XVIII Legislatura

III Commissione

COMITATO PERMANENTE SUI DIRITTI UMANI NEL MONDO

Resoconto stenografico



Seduta n. 14 di Mercoledì 12 giugno 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Di Stasio Iolanda , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'IMPEGNO DELL'ITALIA NELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE PER LA PROMOZIONE E TUTELA DEI DIRITTI UMANI E CONTRO LE DISCRIMINAZIONI

Audizione del professor Gerald Steinberg, fondatore e presidente della ong Monitor .
Di Stasio Iolanda , Presidente ... 3 
Steinberg Gerald , fondatore e presidente della ong ... 3 
Di Stasio Iolanda , Presidente ... 7 
Comencini Vito (LEGA)  ... 7 
Scalfarotto Ivan (PD)  ... 7 
Ehm Yana Chiara (M5S)  ... 8 
Coin Dimitri (LEGA)  ... 9 
Scalfarotto Ivan (PD)  ... 9 
Coin Dimitri (LEGA)  ... 9 
Scalfarotto Ivan (PD)  ... 9 
Di Stasio Iolanda , Presidente ... 9 
Steinberg Gerald , fondatore e presidente della ong ... 10 
Di Stasio Iolanda , Presidente ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Sogno Italia - 10 Volte Meglio: Misto-SI-10VM.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
IOLANDA DI STASIO

  La seduta comincia alle 15.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, nonché la trasmissione sul canale della web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del professor Gerald Steinberg, fondatore e presidente della ong Monitor .

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'impegno dell'Italia nella comunità internazionale per la promozione e tutela dei diritti umani e contro le discriminazioni, l'audizione del professor Gerald Steinberg, fondatore e presidente della ong Monitor.
  Saluto e ringrazio per la sua disponibilità a prendere parte ai nostri lavori il professor Steinberg, che è anche docente di Scienza della politica all'Università di Bar-Ilan, nonché membro dell’Israel Council of Foreign Affairs. Saluto anche la delegazione che lo accompagna, composta dalla vice capo missione dell'Ambasciata d'Israele in Italia, Ministra plenipotenziaria Ofra Farhi, e dal consigliere per gli affari politici, Daniel Arbib Tiberi.
  Ricordo che Monitor è un'organizzazione non governativa fondata nel 2002, alla luce degli esiti della controversa prima Conferenza mondiale delle Nazioni Unite contro il razzismo, organizzata dall'UNESCO e svoltasi a Durban, in Sudafrica, nel 2001.
  In un anno segnato da elevata conflittualità in Medio Oriente, la Conferenza si concentrò, oltre che sul tema della lotta contro la schiavitù, sui profili umanitari connessi alla questione israelo-palestinese. Stati Uniti e Israele abbandonarono la Conferenza per un progetto di risoluzione che accusava Israele ed equiparava il sionismo al razzismo.
  In quel contesto, nell'ambito del Forum delle ong che si svolgeva in concomitanza con la Conferenza, fu approvata una risoluzione nella quale si accusava, tra l'altro, lo Stato di Israele di crimini razzisti sistematici, fra i quali crimini di guerra, atti di genocidio e di epurazione etnica. Durante i lavori si verificarono numerosi episodi di evidente natura antisemita, come la distribuzione ai partecipanti dei Protocolli dei Savi di Sion e l'esclusione di membri di ong ebraiche da alcune sessioni del Forum.
  Monitor nasce come istituto di ricerca sui temi della governance, anche al fine di responsabilizzare la società civile impegnata sui diritti umani rispetto al conflitto arabo-israeliano, ed è oggi la più autorevole fonte d'informazione sulle organizzazioni non governative che sono coinvolte nella campagna di delegittimazione di Israele e di boicottaggio della sua economia, con conseguenze negative, tra l'altro, per molti lavoratori palestinesi impiegati in aziende di proprietà israeliana.
  Do la parola al presidente Steinberg affinché svolga il suo intervento.

  GERALD STEINBERG, fondatore e presidente della ong Monitor. Grazie mille, sono grato di questa opportunità. Grazie per l'invito. È davvero un onore per me essere qui, rivolgermi a questa Commissione e parlare di parte del lavoro che Pag. 4svolgo. Mi piace l'idea di avere con voi una discussione franca e aperta e di ricevere domande, alle quali spero di poter rispondere.
  Vorrei iniziare riallacciandomi in parte alle parole della Presidente. Quando ho iniziato a pensare alla politica dei diritti umani e non solo ai valori e ai princìpi, ma anche al modo in cui si integravano nella politica, ci fu nel settembre 2001 il Forum delle ong nell'ambito della Conferenza delle Nazioni Unite di Durban. Il linguaggio di demonizzazione utilizzato all'epoca nei confronti di Israele mi insegnò quanto fosse importante occuparmi sul piano accademico di questi temi, fare ricerche, analizzare le conseguenze.
  Prima di presentare alcuni degli esiti che sono la conclusione di diciotto anni di lavoro, vi voglio citare Robert Bernstein, scomparso all'età di 96 anni un paio di settimane fa e fondatore di Human Rights Watch, che creò un quadro che si può considerare secondo ad Amnesty International in termini di esercizio di influenza. Human Rights Watch esercita grande influenza nelle Nazioni Unite, nel Consiglio per i diritti umani e in tanti altri ambiti.
  Robert Bernstein fu il fondatore di questa organizzazione negli anni settanta, e contribuì in molti modi a creare quelli che consideriamo «diritti umani moderni» come parte di un impegno occidentale democratico. Si fondò sulla Dichiarazione universale dei diritti umani, adottata dalle Nazioni Unite nel 1948, dopo la seconda guerra mondiale, dopo l'Olocausto, ma negli anni settanta attribuì ad essa più significato.
  Il quadro di Helsinki Watch, che divenne poi Human Rights Watch, iniziò quando si recò come editore a Mosca negli anni settanta, all'apice della guerra fredda, e incontrò numerosi dissidenti. Andrej Sakharov, il fisico che contribuì a creare la bomba atomica sovietica, non era autorizzato a vivere a Mosca e fu esiliato a Gorki per le sue attività in materia di diritti umani; Anatolij (Natan) Ščaranskij fu imprigionato in un gulag per le sue attività nell'ambito di quello che fu chiamato il Gruppo di Helsinki a Mosca, dopo l'accordo tra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica negli anni settanta, che doveva dare priorità a una serie di aspetti, che includeva anche la cooperazione economica, la salvaguardia dei diritti umani e la distensione strategica.
  Bernstein tornò da Mosca da dove era stato espulso, perché aveva incontrato dei dissidenti, quindi decise di cambiare quella situazione e iniziò a costruire quello che sarebbe diventato Human Rights Watch.
  Nel 2009 Robert Bernstein scrisse un articolo per il New York Times e pronunciò tanti discorsi – all'epoca aveva 85-86 anni – dichiarando: «l'organizzazione che ho creato ha violato gli stessi princìpi dei diritti umani che stavamo cercando di sviluppare ulteriormente come base fondamentale della politica internazionale, perché ha guidato la demonizzazione di Israele, trasformandolo in uno Stato paria, sostenendo e dichiarando che Israele ha commesso reati di guerra e sostiene l’apartheid, cosa che non è vera». Questo accadeva nel 2009.
  Gli occorsero cinque anni prima di capire che la sua stessa organizzazione, che era diventata di grande successo e molto potente, aveva iniziato a lavorare contro i suoi princìpi fondanti. Bernstein è stato uno dei primi americani a sostenere Barack Obama, non possiamo dire che sia stato un repubblicano «trumpista» di estrema destra, sostenne Obama molto prima della sua Presidenza, quando divenne senatore in Illinois; Bernstein fu un grande sostenitore della democrazia liberale e dei diritti umani, ma trascorse dieci anni, da allora, condannando la sua stessa organizzazione e scrivendo sul modo in cui la comunità dei diritti umani di tutto il mondo aveva attaccato Israele in maniera ingiusta ed erronea.
  Non sono qui per parlare solo di diritti umani e di Israele, ma voglio dire che questo tema è ormai profondamente radicato nella comunità internazionale tra i giornalisti, tra gli accademici, tra i diplomatici, soprattutto in Europa: Israele è sempre visto e ritenuto colpevole – e condannato – per essere il più grande violatore dei diritti umani al mondo. Si presta molta più attenzione, come forse saprete, ad Israele nell'ambito del Consiglio per i Pag. 5diritti umani delle Nazioni Unite che a quasi tutti gli altri Paesi combinati insieme. Ci sono stati otto anni di terribile guerra civile in Siria e non c'è stata una Commissione d'inchiesta nell'ambito delle Nazioni Unite e del Consiglio per i diritti umani, mentre quattro-cinque Commissioni d'inchiesta si sono occupate di Israele, arrivando agli stessi, identici esiti che erano stati scritti in anticipo.
  Quando partecipo alle riunioni del Consiglio per i diritti umani a Ginevra – e incoraggio tutti voi ad andare lì almeno una volta, per vedere sul campo quel che accade – vedo evidenziata la tragedia dei diritti umani nel XXI secolo. Vedo i leader di dittature del XXI secolo, Venezuela, Iran, Siria, Cuba, che pronunciano discorsi di condanna contro Paesi occidentali, democrazie colpevoli di violazioni dei diritti umani, ma in quella sede non si riesce a parlare, perché lì c'è una maggioranza non vi consente di parlare di diritti umani a proposito della Russia. Ci sono voluti tre anni prima che si parlasse minimamente del Venezuela, dove si registra una situazione terribile in relazione ai diritti umani. Credo, quindi, che tutti questi eventi e attività servano a sottolineare le preoccupazioni espresse da Bernstein dieci anni fa, che non riguardavano solo Israele.
  Bernstein disse infatti che il quadro dei diritti umani che era stato creato e sviluppato negli anni settanta avrebbe dovuto spostare il fulcro dell'attenzione in materia di violazioni sulle società chiuse, per includere i prigionieri politici, le privazioni, la mancanza del giusto processo, la violazione della libertà di parola, tuttavia gran parte dell'attenzione nel dibattito sui diritti umani riguarda le democrazie, le società aperte.
  Bernstein disse all'epoca – e credo che avesse pienamente ragione – che le società occidentali non sono perfette, nessuno è perfetto, e le critiche sono legittime. Da israeliano sostengo la stessa cosa, non sono d'accordo con tutto quello che fa Israele, credo che sia legittimo esercitare critiche nei confronti di alcune delle sue azioni, come accade per ogni Governo, soprattutto quando si affronta una guerra terroristica – penso ad Hamas a Gaza, a Hezbollah in Libano – quando vengono uccisi civili.
  Forse la risposta al terrorismo potrebbe essere diversa in tanti casi, ma ogni cosa che Israele fa, così come tutto quello che gli Stati Uniti fanno in Afghanistan o in Iraq, è etichettata come crimine di guerra e soggetta a condanne, mentre si assiste al silenzio di queste istituzioni su altri Paesi in cui si violano i diritti umani.
  Gli ultimi quindici-diciotto anni della mia attività accademica si sono concentrati su questo; non ho iniziato in questo settore, perché per vent'anni mi sono occupato di non proliferazione nucleare e da accademico ho scritto tanto su questo tema; ho trascorso qualche tempo anche presso l'Agenzia internazionale dell'energia atomica, occupandomi della non proliferazione in Medio Oriente, ma poi ho visto che gran parte del dibattito era distorto e spesso i temi principali, per motivi diplomatici o politici, non venivano affrontati e messi sul tavolo.
  Da accademico ho un privilegio, non sono un diplomatico, quindi posso dire cose che non sono necessariamente diplomatiche, e a volte si vedono delle distorsioni, per cui a rigor di logica bisognerebbe concentrare la propria attività sulle aree in cui la sofferenza è maggiore. Quindi non mi riferisco al conflitto tra Israele e i palestinesi, dove esistono questioni complicate, che però non riguardano tutte necessariamente i diritti umani; mi riferisco piuttosto ad altre aree. Quando vado a Ginevra alle riunioni del Consiglio per i diritti umani spesso parlo con persone di altri Paesi e società, come i rappresentanti dei dalit, delle ong che si occupano di diritti umani in India, che praticamente non hanno la possibilità di parlare della situazione in cui si trovano e si chiedono perché venga dedicata così tanta attenzione a Israele quando ci sono tante altre questioni relative ai diritti umani da discutere.
  Voglio fare un accenno anche ai diritti umani e all'antisemitismo. Negli ultimi due anni si è rafforzata questa tendenza. Nel Consiglio per i diritti umani non c'è stata quasi menzione dell'antisemitismo né quest'anno, né due, cinque o dieci anni fa, Pag. 6nessuna Commissione d'inchiesta, nessun dibattito serio. La maggior parte delle organizzazioni dei diritti umani, le ong di cui mi occupo, non svolge attività né prepara relazioni in materia di antisemitismo, anzi a volte vi contribuiscono.
  Alcuni dei rappresentati di Human Rights Watch, Amnesty International e altre organizzazioni pubblicano su Facebook e Twitter commenti che rappresentano forme di antisemitismo nei riguardi di Israele e degli ebrei (i due concetti vengono fusi). Alla luce della situazione in cui ci troviamo considero fondamentale che l'antisemitismo diventi parte del dibattito sui diritti umani.
  Anche l'Italia è membro dell'Alleanza internazionale per la memoria dell'Olocausto, un'Alleanza internazionale che comprende trentatré Paesi ed è in crescita: c'è stato un consenso globale su cosa voglia dire antisemitismo e si è giunti a una definizione operativa dell'antisemitismo; la settimana scorsa si è unita al gruppo anche l'Australia e gradualmente vediamo crescere il numero di Paesi che partecipano.
  Quando si parla di Iran non si parla solo di armi nucleari, ma anche di un Paese che chiede l'eliminazione di Israele, che organizza concorsi per vignette antisemite, che vengono pubblicizzati e promossi; la retorica sul genocidio viene condotta non solo per scopi politici e, anche se fosse, non sarebbe tollerabile in ogni caso.
  Quando le autorità europee hanno incontrato il Governo iraniano nella speranza di cercare di mantenere o creare una certa stabilità e avviare una forma di cooperazione affrontando il tema del nucleare, con risultati positivi o meno, la questione dell'antisemitismo ufficialmente condotto dal governo iraniano, che rappresentava uno dei temi più crudi, avrebbe dovuto essere inclusa nel dibattito, perché la definizione operativa dell'Alleanza internazionale rappresenta una base molto efficace e il linguaggio utilizzato dall'Iran viola sicuramente i termini di quella definizione operativa.
  Si parla molto anche del movimento «BDS», boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro Israele: ricordo che il Parlamento tedesco due settimane fa ha approvato una risoluzione che definisce il movimento «BDS» come un esempio di antisemitismo, facendo riferimento alla definizione operativa dell'Alleanza internazionale, in quanto è rivolto unicamente contro Israele e questa non è critica nei confronti di Israele. Si critica Israele perché viola le norme internazionali; lo stesso potrebbe valere per Cipro, che ha una questione pendente con Turchia e Grecia e che ha una parte del proprio territorio occupata; esistono situazioni gravi che riguardano il Sahara occidentale, l'Ucraina, la Crimea, esistono tante zone del mondo in cui ci sono dispute legate a occupazioni territoriali. Per tutte queste situazioni si pensa a politiche diverse, ma ricordiamo che c'è un solo movimento «BDS», un solo movimento di boicottaggio che colpisce Israele, e che i leader di quel movimento vogliono l'eliminazione di Israele, il loro obiettivo è il completo isolamento internazionale di Israele come Stato di apartheid.
  Nel sito del «BDS» si vede una mappa della Palestina, dal fiume al mare, senza Israele. Quella è un'agenda del 1948 e cancellare Israele dalla mappa ovviamente non fa parte dell'agenda del 1967 che prevede il raggiungimento della soluzione «due Stati, due popoli», la fine dell'occupazione e l'aiuto ai palestinesi affinché creino uno Stato.
  Questo fa parte del dialogo sui diritti umani; le critiche nei confronti di Israele, i suggerimenti in merito a politiche diverse fanno parte del processo diplomatico, ma individuare uno Stato perché abbia un trattamento diverso e sia boicottato, insieme all'obiettivo di arrivare alla sua cancellazione dalla cartina geografica, è un'altra questione.
  L'Italia come membro del mondo occidentale democratico ha un ruolo fondamentale, noi nutriamo e vantiamo ottime relazioni bilaterali con il Governo italiano, con varie parti della società civile.
  L'Italia come membro dell'Unione europea ha un ruolo importante da svolgere, è uno dei Paesi leader in tanti ambiti, e i diritti umani sono uno di questi ambiti, per me centrale per l'Europa. La politica estera europea si basa su norme e su valori, su Pag. 7quello che chiamiamo soft power, e le democrazie, i diritti umani, il diritto internazionale sono fondamentali per l'esercizio di questo soft power.
  Spero che ci sia un'azione concreta insieme ad altri Paesi, in particolare europei, affinché si cerchi di affrontare parte di questi squilibri, di questi scostamenti dalle norme in materia di diritti umani di cui ho parlato e su cui svolgo attività di documentazione da quindici anni. Questi sono i valori sostenuti da Robert Bernstein, e i suoi contributi ci ricordano che i valori, i princìpi, le parole devono accompagnarsi ad azioni concrete e non devono restare lettera morta.
  A questo punto, con il vostro permesso mi fermerei e resterei a disposizione per domande e suggerimenti.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  VITO COMENCINI. Innanzitutto ringrazio per questa interessante relazione su aspetti che riguardano la tutela dei diritti umani, che spesso vengono trascurati e comunque sono aspetti fondamentali.
  Mi interessa in particolare la questione dell'antisemitismo, perché accennava a un'esplosione o comunque a un intensificarsi di questa tendenza, non solo riferita a Paesi dichiaratamente antisemiti, Iran e altri Stati che all'interno delle organizzazioni internazionali portano avanti una linea che vuole addirittura mettere sullo stesso piano sionismo e razzismo o altre forme di discriminazione.
  Vorrei capire quanto riteniate preoccupante questo fenomeno in Occidente, perché dati evidenti hanno fatto scattare l'allarme in Europa in Paesi come la Francia, dove si verificano fenomeni di antisemitismo e aggressioni a persone di religione ebraica da parte di fondamentalisti islamici o comunque fanatici religiosi, tanto da indurre alla fuga da Paesi per decenni considerati sicuri e amici, dove poter vivere liberamente e dove invece recentemente si è acceso questo antisemitismo allarmante, che da europei non possiamo fingere di non vedere.
  Vorrei capire quindi come venga vista questa cosa, anche perché credo che alcune di queste persone che fuggono si rifugino in Israele o in altri Paesi dove si può trovare maggiore sicurezza. Credo che purtroppo i media ne parlino poco, però ritengo molto interessante approfondirla con voi che seguite queste cose.

  IVAN SCALFAROTTO. Desidero ringraziare per l'interessante relazione e mi preme riaffermare assolutamente l'importanza di combattere in modo radicale ogni forma di antisemitismo, a qualsiasi livello sia espressa. Recentemente abbiamo avuto in audizione il Direttore dell'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali, che ci diceva delle preoccupazioni anche all'interno dell'Unione su episodi montanti di antisemitismo, che si inquadrano anche nella cornice di correnti politiche che in un certo senso incoraggiano l'identificazione delle piccole patrie, che condannano il diverso da sé e lo indicano al sospetto generalizzato.
  Ovviamente quando si produce questo snowball effect, questo effetto palla di neve, e si comincia a distinguere tutto ciò che non è uguale a me come qualcosa alla quale guardo con sospetto, poi è difficile stabilire dove si segna il confine. Se tutto ciò che non è uguale a me è fonte di sospetto, è chiaro che, prima o poi, forme di antisemitismo emergono.
  Noi abbiamo la memoria recente di un antisemitismo che ha soprattutto origine nel Medio Oriente, nei Paesi che confinano con Israele, ma sappiamo che purtroppo è stata la vecchia Europa ad essere il luogo nel quale l'antisemitismo ha dato la peggiore prova di sé, e non è successo secoli fa, è successo soltanto pochi decenni fa. Quindi noi europei dobbiamo avere gli occhi sempre molto aperti e perseguire sempre politiche di inclusione, di rispetto, di attenzione al tema della diversità e dell'inclusione, per sconfiggere la radice e prevenire il risorgere dell'antisemitismo, perché prevenire è sempre più efficace che combattere i fenomeni quando si verificano.
  Ritengo che ad Israele sia dovuta l'amicizia di tutto il mondo, proprio perché nessuno di noi deve mai perdere la memoria Pag. 8 delle ragioni che hanno condotto alla fondazione dello Stato di Israele, che sono ancora estremamente attuali.
  A Israele va riconosciuta la sua natura di Paese democratico, di democrazia amica che riconosce la diversità, l'apertura. Lo dico da persona omosessuale, so quanto Tel-Aviv per esempio sia una città accogliente per la mia comunità, che non sempre riceve il benvenuto. Un autore americano, Richard Florida, segnalava tra gli elementi dell'apertura quello che chiamava il gay index, sostenendo che se una società è aperta alla comunità, vuol dire che è una società aperta in generale, cosa che non mi stancherò mai di ricordare e quindi di ringraziare Israele per questo.
  Voglio anche incoraggiare Israele a coltivare questa sua specificità, questa sua capacità di essere aperta, di essere una società diversa e plurale, per cui colgo gli spunti che venivano fatti sulle ong, ma incoraggio anche il nostro ospite a non generalizzare, perché ritengo che il contributo che le ong danno in moltissimi campi della vita civile e in tutto ciò che riguarda il volontariato e il terzo settore sia un elemento di grande arricchimento. Non tutto può essere delegato allo Stato e le energie positive che vengono dalla società, anche a livello internazionale, vanno sicuramente incoraggiate. Naturalmente, bisogna dire anche alle ong quando sbagliano, come a tutti, però non vorrei mai che il messaggio che abbiamo ascoltato oggi fosse genericamente un messaggio di condanna nei confronti delle ong, perché non sarebbe condivisibile.
  Voglio ancora ringraziarvi e manifestare la mia amicizia nei confronti dello Stato di Israele e naturalmente la speranza per tutti noi che quella zona così delicata del mondo trovi un suo assetto pacifico, che consenta ai due popoli e ai due Stati di convivere in pace come ci auguriamo, ma nel frattempo considero fondamentale essere vicini allo Stato di Israele e ricordare sempre la sua natura democratica, le ragioni della sua esistenza e curarlo come un progetto prezioso per tutto il mondo, al contrario di quello che è venuto oggi a raccontarci.

  YANA CHIARA EHM. Ringrazio il professor Steinberg per essere qui oggi e perché ogni incontro può essere occasione di arricchimento, di confronto, di critiche costruttive, perché non sempre siamo d'accordo, e che da lì si possa imparare insieme e trovare una strada comune.
  Vorrei partire da un primo punto personale, che è quello che io sono di origine italo-tedesca, quindi, quando si parla di antisemitismo, per me è sempre un punto personale che riaffiora: i tedeschi hanno a cuore questo tema, ma credo valga per tutta la Comunità europea che ha vissuto una pagina di storia molto complicata, che è presente tutti i giorni nelle nostre vite. Credo che, ovviamente, questa componente debba essere viva e costantemente ricordata, affinché cose del genere non possano accadere mai più.
  Vorrei aprire il mio intervento partendo dalla sua introduzione su Bernstein, perché è sorprendente pensare che nel 2009, quando lo disse, ero ancora a scuola, ma lo ricordo bene in quanto ero già interessata alla politica, e ricordo esattamente che stigmatizzò le critiche ad Israele sui diritti umani piuttosto che ad altri Stati nel Medio Oriente che avevano regimi fondamentalisti autoritari, cosa su cui convengo perché ogni Paese che viola o non rispetta appieno i diritti umani deve essere attenzionato e questo vale per tutti i Paesi, sia per Israele sia per gli altri.
  Il primo punto importante è la questione dell'informazione e della libertà di stampa: da analista politica non nego che quando si parla di conflitto israelo-palestinese si trovano non poche difficoltà a reperire informazioni che non siano soggettive, ma pienamente obiettive, proprio per la difficoltà della tematica stessa.
  Invito quindi a rivolgersi alle stampa internazionale e ad essere obiettivi, divulgando le varie posizioni per garantire un'informazione corretta.
  Desidero ribadire che quando si critica la parte palestinese o la parte israeliana io mi rifaccio sempre alle leggi internazionali, perché sono queste che ci guidano e sono molto chiare, quindi valgono ovviamente Pag. 9per entrambe le fazioni come valgono in tutto il mondo.
  Quando si parla degli insediamenti o dell'uso delle risorse idriche e ambientali va sempre rispettato il diritto internazionale, punto importante perché oggi quando si parla della questione israeliana il tema degli insediamenti è una problematica nel nostro tentativo di portare avanti la soluzione dei due Stati.
  Lei dice giustamente che non c'è solo la questione dei diritti umani, ma ci sono ovviamente anche altre questioni in cui come cooperazione italiana con le altre cooperazioni proviamo ad essere di sostegno dove serve: questo vale per la questione umanitaria, per la questione ambientale, per lo sviluppo e per le risorse, che in questo caso ha una difficoltà propria. L'esempio più banale da citare è la questione di Gaza, questione molto complessa, politica, quindi non entro nel merito, mentre voglio entrare nel merito del nostro impegno laddove c'è una popolazione che non riesce ad avere un approvvigionamento indipendente a livello idrico ed energetico.
  Questo è l'obiettivo dell'amicizia tra Italia e Israele: avere una cooperazione che riesca a portare risultati a vantaggio degli Stati, e sono d'accordo con il collega Scalfarotto nel raccomandare di non generalizzare sulle ong, perché c'è da fare molta attenzione, però tante ong fanno un lavoro a mio avviso molto importante, specialmente nel quadro umanitario.
  La cooperazione nel vero senso della parola è l'unica via per arrivare ad uno sviluppo sostenibile tra i vari Paesi.

  DIMITRI COIN. Una considerazione veloce. Ringrazio il professore per la relazione, condivido quanto appena detto dai colleghi Scalfarotto ed Ehm che mi hanno preceduto, è importante non generalizzare sulla questione delle ong, però mi ha colpito il passaggio in cui il professore sottolineava che molte ong di cui si occupa contribuiscono all'esistenza dell'antisemitismo.
  In considerazione di questa frase e di quanto detto prima trovo corretto che ci sia la massima attenzione verso tutte quelle ong che sostengono l'antisemitismo, e magari il terrorismo che da questo deriva, senza fare una generalizzazione sulla questione, però individuando e ponendo massima attenzione sulle ong che si pongono al di fuori di questa situazione di gestione dell'aspetto umanitario.

  IVAN SCALFAROTTO. Scusi, presidente, intervengo soltanto perché dire che esistono ong che sostengono il terrorismo mi pare un po’ forte, quindi visto che siamo qui, in sede formale, non posso esimermi dal considerare questa affermazione estremamente grave e dal dissociarmi in modo netto. Anzi, se il collega ha informazioni, naturalmente le porti alla prima Procura della Repubblica, perché una cosa è dire che le posizioni espresse possono dar luogo al sospetto di antisemitismo, altra cosa è dire che ci siano ong che sostengono il terrorismo.

  DIMITRI COIN. Forse mi sono spiegato male, non intendevo dire che sostengono direttamente il terrorismo, ma dal momento che ci sono organizzazioni che, come diceva prima il professore, vanno nella direzione dell'antisemitismo, che spesso sfocia anche in azioni di un certo tipo, è bene monitorare queste organizzazioni, visto che non sono tutte da criminalizzare, ma alcune vanno tenute monitorate con una certa attenzione.

  IVAN SCALFAROTTO. Solo per chiarire il mio pensiero: se noi creiamo una catena di causa/effetto così distante, ci introduciamo in un campo estremamente pericoloso, perché potremmo cominciare a dire che chi spara agli immigrati è ispirato da qualcuno che sostiene alcune politiche, per cui teniamoci sempre stretti rispetto a rapporti di causa/effetto, perché quando il rapporto di causalità si allarga poi si può attribuire a qualsiasi parola un effetto che magari non ha nessun collegamento.
  Visto che siamo in un'aula parlamentare, il mio incoraggiamento è ad essere cauti con le parole.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi, lascio la parola al professor Steinberg per la replica.

Pag. 10

  GERALD STEINBERG, fondatore e presidente della ong Monitor. Vorrei innanzitutto ringraziare tutti per i vostri importanti commenti e le domande che mi avete rivolto, non so se le mie risposte renderanno giustizia alla complessità di alcuni dei vostri interventi, ma cercherò di affrontare alcuni dei temi che avete sollevato.
  I primi due deputati si sono concentrati in particolare sull'antisemitismo. Tutti noi siamo rimasti sorpresi perché non avremmo mai pensato che settantacinque anni dopo la fine del secondo conflitto mondiale avremmo assistito al genere di attacchi che abbiamo visto, e credo sia vero che in molti modi l'ascesa delle politiche identitarie, che a volte si accompagnano al concetto di ultranazionalismo, l'instabilità e le domande sul «chi siamo e dove siamo?», abbiano creato una situazione per cui ciascun gruppo tende ad essere più radicalizzato, e si demonizza l'Altro, come si dice in filosofia.
  Duemila anni di storia dimostrano che spesso sono gli ebrei ad essere l'Altro. L'enfasi sulla diversità e sulla necessità del rispetto della diversità e dell'inclusione non è mai troppa; dalla mia prospettiva è importante ricordare che i diritti umani includono moltissimo, e si deve dibattere su questo, ci dovrebbero essere relazioni sull'antisemitismo in varie forme.
  Nelle Nazioni Unite, in ciascun Paese nazionale, in sede europea non si può trascurare questo aspetto come se fosse una questione di minore importanza, e non dobbiamo mai dimenticare che i diritti umani sono parte del concetto di dignità, rispetto, eguaglianza. Se quindi gli ebrei non vengono inclusi, si commette una gravissima violazione di quei princìpi.
  Si dovrebbero includere nella prospettiva dei diritti umani tutti questi princìpi e valori. Individuare unicamente Israele o utilizzare un linguaggio che compari Israele ad un Paese che si comporta in maniera nazista è una forma di antisemitismo, c'è una definizione operativa in questo senso dell'Alleanza internazionale per la memoria dell'Olocausto. In Gran Bretagna numerose Università hanno adottato questo quadro e l'hanno sottoposto all'attenzione degli studenti, per cui quando si attaccano gli ebrei in quanto diversi o si utilizzano simboli nazisti si commette una violazione dei loro diritti umani fondamentali. Occorre quindi ampliare il dibattito.
  Sono attento a non parlare delle ong includendole tutte. Quando ho iniziato a svolgere questo lavoro di ricerca, sono rimasto stupito innanzitutto, da accademico, nel vedere che non esistevano quasi le ricerche accademiche sulle ong. Ma ho imparato che esistono milioni e milioni di ong; esistono 5 mila ong registrate alle Nazioni Unite per il settore dei diritti umani, e molte altre non registrate.
  Quando parlo di cinque o trenta organizzazioni, chiaramente mi riferisco ad una piccolissima parte del loro ambito, ma a volte si tratta delle più potenti, di quelle più visibili. È imbarazzante a volte dire che Amnesty International è colpevole di antisemitismo, ma è vero. Sul sito della nostra ong Monitor evidenziamo gli esempi di utilizzo di un linguaggio antisemita, e la loro agenda è di parte, è squilibrata.
  Sono attentissimo a non generalizzare, ma se ci sono organizzazioni potenti che si macchiano di questo, vanno criticate e richiamate alle loro responsabilità. L'energia positiva della comunità ong va sicuramente riconosciuta per il ruolo fondamentale che svolge, ma a volte vado alle sessioni del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite e, se non si fa parte dell'attacco occidentale contro Israele, non si ha neanche il diritto di parola se si rappresenta una ong, ed è frustrante. È importante ricordare anche questo aspetto.
  Vorrei incoraggiarvi a rileggere il discorso di Bernstein pronunciato in Nebraska o il suo articolo sul New York Times, perché Bernstein disse il contrario. Conosco molto bene le sue parole, ho trascorso molte ore con lui, io stesso ho partecipato alla stesura di quell'articolo; Bernstein disse che in Israele esistevano decine di organizzazioni dei diritti umani che criticano Israele, pertanto non è compito di organizzazioni esterne, che non hanno conoscenze sufficienti, attaccare Israele e renderlo l'obiettivo principale dei loro attacchi. Bernstein disse che Human Rights Watch, organizzazione Pag. 11 da lui stesso creata, con filiali in tutto il mondo, era la principale organizzazione colpevole di aver trasformato Israele in uno Stato paria e averlo demonizzato, ed era sbagliato. Vi chiederei di rileggere i suoi interventi su questo punto, perché è importante.
  È vero, ogni Paese va monitorato, ma nessun Paese può essere bersaglio di migliaia di critiche rispetto ad altri Paesi del mondo, con un linguaggio controproducente che induce all'antisemitismo. Lei ha detto che abbiamo bisogno di media imparziali, di informazione. Israele ha il più grande numero di giornalisti per abitante al mondo, non riesco a passeggiare per Gerusalemme senza incontrare un corrispondente straniero o l'inviato di una testata, non ci sono restrizioni alla loro libertà di riferire fatti che accadono in Israele. Nessuno dice che le informazioni non sono disponibili o sono di parte, a meno che non ci sia un interesse a presentare un'immagine distorta della realtà.
  Non abbiamo il tempo di ripercorrere nel dettaglio tutte le questioni che avete sollevato, ma faccio un accenno al diritto umanitario internazionale, al diritto internazionale, ai diritti umani: tutti questi ambiti sono strettamente connessi tra loro. Avete parlato di acqua, di insediamenti, di leggi internazionali da applicare ad opera di entrambe le parti, ma da noi non c'è un sistema di diritto internazionale attuabile, e questo è parte del problema, non esiste un organismo capace di fornire informazioni accurate su politiche che riguardino ambiti come l'acqua.
  È alto il numero di ong politiche che hanno utilizzato la questione dell'acqua in modo erroneo, laddove Israele fornisce più acqua in una regione molto secca, molta più acqua di quanto non sia stato deciso. È vero che gli abitanti di Gaza soffrono per la mancanza di acqua; lì c'è anche un'organizzazione terroristica al Governo che utilizza le risorse della comunità internazionale per costruire chilometri di gallerie in cemento armato per attaccare Israele, e questa è una chiara violazione del diritto internazionale. Questo fatto non si può negare; i tunnel e le gallerie sono lì.
  Miliardi del vostro denaro per gli aiuti che potevano essere utilizzati per l'acqua e per l'energia, per aiutare le persone, vengono invece utilizzati per uccidere, per seminare odio. Potete vedere questi tunnel su YouTube, su Google. È un dato di fatto, e dare la colpa ad Israele per la sofferenza del popolo di Gaza quando è Hamas che ha la responsabilità di questa sofferenza, credo sia davvero un problema.
  Ricordo che nel 2009 il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite pubblicò una relazione sulla guerra tra Gaza e Israele. Il Capo della Commissione era un giudice del Sudafrica, Richard Goldstone, Un anno dopo la stesura di quella relazione, Richard Goldstone si scusò pubblicamente per iscritto con un articolo, dicendo: «Se avessi saputo allora quello che so ora, non avrei scritto la relazione». Non si tratta di una relazione giudiziaria; si tratta di cinquecento pagine piene di dichiarazioni del genere che sentiamo in continuazione contro Israele. La relazione danneggiò la carriera di Goldstone, che si era affidato a dati forniti da ong e da giornalisti, che poi si rivelarono sbagliati, provocando il grande imbarazzo di Goldstone. Ma ormai il danno era fatto. Bisogna fare molta attenzione, quando si formula questo genere di accuse, alla diffusa propaganda che viene messa in circolazione. Occorre essere molto prudenti.
  Non posso dire che bisogna accettare Israele e approvare tutto quello che fa, non sto dicendo che bisogna sostenere gli insediamenti e accettare tutte le politiche del Governo israeliano o al contrario le politiche del Governo palestinese, ma credo che occorra prestare molta attenzione soprattutto quando si parla di diritti umani.
  A proposito dell'acqua, da duemila anni gli ebrei vengono accusati di avvelenare i pozzi: si tratta di una forma di dichiarazione antisemita che ha radici molto profonde. Da ebreo e da studioso di storia ebraica e antisemitismo, posso dire che in Europa gli ebrei sono stati accusati di avvelenare i pozzi e di aver ucciso le persone che vi bevevano, e questo faceva parte di un'ampia campagna antisemita. Le dichiarazioni sull'acqua contro Israele sono considerate Pag. 12 da molti una forma moderna di accusa antisemita, perché tutto questo non è vero e diffonde l'immagine di un mostro ebreo che uccide persone innocenti che soffrono, quindi vi prego di fare molta attenzione.
  Io accuso Amnesty International, è vero: la ricercatrice di Amnesty International per il Medio Oriente, Donatella Rovera, che non ha alcuna competenza in materia di acqua, è stata invitata da Al-Jazeera e ha avuto un confronto televisivo con me sulla questione delle dichiarazioni mendaci contenute in una relazione pubblicata da Amnesty. Il dibattito televisivo che è andato in onda su Al-Jazeera è disponibile in rete. La ricercatrice di Amnesty non è esperta di acqua: una settimana accusa Israele di privare i poveri di acqua, e la settimana successiva accusa Israele di bombardare persone innocenti e le loro case, senza prestare attenzione al fatto che vengono lanciati razzi contro Israele. Tutte queste dichiarazioni devono essere esaminate con attenzione, le implicazioni di una loro accettazione passiva sono davvero seccanti.
  Torno alle ong. Voi avete parlato di ong e di terrorismo, abbiamo almeno otto esempi che riguardano il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, un'organizzazione terroristica, così definita dall'Unione europea, dagli Stati Uniti e da molti altri Paesi. Sono stati bravissimi, hanno creato almeno otto ong che hanno avuto il riconoscimento delle Nazioni Unite: Defence for Children International è uno di questi gruppi, dal nome interessante, e poi ce ne sono altri, che includono gruppi per i diritti umani dei prigionieri. I leader di queste ong e i membri del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina sono le stesse persone.
  Non sto dicendo che a causa di queste otto ong che hanno chiare connessioni con gruppi terroristici – questi sono gli esiti di accurate ricerche condotte dalla nostra organizzazione cinque anni fa – le ong siano tutte legate al terrorismo. Come ho detto, ce ne sono 5 mila registrate alle Nazioni Unite, si tratta quindi di un ambito molto ampio. È importante considerare ogni caso separatamente.
  Ma laddove vi siano connessioni che non dovrebbero esistere, in relazione a principi di giustizia, diritti umani, democrazia e diritto internazionale, allora bisogna esercitare delle critiche. Quando le ong riescono a perseguire i loro obiettivi senza contribuire alla diffusione dell'odio e senza creare frizioni e conflitti, inclusa la diffusione dell'antisemitismo che è così presente in tutto il mondo, allora quelle ong vanno incoraggiate e bisogna cooperare con loro, è una questione di dovuta diligenza, di rispetto delle regole, di esercizio del potere discrezionale.
  La comunità delle ong non è stata mai soggetta a critiche nel passato, ha esercitato in alcuni casi grande influenza e non può ritenersi immune dalle critiche laddove queste siano fondate. Questo è lo spirito con il quale ho voluto parlare con voi oggi, e grazie ancora per il tempo che mi avete dedicato per questo importante scambio.

  PRESIDENTE. Nel ringraziare il nostro ospite, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.30.