XVIII Legislatura

III Commissione

COMITATO PERMANENTE SUI DIRITTI UMANI NEL MONDO

Resoconto stenografico



Seduta antimeridiana n. 49 di Martedì 1 marzo 2022

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Boldrini Laura , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'IMPEGNO DELL'ITALIA NELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE PER LA PROMOZIONE E TUTELA DEI DIRITTI UMANI E CONTRO LE DISCRIMINAZIONI
Boldrini Laura , Presidente ... 3 
Çimen Devriş , rappresentante a Bruxelles del Partito Democratico dei Popoli di Turchia (HDP) (intervento da remoto) ... 4 
Boldrini Laura , Presidente ... 8 
Çimen Devriş , rappresentante a Bruxelles del Partito Democratico dei Popoli di Turchia (HDP) ... 9 
Boldrini Laura , Presidente ... 9 
Çimen Devriş , rappresentante a Bruxelles del Partito Democratico dei Popoli di Turchia (HDP) ... 10 
Boldrini Laura , Presidente ... 10

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Coraggio Italia: CI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Alternativa: Misto-A;
Misto-MAIE-PSI-Facciamoeco: Misto-MAIE-PSI-FE;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento ADC: Misto-NcI-USEI-R-AC;
Misto-Europa Verde-Verdi Europei: Misto-EV-VE;
Misto-Manifesta, Potere al Popolo, Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra Europea: Misto-M-PP-RCSE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
LAURA BOLDRINI

  La seduta comincia alle 11.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera.
  L'odierna audizione sarà svolta consentendo la partecipazione da remoto, oltre che della personalità audita, delle deputate e dei deputati, secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il regolamento nella riunione del 4 novembre 2020.

Audizione, in videoconferenza, di Devriş Çimen, rappresentante a Bruxelles del Partito Democratico dei Popoli di Turchia (HDP).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'impegno dell'Italia nella comunità internazionale per la promozione e tutela dei diritti umani e contro le discriminazioni, l'audizione, in videoconferenza, di Devriş Çimen, rappresentante a Bruxelles del Partito Democratico dei Popoli di Turchia.
  Anche a nome dei componenti del Comitato, saluto il dottor Çimen e Lo ringrazio per la disponibilità a prendere parte ai nostri lavori.
  L'audizione odierna sarà incentrata sulla situazione dei diritti umani dei prigionieri politici in Turchia. Ricordo che il 21 giugno 2021 la Corte costituzionale turca ha accolto la richiesta della Procura generale della Cassazione di aprire un procedimento per la messa al bando del Partito Democratico dei Popoli (HDP), che è la principale forza di opposizione in Parlamento. L'accusa è quella di minacciare l'integrità indivisibile dello Stato e della nazione attraverso legami con il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK).
  Peraltro, già il 4 novembre 2016, durante una vasta operazione di polizia, dodici parlamentari dell'HDP, tra cui lo stesso leader Selahattin Demirtaş e numerosi amministratori locali dello stesso partito, venivano arrestati in Turchia con l'accusa di essere legati al PKK. La maggior parte delle accuse contro l'HDP si basava sulle proteste avvenute nella città di Kobane, più specificatamente su un tweet, pubblicato dal Comitato Esecutivo Centrale dell'HDP in data 6 ottobre 2014, nel quale si invitavano le persone a protestare, in solidarietà con la popolazione locale, contro Daesh e contro l'embargo imposto dalla Turchia nei confronti di Kobane. Segnalo che durante la protesta – anzi, le proteste – più di cinquanta persone, la stragrande maggioranza delle quali erano membri e simpatizzanti dell'HDP, sono state uccise negli scontri con la polizia turca.
  Attualmente, circa 4 mila membri e funzionari dell'HDP, tra cui vari parlamentari, sono ancora in carcere. Nel caso dei parlamentari, essi sono stati privati anche dell'immunità. Sul punto si è recentemente espressa la Corte europea dei diritti dell'uomo, la CEDU, che in una sentenza del 1° febbraio scorso ha stabilito che l'immunità è stata revocata solo e soltanto per le opinioni politiche, in aperta violazione dell'articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo che tutela, appunto, la libertà di espressione e di opinione. Occorre, inoltre, segnalare che, dalle elezioni locali turche del 31 marzo 2019 a questa Pag. 4parte, cinquantanove dei sessantacinque sindaci dell'HDP, democraticamente eletti nel sudest della Turchia, sono stati sostituiti da governatori o amministratori provinciali nominati dal Governo, in quanto detti sindaci sono oggetto di indagini penali per presunti legami con il terrorismo. Dei trentasei sindaci arrestati, trentadue sono stati rilasciati durante il processo giudiziario, ma quattro rimangono ancora in carcere.
  Il Parlamento europeo si è più volte espresso su questa materia, segnatamente con una risoluzione approvata il 20 gennaio 2021 sul caso di Selahattin Demirtaş e di altri prigionieri di coscienza e, da ultimo, con la risoluzione adottata l'8 luglio scorso sulla repressione dell'opposizione in Turchia, in particolare del Partito Democratico dei Popoli (HDP). Nella risoluzione il Parlamento europeo, tra le altre cose, condanna la repressione nei confronti dell'HDP e di altri partiti dell'opposizione turca, sollecita le autorità turche a rilasciare immediatamente Selahattin Demirtaş ed esprime sgomento per la continua inosservanza e mancata applicazione, da parte delle autorità turche, delle sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo anche in altri casi, come quello di Osman Kavala.
  Segnalo che su questo caso, si è recentemente espresso il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa che, il 3 febbraio scorso, ha rinviato la Turchia alla Corte europea dei diritti dell'uomo per stabilire se sia venuta meno all'obbligo di conformarsi alla sentenza della stessa Corte del dicembre 2019, con la quale la CEDU ha stabilito che la detenzione del signor Kavala è avvenuta in assenza di prove sufficienti, allo scopo di metterlo a tacere e dissuadere altri difensori dei diritti umani.
  Per quanto riguarda la posizione del Governo italiano, segnalo al nostro ospite che, in risposta ad una mia interrogazione discussa il 22 giugno scorso, l'Esecutivo ha ribadito che – cito – «la visione di una Turchia agganciata all'Occidente e più integrata in Europa rappresenta non solo un elemento di stabilità nell'area mediterranea, ma anche l'unica garanzia per un reale miglioramento della qualità della democrazia, della tutela dello Stato di diritto e dei diritti umani. Tuttavia, l'Italia esprime grave preoccupazione per il continuo deterioramento in Turchia di questi princìpi, incluse le libertà fondamentali e l'indipendenza della magistratura, e in particolare per le misure che colpiscono i partiti politici, le persone che partecipano alle attività sindacali, i media indipendenti, i difensori dei diritti umani, gli avvocati e i giudici».
  Fornito questo quadro, questi elementi, do ora la parola al dottor Çimen, affinché svolga il suo intervento. Prego, dottor Çimen.

  DEVRIŞ ÇIMEN, rappresentante a Bruxelles del Partito Democratico dei Popoli di Turchia (HDP) (intervento da remoto). Innanzitutto, desidero ringraziarla per questa sintesi che ci ha fatto. E vorrei salutare la presidente Laura Boldrini, e ringraziarla per tutte le parole che ha appena pronunciato, e tutti i vari partecipanti del Comitato. Ci sono argomenti effettivamente molto importanti. Purtroppo non siamo in presenza, non riusciamo a vederci di persona, sicuramente sarebbe stato più proficuo vedersi di persona. Però, purtroppo, ci sono queste misure che vengono prese e per cui si accede, appunto, a questo Comitato da remoto.
  Vorrei dire qualche parola su quanto Lei ha appena riassunto. Naturalmente, quello che io voglio relazionare, oggi, non è un qualcosa di pessimistico e non desidero nemmeno essere pessimista. Forse, alla fine di questa riunione, avrete più conoscenza di quello che accade realmente in Turchia.
  In Turchia, per quanto riguarda i diritti umani, effettivamente ci sono moltissime problematiche. Quali sono le questioni e che cosa è legato davvero all'amministrazione attualmente esistente? Naturalmente, qui non si tratta di venire in audizione per criticare la Turchia ma, semplicemente, si tratta di dare un supporto, un sostegno alla democratizzazione del Paese ed è su questo argomento che desidero relazionare.
  Quando si parla di Turchia, ci sono alcune dinamiche che bisogna conoscere. Queste dinamiche e questa base che esiste, riguardano anche la nostra Costituzione e i diritti che esistono. In Turchia sapete che ci Pag. 5sono moltissime etnie, moltissimi credi e oggi tutte queste differenze purtroppo, pur essendo protette dalla Costituzione, vengono ignorate. L'amministrazione attuale vive con un moto di timore, come se fossero presi dalla paura, ed è con questa mentalità che viene svolto, appunto, il lavoro.
  Sapete che la Turchia, geograficamente, è circondata da tre mari e poi c'è una parte in cui il confine viene visto come un confine nemico. Devo dire che c'è una situazione della società per cui si è arrivati quasi ad una sorta di schizofrenia, di fobia. Vorrei dare alcuni esempi, per quanto riguarda, appunto, le problematiche che stiamo vivendo. Queste problematiche, in realtà, cominciano molto lontano nel tempo. Parlo della problematica curda e, in realtà, la soluzione del cosiddetto problema curdo si trova nella democratizzazione del Paese. Bisogna che ci sia una democratizzazione e invece si sta cercando di trovare delle soluzioni in modalità ben diverse e tutte le varie parti in causa cercano di fare le cose altrimenti. Invece, quello di cui abbiamo bisogno è il pluralismo, quindi la democrazia deve essere in prima linea, i diritti umani devono essere in prima linea, che vengono violati, e ci sono politiche ben particolari, potrei citare la Siria, potrei citare altri Paesi e vorrei parlare anche di guerra, di occupazione. Ci sono quaranta basi militari che sono state costruite nel nord dell'Iraq e sapete che ci sono altre località in cui i curdi vengono aggrediti solo perché sono di etnia curda, quindi si vive una vera e propria occupazione e anche se l'Europa – e parlo anche del Consiglio d'Europa – richiede che la Turchia si ritiri, ciò non avviene.
  Come viene spiegato tutto questo dalla Turchia? Diciamo che, soprattutto per quanto riguarda i curdi, ogni volta che c'è qualche richiesta, qualche domanda, la risposta è semplicemente di ignorare i diritti politici della popolazione curda e lo Stato, il Governo, cercano di ignorare i diritti ma, purtroppo, ricorrendo alla repressione, anche a livello di aggressione della popolazione esistente. Il confronto democratico, naturalmente, diventa alquanto difficile, quasi impossibile, e il partito HDP, appunto, da quando è stato costituito, dal 2002, è presente e cerca di dare voce ai diritti umani, ai diritti delle donne, di proteggere i vari diritti, cerca di attirare l'attenzione sugli accadimenti e tutte le problematiche che esistono devono essere risolte in modo democratico, questa è la richiesta del partito. Però questo non avviene, la repressione, invece, è quanto avviene. L'AKP, insieme ad altri partiti, avevano iniziato un dialogo, un processo, per arrivare ad una soluzione fino al 2015 però, purtroppo, dopo le elezioni del 2015, tutto questo è terminato ed è iniziata una sorta di «guerra» e quindi, oggigiorno, all'interno della Turchia molte città curde sono state aggredite, sono state bombardate, le persone sono state uccise, sono state giustiziate e quindi si è trattato di vere e proprie violazioni dei diritti umani.
  Quindi si tratta di sollecitare la Turchia a rispettare la legge e io credo che questo non sia stato abbastanza richiesto dall'esterno, dagli altri Paesi, dall'Europa. Ci si limita, appunto, in ambienti europei a dire: «Noi critichiamo, non siamo d'accordo» eccetera, però non c'è un vero ostacolo frapposto agli accadimenti in Turchia. Io penso che ci vogliano politiche ben più decise e determinate e le forze internazionali devono, forse, fare più mente locale, devono confrontarsi per decidere cosa fare con la Turchia. Ci sono, quindi, tutte queste problematiche, ma una motivazione è che non c'è confronto. Fino agli anni duemila c'erano le ideologie kemaliste, i vari partiti avevano una loro base di questo tipo ed erano partiti che non andavano assolutamente sulla via dell'Islam o dell'islamismo. L'AKP, per esempio, quando è arrivato al Governo, ha lottato contro i partiti che, invece, erano più kemalisti, ha cercato di escluderli da ogni confronto e man mano si sono emarginati a vicenda, si sono allontanati sempre di più. Ma la democrazia non è questo, la democrazia è un confronto, non si può avere democrazia se ci si esclude a vicenda e negli ultimi vent'anni quello che vediamo è che l'AKP parla di giustizia, è stato anche sostenuto a livello internazionale però, purtroppo, non vi è né sviluppo né giustizia, come invece proclamaPag. 6 il nome del partito. Assistiamo ad abusi, a repressioni, vediamo modalità più belliche che vengono, effettivamente, applicate e contro i loro oppositori, contro i dissidenti, vengono messe in atto varie metodologie, esiste ormai una sorta di regime, e questo è un problema reale. È una problematica interna ma anche esterna. Ecco, questa è la Turchia.
  Vorrei ricordare, adesso, una cosa che ha detto Ursula von der Leyen. Quando è stata in Turchia ha vissuto quell'episodio legato alla sedia, vi ricorderete, e aveva detto: «Sì, è vero, Erdoğan è stato una sorta di dittatore, ma per i nostri interessi dobbiamo continuare a mantenere il dialogo» ma era stato il Presidente Draghi a dirlo. Questo approccio, purtroppo, è anche pericoloso in qualche modo, perché quando si tratta di un dittatore è come se lo si legittimasse, è come se lo si considerasse un interlocutore e allora se è un dittatore l'approccio deve essere ben diverso, non si può collaborare, e nel 2016 l'Unione Europea ha stabilito un nuovo accordo – lo sapete senz'altro molto bene – un accordo sui rifugiati, perché all'interno della Turchia ci sono ben 4 milioni di rifugiati e questo è stato fatto per impedire ai rifugiati di entrare nell'Unione europea; ma con questo accordo è come se si creasse un precedente, è come se si impedisse alla democrazia di andare avanti perché se questo è l'accordo, è un servizio che si rende ad un Paese non democratico e quindi, dal punto di vista dell'opinione pubblica, l'Europa non deve accettarlo.
  Faccio un passo indietro, al 2015. C'era stato, appunto, come avevo accennato poc'anzi, un dialogo per una soluzione del cosiddetto «problema curdo», ma da allora si sono vissuti molti altri episodi «interessanti». Nel 2016 c'è stato il tentativo di colpo di Stato, che è costato la vita a molte persone, molte persone hanno anche dovuto lasciare il Paese, ma nel contempo devo dire che, soprattutto per quanto riguarda il nostro partito – l'HDP – c'è stata proprio una serie di atti rivolti contro il partito. Moltissime persone sono state messe in detenzione, abbiamo tantissimi prigionieri nelle carceri, molti nostri funzionari, i nostri eletti, amministratori, sono arrestati e quindi tutte quelle città che avevamo vinto alle elezioni, sono state tolte ai nostri sindaci e in quelle località sono state inviate altre persone dell'AKP e noi pensiamo che questo non sia accettabile, che l'Unione europea, che il Consiglio d'Europa debbano dirlo in modo più deciso e determinato. Si sa che ci sono 700 mila persone che hanno lasciato la Turchia negli ultimi dieci anni perché queste persone non possono più lavorare in Turchia, non è perché erano povere queste persone, ma perché non potevano più lavorare, dottori o altri professionisti, quindi una sorta di abbandono, di fuga dei cervelli e quindi, se parliamo di fuga dei cervelli, purtroppo sta continuando. Questo Governo di Erdoğan, questo regime, estromette tutti quelli che non la pensano come lui, tutti quelli che non sono d'accordo con la sua politica e quindi sono costretti ad abbandonare il Paese.
  Per quanto riguarda il Consiglio d'Europa, praticamente il Consiglio d'Europa ha dichiarato che tutti coloro che dissentono vengono imprigionati: in sostanza 30 mila persone si trovano nelle carceri turche e di questi 30 mila, 29 mila si trovano, appunto, all'interno delle carceri turche ed è come se fossero considerati potenzialmente tutti terroristi, perché non è la magistratura che lo definisce così, è il Governo, è Erdoğan. Pertanto, l'HDP e tutti i vari attivisti dei partiti vengono detenuti utilizzando questo binomio, cioè crimini terroristici e quindi, praticamente, tutti sono come dei potenziali terroristi. E poi interviene un altro aspetto: che cos'è la definizione di terrorista? Qual è la base? Questo perché è una parola che viene utilizzata indiscriminatamente ovunque, anche quando così non è e purtroppo tutti i dissidenti, tutti gli oppositori vengono tacciati di essere terroristi e quindi vengono arrestati, incarcerati, oppure gli si impedisce di uscire dal Paese.
  Poi devo dire che dal 2015 fino ad oggi, praticamente, 12 mila iscritti al nostro partito sono stati poi rilasciati, ma ci sono moltissimi amministratori ancora in prigione e non sono persone che hanno commesso un qualche crimine, ma perché desideravanoPag. 7 una Turchia diversa, che tutelasse i diritti umani, i diritti delle donne. Questo è stato il credo, ed è un modo per porre alla popolazione turca un'alternativa ed è un qualcosa che si rafforza e quindi ogni volta che il Paese – o meglio, lo Stato – utilizza la magistratura per cercare di far tacere queste persone, le cose peggiorano. Vorrei però attirare l'attenzione sulle carceri. Abbiamo praticamente 300 mila persone imprigionate e vi ho detto che 30 mila sono prigionieri politici e quindi, in un Paese come la Turchia, è davvero un numero molto elevato e richiede sicuramente un approccio diverso.
  Quindi, all'interno delle carceri si assiste a molestie, a violenze e quindi i diritti umani, praticamente, vengono messi a tacere e anche tutti gli organismi che si occupano di diritti umani non si pronunciano. Le violenze e le minacce che ci sono all'interno delle carceri vengono portate avanti anche su questioni legate a deportazione, nel senso di allontanamento dal Paese. Ma che cosa si intende? Praticamente è una mentalità che c'è un po' in tutte le carceri. È una metodologia che viene applicata in ognuna delle carceri e che rende la cosa quasi normale.
  Abbiamo parlato di crisi, della crisi che la Turchia sta vivendo. È vero, vi ho parlato già un poco di quello che accade a livello interno, però ci sono diritti che vengono non solo ignorati ma tolti, parlo in particolare delle donne. Lo sapete che c'è la Convenzione di Istanbul, che è stata praticamente ignorata, e poi la Turchia si è ritirata da questa Convenzione e poi le molestie contro le donne, i maltrattamenti che aumentano, ma uscire da questa Convenzione significa che le donne turche non hanno più una base giuridica a cui appoggiarsi. E poi la stampa: il 95 per cento della stampa è controllata dal regime di Erdoğan; ci sono relazioni, in tal senso, dichiarazioni, ma non si tratta solo di controllare la stampa; ci sono centinaia o forse migliaia di giornalisti che non possono più fare il loro lavoro perché se non la pensano come il regime non trovano lavoro e coloro che continuano a voler scrivere, purtroppo, sono censurati, questa è la situazione della stampa. Praticamente negli ultimi anni, purtroppo, non siamo mai riusciti a prendere la parola in una qualsiasi trasmissione televisiva, non è più successo, quindi è una sorta di allontanamento che stiamo vivendo, una criminalizzazione di quello che siamo e nonostante questa pressione che viene esercitata, questa repressione, la forza del partito non diminuisce, anzi, aumenta. Questo significa che l'HDP è forte, perché ha il sostegno della popolazione, perché la libertà, la democrazia, i nostri pensieri, nonostante queste mancanze di speranza, sono ancora lì, sono ancora presenti. Riceviamo, certo, delle ferite, dei colpi importanti. Tutti i nostri sostenitori vengono o portati davanti ai tribunali o, comunque, sottoposti a molte problematiche ed è un Parlamento che ci è ostile. Praticamente il Parlamento, in realtà, non può più fare nulla perché – quasi quasi posso dirlo – il Parlamento non ha più voce in capitolo, è Erdoğan che decide e ciò riguarda anche quello che vi ho detto poc'anzi sui sindaci.
  E poi anche dal punto di vista della formazione, dell'istruzione, ci sono moltissimi arretramenti: per esempio, i rettori deposti dal loro incarico, le università commissariate o i rettori nominati dall'alto e poi la povertà che colpisce la popolazione. Ecco, tutto questo da cosa dipende? Dipende dalla guerra, dalla violenza, il fatto di concentrarsi solamente su questioni belliche e sulla violenza e questo si deve sapere.
  Adesso accennerò anche alla dimensione esterna, l'Europa, il Parlamento europeo, la CEDU – la Convenzione per i diritti umani –, e tutti i vari comitati e organismi, anche l'ONU: nonostante gli appelli fatti da tutte queste organizzazioni, purtroppo non accade nulla, anzi, dopo gli appelli le cose vanno addirittura peggio. Quindi che cosa possiamo fare noi? Che cosa può fare l'Unione Europea e che cosa può fare l'Italia? Sicuramente sostenere che la questione curda può essere risolta solo in modo pacifico e democratico. Bisogna che ci siano delle politiche che incoraggiano questo approccio; quindi la democratizzazione della Turchia deve essere incoraggiata, e questo non si può fare se Pag. 8non c'è un confronto. Ci vogliono politiche giuste e come HDP noi pensiamo che la Turchia debba entrare nell'Unione europea, è molto importante che ciò avvenga, anche per proteggere le libertà, per tutelare la democrazia turca, che potrà sicuramente svilupparsi di più se questo accade.
  Ancora qualche parola, arrivo alle conclusioni. Noi abbiamo parlato di libertà, di ingiustizia, abbiamo parlato dei vari credi e stiamo portando avanti le nostre lotte, lo stiamo facendo ancora oggi e che si parli – che ne so – di assiri, di turkmeni, di armeni, di yazidi, di cristiani, noi pensiamo che tutte le etnie, tutti i credi, debbono poter vivere all'interno del Paese e avendo diritto di parola, avendo libertà di espressione. Certo, forse non si può ottenere, negli ultimi cent'anni purtroppo la Turchia non è riuscita a garantire queste libertà e per poterci riuscire, forse, ha bisogno, appunto, dell'aiuto dei Paesi amici che si trovano all'esterno, quindi dell'incoraggiamento, aiuto e sostegno degli altri Paesi e la Turchia sicuramente deve confrontarsi con il proprio passato perché ci sono stati molti episodi difficili, e credo che con la democratizzazione questo si possa fare.
  E poi ci sono alcuni dati che abbiamo cercato di diffondere presso l'opinione pubblica: ci sono 1.600 detenuti malati e 600 di questi in modo grave, e queste persone devono poter accedere alle terapie, devono poter essere curate e abbiamo anche Aysel Tuğluk, che è la Vicepresidente, ex deputata, una persona che fa parte del nostro partito e purtroppo è ancora incarcerata, è trattenuta in prigione nonostante la sua grave situazione. È una sorta di simbolo, ecco perché viene trattenuta. Viene tenuta in prigione in quanto simbolo, senza accesso alle terapie, e tutti coloro che sono ammalati, gravemente ammalati – ecco, vi ho citato i numeri –, che almeno possano essere curati, però il regime di Erdoğan, anche qui, è mosso da una sorta di spirito di vendetta col quale fa politica. Ecco perché mi rivolgo alle organizzazioni, anche internazionali, affinché agiscano e rivolgano altri appelli alla Turchia, questo è il nostro auspicio.
  Avrei terminato. Naturalmente ci sono molte altre cose che avrei potuto dire. Ho voluto fare una sorta di introduzione, naturalmente sarò lieto di rispondere, se ci saranno domande. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. La ringrazio molto per questa relazione molto dettagliata, dottor Çimen. Un quadro inquietante, dove la Turchia emerge come un Paese al di fuori dello Stato di diritto, dove il pluralismo viene schiacciato, dove i diritti umani vengono continuamente lesi e quindi un quadro molto, molto, molto preoccupante.
  Ecco, giustamente Lei parla di democratizzazione e di processo che deve andare avanti. Vorrei avere da Lei qualche ulteriore dettaglio sulla condizione dei detenuti. La domanda che Le faccio è questa: ma il Comitato Internazionale della Croce Rossa non può accedere nelle carceri? Non può fare il lavoro di monitoraggio che normalmente fa in ogni Paese per verificare la condizione nelle carceri? E poi, da quello che Lei ci ha detto, gli appelli cadono nel vuoto: quindi, io mi chiedo come Parlamento, noi, come possiamo fare qualcosa che rafforzi questo processo di democratizzazione, che aiuti voi e coloro che ancora credono a questo? Perché un Parlamento può fare degli atti parlamentari, ma ci deve essere, poi, la disponibilità di accoglierli questi atti. Ecco, mi chiedo se Lei consiglia comunque di agire in questo senso.
  Poi l'entrata della Turchia nell'Unione europea: certo, probabilmente se fosse entrata prima nell'Unione europea non ci sarebbe stata questa deriva, forse, chi lo sa? Sono supposizioni e ipotesi, ma oggi c'è questa deriva democratica. Oggi la Turchia non risponde a nessuno dei criteri per poter accedere all'Unione Europea. Come si fa a riprendere il percorso in questa circostanza, dove qualsiasi voce di dissenso viene repressa, dove migliaia di persone vengono defenestrate dalle loro posizioni, dove le accuse di terrorismo vengono usate per chiunque abbia un'idea di società, di Paese, diversa da quella di Erdoğan. Ecco, come realisticamente è possibile riattivare un dialogo in questa circostanza, come facciamo? Cioè, non vedo che in questo Pag. 9momento ci siano i presupposti però, ecco, volevo sapere da Lei se ritiene che un nostro atto parlamentare di sostegno, in questo senso, a chi si batte per i diritti umani e al pluralismo politico, possa essere di una qualche utilità. Grazie.

  DEVRIŞ ÇIMEN, rappresentante a Bruxelles del Partito Democratico dei Popoli di Turchia (HDP). Grazie, intanto. È vero, diciamo che non c'è serenità, non c'è possibilità di agire, siamo in difficoltà e qui bisogna pensare a queste persone che vivono in Turchia in così grande difficoltà, naturalmente questo ci preoccupa e rende le cose difficili.
  Ha parlato della Croce Rossa: non so se può entrare nelle carceri, ma secondo me dovrebbe entrare nelle carceri e questo riguarda proprio le organizzazioni internazionali, i vari Paesi che devono provare a farlo. Credo che debbano, forse, chiedere che le porte delle carceri vengano aperte, forse il Parlamento italiano può fare questa richiesta, la Camera italiana può fare questa richiesta, può essere già un primo passo e forse anche gli altri Paesi dell'Unione europea potrebbero fare un appello, una richiesta in tal senso. E poi anche il Consiglio d'Europa, ci sono tutti i vari rapporti e le relazioni che sono state stilate, le condizioni dei prigionieri che devono essere migliorate e tutto quello che è mobbing e molestia che viene fatto all'interno delle carceri, che venga monitorato, e bisogna fare in modo che ciò diventi, quasi, un deterrente a questi comportamenti.
  Io penso che i vari Paesi o gli organismi internazionali non si diano abbastanza da fare. Guardate la crisi dell'Ucraina, adesso: avete visto la guerra scatenata dalla Russia contro l'Ucraina e ovunque ci sono reazioni, ci sono sanzioni, ma anche la Turchia ha vissuto una sorta di guerra di questo tipo ma, purtroppo, si è rimasti silenti, addirittura talvolta si sono incoraggiati alcuni accadimenti e si fa fatica a capire il perché. Non è che non si debba dialogare, ma bisogna che il dialogo ci sia per incoraggiare la democratizzazione e per fare questo ci vogliono delle sanzioni, anche per Osman Kavala bisogna chiederne la liberazione immediata. E cosa ha detto Erdoğan in diretta, in televisione? «Questo non mi riguarda, io non riconosco il loro ruolo, non riconosco la loro competenza giuridica», così ha risposto alle richieste del Consiglio d'Europa e della Corte dei diritti dell'uomo.
  Quindi è sicuramente un processo lento e non si tratta di chiedere sanzioni contro la Turchia – così, tanto per – no, si tratta di portare la Turchia verso la democrazia, di spronarla verso la democrazia, perché tutte queste posizioni prese dal Governo, dallo Stato, le impediscono di democratizzarsi. Proprio per poter imboccare questa strada deve essere incoraggiata. Ci sono appunto questi comportamenti che vengono, certo, perpetrati contro la propria popolazione ma anche contro i Paesi circostanti. Nel 2015 anche con il Partito dei Lavoratori, insieme, si era entrati in un processo chiamato, appunto, di dialogo, un dialogo per trovare la soluzione al problema, alla questione curda, e all'epoca si era veramente costituita una base; però è come se Erdoğan si fosse accorto che questo processo di democratizzazione gli faceva perdere forza, gli faceva perdere potere, ecco perché l'ha ostacolato e noi dobbiamo fare in modo che voi, le organizzazioni esterne e anche l'Italia, possiate fare degli appelli per la democratizzazione del Paese, per far sì che ci siano garantite le libertà individuali.
  La società turca in che cosa crede? Crede che se ci sarà più democrazia, allora saranno i curdi ad approfittare di questa situazione; con questa mentalità, rinunciano alla democrazia pur di non dare qualcosa ai curdi, ma bisogna far capire alla popolazione turca che così non è, e ci vogliono delle iniziative internazionali per far capire alla popolazione turca che questo non è. La democrazia e le libertà possono esserci, possono esistere in Turchia.

  PRESIDENTE. Chiaro, questa è una forma anche di propaganda, di manipolazione dell'opinione pubblica. Dire all'opinione pubblica che più libertà significa – diciamo – che la società ne soffrirà, che ne guadagnerà l'HDP e quindi ci sarà un vantaggio che andrà contro la Turchia stessa, è un modo per manipolare l'opinione pubblica,Pag. 10 cosa molto semplice quando si controllano tutti i media, come in questo caso, purtroppo.
  Io La ringrazio molto, io penso che noi ci azioneremo, cercheremo di fare, a seguito di questa audizione, un atto parlamentare, la chiameremo, magari, per consultarci così da avere anche uno scambio con Lei in merito a questo e poi la terremo informato dei lavori, di come procediamo da questo punto di vista facendo tesoro di quanto Lei, oggi, ci ha detto in questa audizione.

  DEVRIŞ ÇIMEN, rappresentante a Bruxelles del Partito Democratico dei Popoli di Turchia (HDP). Vorrei aggiungere ancora qualcosa. In tutti questi argomenti, in tutte queste questioni, noi siamo per lo sviluppo della democrazia e delle libertà e riteniamo tutto ciò nostro compito e questo faremo, però siamo davanti ad un pericolo. L'HDP, praticamente, è sottoposto ad un procedimento di messa al bando. Non è un partito qualsiasi, è il secondo partito più grande della Turchia e in Parlamento siamo la terza forza rappresentata, quindi non è lo Stato turco contro il partito, è un qualcosa che è stato iniziato dal presidente Erdoğan per cercare di chiudere il Partito, di mettere al bando il Partito. Ci sono stati molti appelli, ma direi che su questo nessun Governo estero si è pronunciato oppure ha fatto un appello, forse il Governo italiano potrebbe pronunciarsi e dire che chiudere un partito – l'HDP – è antidemocratico e che Erdoğan dovrebbe bloccare, chiudere questo procedimento cui ha dato inizio, ed è un qualcosa di giuridico. Lui dirà: «Non ci posso fare niente, è la magistratura», ma ciononostante lo si può incoraggiare a chiudere questo procedimento, a sospenderlo.
  L'HDP è un partito di opposizione, bisogna che i segnali siano chiari e forse l'Italia, in tal senso, può aprire un po' la strada, può rivolgersi al Governo di Erdoğan dando un segnale chiaro, e potrebbe così essere un esempio e se così è anche noi, naturalmente, all'interno del Paese faremo quanto ci compete. Lotteremo per la democrazia come stiamo facendo, cercheremo di allargare la democrazia e risolvere, naturalmente, anche la questione curda. Ringrazio ancora una volta per questo confronto, davvero grazie mille.

  PRESIDENTE. Grazie signor Çimen, grazie a Lei. Esprimo veramente tutta la mia vicinanza a Lei, al partito HDP, molta ammirazione per quello che state facendo e la mia solidarietà alla Vicepresidente dell'HDP, Aysel Tuğluk, e a tutti i prigionieri politici che sono nelle prigioni turche ingiustamente detenuti, solo per motivi politici. E questo ritengo che sia inaccettabile in uno Stato democratico, questo non può accadere e la riprova che ciò accade in Turchia dimostra che la Turchia non rispetta più il pluralismo delle idee e lo Stato di diritto. Quindi Le voglio trasmettere questi atti della mia solidarietà e La terremo informato circa nuove iniziative che faremo, anche sulla base della Sua audizione.
  La ringrazio e dichiaro conclusa questa audizione.

  La seduta termina alle 12.20.