XVIII Legislatura

III Commissione

COMITATO PERMANENTE SUI DIRITTI UMANI NEL MONDO

Resoconto stenografico



Seduta n. 45 di Martedì 18 gennaio 2022

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Boldrini Laura , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'IMPEGNO DELL'ITALIA NELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE PER LA PROMOZIONE E TUTELA DEI DIRITTI UMANI E CONTRO LE DISCRIMINAZIONI
Boldrini Laura , Presidente ... 3 
Gullotta Andrea , presidente di ... 4 
Boldrini Laura , Presidente ... 6 
Gullotta Andrea , presidente di ... 6 
Boldrini Laura , Presidente ... 8 
Zhemkova Lena , Direttrice Generale di ... 8 
Boldrini Laura , Presidente ... 9 
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 9 
Boldrini Laura , Presidente ... 10 
Berti Francesco (M5S)  ... 10 
Boldrini Laura , Presidente ... 10 
Romano Andrea (PD)  ... 10 
Boldrini Laura , Presidente ... 11 
Formentini Paolo (LEGA)  ... 11 
Boldrini Laura , Presidente ... 11 
Zhemkova Lena , Direttrice Generale di ... 12 
Boldrini Laura , Presidente ... 13 
Gullotta Andrea , presidente di ... 13 
Boldrini Laura , Presidente ... 14 
Zhemkova Lena , Direttrice Generale di ... 14 
Boldrini Laura , Presidente ... 14 

Audizione, in videoconferenza, di attivisti per i diritti umani in Uganda:
Boldrini Laura , Presidente ... 14 
Schoonderwoerd Nico , attivista per i diritti umani in Uganda (intervento da remoto) ... 16 
Boldrini Laura , Presidente ... 16 
Kyagulanyi Ssentamu Robert , detto Bobi Wine, capo dell'opposizione ugandese (intervento da remoto) ... 16 
Boldrini Laura , Presidente ... 18 
Luzige Masuudi , attivista per i diritti umani in Uganda (intervento da remoto) ... 18 
Boldrini Laura , Presidente ... 19 
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 19 
Boldrini Laura , Presidente ... 19 
Kyagulanyi Ssentamu Robert  ... 20 
Boldrini Laura , Presidente ... 20 
Kyagulanyi Ssentamu Robert , detto Bobi Wine, capo dell'opposizione ugandese (intervento da remoto) ... 20 
Boldrini Laura , Presidente ... 20 
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 21 
Kyagulanyi Ssentamu Robert , detto Bobi Wine ... 21 
Boldrini Laura , Presidente ... 21 
Kyagulanyi Ssentamu Robert , detto Bobi Wine, capo dell'opposizione ugandese (intervento da remoto) ... 21 
Boldrini Laura , Presidente ... 21 

ALLEGATO: Documentazione depositata dall'associazione Memorial International ... 22

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Coraggio Italia: CI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Alternativa: Misto-A;
Misto-MAIE-PSI-Facciamoeco: Misto-MAIE-PSI-FE;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento ADC: Misto-NcI-USEI-R-AC;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
LAURA BOLDRINI

  La seduta comincia alle 11.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati, sia in lingua russa, sia in lingua italiana.
  L'odierna audizione sarà svolta consentendo la partecipazione da remoto delle deputate e dei deputati, secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento nella riunione del 4 novembre 2020.

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti dell'associazione Memorial International .

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'impegno dell'Italia nella comunità internazionale per la promozione e tutela dei diritti umani e contro le discriminazioni, l'audizione di rappresentanti dell'associazione Memorial International.
  Anche a nome dei componenti del Comitato, saluto e do un particolare benvenuto alla Direttrice Generale di Memorial International, Lena Zhemkova, che è collegata in videoconferenza da Mosca. Saluto e ringrazio per la disponibilità a prendere parte ai nostri lavori il dottor Andrea Gullotta, presidente di Memorial Italia, e la dottoressa Francesca Gori, già presidente dell'associazione.
  Memorial International, con il relativo centro per i diritti umani, nasce a Mosca negli anni '80 con la finalità originaria di preservare la memoria delle vittime delle repressioni staliniste, per poi attestarsi come la ong russa più autorevole per la promozione della memoria storica ed il monitoraggio sullo stato dei diritti umani e delle libertà fondamentali in Russia.
  Il 28 dicembre scorso, facendo seguito alla richiesta della Corte suprema della Federazione Russa, è stata decretata la liquidazione forzata delle organizzazioni non governative che fanno capo a Memorial International a causa di presunte violazioni della legge sugli «agenti stranieri».
  L'indomani, a seguito della richiesta di scioglimento avanzata dal tribunale di Mosca, viene chiuso anche il Centro per i diritti umani, con la grave accusa di sostenere gruppi terroristici. A noi capita, in questo Comitato, di ascoltare soggetti accusati proprio di terrorismo.
  Per decenni il gruppo di ong Memorial, nato grazie alle idee e al lavoro di Andrej Sacharov ed insignito del Premio per la libertà di pensiero 2009 del Parlamento europeo, si è battuto per indagare e raccogliere testimonianze sui reati commessi dal regime sovietico contro la propria popolazione e contro i popoli di altri Paesi, ma anche per un impegno civico attivo a favore dei diritti umani e della protezione delle vittime e dei gruppi vulnerabili.
  Tra le altre cose, Memorial ha compilato un'impressionante banca dati relativa a 40 mila ufficiali delle forze di sicurezza interna dell'Unione sovietica e ha documentato i crimini da essi commessi; ha svolto un ruolo importante nella ricerca di documenti e dati sul massacro di Katyn in Polonia del 1940; è una delle ultime organizzazioni rimaste che continuano ad occuparsi dei diritti umani in Cecenia, dove il leader locale sostenuto dal Cremlino, Pag. 4Ramzan Kadyrov, sopprime senza scrupoli qualsiasi forma di dissenso, ricorrendo ad una forma brutale di repressione.
  La decisione di liquidare queste importanti ong arriva dopo anni di persecuzione a danno delle stesse organizzazioni, come l'uccisione nel 2009 della ricercatrice Natal'ja Estemirova e l'incarcerazione per motivi politici di Oyub Titiev, capo dell'ufficio del Centro dei diritti umani in Cecenia, e di Yuri Dmitriev, storico russo specialista nella storia dei gulag.
  La stessa legge sugli agenti stranieri russi, adottata nel 2012 ed estesa lo scorso anno dal Parlamento russo in modo da essere applicabile a qualsiasi critico o attivista pubblico, è stata utilizzata dalle autorità russe per facilitare la repressione della società civile indipendente, prendendo di mira ong, difensori dei diritti umani, giornalisti, avvocati, attivisti per i diritti delle donne e delle persone LGBTQ+ (lesbiche, gay, bisessuali e transgender), nonché attivisti ambientali. A partire dal 2012, nel registro degli agenti stranieri sono finite tutte le organizzazioni principali, le testate giornaliste scomode per l'attuale élite politica russa.
  Contro la liquidazione di Memorial si sono espressi il Parlamento europeo e, con una dichiarazione congiunta, l'Unione europea, gli Stati Uniti, il Canada e il Regno Unito; lo stesso ha fatto anche la Segretaria Generale del Consiglio d'Europa Marija Pejčinovic Burić.
  Per parte sua il Governo italiano, in risposta ad una interrogazione della collega Lia Quartapelle discussa nella seduta del 21 dicembre scorso, ha ribadito l'impegno a seguire ogni sviluppo della situazione, contribuendo a tenere alta l'attenzione della comunità internazionale attraverso l'attività delle competenti organizzazioni internazionali, a partire dal Consiglio d'Europa, del cui Comitato dei Ministri l'Italia detiene attualmente la presidenza.
  Forniti questi elementi di contesto, mi fa piacere dare la parola al dottor Gullotta affinché svolga il Suo intervento, in circa dieci minuti. A Lei la parola.

  ANDREA GULLOTTA, presidente di Memorial Italia (intervento da remoto). Grazie mille e buongiorno. Onorevole presidente, onorevoli deputati, vi ringrazio a nome di Memorial Italia e di Memorial International per l'invito ad illustrare al vostro Comitato le vicende legate alla chiusura di Memorial Internazionale, decretata dalla Corte suprema della Federazione russa lo scorso 28 dicembre.
  Memorial nasce negli anni della perestroika. La stagione di riforme volute da Michail Gorbačëv permette per la prima volta di affrontare pubblicamente il trauma del gulag, il sistema dei campi di concentramento sovietico nei quali furono rinchiusi non meno di 20 milioni di persone, nonché i crimini di Stato compiuti lungo tutto il periodo sovietico, in particolare durante lo stalinismo.
  Nel breve volgere di pochi mesi in decine di città dell'URSS si hanno momenti di riflessione e di commemorazione, durante i quali i cittadini che fino a quel momento non avevano mai potuto parlare dell'esperienza dei gulag portano in piazza le fotografie e le lettere delle vittime.
  Nel 1987 si costituisce a Mosca il primo nucleo di Memorial, formato da intellettuali, dissidenti e cittadini comuni, tra cui Arsenij Roginskij, che sarà presidente di Memorial dal 1998 al 2017. Nasce un progetto che prevede, attraverso una raccolta di firme, la realizzazione di un complesso memoriale – da cui il nome all'associazione – costituito non solo da un monumento alle vittime, ma da un museo, una biblioteca, un archivio, e un centro studi sulla storia del periodo sovietico.
  La prima apparizione ufficiale di Memorial avviene nel luglio del 1988, a Mosca. L'evento registra una straordinaria partecipazione. Tra i relatori figura Andrej Sacharov, premio Nobel per la pace nel 1975, che diviene presto la più autorevole figura di riferimento di Memorial nei primi anni della sua attività ed il primo presidente onorario.
  È in questi anni che inizia la progressiva apertura degli archivi sovietici, i cui documenti Memorial deve integrare con i ricordi familiari delle vittime. Memorial inizia quindi a raccogliere le testimonianze delle repressioni attraverso interviste ai sopravvissuti,Pag. 5 ai parenti delle vittime ed a vari testimoni, una straordinaria operazione di raccolta e di elaborazione di storie orali.
  Il 28 e il 29 gennaio del 1989 si tiene a Mosca la Conferenza organizzativa di Memorial, anche se l'autorizzazione ufficiale a costituirsi in associazione arriva solo nel gennaio del 1990, subito dopo la morte improvvisa di Sacharov.
  Il 30 ottobre 1990 in piazza Lubjanka, di fronte alla sede del KGB, viene collocato un enorme masso trasportato dalle isole Solovki, nel Mar Bianco, considerato il primo campo del vasto arcipelago dei gulag.
  Gli archivi di Memorial intanto si arricchiscono: le varie sedi di Memorial presenti sul territorio russo vengono inondate di materiali portati da reduci dei gulag o da loro parenti e amici. Oltre a centinaia di memorie e opere letterarie scritte dalle vittime emergono oggetti personali, artefatti ed opere d'arte. Gli archivi accolgono questi materiali, come il pezzo di stoffa ricamato con dei fiammiferi in un carcere di isolamento da Jadviga Dmitrieva – che mostro nella slide numero 6 – fucilata nel 1937, dato alla propria figlia poco prima dell'esecuzione; o le lettere scritte da Aleksej Vangengejm – presenti nella slide numero 7 – inventore della meteorologia sovietica, che fu arrestato nel 1933, rinchiuso nel campo delle isole Solovki e fucilato a Sandormoch nel 1937, lettere in cui lo studioso includeva le lezioni di scienze per la propria figlia, Eleonora.
  Gli storici di Memorial si adoperano per ottenere migliaia di fotocopie dell'archivio del KGB, che verrà richiuso poco tempo dopo, rendendo i materiali presenti nell'archivio di Memorial gli unici disponibili per costruire alcune dinamiche fondamentali riguardo al funzionamento dello Stato sovietico.
  Accanto al lavoro di ricerca ed interpretazione delle fonti le varie sedi organizzano progetti educativi, corsi, spedizioni di ricerca e una grande quantità di iniziative volte a promuovere una cultura democratica della memoria in Russia.
  Grazie a Memorial viene creato l'unico museo sul sito di un campo di concentramento in Russia, quello di Perm'-36, dismesso dallo Stato sovietico nel 1987 e restaurato dai volontari di Memorial fino alla sua apertura, nel 1995.
  Gli anni Novanta segnano però l'inizio di una fase di contrasto con il potere. Le tensioni dovute al crollo dell'Unione sovietica e ai numerosi cambiamenti sociopolitici da esso scatenati mettono il recupero della memoria delle vittime dei gulag in secondo piano. Nel volgere di pochi anni Memorial si trova prima isolato e privato del sostegno economico necessario per portare avanti i propri progetti e poi attaccato per il crescente interesse verso il monitoraggio dei diritti umani.
  Infatti, nel 1991 viene fondato il Centro per i diritti umani permanente presso Memorial, il primo in assoluto nella storia del Paese. Le vicende belliche in Cecenia vedono gli attivisti di Memorial in primissima linea, in particolare Sergej Kovalëv, presidente della Commissione per i diritti umani della Duma dal 1990 al 1994 e poi difensore civico per i diritti umani di El'cin. Le sue relazioni, che denunciano gravi violazioni dei diritti umani in Cecenia, lo espongono ad attacchi violenti, che lo costringono alle dimissioni nel 1995. Kovalëv continua poi a lavorare sul campo assieme agli attivisti di Memorial, tra cui dissidente sovietico Andrej Mironov, che continuerà la sua attività in difesa dei diritti umani fino alla sua morte, avvenuta insieme al giornalista italiano Andrea Ronchelli il 24 maggio 2014 a Slovjansk.
  Memorial prosegue intanto il lavoro di ricerca sul campo: grazie a tre suoi attivisti – Venjamin Iofe, Irina Flige e Yuri Dmitriev – e al supporto del deputato della Duma Ivan Čuchin, nel 1997 viene scoperta la fossa comune di Sandormoch, dove negli anni Trenta erano state fucilate più di 7 mila persone di sessanta nazionalità adesso diverse. Negli anni Sandormoch diventa un cimitero memoriale, in cui i discendenti delle vittime appendono agli alberi le foto dei propri cari e delegazioni nazionali erigono monumenti alle vittime.
  Negli anni Novanta, non avendo più accesso a fondi statali, Memorial si trova costretto a cercare finanziamenti al di fuori della Russia per proseguire le proprie attività.Pag. 6 In questi anni Memorial avvia numerosi progetti educativi, tra cui un concorso scolastico inaugurato nel 1999, che vede negli anni la partecipazione di centinaia di studenti.
  Gli anni Duemila sono segnati dall'inasprirsi delle tensioni tra Memorial e il potere. L'omicidio della giornalista Anna Politkovskaja inaugura una stagione di omicidi che non risparmia Memorial: il 15 luglio 2009 viene rapita e brutalmente uccisa a Grozny Natal'ja Estemirova, attivista di Memorial, membro del direttivo del Centro per i diritti umani.
  A partire dal 2012 il cerchio intorno a Memorial e, più in generale, alla società civile russa, inizia a chiudersi. Infatti, viene approvata dalla Duma la legge sugli agenti stranieri, che impone a tutte le organizzazioni impegnate in attività politiche e destinatarie di finanziamenti dall'estero di essere iscritti in un registro speciale.
  Memorial, costretta come tantissime ong russe a ottenere fondi all'estero, diviene presto vittima della legge. Nel 2014 viene iscritto nel registro degli agenti stranieri il Centro per i diritti umani, nel 2015 la sede pietroburghese e nel 2016 tocca a Memorial Internazionale. L'iscrizione nel registro, alla quale Memorial si oppone apertamente, comporta una serie di restrizioni e multe che ne ostacolano l'attività.
  Contestualmente, varie testate giornalistiche conducono diverse campagne diffamatorie contro Memorial, che provocano attacchi e minacce sempre maggiori, mentre la riabilitazione di Stalin in Russia porta all'inaugurazione di decine di statue del dittatore in ogni angolo della Federazione.
  Segno del cambiamento dei tempi è ciò che succede a Perm'-36: il consiglio d'amministrazione dell'unico museo sito in un ex campo sovietico viene sciolto dalle autorità locali nel 2014 e affidato ad una nuova direzione...

  PRESIDENTE. Dottor Gullotta, mi scusi un secondo. Abbiamo un problema tecnico per mostrare le slides. Siccome Lei va molto veloce, facciamo fatica a seguire con le slides. Le chiedo se ci dà un secondo per rimettere le slides. Riprendiamo. Mi dispiace di averLa interrotta. Prego.

  ANDREA GULLOTTA, presidente di Memorial Italia (intervento da remoto). Certo, ha fatto bene a dirmelo. Riparto da quello che stavo dicendo. Contestualmente varie testate giornalistiche conducono diverse campagne diffamatorie contro Memorial, che provocano attacchi e minacce sempre maggiori, mentre la riabilitazione di Stalin in Russia porta all'inaugurazione di decide di statue del dittatore in ogni angolo della Federazione.
  Segno del cambiamento dei tempi è ciò che succede a Perm'-36: il consiglio d'amministrazione dell'unico museo sito in un ex campo sovietico viene sciolto dalle autorità locali nel 2014 e affidato ad una nuova direzione che lo riorganizza radicalmente, facendolo apparire meno critico nei confronti di Stalin.
  Dopo decenni di mancata attenzione al tema della memoria del gulag, il Governo decide di fare un notevole sforzo per occuparsene. Nel 2015 viene aperta a Mosca la nuova enorme sede del Museo di storia del gulag (slide n. 21), precedentemente ospitato in un piccolo appartamento moscovita. La collezione del Museo viene creata mettendo insieme reperti ritrovati negli archivi statali e in quelli di alcune associazioni. Memorial non si sottrae al compito di preservare la memoria e contribuisce alla creazione del Museo, ma ne esce poco dopo l'inaugurazione a causa dell'organizzazione dell'esposizione.
  Nel 2016 viene aperto sotto gli auspici del presidente un fondo per la memoria consacrato al gulag. Nel 2017 viene inaugurato un maestoso monumento alle vittime delle repressioni sovietiche, il «Muro del dolore».
  Mentre lo Stato investe sulla memoria del gulag, singoli ricercatori e attivisti vengono colpiti. Nel dicembre del 2016 lo storico Yuri Dmitriev viene arrestato con l'accusa di pedofilia. È evidente sin dall'inizio che le accuse siano false, come peraltro confermato dai numerosi esperti chiamati a valutare il caso. Nonostante ciò, Dmitriev viene condannato a quindici anni di detenzione in una colonia penale, al Pag. 7termine di una vicenda giudiziaria segnata da numerose violazioni del diritto alla difesa che hanno portato ad un ricorso presso la Corte europea per i diritti dell'uomo.
  Parallelamente alla vicenda di Dmitriev, Sandarmoch diventa teatro di un caso eclatante di revisionismo. La teoria di due storici locali, secondo la quale a Sandarmoch sono sepolti i prigionieri di guerra sovietici – teoria non suffragata da documenti in archivio e considerata infondata dall'intera comunità scientifica –, porta alla decisione di inviare a Sandarmoch la Società storica militare russa per effettuare scavi nelle fosse comuni e riesumare alcuni corpi, nel tentativo di riscrivere la storia del luogo.
  Il clima di pressione su Memorial vede un'improvvisa svolta nelle ultime settimane. L'11 novembre 2021 la Corte suprema della Federazione Russa chiede la chiusura di Memorial Internazionale per violazione delle leggi sugli agenti stranieri. Pochi giorni dopo una simile richiesta di chiusura proviene da un tribunale cittadino moscovita per il Centro per i diritti umani, con l'accusa di sostenere gruppi terroristici. Entrambi i processi si concludono nel giro di poche settimane. Il 28 dicembre, all'indomani della terza sentenza a Dmitriev, Memorial Internazionale viene chiusa e il giorno successivo tocca al Centro per i diritti umani.
  L'intero patrimonio storico, sociale, culturale, memoriale e di ricerca di Memorial rischia oggi di essere per sempre eliminato. È un patrimonio dal valore universale. Infatti, la questione di Memorial non riguarda la solo Russia, ma investe valori fondamentali per la democrazia, valori nei quali la nostra Repubblica si riconosce.
  L'universalità del lavoro di Memorial è stata riconosciuta da numerosi premi internazionali ricevuti – oltre a quello citato dalla presidente, vorrei citare anche la nomina per il Premio Nobel per la pace nel 2014 – e anche dall'attività di ricerca fatta da studiosi di tutto il mondo negli archivi dell'associazione. È grazie agli archivi di Memorial Internazionale che è stato possibile ricostruire la vicenda delle vittime italiane del gulag, che poi è confluita in una banca dati che è ospitata sul sito di Memorial Italia.
  In conclusione, onorevole presidente e onorevoli deputati, la nostra associazione esprime la propria preoccupazione per gli eventi degli ultimi mesi e per il destino di Memorial e dei propri attivisti, in particolare per i colleghi del Centro per i diritti umani, che possono incorrere in conseguenze penali, visto il carattere delle accuse mosse nei confronti del Centro.
  La nostra preoccupazione aumenta di fronte al tentativo, che a noi sembra evidente, di mettere sotto controllo la memoria del gulag da parte del Governo russo. Prova di ciò sono le parole pronunciate in sede di conclusione del dibattito sulle liquidazioni di Memorial Internazionale dall'ufficio del Procuratore Generale, che ha accusato Memorial Internazionale di interpretare scorrettamente la storia sovietica, creare una falsa immagine dell'URSS, raffigurandola come stato terrorista, e lanciare critiche contro gli organi del potere.
  È da anni in corso in Russia una guerra di memoria sui gulag. Dopo aver ignorato a lungo ong e ricercatori è nato un tentativo di invadere quello spazio indipendente basato sulla valutazione oggettiva dei documenti d'archivio creato da Memorial, uno spazio che è difficile inquadrare all'interno di una retorica mirata a sottolineare i grandi traguardi storici raggiunti dalla Russia.
  Durante la cerimonia di inaugurazione del monumento alle vittime del gulag nel 2017, il Presidente Putin ha detto che il gulag «è un tragico periodo della nostra storia» che «deve essere ricordato», ma che «ciò non può portare a un regolamento di conti.» Non sembra un caso, quindi, che venga colpita Memorial, che ha pubblicato i nomi dei responsabili degli orrori del gulag chiedendo giustizia per le vittime, e che continua la sua attività di denuncia dei crimini sovietici con i suoi progetti, come Poslednyj adres («l'ultimo indirizzo»), grazie al quale vengono affisse placche commemorative nei palazzi di ultima residenza delle vittime del grande terrore staliniano. Lo scorso 28 febbraio del 2021 è stata affissa la placca in memoria dell'italiano Pag. 8Alice Negro, morto nel 1944 in un campo sovietico.
  È notizia recente che lo Stato voglia creare una propria banca dati sulle vittime del gulag, replicando quella creata da Memorial, contenente i nomi di centinaia di milioni di vittime. Pare evidente come sia in atto un tentativo di riscrivere la storia e riconquistare il monopolio sulla memoria del gulag, anche a costo di riesumare i corpi delle vittime. Gli eventi recenti inducono a pensare che le dinamiche che hanno storicamente portato al totalitarismo in Russia, e che Memorial ha studiato a lungo, possano ripetersi. È anche per questo che il lavoro di Memorial internazionale va difeso. Vi ringrazio per l'attenzione.

  PRESIDENTE. La ringrazio, dottor Gullotta, per questa dettagliata relazione. Adesso darei la parola alla dottoressa Lena Zhemkova, che è collegata da Mosca. Dottoressa Zhemkova, riesce a sentirmi?

  LENA ZHEMKOVA, Direttrice Generale di Memorial International (intervento da remoto). Sì, la sento. Grazie. Desidero, per l'appunto, iniziare con parole di gratitudine: non solo di gratitudine per la possibilità di intervenire in questa riunione, ma in generale di gratitudine nei confronti di persone molto diverse tra loro, di diverso livello, a partire da eminenti e noti scienziati, scrittori e politici che appoggiano l'attività di Memorial, per arrivare alle persone più comuni, quali siamo noi, membri di Memorial. Noi apprezziamo molto questo appoggio e lo sentiamo vicino.
  Una domanda che ci rivolgono spesso è se per noi non sia pericolosa la nostra attività e se non sia pericoloso, se non ci ostacoli avere un certo sostegno. Vi dico subito di no, nessun sostegno ci può ostacolare e nulla per noi è pericoloso. Al contrario, il nostro auspicio è proprio quello di avere l'appoggio e il sostegno delle persone comuni qui in Russia, per le quali il nostro lavoro è importante, e auspichiamo anche ci sia un'attenzione internazionale al nostro lavoro e a quanto succede attorno al nostro lavoro. Questa è la prima cosa che volevo dirvi.
  Poi, vorrei parlarvi della situazione attuale, in che momento siamo e cosa sta succedendo. Il mio collega Andrea vi ha parlato delle decisioni sulla chiusura di Memorial che sono state adottate gli ultimi giorni di dicembre. In questo momento, i nostri legali stanno preparando un ricorso in appello. Il ricorso va presentato entro il 27 gennaio, cosa che faremo. Dopodiché ci verrà comunicata la data dell'udienza.
  Certamente ci domandiamo: «Quale sarà l'esito? Quale sarà la sentenza?». Tuttavia, dobbiamo tener conto della pesante campagna di propaganda che è in corso contro di noi, il cui scopo è il tentativo di denigrare, di infangare i grandi e importanti risultati e il grande lavoro che svolgiamo ormai da trent'anni. Si tenta, ad esempio, di dire che la nostra banca dati è sbagliata – parliamo di una banca dati con tre milioni di nomi – si cerca di dire che contiene errori e che vi sono inclusi dei criminali nazisti e via dicendo. Sebbene a tutto ciò noi diamo risposte dettagliate e fondate, capite bene come funziona la propaganda. È una propaganda che mira ad infangare i risultati del nostro lavoro pluriennale. È una situazione molto difficile.
  La cosa importante è – come abbiamo sentito nell'ultima udienza – che Memorial viene chiusa ed è stata chiusa adducendo motivazioni formali, ma il Procuratore, nel corso dell'udienza, ha detto in maniera molto chiara quella che è la vera ragione per cui voleva e ha preteso di chiudere Memorial.
  Infatti, ha detto molto esplicitamente che alla sua Procura e a queste autorità non piace come noi lavoriamo sul passato. Noi vogliamo che le persone non dimentichino i crimini del passato, ma il Procuratore ha detto: «A noi non piace che voi costringiate la generazione dei vittoriosi, la generazione degli eredi di coloro che hanno vinto la Seconda guerra mondiale, a noi non piace che costringiate tutti noi a ricordare i crimini». Ma questa è proprio la differenza fondamentale. Noi infatti, è vero, riteniamo che sia importante per il futuro della Russia ricordare non soltanto i giorni radiosi, non soltanto le vittorie, noi riteniamo sia fondamentale ricordare anche i Pag. 9crimini che sono stati commessi, poiché siamo convinti che questa sia la base per permettere che questi crimini non si ripetano nel presente e nel futuro. È un vero peccato che i rappresentanti della Procura la pensino in maniera diversa. Ecco perché non è difficile immaginare l'esito della prossima udienza.
  Volevo dire un'ultima cosa su quello che succederà dopo, perché un'altra domanda che spesso ci rivolgono è: «Che ne sarà della vostra vita e del vostro lavoro?». Voglio sottolineare che è evidente che avremo grandissime difficoltà, perché questo è un pesante e duro colpo non solo contro il lavoro che abbiamo svolto o contro le collezioni che abbiamo creato e i materiali che abbiamo raccolto, ma soprattutto contro le persone, questi esperti unici che si sono raccolti attorno a Memorial e – cosa ancora più importante – è un duro colpo alla memoria del nostro Paese, alla memoria della Russia.
  La risposta a questo e la speranza che abbiamo è che comunque sia la memoria del passato, la memoria dei crimini del regime stalinista, così come gli esiti della Seconda guerra mondiale, non vengano né possano essere privatizzati dalla Federazione Russa. Non è una questione che riguarda solo la Russia. La nostra memoria, compresa la memoria delle repressioni, supera i confini della Russia e non riguarda solo la Russia.
  Abbiamo questo ampio appoggio dalle persone comuni in Russia, che, nonostante capiscano quanto sia pericoloso e abbiano timore ad esprimere parole di sostegno in Russia a nostro favore, fanno comunque sentire la propria voce. La voce di queste persone, così come l'attenzione della comunità internazionale e l'attenzione che vediamo oggi da voi – che nonostante gli impegni siete qui ad ascoltarci – per noi è un motivo di speranza e di questo vi ringrazio davvero dal profondo del cuore.
  Noi proseguiremo il nostro lavoro, un lavoro di memoria che va al di là anche della nostra organizzazione. Questo certamente non si fermerà. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, Direttrice Zhemkova, per le Sue parole e per quanto ci ha evidenziato. Passerei la parola ai colleghi e alle colleghe che si sono prenotate per intervenire. La prima ad intervenire è la deputata Lia Quartapelle. Prego.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Ringrazio molto Andrea Gullotta e la Direttrice di Memorial Internazionale per la testimonianza. Credo che questa sia una testimonianza molto importante in questa sede parlamentare, così come la scelta di audire Memorial successivamente al processo è anche la testimonianza di quanto il Parlamento italiano abbia seguito con regolarità tutte le fasi del peggioramento della situazione intorno a Memorial negli ultimi anni, e negli ultimi mesi in particolare.
  Ho due questioni da porre. La prima riguarda il patrimonio di Memorial: che cosa può fare l'Italia per sostenere tutto quello che Memorial Internazionale e Memorial Italia stanno facendo per preservare il patrimonio di Memorial? Questa è la prima domanda.
  La seconda domanda è più una considerazione: nella relazione di Andrea Gullotta si vede esattamente come agiscono i regimi quando vogliono cambiare la storia e quando vogliono sopprimere le voci indipendenti che cercano di dare una ricostruzione dal basso di quella che è stata la storia e di quella che è la lotta per i diritti umani. È quasi un libro su come agiscono i regimi e credo che per noi sia un memento rispetto a tante altre cose che stanno avvenendo in Russia e in tanti altri Paesi, proprio con la stessa modalità: come si fa il vuoto intorno alle organizzazioni, come si attaccano inizi di attività, come si crea una storia alternativa e come alla fine si dà il colpo finale con degli attacchi di carattere giudiziario.
  Questa testimonianza non andrà perduta e credo che da parte del nostro gruppo politico, il Partito democratico, ma non solo – credo che interverranno altri colleghi, di altri gruppi politici –, continueremo a seguire questa vicenda, l'appello e tutto quello che seguirà e continueremo a chiedere che il Governo italiano si impegni perché l'esperienza straordinaria di Memorial, testimoniata ancora una volta dalle Pag. 10audizioni di oggi, non vada perduta. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio l'onorevole Quartapelle. È scritto a parlare il deputato Berti, da remoto. Prego.

  FRANCESCO BERTI(intervento da remoto). Buonasera. Ringrazio gli esponenti di Memorial per la loro appassionata e sentita testimonianza. L'Italia è sicuramente con voi nella difesa della memoria comune delle atrocità che sono state commesse.
  Volevo chiedere due cose precise. In primo luogo è stato interessante sentire come questa progressiva persecuzione dell'istituto va di pari passo ad una riscrittura della glorificazione della figura di Stalin. Volevo chiedere come viene percepita questa cosa dal russo medio, dalla persona che viene esposta a questo doppio binario di riscrittura della memoria.
  In secondo luogo, l'altro tema è che, come parzialmente ha detto la collega Quartapelle, la documentazione ha poi un aspetto fisico e materiale. La chiusura dei Centri come impatta sulla salvaguardia fisica dei dispositivi, dei registri, degli archivi, delle foto, dei documenti e degli altri materiali? Cosa si può fare a livello internazionale e nazionale per salvaguardarli? Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. È iscritto a parlare il deputato Andrea Romano, da remoto. Prego.

  ANDREA ROMANO(intervento da remoto). Grazie, presidente. Grazie per questa convocazione, che trovo molto opportuna e molto urgente anche per la sua collocazione. È giusto audire Memorial non nella Commissione cultura, ma nella Commissione esteri, perché in questo caso non parliamo soltanto del grande patrimonio archivistico che Memorial ha saputo raccogliere in questi anni, ma parliamo essenzialmente di un tema che attiene ai rapporti tra la Federazione Russa e la comunità internazionale.
  Ho due punti, ma voglio fare questa premessa – spero non lunga – per poi affrontare un tema che riguarda la nostra politica estera.
  Intanto, come sanno gli storici, la gran parte delle vittime dei gulag erano accusati di connivenza con il nemico, di connivenza con l'Occidente e di essere agenti di potenze straniere, tali e quali come vengono mosse le accuse all'associazione Memorial.
  Purtroppo, questo ci richiama una costante dell'identità russa – prima sovietica, prima ancora pre-sovietica e oggi post-sovietica – nei confronti della comunità internazionale, ovvero la sindrome dell'accerchiamento, l'ossessione di essere infiltrati e la tendenza del potere in molte fasi della storia recente e meno recente di considerare la critica al potere espressione di connivenza con potenze straniere.
  Perché faccio questa premessa? Perché il tema di Memorial si tiene insieme alla riflessione sulla politica estera russa, soprattutto in un momento come questo, quando guardiamo con preoccupazione – comunque la si pensi – a focolai di crisi come quello che riguarda, per esempio, la Russia e l'Ucraina.
  Dico questo perché l'attacco a Memorial è molto preoccupante, poiché segna un ritorno del potere russo ad un classico, purtroppo, di quello che è stato il totalitarismo sovietico e che potrebbe essere una nuova forma di totalitarismo anche nel caso del regime putiniano, che chiama in causa anche la nostra politica estera, perché laddove noi solleviamo, come stiamo facendo nella Commissione esteri e come fa il Partito democratico – ho molto apprezzato l'intervento della collega Quartapelle – il tema dei diritti umani, lo solleviamo guardando all'esigenza di costruire un sano rapporto relativo ai diritti umani, ma anche un sano rapporto con la Federazione Russa. La ricostruzione del rapporto di fiducia con la Federazione Russa passa anche per la sollecitazione che deve muovere anche il nostro Paese nei confronti della Federazione Russa a rispettare maggiormente i diritti umani: oggi, nel 2022, ma anche nella storia russa novecentesca, perché la difesa dei diritti umani non ha confini cronologici.Pag. 11
  Vengo alla mia domanda, che è rivolta ad entrambi gli interlocutori. La domanda è questa: vi siete sentiti sostenuti dall'Italia, dal Governo italiano, nelle varie fasi della vicenda giudiziaria recente? Come abbiamo anche sottolineato e come hanno fatto il Partito democratico e la collega Quartapelle, io ho trovato molto discutibile, per esempio, che non vi fossero rappresentanti diplomatici italiani alle udienze durante le quali la vicenda di Memorial è stata discussa dalla Procura russa. Vi erano rappresentanti di altre diplomazie europee, ma non vi erano i rappresentanti della diplomazia italiana. Questo è stato un limite che noi abbiamo sottolineato.
  Questa vicenda si è chiusa almeno per una fase, ma la domanda che faccio ai rappresentanti di Memorial è: secondo voi cosa deve la politica estera italiana, al di là della solidarietà che stiamo esprimendo tutti e che continueremo ad esprimere, ed il Governo italiano per dare maggiore concretezza a questo sostegno in vista delle prossime tappe? Grazie.

  PRESIDENTE. La ringrazio, deputato Romano. Collega Formentini, intende intervenire? Prego.

  PAOLO FORMENTINI. Grazie, presidente. Ritengo sia un dovere di tutti noi tenere viva la memoria di ciò che è stato quel grande crimine così ben descritto da Solženicyn in Arcipelago Gulag, quella repressione del 1937 e 1938. Ha fatto benissimo a citare le fosse di Katyn, che per anni furono attribuite ai nazisti, ma dal 1990 finalmente si sa che furono una responsabilità dell'Unione sovietica: più di 22 mila ufficiali polacchi, politici e industriali, tutta la cosiddetta «intellighenzia» fu uccisa, sterminata, massacrata. Queste furono quelle tremende purghe, le deportazioni, le isole Solovki.
  Non dobbiamo dimenticare, bensì dobbiamo sostenere chi aiuta a ricordare, perché solo così l'Occidente, che oggi sembra addormentato rispetto all'avvento di un regime comunista sulla scena globale, come il regime comunista cinese, potrà risvegliarsi. Questo farà senz'altro bene anche alla Russia, che deve bene aver presente che cosa voglia dire quella possibile o concreta alleanza con la Cina comunista.
  La storia non si cancella, non si può cancellare e non si può cancellare per sentenza. Questo è sempre vero. Anche il nostro impegno sarà in questa direzione, nel sollecitare tutte le Istituzioni italiane preposte a difendere la verità della storia, ricordando anche gli studi di Ernst Nolte, che ha così ben descritto, nella propria opera di una vita, come si assomigliassero in fondo il pensiero nazionale bolscevico e il pensiero nazista, nazionalsocialista. Non dimentichiamo, perché, se non c'è memoria, non ci può essere futuro.

  PRESIDENTE. Grazie. Sono intervenuti tutti i colleghi. Mi vorrei unire anch'io alle domande. Intanto mi unisco ai ringraziamenti per questa occasione che c'è stata offerta di audire chi fa della memoria la principale attività in un contesto come la Russia. L'associazione Memorial, a cavallo tra il passato e il presente, ricostruisce una memoria storica che sia in linea con le testimonianze raccolte e dall'altra parte monitora che oggi i diritti umani in Russia vengano rispettati.
  Mi chiedo, e chiedo a voi: oggi quali sono in Russia le minacce più pericolose riguardanti i diritti umani? Quali sono i soggetti più a rischio? Come si è arrivati al fatto di cancellare il Centro che si occupa dei diritti umani? Che cosa sottende questa decisione? Qual è l'interesse del Governo russo, di Putin – il Presidente – nel fare questo?
  Noi siamo in un Paese in cui ci sono esponenti politici che ammirano Putin, considerandolo un riferimento. Per questo motivo noi vorremmo capire meglio come agisce invece nella realtà russa in merito alla tutela dei diritti umani, perché da quello che ci avete detto – che chiaramente non è tutto – siamo di fronte ad un'enorme minaccia verso le libertà civili, la libertà d'espressione e anche la libertà di ricostruire la storia in base ai dati oggettivi. Da quello che voi ci dite si sta tentando di riscrivere la storia.
  Vorrei avere da voi qualche informazione aggiuntiva rispetto a che cosa rischia Pag. 12oggi in Russia chi si occupa di diritti umani e se ci sono ancora soggetti preposti a questo, dopo che il vostro Centro è stato chiuso. Grazie.

  LENA ZHEMKOVA, Direttrice Generale di Memorial International (intervento da remoto). Grazie. Le domande erano tante e tutte importanti. Sarebbe bello poter rispondere a tutte nel dettaglio, ma il tempo non ce lo permette, quindi procederò a blocchi.
  Innanzitutto, la questione della conservazione fisica delle collezioni e cosa si fa a tal proposito qui in Russia. Una questione davvero importante. Spesso i propagandisti russi, nell'accusare Memorial o altre organizzazioni – ma Memorial in particolare – sostengono che noi percepiamo denaro dall'estero perché, ci dicono: «In Russia il vostro lavoro non serve a nessuno e in Russia nessuno vi vuole sostenere con donazioni». Ovviamente è una menzogna, perché noi in realtà riceviamo sostegno in denaro e soprattutto ci sostiene il lavoro dei volontari. Ma certamente le persone in Russia hanno più difficoltà a sostenerci, perché hanno paura.
  Il compito molto importante che abbiamo ora è quello di conservare le nostre collezioni che, peraltro, non appartengono a Memorial Internazionale e quindi non sono sotto diretta minaccia. Tuttavia, Memorial Internazionale comunque garantiva un importante spazio attrezzato proprio per le collezioni e il lavoro dei collaboratori. Ora che Memorial Internazionale non ci sarà più, tutto ciò sarà molto difficile.
  Per questo il nostro compito ora, in Russia, è di annunciare una raccolta fondi e con questa raccolta di fondi russi possiamo rispondere ai propagandisti dimostrando che il nostro lavoro qui è importante e necessario. Questo è il primo punto. Sono sicura che ci riusciremo e sono sicura che le nostre collezioni fisicamente verranno conservate.
  Come ci potete aiutare concretamente? Rispondendo in senso generale, è molto importante che coloro che non si trovano in Russia aiutino le persone in Russia a non cedere alla paura.
  Parlando in termini pratici, aiutate Memorial Italia, aiutatela in quel lavoro che già sta portando avanti. Per noi è molto importante far sì che i materiali raccolti e quello che facciamo siano conosciuti e compresi in Occidente. Per esempio, la maggior parte dei nostri materiali sono in russo e quindi sono molto importanti le traduzioni, sono molto importanti le pubblicazioni. Abbiamo pronte delle mostre molto belle, alcune delle quali sono già state esposte in Italia, però questo lavoro può e deve essere proseguito.
  Dovete aiutare in maniera pratica le persone in Occidente a percepire e a capire meglio il lavoro così importante e prezioso che facciamo non solo per la Russia, ma per tutto il mondo. Questo sarà possibile quando non solo le persone in Russia, ma anche in Occidente capiranno cosa abbiamo raccolto.
  Noi adesso stiamo digitalizzando i nostri archivi e questo archivio digitale è un patrimonio mondiale, non è un patrimonio solo russo. Il nostro compito comune è far sì che le persone di tutto il mondo possano utilizzarlo. Quindi, alla vostra domanda su come aiutarci vi rispondo: «Aiutando Memorial Italia».
  Avete posto la questione dei diplomatici: certamente il ruolo dei diplomatici è estremamente importante. I diplomatici sono quelle persone incaricate di esprimersi e di rappresentare un intero Paese. Qualsiasi passo diplomatico, spesso anche simbolico, per noi è importante.
  Quando i diplomatici italiani partecipano all'iniziativa della «Restituzione dei nomi» nel centro di Mosca, in cui vengono letti i nomi dei fucilati e vengono portati cesti di fiori a nome di tutto il popolo italiano al Monumento alle vittime delle repressioni sovietiche, osservando un minuto di silenzio, è difficile sopravvalutare l'importanza di un passo simbolico del genere. Quando un'università italiana attribuisce un premio simbolico ad un ricercatore di Memorial per una sua specifica ricerca, questo non resta noto solo in Italia, ma diventa noto anche in Russia. Sono diversi tipi di gesti simbolici, di azioni simboliche che si possono e si devono continuarePag. 13 a portare avanti, indipendentemente dalla forma che acquisirà il lavoro di Memorial in Russia.
  Come ho già detto, il lavoro sulla memoria in ogni caso non potrà andare perso. Io sono sicura che alla fine avremo successo sia nella nostra campagna di conservazione degli archivi in Russia, sia nella nostra attività di divulgazione di queste conoscenze accumulate e di queste memorie a tutto il mondo.
  Sono convinta che in questo un ruolo fondamentale verrà svolto dai colleghi italiani, che peraltro già lo fanno. Colgo ancora una volta quest'occasione per ringraziarli di cuore del lavoro eccellente che svolgono. Andrea, magari adesso può intervenire Lei.

  PRESIDENTE. Sì. Dottor Gullotta, prego.

  ANDREA GULLOTTA, presidente di Memorial Italia (intervento da remoto). Sì, grazie. Intanto ringrazio gli onorevoli deputati per le loro domande e per le loro considerazione e la Direttrice Zhemkova per quello che ha detto.
  Vorrei partire proprio da quello che ha detto Lena Zhemkova: è vero che Memorial riceve in Russia delle donazioni, ma sono donazione private, quindi con dei grossi limiti. Il lavoro che in questo momento Memorial deve affrontare, ovvero digitalizzare tutti i materiali che sono negli archivi, è un lavoro che necessita di notevoli fondi.
  Come Memorial Italia abbiamo un vantaggio rispetto ad altre associazioni che portano il nome di Memorial: infatti, non essendo una filiale diretta di Memorial Internazionale, l'eventuale chiusura, qualora confermata in appello, non inciderebbe in alcun modo su di noi. Noi potremmo continuare la nostra attività e chiaramente siamo a disposizione dei colleghi russi e stiamo già aiutando, per quanto possibile, nel fare tutto ciò che è possibile anche dal punto di vista della divulgazione e per portare avanti i valori e i temi di Memorial.
  Volevo anche aggiungere una cosa rispetto alla questione su cosa fare in politica estera: non essendo un politologo, né uno specialista di quello che sta succedendo qui, non me la sento di parlare di quello che succede in un quadro un po' più ampio che non sia quello della memoria in particolare. Tuttavia, posso dire per certo, per quello che riguarda l'intervento di politica estera, che secondo noi un intervento più robusto da parte dello Stato italiano, soprattutto in sede diplomatica, sarebbe auspicabile. L'onorevole Romano ricordava l'assenza di rappresentanti diplomatici alla conferenza stampa del 18 novembre, che è un'assenza che si è un po' sentita.
  Posso dire con assoluta certezza, avendo lavorato sul caso di Dmitriev, sulla campagna internazionale per creare quanto maggiore sostegno a favore dello storico, che queste azioni effettivamente hanno effetto. Ogni volta che Dmitriev si è avvicinato ad una sentenza con il sostegno internazionale di Premi Nobel, di studiosi e di associazioni straniere, regolarmente questo è risultato in sentenze meno gravi di quanto noi ci aspettassimo. Queste sentenze sono state poi regolarmente cambiate nel momento in cui le campagne erano in silenzio, perché sembrava che la questione fosse finita. Dmitriev è al terzo processo – che è finito di recente – e regolarmente ogni sentenza è stata ribaltata nel momento in cui le campagne internazionali erano in silenzio. Il supporto internazionale serve senz'altro e ha dei risvolti positivi.
  Volevo anche dire, rispetto a quello che ha chiesto l'onorevole Berti sull'appoggio del pubblico su Stalin, che c'è sicuramente un cambio netto sotto questo punto di vista. Il centro Levada, che è un centro indipendente che si occupa di sondaggi e che dal 2016 è diventato «agente straniero», fa un regolare sondaggio sulla figura di Stalin e su come essa è interpretata dal pubblico russo. Va sempre ad aumentare l'indice di gradimento positivo e nell'ultimo sondaggio del giugno 2021, per la prima volta, la maggioranza delle persone ha riconosciuto in Stalin un leader positivo.
  Se noi facessimo un gioco intellettuale e immaginassimo una situazione del genere applicata, per esempio, alla Germania nazista, capirete che i paragoni sono impressionanti. Si sta chiudendo il principale organo che si occupa della memoria del gulagPag. 14e il dittatore che è stato responsabile di milioni di morti in questo momento è valutato positivamente dalla maggioranza della popolazione.
  Come diceva Lena Zhemkova e come dicevano anche molti deputati, è una situazione molto grave, che investe un po' tutti quanti. Secondo me ci sono questioni davvero universali, che non riguardano soltanto la Russia.
  Per quello che riguarda i diritti umani, su quello che chiedeva la presidente Boldrini, è difficile capire chi sarà il prossimo. Devo dire che ci sono cambi di situazione che avvengono continuamente. È evidente, però, che la situazione è molto grave. La chiusura del Centro per i diritti umani priva centinaia di prigionieri politici di un sostegno fondamentale, sia legale sia economico, che Memorial dava sia alle persone accusate sia alle loro famiglie. È una situazione di estrema gravità, che credo vada monitorata. Per questo motivo ringrazio la Camera dei deputati e tutti quanti gli intervenuti per l'attenzione data a questo problema.

  PRESIDENTE. Bene. Ringrazio il presidente...

  LENA ZHEMKOVA, Direttrice Generale di Memorial International (intervento da remoto). Posso aggiungere qualcosa sui diritti umani? Giustamente Lei ha sollevato la questione dei diritti umani. Certamente dobbiamo capire che in una situazione in cui si registra una repressione senza precedenti della libertà di parola, non solo per i mass media registrati, ma anche nei confronti dei singoli giornalisti, molto spesso noi rischiamo di non venire nemmeno a conoscenza di violazioni di diritti umani. Ci sono intere aree di attività che ora sono in pericolo. Se per aver stilato un elenco di detenuti politici, ad esempio, si cerca di accusare Memorial di estremismo o di giustificazione dell'estremismo, la domanda è se sarà possibile continuare a stilare questo elenco. Se non potremo più lavorare nel Caucaso, come potremo venire a sapere di eventuali violazioni dei diritti in quelle aree e chi difenderà i diritti della gente comune? Insomma, ci sono interi ambiti legati ai diritti umani che diventano sempre meno accessibili. Questa è la prima cosa che volevo dire.
  La seconda cosa che volevo dire è molto concreta: dobbiamo ricordare che il ricorso di tutta una serie di organizzazioni contro la legge sugli agenti stranieri è stato presentato alla Corte europea dei diritti umani già nel 2013, ma la Corte non ha ancora preso alcuna decisione in merito. Questo in qualche modo va a sostenere quei propagandisti russi che spesso ci dicono: «Questa legge non è niente di che, è uguale alla legge che esiste in America, anzi le leggi che esistono in Europa e in America sono peggiori di quella russa.» Questa è l'argomentazione principale che sentiamo da tutti i propagandisti. Il nostro ricorso è stato presentato ormai otto anni fa, ma è ancora fermo lì. Questa è un'altra direzione molto concreta su cui bisogna andare avanti. I meccanismi internazionali devono funzionare. Qui c'è da lavorare.

  PRESIDENTE. Bene. Grazie per per la documentazione, che sarà pubblicata in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato). Grazie anche per questa aggiunta riguardo ai diritti umani. Infatti, noi siamo in sede di Comitato sui diritti umani e per noi è importante avere questo focus, quando facciamo questo tipo di indagine. A questo punto abbiamo esaurito i temi e dichiaro chiusa questa audizione. Grazie.

Audizione, in videoconferenza, di attivisti per i diritti umani in Uganda.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'impegno dell'Italia nella comunità internazionale per la promozione e la tutela dei diritti umani e contro le discriminazioni, l'audizione in videoconferenza di attivisti per i diritti umani in Uganda.
  Anche a nome dei componenti del Comitato, saluto e ringrazio per la disponibilità a prendere parte ai nostri lavori Robert Kyagulanyi Ssentamu, internazionalmente Pag. 15noto come Bobi Wine, candidato alle ultime elezioni presidenziali in Uganda.
  Ricordo che un anno fa, il 14 gennaio 2021, gli elettori ugandesi si sono recati alle urne per le elezioni presidenziali e parlamentari, in un contesto caratterizzato da gravi irregolarità, e che il 16 gennaio 2021 la Commissione elettorale ha proclamato per la sesta volta Presidente Yoweri Museveni, in carica da trentacinque anni, a favore del quale avrebbe votato il 59 per cento degli elettori ugandesi. È quindi uscito sconfitto il dottor Wine, il principale leader dell'opposizione, che avrebbe ricevuto il 35 per cento delle preferenze.
  Tuttavia, il risultato delle elezioni è dubitabile, innanzitutto poiché la Commissione elettorale non ha rispettato la procedura corretta per lo spoglio dei voti. I tre anni che hanno preceduto le elezioni sono stati segnati da violenze con candidati dell'opposizione, organizzazioni della società civile, difensori dei diritti umani, esperti elettorali e giornalisti costretti a subire intimidazioni sistematiche all'atto di esercitare i loro legittimi diritti. Nel 2018 i morti sono stati almeno cento, tra cui lo stesso autista del signor Wine.
  La crescente militarizzazione della campagna elettorale è diventata particolarmente evidente il 18 e il 19 novembre 2020, quando le forze di sicurezza hanno represso una manifestazione di persone che chiedevano la liberazione del candidato alla presidenza Wine, allora in stato di detenzione. Ciò si è tradotto nella morte di almeno cinquantaquattro manifestanti in tutto il Paese, con centinaia di persone arrestate e altre scomparse. I servizi di sicurezza hanno arrestato Bobi Wine, Patrick Oboi Amuriat e il Tenente Generale Henry Tumukunde – i principali candidati dell'opposizione –, compromettendone la campagna e limitando la copertura mediatica delle elezioni.
  L'ultimo arresto ai domiciliari ha avuto luogo nel giorno delle elezioni, il 14 gennaio 2021, e si è protratto fino alla fine del mese, quando su decisione della magistratura è stato liberato.
  A conferma del carattere tutt'altro che trasparente del processo elettorale, occorre evidenziare che le autorità ugandesi non hanno acconsentito al monitoraggio delle elezioni da parte di missioni internazionali di osservatori ed esperti elettorali. I soprusi perpetrati nella fase elettorale si inseriscono in un quadro più ampio di violenze, con le autorità ugandesi che negli ultimi anni hanno sempre più spesso preso di mira le organizzazioni della società civile, in particolare quelle che si occupano dei diritti umani e di elezioni.
  Associandosi alla ferma condanna espressa dall'Alto Rappresentante Borrell e dall'Ufficio dell'Alta Commissaria delle Nazioni Unite per i diritti umani, in una risoluzione approvata l'11 febbraio 2021, il Parlamento europeo ha sottolineato l'importanza fondamentale di elezioni libere, giuste ed eque in Uganda, stigmatizzando la violenza, le continue vessazioni e la repressione sistematica nei confronti sia dei leader dell'opposizione, sia dei difensori dei diritti umani.
  Nella risoluzione si invita pertanto il Governo ugandese a porre fine al persistente ricorso ad una forza letale ed eccessiva da parte delle forze di sicurezza, a cessare gli arresti arbitrari e gli attacchi a politici e a sostenitori dell'opposizione, nonché a rilasciare immediatamente e incondizionatamente tutte le persone arrestate e detenute solo per avere partecipato ad assemblee politiche pacifiche o per aver esercitato il loro diritto alla libertà di espressione e di associazione.
  Pur ribadendo l'impegno e la disponibilità dell'UE a collaborare con le autorità ugandesi nell'intraprendere le tanto necessarie riforme democratiche, il Parlamento europeo invita l'Unione a sfruttare il peso politico fornito dai programmi di aiuto allo sviluppo per rafforzare la difesa e la promozione dei diritti umani in Uganda, esortando la Commissione e il Servizio europeo per l'azione esterna a monitorare l'impiego dei fondi da parte delle autorità ugandesi per evitare il rischio che siano utilizzati in attività suscettibili di favorire violazioni dei diritti umani ai danni degli attivisti.
  Da parte sua il Governo italiano, in risposta ad una mia interrogazione scritta, il 21 dicembre scorso ha ribadito che, pur Pag. 16riconoscendo il ruolo essenziale dell'Uganda nell'azione di contrasto al terrorismo internazionale nell'area a cavallo tra il Corno d'Africa e la Regione dei Grandi Laghi, intende sollecitare le autorità ugandesi a garantire il più ampio spazio a tutte le forze politiche, oltre che a prevenire e reprimere ogni forma di violenza politica.
  In tal senso sono rilevanti le dichiarazioni rese dal dottor Wine anche alla stampa italiana – vi è un'intervista a la Repubblica il 13 gennaio 2021 – sul fatto che l'opposizione ugandese si ispiri a Nelson Mandela e al principio della non violenza.
  Forniti questi elementi di contesto, prima di dare la parola al nostro illustre ospite, sarà trasmesso un video di soli quattro minuti e il video sarà trasmesso in inglese per assicurare la migliore resa comunicativa e poi successivamente, con il supporto dell'attivista Nico Schoonderwoerd, sarà data lettura del testo del video in inglese, con traduzione in simultanea in italiano. A questo punto direi di vedere il video. Grazie.

  (Proiezione di un video)

  NICO SCHOONDERWOERD, attivista per i diritti umani in Uganda (intervento da remoto). Buongiorno, Camera dei deputati. Farò una breve sintesi del video. Esattamente un anno fa l'Uganda ha tenuto elezioni e Museveni è stato annunciato vincitore per la sesta volta.
  L'Uganda è un Paese povero, che dipende dagli aiuti dei donatori. C'è tanta corruzione e lo stesso dittatore è stato condannato per questo. Poiché i donatori chiedono all'Uganda di avere elezioni, Museveni organizza elezioni farsa, ma questo è diventato più difficile da quando Bobi Wine ha conquistato un seggio in Parlamento e ha fondato la Piattaforma per l'Unità Nazionale. I sondaggi hanno dimostrato che Bobi Wine era sostenuto dal 60 per cento degli ugandesi. Museveni ha chiaramente detto di volere utilizzare la violenza e ha ordinato al suo partito NRM (National Resistance Movement) di manipolare le elezioni.
  Il 18 novembre 2020 Bobi Wine è stato arrestato e la gente è scesa in piazza per manifestare: sono state uccise più di cento persone. Il giorno delle elezioni ci sono state manipolazioni: le urne sono state riempite di falsi voti per Museveni e i numeri della Commissione elettorale non erano veritieri.
  Gli ugandesi hanno protestato, ma non hanno avuto la possibilità di fare nulla contro granate lacrimogene francesi, SUV (sport utility vehicle) olandesi o soldati armati di armi israeliane con munizioni italiane, addestrati dagli americani e dai britannici.
  Dopo le elezioni sono continuate le violenze e i membri dell'opposizione sono stati prelevati dai cosiddetti «veicoli droni». Due parlamentari e lo scrittore Kakwenza sono ancora in prigione e vengono torturati pesantemente. Per quanto tempo il mondo accetterà questa ingiustizia? Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie molte, dottor Schoonderwoerd, per averci aiutato in questa illustrazione del video. Darei la parola a Bobi Wine affinché svolga il suo intervento.

  ROBERT KYAGULANYI SSENTAMU, detto Bobi Wine, capo dell'opposizione ugandese (intervento da remoto). Grazie mille per avermi invitato. Mi chiamo Kyagulanyi Ssentamu Robert, anche se sono noto con il mio nome d'arte, «Bobi Wine». Sono ex musicista, attivista sociale e attore, ma sono anche il leader della Piattaforma di Unità Nazionale, un partito politico che crede nella democrazia, nelle libertà, nel rispetto dei diritti umani e nella giustizia sociale. Questo è un partito politico che io guido e – come è stato giustamente detto dal mio amico Nico – il 14 gennaio dello scorso anno in Uganda si sono tenute le elezioni, che però sono state caratterizzate da violenza e disordini in tutto il Paese. Proprio il giorno della nomina io sono stato arrestato e picchiato insieme ad altri compagni, mentre altri hanno perso la vita.
  Quello è stato solo l'inizio delle irregolarità. L'intera campagna elettorale è stata offuscata dagli arresti. Sono stati bloccati tutti i nostri eventi elettorali: noi non abbiamo mai potuto rivolgerci alla popolazione attraverso la radio, non abbiamo potuto comunicare con i nostri elettori.Pag. 17
  Il 18 e il 19 novembre dello scorso anno più di centocinquanta persone sono state uccise. Si tratta del numero registrato soltanto dalle nostre organizzazioni per i diritti umani, ma i numeri sono molto più alti, mentre il regime ugandese ha dichiarato soltanto cinquantaquattro vittime.
  Il giorno delle elezioni sono stato posto in regime di arresti domiciliari, ma ancor prima delle elezioni, il 30 novembre dello scorso anno, tutto il mio staff elettorale è stato arrestato a Kalangala e portato in prigione. Molti di loro sono stati trattenuti in prigione per più di sette mesi, mentre altri sono ancora rinchiusi. Molti non sono stati mai portati dinanzi a un tribunale, e le accuse mosse contro di loro sono false.
  Il giorno delle elezioni è stata bloccata la rete internet in Uganda, c'è stato un blackout elettrico e le stazioni radiotelevisive non hanno potuto riferire i risultati delle elezioni dai seggi.
  Inoltre, vi è una costante campagna di disinformazione. Il Generale Museveni riferisce che soltanto cinquantaquattro persone erano state massacrate dalle sue forze, mentre i numeri sono molto più alti. Tuttavia, la disinformazione va oltre: il rappresentante italiano ha riferito che le elezioni sono state pacifiche, ma non è così, perché alcune persone sono state oggetto di intimidazioni, altre sono state uccise e altre ancora sono state rapite e non hanno più fatto ritorno a casa.
  L'Unione europea e gli Stati Uniti hanno inviato osservatori elettorali, che però non sono riusciti ad entrare nel Paese, quindi le elezioni non sono state osservate né dagli Stati Uniti, né dall'Unione europea, da nessuna delle due delegazioni. Di fatto, il Parlamento dell'Unione europea ha protestato e contestato la legalità di queste elezioni, dichiarando che le elezioni sono state fraudolente, non sono state né libere né eque, e anche gli Stati Uniti – il Dipartimento di Stato – hanno confermato questa tesi.
  In relazione ai diritti umani, questi sono violati costantemente dalle forze del Generale Museveni, che ricevono ordini da lui. Il Generale Museveni tante volte compare in pubblico e si congratula con i suoi soldati per il lavoro che svolgono, come nel caso del massacro dello scorso novembre: il Generale è comparso sulla tv nazionale, congratulandosi con le sue forze per l'ottimo lavoro. Lui in televisione ha citato il Comando delle Forze Speciali (SFC), un corpo militare guidato da suo figlio, responsabile anche di diversi rapimenti. Tanti giornalisti sono stati picchiati, alcuni sono stati uccisi. Tuttavia, purtroppo nessuno è stato mai consegnato alla giustizia.
  A proposito del massacro di novembre, che è stato documentato dalla BBC, è chiaro chi ha sparato sulla folla. I fatti sono stati trasmessi dalla BBC, non sono mai state condotte indagini, né i colpevoli sono stati consegnati alla giustizia.
  Per questo è stato sorprendente che l'Ambasciatore italiano sia stato visto fare visita al quartier generale delle forze di sicurezza. Ricordate che quelle forze di sicurezza sono la sezione delle forze militari più temuta, perché è responsabile di quotidiani assassinii e queste forze erano allora comandate dal figlio del Generale Museveni, Muhoozi Kainerugaba, anch'egli Generale dell'esercito.
  Amici del Parlamento italiano, consentitemi di dire che quello che io racconto non è una cosa nuova per voi. Il fascismo non è una cosa nuova per voi. Le oppressioni di cui parlo non sono nuove per voi. Infatti, per ventuno anni voi avete sofferto molto sotto un dittatore chiamato Benito Mussolini e l'Uganda soffre per la brutale oppressione del Generale Museveni. L'Uganda è un Paese ricco di risorse umane e naturali, ma il popolo dell'Uganda è povero.
  Voglio invitarvi a non continuare a farvi vedere come complici dell'Uganda: l'Italia è nota per essere un Paese democratico, ma vi invito a riflettere sul fatto che l'idea che i dittatori portino soprattutto stabilità in Africa è sbagliata. L'Unione europea non ha bisogno di un dittatore per portare avanti i suoi interessi in Africa. Noi vogliamo vivere come africani, vogliamo essere liberi per collaborare anche con l'Unione europea e vogliamo essere esseri umani che godono degli stessi standard dei diritti umani di altri popoli.Pag. 18
  Quello che il Generale Museveni sta facendo al popolo dell'Uganda non è accettabile e non sarebbe accettabile in nessun altro Paese, a maggior ragione se fosse in un Paese europeo. Se Museveni fosse leader in un Paese dell'Unione europea, quel dittatore non durerebbe a lungo.
  Sappiamo che in tutto il mondo ci sono altri dittatori, ma molti di essi agiscono in quel modo perché sono autonomi, mentre il Generale Museveni dipende totalmente dall'aiuto – anche militare, oltre che finanziario – dell'Occidente. Noi non possiamo fermare i proiettili italiani: preferiremmo ricevere dall'Italia articoli di Gucci invece dei proiettili. Vorremmo che l'Italia trattasse e pensasse al popolo ugandese come ad un popolo composto da esseri umani, che hanno gli stessi diritti degli altri.
  Noi chiediamo e continuiamo a chiedere che il Governo italiano e l'intera Unione europea chiamino il Generale Museveni a rendere conto del suo operato, chiedendo che il rispetto dello Stato di diritto, della giustizia sociale e dei diritti umani siano precondizioni per una collaborazione con l'Uganda.
  Una volta che sarà stato chiamato a rendere conto del suo operato, chiediamo anche l'adozione di sanzioni stile «Magnitsky» nei confronti del Generale Museveni e dei suoi luogotenenti, per i gravissimi abusi che hanno commesso nei confronti dei diritti umani.
  Vorremmo che il Parlamento italiano approvasse una risoluzione per porre fine alla collaborazione con il Governo dell'Uganda, che si comporta in modo immorale e irrispettoso nei confronti dei diritti umani.
  Il popolo italiano ha sofferto tanto per il fascismo: vorrei che voi possiate guardare a noi come se fossimo in una situazione analoga a quella che avete vissuto voi durante il fascismo. Il Generale Museveni è riuscito a presentarsi come un dittatore pulito e benevolo, ma risponde più ai criteri di un dittatore fascista.
  So che Museveni ha ricattato l'Occidente, presentando l'Uganda come unica àncora di stabilità qui, nella regione dei Grandi Laghi, e, di fatto, i dittatori non fanno che giustificare le loro atrocità come hanno fatto i fascisti, i nazisti. Questo lo fa anche il Generale Museveni.
  Proprio in questo momento, senza l'autorizzazione del Parlamento, in maniera del tutto illegale, il Generale Museveni ha dispiegato le sue forze militari in Congo, senza che vi sia stata alcuna reazione da parte dell'Unione europea o del Parlamento italiano.
  La mia umile richiesta a nome del popolo dell'Uganda è questa: che voi, onorevoli membri del Parlamento italiano, possiate smettere di appoggiare questo terribile dittatore, perché altrimenti violerete i princìpi della democrazia che sono validi in tutto il mondo. Vi ringrazio e vi saluto dall'Uganda.

  PRESIDENTE. Grazie, dottor Wine, per questa illustrazione e anche per aver fatto queste richieste specifiche. Chiederei ai colleghi se vogliono intervenire. Prima degli interventi dei colleghi, in verità abbiamo anche una testimonianza di Masuudi Luzige, che è una vittima delle attività persecutorie che sono state poste in essere dal regime di Kampala. L'intervento sarà svolto in ugandese con la traduzione simultanea in italiano. Signor Luzige, prego, a Lei la parola.

  MASUUDI LUZIGE, attivista per i diritti umani in Uganda (intervento da remoto). Mi chiamo Masuudi Luzige. Il 18 novembre 2021 è successo un macello in Uganda, che credo abbiate sentito. Mentre stavo tornando a casa, verso le 19, sono stato fermato dalla pattuglia della Polizia e mi hanno chiesto perché avevo una t-shirt rossa di People Power. Prima che avessi tempo di rispondere, uno di loro mi ha sparato in bocca; io ho cominciato a correre, ma dopo un secondo ho sentito un altro sparo alla spalla. Poi non ho sentito più niente e sono stato aiutato da qualcuno che mi ha portato alla farmacia.
  Lì è venuta a prendermi un'altra pattuglia della Polizia; mi dovevano portare in ospedale, ma invece mi hanno portato in giro per quasi dieci ore, fino alle 2 di mattina. Quando mi sono svegliato, ho visto che ero circondato da cadaveri. Vi rendete Pag. 19conto? Sono stato aiutato da un medico che è entrato. Quando l'ho sentito, ho alzato la mia mano e lui mi ha tirato fuori da quell'inferno.

  PRESIDENTE. Bene, grazie. Grazie mille per questa toccante testimonianza. Adesso chiederei ai colleghi se c'è qualcuno che vuole intervenire. La deputata Quartapelle, prego.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Ringrazio molto Bobi Wine e Masuudi Luzige per la loro testimonianza in questo Comitato, e soprattutto esprimo una grande ammirazione per il loro coraggio.
  Sono anni che, con la collega Boldrini, seguiamo quello che sta succedendo in Uganda e siamo colpite dalla determinazione con cui l'opposizione continua a stimolare una partecipazione dei cittadini al ricambio al Governo di quel Paese, ricevendone in cambio – come è evidente in particolare dalla testimonianza di Masuudi Luzige – violenza, attacchi fisici e diretta compromissione della propria incolumità personale. Siamo davvero colpite.
  Come ha detto la collega – ma ci tengo a ribadirlo –, l'audizione in questo Comitato ha anche un valore simbolico, di esprimere la vicinanza del Parlamento a chi cerca di far sì che anche in Uganda ci sia una transizione verso un regime libero di scelta del proprio Governo.
  Ringrazio Bobi Wine, in particolare, delle segnalazioni rispetto all'atteggiamento del rappresentante diplomatico del nostro Paese, che verificheremo direttamente con la Farnesina, con il nostro Ministero degli esteri. Gli Ambasciatori italiani nei vari Paesi hanno come mandato quello di non schierarsi, soprattutto nei processi elettorali, e di mantenere una certa unità con la posizione europea. Quanto riferito da Bobi Wine va verificato attentamente, perché riteniamo che il comportamento del nostro Ambasciatore debba essere un comportamento quanto meno neutrale e sempre dalla parte di libere elezioni e dei diritti individuali di ogni cittadino. Quindi, faremo tutte le opportune verifiche, informali e formali.
  Aggiungo un'altra questione, perché faccio parte di questa organizzazione: esiste un'organizzazione, che è l'Unione interparlamentare, che ha un Comitato per i diritti umani dei parlamentari. In particolare, nella sua relazione Bobi Wine faceva riferimento a quello a cui lui è stato sottoposto, ovvero agli arresti e alle torture in prigione, ma anche a quello a cui sono sottoposti i due deputati Ssegirinya e Ssewanyana.
  Chiedo a Bobi Wine se interessa che questi casi vengano segnalati al Comitato per i diritti umani dei parlamentari dell'Unione interparlamentare, che poi interagisce direttamente con il Parlamento ugandese affinché i diritti dei parlamentari e, più in generale, i diritti dei partiti di opposizione siano rispettati in ciascun Paese.
  Si tratta di uno dei tanti strumenti di pressione internazionale a sostegno dei processi democratici e di partecipazione nei vari Paesi e credo che, se l'opposizione ugandese non ne è ancora al corrente e non ha ancora adito a questi meccanismi, possa essere uno di quegli strumenti utili per cercare di favorire una transizione democratica in Uganda.
  Se Bobi Wine ha interesse, possiamo anche fornire alcuni dettagli e un sostegno, affinché anche l'opposizione ugandese possa utilizzare questi strumenti. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Quartapelle. Se non ci sono altri interventi di colleghi, vorrei esprimere anche io la mia vicinanza al leader dell'opposizione Bobi Wine, agli attivisti per i diritti umani e a tutti coloro che stanno facendo una battaglia per la democrazia, la libertà di espressione e per la tutela dei diritti umani.
  Quanto ci è stato illustrato è veramente una situazione che va al contrario rispetto a quello che dovrebbe accadere in caso di elezioni. Evidentemente Museveni, che è al potere da trentacinque anni, ha usato dei metodi illiberali, antidemocratici e violenti per mantenere il suo potere.
  Giustamente queste modalità sono in contraddizione con l'appoggio internazionale. Come diceva prima Bobi Wine, non si può pensare che vada sacrificata la democrazia per mantenere la stabilità. Questa è una scelta che non paga, perché la dittaturaPag. 20 e la repressione non portano stabilità. Inoltre, è giusto che si vada ad indagare su quanto c'è stato detto in termini di forniture militari. Ci è stato fatto presente che in queste occasioni le forze di sicurezza ugandesi hanno usato anche dei proiettili di fornitura italiana e su questo ci possiamo impegnare a fare un'azione parlamentare per avere spiegazioni dal nostro Governo.
  Come diceva giustamente la collega Quartapelle, chiederemo anche spiegazioni delle scelte fatte dall'Ambasciatore italiano, perché di fronte a questo non si può ridurre quanto è accaduto in termini di violenza e farlo passare come qualcosa di accettabile. Per questo motivo ci impegniamo a dare seguito a questa audizione.
  Siamo veramente molto ammirati dal coraggio con cui Lei, Bobi Wine, ma anche tutta la società civile state portando avanti questa battaglia pacifica – lo voglio ricordare –, come da Lei sottolineato, sulla scia dell'attività di non violenza di Nelson Mandela, e questo vi fa onore.
  Vorrei anche fare una domanda circa la condizione, che immagino sia abbastanza critica – comunque lo vorrei sapere – della comunità LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender), perché alcuni attivisti mi hanno detto che questa comunità soffre moltissimo ed è molto esposta alla repressione da parte del regime, che più volte si è espresso in modo omofobo nei confronti di chi vive questa condizione. Per questo motivo vorrei avere da lei qualche ragguaglio anche in merito a questo. Grazie.

  ROBERT KYAGULANYI SSENTAMU, detto Bobi Wine, capo dell'opposizione ugandese (intervento da remoto). Effettivamente sentivo parlare, ma non in inglese. Quindi vorrei che quello che è stato detto fosse tradotto per me in inglese.

  PRESIDENTE. Pensavamo le fosse arrivata la traduzione. Vediamo se possiamo ripetere. Le chiediamo di selezionare il canale che Le potrà consentire di ascoltare la traduzione.

  ROBERT KYAGULANYI SSENTAMU, detto Bobi Wine, capo dell'opposizione ugandese (intervento da remoto). Grazie mille. Il generale mancato rispetto dei diritti umani in Uganda consiste nella violazione dei diritti sia della maggioranza che delle minoranze. Noi vogliamo difendere e sostenere i diritti di tutti i cittadini dell'Uganda, a prescindere da chi siano.
  Quanto all'ipotesi che le violazioni dei diritti umani in Uganda siano denunciate alla Commissione per i diritti umani dell'Unione interparlamentare, la risposta è sì: per noi va benissimo qualunque piattaforma e qualunque istituzione possa raccogliere le nostre denunce delle violazioni dei diritti umani. Per noi era importante intanto essere auditi dinanzi al Comitato per i diritti umani del Parlamento italiano: quando abbiamo presentato la nostra petizione alla Commissione per i diritti umani in Uganda, l'allora Presidente di quella Commissione ci disse che non saremmo stati assistiti e ci consigliò di provare a interloquire con gli autori degli abusi che volevamo denunciare, e cioè i soldati, che erano al di sopra della legge e quindi non sarebbero stati arrestati. Il Presidente della Commissione dell'Uganda nel frattempo, purtroppo, è deceduto.
  Abbiamo presentato una petizione all'Ufficio dell'Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite a Kampala. Come ho detto, i giornalisti che erano arrivati per documentare la consegna della petizione all'Ufficio delle Nazioni Unite da parte mia e di alcuni parlamentari, sono stati picchiati selvaggiamente. Questo è accaduto davanti alle telecamere, proprio dinanzi alla sede di Kampala dell'ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani, e nell'episodio sono rimasti coinvolti giornalisti e parlamentari.
  Qualunque ufficio, qualunque piattaforma e qualunque istituzione per noi va benissimo, se ci consente di denunciare gli abusi nei confronti dei diritti umani a Kampala.

  PRESIDENTE. Vogliamo ripetere un attimo quello che avevamo detto prima? Così adesso può essere propriamente tradotto, poiché vi è la traduzione. Grazie. Collega Quartapelle, prego.

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  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Volevo esprimere tutta l'ammirazione per il coraggio di Bobi Wine e degli altri attivisti e chiedere se Bobi Wine e l'NUP (National Unity Platform) hanno mai chiesto di essere auditi dalla Commissione per i diritti umani dei parlamentari dell'Unione interparlamentare, che è un'organizzazione che raduna tutti i Parlamenti di tutti i Paesi del mondo.
  Il Comitato per i diritti umani dei parlamentari ha come obiettivo quello di favorire la partecipazione democratica ed interagire direttamente con i Parlamenti nazionali per vedere che i diritti dei parlamentari siano rispettati.
  Siccome Bobi Wine nel Suo intervento ci ha parlato delle condizioni dei parlamentari Ssegirinya e Ssewanyana, che in questo momento sono torturati e incarcerati, credo che possa essere uno degli strumenti di diritto internazionale a cui adire. Se c'è interesse, da parte nostra c'è tutta la volontà di facilitare questo contatto.

  ROBERT KYAGULANYI SSENTAMU, detto Bobi Wine, capo dell'opposizione ugandese (intervento da remoto). Grazie davvero. Noi ci siamo impegnati in questo senso per poter avere questa opportunità. Ci è stato promesso che in una data futura a Bruxelles avremo la possibilità di essere ascoltati. Ma è nostro dovere cogliere qualunque opportunità per dar voce alla sofferenza del nostro popolo, quindi sicuramente coglieremo ogni occasione che ci sarà offerta.

  PRESIDENTE. Ci metteremo in contatto per farvi avere tutti gli estremi per poter fare anche un'iniziativa con il gruppo interparlamentare.
  Volevo chiudere questa audizione dicendo che ammiro molto la vostra determinazione ad andare avanti per dare un futuro democratico al vostro Paese, all'Uganda, un Paese che da trentacinque anni è governato dalla stessa persona. Trovo assolutamente inaccettabili i modi violenti e la repressione messa in atto per impedire alle persone di votare e di esprimere il proprio volere.
  Inoltre, trovo molto giusta la vostra lotta non violenta, ispirata all'attività di Nelson Mandela. Siamo rimasti anche colpiti dal fatto che il nostro rappresentante diplomatico non abbia in qualche modo notato tutto questo o non l'abbia stigmatizzato abbastanza: chiederemo chiarimenti, un atto parlamentare, per avere spiegazioni, come è stato detto, sull'utilizzo di pallottole di fabbricazione italiana contro i manifestanti che pacificamente erano lì per esprimere il loro intento di votare e di essere parte del cambiamento.
  Vi ringrazio, daremo seguito a questa audizione con questi impegni e ci terremo in contatto nei prossimi tempi, perché penso che il dovere di un Paese come il nostro sia anche di sostenere le battaglie per la democrazia in altri Paesi. Quindi, complimenti, andate avanti e cercheremo di essere utili in questo sforzo. Grazie.

  ROBERT KYAGULANYI SSENTAMU, detto Bobi Wine, capo dell'opposizione ugandese (intervento da remoto). Grazie, signora presidente, apprezziamo e a nome del popolo dell'Uganda vi ringraziamo.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio. Dichiaro chiusa questa audizione.

  La seduta termina alle 13.

  Gli interventi in lingua straniera sono tradotti a cura degli interpreti della Camera dei deputati.

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