XVIII Legislatura

III Commissione

COMITATO PERMANENTE SUI DIRITTI UMANI NEL MONDO

Resoconto stenografico



Seduta n. 37 di Martedì 21 settembre 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Boldrini Laura , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'IMPEGNO DELL'ITALIA NELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE PER LA PROMOZIONE E TUTELA DEI DIRITTI UMANI E CONTRO LE DISCRIMINAZIONI

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti della Revolutionary Association of the Women of Afghanistan (RAWA), con particolare riferimento alla crisi umanitaria in Afghanistan.
Boldrini Laura , Presidente ... 3 
Rappresentante della ... 4 
Boldrini Laura , Presidente ... 6 
Spadoni Maria Edera (M5S)  ... 6 
Boldrini Laura , Presidente ... 6 
Rappresentante della ... 6 
Boldrini Laura , Presidente ... 6 
Spadoni Maria Edera (M5S)  ... 6 
Boldrini Laura , Presidente ... 7 
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 7 
Boldrini Laura , Presidente ... 7 
Rappresentante della ... 7 
Boldrini Laura , Presidente ... 8 
Rappresentante della ... 8 
Boldrini Laura , Presidente ... 10 
Rappresentante della ... 10 
Boldrini Laura , Presidente ... 10 
Mascheroni Graziella , rappresentante del Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afgane Onlus (CISDA) ... 10 
Boldrini Laura , Presidente ... 10 
Mascheroni Graziella , rappresentante del Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afgane Onlus (CISDA) ... 10 
Boldrini Laura , Presidente ... 11 
Mascheroni Graziella , rappresentante del Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afgane Onlus (CISDA) ... 11 
Boldrini Laura , Presidente ... 12 
Spadoni Maria Edera (M5S)  ... 12 
Boldrini Laura , Presidente ... 12 
Mascheroni Graziella , rappresentante del Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afgane (CISDA) ... 12 
Boldrini Laura , Presidente ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Coraggio Italia: CI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-L'Alternativa c'è: Misto-L'A.C'È;
Misto-MAIE-PSI-Facciamoeco: Misto-MAIE-PSI-FE;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento ADC: Misto-NcI-USEI-R-AC;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
LAURA BOLDRINI

  La seduta comincia alle 9.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  L'odierna audizione sarà svolta consentendo la partecipazione da remoto, oltre che delle personalità audite, anche dei deputati e delle deputate secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento della riunione del 4 novembre 2020.

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti della Revolutionary Association of the Women of Afghanistan (RAWA), con particolare riferimento alla crisi umanitaria in Afghanistan.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'impegno dell'Italia nella comunità internazionale per la promozione e tutela dei diritti umani e contro le discriminazioni, l'audizione in videoconferenza di una rappresentante della Revolutionary Association of the Women of Afghanistan (RAWA), con particolare riferimento alla crisi umanitaria in Afghanistan.
  Anche a nome dei componenti e delle componenti del Comitato, saluto e ringrazio per la disponibilità a contribuire ai lavori del Comitato la rappresentante di RAWA – di cui non daremo l'identità, come su Sua richiesta, per tutelarne la sicurezza –, che è collegata da remoto. Poi ci sarà anche la dottoressa Graziella Mascheroni, che è la rappresentante del Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afgane Onlus (CISDA).
  Visto che la linea è problematica, direi di passare direttamente la parola, senza alcuna introduzione, alla rappresentante dell'Associazione RAWA che, come sapete, è una delle associazioni di donne più attive in Afghanistan, che opera dagli anni Settanta e che ha sempre sostenuto la causa delle donne in ogni fase degli ultimi decenni, sia rispetto all'invasione sovietica, sia durante il periodo della spartizione del territorio dei mujaheddin, sia durante il periodo dei talebani. Inoltre, opera in Pakistan e anche in Afghanistan. Non vorrei rubare altro tempo, perciò passo direttamente la parola alla rappresentante di RAWA. Prego.
  Abbiamo un problema di collegamento. Un attimo che vediamo di recuperare la linea, ma sembra abbastanza complicato. Abbiamo tentato prima di metterci in collegamento, ma risultavano trenta accessi contemporanei della stessa persona. Adesso io non vorrei pensare male, ma mi viene da credere che non sia casuale.
  Se la rappresentante di RAWA mi sente, nel ringraziarLa per la Sua disponibilità a fare questo collegamento, che capisco essere molto complicato per Lei, Le passerei subito la parola affinché Lei possa dire a questo Comitato per i diritti umani nel mondo della Camera dei deputati, che sta seguendo con apprensione quanto avviene in Afghanistan, gli ultimi sviluppi e quello che RAWA ritiene utile fare, in questa fase, a sostegno delle donne afgane che oggi si trovano di fronte ad una situazione molto complicata. Prego, signora rappresentante.

Pag. 4

  Rappresentante della Revolutionary Association of the Women of Afghanistan (RAWA). Grazie, onorevole Presidente. Vorrei ringraziare tutti voi a nome della mia organizzazione, l'Associazione rivoluzionaria delle donne dell'Afghanistan, per averci dato la possibilità di partecipare a questa importante audizione, parlarvi dall'Afghanistan e parlarvi dei talebani.
  Come Lei ha detto, faccio parte di RAWA, l'unica organizzazione socio-politica delle donne afgane che si batte per garantire la democrazia e la giustizia sociale contro il fondamentalismo e l'occupazione straniera.
  Dal 1977 RAWA è in prima linea e combatte il terrorismo, la misoginia e tutti i criminali che sono stati al potere nei vari Governi dell'Afghanistan. Essendo una organizzazione politica, RAWA crede che le donne afgane abbiano bisogno di assistenza sociale e umanitaria poiché vivono in un Paese molto povero, in un Paese in cui le donne non sono mai state considerate come esseri umani pari agli uomini.
  Sin dall'inizio della sua creazione, RAWA organizza corsi e fornisce alle donne istruzione e assistenza sociale di vario genere con progetti economici, progetti di generazione di reddito, sanitari e lavora anche nei campi dei rifugiati in Pakistan, ma anche all'interno dell'Afghanistan.
  Se ripercorriamo la storia dell'Afghanistan – o almeno la più recente, degli ultimi quarant'anni, dall'occupazione da parte dell'Unione Sovietica e poi con le ingerenze del Governo statunitense, che ha sostenuto il fondamentalismo islamico in Afghanistan, i mujaheddin, noi crediamo che sin da allora né l'Afghanistan né i suoi cittadini abbiano mai trascorso un periodo felice o almeno abbiano vissuto in modo normale. Dagli anni Settanta l'Afghanistan è stata occupata prima dall'Unione Sovietica, con tutta la guerra, la distruzione, i bombardamenti, l'altissimo numero di rifugiati che si sono trasferiti in Iran, in Pakistan e nei vari Paesi limitrofi, le tragedie e i dolori che hanno colpito il popolo, e poi è stata una zona di guerra nella quale le donne hanno sofferto più di tutti.
  Sono quasi venti anni ormai che siamo in contatto con i nostri amici italiani attraverso CISDA e l'unico messaggio che abbiamo inviato dall'Afghanistan ha sempre riguardato la miseria, la commissione di reati e la terribile situazione del nostro Paese. In quel periodo RAWA è sempre stata l'unica organizzazione che ha dato voce alle donne dell'Afghanistan, che ha fornito informazioni, ha documentato i reati, i crimini, le esecuzioni di donne, le amputazioni e le cose orribili compiute contro donne e uomini in tutto l'Afghanistan.
  Tutto questo è accaduto già negli anni Novanta, durante il primo periodo talebano, e ancora adesso diamo voce alla sofferenza delle donne afgane. Voglio dire che negli ultimi vent'anni si sono verificati tanti cambiamenti per le donne afgane. Nel primo periodo ricordiamo che, quando hanno preso il potere i talebani dopo i quattro anni della guerra dei mujaheddin, le donne afgane erano davvero disperate, non vedevano luce e non vedevano la possibilità per contrattaccare, scendere in piazza e manifestare, ma adesso, dalla prima notte in cui i talebani sono ritornati nella capitale abbiamo visto, dal giorno dopo, nuove forme di resistenza da parte delle donne afgane e questo ci fornisce speranza e dà forza alle nostre donne.
  Ecco perché riteniamo che questa volta i talebani stiano reagendo ancor più fortemente contro le donne. All'inizio, durante i cosiddetti «negoziati di pace» con gli Stati Uniti e con la precedente Amministrazione afgana, i talebani avevano garantito che i diritti e l'istruzione delle donne sarebbero stati garantiti, ma di fatto quel che abbiamo visto nelle ultime quattro settimane è stato che le donne hanno subìto azioni terribili e sono state anche incarcerate, ma hanno accettato di rischiare la vita ed esporsi a enormi rischi pur di scendere in piazza a manifestare.
  Purtroppo l'Amministrazione afgana è stata completamente distrutta e smantellata. Non esiste una legge, non esiste una Costituzione, ma secondo gli annunci ufficiali del portavoce dei talebani sono state bandite l'educazione e l'istruzione per le donne, la possibilità per le donne di lavorare. Molte donne negli ultimi vent'anni Pag. 5sono state formate, hanno studiato, sono andate a scuola e all'università e almeno nelle più grandi città dell'Afghanistan c'è stata istruzione per le donne, ma adesso purtroppo non possono più andare al lavoro.
  Nel settore statale, in quello privato e in altri settori della vita tutto è stato fermato: prima Kabul era una città molto affollata, con una popolazione di 6 milioni di persone, ma adesso quasi non si vedono più ragazze che girano per le strade. Le scuole sono chiuse per le donne e sono aperte solo per i maschi. Le ragazze non possono andare a scuola. C'è la censura e ci sono forti pressioni sui media. Quasi 150 agenzie di stampa sono state chiuse e durante le proteste e le manifestazioni organizzate dalle donne sono stati arrestati e picchiati giornalisti e sono stati sottoposti a minacce anche tanti rappresentanti dei social media, che ora vivono in luoghi nascosti.
  Nelle ultime settimane, a parte la pressione politica e a parte il fatto che i talebani commettono abusi nei confronti dei diritti umani di base, abbiamo assistito e assistiamo anche ad un terribile impatto sull'economia dei cittadini e del Paese. C'è grande preoccupazione, tanti hanno perso il lavoro perché le agenzie degli aiuti, le ong, altri tipi di uffici sono stati chiusi. Tutto è stato chiuso in Afghanistan, anche per coloro che avevano piccole imprese private o piccole attività commerciali – come piccoli parrucchieri, barbieri o piccoli ambulatori e studi medici privati – tutto è stato chiuso. Anche le imprese edili hanno interrotto le loro attività e sono state chiuse.
  La vita è diventata davvero difficile: tante persone nei negozi non trovano più derrate alimentari di base e il prezzo del gas e quello della benzina sono cresciuti. I confini sono chiusi. L'Afghanistan è un Paese che dipende totalmente dalle importazioni di prodotti alimentari di base e purtroppo, a causa della chiusura dei confini, non abbiamo sufficienti forniture di prodotti alimentari nei nostri mercati.
  Nel settore sanitario è lo stesso: ho letto stamattina che il settore sanitario è stato totalmente danneggiato, quasi distrutto, perché non ci sono medicine, non c'è personale sanitario e non ci sono medici che riescono a fornire aiuto alle persone bisognose di assistenza sanitaria. Vediamo che tutto ciò ha un impatto non solo politico, ma anche finanziario e umano. Tutto ciò è legato al regime dei talebani.
  Inoltre, c'è una pressione mentale forte che tutti affrontano: i bambini più piccoli a volte hanno paura per i propri genitori, per la propria istruzione, per i loro amici, per se stessi. Il periodo è davvero difficile.
  RAWA dall'11 settembre 2001 ritiene che qualunque guerra condotta come guerra contro il terrorismo o a sostegno dei diritti delle donne o della democrazia non ha valore se c'è un'occupazione. Ecco perché la presenza militare degli Stati Uniti, insieme alla NATO, che era Alleata degli Stati Uniti, non ha mai aiutato il popolo afgano; essa ha avuto soltanto un impatto negativo e ha sostenuto il fondamentalismo, il terrorismo. Ancora una volta oggi, anche se le truppe e i soldati sono fuori dall'Afghanistan e l'Afghanistan non è più sotto occupazione, di fatto vediamo ancora l'impatto e la lunga mano di altri Paesi, inclusi quelli limitrofi, come l'Iran e il Pakistan; il Pakistan soprattutto sostiene i talebani.
  Non dimentichiamo Governi rivali come la Russia e la Cina. Avrete visto che di recente la Cina e la Russia hanno parlato molto del fatto che loro hanno trattato con i talebani per cercare di raggiungere un accordo con l'Amministrazione talebana. La Cina e la Russia sono tra i due o tre Paesi che hanno lasciato aperte le loro Ambasciate per poter dialogare con i talebani e questo ovviamente non fa piacere agli Stati Uniti.
  Noi riteniamo che gli Stati Uniti sicuramente continueranno a sostenere il fondamentalismo e il terrorismo e ancora una volta continueranno a sostenere organizzazioni come IS-K, Daesh, Al-Qaeda e qualunque altra rete possa operare in Afghanistan.
  Purtroppo, anche dopo l'occupazione non c'è mai stata giustizia e pace, non vediamo prospettive future positive per l'Afghanistan. La povertà continua ad avere un impatto negativo e c'è ancora un confronto Pag. 6tra i Governi di super potenze quali la Cina e la Russia, e sicuramente gli Stati Uniti.
  Ci potremmo chiedere: «Perché è accaduto tutto questo?». Come ho detto, prima di tutto non c'è stata una guerra nel nome del nostro popolo, ma una guerra a vantaggio degli interessi economici degli Stati Uniti, che hanno voluto entrare in Afghanistan, gestire la vita del Paese e anche i gasdotti, a cui miravano da tempo. Ciò che vediamo adesso in Afghanistan è il risultato degli accordi e dei legami stabiliti con i gruppi fondamentalisti del Paese. Dopo l'11 settembre è iniziata una guerra, all'apparenza condotta contro il terrorismo, ma di fatto, se si guarda la recente storia dell'Afghanistan, i talebani hanno ricevuto una legittimazione da parte del Governo statunitense, perché hanno aperto degli uffici a Doha, in Qatar; molti dei loro leader sono stati cancellati dalla blacklist degli Stati Uniti e hanno partecipato ai cosiddetti «negoziati di pace» e tutto ciò non ha fatto che fornire legittimazione e potere ai talebani; le stesse forze talebane che vent'anni fa erano scappate sono tornate a Kabul più forti di prima, rinforzate rispetto al passato.
  Ecco perché riteniamo che tutti gli accordi, come l'accordo di pace tra talebani e Stati Uniti, che prevedeva il rilascio dei prigionieri e dei terroristi talebani dalle prigioni afgane, prima o poi dovranno essere attuati in Afghanistan. Ancora una volta l'Afghanistan è stato consegnato agli Stati Uniti.
  Per questo riteniamo importante che la comunità internazionale e le forze di tutto il mondo che amano la pace e la giustizia si rendano conto di quel che sta accadendo in Afghanistan, che non dimentichino il popolo e le donne dell'Afghanistan e cerchino modalità possibili per tendere una mano al popolo dell'Afghanistan. Occorre ascoltare la voce del popolo afgano e allo stesso tempo fornire l'assistenza e il sostegno necessari.
  Negli ultimi vent'anni, purtroppo, il popolo afgano ha assistito alla trasformazione del nostro Paese, che è diventato il più grande produttore di droga, di oppio ed è diventato uno dei Paesi peggiori al mondo in termini di condizioni di vita per le donne, ma noi siamo davvero orgogliose di vedere che le donne di oggi, le nuove generazioni, non sono le stesse delle donne di tanti anni fa e non vogliono avere lo stesso destino dei loro genitori. Le nuove generazioni in Afghanistan stanno cercando di farsi sentire, di resistere il più possibile contro la tirannia afgana e non consentiranno ai fondamentalisti di restare al potere.

  PRESIDENTE. Grazie veramente per quanto ci ha illustrato, che rappresenta sicuramente un motivo di grande preoccupazione. Io adesso darei la parola ai colleghi e alle colleghe che vogliono intervenire e quindi Le chiederei di rimanere in collegamento ancora un po', se Le è possibile, per poi riuscire a dare le risposte a queste domande. Presidente Spadoni, prego, a Lei la parola.

  MARIA EDERA SPADONI. Grazie, presidente.

  PRESIDENTE. Un secondo, presidente Spadoni, mi scusi. Volevo capire se la rappresentante RAWA riesce a sentire la traduzione in inglese di quello che stiamo dicendo, perché mi dicono che c'è un problema tecnico con la traduzione. Ci può dire se è in grado di avere la versione inglese delle nostre parole?

  Rappresentante della Revolutionary Association of the Women of Afghanistan (RAWA). No, non sento nessuna traduzione.

  PRESIDENTE. Presidente Spadoni, mi scusi, Le ridò la parola. Facciamo questa prova con la traduzione consecutiva, perché purtroppo noi non siamo nelle condizioni di poter parlare direttamente in inglese, visto che il nostro Regolamento non ce lo permette. Non ho mai capito questa cosa, ma comunque è così e ci dobbiamo attenere. Prego, presidente Spadoni.

  MARIA EDERA SPADONI. Grazie, presidente. Ringrazio la rappresentante RAWA per essere qui con noi quest'oggi; sarò velocissima per permettere anche agli altri Pag. 7colleghi di poter intervenire e formulare le proprie domande.
  Date anche le circostanze e lo scenario che Lei ha dipinto e raccontato, che è uno scenario veramente terribile, in cui i diritti delle donne sono fortemente a rischio, la prima domanda che ho è se c'è una qualche forma di negoziato o di approccio con i talebani per riuscire a iniziare un dialogo all'interno del Governo per far sì che ci possa essere anche una voce femminile e che si possa parlare di questi temi così delicati con i talebani, oppure se le dichiarazioni che ci sono state sono dichiarazioni tout-court e quindi le scuole per le donne sono chiuse e così rimarrà stabilito e le donne non potranno andare a lavorare. Vorrei sapere se c'è una qualche forma di dialogo, per capire se questa situazione terribile è una situazione temporanea oppure se è una situazione definitiva.
  La seconda domanda può sembrare una domanda retorica però vorrei che rimanesse agli atti di questo Comitato: Lei in questo momento si sente in pericolo per la Sua vita? Se ci fossero corridoi umanitari che assicurassero un arrivo, per esempio, in Italia, Lei partirebbe subito e farebbe di tutto per far sì che le donne che desiderano partire possano farlo quanto prima? Questa è la seconda domanda. Grazie mille.

  PRESIDENTE. Grazie, collega Spadoni. Darei la parola all'onorevole Quartapelle.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO (intervento da remoto). Grazie mille, presidente. Grazie anche alla rappresentante di RAWA per le informazioni preziose. Io ho due domande. La prima domanda è molto semplice e riguarda che tipo di solidarietà, oltre che una solidarietà dichiarata, noi possiamo esercitare nei confronti delle tante organizzazioni come RAWA presenti in Afghanistan che lavorano a sostegno delle donne.
  La seconda domanda riguarda la natura delle proteste. RAWA è un'organizzazione attiva da prima del 2001 in Afghanistan – ce lo ha ricordato la rappresentante di RAWA –, da più di venti anni, ma in questi giorni stiamo vedendo come ci sono tanti giovani donne nate o cresciute durante i venti anni dell'occupazione e, quindi, nella libertà che l'occupazione ha assicurato alle donne in Afghanistan.
  Mi chiedo come le attività di RAWA incrociano queste nuove forme di resistenza delle donne afgane, se c'è un coordinamento formale, se ci sono dei primi contatti. Che tipo di lettura RAWA, che è un'organizzazione molto ben radicata, dà di queste forme di resistenza e che tipo di solidarietà e collaborazione si sta pensando di mettere in campo?

  PRESIDENTE. Grazie. Ci sono altri colleghi o colleghe, che sono collegati da remoto, che vorrebbero fare delle domande? Mi sembra di no.
  Io vorrei chiedere, in questa ottica di chiusura da parte del regime talebano, quale carta si può usare per riuscire a fermare questo oscurantismo. Secondo Lei, è possibile condizionare questa impostazione dei talebani rispetto ai diritti delle donne, della comunità LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender) e delle minoranze? La leva economica può funzionare?
  Passando a un'altra domanda, le frontiere dell'Afghanistan sono problematiche: sappiamo che il Pakistan, in particolare, ha le frontiere chiuse, così come l'Iran. Questo incide sulla possibilità delle donne di mettersi al sicuro? Non rischia l'Afghanistan di diventare una prigione a cielo aperto? Come è possibile mettere al sicuro le persone che rischiano, se i Paesi confinanti non lo consentono, tenendo le frontiere chiuse? Questo lo chiedo perché eventualmente bisognerebbe fare in modo che questi Paesi, con la garanzia di essere aiutati e con la garanzia di organizzare corridoi umanitari, consentano l'ingresso di chi oggi è più a rischio in Afghanistan. Grazie.
  Mi dispiace, ci sono problemi tecnici comprensibilissimi. La rivediamo di nuovo collegata.

  Rappresentante della Revolutionary Association of the Women of Afghanistan (RAWA). Grazie mille per tutte le domande e la grande attenzione che avete prestato nei miei confronti. Parto dalla prima domanda:Pag. 8 noi abbiamo sempre detto che i fondamentalisti e i Governi precedenti non ci hanno mai dato grandi aspettative in merito ad eventuali approcci. Non abbiamo mai pensato che avere degli approcci da parte di questi Governi e di questi fondamentalisti potesse portare a grandi risultati. Conosciamo la loro natura e so che il loro oscurantismo non potrà cambiare. Ecco perché riteniamo che se i talebani dovessero cambiare alcune cose sotto la pressione internazionale come, per esempio, acconsentire alla presenza di alcune donne nel Governo nel cosiddetto «gabinetto dei ministri» che loro hanno, questo non cambierebbe il loro apporto approccio nei confronti delle donne e non cambierebbe la loro mentalità nei confronti delle donne.
  Probabilmente avrete visto sui media e sulle reti dei social che i membri femminili dei talebani coprono tutto di loro con lunghi vestiti scuri: gli occhi, il viso, le mani, non si vede la loro pelle. Quando è iniziata da parte delle donne la protesta a Kabul, abbiamo visto qualche protesta anche da parte di queste donne «sostenitrici dei talebani». Le abbiamo viste partecipare a riunioni all'interno delle università afgane come rappresentanti delle studentesse, ma noi pensiamo che se ci fossero donne nel nuovo Governo talebano, esse utilizzerebbero la religione come prigione per le donne.
  Come dimostrano le dichiarazioni ufficiali talebane, essi sostengono di voler dare diritti e opportunità di istruzione e di carriera alle donne, ma sottolineano sempre che queste possibilità, questi diritti saranno concessi sulla base dei limiti imposti dalla legge della Sharia. Utilizzeranno sempre la religione e la Sharia. Queste forze fondamentaliste continueranno ad attenersi ai loro obiettivi, alla loro mentalità.
  Probabilmente l'assetto migliore possibile che potremo avere in futuro è avere un governo simile al regime iraniano. So che tanti di voi saranno consapevoli della situazione delle donne, dei movimenti che si battono per la libertà, degli attivisti politici e sociali in Iran e saprete qual è la pressione a cui sono esposti. Il regime iraniano continua a imprigionare o a uccidere tutti coloro, donne, uomini e lavoratori, che scendono in piazza per manifestare il proprio dissenso nei confronti del governo. I talebani dall'inizio hanno dichiarato di voler replicare il regime iraniano. Infatti, quasi tutte le regole che stanno annunciando richiamano quelle iraniane.
  Adesso i talebani dicono che le donne possono girare da sole nelle città, ma se i loro spostamenti durano più di tre giorni c'è sempre bisogno dell'accompagno di un parente, perché altrimenti le donne non possono girare da sole. Questo significa che le donne non possono viaggiare da sole, spostarsi da una provincia all'altra e decidere per sé. Lo stesso che accade in Iran. Le madri non possono decidere di farsi accompagnare da sole dai propri figli: se devono muoversi, hanno bisogno di un'autorizzazione del padre dei loro figli.
  Nelle province in cui sono aperte le università, alle donne è stato detto che possono scegliere solo alcune materie, per lo più legate all'insegnamento o alla sanità, ma sono escluse materie come ingegneria, informatica o lingue. Inoltre, le donne che lavoravano nelle banche e nelle aziende o nelle agenzie che si occupano di aiuti hanno ricevuto l'ordine di andare a casa e lasciare il lavoro.

  PRESIDENTE. Abbiamo perso di nuovo il collegamento. Non so se riusciamo a riattivare il collegamento.

  Rappresentante della Revolutionary Association of the Women of Afghanistan (RAWA). Purtroppo c'è una connessione molto debole. Come dicevo, stanno cercando dei pretesti e un riconoscimento internazionale per poter avere gli accordi finanziari di cui l'amministrazione talebana ha bisogno per restare al potere. All'inizio non volevano essere riconosciuti e non volevano legittimità, ma adesso stanno fingendo di essere più moderni e di voler concedere più diritti e più opportunità alle donne ma, come vi ho detto, anche se ci saranno membri donne all'interno della loro Amministrazione, la loro mentalità medievale non è cambiata.
  La seconda domanda riguardava il fatto che ci sono tanti cittadini che hanno abbandonatoPag. 9 il nostro Paese, ma la nostra organizzazione, RAWA, pensa che, come siamo riusciti a sopravvivere durante la guerra dei mujaheddin che è stato un periodo terribile, e durante il primo regime dei talebani, allora cercheremo di adoperarci al meglio per riuscire a sopravvivere anche in questo frangente.
  Non posso dire che stiamo accettando qualunque tipo di rischio e qualunque tipo di sfida. Cerchiamo di proteggerci al meglio per poter sopravvivere e garantire la nostra stessa incolumità, utilizziamo le misure di sicurezza più alte possibile per proteggere i nostri membri, i nostri attivisti, ma al momento non pensiamo di voler lasciare l'Afghanistan, perché è il Paese dove vivono i nostri cittadini, il nostro popolo e le nostre donne che hanno bisogno di noi e, se vogliamo dar loro voce, dobbiamo restare accanto a loro. Nel frattempo ci sono alcuni dei nostri attivisti che hanno preferito, anche se per breve tempo, lasciare l'Afghanistan.
  Io stessa ho un visto e avrei potuto partire per essere presente fisicamente lì da voi in Italia, ma ho ritenuto che pur essendo importante partecipare a conferenze e incontri internazionali per raggiungere la comunità internazionale, al momento è ancora troppo rischioso per noi viaggiare. Lasciamo ancora aperta questa questione per valutare insieme se alcuni di noi possano lasciare per breve tempo l'Afghanistan.
  A proposito della domanda sulle possibilità di sostegno nei nostri confronti, noi siamo molto orgogliosi dell'operato di CISDA, un gruppo che in Italia ci sostiene da tempo in modo egregio. CISDA ha una grande esperienza, ci conosce perfettamente, ci ha fatto visita tante volte in Afghanistan e ha raggiunto i villaggi più remoti e più lontani. I membri di CISDA si sono recati in tutte le zone dell'Afghanistan e conoscono benissimo la situazione. Sono davvero orgogliosa dell'operato dei membri di CISDA che ci hanno accompagnato nelle nostre manifestazioni, nelle nostre celebrazioni e alle nostre riunioni. Sicuramente loro potranno aiutarvi, informandovi al meglio su come sia possibile darci un grande sostegno.
  Abbiamo bisogno di sostegno politico. È importante dare voce al popolo afgano, ai cittadini in Afghanistan che amano la libertà, la giustizia e la democrazia. Questa voce deve farsi sentire più forte in tutti i Paesi europei.
  Grazie all'operato di CISDA anche le donazioni ci consentono di portare avanti i nostri progetti. I nostri membri vengono invitati alle varie conferenze in tutto il mondo, a livello internazionale, e noi siamo davvero lieti di avere queste opportunità.
  Per noi l'Italia, la possibilità di incontrare giornalisti, di visitare le università, incontrare i rappresentanti del mondo accademico e sanitario ci dà la possibilità di avere contatti e fornire a voi tutti un'informazione di prima mano sulla situazione in Afghanistan.
  Un'altra domanda riguardava i giovani. Il 25 per cento della popolazione afgana è nato dopo il 2000, quindi la nostra popolazione, la nostra nazione è molto giovane. RAWA è nata all'interno delle università ed è per questo che riteniamo che le persone istruite, coloro che frequentano le università e le scuole superiori, possano avere un ruolo fondamentale. Hanno prospettive e opinioni completamente diverse e noi cerchiamo di costruire una rete sempre più forte con questi giovani, assistendoli in ogni modo possibile. Li aiutiamo a lavorare con noi, come nostri collaboratori. Tutti svolgiamo un'attività di documentazione di quel che accade, degli abusi e delle ingiustizie, e noi cerchiamo il più possibile di raggiungere quante più persone possibile.
  La quinta domanda ha in parte trovato una risposta con la mia risposta alla prima domanda: occorre prudenza nei confronti dei talebani. È importante che i Governi occidentali siano prudenti, non dando legittimità e potere ai talebani.
  Qualche giorno fa parlavo con i colleghi di CISDA e dicevo che al momento la situazione è molto difficile: la popolazione afgana ha estremo bisogno di assistenza umanitaria, perché è ben al di sotto della soglia di povertà e non ha reddito, ma nel frattempo questo sostegno, questi aiuti internazionaliPag. 10 stanno rendendo più forti i talebani e quindi diventa più difficile continuare a fornire questo supporto.
  Quello che posso dire è che è importante continuare a fornire un aiuto umanitario attraverso le ong e le organizzazioni locali che si trovano qui in Afghanistan, ma è importante esercitare pressione sui Governi in Europa affinché non riconoscano il Governo talebano e affinché non concludano accordi ufficiali a favore dell'Amministrazione talebana.
  I confini sono una fonte di grande preoccupazione per noi. Come vi ho detto, sul piano economico la chiusura dei confini non ci consente di avere prodotti alimentari, attrezzature sanitarie e medicine.
  La maggior parte di coloro che sono a rischio, che vogliono scappare e lasciare il Paese – non andare necessariamente in Europa, ma anche negli Stati Uniti –, coloro che vogliono andare anche in Pakistan e in Iran per sentirsi più al sicuro, trovano chiusi i confini. Ufficialmente i Governi di Iran e Pakistan – la maggior parte delle persone va in Pakistan – dicono che ci sarà presto una riapertura dei confini, ma al momento ci sono tante restrizioni che impediscono di ottenere i visti e i documenti necessari. Quindi, viaggiare costa moltissimo, anche verso quei Paesi. È importante che vengano mantenuti aperti quei corridoi, almeno verso il Pakistan, che consentono il flusso degli aiuti umanitari e delle attrezzature sanitarie.
  Al momento il Pakistan è l'alleato più vicino ai talebani, è la loro guida, e il Pakistan assumerà decisioni che cercano sempre di favorire i talebani, rafforzando la loro Amministrazione. Il Pakistan non farà nulla che sia contro la volontà del regime talebano. Ho omesso di rispondere a qualche parte delle vostre domande?

  PRESIDENTE. Grazie veramente per quello che ci ha detto. È stata un'audizione veramente utile, molto interessante. Accogliamo il Suo invito a continuare a occuparci di Afghanistan e ad aiutare le persone che sono in difficoltà in Afghanistan. Sicuramente gireremo il Suo invito al Governo di non riconoscere il regime dei talebani. Personalmente sono assai d'accordo su questo punto: un conto è trattare, un conto è parlare per questioni pratiche, materiali, altra cosa è riconoscere e legittimare. Speriamo di poter continuare questo confronto nei prossimi tempi.
  La ringrazio per tutto quello che fa. Esprimo la mia ammirazione personale e quella dei componenti del Comitato diritti umani nel mondo della Camera dei deputati, così come tutta la nostra solidarietà e vicinanza. Cercheremo di fare la nostra parte per non lasciare sola RAWA e le donne dell'Afghanistan.

  Rappresentante della Revolutionary Association of the Women of Afghanistan (RAWA). Grazie mille per gli sforzi che state compiendo e per l'audizione di oggi. Vi trasmetto i miei ringraziamenti e quelli di RAWA.

  PRESIDENTE. E adesso continuiamo. Io vorrei veramente dare la parola al Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afgane Onlus (CISDA), che fin dalla sua nascita sostiene il lavoro politico e sociale della Associazione RAWA e ha continuato per anni a fare missioni e incontri con le donne afgane. Darei la parola alla dottoressa Graziella Mascheroni che è in collegamento con noi. Prego, dottoressa.

  GRAZIELLA MASCHERONI, rappresentante del Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afgane Onlus (CISDA). Buongiorno a tutti. Sono molto onorata di essere stata invitata a questa audizione.

  PRESIDENTE. Potrebbe mettere il video? Non la vediamo. Grazie.

  GRAZIELLA MASCHERONI, rappresentante del Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afgane Onlus (CISDA). Vi ringrazio moltissimo di essere stata invitata a questa audizione e sono molto emozionata per le parole della rappresentante di RAWA, che ha citato tantissime volte il nostro Coordinamento, dicendo che da venti anni sosteniamo RAWA, sia politicamente sia economicamente. È un grande ringraziamento Pag. 11che voglio fare a nome di tutte le compagne del Coordinamento.
  Potrei dire due parole che comunque Lei, presidente Boldrini, ha già accennato. Il nostro Coordinamento collabora da vent'anni con RAWA, che ha fatto un grande lavoro politico e umanitario. Sono nate anche parecchie altre piccole associazioni che portano avanti i progetti sul lato umanitario e politico. Queste associazioni sono, per esempio, HAWCA, che è l'Associazione Umanitaria per le Donne e i Bambini dell'Afghanistan, OPAWC (Organizzazione per la promozione delle abilità lavorative delle donne afgane), SAJSS (Associazione sociale afghana dei richiedenti giustizia) e AFCECO (Organizzazione per la formazione e la cura dei bambini), che cura gli orfanotrofi per le bambine e i bambini. Queste associazioni sono state veramente fantastiche e i progetti che sosteniamo sono frutto delle richieste afgane.
  Il nostro focus è proprio quello di collaborare con loro senza imporre assolutamente nulla, infatti i progetti sono richiesti direttamente da loro. Il nostro Coordinamento è composto da attiviste che non percepiscono nessuno stipendio – siamo tutte volontarie – e tutti i fondi che vengono donati da privati, associazioni, istituzioni, fondazioni e banche finiscono completamente in Afghanistan per sostenere questi progetti.
  Come diceva l'attivista di RAWA, le invitiamo periodicamente in Italia per farle partecipare a conferenze e con loro andiamo nelle scuole e nelle università. Questo aspetto viene svolto con il loro aiuto loro perché, come abbiamo sentito oggi, una voce diretta conta moltissimo. Noi cerchiamo di portare le loro voci in Italia, perché una voce diretta è veramente eccezionale.
  Inoltre, periodicamente facciamo delle piccole missioni e a partire dal 2002 siamo stati in varie parti dell'Afghanistan e abbiamo visto anche villaggi sperduti, dove la realtà è proprio rurale e molto ridotta rispetto alle città, dove invece fino a poco tempo fa la vita era completamente diversa. Avete qualche domanda?

  PRESIDENTE. Sì, dottoressa Mascheroni, grazie. A me farebbe piacere avere qualche indicazione su come ora intendete operare, su come ora intendete riaggiustare il tiro rispetto alle vostre iniziative e se adesso avete la possibilità di incidere ed agire a sostegno delle donne RAWA e quali sono gli impedimenti. Vorrei avere un quadro sull'attualità e sulle sfide future che questo presenta. Grazie.

  GRAZIELLA MASCHERONI, rappresentante del Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afgane Onlus (CISDA). Diciamo che in questi momenti ci stiamo attivando con varie manifestazioni. L'11 settembre a Milano è stata fatta una grande manifestazione di supporto alle donne afgane, che è stata organizzata dal CISDA, ma è stata partecipata da tante altre organizzazioni. Il 25 novembre ci sarà una grande mobilitazione a livello nazionale e in ogni città ci sarà una manifestazione sempre in supporto alle donne afgane. Questa è la parte imminente.
  Per quanto riguarda, invece, il fatto dell'aiuto finanziario, noi abbiamo lanciato una campagna, che si chiama «Emergenza Afghanistan», subito prima che i talebani entrassero Kabul. Questa campagna si rivolgeva a tre aspetti: i profughi interni; i bambini di AFCECO che erano stati dislocati nelle famiglie chiudendo gli orfanotrofi, perché si pensava fossero un target molto «goloso» per i talebani; e anche le donne che si trovavano nella Casa delle donne maltrattate, nello shelter, anche loro dislocate nelle varie famiglie.
  Noi abbiamo lanciato questo appello umanitario per far fronte a queste tre esigenze perché, come diceva l'attivista di RAWA, è tutto chiuso e i progetti già finanziati per il momento sono fermi. Abbiamo lanciato questa campagna «Emergenza Afghanistan» e devo dire che c'è stata una risposta molto interessante. L'unica cosa in questo momento è cercare di far arrivare i fondi, perché le banche sono ancora chiuse e quindi c'è il rischio che vengano intercettati. Siamo alla ricerca di canali sicuri per fare arrivare i fondi.

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  PRESIDENTE. Grazie. Chiedo se ci sono colleghi vogliono intervenire. La presidente Spadoni voleva intervenire, prego.

  MARIA EDERA SPADONI. Grazie, presidente. Più che delle domande ho solo alcune riflessioni. Intanto ringrazio CISDA per il lavoro che ha fatto nel territorio.
  Credo che il Parlamento possa dare un contributo importante sia all'interno di questo Comitato diritti umani – tutti conosciamo la sensibilità della presidente Boldrini – e credo anche del Comitato cooperazione e sviluppo Agenda 2030, che a breve verrà riconvocato per fare il punto sulla questione della cooperazione internazionale. Per questo credo che il Comitato sarà una buona opportunità ed eventualmente anche una joint venture per riuscire a verificare, capire quello che il Parlamento può fare, che tipo di stimoli di suggerimenti può dare al Governo, che tipo di lavoro può fare proprio per migliorare la condizione delle donne in Afghanistan, e non solo, e anche per far sì che i progetti di cooperazione abbiano un'attuazione specifica e soprattutto che portino a dei feedback importanti. Credo che il Parlamento sia assolutamente a servizio di queste di queste idee e di queste azioni, anche per contrastare queste situazioni.

  PRESIDENTE. Prego, dottoressa Mascheroni.

  GRAZIELLA MASCHERONI, rappresentante del Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afgane (CISDA). Innanzitutto, ringrazio di nuovo per questo interessamento da parte del Parlamento. Noi speriamo moltissimo che anche il nostro Governo, come è stato chiesto dall'attivista di RAWA, non riconosca il Governo dei talebani e speriamo di riuscire a fare delle pressioni in modo tale che si aprano anche questi corridoi umanitari perché – come diceva sempre l'attivista – il Pakistan non è un grande amico dell'Afghanistan, anzi ha sempre appoggiato il regime dei talebani. Tuttavia, in Pakistan ci sono delle zone dove, anche risalendo a parecchi anni fa, esistevano dei campi profughi per gli afgani. Infatti, si pensa che fino a venti anni fa c'erano 4 milioni di afgani che vivevano in Pakistan, essenzialmente nella zona di Peshawar, al confine con l'Afghanistan, che era considerata quasi una città afgana in Pakistan.
  Mi auguro che il Pakistan riesca ancora ad aprire le frontiere per far sì che chi vuole trasferirsi o utilizzare il Pakistan per arrivare in Europa, glielo permetta e che non metta delle leggi molto rigorose o dei costi altissimi per permettere agli afgani di transitare.

  PRESIDENTE. Bene. Grazie, dottoressa Mascheroni per quello che fa la sua organizzazione e per quello che Lei ci ha voluto rappresentare.
  Penso che questo dialogo continuerà, perché il Comitato porterà comunque avanti questa indagine conoscitiva e sicuramente i diritti delle persone in Afghanistan, e delle donne in particolare, saranno alla nostra attenzione.
  La ringrazio e dichiaro chiusa questa audizione.

  La seduta termina alle 10.20.