XVIII Legislatura

III Commissione

COMITATO PERMANENTE SUI DIRITTI UMANI NEL MONDO

Resoconto stenografico



Seduta n. 12 di Lunedì 13 maggio 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Di Stasio Iolanda , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'IMPEGNO DELL'ITALIA NELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE PER LA PROMOZIONE E TUTELA DEI DIRITTI UMANI E CONTRO LE DISCRIMINAZIONI

Audizione di rappresentanti della ong Americans for Democracy & Human Rights in Bahrain (ADHRB).
Di Stasio Iolanda , Presidente ... 2 
Cocard Yannick , Rappresentante di ... 3 
Carnevale Claudia , Rappresentante di ... 3 
Cocard Yannick , Rappresentante di ... 5 
Di Stasio Iolanda , Presidente ... 5 
Cabras Pino (M5S)  ... 5 
Carnevale Claudia , Rappresentante di ... 6 
Ehm Yana Chiara (M5S)  ... 6 
Cocard Yannick , Rappresentante di ... 7 
Di Stasio Iolanda , Presidente ... 8

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Sogno Italia - 10 Volte Meglio: Misto-SI-10VM.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
IOLANDA DI STASIO

  La seduta comincia alle 12.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

Audizione di rappresentanti della ong Americans for Democracy & Human Rights in Bahrain (ADHRB).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'impegno dell'Italia nella comunità internazionale per la promozione e tutela dei diritti umani e contro le discriminazioni, l'audizione di rappresentanti della ong Americans for Democracy & Human Rights in Bahrain (ADHRB).
  Do quindi il benvenuto a Claudia Carnevale e Yannick Cocard, attivisti di questa organizzazione, e li ringrazio per il loro contributo ai nostri lavori.
  Americans for Democracy and Human Rights in Bahrain, formalmente costituita come organizzazione senza scopo di lucro nel 2008 e basata a Washington, ha intensi rapporti di collaborazione con le maggiori ong internazionali impegnate nella tutela dei diritti umani, tra cui Amnesty International, Freedom House, Human Rights Watch, Human Rights First, Project on Middle East Democracy, ma anche con il Congresso e le Agenzie del Governo degli Stati Uniti. A livello internazionale, collabora con attivisti e organizzazioni non governative nell'azione di informazione e sensibilizzazione all'interno del sistema delle Nazioni Unite e del Parlamento europeo.
  Altrettanto essenziale è il ruolo svolto dall'organizzazione in Bahrain, che si sostanzia nell'azione di supporto ai leader dei locali movimenti per i diritti umani, promuovendo contatti diretti con il Governo degli Stati Uniti, alti funzionari governativi e le principali organizzazioni no profit degli Stati Uniti. Ha acquisito inoltre lo status di organizzazione non governativa accreditata presso il Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite.
  Le sue attività vengono finanziate attraverso donazioni private e contributi delle istituzioni internazionali e dei partner non governativi, mentre non sono ammessi finanziamenti da parte dei Governi. Nel ricordare che l'organizzazione è già stata audita dal Senato nel febbraio scorso, chiedo ai nostri ospiti di illustrare ulteriormente l'organizzazione che qui rappresentano, le sue campagne informative, i suoi report e le sue iniziative presso le Nazioni Unite.
  Rispetto alle aspettative sugli esiti di questa audizione, faccio presente ai nostri ospiti che il Comitato parlamentare per i diritti umani nel mondo, istituito presso la Commissione affari esteri, e la citata indagine conoscitiva costituiscono la sede per valorizzare l'operato dei difensori dei diritti umani, soprattutto se impegnati in aree del mondo segnate da crisi regionali di varia intensità. Siamo pertanto interessati a capire se da questa audizione potranno emergere elementi sulle eventuali iniziative che potranno essere assunte in sede parlamentare rispetto allo scenario in questione.
  Lascio ora la parola ai nostri ospiti, affinché svolgano il loro intervento.

Pag. 3

  YANNICK COCARD, Rappresentante di Americans for Democracy & Human Rights in Bahrain. Grazie a tutti per averci ricevuto. Sono Yannick Cocard, advocacy volunteer per ADHRB, organizzazione no profit che dal 2002 si occupa di denunciare le violazioni dei diritti umani che avvengono in Bahrain.
  Le violazioni hanno avuto un picco a seguito dei movimenti pro-democrazia cosiddetti «della Primavera araba», che hanno avuto luogo nel 2011. A seguito di questi, il Governo del Bahrain ha applicato misure restrittive, volte a mettere a tacere ogni opposizione politica e a restringere la libertà degli attivisti che si occupano di diritti umani.
  Il compito di ADHRB è quello di denunciare queste violazioni davanti a orecchie che possano ascoltare, come quelle del Governo americano, essendo ADHRB un'organizzazione statunitense, ma anche a quelle degli Stati che hanno più scambi con il Bahrain. Per questo siamo qui, per cercare di coinvolgere e di mettere al corrente le istituzioni italiane riguardo a quello che succede in Bahrain, che spesso non viene pubblicato sui giornali e a cui non viene dato spazio nei notiziari.
  Come dicevo, le violazioni comprendono rappresaglie del Governo per l'operato degli attivisti dei diritti umani: posso fare il nome di numerosi attivisti, senza dubbio il più noto è Nabeel Rajab, che dal 2012 ha subìto numerose ritorsioni da parte del corrotto sistema giudiziario bahrenita. Una settimana fa è stato negato il ricorso in appello ai suoi legali, per cui dovrà scontare altri cinque anni di detenzione in condizioni disumane, a causa di tweet pubblicati sul suo profilo personale, intrisi di critiche nei confronti dell'Arabia Saudita, membro della coalizione di cui il Bahrain fa parte e che al momento è in conflitto con lo Yemen.
  In considerazione di queste violazioni, come ADHRB riteniamo che sia compito delle nazioni portatrici dei valori dichiarati a seguito del secondo conflitto mondiale, che riguardano i diritti umani e le libertà dell'individuo, battersi per far sì che i Governi autoritari non possano più esercitare il loro potere sulle persone.
  Lascio la parola alla mia collega, che illustrerà nel dettaglio le violazioni e quanto cerca di fare la nostra organizzazione.

  CLAUDIA CARNEVALE, Rappresentante di Americans for Democracy & Human Rights in Bahrain. Buongiorno a tutti, sono Claudia Carnevale, advocacy volunteer di ADHRB. Prima di illustrare le nostre richieste per questa audizione, desidero presentarvi un quadro di quella che è la situazione attualmente in Bahrain.
  Il Bahrain è un Regno governato da una famiglia di religione sunnita, mentre la maggioranza della popolazione è di religione sciita. Le stime presentano una proporzione del 60 per cento di sciiti e rimanenti sunniti, tuttavia non vi sono dati ufficiali in quanto il Governo non li rilascia per paura che la comunità internazionale possa chiedersi in base a cosa siano legittimati ad essere al potere.
  Come accennava il mio collega, nel 2011 il Bahrain, come altri Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa, ha preso parte alle sommosse generali della «Primavera araba», chiedendo una Costituzione democratica, il rispetto dei diritti umani e maggiori diritti e libertà, ma il Governo ha risposto a queste richieste con una forte ondata di repressione, cui ha partecipato anche l'Arabia Saudita, fornendo carri armati che sono entrati nella città e hanno represso l'opposizione pacifica del Paese.
  Da allora si stima che in Bahrain vi siano circa 4 mila prigionieri politici su una popolazione di poco più di 1 milione di abitanti – anche qui le stime sono molto incerte, in quanto non vengono rilasciate – uno dei rapporti pro capite più alti in termini di prigionieri politici rispetto alla popolazione. Questi prigionieri politici sono oppositori del regime, attivisti per i diritti umani, ai quali vengono contestati reati che spesso vengono fatti ricadere sotto l'etichetta di terrorismo quando fondamentalmente si tratta di libertà di espressione.
  Il già citato Nabeel Rajab è in carcere per aver scritto un tweet contro l'Arabia Saudita e il capo d'accusa è quello di aver Pag. 4criticato un Governo alleato, quindi rientra in un reato legato alla libertà di espressione.
  Vi è anche un problema per quanto riguarda le forze di sicurezza in Bahrain, composte in per lo più da stranieri di religione sunnita che vengono da Paesi circostanti, quindi Egitto, Libano, Arabia Saudita. In questo modo il Governo si garantisce che queste forze di sicurezza non simpatizzino e non possano rivoltarsi contro il Governo stesso e quindi appoggiare la causa della cittadinanza, ma al contrario appoggino in maniera incontestata l'autorità del Governo. Questo avviene tramite il rilascio della cittadinanza a questi cittadini stranieri, che vanno anche ad ingrossare le fila dei sunniti che risultano agli atti del Governo.
  Per quanto riguarda la cittadinanza – recentemente abbiamo anche inviato un aggiornamento alla Commissione – vi è la questione della denaturalizzazione. Il Governo del Bahrain a partire dal 2011 da denaturalizzato un totale di 439 individui, attivisti e oppositori politici, come forma di rappresaglia per aver denunciato la situazione nel Paese; quindi la denaturalizzazione viene utilizzata come arma fondamentalmente di ricatto rispetto ai cittadini, che sono in questo modo anche costretti all'esilio all'estero.
  La nostra organizzazione opera a livello delle Nazioni Unite e dell'Unione europea, affinché gli organi competenti prendano atto delle violazioni che avvengono in Bahrain e agiscano di conseguenza. La nostra organizzazione contatta però anche le Ambasciate dei Paesi europei e occidentali in generale, che si presume dovrebbero aderire ai canoni riguardanti i diritti umani e le libertà fondamentali, chiedendo loro di agire e di supportare gli attivisti presenti sul campo.
  In Bahrain ci sono cinque Ambasciate occidentali: quella dell'Italia, degli Stati Uniti, del Regno Unito, della Francia e della Germania; quattro di queste sono Ambasciate europee e in quanto tali sono vincolate ai princìpi dell'Unione europea, ma anche in particolare a un atto, le European Guidelines on Human Rights Defenders, approvate dall'Unione europea nel 2008 per fornire un indirizzo alle missioni diplomatiche dei Paesi europei in Paesi terzi circa la tutela dei difensori dei diritti umani.
  Queste linee guida prescrivono che i rappresentanti diplomatici dei Paesi europei all'estero supportino l'operato dei difensori per i diritti umani, cosa che può avvenire in una varietà molto ampia di modi: invitando gli attivisti presso le sedi diplomatiche e quindi sentendo da loro direttamente qual è la situazione dei diritti umani nel Paese, come si trovano ad operare e quali sono gli ostacoli con cui si trovano ad operare; o anche in senso opposto, quando gli attivisti invitano i rappresentanti dell'Ambasciata a visitare le loro sedi di lavoro e a capire quindi come agiscono.
  Un altro ruolo previsto da queste linee guida è quello di partecipare ai processi che riguardano gli attivisti per i diritti umani riconosciuti a livello internazionale, come Nabeel Rajab, Abdulhadi Al-Khawaja, leader del maggior Partito di opposizione politica – che è Al Wefaq, che nel 2016 è stato dissolto, quindi non vi è un'opposizione politica in Parlamento al momento in Bahrain – e di invitare i Paesi terzi in cui di cui sono ospiti a ricevere le Special Procedures dell'ONU come lo Special Rapporteur per la tortura, per la pena capitale, per le sparizioni forzate.
  Mentre tuttavia altre Ambasciate come quelle inglese e francese, seppur moderatamente perché comunque devono coltivare le relazioni tra i loro Paesi e il Regno, cercano di dare applicazione a queste linee guida, lo stesso non si può dire dell'Ambasciata italiana. Cito brevemente un paio di esempi delle azioni fatte da queste altre due Ambasciate per dare un'idea di quello che potrebbe essere un intervento.
  L'Ambasciata del Regno Unito riprende sempre i comunicati del Ministro per il Medio Oriente, che, a partire dalle proteste del 2011, ha più volte condannato le violazioni che avvengono in Bahrain: in tal modo, l'Ambasciatore reitera il messaggio di condanna di queste violazioni e delle sentenze nei confronti di attivisti importanti. Pag. 5
  Da parte sua, l'Ambasciatrice francese ha twittato esprimendo il suo dissenso e la sua preoccupazione per la condanna di Nabeel Rajab, creando quindi delle tensioni a livello diplomatico con il Bahrain, ma esponendosi in questo modo. Inoltre, la città di Parigi ha rilasciato il titolo di cittadino onorario a Nabeel Rajab. Sono tutte azioni che, per quanto simboliche, alla popolazione del Bahrain e agli attivisti danno l'idea che qualcuno li stia ascoltando, si interessi a loro e abbia diciamo a cuore la loro causa.
  Lascio la parola al mio collega, che illustrerà nello specifico la situazione dell'Ambasciata italiana. Grazie.

  YANNICK COCARD, Rappresentante di Americans for Democracy & Human Rights in Bahrain. Come diceva la mia collega, è indubbio che il ruolo di un'Ambasciata non sia quello di esercitare un'ingerenza negli affari interni di un Paese terzo; tuttavia, essendo l'Italia parte delle Nazioni Unite e dell'Unione europea, questo implica un coinvolgimento nella difesa di alcuni princìpi, che citavo all'inizio di questa seduta.
  La mia collega ha elencato alcune azioni che, seppur simboliche, esprimono un senso di solidarietà nei confronti della popolazione oppressa e, sebbene l'Ambasciata italiana mostri un certo zelo per quanto riguarda la ricerca della cooperazione economica con il Bahrain, non si può dire altrettanto per quanto riguarda l'impegno nella difesa dei diritti umani. L'Ambasciata italiana a Manama, capitale del Bahrain, non pubblica infatti alcun report, alcun resoconto riguardo alle violazioni in atto nel Paese. Questo è un compito prescritto dalle linee guida citate dalla collega: monitorare le violazioni dei diritti umani e riportare quanto accade da un punto di vista oggettivo.
  La nostra organizzazione si impegna a contattare due volte al mese le Ambasciate europee, oltre a quella statunitense in Bahrain, per scambiarsi i documenti e ottenere informazioni che non si possono avere se non sul campo. Quindi ci si aspetta una certa collaborazione, anche questa prescritta dalle linee guida dell'Unione europea.
  Sebbene le Ambasciate inglese, tedesca e francese dimostrino un certo livello di collaborazione, l'Ambasciata italiana solo dopo parecchi anni di tentativi ha iniziato a rispondere alle email della nostra organizzazione. L'Ambasciatore Domenico Bellato adesso risponde ad alcune email in maniera passiva, ringraziando la nostra organizzazione per le informazioni che invia; non c'è uno scambio, ma rimane a livello unilaterale, e questo riguarda non solo la nostra organizzazione, ma anche altre due organizzazioni che si occupano dei diritti umani in Bahrain, il Centro per i Diritti Umani del Bahrein (BCHR) e il Bahrain Institute for Rights and Democracy (BIRD). Entrambe lamentano che l'Italia sia l'unico Paese la cui Ambasciata non offre alcun supporto, nonostante dimostri di essere attiva su alcune questioni.
  Alcune di queste linee guida prevedono che le Ambasciate assistano ai processi giudiziari a carico degli attivisti dei diritti umani, e anche in questo l'Italia è l'unico Paese a non partecipare a nessun processo giudiziario, a non fornire alcuno spazio agli attivisti per esprimersi o a visitarli in prigione per sincerarsi delle loro condizioni.
  È auspicio della nostra organizzazione che l'Ambasciata italiana inverta la rotta e inizi a collaborare maggiormente, a promuovere il dibattito nel Paese, un dibattito che non preveda la violenza, che inizi a dare voce agli attivisti locali. La richiesta che facciamo a questa Comitato è quella di promuovere un dibattito parlamentare e una mozione indirizzata al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, e quindi anche all'Ambasciata italiana a Manama, per chiedere come mai non vengano implementate alcune linee guida che riteniamo fondamentali per quanto riguarda la difesa dei diritti umani.
  Vi ringrazio per l'attenzione e rimango a disposizione per eventuali domande.

  PRESIDENTE. Grazie. Lascio la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  PINO CABRAS. Vorrei approfondire una questione evocata dai nostri ospiti, e cioè Pag. 6fino a che punto le Ambasciate di taluni Paesi seguono la situazione dei diritti umani e fin dove si spingono; perché magari l'Ambasciata britannica fa le sue brave relazioni sulla situazione, però a me risulta che nel 2011 il Governo britannico dava una sorta di copertura diplomatica e politica alle corti marziali che agivano in Bahrain.
  Nel 2011 ci fu una sostanziale invasione del Bahrain da parte dell'Arabia Saudita e il giorno che avvenne questa invasione c'era il Segretario della Difesa degli Stati Uniti che visitava la Quinta Flotta, che spesso fa rada a Manama, e non pronunciò una sola parola sulla repressione e sull'azione militare in corso in quel momento.
  Vorrei capire se esiste davvero questa differenza di azione da parte delle Ambasciate e come si stanno comportando le Ambasciate di Paesi che sono stati molto più coinvolti nel sostegno al Governo di Manama, e quindi in qualche modo più corresponsabili.

  CLAUDIA CARNEVALE, Rappresentante di Americans for Democracy & Human Rights in Bahrain. Grazie mille. Di sicuro il supporto che queste Ambasciate danno non è un supporto sostanziale dal punto di vista della risoluzione dei problemi inerenti alle violazioni dei diritti umani nel Paese. Si tratta chiaramente di atti molto simbolici: condannare la carcerazione di alcuni attivisti e riconoscere quantomeno che queste operazioni avvengono.
  Nel caso del Regno Unito vi sono legami strettissimi tra i due Regni, quindi vi sono implicazioni politiche e anche degli accordi che non vengono di sicuro toccati dal Governo, quindi tollerano anche troppo. Ciò non toglie che l'Italia dovrebbe fare qualcosa, il fatto che altri non facciano abbastanza non esonera l'Italia dall'avere un ruolo in questo.
  L'Italia si trova in una situazione di particolare importanza, in quanto è una delle sole quattro Ambasciate europee presenti in Bahrain; nessun altro Paese se non con i quattro elencati precedentemente ha un'Ambasciata, quindi, per quanto anche gli altri non vi adempiano interamente e siano sollecitati dalle organizzazioni presenti sul territorio a fare sempre di più, nel caso dell'Italia non viene fatto assolutamente niente.
  Anche l'Italia chiaramente ha i suoi interessi da tutelare, economici e politici, però rispondere agli attivisti che sono cittadini del Bahrain tanto quanto il Governo stesso, le forze dell'ordine e i militari con cui l'Italia collabora, rispondere e dare un supporto anche solo morale alla loro causa di sicuro può aiutarli a fare in modo che le loro azioni abbiano una risonanza internazionale.
  Non vogliamo elevare le Ambasciate degli altri Paesi ad esempi ideali, a modelli di quello che si dovrebbe fare, perché quello che si dovrebbe fare è ben altro, tuttavia l'Ambasciata italiana non fa assolutamente niente, quindi un piccolo passo quantomeno nel condannare e prendere atto della situazione e non semplicemente ignorare tutto ciò che avviene potrebbe essere importante.

  YANA CHIARA EHM. Ringrazio molto per questa audizione. Chi si occupa di questa regione – non intendo solo il Bahrain, ma tutta la regione del Golfo – è ben cosciente che i diritti umani hanno un peso un po’ diverso che nelle altre parti del mondo ed è una tematica sicuramente molto complessa, dove esistono discrepanze tra il dire e il fare.
  Mi sono occupata precedentemente della regione del Golfo, specialmente negli anni successivi alla cosiddetta «Primavera araba», che hanno visto alcuni Paesi, tra i quali il Bahrain, coinvolti da una repressione abbastanza forte.
  In merito all'importanza delle azioni che le nostre rappresentanze in loco possono intraprendere accolgo la vostra richiesta, ma non ritengo opportuno dire che l'Ambasciata non fa assolutamente niente, perché questo vorrebbe dire non avere interesse. Ricordo solo brevemente che negli scorsi mesi la Ministra Trenta e poi il sottosegretario Picchi si sono recati in visita in Bahrain. Questo significa che c'è un interesse di capire quale sia la situazione attuale, cosa che vale sia per la parte governativa sia per la parte rappresentativa.
  Come diceva il collega Cabras, alcuni Paesi negli scorsi anni hanno fatto certe Pag. 7scelte, adesso ne fanno altre, ma sinceramente fare una scelta perché in quel momento si ritiene più opportuna e successivamente esprimere condanne sembra più incoerente. Per l'Italia i diritti umani hanno sempre avuto un'importanza primaria, quindi accolgo con piacere il vostro appello e sarà mia premura, visto che mi occupo di questa regione, approfondire meglio, essendo cosciente del fatto che la questione dei diritti umani è un tabù in questi Paesi, però ritengo che dire che l'Ambasciata non faccia niente sia un po’ azzardato.
  Vorrei però cogliere l'opportunità per chiedervi informazioni sulla questione dei Bidoon. Altre tematiche si conoscono, ma la questione dei Bidoon è spesso ignorata, eppure vede sempre più persone coinvolte e più difficoltà, quindi mi piacerebbe sapere se abbiate qualche notizia in più e se ci siano degli aggiornamenti.
  Voi siete una ong il cui acronimo ha come prima parola Americans: siamo alleati in tanti punti, l'America fa una certa politica estera e nel Golfo ha deciso di promuovere una politica che a volte può andare incontro a specifici interessi e non incrociare la questione dei diritti umani. Vorrei chiedervi quale sia il vostro punto di vista al riguardo. Grazie.

  YANNICK COCARD, Rappresentante di Americans for Democracy & Human Rights in Bahrain. Apprezziamo la vostra preparazione per quanto concerne il Bahrain. «Americans» perché la ong è americana, però è stata fondata da bahreniti che sono espatriati in America, dove sicuramente potevano beneficiare di un sistema che permettesse loro di parlare e fondare un'organizzazione che si battesse per i diritti umani magari dei familiari e degli amici che avevano lasciato in Bahrain.
  Per quanto riguarda i Bidoon, è una questione assolutamente rilevante, che riguarda meno gli affari esteri. I Bidoon sono quelle persone che hanno uno status civile piuttosto ambiguo, che non hanno la cittadinanza, che spesso sono in Bahrain per convenienza, per opportunità; si trovano a fare lavori sottopagati, ai limiti della schiavitù, e Bidoon è il soprannome per queste persone che vengono spesso dal sud-est asiatico; sono donne che lavorano nelle case dei bahreniti, spesso subiscono violenze, ma non possono comparire davanti al sistema giudiziario, non hanno alcuna tutela per quanto riguarda il lavoro e i diritti civili, non hanno diritto all'assistenza sanitaria.
  Questa è sicuramente un'altra problematica che affligge il Paese e che non viene abbastanza discussa. Da questo punto di vista non ci sono miglioramenti, il Parlamento adotta misure che però si rivelano inefficaci per il miglioramento della loro condizione.
  Per quanto riguarda l'Ambasciata italiana, Lei ha accennato alla visita della Ministra Trenta; l'Italia è il primo partner commerciale europeo del Bahrain, sicuramente ci sono molti scambi tra i due Paesi; non sappiamo se durante le visite ufficiali, in via informale, si discuta della violazione dei diritti umani e di come porvi fine, però, stando alle linee guida, alcune azioni dovrebbero essere rese note, quindi anche il solo parlarne e renderle note potrebbe essere d'aiuto.
  Lo scorso febbraio siamo stati auditi dalla Commissione per i diritti umani del Senato, è venuta Maryam Al-Khawaja, un'attivista bahrenita il cui padre è attualmente imprigionato; è potuta venire qui perché è stata imprigionata, ma, grazie anche alle pressioni internazionali tra cui quella del Parlamento europeo, è stata liberata. Questo a dimostrazione di come una pressione pubblica ufficiale di alcuni Paesi possa avere un peso specifico rilevante. Per questo abbiamo detto che l'Ambasciata italiana non si adopera da questo punto di vista.
  L'onorevole Cabras ha parlato dei rapporti con il Regno Unito. Sicuramente dal punto di vista storico i legami tra il Bahrain e il Regno Unito sono stretti, essendo stata una colonia britannica fino agli anni settanta. Ribadisco che il compito delle Ambasciate non è quello di rovesciare regimi, ma, dinanzi a violazioni la cui esistenza è stata appurata più volte da organi delle Nazioni Unite, che quindi non sono più supposizioni ma fatti, le Pag. 8Ambasciate e i Ministri degli esteri possono avere un ruolo. Anche la critica dell'Ambasciatrice francese alla condanna di Nabeel Rajab può avere un suo ruolo.
  Spero di essere stato esaustivo.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altri colleghi che intendano intervenire, ringrazio i nostri ospiti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.10.