XVIII Legislatura

III Commissione

Resoconto stenografico



Seduta antimeridiana n. 24 di Martedì 22 dicembre 2020

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fassino Piero , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA POLITICA ESTERA DELL'ITALIA PER LA PACE E LA STABILITÀ NEL MEDITERRANEO

Audizione, in videoconferenza, di Daniele Frigeri, Direttore del Centro studi per la politica internazionale (CeSPI) e di Marzo Zupi, Direttore scientifico del Centro studi per la politica internazionale (CeSPI).
Fassino Piero , Presidente ... 2 
Frigeri Daniele , Direttore del Centro studi per la politica internazionale (CeSPI) ... 2 
Zupi Marco , Direttore scientifico del Centro studi per la politica internazionale (CeSPI) ... 5 
Fassino Piero , Presidente ... 8 
Zupi Marco , Direttore scientifico del Centro studi per la politica internazionale (CeSPI) ... 8 
Fassino Piero , Presidente ... 9 
Cabras Pino (M5S)  ... 9 
Formentini Paolo (LEGA)  ... 9 
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 10 
Fassino Piero , Presidente ... 10 
Frigeri Daniele , Direttore del Centro studi per la politica internazionale (CeSPI) ... 10 
Zupi Marco , Direttore scientifico del Centro studi per la politica internazionale (CeSPI) ... 11 
Fassino Piero , Presidente ... 11 

ALLEGATO: Documentazione depositata dal Direttore scientifico del Centro studi per la politica internazionale (CeSPI), Marco Zupi ... 13

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Cambiamo!-Alleanza di Centro: Misto-NI-USEI-C!-AC;
Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Centro Democratico-Italiani in Europa: Misto-CD-IE;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Popolo Protagonista - Alternativa Popolare (AP) - Partito Socialista Italiano (PSI): Misto-PP-AP-PSI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
PIERO FASSINO

  La seduta comincia alle 8.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv.
  L'odierna audizione sarà svolta, come tutte le altre, anche consentendo l'audizione da remoto. Ricordo a tutti che è necessaria, naturalmente, a chi è da remoto la visibilità, accendendo la telecamera, e l'udibilità, accendendo il microfono.

Audizione, in videoconferenza, di Daniele Frigeri, Direttore del Centro studi per la politica internazionale (CeSPI) e di Marzo Zupi, Direttore scientifico del Centro studi per la politica internazionale (CeSPI).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla politica estera dell'Italia per la pace e la stabilità nel Mediterraneo, del dottor Frigeri e del dottor Zupi, rispettivamente Direttore e Direttore scientifico del Centro studi per politica internazionale (CeSPI).
  Li saluto e li ringrazio, anche per l'ora non proprio comodissima, e siamo curiosi e interessati a conoscere le loro valutazioni. L'audizione che stiamo conducendo è un'audizione sulla politica estera nel Mediterraneo e, al termine di tutte le audizioni che stiamo facendo, lavoreremo a un rapporto finale che presenteremo al Governo come un eventuale atto di indirizzo.
  Il CeSPI, come tutti i nostri colleghi sanno, è uno dei principali enti di ricerca internazionalistici, che si occupa di uno spettro largo di temi e in particolare, per quello che ci riguarda, dedica molta attenzione alla politica mediterranea e alla politica del Medio Oriente.
  Possiamo quindi cominciare, dando la parola al dottor Frigeri. Prego.

  DANIELE FRIGERI, Direttore del Centro studi per la politica internazionale (CeSPI). Buongiorno, presidente. Buongiorno a tutti. Grazie mille per questo invito e questa opportunità di dare il nostro contributo come CeSPI.
  Il Mediterraneo è certamente un'area strategica per il nostro Paese e l'interesse che questa Commissione gli dedica è un'evidenza. È anche un'area strategica sotto diversi profili ed è un'area che, come sappiamo, è caratterizzata da forte instabilità e forti elementi di rischio. L'indice di fragilità degli Stati mette in evidenza come tutta l'area sia un'area di grande rischiosità. Di fatto, oltre alla situazione siriana e libica e alle situazioni di conflitto, nella maggior parte dei Paesi dell'area si evidenzia un problema dello Stato di diritto e di diritti umani.
  In questo senso volevo iniziare questo mio intervento centrandomi su due aspetti che sono, dal nostro punto di vista, urgenti e necessari. Il primo è che l'Italia si faccia promotrice di una strategia innovativa a livello europeo, che superi quella che è la tradizionale distinzione e dicotomia nei rapporti tra Europa e Paesi dell'area del Mediterraneo ed Europa e i Paesi del continente africano, l'area subsahariana. Quello che riteniamo importante e strategico è sviluppare un approccio che tenga insieme Pag. 3Europa, Mediterraneo e Africa come due parti del dialogo, attraverso una duplice direttrice: una verticale, di integrazione e di inclusività tra l'Europa e il continente africano nel suo insieme, e una orizzontale, in termini invece di integrazione e inclusività all'interno dell'area del continente africano. Rientra anche in questa strategia l'esigenza di dotarsi di strumenti comuni di gestione delle crisi per un sistema di sicurezza collettivo realmente efficace, in un contesto che è e continuerà ad essere sempre più complesso. Di fatto, la crisi libica e siriana hanno messo in evidenza quelli che sono i limiti degli strumenti attuali, che appaiono inefficaci.
  Nel nostro intervento noi toccheremo alcuni ambiti su cui il CeSPI ha sviluppato una competenza in questi anni, sia sviluppando alcuni strumenti specifici – l'Osservatorio Turchia, l'Osservatorio Medio Oriente, l'Osservatorio diritti umani – sia aree di ricerca su cui il CeSPI ha sviluppato ormai un'esperienza più che decennale, vedi il tema dell'immigrazione o il tema della cooperazione allo sviluppo e lo sviluppo sostenibile. Per esigenze di tempo io e Marco Zupi toccheremo solo alcuni di questi aspetti e mi concentrerò in modo particolare su tre elementi: la Turchia come un nuovo attore dell'area, ma anche come partner strategico per l'Italia e non solo, come membro della NATO; inoltre, due brevi interventi sulla questione israelo-palestinese e sul tema dell'acqua come risorsa strategica nell'area.
  Riguardo alla Turchia, dal punto di vista interno, l'alleanza che fa il Governo attuale tra il Partito della giustizia e dello sviluppo (AKP) e il Partito del movimento nazionalista (MHP), di fatto, già con le precedenti elezioni sul territorio, scricchiola; il supporto verso Erdoğan è sostanzialmente in discesa e anche all'interno del partito ci sono state delle profonde divisioni, tanto è vero che i due esponenti – Ali Babacan e Ahmet Davutoğlu – di fatto hanno formato due partiti, segnando una spaccatura chiara e interna all'AKP. Di fatto, in realtà, Erdoğan è in continua ricerca di consensi – lo accennerò più tardi –, ha messo in campo una serie di riforme e azioni sul fronte economico e questo, secondo i sondaggi, gli ha consentito di recuperare in parte dei consensi che aveva perduto. In realtà, c'è un certo movimento e un certo livello di disappunto sociale che è sempre più crescente all'interno della Turchia e la crisi del COVID-19 ha di fatto acuito queste tensioni. In una prima fase il Governo ha cercato di gestire in modo efficace l'emergenza, anche utilizzando strumenti di soft power, aprendo verso l'estero; tuttavia, soprattutto nella seconda fase, dopo l'estate, le cose non sono andate come previsto, gli ospedali e le terapie intensive sono saturi, c'è stata una non corretta informazione e di fatto sono stati forniti dei dati non completi. Si è arrivati a un lockdown parziale nei fine settimana e questo ha generato una sostanziale crisi di fiducia rispetto all'operato del Governo. Permangono problemi legati alla libertà di espressione, alla persecuzione nei confronti degli oppositori, che facilmente vengono indicati come traditori o terroristi. Forti critiche hanno a che fare con una gestione della giustizia, le detenzioni illegittime, tanto che tutto ciò ha portato alle dimissioni di Bülent Arinç, che è il co-fondatore dell'AKP e advisor presidenziale. Una nota importante rispetto al ruolo dei giovani, che sono forse quelli che maggiormente sono disillusi rispetto a quello che sta accadendo, rispetto alle politiche del Governo, e sono quelli su cui probabilmente si giocheranno le elezioni del 2023, al centenario della fondazione della Repubblica. Ci sono tensioni interne che ricalcano quelle che sono le tensioni tipiche della società turca tra religiosi e secolaristi, tra aree di città urbane e periferia, tra etnia e nazionalismo, ma quello che è avvenuto, soprattutto in questi ultimi mesi, è anche una forte polarizzazione tra i pro e i contro Erdoğan.
  Da un punto di vista economico, permangono alcune fragilità strutturali della Turchia, legate al tasso di disoccupazione, al debito estero e soprattutto a un tasso di inflazione molto alto, tanto è vero che Erdoğan è dovuto intervenire chiedendo le dimissioni del direttore della Banca centrale, sostituendolo e di fatto autorizzando un incremento dei tassi di interesse, che Pag. 4oggi è al 4,25 per cento. Un altro elemento di debolezza riguarda la debolezza della moneta turca che è in continua svalutazione nei confronti dell'euro e del dollaro. La sostituzione del direttore della Banca centrale ha portato a sua volta a una serie di tensioni e alle dimissioni del Ministro dell'Economia e delle finanze, in realtà anche qui in parte orchestrato da Erdoğan, sostituito da una un fidato dell'AKP, Lütfi Elvan, che ne ha preso le funzioni. Questo ha consentito a Erdoğan di promuovere una serie di iniziative di carattere economico, soprattutto a vantaggio degli investimenti esteri, rispetto ai quali Erdoğan è molto attento e su questo risulta fondamentale il rapporto che la Turchia ha con l'Europa.
  Infatti, sotto il profilo economico non dimentichiamo che l'Europa è il primo partner di riferimento della Turchia sia dal punto di vista commerciale che degli investimenti, la Germania è al primo posto e l'Italia è al secondo. Quindi il dialogo con l'Europa per Erdoğan, sotto il profilo commerciale e degli investimenti, è centrale. Almeno a parole Erdoğan tende a lanciare dei segnali di distensione di dialogo, poi nei fatti, in realtà, continua a giocare questa dicotomia.
  I rapporti bilaterali tra Italia e Turchia sono profondi. Ci sono oltre 560 imprese italiane che operano stabilmente in Turchia. Ci sono importanti contatti diplomatici e politici a più livelli, oltre alla visita del presidente Conte e la visita del Ministero degli Affari esteri e della Difesa. Il 10 dicembre si è tenuta la seconda sezione del Joint Economic and Trade Commission, presieduto dal Ministro Di Maio e dal Ministro del Commercio turco. L'obiettivo è quello di portare lo scambio commerciale dell'Italia dagli attuali quasi 20 miliardi di euro ai 30 miliardi di euro nell'arco dell'anno prossimo, COVID-19 permettendo. Il CeSPI ha realizzato lo scorso anno un'indagine sulle imprese italiane che operano in Turchia e uno degli elementi che mi sembrava più interessante sottolineare è l'elevato grado di fiducia che gli imprenditori hanno nei confronti della Turchia, tanto che la consiglierebbero come punto per ulteriori investimenti, anche per investimenti nell'area da lì ai Paesi limitrofi.
  Nei rapporti tra l'Europa e la Turchia è chiaro che il negoziato è sostanzialmente fermo. L'ultimo Progress report individua dei seri arretramenti in diverse aree negoziali, soprattutto in tema di diritti umani e applicazione della rule of law, però nello stesso tempo l'Italia continua a svolgere un ruolo di mediazione all'interno dell'Europa, con un'agenda improntata al dialogo e un ruolo di mediazione rispetto ad alcune dei temi caldi che hanno a che fare con il rapporto con la Turchia. In un'ottica di stabilizzazione è chiaro che un'agenda orientata al dialogo con la Turchia è strategica, sia per il ruolo che la Turchia continua a giocare, ma che anche può giocare, senza dover rinunciare alla richiesta di un rispetto di quelli che sono i princìpi dell'Europa rispetto ai diritti umani, della rule of law, ma anche facendo affidamento sul sostegno e sull'appoggio di alcuni Paesi che come l'Italia sostengono la linea del dialogo, e che sono Spagna e Malta. È chiaro che un irrigidimento delle posizioni tra Turchia ed Europa vorrebbe dire una criticità sotto diversi profili di tensione nell'area in cui la Turchia è direttamente coinvolta.
  Uno di questi è il tema dell'immigrazione. In Turchia ci sono ancora 4 milioni di rifugiati ed è ancora aperto il dossier nei confronti dell'accordo del 2016 con l'Europa, con questa continua, sostanziale minaccia di Erdoğan rispetto all'apertura delle frontiere, ma certamente rispetto alla gestione dei flussi migratori nell'area la Turchia è un soggetto centrale. Anche in ambito geopolitico è chiaro che la Turchia sta sempre più giocando un ruolo importante nell'area, con tensioni non trascurabili. Le recenti tensioni nel Mediterraneo orientale legate alla disputa dell'isola di Cipro sono forse le più importanti in questo momento, almeno per quanto riguarda la percezione turca, che si sente sostanzialmente isolata e ritiene inaccettabile il rispetto di quanto previsto, perché sente che di fatto gli viene tolto l'accesso al mare. Su questo i giornali e la stampa hanno rilevato quelli che sono i rapporti, l'accresciuta tensione, anche con Pag. 5Parigi, e anche questo è forse il nodo più caldo rispetto ai rapporti con la Turchia nell'area.
  Il ruolo della Turchia rispetto alla situazione libica: l'intervento militare, di fatto, ha sostenuto e ha consentito di recuperare sul terreno di guerra, e comunque la Turchia ha giocato un ruolo nel processo di pace; così come nel caso della Siria, la Turchia e la Russia sono i due attori del cessate-il-fuoco, anche se nel cantone di Idlib rimangono delle forti tensioni e la presenza militare turca crea diversi elementi di criticità. Anche nell'attività turca nell'ambito del Caucaso a sostegno dell'Azerbaijan si segnalano dei rischi di spillover legati a questo nuovo attivismo della Turchia nell'area, sia nei rapporti con l'Armenia sia nei rapporti con l'Iran, rispetto ai quali esistono delle relazioni commerciali economiche molto forti, però esiste anche una contrapposizione rispetto a un ruolo all'interno della regione che si vuole avere.
  Nei rapporti transatlantici l'elezione di Biden preoccupa Erdoğan e l'establishment turco, perché preoccupano le minacce di sanzioni e sarà da valutare come si porrà poi in realtà la nuova Amministrazione americana.
  Due brevissime note sul tema israelo-palestinese. Il piano di Trump e l'Accordo stipulato tra Israele, Emirati e Bahrain segnano un passo importante e di fatto consolidano una realtà già evidente, nel senso che alla base dell'accordo c'erano già relazioni economiche e finanziarie e in campo tecnologico militare avanzate, ma la novità più importante che si segnala è che questo Accordo di fatto sancisce per alcuni Stati arabi il sorpasso di una soluzione a due Stati, che di fatto non è più una priorità. Questo isola ulteriormente i palestinesi ed è un atteggiamento che è in contrasto con l'iniziativa avviata, sostenuta e riconfermata dall'Arabia Saudita – ratificata dalla Lega araba circa vent'anni fa – in base alla quale le normali relazioni di pace tra Stati arabi e Israele sarebbero state possibili solo con un accordo tra Israele e Palestina sulla base dei confini pre-1967. L'Arabia Saudita ha riconfermato questo impegno e ora si tratterà di vedere come evolveranno le cose. Certamente i palestinesi, già di fatto divisi al loro interno, si trovano ulteriormente isolati. La ripresa dei negoziati, soprattutto forse fondati più su un riconoscimento di diritti all'interno di un territorio, appare come un elemento determinante.
  L'ultimo elemento che segnalo è la crisi legata alla costruzione della Grand Ethiopian Renaissance Dam, in cui Italia è direttamente coinvolta con l'impresa Salini, che sta creando tensioni nell'area, soprattutto una forte preoccupazione da parte dell'Egitto per gli effetti che il riempimento della diga sta già causando, secondo fonti egiziane. Sono direttamente coinvolti 300 milioni di persone, che saranno coinvolte da una rivoluzione nella gestione dell'acqua e il rischio di un impatto negativo sull'approvvigionamento dell'acqua, soprattutto per l'Egitto, appare concreto. Di fatto gli incontri bilaterali sono in una situazione di stallo. Egitto ed Etiopia hanno chiesto più volte l'intervento della comunità internazionale e anche questo è un tema che segnaliamo come strategico e importante nell'area, perché apre tutto il grande tema della gestione della risorsa strategica dell'acqua, ma è un tema su cui l'Europa e l'Italia dovrebbero attivarsi, a nostro avviso, per riaprire i negoziati.
  Passo la parola a Marco Zupi.

  MARCO ZUPI, Direttore scientifico del Centro studi per la politica internazionale (CeSPI). Grazie. Buongiorno presidente, e saluto i partecipanti. Condivido anche lo schermo in modo da poter magari scorrere rapidamente la presentazione, che ho già consegnato agli Uffici.
  Procedo rapidamente. Trattare il tema del Mediterraneo con le sue differenze ovviamente non è facile e già la rappresentazione demografica ci mostra la complessità. Qui (slide n. 2) ho distinto ovviamente i Paesi europei dal Nordafrica, la Turchia a sé e poi il Medio Oriente, circa 750 milioni di abitanti. Non è un quadro al suo interno omogeneo sulla base di questa classificazione. Quello che vorrei sottolineare è che ci sono preesistenti ragioni di tensioni, squilibri e disuguaglianze che combinano la dimensione economica, la dimensione spaziale Pag. 6 e territoriale e la dimensione di genere che la pandemia in corso aggrava. Non è semplicemente un acceleratore, ma talvolta è anche un evidenziatore di tensione latente.
  I dati ufficiali sul COVID-19 ci indicano che soprattutto la seconda ondata ha visto un aumento relativamente preoccupante in diversi Paesi e ovviamente è chiaro che, così come in Europa e in Italia, la pandemia sta mettendo sotto pressione i sistemi sanitari nazionali a fronte di regimi ben diversi anche di disponibilità economica: confrontando Paesi più ricchi del Golfo, pur colpiti dagli effetti della crisi economica legata all'andamento del prezzo del petrolio che si riverbera poi in termini di difficoltà di migranti della regione che vivono in quei Paesi, comprese le donne. Più grave è la situazione in Paesi dove il sistema nazionale sanitario, soprattutto l'accesso, è molto diversificato ancora una volta in termini non solo economici, ma anche territoriali per il modello anche dei sistemi sanitari, che è un discorso che conosciamo bene in Italia e che va debitamente proporzionato in contesti più fragili, come diversi Paesi del Nordafrica e del Medio Oriente e soprattutto ovviamente in Paesi che sono, non da quest'anno, colpiti da conflitti, come la Siria, la Palestina, lo Yemen e la Libia. Le previsioni sono che in questi Paesi ci sarà un aumento della povertà, il che si lega, anche se non è ovviamente correlato in maniera precisa, all'aumento delle disuguaglianze. Pensiamo soltanto a quello che sta succedendo in Italia in termini di potenziale rischio legato alla chiusura della scuola in termini di divaricazione delle opportunità dei bambini. Per inciso, l'ultimo studio dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo (OCSE) evidenzia come, per esempio, la divaricazione legata alla chiusura delle scuole in termini di opportunità vede come particolarmente vulnerabili bambini di famiglie migranti molto più in Paesi dell'Europa del sud; e questo è a maggior ragione vero nella sponda sud del Mediterraneo, dove la popolazione ha maggiore difficoltà nell'accesso agli strumenti e alla tecnologia che consentirebbero – ove fossero attivati tempestivamente, come non è il caso in diversi Paesi della sponda sud – l'accesso alla scuola a distanza.
  C'è un fenomeno che è noto in Europa – e non solo – ed è quello della de-parlamentarizzazione del processo decisionale, che con la pandemia è una potenziale deriva in questi contesti, cioè la sponda sud e il Medio Oriente, con molte più criticità. Ci sono alcuni fenomeni latenti che rischiano di crescere.
  Semplicemente, molto rapidamente, che cosa ci dice questo grafico (slide n. 5)? Guardate l'istogramma grigio: sono tutti in basso, vuol dire che la variazione percentuale del PIL nei Paesi – sono fonti combinate del Fondo monetario internazionale e OCSE – tende a contrarsi, quindi c'è un pesante costo in termini di crescita economica e di calo e anche le previsioni, nell'incertezza, relative alla ripresa, che è il terzo istogramma, di ogni Paese non sono sufficienti a compensare il crollo del 2020, con l'incertezza del 2021. Questo crollo ha evidenti conseguenze sui diversi aspetti. Rapidamente, utilizzo come chiave di lettura – non perché sia un elemento marginale, ma all'opposto è un elemento fondante attraverso il quale anche pensare alle politiche di intervento, a cominciare da quelli del partenariato – la questione per esempio dell'empowerment femminile, al centro di questi potenziali rischi; tenendo presente che anche qui abbiamo messo insieme diversi Paesi, quelli del Golfo, il Nordafrica e ovviamente la sponda nord – europea – del Mediterraneo. C'è un intreccio anche in termini di aiuti.
  In ragione delle note vicende legate alla crisi siriana e poi ai movimenti migratori, l'Europa e in generale i Paesi OCSE hanno destinato alla regione una quota considerevole di aiuti, soprattutto umanitari, quindi in una prospettiva di breve periodo. Tenendo presente che già nel 2019 c'erano evidenti segnali di difficoltà degli aiuti come flusso crescente – cioè era in contrazione – ora nel 2020 e nel 2021 l'incertezza è evidentemente accresciuta dalla pandemia in cui ci troviamo; però il dato strutturale è che l'Europa ha destinato risorse di aiuti umanitari, anche alla salute, però nuovamente Pag. 7 in una logica emergenziale e non strutturale, mentre quello che la pandemia fa emergere in Europa come nella sponda sud è la necessità di ripensare l'approccio al modello sanitario. C'è necessità di aiuti umanitari, ma non solo.
  Al contempo quella stessa ragione regione vede alcuni Paesi, come l'Arabia Saudita, gli Emirati Arabi e anche il Kuwait, essere fonte di donatori verso gli altri Paesi della regione. Sulla natura degli interventi abbiamo molte meno informazioni, ma sappiamo che quasi metà è destinata al canale multilaterale già prima del 2020 e in buona parte all'Organizzazione mondiale della sanità (OMS). Sulla natura degli interventi bilaterali dal Golfo verso il Nordafrica sappiamo molto meno, però questo è un dato interessante.
  Prima di vedere un po' di dati e scorrerli rapidamente – visto il tempo – passo ad alcuni elementi che mi sembra siano fondamentali. C'è l'elemento delle istituzioni chiave – deboli – istituzioni in senso ampio, che non sono state in grado e non lo sono ora di garantire la piena cittadinanza non solo alla questione di genere, ma territorialmente in diversi Paesi. C'è un problema di capacità amministrativa nei diversi livelli dell'ordinamento amministrativo degli Stati nazionali. Ancora una volta in questo senso potremmo dire che la pandemia del COVID-19 uniforma e pone delle stesse sfide calibrate su livelli di grandezza molto diversi, quindi potremmo anche dire che il tema della capacità amministrativa locale è un tema centrale in Europa. Certamente la capacità amministrativa di gestire queste crisi è molto più evidente e drammatica nella sponda sud e c'è un rischio anche di difesa, ritorno come risposta immediata alla paura dell'incerto che faccia regredire questi Paesi, con riferimento alla questione dell'empowerment femminile, alla cultura dei modelli patriarcali che ripropongono dei meccanismi che limitano i gradi di libertà delle persone, in particolare delle donne. Su questo, il mainstreaming di genere non è così presente nella dinamica di sviluppo di questi Paesi.
  C'è il tema delle migrazioni, veniva ricordato. Anche qui la componente femminile dal 1980, dove la quota femminile di migranti da questi Paesi era molto bassa e molto minore delle altre regioni, agli anni più recenti, è aumentata. È ovvio che nel contesto della pandemia si aggiungono motivi di preoccupazione circa le violenze e i soprusi che possono essere patiti, in particolare dalle donne, tenuto conto del fatto che la limitazione degli spostamenti coinvolge anche le organizzazioni di assistenza umanitaria. Quindi il tema del doppio svantaggio – migrante e donna – è un altro elemento da tenere presente.
  Una chiave di lettura per i dati che mostrerò: questo secondo me è molto importante, forse implicitamente viene concettualizzato, è molto importante per il decisore politico, per la Commissione Esteri, per i parlamentari e in generale per il Governo: l'azione politica può e deve agire contemporaneamente su tre livelli di realtà, che non necessariamente coincidono; non c'è una sequenza regolare, per cui c'è una realtà giuridica che è la norma, la Costituzione e la legge, quella in basso (slide n. 7), e, cambiando quella, cambia la realtà dei dati fattuali che riscontriamo, oppure cambia le attitudini e le opinioni delle persone; però sono tutti e tre piani fondamentali, perché tra loro interagiscono e cambiano il processo di cambiamento e cambiano i profili della realtà, che sono molteplici. Noi possiamo leggere il dato della sicurezza, dello sviluppo, della questione di genere, nel Mediterraneo come altrove, utilizzando una lente che si focalizza su questi tre diversi piani.
  Qual è la realtà dell'empowerment femminile sul piano giuridico? Qual è quello delle opinioni e delle attitudini? Qual è quello dei dati che registriamo amministrativamente, le violenze che sono registrate negli ospedali, ai presìdi di polizia? L'azione politica deve tener conto di quali sono i ritardi sui tre piani di realtà e agire conseguentemente, dando priorità a interventi normativi che muovano in direzione di un miglioramento del quadro di uno dei tre piani di realtà.
  Molto rapidamente sul piano giuridico, per esempio. Se noi guardiamo il discorso ufficiale della Costituzione, come fase preliminare Pag. 8 dell'analisi, la narrazione non è discriminatoria. Noi abbiamo la Costituzione algerina che indica negli articoli 29 e 31 come le donne godano degli stessi diritti civili e politici degli uomini ed abbiano lo statuto di cittadinanza a pieno titolo; e lo stesso nella Costituzione egiziana con l'uguaglianza di tutti i cittadini, lo Stato deve garantire la realizzazione dell'uguaglianza, e così via. In pratica, però, occorre una migliore lettura della narrazione, perché la parte giuridica ha una sua normativa, ma conta molto l'applicazione, la normativa è ampia. In particolare, se noi andiamo a vedere i codici della famiglia, che affrontano i diritti della donna nel matrimonio, nel divorzio, nelle successioni e nel ripudio, allora vediamo come già le cose cambiano. Evidenziati in giallo (slide n. 9) vi sono i dati basati sull'indice di genere e istituzioni sociali dell'OCSE del 2019, quindi prima del COVID-19, rispetto alla potenziale vulnerabilità di alcune categorie. Qui, guardando verticalmente abbiamo le componenti che compongono l'indice di genere e istituzioni sociali; il dato della seconda colonna riguarda la discriminazione in famiglia, poi abbiamo le limitazioni all'integrità fisica, l'accesso limitato alle risorse produttive della terra e a quelle finanziarie, oppure le libertà civili ridotte. Questo è un indice che più è alto, più grave è la discriminazione. Vedete che la discriminazione in famiglia si ritrova in realtà dall'Algeria a scendere e sono tutti alti. Ne ho evidenziati alcuni più di altri per il valore assoluto, però è una situazione molto grave.
  Questo è un altro elemento interessante (slide n. 11): ci spostiamo su altre dimensioni, che potremmo dire si legano alla realtà fattuale. Questo elemento può a sua volta focalizzarsi su diversi aspetti. Come miglioriamo la condizione di vita delle persone? Agendo sugli input, fornendo risorse, aumentando lo spazio di potere che hanno le persone o guardando direttamente ai risultati. Qui abbiamo diverse variabili che corrispondono poi ad alcuni degli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Anche qui, scorrendo, abbiamo per esempio: il rapporto di mortalità materna, ovvero quante madri morte durante il parto; il tasso di natalità adolescenziale, ovvero quante giovani madri per mille donne; la quota di seggi in Parlamento. Ne ho evidenziati alcuni, ma per esempio si potrebbe confrontare il dato dell'Egitto, dell'Algeria e della Libia, per esempio, e risulta che nel numero di decessi dovuti a cause legate alla gravidanza l'Algeria è all'estremo opposto dell'Egitto; però per quanto riguarda il tasso di natalità adolescenziale, l'Egitto è all'opposto, infatti l'Egitto è 53,8 e l'Algeria è 10,1. Quindi abbiamo una situazione molto variegata, anche in termini di seggi al Parlamento.

  PRESIDENTE. Zupi, dovrebbe concludere, perché bisogna lasciare anche la parola ai commissari.

  MARCO ZUPI, Direttore scientifico del Centro studi per la politica internazionale (CeSPI). Ok. I dati fattuali a loro volta possono essere fuorvianti, per esempio l'aspettativa di vita alla nascita. Noi in Italia sappiamo che è alta per gli uomini – sopra gli 81 anni – e ancor di più per le donne; però il dato della qualità – che ci interessa nuovamente e che la pandemia ha messo in evidenza come ci sia il rischio di patologie concomitanti che determinano la letalità dell'epidemia – noi vediamo che la speranza di vita in buona salute alla nascita penalizza molto le donne, nel senso che l'aspettativa di vita più lunga per le donne scompare in termini di buona salute, ovvero quanti anni si vivrà in buona salute, quindi si appiattiscono. Le donne addirittura hanno un'aspettativa di vita minore degli uomini: e questo è vero, la pandemia determinerà un calo probabilmente della speranza di vita alla nascita, non solo della speranza di vita in buona salute, e in Italia si prevede oltre un anno, con punte a Cremona e a Bergamo tra i quattro e cinque anni. Guardate anche il dato della speranza di vita in buona salute alla nascita nel Mediterraneo (slide n. 13), prima della pandemia. Sono dati molto interessanti, perché sono un fattore aggiuntivo della vulnerabilità agli effetti della pandemia, in condizioni in cui c'è una fragilità della qualità della vita. Pag. 9
  Un altro dato interessante, dopo il dato giuridico e quello fattuale, è quello delle opinioni e delle attitudini. Le opinioni delle persone cambiano molto. Qui (slide n. 14), sommariamente – poi ci sono i dati per chi li vorrà vedere – è interessante come nelle indagini condotte nella sponda sud, nel Nordafrica, ci aspetteremmo magari maggiore differenza tra uomini giovani e anziani, in realtà vi sono meno differenze rispetto a cosa si pensa dei diritti delle donne, dell'empowerment. Le opinioni, almeno espresse, non sono così diverse. Talvolta ci sono grandi differenze tra nazionalità a seconda delle domande, altre volte più che la nazionalità conta se a rispondere è un uomo o una donna.
  Vado rapidamente al prossimo tema e, visto che parlavo di migrazioni, noi abbiamo un quadro di riduzione significativa delle migrazioni internazionali e dei movimenti. Questo è il dato europeo per quanto riguarda le richieste d'asilo (slide n. 15). Questo è il calo delle rimesse nei Paesi del Nordafrica e Medio Oriente, vedete, dal 2019, 2020 e 2021 (slide n. 16): l'unica regione al mondo che sta registrando un aumento dei costi di trasferimento; sono Paesi – pensiamo all'Italia e al Nordafrica – in cui c'è anche la frequenza dello spostamento fisico che permetteva il trasferimento di rimesse. Con la chiusura delle frontiere quella modalità è resa più difficile e quindi i costi bancari, che diventano uno dei pochi strumenti di intermediazione, hanno fatto alzare il costo di invio delle rimesse. Ci sono migrazioni di ritorno – pensiamo al Golfo e al Nordafrica, per esempio l'Egitto, che a sua volta è un Paese di transito – e con la pandemia molti migranti sono bloccati. La situazione è particolarmente difficile nei Paesi colpiti dai conflitti sociali. Questo è il dato delle rimesse che, a fronte di una pandemia – che determina anche un restringimento degli spazi fiscali, scarse entrate e ridotta finanza internazionale per lo sviluppo – si traduce – pensiamo al Libano, un terzo del PIL – in un peggioramento significativo sul piano della finanza potenziale per lo sviluppo nel prossimo avvenire. Interrompo qui.

  PRESIDENTE. Va bene, grazie. Naturalmente noi ci attendiamo che ci facciate avere tutta la documentazione, in particolare con tutte queste schede e queste slides che sono di grande interesse, perché sono dati documentali che confortano le analisi, naturalmente. Adesso se ci sono interventi da parte dei commissari. L'onorevole Cabras da remoto.

  PINO CABRAS. I dati sono molto interessanti, perché disegnano una linea di tendenza, che è avvenuta nel corso degli ultimi anni, che ha profondamente mutato il Mediterraneo, rendendolo irriconoscibile rispetto a una fase in cui, ad esempio, la Francia cercava di guidare una sorta di integrazione euromediterranea, che portava avanti, dei processi che venivano da lontano.
  La cosa che mi viene da dire è che questi dati hanno un aggiornamento al 2019 e non potrebbe essere altrimenti, non è certo un limite dei ricercatori, ma della situazione. Ho l'impressione che dopo un anno come questo si ponga un problema enorme di nuova visione del Mediterraneo, perché se ognuno di quei dati che abbiamo visto è sottoposto all'urto della COVID-19, penso che l'effetto sia drammatico, catastrofico e potenzialmente foriero di disordini enormi, che non riesco neanche a immaginare in questo momento.
  Quindi credo che si ponga un problema di lettura nuovo anche per il lavoro che stiamo facendo per questa indagine conoscitiva, ovvero cercare di anticipare davvero le tendenze che si hanno nel Mediterraneo e perciò è importante porre le basi per un aggiornamento anche per i prossimi mesi.

  PAOLO FORMENTINI. Vorrei chiedere soprattutto al primo audito due o tre cose. Innanzitutto sulla Turchia: io ho ascoltato con attenzione e ho preso anche qualche appunto. Mi sembra che, insito nel ragionamento fatto, vi sia un forte apprezzamento per i rapporti commerciali Italia-Turchia che sono rapporti indubbi, abbiamo sentito le cifre e gli obiettivi dell'Italia come Paese; però, Le chiedo: tutto ciò Pag. 10vale il nostro silenzio sulla questione di Cipro e sulla Libia? Che postura dovrebbe assumere l'Italia per far sì che, in nome del commercio, non vi sia un arretramento costante, geopolitico del bacino del Mediterraneo, con particolare riferimento al Mediterraneo orientale? Come potrebbe l'Italia legare l'interesse a un progetto ambizioso come Eastmed con i propri rapporti con la Turchia?
  Ancora, vorrei chiedere sulla questione israelo-palestinese da Lei evocata e descritta: che possibilità intravede di un dialogo tra la leadership palestinese che – come Lei stesso ha giustamente detto – è divisa al proprio interno e questa nuova situazione geopolitica, questo nuovo equilibrio della regione dopo gli Accordi di Abramo? Intravede uno spiraglio di possibilità, di qualsiasi possibile tentativo di cogliere da parte palestinese l'opportunità storica che si presenta oppure sarà impossibile questo scenario?
  Poi sull'Etiopia: anche qui, come sulla Turchia, che ruolo può giocare l'Italia in una regione dove è stata molto presente, ma dove anche qui nei decenni ha perso peso e influenza politica? Grazie.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. La ringrazio molto, dottor Zupi, per la presentazione. Vorrei capire qual è il ruolo dell'Italia in tutto questo.

  PRESIDENTE. Bene, ci sono altri? Naturalmente adesso i nostri ospiti risponderanno, ho solo un'avvertenza: le valutazioni e le conseguenze politiche spettano a noi, non è che un ricercatore o un centro di ricerca sono chiamati a fare delle scelte politiche che spettano alla politica. Detto questo, la parola al dottor Frigeri prima e poi al dottor Zupi. Prego.

  DANIELE FRIGERI, Direttore del Centro studi per la politica internazionale (CeSPI). Provo a rispondere ad alcune sollecitazioni. Sul tema della Turchia, è chiaro che i rapporti commerciali e i rapporti economici non possono trascurare tutto quello che è il rispetto degli accordi internazionali, ma non solo, perché il tema della Turchia è un tema di rispetto dei diritti umani e di rispetto delle minoranze. Ci sono diverse questioni che pongono delle criticità rispetto al tema turco. È chiaro che i rapporti economici possono essere una chiave di ingresso e di dialogo con un Paese. Quindi il discorso non è tanto quello di dimenticare qualcosa al prezzo di altro, perché c'è un interesse economico, quanto usare quello che è il forte legame economico e commerciale con un Paese per poter avere una chiave di dialogo e quindi anche di negoziazione.
  Sulla questione israelo-palestinese, è chiaro che anche qui l'Italia può giocare un ruolo importante di dialogo. È chiaro che serve uno switch da parte delle autorità palestinesi rispetto al sentirsi rinchiusi in un angolo e isolati sotto il profilo internazionale. Gli spazi di dialogo sono possibili, anche perché la ricerca di una soluzione è nell'interesse anche dei Paesi limitrofi. È chiaro che, di nuovo, questa soluzione passa per un dialogo multilaterale e non bilaterale.
  Lo stesso vale per l'Etiopia, nel senso che la ricerca di una soluzione va necessariamente ricercata all'interno del contesto regionale e nel contesto del continente, in cui l'Europa può giocare un ruolo determinante proprio in questa costruzione, come dicevo all'inizio, di un partenariato strategico; questo vale un po' per tutti i problemi, sia sui conflitti o meno, e dal mio punto di vista è quello di una ricerca di un dialogo tra l'Africa e l'Europa, dove si affrontano quelle che sono le tematiche comuni, dalle migrazioni ai conflitti.
  Qual è il ruolo dell'Italia? È chiaro che spetta più a voi che a me dare risposta a questo interrogativo. Certamente l'Italia è un soggetto strategico in quest'area e ha anche delle profonde relazioni, non solo economiche, ma anche culturali. C'è tutto un intreccio di relazioni legate alla cooperazione. Quindi l'Italia in quest'area può giocare un ruolo fondamentale e lo può fare, a mio avviso, sempre all'interno di un contesto europeo. Anche qui il ruolo di stimolo dell'Italia rispetto alla politica estera europea in questo dialogo – ripeto – bilaterale Pag. 11 tra l'Europa e l'Africa, può essere strategico. Lascio la parola a Marco Zupi.

  MARCO ZUPI, Direttore scientifico del Centro studi per la politica internazionale (CeSPI). Rispetto al punto che veniva sollevato, certamente l'aggiornamento dei dati è fondamentale e su questo ci sono già dei dati. Nella presentazione ci sono, oltre stime preliminari del 2020, anche prime impressioni del 2021 che indicano quell'aggravamento.
  Rispetto alla domanda che poneva l'onorevole Quartapelle Procopio – che saluto – secondo me c'è proprio la necessità di maggiore coraggio, non solo per l'Italia, ma per tutti. La retorica ci porta a dire che siamo in un punto di non ritorno e che siamo a una svolta come non è mai successo. Andando a scorrere i testi dei cinque decenni precedenti, avremmo detto la stessa cosa. C'è veramente un punto di discontinuità? Il dibattito sul green, sul deal europeo del 2019, adesso sulla programmazione dei sette anni europei, tutto questo pone delle possibilità di reagire realmente a sfide precedenti, alle grandi contraddizioni che c'erano e che sono state acuite dal COVID-19.
  La mia preoccupazione su questo, se posso dirlo, è che si consumi ritualisticamente il momento, la presidenza del G20, perché ci sono soluzioni emergenziali. L'emergenza è importante, ma i problemi ci sono perché non ci sono soluzioni strutturali. Porto un esempio banale, però specifico, ovvero quello del campo della cooperazione allo sviluppo: negli ultimi anni si è parlato molto di maggiore attenzione alla gestione orientata al risultato, all'impatto; la mia preoccupazione è che tutto questo si riduca – non parlo dell'Italia, ma in generale – al fatto che poi c'è un elemento accessorio, per cui adesso i progetti devono indicare quale sarà l'impatto, quali saranno i risultati, ma non è la logica che cambia. Se torna quell'impostazione per cui bisogna cambiare i fatti attraverso la normativa, le opinioni e le attitudini, le politiche italiane nell'ambito delle organizzazioni internazionali – perché l'Italia conta, ospita il Polo romano, l'Unione europea veniva ricordata – ci sono diversi ambiti nel dialogo con partner asiatici che sono presenti nel Mediterraneo. Bisogna avere il coraggio – ed è quello che mi sembra il dibattito europeo stia ponendo sul tappeto – e questo vale lo stesso per il Mediterraneo, perché le sfide sono esattamente le stesse, di superare questa visione tradizionale. Non si tratta di dire «facciamo cooperazione allo sviluppo con i progetti che producono dei risultati», ma capire che bisogna agire sulle politiche.
  Quando si parla di gender mainstreaming, in generale, tutti gli interventi devono orientarsi al mainstreaming, cioè la cooperazione allo sviluppo ha senso se agisce sulle politiche pubbliche, anche attraverso i micro-interventi. È necessario guardare all'orizzonte che poi cambia le cose. La transizione ecologica deve essere non un elemento a sé, ma deve essere trasversale a tutti gli interventi. La questione di genere, le disuguaglianze territoriali, l'importanza di politiche anche territorializzate e quindi le preoccupazioni sul commercio e sulla cooperazione allo sviluppo, secondo il principio di coerenza, devono essere costruite attorno a una visione che si deve uniformare e che oggi il momento della pandemia sta ponendo.
  Avrà la forza, l'Italia? Non da sola, però è una voce importante che deve essere spesa insieme ai partner strategici, che di volta in volta cambiano e che ci sono su questi temi. Secondo me la cosa importante è fare un passo in avanti di maggiore coraggio e ambizione delle politiche, altrimenti l'anno prossimo ci sarà la cancellazione G20 di parte del debito, ma ricordiamo che anche nel 2000 era successa esattamente la stessa cosa. Questo bisogna evitare e bisogna capire che si deve agire sulle dimensioni emergenziali e fondamentali, ma forse oggi, questo sì, ci sono opportunità per agire anche su quelle strutturali.

  PRESIDENTE. Bene, grazie. Credo che sia stata un'audizione molto interessante, perché corredata da molti dati di analisi. Naturalmente, quello che diceva Cabras è vero, cioè è chiaro che questi dati sono tutti i dati elaborati sui dati esistenti fino al 2019 e bisogna fare un aggiornamento rispetto Pag. 12 all'andamento di tutte quelle dinamiche nel 2020 per vedere come l'impatto del COVID-19 ha inciso, e credo che il CeSPI ci stia lavorando. Non appena questi dati saranno disponibili, vi preghiamo di farceli avere, magari facendo un'audizione supplementare per illustrare i dati dell'aggiornamento.
  Restiamo in contatto e intanto fateci arrivare tutta la documentazione che avete qui illustrato, e che sarà pubblicata in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
  Grazie e buona giornata. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.35.

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