XVIII Legislatura

III Commissione

Resoconto stenografico



Seduta pomeridiana n. 24 di Mercoledì 19 febbraio 2020

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Grande Marta , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'IMPEGNO DELL'ITALIA NELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE PER LA PROMOZIONE E TUTELA DEI DIRITTI UMANI E CONTRO LE DISCRIMINAZIONI

Audizione della Coordinatrice nazionale per la lotta contro l'antisemitismo, professoressa Milena Santerini, e del Capo della delegazione italiana presso la International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA), Luigi Maccotta.
Grande Marta , Presidente ... 3 
Santerini Milena , Coordinatrice nazionale per la lotta contro l'antisemitismo ... 4 
Grande Marta , Presidente ... 7 
Maccotta Luigi , Capo della delegazione italiana presso la ... 7 
Grande Marta , Presidente ... 9 
Romano Andrea (PD)  ... 9 
Schirò Angela (PD)  ... 10 
Romaniello Cristian (M5S)  ... 11 
Cabras Pino (M5S)  ... 11 
Comencini Vito (LEGA)  ... 12 
Grande Marta , Presidente ... 13 
Maccotta Luigi , Capo della delegazione italiana presso la ... 13 
Santerini Milena , Coordinatrice nazionale per la lotta contro l'antisemitismo ... 14 
Grande Marta , Presidente ... 14

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Cambiamo!-Alleanza di Centro: Misto-NI-USEI-C!-AC;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Centro Democratico-Radicali Italiani-+Europa: Misto-CD-RI-+E;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
MARTA GRANDE

  La seduta comincia alle 15.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione della Coordinatrice nazionale per la lotta contro l'antisemitismo, professoressa Milena Santerini, e del Capo della delegazione italiana presso la International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA), Luigi Maccotta.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'impegno dell'Italia nella comunità internazionale per la promozione e tutela dei diritti umani e contro le discriminazioni, l'audizione della Coordinatrice nazionale per la lotta contro l'antisemitismo, professoressa Milena Santerini, e del Capo della delegazione italiana presso la International Holocaust Remembrance Alliance, Ambasciatore Luigi Maccotta. Saluto e ringrazio i nostri ospiti per la loro disponibilità.
  Ricordo che il 17 gennaio scorso il Consiglio dei Ministri, in coerenza con la risoluzione sulla lotta contro l'antisemitismo adottata dal Parlamento europeo il primo giugno 2017 e con le conclusioni del Consiglio europeo del 13 e 14 dicembre 2018, ha accolto la seguente definizione di «antisemitismo» concordata in seno all'IHRA: «l'antisemitismo è una certa percezione degli ebrei, che può essere espressa come odio nei loro confronti. Le manifestazioni retoriche e fisiche di antisemitismo sono dirette verso le persone ebree o non ebree e/o la loro proprietà, le istituzioni delle comunità ebraiche e i loro luoghi di culto». Contestualmente, il Consiglio dei Ministri ha convenuto sulla nomina della professoressa Santerini come Coordinatrice nazionale per la lotta contro l'antisemitismo. Quanto al nostro secondo ospite, l'Ambasciatore Maccotta, come accennato, è a Capo della delegazione italiana presso la International Holocaust Remembrance Alliance, organizzazione intergovernativa istituita su iniziativa dell'ex Primo Ministro svedese Persson allo scopo di promuovere l'educazione alla ricerca e alla memoria dell'Olocausto, nonché di mantenere gli impegni assunti con la dichiarazione di Stoccolma sulla Shoah del 2000. Attualmente, trentaquattro Paesi, tra cui l'Italia, sono membri effettivi dell'organizzazione, altri sette hanno lo status di osservatore e uno, la Macedonia del Nord, ha lo status di liaison country.
  Ritengo opportuno segnalare che il 4 luglio 2019 l'Agenzia europea per i diritti fondamentali ha pubblicato un rapporto condotto assieme all’Institute for Jewish Policy Research, dal quale risulta che il 45 per cento di 2 mila 700 giovani ebrei consultati in dodici Paesi dell'Unione, tra cui l'Italia, di età compresa tra i sedici e i trentaquattro anni, sceglie di non indossare in pubblico simboli ebraici, a cominciare dalla kippah, a difesa della propria incolumità. L'81 per cento ritiene che l'antisemitismo sia un problema e il 41 per cento sta considerando di emigrare. Rispetto a una precedente ricerca condotta dalla stessa agenzia, che riguardava le fasce di età più alte, i dati evidenziano che i giovani ebrei Pag. 4sono maggiormente molestati e minacciati rispetto ai loro correligionari più anziani e sono tendenzialmente i giovani quelli più pronti a partire. Lo studio individua tre cause principali del crescente antisemitismo: i gruppi islamici radicalizzati sempre più presenti in Europa, gli ambienti dell'estrema sinistra storicamente ostili per la questione palestinese e l'estrema destra negazionista e revisionista, che sta prendendo sempre più piede. In generale, l'antisemitismo è un fenomeno in preoccupante crescita in tutta l'Europa e in Occidente, al punto da configurare ormai una vera e propria emergenza internazionale soprattutto per le giovani generazioni, tale da imporre una riflessione anche di carattere geopolitico.
  Sono lieta, quindi, di dare la parola alla professoressa Santerini affinché svolga il suo intervento. Prego.

  MILENA SANTERINI, Coordinatrice nazionale per la lotta contro l'antisemitismo. Grazie, Presidente, grazie a tutti i deputati presenti per questa occasione di presentare il ruolo che rivesto da un mese circa, che è quello di Coordinatrice nazionale per la lotta contro l'antisemitismo. Una risoluzione del 2017 del Parlamento europeo aveva invitato tutti gli Stati membri a nominare queste figure, che devono sostanzialmente vigilare per far progredire il contrasto all'antisemitismo in tutti i Paesi europei. Naturalmente, io ritengo che questa necessità di vigilare sia particolarmente importante in questo momento. Veniamo, infatti, da un periodo particolare. Il 27 gennaio è il Giorno della memoria, stabilito con una legge del 2000, come sappiamo bene, e proprio in questo periodo c'è stato un intensificarsi di atti antisemiti.
  Non a caso, questa coincidenza tra una maggiore visibilità della memoria dell'Olocausto e della lotta all'antisemitismo ha a che fare anche con delle reazioni. Come diceva bene la presidente, questo fenomeno dell'antisemitismo, in crescita non solo quantitativa, ma qualitativa, è un fenomeno europeo e non soltanto italiano. Qui siamo alla Commissione Affari esteri, quindi io vorrei impostare il mio intervento principalmente sugli aspetti che riguardano anche la situazione internazionale. Un'indagine a livello europeo, che riporta l'opinione di quasi 17 mila persone che si identificano come ebrei, in 12 Stati membri, per esempio, ha dato risultati molto inquietanti, perché un'ampia maggioranza, cioè quasi il 90 per cento, ritiene che l'antisemitismo sia aumentato negli ultimi tempi. Come si diceva, c'è paura a esporre i simboli e le molestie antisemite sono considerate normali. Credo che questo valga, per certi aspetti, anche nel nostro Paese. Abbiamo poi i dati a livello della Germania, che ci dicono che i reati antisemiti sono aumentati del 20 per cento. A febbraio 2019 il Ministro degli Interni francese ha dichiarato un incremento dei casi, saliti addirittura del 74 per cento in un anno.
  Io, però, non vorrei fermarmi soltanto sugli aspetti quantitativi, ma sul fatto che le forme di antisemitismo vanno cambiando e modificandosi, e vanno contestualizzate nei diversi periodi storici. Le indagini a livello italiano mostrano molte luci ed ombre. Da un lato c'è un inquietante fenomeno di, chiamiamolo, «negazionismo», o meglio, di ignoranza della storia, di dimenticanza della storia. Ebbene, il 15 per cento degli italiani pensa che la Shoah non ci sia stata oppure che non sia così importante. Questo è il rapporto Eurispes del 2020. C'è però un altro dato importante che vorrei citare: molti, in questo caso secondo me giustamente, lo mettono in collegamento con la conseguenza di un linguaggio d'odio diffuso che effettivamente negli ultimi anni abbiamo normalizzato, banalizzato, che non preoccupa più. Potremmo dire che, se anche non c'è chiaramente una conseguenza, una ripercussione automatica tra il linguaggio e i gesti di odio, sappiamo però – per esempio dal fenomeno cosiddetto «della piramide dell'odio» diffuso dall’Anti-Defamation League – che alla base della piramide c'è un linguaggio ostile che man mano si può concretizzare in gesti ostili, in un antisemitismo frammentato, in un infra-razzismo della società, fino a gesti più eclatanti, per poi arrivare fino alla vera e propria violenza. Bisogna stare molto attenti al fenomeno di questo scivolamento da un linguaggio consueto, da un linguaggio Pag. 5derisorio, da affermazioni che sembrano normali alla maggior parte dei cittadini – gli ebrei controllano il potere economico e così via – alla vera e propria ostilità.
  C'è poi – vorrei farlo notare – anche un altro aspetto: l'antisemitismo non si può soltanto fotografare, è un fenomeno che si sviluppa nel tempo. Una recente ricerca SWG del gennaio di quest'anno, quindi recentissima, ci dice che c'è un rischio di polarizzazione; cioè, da un lato aumenta in una fascia della popolazione la tendenza a negare l'Olocausto e a sottovalutare il numero delle vittime, e dall'altro aumenta anche la reazione a bilanciare questo tipo di atteggiamenti e a rispondere con un impegno maggiore.
  C'è un altro aspetto che vorrei sottolineare, che è molto importante, proprio per non lasciare il discorso soltanto sulla quantità, perché molti chiedono: è aumentato? Non è aumentato? Che cosa succede? Per confermare che le differenze sono anche molto sul piano qualitativo, vorrei riportare un dato che a mio parere è molto importante: il Centro di documentazione ebraica contemporanea, con il suo osservatorio sull'antisemitismo, da più di vent'anni monitora il fenomeno dell'antisemitismo e nel 2019 ha rilevato duecentocinquanta atti antisemiti, che comprendono un po’ tutto, dai vandalismi alle scritte sui muri, eccetera. I due terzi di questi atti di antisemitismo sono online. Quello che dobbiamo dire è che la battaglia si è un po’ spostata, come sappiamo, sul mondo del web, che da un lato evidentemente è assolutamente imprescindibile, essendo la base della comunicazione ormai di tutti noi, ma che ospita anche tante forme di ostilità, di odio, di aggressività, in questo caso contro il mondo ebraico, ma anche di razzismo, di antigitanismo, di sessismo e così via. È qui che dobbiamo rivolgerci, tanto più che negli ultimissimi mesi, quindi nel 2020, abbiamo visto molti episodi di atti antisemiti fatti fisicamente: le svastiche sui muri, la stella di David eccetera. C'è da chiedersi – e se lo chiedono un pochino tutti gli esperti – se questo aumento delle violenze fisiche e verbali non sia conseguenza anche di un clima che si è creato.
  Vado anche a che cosa fa l'Italia a questo livello. Da un lato l'IHRA, l’International Holocaust Remembrance Alliance, della cui delegazione italiana faccio parte. Come sapete – ma ne parlerà in seguito l'Ambasciatore Maccotta – noi abbiamo assunto la presidenza dell'IHRA nel 2018. Con questa task force di Paesi si è lavorato molto a livello della memoria dell'Olocausto: memoria dell'Olocausto e antisemitismo, che evidentemente vanno visti insieme e non possono essere separati. È chiaro che uno è un evento che si è svolto nel passato, l'altro è un atteggiamento di ostilità che assume varie forme, ma naturalmente noi sappiamo che la memoria della storia è uno dei maggiori antidoti proprio al pensiero ostile, al pensiero prevenuto, al pensiero di odio. In questo senso – se ne parlerà magari dopo – il Consiglio dei Ministri il 17 gennaio mi ha nominato Coordinatrice e il 27 ha accolto il documento dell'IHRA, che comprende anche la definizione che è stata ora letta dalla presidente. Cito questo perché il documento contiene anche degli esempi illustrativi che entrano in merito a che cos'è l'antisemitismo. È qui dove io vorrei un attimo fermarmi. Quando diciamo «varie forme di antisemitismo», intendiamo dire che l'antisemitismo è un fenomeno molto antico. Possiamo farlo risalire al tradizionale antigiudaismo cristiano, che è presente fin dalle origini del cristianesimo. Già nella Bibbia noi abbiamo episodi di quello che dopo, in età moderna, avremmo chiamato «genocidio» o comunque «persecuzione di gruppo», ma sappiamo bene che ci sono stati due salti di qualità nella storia: uno nel XVI secolo, quando l'antisemitismo di natura religiosa e culturale si è riferito alla purezza del sangue, la limpieza de sangre, con cui si è cercato di identificare la differenza tra gli ebrei e gli altri; ha fatto fare un salto di qualità all'ostilità antiebraica, cioè si è detto, sostanzialmente, che gli ebrei fossero un gruppo che etnicamente poteva essere definito e separato. Questo ha assunto dei caratteri parossistici, purtroppo, con il sistema nazionalsocialista, quando il presunto antisemitismo scientifico ha creduto di poter individuare la Pag. 6razza ebraica, con le conseguenze che sappiamo.
  Oggi che ne è di questo antisemitismo? Chiaramente, è ancora presente. È ancora presente soprattutto nelle frange estreme, per esempio nelle frange estreme di un estremismo di destra, che ancora si rifà al sangue, alla purezza etnica, alla razza, ma sappiamo bene che ci sono anche altre forme di antisemitismo più di tipo culturale e sociale. Si citava adesso nel rapporto, per esempio, invece un razzismo o un antisemitismo – sono due cose diverse, però in questo caso ne parlo come fenomeni collegati –, sappiamo bene che il conflitto Israele-Palestina ha creato una diffusa ostilità anti-Israele, che in alcuni casi può scivolare nel vero e proprio antisemitismo. La definizione dell'IHRA punta su questo aspetto. Abbiamo poi un antisemitismo che si rifà a tematiche care all'antisemitismo della seconda guerra mondiale, del periodo della deportazione, cioè l'ebreo ricco, usuraio, banchiere, cosmopolita, in cui si unisce il potere economico alla volontà di meticciare il mondo, quindi di mischiare le razze e di perdere di nuovo la purezza. Guardate quanti casi! Aggiungiamo un pensiero cospiratorio, che naturalmente tende a vedere negli ebrei le cause di tutto, compreso l'attentato alle Torri Gemelle, comprese tutte le peggiori efferatezze che avvengono nel mondo, e capite come questo «virus» – scusate la parola, perché siamo in tempi di coronavirus, quindi non è molto attinente – possa riemergere, però assumendo delle forme diverse a seconda delle epoche storiche.
  Questo – e vado a chiudere, visto che non ho molto tempo – ci porta a capire che cosa possiamo e dobbiamo fare. Naturalmente, dovremmo utilizzare e adottare delle strategie multidimensionali. La mia posizione personale: io sono stata nominata Coordinatrice, ma sono attualmente Vicepresidente del Memoriale della Shoah di Milano, luogo da cui sono partiti i convogli per Auschwitz, da cui è partita il 30 gennaio 1944 Liliana Segre. Sono stata tra i promotori di questo luogo della memoria autentico. Sono nella delegazione dell'IHRA e sono anche nel Consiglio scientifico del Centro di documentazione ebraica contemporanea. Per tanti anni ho lavorato su tante forme di odio e qui in Parlamento, nella XVII legislatura, come delegata al Consiglio d'Europa, sono stata per tre anni rapporteur generale contro l'intolleranza e il razzismo. È in questa veste che io ritengo che le polarizzazioni sulla memoria, sull'odio, sul razzismo, sull'antisemitismo siano particolarmente pericolose e quindi dichiaro subito la mia posizione personale, che è molto semplice: tutte le forme di antisemitismo sono pericolose, tutte vanno contrastate. Non ci possiamo dividere se sia più grave, più incombente, più pericoloso, più minaccioso l'uno o l'altro. Tutto quello che tende a escludere dei gruppi, a emarginarli della vita civile, a stabilire il confine tra il puro e l'impuro è qualche cosa che mina la convivenza civile. È chiaro che, se il fenomeno è multidimensionale, anche le strategie devono essere multidimensionali. Dobbiamo utilizzare delle strategie che sono chiaramente di tipo normativo, anche se noi possediamo già delle norme, come la legge Mancino, che ci permettono, almeno in gran parte, di colpire e di reprimere sul piano penale chi assume questo tipo di atteggiamenti.
  Naturalmente, abbiamo tutti gli strumenti penali per colpire chi vandalizza, chi offende sul piano razziale, chi diffama o chi compie atti di violenza fisica. Naturalmente, non siamo attrezzati noi italiani, ma neanche nessuna parte del mondo, sul cosiddetto «odio online», su cui ovviamente immagino ci sarà sempre di più una discussione qui in Parlamento. Sappiamo benissimo che il confine tra libertà di espressione e violenza è molto labile; quindi dovremmo trovare delle norme sagge e giuste perché non sia possibile il dilagare di questo fenomeno. Vi aggiungo soltanto che, se voi andate a vedere su internet i meme antisemiti di oggi, trovate un quadro piuttosto impressionante, perché le immagini simbolo sono quelle del passato, cioè l’happy merchant, la fisionomia dell'ebreo col naso adunco che si sfrega le mani perché ha guadagnato: lo ritrovate sotto le Torri Gemelle, lo ritrovate al confine tra Messico e Stati Uniti, lo ritrovate in tutte le situazioni Pag. 7politiche contemporanee senza alcun motivo, se non quello di associare l'ebreo a una sensazione di pericolo. Troverete queste immagini associate ad animali, strategia che è stata molto usata dal nazismo per disumanizzare e rendere facile il compito dei persecutori. Se io associo un essere umano a qualche cosa che io temo o che è disgustoso, sarà più facile per me poter giustificare la violenza verso di loro. Questo ce l'ha spiegato Primo Levi con il fenomeno della disumanizzazione, quando ci spiegava perché era necessario disumanizzare gli ebrei. Bastava ucciderli? No! Bisognava prima rendere facile il compito a chi li doveva uccidere, cioè bisognava dire che non erano uomini o non erano donne, altrimenti la normale coscienza civile di ciascun cittadino italiano, tedesco, europeo si sarebbe ribellata a uccidere un bambino, un uomo, una donna, un vecchio. Questo fenomeno di associazione al disgusto, di associazione a problematiche assume un carattere spaventoso su internet, perché ovviamente è quantitativamente molto invasivo. Chiudo veramente: c'è da fare un punto, un lavoro molto ampio di contrasto, che è un lavoro a livello europeo. Qui so che voi avrete – adesso lascio la parola all'Ambasciatore Maccotta – probabilmente l'occasione di incontrare anche i rappresentanti di altri Paesi europei. La Shoah è stata un'impresa europea, è stata fatta dagli europei, chiaramente con colpevoli principali, che sono ovviamente il regime nazionalsocialista dell'epoca e complice anche, purtroppo, il regime fascista dell'epoca, ma con la collaborazione di tutti i Paesi europei. Ed è qui che oggi, invece, dobbiamo ricostruire – io credo – anche un'identità europea condivisa. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio la professoressa Santerini e ora darei la parola all'Ambasciatore Maccotta per il suo intervento. Poi lasciamo qualche minuto ai colleghi per le domande. Prego.

  LUIGI MACCOTTA, Capo della delegazione italiana presso la International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA). Grazie. Innanzitutto mi scuso per il ritardo, ma ero a colazione dall'Ambasciatore messicano; c'era anche Liliana Segre, per cui per me era un grande onore e un'ottima occasione per conoscerla, omaggiarla e farle i complimenti per il discorso che ha pronunciato ieri alla Sapienza, veramente eccezionale.
  Pur non avendo ascoltato tutto il discorso della professoressa Santerini, lo approvo al cento per cento perché già collaboriamo. La professoressa, oltre a essere stata nominata recentemente Coordinatrice nazionale per la lotta all'antisemitismo, è anche membro della delegazione italiana presso l'IHRA, che io conduco. Ho l'onore di esserne Capo da qualche mese. Io provengo dalla carriera diplomatica. Fino a sei mesi fa ero Ambasciatore a Città del Messico, però sono stato per sei anni e mezzo della mia vita in Israele. Ho lavorato lì quattro anni e mezzo, per cui è un tema che mi appassiona e mi affascina. L'occasione che mi è stata data dal MIUR nominandomi capo delegazione per me è stata veramente una cosa formidabile. L'IHRA Non è molto conosciuta, devo dire. Io stesso, che mi occupo di cose in Medio Oriente – insomma, temi ebraici –, non la conoscevo fino a qualche mese fa. L'ho scoperta e merita, perché effettivamente è un'alleanza intergovernativa. Non è una vera e propria organizzazione internazionale come le Nazioni Unite e l'UNESCO, che ne sono peraltro partner. Comprende ben trentaquattro Paesi; è stata creata, lanciata circa una ventina di anni fa, nel 1998 per l'esattezza, da un Primo Ministro svedese, Persson, che ebbe questa idea di creare un gruppo di Paesi riuniti in una task force. Poi è evoluta, c'è stata la dichiarazione di Stoccolma, che è un impegno comune – all'epoca erano circa trenta Paesi – per lottare contro i genocidi e preservare la memoria della Shoah. Qualche settimana fa, esattamente il 19 gennaio, a Bruxelles, è stata adottata una nuova dichiarazione ministeriale dai Ministri degli Esteri dei trentaquattro membri per reiterare questo senso di missione collettiva, di questi Paesi, che non sono tutti europei: venticinque europei, gli altri sono Australia, Canada, Argentina, Uruguay...Sono Paesi dove comunque esistono Pag. 8delle collettività ebraiche, Paesi che hanno avuto a che fare con la Shoah e sono consapevoli del tema e del problema. È una dichiarazione che vuole sottolineare un senso di urgenza di fronte al ritorno dell'antisemitismo; mi sembra essere questo il tema.
  Per tanti anni ci si è cullati nell'impressione che questo appartenesse al passato, per cui ci si poteva limitare a conservare e preservare la memoria della Shoah, farla studiare nelle scuole – che è sacrosanto, molto importante – preservare i siti – Auschwitz, ma anche altri campi di concentramento – curare tutta la rete di musei che parlano dell'Olocausto e via dicendo. Adesso stiamo vivendo in questo periodo di crisi – poi si potrebbe dibattere sul tema della crisi, sul termine «crisi» –, c'è la percezione che con il passare del tempo e, purtroppo, con la scomparsa dei superstiti e dei testimoni, c'è il rischio che il negazionismo si possa affermare e si cancelli, prima di tutto, un intero pezzo di storia, dal momento che si può anche dire che l'Unione europea, l'Europa unita sia stata fondata sulle macerie della seconda guerra mondiale, ma anche dell'Olocausto, per cui è un pezzo di storia europea importantissimo; dall'altro, c'è il rischio banalizzare, fare in modo che a un certo punto...Tutto questo non significa che si debba a tutti i costi tornare alle cose orribili e tremende che sono successe settanta anni fa. Io personalmente non lo credo, però, ciò detto, siccome stiamo vivendo un periodo in cui ci sono forme di xenofobia, di razzismo, di rigetto dell'altro, tutto questo, messo insieme e unito, preoccupa. Preoccupa per la tenuta democratica delle nostre società aperte, che devono essere aperte, e preoccupa perché, con i nuovi mezzi di comunicazione e con la rete, tutto questo, effettivamente, può essere diffuso in maniera velocissima e protetta dall'anonimato.
  Un conto è parlare apertamente, come fanno i vari storici negazionisti, che ci mettono la firma; un conto è perpetuare, diffondere l'odio al riparo e nella rete. Questo è più difficile da colpire e soprattutto attecchisce su un maggior numero di utenti, soprattutto tra i giovani.
  L'IHRA cosa fa esattamente? L'IHRA certamente non può dettare legge; l'IHRA consiglia, mette insieme, cerca di far lavorare insieme esperti, storici dei vari Paesi membri per curare e preservare la memoria della Shoah e anche porsi il problema di come combattere queste nuove forme di antisemitismo, in genere. Ha approvato nel maggio 2016 una dichiarazione, una definizione di cosa sia l'antisemitismo, che il Governo italiano, unitamente con la nomina della professoressa Santerini lo scorso 17 gennaio, ha accolto. Il tema che ci proponiamo di svolgere – la professoressa insieme alla delegazione, che consta di circa undici membri – è quello di cercare di capire come calare questa definizione, che non è perfetta – lascia un po’ a desiderare, c'è vaghezza, i termini non sono del tutto convincenti – nella realtà italiana, come fare in modo che un atto politico forte, importante, simbolico, solenne, come l'accoglimento da parte del Consiglio dei Ministri, poi in qualche modo venga attuato e implementato nella società italiana assieme a quelli che possono essere i vari enti, le varie istituzioni che hanno a che fare con questi temi. Penso alla magistratura, alla polizia ma anche alla società civile, perché queste responsabilità – sia la preservazione e la conservazione della memoria dell'Olocausto sia la lotta alle discriminazioni, al razzismo, alla xenofobia e all'antisemitismo – riguardano le società civili prima di tutto. Riguarda la scuola, i giovani e le generazioni. Non è un tema circoscritto ai Governi, che possono fare molte cose, ma non possono fare tutto. Per cui questa definizione è stata accolta. C'è adesso una nuova definizione, di cui parlavo prima, adottata a gennaio, che è una definizione che ha aperto il tema. Mentre la definizione di Stoccolma, che risale al 2000, era circoscritta all'Olocausto e al nazismo, questa nuova definizione di un mese fa si apre su altri fronti, anche perché c'è stata una evoluzione della ricerca storiografica, ossia si è capito che non tutto è colpa dei nazisti e della Germania. Ci sono state delle connivenze, alleanze, responsabilità di altri Paesi, compreso il nostro. Questo va anche riconosciuto, compreso il nostro. Pag. 9
  In più i genocidi non sono esclusivamente i campi di concentramento e di sterminio. Non riguardavano esclusivamente i sei milioni di ebrei. Hanno riguardato anche altre categorie ed etnie: oltre ai prigionieri politici, gli omosessuali, anche i rom e i sinti, per cui va riconosciuto in questa nuova dichiarazione anche il danno, il torto che è stato fatto alle comunità rom. Direi che c'è un'evoluzione. Io sinceramente, ripeto, non conoscevo l'IHRA. La trovo in questo momento un'alleanza che se non esistesse, andrebbe inventata. È utile e ha un mandato aperto alla possibilità di nuovi apporti. Recentemente è entrato il Portogallo. Sei mesi fa è entrata l'Australia. Un domani ci potrebbe essere la Russia, l'Ucraina, non si sa. È difficile, è spinoso, sono temi controversi. Si riunisce a scadenza semestrale in assemblea plenaria. Quest'anno a marzo comincerà la presidenza tedesca che sarà sicuramente una presidenza forte, impegnata, una presidenza che vorrà fare qualcosa e lasciare un'impronta. Ci sono dei comitati, dei gruppi di lavoro. Noi ne facciamo parte. L'Italia fa parte del gruppo di lavoro sulle questioni accademiche, le questioni di educazione, le questioni della preservazione degli archivi, la preservazione dei musei. Per cui siamo attivi. Siamo anche scrutinati, ossia questo tipo di alleanza come tutte le alleanze – questo vale anche per le Nazioni Unite, per la NATO – sono dei palcoscenici, dove veniamo giudicati dai nostri pari, dagli altri Paesi. Tant'è vero che quest'anno l'Italia sarà sottoposta a quello che chiamano un country report, ossia dovremo dimostrare che nel sistema educativo o istituzionale, anche in senso più ampio, ci si occupa e preoccupa delle questioni di antisemitismo e della Shoah, che la scuola se ne fa carico e fino a che punto tutto questo viene affermato in una società democratica e aperta come siamo noi. Sarà un tema, questo, che verrà sottoposto all'attenzione di trentaquattro Paesi.
  Ripeto, sono sia funzionari, diplomatici in genere, ma soprattutto l'ossatura, la parte importante dell'organismo sono gli storici, gli esperti, le persone che sanno e che effettivamente intervengono e riescono a volte anche a correggere una certa superficialità che ci può essere nel trattare questi temi. Per cui io sono ben lieto della nomina che l'Italia ha fatto quest'anno, ha preso due decisioni molto importanti. Calcolate che ben venticinque Paesi sui trentaquattro l'avevano fatto, ossia nominare un coordinatore nazionale per l'antisemitismo e recepire in qualche modo la definizione di antisemitismo. È un grande passo avanti. Io credo che questo ci fa onore e sono a vostra disposizione per qualsiasi quesito e ringrazio per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie. Io passerei ora agli interventi da parte dei colleghi. Il primo iscritto a parlare è l'onorevole Romano, prego.

  ANDREA ROMANO. Grazie, presidente. Innanzitutto in bocca al lupo e complimenti sia all'Ambasciatore Maccotta che alla professoressa Santerini che saluto come ex collega, se me lo permette, ricordando la sua esperienza nella passata legislatura. Naturalmente salutiamo anche la duplice decisione del Governo, che è estremamente importante per i motivi che avete ricordato. Sarò molto sintetico. Abbiamo purtroppo poco tempo, perché la discussione avrebbe meritato un approfondimento molto più lungo. La professoressa Santerini nel suo intervento giustamente faceva riferimento al pensiero cospiratorio – sintetizzo e banalizzo, e me ne scuso – ovvero al bacino – non so se dire culturale, ma certamente politico e psicologico – dentro il quale storicamente, ma anche nei nostri giorni, si è manifestato l'antisemitismo. Siamo in un parlamento, ovviamente a noi interessa in particolare, oltre all'aspetto storico, anche la dimensione più prettamente politica dell'antisemitismo, ovvero – qui introduco un primo punto sul quale vorrei se possibile una replica da parte dei relatori – il potenziale di minaccia alla democrazia che è contenuto dentro l'antisemitismo, sia per il suo fare riferimento alla dimensione cospiratoria, sia anche come strumento – come ha ricordato la professoressa Santerini – dell'intossicazione del dibattito pubblico, quelle che noi chiamiamo Pag. 10 banalmente fake news, comunque quello è il filone.
  Pochi giorni fa la Commissione Affari esteri, dentro la quale ci troviamo, ha varato una decisione importante, quella di avviare un'indagine conoscitiva sulle possibili interferenze straniere rivolte alla collocazione internazionale del nostro Paese. Questa è la dizione formale. Sostanzialmente si tratterà di un'indagine che avvierà il Parlamento, in particolare la Commissione, volta a raccogliere informazioni sull'esistenza o meno di ingerenze straniere sulla nostra democrazia, analogamente a quanto hanno fatto altri importanti parlamenti europei.
  La domanda che faccio ai relatori è questa: innanzitutto se secondo voi anche l'antisemitismo è uno strumento utilizzabile o utilizzato dentro le eventuali interferenze che ci sono state contro la nostra democrazia, come uno degli strumenti dell'intossicazione del dibattito pubblico, e quindi se vi siano centrali – uso questo termine volutamente forte – dell'antisemitismo al di fuori dei nostri confini. La seconda domanda ha che fare col tema del cosiddetto «anti-sorosismo». Impressione di lettore di giornali, oltre che di parlamentare: ho a volte l'impressione che dietro la critica a Soros – al di là che ci stia simpatico o meno il personaggio Soros in quanto tale, se vogliamo trasformarla in una categoria politica del dibattito pubblico – l’«anti-sorosismo» assomigli molto, riprenda molto alcuni stilemi dell'antisemitismo, al di là dell'appartenenza etnica o religiosa del signor Soros che personalmente mi sfugge, ma è poco importante. La mia domanda è questa: secondo i nostri ospiti c'è un legame culturale politico tra l’«anti-sorosismo» e l'antisemitismo?

  ANGELA SCHIRÒ. Grazie per i due interventi molto interessanti che nei contenuti appoggio e condivido. Sono sempre disponibile a qualsiasi iniziativa per contrastare l'antisemitismo, ci siamo. Due cose che mi stanno molto a cuore, due temi che sono stati trattati: da una parte l'educazione, partendo dalla scuola, e dall'altra parte questo odio online che ha poi varie sfaccettature tra xenofobia, antisemitismo e via dicendo. Io stessa sono cresciuta in Germania, per questo quando parliamo di antisemitismo che sta raggiungendo una nuova ondata, una nuova dimensione non solo in Italia ma in tutti i Paesi...Sono stata studentessa in una scuola tedesca e dall'altra parte sono stata insegnante di storia in una scuola tedesca e io mi ricordo quando un giorno, arrivati a Struthof in Francia, in un campo di concentramento, mi sono molto vergognata dei miei compagni di classe, perché c'era questa sensazione: perché noi dobbiamo prenderci le colpe di qualcosa che non abbiamo fatto e che è successo tanti anni fa? Per cui già il fatto che Lei abbia citato anche che gli ultimi superstiti purtroppo ci stanno lasciando, comunque di questa necessità di tener vivo il ricordo, parlando ora in primis della memoria e lì mi vergognai moltissimo. Infatti, per fortuna abbiamo avuto una brava insegnante che poi comunque ci ha portato sulla giusta via tutti. Da insegnante io stessa ho notato questo atteggiamento, oggi giorno molti ragazzi per dire un'offesa dicono: «Du, Jude», in maniera apparentemente scherzosa, però che fa vedere che c'è una connotazione negativa. Adesso non voglio dire che tutto è perduto, però si nota che tra i giovani, visto che la storia si allontana, si allontana anche la necessità di contrastare.
  Per cui la mia domanda è: cosa possiamo fare – abbiamo citato la scuola – noi come insegnanti o in generale, perché se oggi viviamo in questo momento in cui anche tutto ciò che succede sulla rete in un certo modo riesce a raggiungere una fascia di persone di diverse età – perché qualcosa è andato poi male per essere così in realtà vittime di questo odio che si trova su internet – cosa si può fare esattamente per trovare un modo di educare in maniera interculturale i ragazzi per poter non soltanto ricordare quello che è stato, ma proprio per portare questo ricordo verso il futuro, per contrastare ogni tipo di xenofobia, antisemitismo, come ha detto anche il mio collega, anche maschere che si presentano come altra cosa che poi in realtà però contengono l'antisemitismo, anche l'antisionismo, perché alla fine criticare un Paese per le politiche è una cosa, invece Pag. 11criticare un'etnia, un popolo per il solo fatto di esistere è un'altra cosa.
  Cosa possiamo fare per avere veramente, come diceva la professoressa, un'educazione multidimensionale e dall'altra parte, come diceva anche il mio collega, l'odio online: anche lì ci vorrebbe in realtà un'educazione degli strumenti online, cioè se già non riusciamo a chiudere le pagine – che poi c'è sempre il discorso della libertà di parola, che si ferma quando si ferisce un'altra persona – però anche lì come si può agire per prevenire innanzitutto e per poi comunque contrastare questi impulsi che ci sono di discriminazione? Grazie mille.

  CRISTIAN ROMANIELLO. Buongiorno. Volevo ringraziare i dottori Santerini e Maccotta per questa audizione che ho trovato molto interessante. Volevo partire, forse prendendola un po’ larga, dall'anno scorso, quando il Presidente del Consiglio Conte, ospite della sinagoga di Roma, quindi al fianco del rabbino capo della comunità ebraica di Roma, Riccardo Di Segni, e della Presidente della comunità ebraica di Roma, Ruth Dureghello, ha detto: «L'antisemitismo è il suicidio dell'uomo europeo». L'ho presa un po’ larga più che altro per arrivare proprio alla parola suicidio e per parlare di autolesionismo, che sono due temi di cui mi sto occupando da molto tempo anche a livello legislativo qui alla Camera dei deputati, devo dire con ottimi contributi e con ottimi atteggiamenti da parte di tutte le forze politiche. C'è un aspetto dell'autolesionismo e del suicidio che deriva proprio dalla discriminazione, dal bullismo, dal cyberbullismo, soprattutto per le fasce più fragili, che sono gli adolescenti in questo caso, ed è molto importante citare un dato: il 46 per cento degli adolescenti che subisce bullismo, pensa al suicidio. Pensare al suicidio è il piede nella porta perché ci si arrivi, è il primo passo e spesso conduce all'ideazione e poi al tentativo di suicidio, che chiaramente può essere letale ed è finalizzato alla morte. Ora la mia domanda è questa: c'è qualche dato di cui potete mettermi al corrente sull'incidenza dei suicidi che derivano dall'antisemitismo e dall'espressione pubblica anche sui social di espressioni antisemite nei confronti degli ebrei? Grazie.

  PINO CABRAS. Premetto che condivido ogni allarme espresso dalla professoressa Santerini e dall'Ambasciatore Maccotta nei confronti della diffusione di atti discriminatori violenti che si sostanziano in odio etnico, razziale e ideologico, particolarmente quando questi atti derivano dal fondo antisemita degli angoli più bui della storia europea.
  Di fronte a un fenomeno reale e diffuso che minaccia il nucleo più delicato che definisce qualsiasi civiltà che a partire dal 1945 voglia definirsi tale, è giusto e necessario che la sfera pubblica prenda le misure e abbia una posizione. Le istituzioni devono tenere fermo il perno delle acquisizioni storiche in tema di libertà, uguaglianza, solidarietà e devono reprimere l'intolleranza, che si faccia organizzazione diffamatoria, milizia, aggressione, calunnia. Devono coltivare memoria ed educazione civica e devono fare da sponda alle migliori risorse della società civile, tramite una costante battaglia culturale, etica e politica che possa creare gli unici anticorpi capaci di estirpare o almeno ridimensionare ed estromettere le posizioni negazioniste antisemite. Condivido tutto questo, ma non posso esimermi dal vedere i limiti e i pericoli di posizioni che, partendo dalle buone intenzioni della lotta allo hate speech, rischiano di manomettere i presupposti della mera libertà di speech. Questo auto-sospetto ci deve accompagnare sempre e dobbiamo custodirlo, se siamo sinceri democratici.
  Non si può ignorare che difendere il diritto alle libertà di parola e di stampa in genere, significa difendere il diritto di diffondere proprio le idee che la società trova più ripugnanti. Questa espressione non è mia, ma è di un grande giornalista, Glenn Grenwald, che è quello che ha diffuso la vicenda Snowden, un ebreo newyorkese che vive in Brasile, e adesso è sotto attacco da parte di Bolsonaro. Egli dice: «Centrale per l'attivismo in difesa della libertà di parola è sempre stata la distinzione tra la difesa del diritto di divulgare l'idea “X” e approvare l'idea “X”, una cosa che solo i più Pag. 12ingenui fra noi non sono in grado di comprendere». Si difende il diritto di esprimere idee ripugnanti pur essendo in grado di condannare l'idea in sé. Il discrimine è dato dalle leggi esistenti. Esistono da tempo nel nostro ordinamento le fattispecie adeguate a distinguere e perseguire l'incitazione alla violenza, l'odio razziale, l'apologia di reati che offendono profondamente l'umanità; altra cosa sarebbe invece adottare acriticamente tutto lo spettro di nuove fattispecie che rischiano di limitare il diritto di parola e di espressione.
  L'idea di contrastare con mezzi penali e di polizia le opinioni, per quanto infondate e profondamente sbagliate possano essere, apre scenari pieni di pericoli. Ad esempio molte critiche normali nei confronti delle politiche delle classi dirigenti israeliane e dei loro alleati, analoghe alle critiche che si possono esercitare verso le classi dirigenti di altri Paesi e altri alleati, rischiano di sfumare facilmente in un nuovo campo in cui l'ordinaria discussione diventa tabù e reato. Quindi mantenere questa distinzione è fondamentale. Le motivazioni per essere prudenti sono state formulate molto bene nel 2007 da molti storici italiani tra cui molti studiosi con profonde radici familiari e intellettuali nell'ebraismo italiano, quando si opposero fermamente all'allora Ministro della Giustizia Clemente Mastella, che voleva introdurre nel nostro ordinamento una legge analoga alla francese Fabius-Gayssot.
  Io credo che sia importante mantenere questo tipo di distinzioni per evitare anche situazioni molto paradossali. Mi viene in mente – cerco di chiudere su questo – l'episodio di Charlie Hebdo, il terribile attentato in cui morirono i disegnatori di quella rivista e come reazione molti giornali occidentali decisero la ripubblicazione di quelle vignette. Pensate un attimo se quelle vignette anti-islamiche, islamofobe, fossero state delle vignette anti-ebraiche. Probabilmente, per questo clima giustamente contrario all'antisemitismo nessuno avrebbe avuto il coraggio di pubblicarle, ed è un bene, però pensiamo come il problema sia ancora più largo e nessuno si sia fatto tanti problemi a ripubblicare delle vignette che offendevano profondamente una categoria, un'etnia, dei gruppi sociali molto sensibili. Quindi entriamo in una materia estremamente delicata e pongo alla vostra attenzione questo tema.

  VITO COMENCINI. Cercherò di essere veloce. Vi ringrazio anch'io per essere venuti a portarci questa importante relazione sulla situazione dell'antisemitismo. Noi sosteniamo come Lega le risoluzioni e le mozioni e tutto quello che va nel senso di denunciare e perseguire nuove forme di antisemitismo che si stanno palesando nel mondo, in Europa e soprattutto in Italia.
  Il nostro leader Matteo Salvini recentemente ha fatto una conferenza proprio per ribadire la volontà di combattere l'antisemitismo in ogni sua forma, e in particolar modo appartenente a ideologie di estrema destra ed estrema sinistra, ma anche che si afferma come odio verso Israele, come Paese, come Stato, ma soprattutto come popolo che per noi invece ha diritto di esistere e anche di proteggersi nel momento in cui viene attaccato o messo in discussione il suo diritto di esistere. Quello che mi interessava e volevo chiedere in particolar modo, sono i dati in merito alla fuga di persone di religione ebraica dall'Europa, in alcuni Paesi in particolar modo come Francia, Belgio e quant'altro. Oltre alle ideologie che dicevamo, c'è anche un evidente attacco e minaccia sempre più forte da parte del radicalismo islamico. Questo radicalismo islamico, o comunque in generale la persecuzione, le minacce e i timori, ma anche attacchi veri e propri nei confronti di persone di religione ebraica, portano addirittura alla scelta di andarsene dall'Europa; quello che succedeva esattamente quando c'erano in passato altre ideologie che perseguivano gli ebrei, che quindi sceglievano di emigrare o in America o in quella che allora era la Palestina, prima che si formasse lo Stato di Israele, o comunque in vari territori al di fuori dell'Europa.
  Mi risulta che si stia di nuovo affermando questa grave situazione, dove addirittura ci si sente minacciati in Europa che dovrebbe essere per motivi storici la garanzia della democrazia, della pace e della sicurezza e quindi volevo capire se avete Pag. 13dati, da questo punto di vista, di fughe per questi motivi. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Se non ci sono altri interventi, do la parola ai nostri ospiti, ricordando che appena riprende l'Aula verrà interrotta la trasmissione della nostra audizione.

  LUIGI MACCOTTA, Capo della delegazione italiana presso la International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA). Io non ho gli strumenti per rispondere a tutti i quesiti, per cui mi soffermerei su quello che ritengo di essere in grado. Comincerei con il quesito dell'onorevole Schirò: l'IRHA, tra le altre cose, ha prodotto anche un voluminoso studio di raccomandazioni su come insegnare e apprendere anche la Shoah, l'Olocausto, per cui da questo punto di vista direi un lavoro al quale abbiamo contribuito. Gli esperti italiani che erano membri del gruppo educazione hanno dato un contributo e l'Italia stessa ha adottato per il 2018 le linee guida, per cui la preoccupazione che venga trasmessa la conoscenza di questo fatto storico in maniera ampia, interculturale che sia scevra poi da distorsioni, inesattezze, perché questo è il vero punto. Tutti più o meno sono infarinati e sanno che c'è stato, però poi fanno molta confusione. Direi che c'è molto rigore, per cui da questo punto di vista c'è speranza che si proceda su questa strada. Mi sembra che anche la nuova Ministra dell'istruzione, la Ministra Azzolina, che è venuta ad Auschwitz a gennaio, sia ben conscia, consapevole e intenzionata a proseguire su questa strada.
  Come porsi di fronte all'antisemitismo generalizzato contro Soros o tutto quello che viene fatto dagli ebrei? Diceva De Gaulle: «Vasto programma». È un vasto programma effettivamente. È vero, purtroppo c'è da dire che il fatto che ci sia stato per secoli antisemitismo fa sì che sia difficilissimo sradicarlo. Probabilmente si dovrà convivere con un antisemitismo cronico, ossia quello che il popolino, che la gente ha nella testa, cioè stereotipi, ma lo stereotipo non ammazza; a Charlie Hebdo hanno ucciso. È veramente quello che io trovo sia la discriminante, la linea che non si può oltrepassare. C'è il diritto all'espressione, io sono favorevolissimo. Voltaire diceva: «Detesto quello che dici, ma mi ucciderei per difenderti nel dirlo». Benissimo questo, ma tu non puoi a un certo punto ammazzare qualcuno perché ha fatto ironia. Questo non è tollerabile, per cui veramente ci sono dei limiti e non mi sembra che né gli ebrei né gli israeliani ammazzino antisemiti. Sono vittime semmai, l'unico caso di assassinio che c'è stato, è stato contro Rabin, contro un ebreo che ha ucciso, perché era politicamente contrario alla politica del Primo Ministro israeliano, ma viceversa esistono da parte di radicali che invocano, erroneamente secondo me, la religione islamica questi fenomeni che sono intollerabili. Questa è la verità, per cui ci devono essere a mio parere dei limiti che non si possono oltrepassare, tra l'altro uno dei limiti è anche l'offesa al prossimo. Se io faccio una battuta salace su una donna, quella donna ha il diritto di citarmi. Per quale motivo si può fare una battuta grossolana, una battuta offensiva per il semplice fatto che una persona è ebrea? Dieudonné, per esempio, che è un comico francese, in Francia è stato condannato. Non l'hanno fatta passare. È vero che è un comico, per cui teoricamente... però c'è comicità e comicità. Secondo me non si può andare oltre un certo limite.
  Per quanto riguarda i dati sui suicidi che potrebbero essere originati dal bullismo antisemita oppure su quelli che effettivamente ci saranno: in Francia c'è un fenomeno nella comunità ebraica di persone che preferiscono trasferirsi in Israele, perché si sentono minacciate in Francia, perché in Francia hanno ammazzato. Questo è il punto. In Francia ci sono stati gli attentati, per cui la gente preferisce dire: «Io non mi sento più sicuro, per cui vado in Israele, dove ho parenti.», ma non ho dati da questo punto di vista e non so se la professoressa Santerini ne sa qualcosa di più. Comunque grazie per queste domande che sono state molto interessanti e che denotano da parte degli onorevoli una conoscenza approfondita del tema. Veramente Pag. 14 sono rimasto favorevolmente impressionato.

  MILENA SANTERINI, Coordinatrice nazionale per la lotta contro l'antisemitismo. Ringrazio anch'io per le domande, molto interessanti. Su alcune cose ha già risposto l'Ambasciatore Maccotta, quindi riparto magari dalle ultime.
  Onorevole Comencini: sì, c'è una fuga dall'Europa di molti ebrei, soprattutto in Francia, anche perché ci sono stati attentati particolarmente sanguinosi – l'attentato di Tolosa –, alcuni casi terribili, Mireille Knoll che era un'anziana signora che aveva vissuto tra l'altro la deportazione, Ilan Halimi e così via. Naturalmente tra le forme di antisemitismo di cui abbiamo parlato, io sicuramente metterei quella che vede protagoniste specialmente le giovani generazioni del mondo musulmano, però sottolineando quanto l'antisemitismo sia sfruttabile politicamente. La contesa Israele-Palestina è nata – lo sappiamo tutti – come una contesa territoriale. Stiamo parlando di una contesa per la terra, ma si è mischiata nel tempo con elementi di tipo politico, di pregiudizio e così via che hanno veramente inquinato profondamente il dibattito. Quindi è chiaro che in alcuni Paesi – meno in Italia – questo inquinamento, diciamo così, del conflitto Israele-Palestina ha sicuramente provocato una nuova commistione con il vecchio antisemitismo. Quindi, dice l'onorevole Cabras, non si può criticare Israele antisionismo, antisemitismo...Noi gli strumenti per capire quello che è legittima critica a Israele e quello che scivola nell'antisemitismo, volendo li abbiamo, perché è chiaro che una critica a un Governo su certe politiche è una cosa, se si basa su un pregiudizio di tipo etnico è un'altra. Se io dico: «la politica di quel Governo» e dico «l'ebreo ha sempre fatto così» è ben diverso; se io dico oggi: «Israele rifà lo stesso Olocausto», è diverso dal dire: «non condivido la politica verso Gaza».
  Il problema è che la politica in qualche modo spesso – ahimè lo dico anche da persona che fa ancora e ha fatto politica – purtroppo strumentalizza questi temi e qui vado anche alla domanda dell'onorevole Romano: l'antisemitismo può essere utilizzato? Certo! L'antisemitismo, come tutte le forme di odio, che cosa fa? Indica un nemico, cerca un bersaglio, un capro espiatorio. E a che serve questo? Serve a compattare i nostri e a creare quell'ansia che ha necessità di sicurezza, cioè io creo una situazione politica in cui ho bisogno di sicurezza, perché c'è qualcuno che mi sta minacciando. C'è un nemico e quasi sempre un nemico esterno, lo metto fuori da «noi», quindi divido tra noi e gli altri. Ecco che l'antisemitismo tradizionalmente – dai Protocolli dei Savi di Sion, che come sapete è un documento falso costruito dalla polizia zarista, ma che ancora continua a circolare anche nel mondo arabo e non solo – è un tipico esempio di come io devo scatenare un'ansia, un bisogno di sicurezza che compatta la comunità nazionale contro il nemico invasore e in questo senso la paura del mondialismo è rappresentata da Soros. Soros è il bersaglio ideale, perché è un finanziere ebreo, ma è anche un cosmopolita, quindi è qualcuno che sta in qualche modo supportando e sostenendo una visione del mondo in cui i gruppi si mischiano, non si separano e non si combattono e quindi è un bersaglio ideale.

  PRESIDENTE. Grazie. Ringrazio i nostri ospiti per questo momento di confronto, ringrazio i colleghi e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.