XVIII Legislatura

III Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Mercoledì 20 marzo 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Grande Marta , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA POLITICA ESTERA ENERGETICA DELL'ITALIA TRA CRISI REGIONALI E ROTTE TRANSCONTINENTALI
Grande Marta , Presidente ... 2 
Margheri Marco , vice presidente esecutivo Edison S.p.A ... 3 
Grande Marta , Presidente ... 9 
Romaniello Cristian (M5S)  ... 9 
Fassino Piero (PD)  ... 10 
Formentini Paolo (LEGA)  ... 10 
Grande Marta , Presidente ... 10 
Margheri Marco , vice presidente esecutivo Edison S.p.A ... 10 
Grande Marta , Presidente ... 13 

ALLEGATO: Documentazione depositata dal vice presidente esecutivo Edison S.p.A, Marco Margheri ... 14

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
MARTA GRANDE

  La seduta comincia alle 15.20.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso nonché la trasmissione sul canale della web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di Edison S.p.A.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla politica estera energetica dell'Italia tra crisi regionali e rotte transcontinentali, l'audizione di rappresentanti di Edison S.p.A..
  Ringrazio il dottor Marco Margheri, vice presidente esecutivo di Edison S.p.A. per la Divisione sostenibilità, istituzioni e regolazioni, per la sua disponibilità a prendere parte ai nostri lavori.
  Saluto altresì il dottor Fabrizio Mattana, senior vice president gas infrastructures & small scale LNG, il dottor Simone Nisi, responsabile per gli affari istituzionali per l'Italia e gli affari internazionali, e il dottor Federico Baracca dell'ufficio affari istituzionali per l'Italia.
  Ricordo che Edison S.p.A. è l'operatore energetico più antico d'Europa grazie ad oltre 130 anni di storia. Sono di Edison le prime centrali idroelettriche nel nostro Paese. L'azienda, che opera in dieci Paesi nel mondo con oltre 5 mila addetti, ha peraltro da tempo avviato un percorso per contribuire al raggiungimento dei diciassette Obiettivi di sviluppo sostenibile dell'Agenda 2030, in particolare la lotta contro il cambiamento climatico.
  I principali aspetti ambientali che sono al centro dell'operatività e della strategia dell'azienda e sui quali si concentra anche l'attenzione degli stakeholder esterni sono: produzioni da fonti rinnovabili e sviluppo dell'efficienza energetica nella catena del valore; mitigazione del cambiamento climatico e riduzione delle emissioni; uso responsabile delle risorse idriche e tutela della biodiversità.
  A tal fine Edison partecipa ai principali network internazionali, tra cui: UN Global Compact e Fondazione Global Compact Italia, di cui Edison è socio (il Global Compact raccoglie più di 10 mila aziende nel mondo, impegnate a promuovere un'economia più sostenibile); IPIECA, International Petroleum Industry Environmental Conservation Association, di cui Edison è socio e membro del Comitato esecutivo, che presidia i temi ambientali e sociali relativamente alle attività delle industrie del settore olio e gas; RES4MED, nato nel 2012, che promuove la diffusione di energia rinnovabile nel Mediterraneo con un'attenzione particolare al Nord Africa, Balcani e al Medio Oriente; Observatoire Méditerranéen de l'Energie (OME), nato nel 1988, che coinvolge le più grandi società energetiche di quattordici Paesi del Mediterraneo.
  Tale organizzazione ha avviato una collaborazione sulle piattaforme energetiche Euromed promosse dall'Unione per il Mediterraneo, in particolare sulle questioni relative al mercato del gas nella regione euromediterranea. Edison detiene inoltre la presidenza del Comitato nazionale del World Energy Council, l'organizzazione internazionale che riunisce oltre novanta Paesi ed è accreditata presso le Nazioni Unite. Pag. 3
  Relativamente al tema dei diritti umani Edison, ha esplicitato il proprio impegno per la tutela dei diritti umani in diversi documenti, tra cui il Codice etico, la policy whistleblowing e la sottoscrizione dei dieci princìpi del citato Global Compact delle Nazioni Unite. Nel 2017 si è inoltre impegnata a firmare un accordo con le organizzazioni sindacali a livello globale sulla responsabilità sociale d'impresa.
  Sono lieta di dare la parola al dottor Margheri affinché svolga il suo intervento.

  MARCO MARGHERI, vice presidente esecutivo Edison S.p.A. Onorevole presidente, onorevoli deputati, intanto grazie anche per questa introduzione che mi permette di recuperare tempo sui contenuti specifici dell'audizione, avendo lei già presentato Edison in modo articolato e compiuto.
  In particolare, oggi vorrei concentrare il contributo che diamo a questo ciclo di audizioni – che ci sembra di particolare importanza rispetto alla definizione di obiettivi di politica energetica nazionale – sul ruolo che Edison ha come investitore (investiremo 2 miliardi di euro nel corso del prossimo triennio in Italia, in particolare nel settore delle rinnovabili del mercato finale), ma anche come contributore alla sicurezza e alla competitività del sistema gas nazionale.
  Oggi siamo il secondo importatore in Italia e importiamo circa 14,4 miliardi di metri cubi attraverso contratti di lungo termine sia via pipeline, sia attraverso il contratto principale, anzi l'unico a lungo termine, di fornitura di gas liquefatto che arriva in Italia dal Qatar. Per il futuro abbiamo già assicurato alcune opzioni di fornitura: un contratto dall'Azerbaijan che partirà quando sarà attivata la rotta in costruzione con il Corridoio Sud con TANAP e con TAP, e gas GNL, gas liquefatto dagli Stati Uniti con un contratto firmato per 1 milione di tonnellate con Venture global.
  L'obiettivo di oggi è provare a concentrare i miei commenti su tre domande: 1) quali sono gli obiettivi di politica energetica italiana e come in questi obiettivi il tema delle rotte diventa un tema chiave su cui riflettere; 2) come è fatto ad oggi il quadro degli approvvigionamenti e delle sfide future per gli approvvigionamenti italiani; 3) provare a rappresentarvi il contributo che come Edison vogliamo dare allo sviluppo del sistema italiano.
  Per quanto riguarda il primo punto, quali sono gli obiettivi di politica energetica italiana, la nostra conversazione avviene a valle della pubblicazione del Piano nazionale integrato energia e clima, quindi possiamo usare questo come l'impronta del set di obiettivi che ci vogliamo dare.
  Il Piano, dal punto di vista dello sviluppo del sistema italiano, ci dà alcune stelle polari di particolare rilevanza: naturalmente la crescita delle fonti rinnovabili fino al 55 per cento da generazione elettrica, in linea con gli obiettivi dell'Unione europea, corredato con un piano molto ambizioso di 9,7 megatep di riduzione dei consumi energetici: quindi un piano molto focalizzato sulla transizione energetica, collegato a un grande obiettivo Paese, che darebbe una conferma della leadership italiana nella lotta al cambiamento climatico: abbandonare la generazione a carbone entro il 2025.
  Il primo messaggio che vorrei condividere con voi è che il ruolo italiano in Europa e nel mondo sui temi della lotta al cambiamento climatico e della definizione di un modello di transizione energetica sostenibile e inclusiva deve rimanere una priorità strategica anche della politica estera del Paese.
  Abbiamo visto con grande favore come questo ruolo sia stato riconosciuto con la nomina, qualche settimana fa, del dottor La Camera a direttore esecutivo dell'Agenzia internazionale per le fonti rinnovabili: è un valore che il Paese abbia un modello definito, chiaro, con obiettivi così ambiziosi, di transizione energetica. Ma naturalmente questo deve portarsi dietro un piano organico, che metta insieme la crescita del sistema energetico nazionale con la sostenibilità, la competitività e la sicurezza delle forniture che alimentano quella che è, e secondo noi deve rimanere, la seconda economia manifatturiera in Europa. Pag. 4
  Perché è così importante l'obiettivo di phase out della generazione a carbone? Proviamo a vedere quali sono gli esiti di alcune proposte di policy sulla riduzione delle emissioni in Italia. Oggi il carbone produce circa il 10 per cento dell'elettricità consumata nel nostro Paese, ma produce il 30 per cento delle emissioni del settore energetico, che a sua volta produce tra il 25 e il 30 per cento delle emissioni totali.
  Il phase out della generazione a carbone, cioè la sostituzione della capacità attualmente installata in otto centrali attive in Italia, da solo porta quindi ad una riduzione di emissioni sul parco nazionale che è superiore a quelle unitariamente prodotte da tutte le altre politiche che possiamo immaginare. Questo non è per dire che facendo il phase out del carbone si può rinunciare al resto, ma, al contrario, per dire che tenere insieme gli obiettivi di politica energetica e di sostenibilità dà al phase out del carbone una rilevanza strategica come pilastro degli obiettivi futuri.
  Questo significa anche che dobbiamo combinare questo obiettivo Paese con alcune altre misure da prendere subito, come migliorare l'efficienza degli impianti di generazione a gas, che hanno emissioni certamente più ridotte (abbiamo annunciato qualche settimana fa un contratto con Ansaldo per portare in Italia la prima turbina in Europa con un'efficienza al 63 per cento); avviare tutti gli strumenti possibili di mobilità sostenibile, anche quelli a gas, perché oggi per il trasporto pesante e per il trasporto marittimo è il gas liquefatto che ci offre l'occasione più immediata di ridurre le emissioni e gli inquinanti locali; e poi naturalmente le politiche di efficienza energetica.
  Questo è il quadro nazionale in cui stiamo operando, che dà al settore del gas un compito fondamentale: abilitare da subito la transizione energetica, partire immediatamente con tutte le misure che ci permettono, nel settore della generazione elettrica e nel settore dei trasporti, di spiazzare combustibili a più alta densità emissiva.
  Guardiamo il settore del gas italiano, così come si presenta oggi. Il preconsuntivo della domanda del 2018 ha raggiunto i 72 miliardi di metri cubi. L'Italia è oggi il terzo mercato gas in Europa. Questa domanda appare sostenuta da diverse leve. Nel settore residenziale la domanda tende ad essere piuttosto stabile, ma è soggetta in modo molto rilevante alle condizioni climatiche che sono naturalmente imprevedibili (il molto freddo e il molto caldo).
  Nel settore termoelettrico le centrali a gas funzionano in funzione di diversi fattori, quali il livello di importazione di energia elettrica (l'Italia ne importa in modo consistente); la produzione idroelettrica, che ovviamente dipende dai livelli di idraulicità disponibili; la produzione delle altre fonti rinnovabili, che per loro natura sono fonti non programmabili. Il Piano nazionale ci dice anche che 3 gigawatt di nuova capacità a gas dovranno essere installati per metà a compensazione, nella parte gas, del phase out del carbone.
  Il settore della domanda industriale è legato a settori industriali per cui il gas e – lasciatemi dire – la competitività delle forniture di gas sono leve essenziali per il mantenimento in Italia di alcune tipologie di produzione e per il successo economico e competitivo del loro business. Da questo quadro, il Piano nazionale ci dice che, attraverso la crescita delle rinnovabili e attraverso l'efficienza energetica, potremo conseguire dei risparmi significativi e fissa in 60 miliardi di metri cubi al 2030 la previsione dei consumi, che – ricordiamolo – saranno figli del successo delle politiche di crescita delle fonti rinnovabili e di crescita dell'efficienza energetica.
  In questo grande progetto-Paese che il Piano nazionale disegna arriveremo quindi al 2030 con questo livello di domanda. Oggi abbiamo però una domanda più sostenuta e, se prendiamo la previsione del Piano nazionale per andare a guardare da dove dovranno venire questi 60 miliardi di metri cubi, ci accorgiamo che rispetto all'attuale livello delle forniture in Italia è necessaria ed è opportuna la vostra riflessione. Dobbiamo chiederci oggi, nel quadro della transizione energetica, che contributo dovrà ancora arrivare nel 2030 da questa fonte che noi naturalmente acquisiamo all'estero, Pag. 5 in parte perché non l'abbiamo domesticamente, in parte perché dal punto di vista dello sviluppo delle produzioni domestiche abbiamo scelto di seguire altre strade.
  Nel 2030 ci accorgiamo che un'ampia fetta dei contratti che attualmente sostengono la sicurezza degli approvvigionamenti italiani dal 2019 in avanti arriveranno a scadenza, e ci accorgiamo che, anche incorporando nel quadro delle forniture al 2030 una nuova infrastruttura, addizionale rispetto a quelle oggi in costruzione, nel 2030 il bilancio del gas italiano richiederà, oltre a questa infrastruttura addizionale, ancora spazio ulteriore: ciò nell'ottica di un sistema che abbia la capacità di sostenere i consumi in modo competitivo e sicuro nel medio termine.
  Da dove importiamo il gas? Qua vado veloce perché siete già diventati esperti in questa materia, ma l'Italia ha come suo patrimonio una storia di particolare rilevanza nel settore europeo e mondiale del gas, ovvero un sistema diversificato in cui abbiamo diversi punti di importazione (ad oggi sono attivi cinque punti di importazione via pipeline e tre terminali di rigassificazione, tra cui quello di Rovigo, che importa gas qatarino a lungo termine).
  Proviamo però a fare una considerazione, a girare intorno alle nostre rotte e a vedere come si sta evolvendo la situazione dei produttori, perché il problema dell'interconnessione infrastrutturale è legato alla possibilità di importare effettivamente del gas. Ad esempio, la nostra connessione verso nord, verso Norvegia e Olanda, sconta il fatto che in Olanda la produzione diminuisce drasticamente e che i volumi che l'Olanda metterà a disposizione dei mercati vicini e di quelli più lontani come l'Italia scenderanno.
  In Norvegia ci sarà una situazione di stabilità. Paradossalmente il gas che troveremo nel nord Europa sarà molto gas russo che arriverà in Germania potenzialmente attraverso il Nord Stream 2. Quindi quella rotta è destinata a connetterci a mercati che non saranno più i mercati dei produttori domestici che abbiamo conosciuto nei decenni scorsi e che non potrà dare contributi ulteriori di particolare significato. Peraltro l'infrastruttura che ci collega a quella zona, il TEMP, è un'infrastruttura che oggi è in funzione solo per metà e che richiederebbe investimenti molto ingenti per essere ripristinata nel suo totale.
  Se ci spostiamo verso est, ci accorgiamo che l'Italia è il singolo Paese europeo che importa più gas russo attraverso la rotta ucraina: in altri termini, il grosso della nostra fornitura di importazione, che è il gas che proviene dalla Federazione russa, passa integralmente oggi attraverso la rotta ucraina. Il Consorzio TAP e TANAP sta costruendo l'interconnessione con l'Azerbaijan, che porterà in Italia 10 miliardi di metri cubi, abbiamo a sud due connessioni con il Mediterraneo, con l'Algeria e con la Libia.
  Non c'è bisogno che vi dica che il Mediterraneo è in una straordinaria evoluzione dal punto di vista delle prospettive di quei Paesi. Ricordo che in Algeria in pochi anni il 40 per cento della popolazione, passando da circa 60-65 fino alla totalità, è stato connesso alla rete elettrica e questa elettricità è naturalmente prodotta a gas. C'è un'evoluzione della prospettiva di crescita economica e delle prospettive settoriali di quei Paesi che non ci permette di considerare le nostre rotte meridionali come la sola soluzione per incrementare i nostri approvvigionamenti di gas, dobbiamo porci il problema di accrescere il nostro portafoglio di interconnessioni e di rotte.
  Il GNL, il gas naturale liquefatto, è un'opzione particolarmente in linea con gli obiettivi di competitività, è un mercato globale, ma, attenzione, è un mercato che richiede infrastrutture come in ogni caso, e oggi le infrastrutture italiane hanno delle capacità, ma certamente la sfida è più ampia rispetto alle capacità attualmente installate. Soprattutto il GNL è per sua natura un mercato globale, in cui i consumi asiatici la fanno da padrone rispetto ai prezzi: in altri termini, la volatilità è dipendente soprattutto da quello che succede nei centri di consumo in Asia.
  Il primo messaggio è quindi sulla rilevanza della politica energetica, della politica climatica, della politica estera. In questo quadro, tra gli assi fondamentali della Pag. 6transizione energetica italiana c'è certamente la costruzione di un sistema gas sostenibile, competitivo e sicuro nel tempo. Il terzo messaggio è che il sistema infrastrutturale italiano deve analizzare ed evolversi per accompagnare la variazione del contesto produttivo, delle fonti e delle rotte intorno a noi.
  In questo non siamo da soli, il messaggio che proviamo a dare è che l'Italia non è un'isola da questo punto di vista. Guardiamo cosa succede ad est: nei Balcani, appena la Federazione russa si è affacciata con il progetto Turk Stream per consegnare gas non attraverso l'intermediazione di corridoi di transito, ma direttamente alla frontiera turco-greca, tra novembre e dicembre dell'anno scorso e oggi, Bulgaria, Serbia e Ungheria hanno avviato con una speditezza straordinaria un'azione coordinata; tale azione è volta ad assicurarsi che la seconda rotta del Turk Stream, 16 miliardi di metri cubi – ricordo che in Italia se ne sono importati nel corso degli ultimi periodi 29 – che saranno resi disponibili dal Turk Stream già posato (quindi non è un progetto, è un'infrastruttura che sta diventando materiale) alla frontiera turco-greca, anziché prendere la strada della Grecia e dell'Italia, prendano la strada del nord e vadano verso la Bulgaria, la Serbia e l'Ungheria.
  Certo, attraverso l'Ungheria potrebbero collegarsi all'Austria e raggiungere la rotta che oggi porta gas verso l'Italia. Ma chiediamoci – è una domanda cui risponderò non con un'opinione personale, ma con i dati che sono stati dichiarati nelle azioni regolatorie in Bulgaria e in Serbia – che obiettivi hanno questi Paesi, se abbiano l'obiettivo di essere Paesi di transito perché il gas passi e vada verso l'Italia o abbiano dei consumi di gas residenti. Purtroppo la risposta è la seconda: questi Paesi hanno consumi di gas e interesse a riceverlo direttamente attraverso un corridoio che elimini il tema dell'intermediazione del corridoio di transito.
  In Bulgaria il potenziale è tra 2 e 3 miliardi di metri cubi; in Serbia il potenziale è tra 2 e 3 miliardi di metri cubi, poi la Serbia potrebbe interconnettersi a sua volta con altri Paesi della regione; in Ungheria il potenziale è tra i 7 e i 9 miliardi di metri cubi. In sostanza la rotta balcanica rappresenta non solo un'alternativa rispetto alla rotta diretta verso l'Italia, che ha delle implicazioni in termini di sicurezza dell'approvvigionamento italiano, ma anche un'alternativa dal punto di vista dei mercati di destinazione di questi volumi.
  Questa infrastruttura, anche rispetto ai costi complessivi, è un'infrastruttura i cui costi dichiarati sono superiori rispetto alla rotta, che attraverso la Grecia potrebbe arrivare direttamente in Italia. C'è poi un tema di ruolo italiano: i Balcani sono la prima delle due regioni su cui mi vorrei concentrare oggi e naturalmente l'Italia deve porsi il problema di mantenere la sua centralità nei processi decisionali delle grandi rotte e dei grandi accordi di lungo termine sul gas, visto che il gas ha questa rilevanza nel nostro modello di transizione energetica.
  Da questo punto di vista è evidente che i Paesi ospitanti sono quelli che prendono la decisione anche dal punto di vista delle condizioni commerciali, dei modelli realizzativi, Ricordiamoci che l'industria energetica italiana ha delle competenze straordinarie da questo punto di vista: se si fa l'investimento da un'altra parte, chi decide è chi fa l'investimento e per il mercato su cui lo porterà.
  Proviamo a guardare la seconda regione di riferimento nella nostra conversazione di oggi: il Mediterraneo. Abbiamo già detto che il Mediterraneo è una regione – avete avuto autorevoli esperti sul fatto che il Mediterraneo si possa o non si possa chiamare una regione, riflessione che lascio agli esperti di geopolitica – è geograficamente un'area in cui alcuni trend sono di straordinaria evidenza. Uso i dati dell'Osservatorio mediterraneo dell'energia, che pubblica ogni due anni un'interessantissima raccolta, Le prospettive energetiche del Mediterraneo, una sorta di World Energy Outlook Map focalizzato sulla regione mediterranea.
  Il primo dato ovvio è la crescita demografica: abbiamo due sponde del Mediterraneo che hanno due trend straordinariamente Pag. 7 divergenti, e questo porta con sé degli obiettivi di sviluppo economico e di crescita, per esempio dell'impiego disponibile, che in quei Paesi rende la competizione sulle risorse anche una competizione domestica. Quei Paesi (penso all'Egitto, all'Algeria, alla Tunisia) nel caso soprattutto dell'Algeria e dell'Egitto da esportatori puri oggi sono assetati di gas, perché sono assetati di materie prime per alimentare la propria crescita.
  Vi volevo segnalare che da questo punto di vista c'è un'implicazione sulla loro domanda energetica, ma anche un grande tema rispetto alla disponibilità di gas per la loro transizione energetica: cioè se loro alimentassero la loro crescita di domanda energetica con carbone e con petrolio, gli obiettivi che loro stessi hanno preso nel consesso dell'Accordo di Parigi e del follow up della lotta al cambiamento climatico certamente non sarebbero raggiungibili. C'è quindi un grande tema di relazione con il Mediterraneo anche rispetto agli obiettivi di sviluppo di quei Paesi.
  In questo senso la grande evoluzione degli ultimi anni è l'emergere del Mediterraneo orientale come una grande provincia energetica, con scoperte che hanno effettivamente modificato il profilo energetico sia di quei Paesi, sia della loro capacità di relazione con i centri di consumo fuori da quell'area (penso segnatamente all'Unione europea).
  Qual è il messaggio che riportiamo sulla base in primis di alcuni studi di fattibilità per infrastrutture nella regione, tra cui il progetto East-Med di cui vi parlerò tra poco, fatto con la Commissione europea? Il messaggio fondamentale è che se le scoperte straordinarie che abbiamo visto in Egitto stanno alimentando soprattutto una crescita domestica di domanda in Egitto, mentre le scoperte significative, non altrettanto rilevanti, a cui abbiamo assistito e stiamo assistendo tra Cipro e Israele hanno una connotazione molto più aperta alle esportazioni per l'ovvia ragione che i mercati domestici – a Cipro sicuramente ma anche in Israele – sono mercati dalle necessità decisamente più contenute.
  Ci sono già oggi tra Cipro e Israele circa 30 miliardi di metri cubi pronti per l'esportazione che cercano vie di evacuazione. Quali sono queste vie di evacuazione possibili? Il Mediterraneo dell'est è una regione di straordinario interesse, perché è la prima circostanza in cui l'emersione di opportunità economiche derivanti da risorse gas non può essere sfruttata appieno da un singolo Paese.
  Per questo è un tema che affonda, prima che nella politica energetica e nella politica industriale, anche nella costruzione di un quadro organico di politica estera, perché per il Mediterraneo dell'est c'è bisogno dello sviluppo di un quadro regionale, che permetta – non entro nelle implicazioni di tipo politico sulla stabilizzazione di quest'area – agli investimenti in campo energetico di dischiudersi. Abbiamo detto circa 30 miliardi di metri cubi, quindi una misura considerevole. Ricordiamoci che il Corridoio Sud TANAP-TAP si sta sviluppando con una capacità iniziale di 10 miliardi di metri cubi e noi stiamo parlando di tre volte la prima fase del corridoio TANAP-TAP.
  La prima rotta di cui si era parlato per ragioni di prossimità geografica – nel 2016 se ne parlava molto, era probabilmente di moda – era l'ipotesi di un gasdotto attraverso la rete turca con una potenziale connessione a ovest verso l'Europa via TANAP o altri strumenti. Le speranze del 2016 erano collegate a un quadro di politica internazionale che poi, sia per quanto riguarda il processo di pace e le discussioni intorno a Cipro, sia per quanto riguarda le relazioni tra i centri di produzione in Israele e la Turchia, sono oggi sostanzialmente sospese.
  La seconda caratteristica saliente di quest'area è l'esistenza in Egitto di impianti di liquefazione oggi non utilizzati, proprio perché l'Egitto si vedeva come Paese esportatore di gas, quindi pronto a liquefarlo per venderlo a terzi, e poi si è trovato nella condizione di dover alimentare una domanda interna straordinariamente crescente. Quindi questi impianti sono in prossimità geografica e a disposizione. Pag. 8
  Questi impianti hanno due caratteristiche su cui dobbiamo riflettere: hanno delle capacità massime utili che possiamo utilizzare; sono due impianti, uno a Damietta, veramente prossimo, e uno molto più a ovest, a Idcu. La loro capacità combinata è nell'ordine dei 15 miliardi di metri cubi. In questo momento, uno dei processi di politica estera energetica in atto nella regione è proprio il lancio in Egitto di un «Gas forum regionale», che dovrebbe aiutare a creare le condizioni per facilitare questo processo.
  Dal punto di vista italiano ed europeo dobbiamo fare una doppia considerazione. La prima considerazione è sui limiti in termini di capacità: l'attivazione di questa rotta lascerebbe disponibili all'esportazione volumi molto significativi, addirittura la metà o due terzi dei volumi attualmente disponibili. La seconda caratteristica che dobbiamo inserire nella nostra analisi è, una volta liquefatto, dove va quel gas. Abbiamo fatto la considerazione prima che il gas liquefatto sulle navi va dove lo portano le condizioni di mercato, va dove lo portano i prezzi: se i prezzi sono remunerativi in Asia, quella nave non verrà in Italia, non andrà in Spagna o in Francia, ma andrà in Asia.
  Ecco che nei Paesi della regione, dal 2013 in avanti, emerge il desiderio di valutare un progetto di interconnessione via pipeline, le cui caratteristiche sono due. La prima l'ho già evocata: è un progetto complementare alle rotte esistenti; la seconda caratteristica, essendo un progetto via pipeline, è quella di garantire una connessione stabile nel tempo e sicura tra i centri di produzione e i centri di consumo.
  L'ultima ipotesi che citiamo è quella dello sviluppo di un nuovo progetto di liquefazione a Cipro. Ad oggi, questo progetto, che si chiama Vassilikos, è studiato con costi annunciati per essere superiori a quello della connessione via pipeline.
  Ultimo punto (mi avvio alla conclusione, vi ringrazio del tempo che mi avete dedicato e sono certamente disponibile alle vostre domande): qual è il contributo che oggi Edison vuole dare a questo quadro. È un contributo che ha la caratteristica dell'organicità della soluzione, cioè un mosaico di progetti che combini la diversificazione delle rotte per le forniture esistenti, che ci consenta di collegare direttamente l'Italia alla frontiera turco-greca per essere il mercato di destinazione di quei volumi che la Russia porterà direttamente verso sud; ma soprattutto la connessione tra questo modello di sviluppo, che è naturalmente più semplice perché si tratta di una grande parte on shore e perché avrebbe a che vedere con una fonte di gas esistente, con il grande progetto di collegare l'Italia ai centri di produzione del Mediterraneo dell'est.
  Dal 2013 con la Commissione europea è stato fatto prima uno studio di pre-fattibilità e di fattibilità, oggi è un progetto di interesse comune, cioè ha la caratteristica di priorità strategica europea e ha ricevuto 36,5 milioni di euro dal bando Connecting Europe Facility. Non sono contributi a fondo perduto, sono cofinanziamenti, per cui i promotori del progetto cofinanziano al 50 per cento le attività di sviluppo. Questa è una piccola occasione anche per le imprese italiane che parteciperanno ai bandi.
  Oggi in Israele si riuniscono Israele, Grecia e Cipro con la presenza e il forte segnale di supporto delle autorità americane, per una dichiarazione in cui sostengono questo progetto e invitano a un suo sviluppo accelerato, che ha come sua destinazione naturale l'Italia, perché è un progetto che ha una scala e una complessità che non si giustificherebbero diversamente dall'arrivo sul mercato italiano.
  Un'aggiunta che è doveroso fare è che le infrastrutture sono fenomeni complessi: la nostra storia di sviluppo infrastrutturale ha la caratteristica di un rapporto con le comunità locali che è stato nel tempo particolarmente fluido. Ad oggi, riteniamo che questo consenta con fiducia di avviare tutti i procedimenti tecnici perché sia la rotta Poseidon, che aspetta dal Ministero dello sviluppo economico il via libera per fare il primo test di mercato, in cui davvero verificare le opportunità industriali che si aprono per il Paese su questa rotta, sia la lotta East-Med, che poi richiederà all'Italia Pag. 9di partecipare a questo processo internazionale, possano progredire con velocità.
  East-Med è un progetto a monte del quale ci sono risorse disponibili, un progetto che ha elevate complessità tecniche, nessuna delle quali non è già stata oggetto di una decisione finale di investimento. Insisto su questo punto per essere chiaro: gli studi tecnici che abbiamo iniziato e che oggi dobbiamo concludere con l'ingegneria di dettaglio, che è il contenuto del nostro lavoro insieme con la Commissione europea, ci hanno confermato che la profondità, i livelli di salita e di discesa sono complessità tecniche che altre infrastrutture hanno già superato: quindi il progetto si è confermato come progetto fattibile.
  Dal punto di vista dei costi ha una scala di costo molto elevata. Lo studio di fattibilità ha fissato questa scala di costo tra i 5 e i 7 miliardi di euro. Vi ricordo che il corridoio TANAP-TAP ha avuto costi nell'ordine della ventina di miliardi di dollari per una catena analoga dal punto di vista dei volumi, cioè di 10 miliardi di metri cubi; il terminale di liquefazione di Vassilikos, cioè l'opzione di evacuazione via gas naturale liquefatto da Cipro, ha annunciato costi fino a 10 miliardi di dollari.
  Stiamo parlando quindi di un'infrastruttura che ha certamente una mole di impegno rilevante, ma che va secondo noi approfondita nel dettaglio per arrivare a verificarne effettivamente la potenziale competitività, perché questa catena logistica potrebbe essere una delle principali opzioni da un lato di sicurezza, dall'altro di competitività delle nuove forniture italiane, e lasciatemi dire, visto che siamo in Commissione esteri, che il ruolo italiano nell'analisi e nel potenziale sviluppo di questa infrastruttura altro non fa che confermare il peso necessario che l'Italia ha in questa regione anche dal punto di vista dello sviluppo delle politiche energetiche.
  Parlando della sua visione sulla politica energetica Churchill diceva che «c'è una cosa di cui le politiche energetiche hanno bisogno: variety and variety alone». Ebbene, il primo elemento di varietà per mantenere la competitività e la sicurezza del nostro sistema è uno sguardo sui Balcani e sul Mediterraneo. Quindi sono particolarmente felice che questa Commissione stia affrontando questo tema che ci sembra determinante.
  Vi ringrazio molto per la vostra attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie a lei per questo prezioso contributo alla nostra indagine conoscitiva.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  CRISTIAN ROMANIELLO. Grazie, presidente. Volevo ringraziare il dottor Margheri per la relazione e per la disponibilità a questa audizione che, come evidenziato dalla Presidente Grande, è stata di grande apertura. Mi fa piacere avere appreso dati che sono molto utili all'approfondimento di questa indagine e che ovviamente ci riserviamo di approfondire ulteriormente.
  La domanda che vorrei porle riguarda i cambiamenti climatici: tema estremamente importante per il pianeta, che sta diventando sempre più incidente anche nell'opinione pubblica e ritengo debba essere un punto principale sia a livello politico nel nostro Paese e in generale del mondo, sia a livello industriale.
  Sappiamo dall’Intergovernmental Panel on Climate Change, il massimo consesso mondiale di esperti sul clima, che l'obiettivo che dovranno perseguire è quello della riduzione delle emissioni di CO2 del 45 per cento entro il 2020, l'anno prossimo. È un obiettivo molto difficile, forse non realizzabile ad oggi, e mi ha fortemente colpito la vostra attenzione per l'ambiente anche sul tema del climate change e del global warming.
  Mi chiedo se un obiettivo come il vostro, quello di raggiungere il 55 per cento di produzione da energie rinnovabili entro il 2030, non sia poco ambizioso, se ci sia un piano per essere più ambiziosi in questo senso, perché sappiamo che i combustibili fossili sono responsabili per il 75,2 per cento delle emissioni di gas a effetto serra, quelle che causano l'aumento della temperatura globale. Quindi la mia domanda è se Pag. 10stiate considerando dei piani per essere ancora più competitivi sulla produzione di energie rinnovabili. Grazie.

  PIERO FASSINO. Grazie per questa relazione molto esaustiva. Vorrei sapere in che relazione sta il progetto East-Med con il progetto TANAP-TAP, perché quest'ultimo con la realizzazione del gasdotto che dovrebbe approdare in Puglia è uno degli investimenti fondamentali su cui abbiamo investito in questi anni come Paese, con tutte le battaglie complicate per far arrivare il gasdotto in Puglia. Il problema è capire che rapporto c'è tra East-Med e l'altro progetto.
  Secondo: rispetto alle previsioni di fabbisogno che l'Italia avrà nei prossimi anni, quanto verrebbe coperto dalla realizzazione dell'East-Med, cioè in termini percentuali cosa rappresenterebbe?
  Terzo: non sfugge a nessuno che il progetto East-Med si realizzerebbe in un'area geopolitica caratterizzata da un alto livello di instabilità e di conflittualità, basti guardare la cartina geografica. Il progetto fa leva infatti su una collaborazione tra Israele e Cipro: non sfugge a nessuno che l'area da cui partirebbe questo progetto è un'area che per le vicende siriane, le vicende libanesi, la Striscia di Gaza è ad elevato livello di conflittualità, quindi come si pensa di affrontare questo tema? È chiaro che non lo risolve nessuna azienda che si occupa di energia, però, nel momento in cui ci si propone di realizzare il progetto, il problema della sicurezza e della stabilità del progetto è fondamentale; e non c'è dubbio che quella è un'area delicata, anche solo Cipro che è un'isola divisa in due, e l'altra parte è della comunità turco-cipriota, e la Turchia è direttamente interessata a TANAP-TAP. Quindi c'è una serie di problemi non semplicissimi.

  PAOLO FORMENTINI. Intanto ringrazio per la chiarezza dell'esposizione e soprattutto per la passione che è trapelata dalle parole nella difesa dell'interesse nazionale, che condividiamo appieno. Sull'East-Med c'è stata a dicembre scorso una dichiarazione del vicepremier Salvini durante la visita in Israele, che si è dichiarato assolutamente favorevole: è un progetto che va sostenuto con forza e anche velocemente. Non sfugge a nessuno che già entro marzo si doveva giungere alla firma, ma adesso i tempi sembrano prolungarsi; sono vere le osservazioni del collega Fassino, ma anche per questo è importante la presenza geopolitica del nostro Paese in quell'area, quindi massimo appoggio alla diversificazione energetica, sia delle fonti che delle rotte.
  Una curiosità: il gas liquefatto rigassificato è competitivo come costi rispetto al gas trasportato tramite gasdotti?

  PRESIDENTE. Do la parola al nostro ospite per la replica.

  MARCO MARGHERI, vice presidente esecutivo Edison S.p.A. Intanto vi ringrazio per queste domande, che mi consentono di approfondire alcuni aspetti.
  Innanzitutto, onorevole Romaniello, noi condividiamo appieno che l'asse di pivotaggio del sistema energetico non possa che essere la lotta al cambiamento climatico. Nel mondo più vasto degli Obiettivi di sostenibilità (la Presidente Grande citava la nostra politica di sostenibilità, che indirizza tutti i diciassette Sustainable Development Goals approvati dall'ONU) il compito principale del sistema energetico è di partecipare alla sfida mondiale sulla lotta al cambiamento climatico.
  L'obiettivo a cui facevo riferimento, il 50 per cento di crescita delle fonti rinnovabili, non è l'obiettivo di Edison, è l'obiettivo che il Governo ha dato all'intero settore. Edison ha un suo obiettivo, che ha pubblicato nello scorso anno, arrivare entro il 2030 al 40 per cento di presenza di fonti rinnovabili nel nostro portafoglio, e abbiamo l'ambizione di costruire le politiche di investimento necessarie a conseguirlo. Ai vostri colleghi della Commissione attività produttive la settimana ventura l'amministratore delegato di Edison parlerà del Piano energia clima e del piano di investimenti che noi intendiamo costruire.
  Se lo guardiamo da un punto di vista di sistema, c'è certamente un'equazione di Pag. 11lungo termine volta al conseguimento della sostenibilità climatica piena, quello che l'Europa chiama, nella sua long term strategy, net zero emission, dove net vuol dire non un sistema a emissioni zero, ma un sistema che produce zero impatto grazie alla combinazione tra le poche emissioni che potranno rimanere, la cattura delle emissioni e meccanismi tecnologici innovativi. Sul 2050 quindi la strada è segnata e per il 2050 il sistema dovrà godere della vasta maggioranza di produzione attraverso le fonti rinnovabili e di un contributo del gas, che resterà necessario alla tenuta del sistema in chiave flessibile, ma dovrà combinarsi in termini di gas rinnovabile, in termini di power to gas, cioè l'idrogeno, con una revisione complessiva del sistema.
  La nostra riflessione però è che si deve partire oggi, e per partire oggi dobbiamo servire un mercato, per esempio quello italiano, che ha bisogno di condizioni sicure e competitive proprio perché è un'economia manifatturiera. Dobbiamo costruire una politica adattativa nel tempo, in cui fare delle fotografie frequenti: quindi, da questo punto di vista, il processo europeo in cui si inserisce il Piano nazionale energia clima è un processo sacrosanto, perché imporrà una pianificazione con intervalli irregolari, e fare regolarmente la miglior la miglior fotografia possibile.
  Nella fotografia che facciamo oggi – che fa il Piano energia clima, non la Edison – l'obiettivo del 55 per cento di rinnovabili appare un obiettivo percorribile, ma molto ambizioso. Giusto per citare un dato, stiamo pensando di triplicare i volumi solari, l'eolico, stiamo pensando a 55 gigawatt di nuovo solare da installare in termini di spazi, e questa sarà una straordinaria sfida per il Paese. Certamente troverà Edison tra coloro che cercheranno tutte le soluzioni per massimizzare questa filiera, ma noi riteniamo che questa filiera sia proprio abilitata dalla combinazione con un sistema gas competitivo, perché la prima fotografia che dobbiamo fare è proprio quella di cogliere le opportunità che stanno più in basso.
  Cogliere l'opportunità di spiazzare il carbone nella generazione elettrica e l'olio quanto possibile nel trasporto pesante marittimo è l'opportunità essenziale per il Paese, perché non solo contribuisce all'obiettivo di riduzione delle emissioni con politiche unitarie e di grande valore, cioè non facili, ma pianificabili, ma contribuisce anche a spiazzare già oggi quei combustibili che, oltre a un impatto dal punto di vista climatico, hanno anche un impatto in termini di inquinanti locali.
  Spero di averle risposto: la soluzione dal nostro punto di vista non può prescindere da fotografie costanti in cui prendere tutte le opzioni più avanzate disponibili. Un ultimo esempio è quello della mobilità, dove la mobilità elettrica è certamente la stella polare verso cui andremo e verso cui bisogna andare (lo stiamo facendo anche noi tra tanti operatori) nel trasporto urbano. Sul fronte del trasporto pesante, che in Italia ha tante implicazioni, e del trasporto marittimo, che nel Mediterraneo ha tante implicazioni ambientali, oggi la soluzione disponibile è il gas liquefatto, non c'è una soluzione elettrica ad oggi disponibile, quindi non possiamo permetterci di non cogliere questa opportunità e di costruire delle politiche che si evolvano nel tempo.
  Onorevole Fassino, East-Med/TANAP-TAP, prima domanda. I due progetti dal nostro punto di vista hanno un primo elemento di complementarietà che è temporale: East-Med è un progetto, il TAP è un gasdotto, cioè siamo vicini a considerare il TAP (tanto che l'abbiamo inserito tra le fonti esistenti del Paese) una catena che sta già importando gas. Questa catena nasce a oltre 3 mila chilometri di distanza, a Baku, ed è costruita per poter collegare l'Italia al Caspio e a volumi potenzialmente successivi.
  L'East-Med nasce con 10 miliardi di metri cubi di prima capacità, è un'infrastruttura che potrebbe portarne 20 con grande rapidità (fondamentalmente devono cambiare pochi elementi della configurazione), li porta a ovest della Grecia per collegarsi direttamente all'Italia.
  Come dicevo, la prima complementarietà è dal punto di vista temporale, la seconda complementarietà è dal punto di vista delle fonti, perché i bacini a cui TANAP- Pag. 12TAP e East-Med fanno riferimento sono bacini diversi e tra loro non interconnessi. Quindi noi vediamo tra East-Med e TANAP-TAP una sequenzialità che non crea antinomie, anzi l'arrivo delle due infrastrutture in zone vicine permette una sinergia sull'infrastruttura di evacuazione in Italia. Vi ho detto che da clienti prospettici del TAP abbiamo osservato con attenzione il dibattito intorno a questa infrastruttura nel suo punto di atterraggio: la nostra storia con la comunità locale di Otranto è di segno molto differente, Otranto e l'atterraggio del TAP sono a 20 chilometri di distanza.
  Stiamo parlando di utilizzare sinergicamente lo sforzo che il Paese ha fatto per attivare questa dorsale e questa connessione per collegare in quella zona anche una fonte ulteriore, quindi noi vediamo certamente una sinergia che può mantenere un bilanciamento geografico in Italia delle fonti, lasciando al sud l'arrivo di volumi consistenti e competitivi.
  Per quanto riguarda i volumi le ho risposto: la configurazione di partenza è quella di 10 miliardi di metri cubi, è di qualche settimana fa la notizia di ulteriori scoperte nella zona di Cipro, non possiamo certamente escludere che nello sviluppo di questo progetto ci siano delle opportunità di incremento. L'infrastruttura oggi può essere configurata per arrivare fino a 20 miliardi di metri cubi.
  Se prendiamo la rilevanza sul parco di consumo nazionale, partiamo anche qui dal Piano energia clima così ci atteniamo a un riferimento e a una previsione governativa: se nel 2030 parliamo di 60 miliardi di metri cubi, stiamo parlando di un sesto dei consumi nazionali.
  Passiamo al tema, che lei ha molto correttamente sollevato, dell'area geografica critica. Questo è un tema addirittura qualche volta bloccante nella regione, però è anche la sfida più straordinaria dal punto di vista energetico, perché è la prima volta che una catena energetica non può formarsi in una chiave puramente bilaterale, deve includere una pluralità di soggetti. Il gasdotto è costruito (mi autodenuncio, non le do una risposta esaustiva con questo) per non passare in acque contese, è un'infrastruttura concepita per non essere un'infrastruttura di conflitto. Dopodiché è certamente naturale che anche i partner regionali debbano trovare una visione convergente sulla possibilità di avere un beneficio da questa infrastruttura. Il diritto internazionale è sempre stato rispettato nella regione (penso alle interconnessioni elettriche), garantendo la possibilità già oggi prevista di installare infrastrutture di collegamento, quindi c'è un quadro in cui lo sviluppo del gasdotto può proseguire.
  Mi lasci dire che è certamente necessario che si crei quel livello di supporto politico e di convergenza istituzionale perché un'iniziativa di questa scala non trovi un'opposizione irrinunciabile da nessuna delle parti in causa. Mi permetta solo di evidenziare che se Poseidon e East-Med si completeranno l'un l'altro, cioè se entrambe le iniziative si realizzeranno, questo consentirà all'intera regione interconnessa (saranno interconnesse la Turchia, la Grecia, la Bulgaria e la Repubblica della Macedonia del Nord, oltre all'Italia) di approfittare di queste interconnessioni per l'acquisto, con contratti virtuali o fisici, di tutte le fonti possibili: cioè in questa configurazione il gas delle fonti israeliane e cipriote attraverso la Grecia può essere anche venduto ad altri Paesi della regione. Questo in parte indirizza la necessità di cercare benefici per tutti.
  Onorevole Formentini, la ringrazio per aver ricordato il sostegno che è stato dato al progetto. Consapevoli che la politica ha un suo calendario, riteniamo però che sia importante che le istituzioni – il Parlamento certamente, il Governo e le nostre istituzioni di tutela – sostengano questo progetto e lo sostengano in un calendario possibile. Ho provato a dimostrarvi con i dati di quello che sta succedendo nei Balcani che il tempo e il calendario sono elementi rilevanti: quando nei Balcani si concludessero i percorsi di gara attualmente in corso, la rotta balcanica diventerebbe un processo difficilmente reversibile. Era un processo molto arretrato rispetto all'attività di sviluppo fatta sulla rotta verso l'Italia, ma in pochi mesi la rotta ha acquisito elementi di maggiore velocità. Pag. 13
  Aspettiamo da molti mesi di poter attivare il test di mercato, comprendiamo che ci sono scelte che hanno bisogno del loro calendario, dopodiché questo calendario purtroppo sta in un contesto competitivo che si evolve con velocità.
  Sulla competitività del GNL. C'erano storicamente delle ratio che dicevano: tot migliaia di chilometri conviene la pipeline, oltre conviene il GNL. Ma la tecnologia si evolve per tutti, l'efficienza tecnologica e realizzativa si evolve per tutti, il GNL ha acquisito nel tempo una competitività molto forte. Sono tuttavia infrastrutture (accanto a ogni catena GNL bisogna costruire le navi per portarlo) che hanno acquisito molta competitività, che restano catene dagli investimenti ingentissimi e, soprattutto ai fini di chi compra, cioè del mercato di destinazione, sono catene esposte a un mercato globale.
  È quindi molto difficile comparare un metro cubo venduto attraverso una pipeline e un metro cubo venduto attraverso una catena di GNL nel tempo. Possiamo compararlo oggi, possiamo vedere oggi quali sono i differenziali, possiamo provare a stabilire quale sarà il differenziale nell'anno Y, ma dobbiamo sapere che la competitività di una catena di GNL nel lungo periodo dipenderà invariabilmente dalle condizioni dei sistemi energetici di tutti i Paesi consumatori.
  Le politiche cinesi, le politiche giapponesi, le politiche coreane influiranno sui prezzi mondiali del GNL con un livello di concorrenza che incorporeremmo se il nostro prezzo del gas fosse esposto integralmente. Naturalmente non è così perché, come abbiamo visto, in Italia il sistema gas si è costruito con un sistema sicuro, diversificato, bilanciato tra GNL e soprattutto Gas pipe. Grazie.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altre domande, ringrazio i nostri ospiti per le interessanti informazioni e per la documentazione che ci hanno consegnato, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto della seduta odierna (vedi allegato). Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.25.

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