XVIII Legislatura

III Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 9 di Martedì 2 aprile 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Grande Marta , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'IMPEGNO DELL'ITALIA NELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE PER LA PROMOZIONE E TUTELA DEI DIRITTI UMANI E CONTRO LE DISCRIMINAZIONI
Grande Marta , Presidente ... 3 
Krähenbühl Peter Pierre , Commissario Generale della United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East ... 4 
Grande Marta , Presidente ... 6 
Boldrini Laura (LeU)  ... 6 
Formentini Paolo (LEGA)  ... 6 
Ehm Yana Chiara (M5S)  ... 7 
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 7 
Grande Marta , Presidente ... 8 
Krähenbühl Peter Pierre , Commissario Generale della United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East ... 8 
Grande Marta , Presidente ... 11 
Boldrini Laura (LeU)  ... 11 
Grande Marta , Presidente ... 11

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
MARTA GRANDE

  La seduta comincia alle 10.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Commissario Generale della United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East (UNRWA), Peter Pierre Krähenbühl.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'impegno dell'Italia nella comunità internazionale per la promozione e tutela dei diritti umani e contro le discriminazioni, l'audizione del Commissario Generale della United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East (UNRWA), Peter Pierre Krähenbühl, accompagnato dalla dottoressa Sveva Pettorino, che segue le relazioni dell'Agenzia con l'Italia.
  Saluto e ringrazio Peter Pierre Krähenbühl per la sua disponibilità a prendere parte ai nostri lavori. Ricordo che l'UNRWA, organizzazione di cui il nostro ospite è stato nominato Commissario generale nel novembre 2013 quale successore di Filippo Grandi, è stata fondata per iniziativa dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, con la risoluzione n. 302 dell'8 dicembre 1949, con lo scopo di provvedere al soccorso e all'assistenza dei rifugiati palestinesi, vittime del conflitto arabo-israeliano del 1948.
  L'Agenzia, la cui attività è iniziata nel maggio 1950, ha visto di anno in anno prorogare il proprio mandato, in assenza di una soluzione alla drammatica situazione dei profughi palestinesi. L'ultima proroga fissa il termine al 30 giugno 2020.
  Quando l'Agenzia iniziò le operazioni, nel 1950, rispondeva alle necessità di circa 750 mila rifugiati palestinesi. Oggi circa 5 milioni di rifugiati palestinesi che vivono in Giordania, Libano Siria, Cisgiordania e Striscia di Gaza ricevono assistenza dalle strutture UNRWA.
  A livello finanziario, l'UNRWA beneficia del sostegno degli Stati membri delle Nazioni Unite e di un contributo specifico dell'Unione europea. Insieme queste fonti rappresentano circa il 93 per cento dei contributi finanziari all'Agenzia. Occorre tuttavia segnalare che dal 2015 l'UNRWA sta affrontando una crisi finanziaria, che si è aggravata all'inizio del 2018, a seguito della drastica riduzione dei fondi da parte degli Stati Uniti per un valore complessivo di 300 milioni di dollari.
  Anche per sopperire a questi tagli, si è svolta a marzo una conferenza ministeriale straordinaria a Roma presso la FAO sotto egida ONU, presieduta dal Segretario Generale Gutierrez e a giugno una conferenza dei donatori a New York. Gli impegni aggiuntivi dei donatori, fra i quali l'Italia, annunciati nel corso dell'anno, uniti alle riforme interne dell'Agenzia, volte a razionalizzare le spese e a migliorare l'efficienza, hanno permesso di ridurre il deficit da 446 milioni di dollari a 186 milioni, con un'ulteriore, importante contribuzione della comunità internazionale, annunciata in occasione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite di settembre, pari a 120 milioni.
  L'Italia sostiene UNRWA e la considera un attore essenziale per migliorare le condizioni Pag. 4 di vita dei palestinesi e contribuire alla stabilità regionale. A partire dal 2012, la cooperazione italiana ha costantemente aumentato i contributi all'Agenzia, passando da circa 1,5 milioni di euro nel 2012 ai 14,8 milioni di euro nel 2018.
  Do ora la parola al Commissario Peter Pierre Krähenbühl per lo svolgimento della sua relazione.

  PETER PIERRE KRÄHENBÜHL, Commissario Generale della United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East (UNRWA). Grazie, presidente, per l'opportunità di questa audizione dinanzi alla vostra Commissione. È una grande opportunità per me venire qui e ringraziare l'Italia per il generoso e sostanziale sostegno che ci date.
  Nella sua dettagliata presentazione Lei ha descritto esattamente il mandato di UNRWA e le sfide anche finanziarie che abbiamo dovuto affrontare in anni recenti. Aggiungo qualche considerazione e voglio parlarvi di cosa ho scoperto a proposito del contributo che noi diamo nel Medio Oriente.
  Per ventidue anni ho lavorato in America Latina, Afghanistan, Bosnia-Erzegovina, sono stato direttore delle operazioni sempre per il Comitato internazionale della Croce Rossa. Quando, cinque anni fa, sono entrato nell'Agenzia UNRWA, la più grande scoperta che ho fatto è il genere di lavoro che conduciamo nel settore dell'istruzione. Devo dire che non ho mai visto nel settore umanitario niente di paragonabile a quel che facciamo noi.
  Quando si parla di istruzione, si pensa per lo più alla possibilità di distribuzione di libri di testo o penne ai rifugiati, mentre UNRWA gestisce un sistema educativo per 532 mila bambini e studenti; in Libano, Giordania, Striscia di Gaza, Cisgiordania c'è un sistema completo di istruzione, equilibrato in termini di genere, che abbiamo costituito noi.
  Ho notato il grande attaccamento che i giovani studenti hanno nei confronti dell'istruzione, che viene considerata uno strumento per sviluppare le loro opportunità. La nostra organizzazione ha lavorato con docenti, dirigenti scolastici, con i rifugiati palestinesi stessi. Abbiamo 30 mila dipendenti e numerose scuole che consentono ai ragazzi di avere una prospettiva, un orizzonte.
  L'Italia ha contribuito con ingenti risorse e noi lavoriamo per proteggere l'accesso ulteriore all'educazione. Lei ha detto che lo scorso anno gli Stati Uniti hanno tagliato 300 milioni di dollari di contributo, ma successivamente a questo taglio numerosi Paesi hanno deciso di rafforzare il loro contributo, capendo l'importanza del nostro lavoro per la dignità, il sostegno, la promozione del diritto all'istruzione e all'assistenza sanitaria per i rifugiati palestinesi. Numerosi Paesi ci hanno sostenuto, perché abbiamo dato un grande contributo alla stabilità regionale.
  Vi cito un esempio. Abbiamo 122 mila studenti in Giordania, nelle nostre scuole. Il Ministro degli esteri giordano lo scorso anno ha ribadito che, se quei 122 mila studenti non hanno accesso all'istruzione, sorgerà un problema di stabilità nazionale all'interno del regno. Lo stesso vale per i 280 mila studenti che frequentano le nostre scuole nella Striscia di Gaza. Ho discusso molte volte con rappresentanti statunitensi, ma anche con altri: dove pensiamo che possano andare questi 280 mila studenti, se non hanno a disposizione le nostre scuole nella Striscia di Gaza?
  Molti dei Paesi che hanno deciso di sostenerci a partire dallo scorso anno lo hanno deciso perché sanno che i rifugiati vogliono rimanere nel loro territorio di appartenenza, e UNRWA contribuisce moltissimo a sostenere in questa scelta i rifugiati palestinesi. Questa è una parte fondamentale del nostro lavoro.
  Investiamo anche nell'assistenza sanitaria, rispetto alla quale l'Italia ci ha dato un grande sostegno. Lo scorso anno, nella striscia di Gaza, avete sostenuto il nostro lavoro nell'assistenza sanitaria, un lavoro fondamentale per mantenere la stabilità nella Striscia di Gaza. Occorre ricordare che adesso forniamo ad 1 milione di persone assistenza alimentare, quindi metà della popolazione della Striscia di Gaza riceve assistenza alimentare da UNRWA. Preferirei fornire assistenza in termini occupazionali, ma al momento non possiamo smettere Pag. 5 di fornire assistenza alimentare. Lo scorso anno l'Italia quindi ha dato un grande sostegno a UNRWA e speriamo che possa continuare anche quest'anno.
  Un'altra dimensione, la terza, della nostra attività è la seguente. La nostra Agenzia è stata creata nel 1949, come è stato già detto, e all'epoca, quando UNRWA fu fondata, nessuno immaginava potesse sopravvivere per settanta anni, non era quello il programma, nessuno pensava che il futuro di UNRWA dovesse essere così lungo. Quello che occorre è una soluzione politica, ma non possiamo abbandonare 5,4 milioni di rifugiati senza che abbiano pace. Questa popolazione è una realtà, noi sosteniamo questa realtà, e auspico che la comunità internazionale possa avere la forza e il coraggio di investire in un progetto politico che possa condurre alla pace tra Israele e Palestina e offrire una nuova prospettiva alla popolazione, ma finché questo processo sarà in corso, sarà importante continuare a fornire l'assistenza ai rifugiati.
  Nel 2015 abbiamo visto cosa è accaduto in Europa e nel mio stesso Paese, in Svizzera, quando un enorme flusso di migranti ha deciso che non c'era più un futuro nella loro regione di appartenenza. UNRWA è un'organizzazione che da decenni fornisce dignità e prospettive a milioni di rifugiati palestinesi. Dal 1950 due milioni di ragazzi palestinesi si sono laureati nelle nostre scuole. Negli Stati Uniti il nostro sistema educativo sarebbe il terzo per dimensioni dopo quelli di Los Angeles e di New York. 5,4 milioni di rifugiati palestinesi è un numero equivalente alla popolazione di Singapore o della Norvegia.
  Quando mi reco a Oslo, è chiaro che il Governo norvegese ha un ambiente più stabile, ha più risorse a disposizione, ma ci sostiene. Noi lavoriamo ad Aleppo, dove abbiamo 240 dipendenti, che hanno consentito l'apertura di centri di assistenza sanitaria e di scuole per i rifugiati palestinesi durante la guerra siriana.
  Nella Striscia di Gaza abbiamo personale davvero coraggioso e numerose persone in posizioni apicali hanno ruoli di grande responsabilità tra i rifugiati palestinesi.
  Trovandomi in un'aula parlamentare, vorrei citare una dimensione molto importante per l'attività di UNRWA: dieci anni fa iniziammo a creare quello che abbiamo definito il progetto dei parlamenti studenteschi. Nella nostra regione di attività gli studenti conducono nel mese di settembre delle campagne elettorali, eleggono rappresentanti, presentano piattaforme nell'interesse dei ragazzi, e adesso abbiamo parlamenti studenteschi per Gaza, Siria, Giordania, Libano e Cisgiordania.
  Due anni fa abbiamo creato un parlamento centrale per gli studenti, che per la prima volta ha eletto ventidue rappresentanti, ben distribuiti tra ragazzi e ragazze, che rappresentano 500 mila studenti nella nostra regione di attività. Questa istituzione studentesca rappresenta l'esempio migliore di empowerment dei giovani nel Medio Oriente, non esiste un esempio analogo.
  Forniamo accesso, quindi una partecipazione attiva da parte degli studenti, molti di loro mi accompagnano spesso nei miei viaggi a livello internazionale, in sede di Nazioni Unite e, quando prendono la parola, ribadiscono che non vogliono essere considerati come dei rifugiati, come delle vittime, ma vogliono essere valorizzati per le loro capacità, per le loro abilità e sono davvero motivati.
  Sono sicuro che, se voi faceste un viaggio nella regione dove operiamo, trovereste molto interessante avere un incontro con questi studenti, sarebbe un incontro davvero fruttifero, fonte di ispirazione per tutti voi.
  Concludo con due esempi. Se chiudete gli occhi e pensate alle immagini che vi vengono spontaneamente in mente a proposito di Gaza, immagino che queste immagini non siano belle. Il parlamento studentesco di Gaza è presieduto da una ragazza di quindici anni, un'immagine sicuramente inconsueta, che non vi verrebbe in mente a proposito della Striscia di Gaza. Quindi UNRWA, in una regione come quella di Gaza, ha potuto dar vita ad un'istituzione del genere.
  Lo scorso anno, in Siria, abbiamo premiato i ventotto studenti migliori del nostro sistema educativo in Siria. Di questi ventotto, Pag. 6 ventisette erano ragazze, il che non ci sorprende quando pensiamo alla determinazione delle ragazze nel settore scolastico, e la più brava delle ragazze era una ragazza palestinese. I ragazzi delle nostre scuole UNRWA sono molto più bravi degli studenti che frequentano altre scuole nel Medio Oriente.
  Questo è un esempio di quel che riusciamo a fare grazie al vostro sostegno, un contributo enorme per mantenere la stabilità in Medio Oriente. Grazie.

  PRESIDENTE. Lascio la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LAURA BOLDRINI. Ringrazio sentitamente per tutto quello che fa il Commissario Generale Krähenbühl, per la passione che mette in questo lavoro. D'altra parte, abbiamo visto dal suo profilo che è un veterano dell'aiuto umanitario, ha avuto tante esperienze, ha un lungo curriculum, quindi non è una persona improvvisata, che viene da altri ambiti e cerca di farsi strada in un campo che non conosce, ma siamo di fronte a un vero professionista, che è stato già ospite di questa Camera in altre occasioni, nella scorsa legislatura, e che viene a rappresentare una delle Agenzie più meritorie del sistema delle Nazioni Unite.
  Parliamo di un'Agenzia che fa la differenza veramente tra la vita e la morte di centinaia di migliaia di persone, specialmente giovani. Sapete che ho lavorato per venticinque anni nel sistema delle Nazioni Unite e posso dirvi che questa è l'unica Agenzia che direttamente fornisce aiuti. Lo staff dell'UNRWA lavora nelle scuole, e chi lavora nelle scuole è gente del luogo, quindi crea reddito, sostenibilità, stabilità.
  La cosa importante è che ci troviamo di fronte a un'Agenzia che consente a oltre cinque milioni di persone di vivere e di crescere i figli nella regione. Se questa Agenzia dovesse non avere le risorse, i Governi non sarebbero in grado di fornire altrettanta assistenza, sia nelle scuole sia nella sanità, e questo creerebbe una forte instabilità nei Governi della regione.
  Noi dobbiamo solo apprezzare lo sforzo che viene fatto, ma anche tenere un livello di sostegno finanziario a questa Agenzia, in un momento molto delicato in cui, come è stato detto, uno dei contributori più importanti, gli Stati Uniti, ha deciso di tagliare il proprio contributo.
  Vi posso dire per esperienza, per esserci stata, per averlo visto direttamente che a Gaza senza l'UNRWA non ci sarebbe la possibilità di sopravvivere per migliaia di persone. Le scuole dell'UNRWA sono le uniche scuole che io ho visitato, i centri sanitari sono gli unici centri sanitari. Noi dobbiamo capire che quello che viene fatto nella Striscia, specialmente quando tutto l'accesso è chiuso, per la gente del luogo è l'unica fonte di sopravvivenza. La distribuzione del cibo a Gaza, cui ho partecipato durante la mia visita ufficiale da Presidente della Camera, è vitale.
  La mia raccomandazione alle forze di maggioranza è di tener presente, quando si dovrà ragionare di come l'Italia andrà a distribuire i fondi per la cooperazione, che i fondi UNRWA sono una questione fondamentale per la stabilità e la sopravvivenza di centinaia di migliaia di persone. Pertanto, vi prego di portare avanti quell'impegno che nella scorsa legislatura ha fatto sì che il contributo italiano aumentasse, di tenere almeno il contributo del 2018, tanto più dopo i drastici tagli effettuati dall'Amministrazione statunitense.
  Signor Commissario Generale, nel ringraziarla di tutto quello che fa personalmente – gira il mondo e illustra le attività dell'UNRWA, si fa carico delle questioni più urgenti, cerca di fare un'azione di fundraising che ha dato anche buoni risultati – e nel congratularmi per la spending review che state facendo con ottimi risultati, La invito a continuare questo sforzo e mi auguro che questo Parlamento saprà riconoscere l'importanza della sua Agenzia e che conseguentemente faccia un investimento almeno in linea con quanto è stato fatto nel 2018. La ringrazio.

  PAOLO FORMENTINI. Quest'anno ricorrono i settanta anni dalla fondazione dell'UNRWA, quindi farei un parallelo con i settanta anni della NATO. Pag. 7
  La NATO ha ottenuto degli innegabili successi, tra i quali il più grande, tramite la deterrenza, è quello di aver fatto sì che non vi fosse una nuova guerra mondiale. In questo paragone come giudichereste i settanta anni dell'UNRWA? Io vedo delle criticità, la principale delle quali è perché non aiutare direttamente gli Stati che ospitano queste popolazioni rifugiate: ad esempio, in Giordania ci sono più di due milioni di rifugiati, ma naturalizzati. Perché perpetuare questa Agenzia quando si è arrivati alla terza o quarta generazione di profughi? Certo, la risposta parzialmente è stata data, serve una soluzione politica, ma è utile tutto ciò per queste popolazioni, non si rischia la ghettizzazione? Grazie.

  YANA CHIARA EHM. Ringrazio molto il Commissario generale Krähenbühl per la sua presenza e per averci dato delle notizie molto importanti, perché in questi giorni si susseguono le battaglie sul campo a Gaza, con diversi morti e centinaia di feriti, quindi è una situazione più attuale che mai.
  È giusto però ricordare che, come evidenziava anche il collega Formentini, l'UNRWA è nata settanta anni fa e la speranza è che un giorno non ce ne sia più bisogno. Personalmente ho avuto modo di visitare più volte la Palestina e Israele, ho avuto modo di lavorarci, e ringrazio anche per il suggerimento di incontrare gli student parlamentarians, credo che sia un'ottima idea in previsione della missione di una delegazione del Movimento 5 stelle nei prossimi mesi, suggerimento di cui faremo tesoro.
  Vorrei replicare sulla questione del sostegno dell'Italia all'UNRWA. L'Italia sostiene da decenni UNRWA, lo ha sempre fatto e ne va fiera. Quando ci sono stati i tagli americani ai fondi UNRWA l'Italia ha risposto prontamente. Io mi sono spesa con un'interpellanza in Aula sulla questione e sono stata molto lieta di aver ricevuto dal Governo la risposta che c'era un'attenzione forte verso la situazione e anche un aumento dei fondi, proprio per colmare il gap che si era creato.
  Credo che quelli che Lei ha toccato oggi siano i punti sui quali dobbiamo e possiamo lavorare, cioè ribadire la questione educativa, sanitaria e di aiuti basici come il cibo. Va sempre ricordato che per la cooperazione internazionale dell'Italia questi tre sono non solo punti sui quali abbiamo sempre voluto investire, ma anche settori nei quali siamo campioni, specialmente la sanità, dove riusciamo ad essere proficui nel dare anche soluzioni a lungo termine.
  Credo che questo sia uno spunto importante per l'ultimo punto che lei ha citato: c'è bisogno di lavorare in modo proficuo alla soluzione politica che si è sempre auspicata, quella dei due Stati, Palestina e Israele, con Gerusalemme capitale di entrambi. Grazie.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Ringrazio molto il Commissario Krähenbühl, considero importante questa sua visita in Italia. Il suo predecessore era un italiano, Filippo Grandi, una delle persone di cui il nostro Paese è più orgoglioso nel sistema ONU, quindi credo che sia importante anche dare una continuità rispetto alla vicinanza che noi abbiamo sempre sentito verso l'Agenzia e farlo nonostante il cambio alla guida dell'Agenzia stessa. Ritengo quindi che questo incontro sia particolarmente utile.
  Proprio perché l'Italia ha sempre avuto un'attenzione particolare sulle vicende israelo-palestinesi e dei profughi palestinesi, e per dare continuità a quanto fatto dal suo predecessore, considero importante quello che diceva la collega Ehm. Ci auguriamo che, nelle prossime settimane, nella preparazione della pledging conference ci possa essere un sostegno italiano rinnovato almeno sui livelli del 2018, se non un aumento. Magari in questo senso si può proporre ai colleghi di maggioranza di promuovere un'iniziativa, che il mio partito sarebbe assolutamente disponibile a sostenere, per un aumento dei fondi all'URNWA. Essendoci già l'impegno in questo senso del Movimento 5 stelle credo che la strada sia abbastanza spianata.
  L'altra questione sulla quale credo che il suo intervento sia particolarmente interessante è la vicenda dei profughi palestinesi in Siria. Questa Commissione approfondirà nelle prossime settimane le vicende siriane, sarebbe interessante capire da Lei qual è il Pag. 8sentimento dei rifugiati palestinesi in Siria ora che la fase del conflitto sembra essere conclusa. Da quanto risulta anche dalle altre agenzie ONU che lavorano con i rifugiati siriani in senso ampio, non c'è da parte dei rifugiati siriani che risiedono in altri Paesi molta volontà di tornare in Siria.
  Vorremmo capire nello specifico che tipo di sentimenti esprimano in questo momento i rifugiati palestinesi in Siria, anche per capire a quali richieste di sostegno finanziario andrà incontro l'Agenzia. Un conto è se i rifugiati devono tornare, quindi si deve fare un processo di reinsediamento, altro conto se si deve continuare a sostenere un'emergenza nei Paesi vicini.

  PRESIDENTE. Ringrazio i colleghi per gli interventi e do la parola al Commissario Krähenbühl per la replica.

  PETER PIERRE KRÄHENBÜHL, Commissario Generale della United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East (UNRWA). Grazie, presidente. Grazie per le vostre considerazioni, apprezzo molto il forte messaggio di sostegno e fiducia che avete ribadito nei confronti di ciò che fa la nostra organizzazione.
  L'onorevole Boldrini ha già parlato di alcune delle nostre aree di attività: 5,4 milioni di rifugiati sono una sfida. L'onorevole ha parlato della sua esperienza personale nel corso di una sua visita ufficiale nell'area ed è davvero incoraggiante sentire le vostre manifestazioni di sostegno e di apprezzamento.
  A proposito del lavoro che svolgiamo, siamo effettivamente dei fornitori di servizi. Vi cito l'esempio della Siria: abbiamo perso diciotto colleghi dall'inizio della guerra in Siria e venticinque sono ancora dispersi. Questo non è certo quel che definirei burocrazia delle Nazioni Unite, la nostra è un'organizzazione che opera e vive in una delle aree più difficili del nostro pianeta pagando un prezzo molto alto.
  Nella guerra a Gaza nel 2014 abbiamo perso quattordici colleghi e nei numerosi anni di vita e di lavoro nelle aree di conflitto non avevo mai pensato che avrei perso un giorno dei collaboratori. Questo vuol dire adoperarsi autenticamente per i principi della verità e per l'assistenza umanitaria in zone molto difficili. È davvero impegnativo restare in una regione così difficile e fornire assistenza.
  Onorevole Formentini, sono lieto della sua domanda. Mi soffermo su UNRWA perché il paragone con la NATO mi porterebbe fuori dalle mie competenze. Quando, nel 1949, fu costituita UNRWA, fu costituita quasi contemporaneamente all'Alto Commissariato per i diritti umani, con un dibattito che veniva svolto in parallelo. I negoziatori pensavano che il conflitto arabo-israeliano si sarebbe risolto rapidamente e che un'organizzazione temporanea come UNRWA potesse essere creata per affrontare le conseguenze umanitarie della situazione. Ci sarebbe stato tempo poi per altre organizzazioni, che, come l'Alto Commissariato per i diritti umani, si potessero occupare dei rifugiati.
  Poi ci fu l'accordo di Oslo e si decise che UNRWA, dopo un periodo di transizione di 5-10 anni, avrebbe ceduto il proprio mandato all'Autorità palestinese. Quindi i nostri centri sanitari, le nostre scuole, e il nostro staff altamente qualificato, che sarebbe stato sicuramente un valore aggiunto, sarebbero stati trasferiti all'Autorità palestinese. Poi ci fu il fallimento dell'accordo di Oslo e non accadde nulla.
  È corretto, la transizione fa parte in genere di un processo politico, ma il punto è questo: si tratta di una strategia ad alto rischio pensare di spegnere UNRWA senza sapere dove si arriverà a livello politico. 5,4 milioni di rifugiati non sono uno scherzo, chiudere UNRWA prima di sapere dove vada la politica significa creare instabilità regionale, un altro rischio di flusso ulteriore di altri migranti, altri rifugiati da quella stessa regione. Questa popolazione esiste, si può discutere delle cifre, ma questa popolazione è una realtà.
  Dobbiamo mantenere una visione basata sull'idea che ci sia un processo politico. Quando parlate del rischio di creare dipendenza quando si fornisce un'attività e un servizio di distribuzione, è vero, quando si fanno attività umanitarie si corre questo Pag. 9rischio, ma quando parlo di istruzione so che UNRWA ha agito in maniera diversa. Se noi ci occupassimo solo di assistenza alimentare, della stessa distribuzione di aiuti di emergenza anno dopo anno, sicuramente creeremmo un rischio di dipendenza, ma quando si investe nell'istruzione si investe nella possibilità concreta che i giovani diventino attori del loro destino, che siano attori produttivi nelle loro comunità.
  Quella visione, che risale agli anni cinquanta, per cui lo sviluppo umano e l'istruzione sono stati inclusi nell'attività umanitaria, era giusta. La Banca Mondiale ha stilato un rapporto, evidenziando come il sistema di istruzione di UNRWA sia sempre superiore agli altri sistemi educativi e didattici della regione in termini di risultati e prestazioni, e quel che dice la Banca Mondiale è sicuramente vero.
  Quello che noi facciamo è quindi superiore rispetto ad altri sistemi didattici: noi manteniamo la speranza, l'orizzonte, e una delle sfide maggiori che affrontiamo in Medio Oriente è che al momento sembra non esserci un orizzonte.
  Adesso mi concentro sui rifugiati palestinesi. La maggior parte di essi è nata dopo l'accordo di Oslo, la maggior parte della comunità ha meno di 35 anni. Questi giovani sono cresciuti sapendo che, se credono nella politica, nella moderazione, nel potere dei negoziati, possono arrivare ad una soluzione, anche se al momento non sembra essercene una, e questo è un messaggio molto importante per il Medio Oriente. Mantenere le scuole, salvaguardare l'istruzione è quindi un contributo fondamentale. In questo modo si contribuisce allo sviluppo umano e soprattutto alla stabilità nel Medio Oriente.
  Avete parlato di cifre, soprattutto in relazione alla Giordania. Ma voglio cogliere un altro punto che è spesso oggetto di fraintendimenti e cattive interpretazioni. Spesso si dice che i rifugiati palestinesi rappresentano un caso singolare a livello umanitario, perché il loro status di rifugiati si è tramandato nelle generazioni, perché i palestinesi fuggiti nel 1949 hanno dovuto tramandare il loro status di rifugiati ai loro figli e ai loro nipoti. Se fosse vero, il dibattito sarebbe interessante, ma non è vero: questa è una delle maggiori falsificazioni che si compiono nel dibattito sulle questioni umanitarie.
  Vi cito un esempio: nel 1979 l'Unione Sovietica invase l'Afghanistan, centinaia di migliaia di afgani fuggirono in Iran e in Pakistan. Oggi ci sono milioni di afgani in Pakistan e in Iran, i figli e i nipoti degli originari rifugiati, che sono stati sempre considerati rifugiati da Filippo Grandi, dall'Alto Commissariato per i diritti umani, non se ne è mai parlato con uno status diverso. Bisogna sempre tener conto della realtà del diritto internazionale, senza dare adito a cattive interpretazioni.
  È chiaro che alcuni di loro in Giordania hanno ricevuto cittadinanza, ma nel mandato di UNRWA, come deciso dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, la questione della nazionalità non è prevista come fattore. Questo può cambiare se gli Stati membri vogliono deciderlo nell'Assemblea Generale, ma non spetta a noi, non abbiamo l'autorità necessaria per farlo. Noi ci basiamo sulle definizioni che ci sono state consegnate dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ed è importante ricordare questo punto.
  È stata citata la questione della ghettizzazione e c'è il rischio che queste persone restino chiuse all'interno di un paradigma (mi riferisco a Gaza). Nell'anno 2000 UNRWA ha distribuito cibo a 80 mila persone a Gaza, adesso lo distribuiamo a un milione di persone, non certo perché lo vogliamo, ma perché il conflitto, le guerre, il blocco hanno distrutto interi settori dell'economia locale.
  Avrei preferito che la gente avesse dei posti di lavoro, perché si tratta di persone straordinarie, con una vena imprenditoriale molto spiccata, ma la dinamica del conflitto purtroppo rende questo impossibile.
  Dobbiamo quindi ricreare un orizzonte politico, e solo quando ci sarà un processo politico adeguato UNRWA potrà adoperarsi per pensare ad un futuro diverso, ma per il momento non correrei il rischio di chiudere un'organizzazione che ha fornito servizi, Pag. 10 che ha dato un contributo così alto alla stabilità regionale e alla dignità umana. Grazie per aver sollevato questi punti, che sono fondamentali per il nostro dibattito.
  Ringrazio anche per l'intervento dell'onorevole Ehm sull'opportunità di pensare ad eventuali incontri con i membri dei nostri parlamenti studenteschi, la sua posizione è molto incoraggiante. Alla fine di questa settimana il Segretario Generale delle Nazioni Unite visiterà la Giordania e incontrerà alcuni nostri studenti parlamentari e sicuramente ci sarà un dibattito molto vibrante.
  Ricordo un incontro tra il suo predecessore Ban Ki-moon e gli studenti parlamentari a Gaza: si parlava di diritti umani e di istruzione e uno studente alzò la mano e disse: «noi amiamo l'istruzione e amiamo sicuramente la conoscenza» e allora il Segretario Generale li incoraggiò a rivolgersi per qualunque cosa alle Nazioni Unite.
  Grazie ancora per le vostre considerazioni sulla necessità di un processo politico, sul sostegno di cui UNRWA ha ancora bisogno. Filippo Grandi è stato sia Commissario Generale che Vice Commissario Generale, quindi per diciotto anni ha dato un contributo enorme e pieno di passione all'attività di UNRWA, e sono orgoglioso di poter portare avanti il contributo che UNRWA fornisce in termini umanitari.
  La situazione dei rifugiati palestinesi in Siria è la seguente: c'erano 560 mila rifugiati palestinesi prima della guerra in Siria. Questi rifugiati palestinesi avevano accesso a posti di lavoro in Siria, quindi hanno avuto il beneficio di provare un minimo di orgoglio, perché sono stati in grado di provvedere alle necessità delle loro famiglie.
  I rifugiati palestinesi avevano quindi accesso al mondo del lavoro ed erano molto partecipi a livello di comunità, di società. Quando adesso incontro i rifugiati palestinesi in Siria, hanno un duplice shock: milioni di siriani sono stati colpiti dalla guerra, i palestinesi hanno già vissuto la storia del 1949, del 1967 e adesso c'è un'altra generazione di palestinesi che vive il trasferimento, la perdita dei cari, della propria casa, e che pensa a un eventuale ritorno.
  Intorno a Damasco abbiamo tre campi, che negli ultimi tre anni hanno reso possibile il ritorno di tante persone, ma tanti di loro sono sfollati all'interno della Siria, molti sono stati costretti a fuggire altrove e gradualmente sono ritornati. Come abbiamo potuto sostenere questo? Ricostruendo centri sanitari e scuole, e questo li incoraggia a ritornare nell'area da dove venivano.
  È chiaro che UNRWA non parteciperà alla ricostruzione della Siria, ma noi siamo pronti a ricostruire i nostri centri sanitari, le nostre scuole, per incoraggiare le persone locali a credere nella possibilità di un futuro nella regione in cui sono abituati a vivere, e noi almeno proveremo, ma è chiaro che abbiamo bisogno di garanzie anche dal Governo e dobbiamo garantire che il loro ritorno sia sostenuto senza interferenze. Occorre salvaguardare i rifugiati palestinesi in Siria, per il momento abbiamo messaggi positivi, ma dobbiamo essere sicuri al 100 per cento.
  Yarmouk, uno dei quartieri di Damasco, che ha ospitato uno dei campi più grandi della Siria con 160 mila persone, era pieno di rifugiati palestinesi. Ho fatto visita a quel campo lo scorso anno ed è quasi tutto distrutto. A Yarmouk abbiamo ventitré scuole e altrettanti centri sanitari, ma molti sono distrutti, quindi dovremo lavorare sodo per ricostruire tutto.
  I rifugiati palestinesi vorrebbero tornare a Yarmouk, perché sanno che non è la loro casa originaria, ma è il posto nel quale sono riusciti a vivere in passato con grande dignità, quindi auspicano di potervi far ritorno.
  Queste sono alcune delle questioni che ho voluto sottolineare in risposta ai vostri interventi, ma sono comunque molto grato per la fiducia che l'Italia mostra nei confronti di UNRWA. Credo che dobbiamo davvero continuare a dare il nostro contributo, a fornire opportunità alle persone che vivono in condizioni difficili, in un ambiente difficile. La mia esperienza con i rifugiati è che, in generale, essi non vogliono rimanere tali, non hanno mai voluto esserlo o diventarlo, e sicuramente amano pensare di poter restare nella regione dove Pag. 11sono cresciuti, quindi è importante ricordarlo e continuare a fornire loro i mezzi per continuare.

  PRESIDENTE. Grazie. La collega Boldrini voleva aggiungere una precisazione.

  LAURA BOLDRINI. Grazie, signora presidente. Il collega Formentini ha sollevato la questione della possibilità che ci si abitui agli aiuti e si dia per scontato, e del fatto che queste persone a questo punto siano parte integrante delle società dei Paesi in cui si trovano.
  Vorrei che fosse chiaro che il diritto al ritorno nella terra della Palestina era uno dei punti di Oslo, quindi questi palestinesi che sono nella regione sono lì non perché hanno scelto di stare lì, ma perché non c'era altra soluzione. La loro naturalizzazione non è scontata, ci sono Paesi in cui ci sono centinaia di migliaia di palestinesi, che ad oggi non hanno la cittadinanza, non hanno diritto al lavoro, colleghi e colleghe, non possono lavorare.
  In Siria, ce lo ha detto il Commissario Generale, hanno il diritto di lavorare, ma quando si parla del diritto al ritorno dei palestinesi che sono in Siria non si dice in Palestina, attenzione: si dice che sono sfollati interni, che vogliono tornare nei campi profughi dove stavano prima.
  Il diritto al ritorno in Palestina fa parte di quella fascia di questioni mai risolte a livello internazionale, per cui non c'è la pace. Quindi la situazione dei palestinesi dipende dalla disponibilità degli Stati in cui queste persone si trovano, e in alcuni Paesi non hanno il diritto al lavoro, quindi lavorano al nero, sono sfruttati e sono considerati irregolari.
  Questo è il punto che dobbiamo avere chiaro in mente: non è che non si vogliono integrare, non è che la comunità internazionale li vizia, bensì non hanno altri mezzi per sopravvivere. Il diritto alla cittadinanza non è garantito a tutti i rifugiati palestinesi che sono nei vari Paesi. In questo senso UNRWA è vitale, perché senza UNRWA, senza il diritto di lavorare, come si fa ad andare avanti?
  Tenevo a chiarire ancora di più questo punto, perché il diritto al ritorno fa parte del pacchetto politico, e il pacchetto politico non è stato ancora risolto, quindi quando parliamo di palestinesi nella regione, quando diciamo che ritornano, ritornano nei campi, che magari sono stati o bombardati in Siria durante la guerra o hanno avuto dei problemi, quindi il ritorno è sempre all'interno del Paese in cui queste comunità si trovano.
  La ringrazio, signora presidente.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi da parte dei colleghi, ringrazio il Commissario Generale della United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East (UNRWA), Peter Pierre Krähenbühl, per questo momento di incontro e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 11.25.