell'Afghanistan. I partiti dei mujaheddin che erano riusciti a sconfiggere la dominazione sovietica furono totalmente incapaci di formare un Governo di unità nazionale e le prime vittime di questa situazione furono proprio gli hazara, perché non furono messi al centro di una pacificazione nazionale che tenesse dentro tutte le componenti, etniche e religiose. C'è un leader islamista, Abdul Rasul Sayyaf, molto famoso perché fu colui che introdusse Bin Laden in Afghanistan. Sayyaf è ritenuto responsabile di un massacro nel 1993 nel quartiere di Afshar, in cui gli hazara furono Pag. 9massacrati più per motivazioni etniche e religiose che per motivazioni di guerra. I leader islamisti erano molto preoccupati del ruolo che gli hazara stavano continuando a dare alle donne. Nel 1995, prima dell'omicidio di Abdul Ali Mazari, leader storico degli hazara, il direttivo di Hezb-e Wahdat, ovvero il partito dell'unità degli hazara, era composto da dodici donne, una cosa che non si poteva assolutamente vedere in nessun altro partito islamista erede dell'occupazione sovietica. Gli hazara furono trucidati l'11 febbraio del 1993. Lo storico Ebrahim Ansari definisce il massacro di Afshar come una delle pagine più nere di tutto l'Afghanistan. Alcuni testimoni raccontano di scene veramente brutali, come corpi di donne appesi contro i muri, scritte col sangue. Insomma, c'era effettivamente la volontà di eliminare di hazara.
  La situazione peggiora con l'arrivo dei talebani, che si sentono quasi gli eredi dell'opera centralizzatrice di Abdur Rahman Khan: non è un caso che, dal passare dalla volontà di silenziare gli hazara, i talebani arrivano alla volontà di eliminare fisicamente gli hazara. Scelgo di portare una storia piuttosto significativa, quella del massacro di Mazar-i-Sharif, dell'8 agosto del 1998. Dopo una breve battaglia alle porte della città, le pochissime truppe hazara rimaste devono cedere. I talebani hanno l'occasione di entrare in città, le porte sono spalancate, davanti a loro c'è una popolazione totalmente disarmata e inerme. L'8 agosto del 1998 fu una vera e proprio carneficina, chiamato genocidio anche da studiosi importanti di Afghanistan, come Rashid, William Maley, fra i principali studiosi di Afghanistan al mondo. La stessa Human Rights Watch (HRW) sceglie di redigere un rapporto ufficiale per chiedere effettivamente al mondo spiegazioni. I talebani uccidono chiunque si trovasse sulla loro strada. Il Mullah Omar aveva concesso soltanto due ore per poter sparare indiscriminatamente: quello che succede in realtà è che gli uomini del Mullah Omar per tre giorni continuano ad uccidere, in maniera indiscriminata. Circa 8 mila persone – questo sono le stime riportate tra Human Rights Watch, UNAMA ed altri studiosi – vennero uccise in meno di quarantotto ore. Circa un migliaio di prigionieri hazara fu condotto da Mazar-i-Sharif a Sheberghan all'interno di tre container, stipati, senza aria e bruciati dal caldo torrido dell'estate afghana. Morirono per mancanza di ossigeno. Passato un giorno i talebani scaricarono i cadaveri e li lasciarono lì a marcire, senza dare la possibilità ai parenti di poterli prendere.
  In quei giorni il Mullah Niazi, comandante dai talebani che diventerà governante di Mazar-i-Sharif, dice una frase che diventa molto famosa fra i talebani e che spiega perfettamente la volontà dei talebani verso gli hazara. Mullah Niazi urla questa frase davanti ai talebani vittoriosi: «Manderemo i tajiki al Tajikistan, gli uzbeki all'Uzbekistan, gli hazara al Ghoristan». Il Ghoristan, in questo caso, non è uno stato dell'Asia Centrale. Il Ghoristan è il cimitero. È chiarissimo come ci sia proprio una volontà di eliminare definitivamente il popolo hazara. Lo stesso William Maley su Mazar-i-Sharif parla appunto di una situazione mai vista, dice queste parole: «Gli episodi di Mazar-i-Sharif colpiscono per la loro crudeltà, addirittura per gli standard afghani. Quello che abbiamo visto non è la situazione di civili coinvolti nel fuoco incrociato tra combattenti, ma un massacro, un'orgia di uccisioni, guidata da pregiudizi razziali e religiosi. L'Afghanistan è in bilico sull'orlo di un grande conflitto etnico, e forse di un genocidio».
  Ho avuto occasione di intervistare e di raccogliere la testimonianza di un sopravvissuto del massacro di Mazar-i-Sharif, il signor Dawood Wassl, che è stato per tre anni detenuto in una prigione talebana. Al signor Dawood ho chiesto se trovasse similitudini con i lager nazisti: so che è una domanda parecchio importante, però ho voluto provare a fare questo paragone. Il signor Wassl mi ha detto che non ha studiato molto la storia europea e che quindi non poteva tracciare dei paragoni, però mi ha raccontato una cosa che è bastata a me per fare il paragone. Mi ha raccontato che durante i suoi anni in prigione gli altri detenuti di etnia non hazara fungevano Pag. 10sostanzialmente da kapò, come nei lager nazisti. Perché agli altri detenuti veniva detto che, seppur in galera, erano comunque più degli hazara, che erano l'ultimo gradino della scala in Afghanistan.
  Chiudo dicendovi una cosa secondo me molto importante, comunicandovi quella che è la volontà dell'Università Bicocca e di noi come accademia. Il 26 maggio 2022, presso l'Università di Milano Bicocca, si è tenuto un importante seminario, dal titolo Il Popolo Hazara: discriminazione, marginalizzazione sociale, genocidio, organizzato dal laboratorio di Ricerca dell'Università HE.CO.PSY. e dalla rivista culturale Il Trattato. Alla presenza dei professori Veronese, Mascena, del sottoscritto, di un nutrito gruppo di ricercatori ed accademici Hazara, e della dottoressa Silvana Arbia, già cancelliere della Corte Penale Internazionale, si è discusso e si è deciso di prendere un impegno serio. L'idea è quella che ci sia un forte bisogno, che si parli effettivamente, che si crei consapevolezza attorno alla questione hazara. Che si faccia giustizia e si condanni l'impunità, che poi invece in Afghanistan è piuttosto diffusa. Da parte mia, posso assicurare che già quest'estate inizieremo ad intervistare testimoni privilegiati per raccogliere prove ed evidenze e costruire una richiesta di riconoscimento internazionale da presentare in futuro alla Corte penale internazionale.
  Vi ringrazio per questa possibilità, anche per la possibilità di intervenire online, penso che sia un momento molto importante per la politica italiana, ma per tutta la comunità hazara e per chiunque crede nella cultura dei diritti umani. Grazie mille.

  PRESIDENTE. Grazie dottor Concas per questa ricostruzione storica molto importante per inquadrare il tema ed anche inquietante, per quanto mi riguarda, rispetto alla consistenza della persecuzione che nasce da lontano. La parola al dottor Hussain Rezai, prego.

  HUSSAIN REZAI, rappresentante dell'Associazione culturale degli afghani in Italia (ACAFI). Onorevole Presidente, onorevoli membri della Commissione Affari esteri del Parlamento italiano, grazie per questa occasione di parlare delle violenze sistematiche contro gli hazara in Afghanistan. Questa occasione ci dà speranza che dopo questo tempo di dolore, questa possibilità di essere uditi dal Parlamento italiano e dai membri della Commissione Affari esteri apra nuove strade. Mi chiamo Hussein Rezai. Recentemente ho contribuito alla stesura di un lavoro di ricerca sugli attacchi sistematici e mirati agli hazara in Afghanistan. Oggi non mi soffermerò sull'analogo livello di violenza contro gli hazara in Pakistan, mi limiterò ad accennare alle conclusioni di questo documento che abbiamo scritto ultimamente. Credo che abbiate davanti a voi questo testo sul tavolo. In questo studio abbiamo documentato 215 casi di attacchi mirati, anche suicidi, agli hazara in Afghanistan tra il 2001 e il maggio 2022. La ricerca si basa su notizie raccolte sui media e attraverso le organizzazioni per la tutela dei diritti umani e quindi il numero delle vittime è sicuramente sottostimato. In questi casi di violenza sistematica contro gli hazara circa 2.018 hazara sono stati uccisi e più di 2.700 feriti nell'ultimo ventennio, sempre in Afghanistan. Presidente queste non sono solo cifre, dietro ogni numero c'è una storia d'amore, una famiglia, un essere umano. Abbiamo verificato, incrociato ogni caso con le organizzazioni dei diritti umani, con i mezzi di comunicazione e attraverso altri metodi. Gli hazara in Afghanistan sono stati presi di mira nei luoghi di culto, nelle moschee, lungo le vie di comunicazione, nei festival culturali, nei circoli sportivi, durante le cerimonie di nozze, negli ospedali – soprattutto nelle maternità –, nelle scuole, nei centri culturali, durante eventi sociali e manifestazioni pacifiche, sui trasporti pubblici. Non c'è stato un luogo sicuro per gli hazara in Afghanistan. Né prima della caduta del precedente Governo afgano né adesso, anzi con il regime talebano la situazione è ulteriormente peggiorata. Negli ultimi vent'anni questi attacchi sono stati perpetrati dai talebani, da Daesh, da gruppi armati ignoti.
  Vi posso fornire alcune cifre: stando al nostro rapporto, venticinque di questi incidenti sono stati attacchi suicidi, cinquantottoPag. 11 sono stati attacchi dei beduini kuchi, nove rinvenimenti di cadaveri, quattro sfollamenti forzati, trentacinque attentati esplosivi, trentanove attacchi armati, cinquanta rapimenti. Gran parte di questi incidenti è stata perpetrata dai talebani, dai kuchi, dall'ISKP e da altri gruppi armati senza nome. Gli hazara in Afghanistan hanno subito violenze sistematiche anche durante la presenza delle truppe internazionali nel Paese, ma la violenza è aumentata drammaticamente con il ritiro dall'Afghanistan delle truppe internazionali a partire dal 2014. Da allora il livello della violenza è cresciuto. Da quando i talebani hanno preso il potere in Afghanistan, il 15 agosto dell'anno scorso, abbiamo documentato circa cinquantacinque incidenti sotto il regime talebano, nei quali durante questi attacchi, soltanto sotto il regime talebano circa quattrocento civili hazara sono stati uccisi e più di quattrocento sono stati feriti, dall'agosto del 2021, dall'inizio del regime talebano a oggi.
  A seguito di ciò, molte istituzioni e organizzazioni dei diritti umani hanno espresso la loro preoccupazione per queste violenze sistematiche a danno degli hazara. Oltre a questo, abbiamo documentato cinque casi di spostamento forzato in cinque province: Daikundi, Helmand, Uruzgan. Ghazni e Balkh. Più di 5 mila famiglie hazara sono state cacciate dalle loro case e dai loro villaggi dai talebani e dai nomadi pashtun o kuchi.
  Posso fornirvi qualche testimonianza. Alcune famiglie hazara hanno perso tutti i loro figli, i loro componenti. Una testimonianza di una donna hazara: «Ho perso il marito nel 2016 quando è esplosa un'autobomba in un quartiere della parte ovest di Kabul, mia figlia in un'altra esplosione in una scuola nel 2022 e mio figlio nell'attentato di ieri alla scuola superiore Abdul Rahim Shaheed, sempre a Kabul ovest». È rimasta sola. Un'altra testimonianza riguarda la scuola superiore femminile Sayed ul-Shuhada. L'8 maggio del 2021, due esplosioni avvenute davanti a questa scuola hanno ucciso ottantacinque ragazze hazara e ne hanno ferite più di centocinquanta. Il 19 aprile di quest'anno, due esplosioni nella stessa area hanno colpito la scuola Abdul Rahim Shaheed uccidendo e ferendo dozzine di studenti hazara. Altri istituti d'istruzione superiore sono stati presi di mira allo stesso modo dai talebani, da Daesh e da altri gruppi estremisti. Io ho perso la mia fidanzata in uno di questi attacchi suicidi, a luglio del 2017. Dopo due anni di lotta con questo trauma, abbiamo creato una fondazione nel suo luogo natale, nella provincia di Daikundi. Purtroppo, pochi giorni dopo la caduta del Governo afgano nelle mani dei talebani, abbiamo appreso che i talebani hanno attaccato la fondazione, distrutto la biblioteca e il laboratorio con i computer e saccheggiato tutte le attrezzature informatiche. Questi sono esempi delle violazioni sistematiche a danno degli hazara. Un'altra testimonianza: un doppio attacco suicida contro una dimostrazione pacifica nel 2016 a Kabul ovest. Obiettivo: una manifestazione senza precedenti, tra le più grandi e pacifiche nella storia dell'Afghanistan: più di ottantaquattro morti e trecentottantatré feriti tra i manifestanti hazara.
  Finora tutte queste aggressioni sono rimaste impunite, nessun perpetratore è stato portato davanti alla giustizia, nessuna inchiesta degna del nome è stata aperta dal Governo afghano o dalla comunità internazionale. Ultimamente alcune istituzioni hanno manifestato la loro preoccupazione, come il Segretario Generale dell'ONU, António Guterres, il Relatore Speciale per la situazione dei diritti umani [in Afghanistan], designato dal Consiglio dei diritti umani dell'ONU, Richard Bennett, la Commissione indipendente per i diritti umani dell'Afghanistan, il Regno Unito e alcune organizzazioni internazionali come Amnesty International, hanno messo in guardia contro il possibile genocidio cui gli hazara sono esposti in Afghanistan.
  Oggi gli hazara sotto il regime talebano sono senza difesa. Per questo vorremmo richiamare l'attenzione del Governo italiano, ed in particolare della Commissione Affari esteri affinché segua la situazione afghana ed in particolare quella degli hazara, facendo uso degli strumenti diplomatici per tutelare i diritti umani degli hazara Pag. 12in Afghanistan, fermando il genocidio in atto. Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola alla dottoressa Sabera Ahmadi, funzionaria di diverse ong e anche attivista per i diritti umani e i diritti delle donne in Afghanistan, che attualmente sta facendo un master all'Università di Roma Tor Vergata.

  SABERA AHMADI, rappresentante dell'Associazione culturale degli afghani in Italia (ACAFI). Grazie, innanzitutto, di averci offerto questa occasione di essere presenti qui. Sono Sabera Ahmadi, sono una donna afghana. Le donne nel mio Paese stanno vivendo i momenti più bui della loro vita. Ottenere giustizia sembra impossibile, le nostre voci sono negate, i nostri valori sono minacciati e i nostri sacrifici sono stati vani. È stato detto che il mondo è stanco dell'Afghanistan: può immaginare il mondo quanto siano stanche le donne afghane quando le decisioni sulla loro vita vengono prese da un gruppo terroristico?
  Secondo un'indagine della fondazione Thomson Reuters, l'Afghanistan era già il peggior posto per le donne, con il più alto tasso di violenza domestica, prima che i talebani prendessero il potere il 15 agosto del 2021. Dalla loro presa del potere i talebani hanno emanato un decreto dietro l'altro per restringere la libertà delle donne nel Paese. Ne cito alcuni: alle donne è vietato viaggiare senza un accompagnatore maschio; gli uomini sono tenuti a controllare le loro mogli e sorelle, altrimenti sono puniti. I talebani hanno privato le donne e le ragazze del lavoro e dell'istruzione.
  L'interpretazione estremistica della sharia da parte dei talebani al fine di opprimere le donne va contro la cultura del gruppo etnico hazara, che prevede la parità di genere. Dal 2001, a seguito del rovesciamento del regime talebano da parte degli Stati Uniti e della NATO, le donne hazara avevano ottenuto notevoli conquiste in diversi settori. Il primo presidente della Commissione per i diritti umani afghana è stata la dottoressa Sina Samar, una donna hazara; la prima governatrice era una hazara e la prima prefetta del Paese era una hazara. Le ragazze hazara eccellevano nel mondo della scuola, erano al primo posto negli esami di ammissione all'università. Le donne hazara erano tantissime nelle fila del Governo precedente sostenuto dalla comunità internazionale. Le donne hazara erano all'avanguardia nell'arte, nel cinema, nello sport e in altri settori.
  La parità di genere tra gli hazara non è qualcosa di recente, non è un risultato dell'intervento degli Stati Uniti e della NATO dopo il 2001. La parità di genere è stata parte integrante della cultura hazara per secoli. Josiah Harlan, il primo americano a visitare l'Afghanistan negli anni trenta dell'Ottocento, si stupì dell'assenza di schiavitù e dell'esistenza della parità di genere tra gli hazara. Harlan notò che le donne hazara non portavano il velo e lavoravano nei campi accanto ai loro mariti. Harlan osservò che gli uomini hazara erano molto rispettosi verso le opinioni delle loro mogli. Le consideravano loro pari, le consultavano in tutte le occasioni e, quando le loro mogli non erano presenti, gli uomini rimandavano una decisione fino a che non fosse stato sentito il parere delle donne. Si rivolgevano alle loro mogli con il titolo onorifico di «Aghà», che vuol dire regina.
  L'imposizione da parte dei talebani di una sharia interpretata in senso restrittivo è un attacco alla cultura hazara di parità di genere. È una forma di colonizzazione interna e di omogeneizzazione di un paese multiforme per farne un'unica teocrazia. Se avrà successo, questo estremismo religioso non si limiterà all'Afghanistan, ma minaccerà il resto del mondo. Esortiamo quindi il Governo italiano a fare uso delle sue risorse politiche e diplomatiche per porre in atto le seguenti misure: la Repubblica italiana dovrebbe esortare i suoi alleati occidentali e regionali a non riconoscere i talebani finché il gruppo in questione non avrà accettato i diritti umani sanciti dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e non agirà di conseguenza; la Repubblica italiana dovrebbe esortare i suoi alleati occidentali e regionali a non riconoscere i talebani fino a che il gruppo in questione non avrà revocato tutte le restrizioni imposte alle donne in Afghanistan;Pag. 13 le donne hazara che hanno preso parte attiva a diversi settori negli ultimi venti anni dovrebbero essere protette. La stragrande maggioranza delle donne che facevano parte delle Forze armate del precedente Governo erano donne e ragazze hazara. Sotto il regime talebano le loro vite sono in pericolo. Molte si stanno nascondendo. L'Italia e gli altri stati membri dell'Unione europea dovrebbero creare un corridoio umanitario per evacuarle dall'Afghanistan. A lungo andare, solo un federalismo su base etnica può fornire una soluzione permanente e duratura al conflitto afghano. Solo sotto un Governo federale la cultura della parità di genere degli hazara potrà essere tutelata. In un regime di autonomia federale, le donne e gli uomini hazara potranno avere il diritto di decidere il proprio destino e quale sia la società in cui vogliono vivere.
  La Repubblica italiana dovrebbe sostenere il federalismo etnico quale soluzione definitiva al conflitto in Afghanistan ed esortare i propri alleati europei, occidentali e regionali a discutere questa formula a livello ONU.
  Infine, solo nell'ambito di un sistema democratico i diritti umani delle donne e degli uomini hazara e degli altri gruppi e comunità etnici in Afghanistan potranno essere rispettati. Il Governo italiano dovrebbe esortare i suoi alleati occidentali ed europei a non transigere sui diritti democratici dei cittadini afghani. Come i cittadini italiani e degli altri Paesi europei, gli afghani hanno il diritto di scegliere il proprio Governo e i propri governanti.
  Vi ringrazio per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie, dottoressa Ahmadi, per avere attirato l'attenzione sulla condizione delle donne in Afghanistan. Purtroppo sappiamo quanto il regime talebano stia opprimendo le donne e questo è per noi fonte di enorme preoccupazione, ma vorrei rassicurarla che l'Italia non ha riconosciuto il regime dei talebani e penso che su questo possiamo continuare in questo senso, almeno fino a quando le cose non cambieranno.
  La parola al dottor Zaman Sultani, ricercatore dell'area sud-asiatica per Amnesty International. Prego.

  ZAMAN SULTANI, rappresentante dell'Associazione culturale degli afghani in Italia (ACAFI). Grazie, onorevole presidente. Onorevoli parlamentari della Commissione affari esteri, è un onore per me essere invitato a parlare in questa sede. Vorrei esprimere la mia soddisfazione per aver udito dalla presidente che ci sono sforzi in atto – e un sostegno a tali sforzi – per il riconoscimento delle aggressioni, del genocidio e delle stragi a carico degli hazara. Plaudo a questo, e sono lieto anche di apprendere che Lei, o il Governo italiano, siete sensibili alle esigenze umanitarie in Afghanistan, e che ciò si applica ad ogni gruppo etnico, ad ogni minoranza in Afghanistan. Questo è veramente degno di plauso.
  Vorrei anche mettere in evidenza quanto ha detto il professor Concas, cioè che il mondo, che noi non possiamo più attendere, ci si deve occupare degli hazara in Afghanistan. Ci deve essere un riconoscimento internazionale, ci deve essere una sensibilità verso questa situazione. Siccome tutti i colleghi hanno già parlato della storia e di ciò che sta accadendo, io in breve esporrò lo stato di cose attuale in Afghanistan. Come già detto gli hazara sono bersaglio di attacchi sistematici, mirati e organizzati. Sono colpiti in tutti gli aspetti della loro vita: per strada, a scuola, ai matrimoni, in ogni ambito può succedere. Alcuni di questi attacchi sono rivendicati da Daesh o dallo Stato islamico della provincia del Khorasan, in passato dai talebani, a volte gli autori restano ignoti. Non entro nello specifico, ma come è stato detto nell'aprile di quest'anno ci sono stati quattro attacchi contro gli hazara, due a Kabul, altri due a Mazar. In un mese quattro attacchi: ad un centro educativo, ad una scuola, ad una moschea e per strada.
  Questa è la situazione attuale in Afghanistan. Quanto agli autori, in un caso sappiamo che è Daesh, negli altri casi non sappiamo nulla. La strage dell'istituto Abdul Rahim Shaheed, in cui sono morte ottantacinque studentesse, non è stata rivendicataPag. 14 da nessuno. Nell'ottobre scorso abbiamo avuto due attacchi, uno a Kunduz e l'altro a Kandahar. Più di cento morti, molti di più i feriti, nessuna rivendicazione, ecco qual è la situazione, e quanto è preoccupante. Cito la mia esperienza personale. Quando ero in Afghanistan, nel 2017-2018 e anche prima, se volevo andare ad una festa, alla moschea o ad una riunione mi dovevo sempre chiedere: «Vado o non vado? Se vado, torno vivo o no?». Ecco quale era la situazione: se decidevo di andare tutta la famiglia si preoccupava, mi diceva «no, la situazione è brutta, non andare», e questa situazione purtroppo non è mutata con il cambio di regime. Anzi, è più preoccupante perché, da una parte, ci sono gli attacchi che continuano, dall'altra, nessuno indaga e nessuno rivendica gli attacchi. Né il Governo precedente, né l'autorità de facto talebana hanno mai avviato una reale indagine per individuare gli autori. Questa totale inadempienza è ulteriormente cresciuta sotto i talebani. Quanto alla protezione, chi è adesso al potere in Afghanistan? L'autorità de facto, sono i talebani. Se andiamo a vedere la storia dei talebani, in passato hanno compiuto stragi di massa degli hazara, come a Mazar-i-Sharif.
  Io stesso ho indagato su un massacro talebano nel distretto di Yakawlang, in provincia di Bamiyan. Quando parlo degli eccidi di Yakawlang o di Mazar, mi risuonano ancora nelle orecchie le voci delle vittime che mi hanno raccontato come i talebani li hanno inseguiti e uccisi, come sono riusciti a sfuggire i superstiti. Una situazione orrenda. Tanti sono dovuti fuggire, chi è rimasto indietro è stato ucciso dai talebani nel giro di tre giorni a Bamiyan. Io ho indagato su questo tra il 2009 e il 2011, con la Afghanistan Research and Evaluation Unit. I talebani sono ancora quelli, non sono cambiati, e sono il governo de facto dell'Afghanistan. Sono gli stessi talebani che hanno distrutto il patrimonio culturale degli hazara, le statue dei Buddha. Ho indagato sugli omicidi dei talebani subito dopo la loro presa del potere ad agosto. Ho indagato sull'uccisione di nove hazara nel distretto di Malistan a luglio. Ho indagato sull'uccisione di tredici hazara, di cui nove con esecuzione sommaria, nella provincia di Daikundi. Abbiamo, insomma, un Governo di fatto che ha sempre ucciso e perseguitato sistematicamente gli hazara in Afghanistan, questa è purtroppo la situazione. Dopo avere preso il potere, abbiamo anche visto che i talebani cacciano gli hazara dalle loro terre con la forza, questa è la situazione.
  Per essere breve sarò lieto adesso di rispondere a eventuali domande. Da una parte abbiamo quindi queste autorità di fatto, che hanno commesso stragi e persecuzioni, e dall'altra non abbiamo oggi nessun tipo di tutela legale per i gruppi etnici o le minoranze religiose. La costituzione del 2004, che tutelava e riconosceva ogni gruppo etnico dell'Afghanistan, non esiste più. Allo stesso tempo non c'è più alcuna reale presenza di hazara nell'amministrazione. In tutte le regioni hazara, il governatore è un talebano che viene da un'altra parte del Paese. A volte queste persone si rivolgono alla popolazione locale attraverso un interprete, quindi non c'è nessuna reale presenza degli hazara. Come è già stato detto, gli hazara sono davanti a un genocidio che non è il primo, le stragi e le persecuzioni sono state continue, e così la discriminazione sistematica nei loro confronti, ma ciò che è più importante – e ciò che ritengo l'Italia e molti altri possano fare – è assumere un ruolo di rilievo nella creazione di un ambiente che protegga gli hazara, o nell'attuazione di misure a loro favore, dando prova nel contempo di sensibilità verso la situazione degli hazara e altre minoranze in Afghanistan sotto i talebani.
  Ecco alcuni punti essenziali che ritenevo importanti, sono pronto ora a rispondere alle domande. Ciò che ho detto si fonda sulle mie ricerche, realizzate con la Afghanistan Research and Evaluation Unit ed Amnesty International.

  PRESIDENTE. Grazie per questa Sua testimonianza. Abbiamo concluso con gli interventi della delegazione. Volevo vedere se c'erano interventi di colleghi o colleghe che sono collegati da remoto. La parola all'onorevole Quartapelle.

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  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO(intervento da remoto). Grazie, presidente, per aver voluto organizzare questa audizione, che immagino sia l'audizione più completa che il Parlamento abbia avuto finora sulla vicenda hazara dell'Afghanistan. È estremamente utile avere una panoramica così brutale, così crudele, ma anche così dettagliata della situazione della minoranza hazara nel Paese. È utile perché purtroppo, come sappiamo, le notizie che arrivano dall'Afghanistan sono poche, sono scarse, sono spesso terribili, ma serve sempre avere un resoconto dettagliato e preciso delle violazioni dei diritti umani in corso in Afghanistan, così come negli altri Paesi, perché questo rende il nostro lavoro più efficace, per quanto possibile.
  Nei vari interventi tutti ci hanno chiesto di prestare attenzione: da parte nostra – immagino anche da parte sua, presidente – c'è la massima attenzione per questa, tra le tante vicende drammatiche di violazione dei diritti umani in Afghanistan. Come diceva la persona che è intervenuta raccontandoci la situazione delle donne hazara in Afghanistan, spiega quanto questa posizione si sovrapponga alle tante violazioni dei diritti umani che si compiono per mano del regime dei talebani. Ma qui c'è una sommatoria di pregiudizio storico, di crudeltà presente. Quindi contate su di noi.
  Ho una domanda più operativa: sapete tutti delle difficoltà che ci sono nell'operare in Afghanistan [problemi di audio]. Credo che sia importante per noi capire anche che tipo di sostegno, al di là del sostegno politico, si può dare alla causa afgana, sia all'interno del Paese sia all'esterno. So che le Nazioni Unite stanno operando con grande attenzione rispetto a questo problema. Però se ci sono indicazioni – l'Italia opera da fuori, dai Paesi vicini – sarebbe per noi interessante capire che tipo di sostegno il nostro Paese può dare alla minoranza hazara negli interventi di cooperazione, non solo dal punto di vista politico. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Quartapelle. La parola all'onorevole Formentini.

  PAOLO FORMENTINI(intervento da remoto). Grazie presidente. Ho ascoltato anch'io con attenzione le tante testimonianze drammatiche, la ricostruzione storica del genocidio degli hazara. La ringrazio davvero per avere organizzato questa audizione, perché di tante tragedie, di tanti crimini contro l'umanità, questo forse è quello più ignoto al pubblico italiano. È giusto approfondire, è giusto ascoltare, ma è giusto anche – collegialmente, in Commissione Esteri – proseguire con degli atti parlamentari. Faccio appello a Lei come Presidente – poi ne parleremo in Ufficio di presidenza – per dare un seguito a queste drammatiche testimonianze. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Formentini. Se non ci sono altri colleghi, anch'io vorrei dire qualcosa. Intanto vorrei esprimere tutta la mia solidarietà, tutta la mia vicinanza al popolo hazara per le persecuzioni che questo popolo ha sofferto nei secoli. Abbiamo visto, non è una cosa recente, è una cosa che va avanti da un paio di secoli almeno, così come è stata documentata oggi in quest'aula. Penso che dobbiamo condannare con forza tutti gli atti violenti ai danni di questa minoranza hazara, sciita, tanto più perché questi atti di violenza poi non hanno un seguito nella giustizia, ma rimangono impuniti. E l'impunità è tanto dolorosa. L'impunità è la base dei sentimenti, anche di umiliazione, di un intero popolo. Vi sono vicina anche perché questa impunità deve finire, non è possibile che conviviamo con questa impunità.
  Esprimo anche personalmente il disagio per quanto accaduto nell'agosto scorso con il ritiro veloce da parte della presenza NATO e con la consegna del Paese ai talebani. Personalmente ho considerato questo qualcosa di veramente molto grave, non avrei mai immaginato che potesse accadere una cosa del genere. Proprio perché non ho mai avuto fiducia sui talebani; i talebani cambiano, i talebani diventano diversi, ma questo non esiste, non è concepibile che i talebani possano essere diversi da quello che hanno fatto nel 1996 fino al 2001, lo sapevamo già chi erano i talebani. Trovo che ci sia stata una modalità così cinica, così priva di responsabilità rispetto all'impatto che questo avrebbe avuto. E l'impatto Pag. 16è arrivato, è arrivato contro le minoranze, gli hazara, è arrivato contro le donne; poi donne hazara: doppia discriminazione, perché se sei donna e sei hazara... Mi ricordo bene, ho lavorato a Bamiyan per un periodo, mi ricordo bene come le donne nell'Hazarajat avevano dei ruoli, immagino per i talebani che odiano le donne, detestano le donne, il primo target sono diventate le donne hazara, perché avevano un ruolo sociale riconosciuto nella loro comunità.
  I talebani non sono riconosciuti, questo è un regime che non è riconosciuto dalla comunità internazionale ed è giusto che non lo sia fin tanto che non cambieranno le cose. Sono pessimista, non credo che cambieranno le cose, perché non ritengo che i talebani abbiano la struttura culturale e mentale per concedere un cambiamento, per includere tutti i gruppi presenti in Afghanistan e per rispettare chi non è come loro. È fuori dalla loro mentalità.
  Vorrei capire da voi – e questa è la domanda – rispetto alla Corte penale internazionale se è stata già aperta un'investigazione per genocidio, come voi avete illustrato. Voi fate questa richiesta? Ma vorrei capire se questa richiesta è stata sottoposta alla Corte penale internazionale e se sì, in che fase istruttoria si trova questa richiesta? State raccogliendo prove – penso che anche altri lo stiano facendo – che dimostrano che c'è una persecuzione specifica ai danni di questo popolo. Sarebbe, a mio avviso, opportuno riuscire a fare giustizia internazionale. Ma mi chiedo se questa richiesta si sia trasformata concretamente in un'istanza già all'attenzione della Corte penale internazionale. Non so chi vuole rispondere della delegazione.

  HUSSAIN REZAI, rappresentante dell'Associazione culturale degli afghani in Italia (ACAFI). Onorevole presidente, la ringrazio. Una breve risposta quanto alla Corte penale internazionale. So che dovevano aprire un'indagine sui crimini contro l'umanità in Afghanistan già da parecchio tempo, ma nonostante l'assistenza internazionale, questa indagine è ancora in sospeso. Alcuni militanti dei diritti umani hazara e alcune istituzioni hanno presentato richieste per indagini sul genocidio degli hazara in Afghanistan.

  PRESIDENTE. Allora non è ancora cominciata?

  HUSSAIN REZAI, rappresentante dell'Associazione culturale degli afghani in Italia (ACAFI). No, non ancora. Non è cominciata questa indagine, ma sono state presentate prove sufficienti, sono stati inviati rapporti sufficienti, e così pure le richieste di avvio dell'indagine sul genocidio.

  PRESIDENTE. Le prove, dunque, sono già state fornite, ma non è stato ancora aperto il procedimento, è così?

  ZAMAN SULTANI, rappresentante dell'Associazione culturale degli afghani in Italia (ACAFI). Sì. Aggiungo qualcosa sulla Corte penale internazionale, che purtroppo è stata molto lenta nei confronti dell'Afghanistan. Hanno avviato il loro esame preliminare nel 2007 e 2008, ma ad oggi non sono state aperte indagini reali sulla situazione in Afghanistan, ed in particolare sugli hazara. Purtroppo l'ICC va molto a rilento e bisogna spingere per indurla a dare inizio a questa indagine.

  PRESIDENTE. Ci sarebbe anche da rispondere alla domanda della collega Quartapelle. Dottor Concas, voleva aggiungere qualcosa Lei?

  CLAUDIO CONCAS, rappresentante dell'Associazione culturale degli afghani in Italia (ACAFI) (intervento da remoto). Molto brevemente, per quanto riguarda la Corte penale internazionale purtroppo il discorso è complesso, perché proprio parlandone con la dottoressa Arbia, che è stata parte della Corte penale internazionale – è stata prosecutor per quanto riguarda il Tribunale del genocidio del Ruanda, ha una certa esperienza in materia – ha rilevato che la Corte, per quanto riguarda l'Afghanistan, è in uno stato di fermo. Quello che ci ha invitato a fare la dottoressa Arbia – come dicevo nel mio intervento prima –, cercando di rispondere alla domanda dell'onorevolePag. 17 Quartapelle, è cosa si può fare per spingere la Corte? La dottoressa Arbia ci ha parlato del caso del Ruanda, in cui un Paese terzo, il Belgio, è riuscito ad invitare la Corte penale a prendere provvedimenti o ad iniziare quanto meno un discorso. Sicuramente il discorso dell'impunità è importantissimo, oltre al discorso del genocidio: non scordiamoci che molti dei governatori, dei talebani che attualmente governano l'Afghanistan nei distretti sono gli stessi che venti anni fa commettevano i massacri. Un'ultima indicazione su questo: il governatore di Bamiyan è lo stesso governatore che venti anni fa decise di fare distruggere i Buddha di Bamiyan, che sono considerati fra le più importanti meraviglie dell'uomo.
  Credo che il discorso dell'impunità sia un discorso importantissimo e credo che il ruolo del Parlamento italiano possa essere anche quello di spingere la discussione in Europa, quindi portarla sui tavoli del Parlamento europeo e cercare di ampliare, magari proprio come Europa, richiedere un'attenzione particolare verso la questione afghana e spingere la Corte penale internazionale a risolvere dei problemi che molti attivisti, che hanno provato a giostrarsi in questo riconoscimento, hanno definito di pura corruzione.
  Ultimo esempio e poi mi taccio: il 23 luglio del 2016 – se ne parlava prima – c'è stato l'attentato che ha colpito il «Movimento illuminista» hazara in Afghanistan. L'UNAMA, l'Agenzia dell'ONU per i diritti umani, ha chiesto un'investigazione, ma il Governo afghano non ha mai risposto e credo che questo sia abbastanza esplicativo. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, dottor Concas. Chi altro voleva rispondere? La parola al dottor Esmaeli. Prego.

  QORBANALI ESMAELI, rappresentante dell'Associazione culturale degli afghani in Italia (ACAFI). In aggiunta a ciò che il Dottor Concas ha detto, e anche il mio collega Sultani, il Parlamento britannico ha fatto una call for inquiry qualche tempo fa, quindi anche loro hanno iniziato a raccogliere le documentazioni, le prove, e il 15 luglio credo che inizi una specie di discussione...

  PRESIDENTE. House of Commons? È una Commissione d'inchiesta forse?

  QORBANALI ESMAELI, rappresentante dell'Associazione culturale degli afghani in Italia (ACAFI). Sì, esatto.

  PAOLO FORMENTINI. Ho approfondito, ho fatto una ricerca, volevo già dirlo prima, è una Commissione d'inchiesta bicamerale di tutto il Parlamento inglese.

  PRESIDENTE. Grazie, infatti non capivo che tipo di inchiesta. Grazie per questa informazione.

  QORBANALI ESMAELI, rappresentante dell'Associazione culturale degli afghani in Italia (ACAFI). Per quanto riguarda la domanda che ha posto l'onorevole Quartapelle, con questa volevo concludere questa nostra audizione, facendo un appello che in realtà include le risposte dell'onorevole Quartapelle. Noi chiediamo una risoluzione parlamentare, e conseguente contenuto: avviare una ricerca sul genocidio degli hazara, il riconoscimento del genocidio degli hazara. L'Italia dovrebbe utilizzare tutte le sue risorse e gli strumenti – diplomatici e altro – per proteggere gli hazara. Il Ministro dei Esteri può farsi da garante, portavoce nelle sedi opportune per la causa e la questione hazara.
  Quello che si potrebbe anche fare è fare attenzione all'equa distribuzione degli aiuti in Afghanistan. Ci sono moltissimi rapporti, onorevole, secondo cui gli hazara non beneficiano dell'aiuto della comunità internazionale e rimangono discriminati, fortemente. Questa è una cosa molto fattibile, concreta, facile ed immediata. In aggiunta noi vogliamo anche chiedere di assegnare una quota nei corridoi umanitari per i vulnerabili della comunità hazara. Queste sono le nostre richieste al Parlamento e al Governo italiano.

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  PRESIDENTE. Molto bene. Penso che questo sia il punto di caduta, come diceva prima il collega Formentini, riuscire a ragionare su un atto parlamentare; la proposta che Lei ha fatto, dottor Esmaeli, potrebbe essere quella giusta, cioè una risoluzione in cui noi assorbiamo le richieste che voi oggi ci avete fatto, ne discutiamo in modo da dare gli indirizzi anche al Governo italiano in merito alla situazione. Questo penso che potremmo farlo con una certa facilità. Vi faremo sapere poi, una volta formulata la risoluzione, l'iter che ci sarà e quindi vi terremo informati sugli sviluppi.
  Vi ringrazio molto di questa opportunità che ci avete dato per aggiornarci su una situazione veramente molto, molto grave e molto drammatica. Abbiamo il dovere come parlamentari di fare quello che possiamo per aiutare e fare in modo che tutto questo non accada, perché veramente è una violazione sistematica dei diritti umani di un popolo. Penso che la comunità internazionale non possa stare a guardare. Questa è una sede di Comitato diritti umani, ma noi potremmo pensare di fare una risoluzione della Commissione Esteri per riuscire ad ampliare la portata dell'atto stesso che andiamo a votare. Vi ringrazio.

  HAMED MOHAMMAD KARIM, rappresentante dell'Associazione culturale degli afghani in Italia (ACAFI). Grazie, onorevole Presidente. Onorevoli, avrei una piccola osservazione. Vivo a Venezia da sedici anni, la mia presenza qui mi conferma di fare un'osservazione. L'Italia nella Comunità europea era l'unico Paese in cui la comunità afghana aveva gli hazara in maggioranza; Lei magari con la sua carica, con l'UNHCR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) potrà confermare questa cosa. Solo che poi l'anno scorso, con l'evacuazione, abbiamo purtroppo subito una specie di discriminazione non sistematica, anche perché fra le persone evacuate dall'Afghanistan – grazie alla grande operazione che ha fatto il Governo italiano, i militari italiani – purtroppo i dati confermano che da 4 a 5 per cento delle persone che sono state evacuate erano degli hazara. Questo purtroppo ci ha portato in minoranza di nuovo. Ecco volevo osservare questo.

  PRESIDENTE. Ha fatto bene a ricordare questo aspetto della quota ridotta rispetto ai corridoi umanitari e sicuramente sarà uno dei punti che metteremo nella nostra risoluzione. Abbiamo detto i vari punti all'inizio quali erano? Passatemi i punti tutti in ordine, in modo che vedremo noi come elaborare una risoluzione.
  Grazie e a presto, avremo altri modi per continuare la nostra collaborazione. Dichiaro chiusa questa audizione.

  La seduta termina alle 15.