XVIII Legislatura

III Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 4 di Mercoledì 27 novembre 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori
Formentini Paolo , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE DINAMICHE DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE E INTERESSE NAZIONALE
Formentini Paolo , Presidente ... 3 
D'Agostino Zeno , presidente dell'Autorità del sistema portuale del Mare Adriatico orientale ... 4 
Formentini Paolo , Presidente ... 10 
Suriano Simona (M5S)  ... 11 
Pettarin Guido Germano (FI)  ... 11 
Formentini Paolo , Presidente ... 12 
Comencini Vito (LEGA)  ... 12 
Formentini Paolo , Presidente ... 13 
D'Agostino Zeno , presidente dell'Autorità del sistema portuale del Mare Adriatico orientale ... 13 
Formentini Paolo , Presidente ... 17 
Ehm Yana Chiara (M5S)  ... 17 
Formentini Paolo , Presidente ... 17 
D'Agostino Zeno , presidente dell'Autorità del sistema portuale del Mare Adriatico orientale ... 17 
Formentini Paolo , Presidente ... 19

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Cambiamo!-10 Volte Meglio: Misto-C10VM;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-Centro Democratico-Radicali Italiani-+Europa: Misto-CD-RI-+E;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
PAOLO FORMENTINI

  La seduta comincia alle 8.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione sul canale della web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del dottor Zeno D'Agostino, presidente dell'Autorità del sistema portuale del Mare Adriatico orientale.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle dinamiche del commercio internazionale e l'interesse nazionale, l'audizione del dottor Zeno D'Agostino, presidente dell'Autorità del sistema portuale del Mare Adriatico orientale.
  Saluto e ringrazio per la sua disponibilità a prendere parte ai nostri lavori il dottor D'Agostino, cui do il benvenuto a nome di tutta la Commissione.
  Vorrei innanzitutto congratularmi con il nostro ospite, che il 3 novembre scorso è stato insignito con il «San Giusto d'Oro 2019», la targa speciale dell'Associazione «Giuliani nel mondo» che ogni anno premia le personalità che si sono distinte per aver dato lustro al nome della città di Trieste, in Italia e all'estero.
  Segnalo altresì alla Commissione come il porto di Trieste rientri attualmente tra i quindici porti italiani sede di un'Autorità di sistema portuale, il nuovo organismo che ha sostituito le vecchie Autorità portuali in seguito al varo del decreto legislativo n. 169 del 2016. In particolare, il porto di Trieste ospita l'Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico orientale, un ente pubblico non economico dotato di autonomia amministrativa, di bilancio e finanziaria e assoggettato alla vigilanza del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
  La connessione dell'audizione odierna con le finalità della nostra indagine conoscitiva risiede nella rilevanza crescente del porto di Trieste per i flussi commerciali internazionali che interessano il nostro Paese. Come evidenziato dal presidente D'Agostino, in una sua recente presentazione ad uso della stampa, il principale pregio del porto di Trieste infatti è la sua natura d'infrastruttura di importanza europea che guarda ai mercati dell'Europa settentrionale, centrale e orientale sfruttando i collegamenti ferroviari. Proprio queste caratteristiche hanno reso particolarmente appetibile la disponibilità di solidi approdi nel porto del capoluogo giuliano.
  Il porto di Trieste è coinvolto nella «Belt and Road Initiative», di cui potrebbe divenire uno snodo anche con l'apporto di capitali di provenienza cinese, ma lo scalo interessa anche agli americani ed è nota la circostanza che il presidente D'Agostino stia esplorando la possibilità di rafforzare, con gli opportuni contatti, la collaborazione che lega storicamente il nostro Paese agli Stati Uniti. Proprio per questo motivo sarà di particolare interesse valutare, nel corso di questa audizione, i vantaggi e le conseguenze che potranno derivare al nostro Paese dagli sviluppi ora accennati, soprattutto in termini di rilancio della competitività del porto di Trieste e di sfruttamento delle sue potenzialità, nonché degli eventuali riflessi delle scelte fatte sulla posizione internazionale dell'Italia. Pag. 4
  Do ora la parola al dottor D'Agostino per la sua relazione.

  ZENO D'AGOSTINO, presidente dell'Autorità del sistema portuale del Mare Adriatico orientale. Grazie, Presidente, della presentazione e delle congratulazioni per il «San Giusto», che mi verrà consegnato il 12 dicembre. È una bella soddisfazione, un onore, anche per un non-triestino come me.
  Partirei inquadrando la situazione del porto di Trieste, ma – come è già stato detto – oggi vale la pena parlare di un sistema portuale e non solo del porto. Questo lo dico in un'ottica anche nazionale. Oggi i nostri porti vanno considerati in questo modo. Non è solo una modifica normativa, è una modifica sostanziale delle modalità con cui i nostri sistemi portuali dialogano a livello globale, quindi lo dico per Trieste/Monfalcone – dal primo di gennaio il porto di Monfalcone dal punto di vista demaniale verrà gestito dall'Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico orientale –, ma lo dico anche per gli altri porti, perché questa è una modifica normativa che può dare dei vantaggi importanti.
  Alcuni miei colleghi hanno avuto un lavoro più duro del mio, nel senso che l'Autorità portuale di Trieste si è trasformata in Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico orientale, fondamentalmente rimanendo uguale dal punto di vista delle competenze: il porto di Trieste è rimasto il porto di Trieste, mentre altri miei colleghi hanno dovuto fondere Autorità portuali preesistenti (Napoli e Salerno, Genova e Savona, Livorno e Piombino). In tanti casi qualche mio collega ha avuto un lavoro un po’ difficile. Io dico sempre che questo ci ha agevolato nel realizzare qualcosa che secondo me è importante, che va presentato per poter capire quello che sta succedendo a Trieste, cioè il fatto che noi abbiamo declinato questa nostra nuova denominazione nell'integrazione con le piattaforme logistiche retrostanti. Quindi, a prescindere dal fatto che non si siano fusi porti precedentemente sedi di Autorità portuali – quindi si è rimasti solamente con il porto di Trieste come sede precedente di Autorità – abbiamo fatto un lavoro importante di integrazione con le piattaforme logistiche esistenti. Faccio anche su questo una sottolineatura: esistenti. Io penso che non solo in Friuli-Venezia Giulia ma anche a livello nazionale l'Italia abbia una buona dotazione dal punto di vista infrastrutturale – presenza di porti, interporti –, che possono essere utilizzati in una logica di miglior coordinamento, essendo già esistenti e spesso di proprietà pubblica. Chiaramente le Autorità e i porti sono demanio, ma nel caso di interporti in molti casi si tratta di società che sono o completamente in mano pubblica o addirittura enti pubblici economici in alcuni casi, e in altri comunque vedono una maggioranza pubblica, quindi sono dinamiche che il pubblico può governare e, pertanto, senza investire somme significative in nuove infrastrutture si può pensare di ottimizzare la presenza logistica in Italia utilizzando le Autorità di sistema portuale come soggetto di coordinamento di questi sistemi logistici, che potrebbero e possono – almeno è quello che noi stiamo cercando di fare a Trieste – mettersi insieme senza eccessivi oneri per la finanza pubblica. Questo è quello che stiamo facendo dall'agosto 2016, giorno in cui è stato riformato il sistema portuale italiano. Quindi noi oggi abbiamo un'Autorità di sistema portuale che governa il porto di Trieste, e lo faceva già in precedenza.
  Come accennavo prima, dal primo di gennaio, con un accordo con la Regione Friuli-Venezia Giulia, si procederà all'acquisizione anche della componente demaniale del porto di Monfalcone, che fino ad oggi è gestita dalla Regione. Abbiamo fatto un ulteriore passaggio su Monfalcone, una trattativa già definita per l'acquisizione dell'Azienda speciale Porti Monfalcone. In alcuni porti italiani, in assenza di Autorità portuali, le Camere di commercio hanno proceduto a creare delle società pubbliche di controllo di aree importanti dei porti. Succede a Chioggia e a Monfalcone. Noi abbiamo già definito l'acquisizione dell'Azienda speciale Porto di Monfalcone, cosa che stiamo portando avanti. Dobbiamo ancora ricevere l'assenso da parte della Corte dei conti, ma c'è un processo in atto. L'ulteriore Pag. 5 elemento importante è che, acquisendo queste aree che oggi sono in mano a un'Azienda speciale, noi procederemo poi a renderle demaniali, quindi le faremo diventare patrimonio dello Stato.
  Nel frattempo abbiamo proceduto ad aumentare la quota di partecipazione negli interporti. Abbiamo aumentato dal 6 al 22 per cento la quota all'interno dell'interporto retrostante al porto di Trieste, che è l'interporto di Fernetti. Con questa società, insieme a Friulia (la finanziaria della Regione Friuli-Venezia Giulia), stiamo procedendo all'acquisizione, anche societaria, di altre importanti infrastrutture già esistenti nel territorio regionale: in primo luogo, l'Interporto di Cervignano e, in secondo luogo, stiamo valutando, insieme al Comune di Gorizia, la partecipazione societaria nella SDAG, che è un'importante infrastruttura intermodale, non solo logistica, di confine (sloveno e italiano). Quindi anche questo è un ulteriore tassello che entrerà all'interno del coordinamento dell'Autorità di sistema portuale.
  Ulteriore elemento importante che non è stato citato – secondo me, invece, in una Commissione come questa va menzionato – è il porto franco internazionale di Trieste. Noi nel giugno 2017 abbiamo ottenuto un decreto interministeriale (Ministero dell'Economia e finanze e Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti), a firma dei ministri Delrio e Padoan, che ha colmato una lacuna normativa relativa alla legge di riforma n. 84 del 1994, che prevedeva, all'articolo 6, comma 12, l'emanazione di un decreto attuativo per la gestione amministrativa dei punti franchi del porto di Trieste. Ventitré anni dopo, nel 2017, siamo arrivati a colmare questa lacuna. Nel frattempo la riforma del 2016 ha modificato quell'articolo 6, comma 12, aggiungendo – secondo la legge originaria doveva essere solamente un decreto del vecchio Ministero dei Lavori pubblici, quindi del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti –, secondo me giustamente, la presenza del Ministero dell'Economia e delle finanze. Si tratta di elementi collegati alle dogane, quindi chiaramente non poteva essere solamente un decreto del Ministro dei Trasporti a intervenire su questa materia. Con questo decreto – lo sintetizzo – non si è definito nulla di più dal punto di vista dei benefici che il porto franco dà alle imprese che lo utilizzano, ma si è definita la componente amministrativa. Prima di questo decreto non era chiaro chi fosse il gestore dei punti franchi del porto di Trieste, oggi si sa: è il presidente dell'Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico orientale. Quindi tra le varie competenze dell’Authority oggi c'è anche la gestione di questi punti franchi.
  Il porto di Trieste è tutto porto franco, questo significa che le merci vi entrano e chiaramente, finché sono in porto franco, non sono ancora entrate nel mercato comunitario, quindi non sono soggette a IVA, dazi e accise. Ci sono poi tutta una serie di ulteriori benefici.
  L'altro elemento utile a definire il quadro è che il porto franco esiste da trecento anni – quest'anno festeggiamo con un francobollo che verrà emanato il 13 dicembre –, dall'emanazione di un decreto di Carlo VI, sotto l'impero asburgico. Da allora tutte le autorità che si sono succedute nel governo della città hanno confermato la presenza del porto franco. Da ultimo, nel 1954, il Governo italiano, allorché, con un trattato internazionale (il Memorandum di Londra), ratifica la fine dell'esperienza del territorio libero di Trieste, che era sotto il controllo di Stati Uniti e Gran Bretagna, e subentra nel governo della città con l'onere di rispettare quel trattato internazionale, precedente all'ingresso dell'Italia nell'Unione europea. Nel momento in cui l'Italia è entrata nell'Unione europea – allora CECA – ha dichiarato, infatti, di rispettare i trattati internazionali sottoscritti in precedenza.
  Questo dà l'idea del perché oggi Trieste è fondamentale per la fornitura energetica di Germania, Austria e Repubblica Ceca. Il porto di Trieste è il primo porto petrolifero del Mediterraneo: passano 43 milioni tonnellate di petrolio all'anno, il secondo porto è Marsiglia con circa 42 milioni. Passano da Trieste perché dalla città parte un oleodotto che fornisce il 100 per cento del petrolio che va in Baviera. Quindi la Baviera Pag. 6 come potenza economica si basa totalmente sulla fornitura di petrolio che passa dal porto di Trieste. Un oleodotto di 780 chilometri che da Trieste arriva ad Ingolstadt. Questo è un oleodotto costruito nel 1967, quindi ha compiuto un paio d'anni fa cinquant'anni. Con lo stesso oleodotto noi forniamo il 90 per cento del petrolio all'Austria e il 40 per cento del petrolio alla Repubblica Ceca. Quindi siamo fondamentali per questi Paesi dal punto di vista energetico.
  Considerate che l'IVA su queste forniture viene riscossa nel Paese che consuma il petrolio, che passa attraverso il porto di Trieste e, mediante l'oleodotto, finisce per essere raffinato in Germania, Austria e in Repubblica Ceca. Quindi ci sono miliardi di euro di IVA che finiscono nelle casse tedesche, austriache e ceche, perché questo prodotto viene consumato in quei Paesi. Lo dico perché le leggi si possono anche cambiare, miliardi di euro che passano dal porto di Trieste – sotto il nostro «naso» –, per quanto mi riguarda fanno piacere, però il Governo italiano secondo me dovrebbe sapere che ci sono miliardi di euro che passano e finiscono nelle casse di Paesi partner all'interno dell'Unione europea, ed è un elemento utile per capire l'importanza del porto di Trieste, a prescindere dalle classiche analisi che finiscono sempre sul settore container. Ci sono elementi importantissimi che oggi sono governati attraverso il porto di Trieste, e che riguardano le relazioni con questi Paesi.
  Quel modello diventa il punto di riferimento anche per le altre tipologie. Questo è l'obiettivo che mi sono dato arrivando a Trieste nel febbraio 2015. Se noi siamo efficienti e competitivi nel rifornire la Germania, l'Austria e la Repubblica Ceca con il petrolio, è chiaro che noi possiamo utilizzare, con altre modalità, il porto di Trieste per diventare un porto finalmente di riferimento per aree continentali europee che oggi sono servite – sempre meno – dai porti del Nord Europa. Quindi è iniziato un processo di utilizzo, anche in quel caso, di infrastrutture esistenti: nel caso specifico le infrastrutture ferroviarie. Il porto di Trieste è ben dotato da questo punto di vista, ci sono quattro stazioni ferroviarie. Un altro elemento importante è che la ferrovia entra nel porto di Trieste non toccando la città. Esiste un tunnel ferroviario di otto chilometri, costruito tra il 1961 e il 1981, che permette ai treni di entrare senza alcun problema dal punto di vista di capacità, dal punto di vista di sagoma – di altezza – dei treni. Problemi che invece hanno altri porti. Quindi noi dal 2015 in poi abbiamo visto una crescita fortissima del traffico ferroviario. Registravamo meno di cinquemila treni nel 2014, quest'anno chiuderemo a circa 10.500 treni. Vuol dire che in quattro anni abbiamo raddoppiato il numero dei treni merci. Questo lo dico perché è un caso eccezionale anche a livello europeo. Non esiste nessun luogo in Europa che abbia avuto una crescita dei treni merci paragonabile a quella che sta vivendo il porto di Trieste negli ultimi cinque anni. Amburgo, Duisburg e tutti quei soggetti importanti in Europa per lo sviluppo ferroviario non hanno lo sviluppo che ha avuto la ferrovia per il porto di Trieste.
  Aggiungo un altro elemento. Nel porto di Rotterdam oggi operano circa duecentocinquanta treni intermodali a settimana: sono quelli che noi registriamo in un solo giorno al porto di Trieste. Rotterdam chiaramente utilizza altre modalità di inoltro delle merci, ad esempio le chiatte, e quindi tutto il sistema di vie fluviali che permette all'Olanda di rifornire le regioni di lingua tedesca. Questo è un elemento importante per introdurre temi che immagino siano di interesse della Commissione.
  A prescindere da quelli che sono gli interessi internazionali sul porto di Trieste, l'elemento fondamentale che secondo me va analizzato è quello che sta succedendo – torno a dire, a prescindere dagli interessi, quindi da elementi esogeni – nel vecchio continente, dove ci sono elementi endogeni che cominciano a dare una serie di vantaggi ai porti sulle coste meridionali dell'Europa, Mediterraneo, Adriatico in particolare, quindi chiaramente Trieste. Uno di questi elementi, per esempio, è il cambiamento climatico. Si parla spesso del fatto che i cambiamenti climatici stanno permettendo l'inoltro delle merci o comunque un Pag. 7corridoio Asia-Europa, Estremo Oriente-Europa attraverso passaggi a nord apertisi grazie allo scioglimento dei ghiacci. Oggi noi abbiamo fenomeni emergenziali che ci fanno capire che abbiamo problemi di innalzamento delle acque. Non è la stessa cosa a livello di porti del Nord Europa. Negli ultimi due o tre anni i porti nordeuropei hanno evidenziato numerosi problemi nell'inoltro delle merci attraverso le vie fluviali. Il porto di Rotterdam negli ultimi due anni ha vissuto delle estati molto critiche, perché non ha più la capacità di inoltro di merci che aveva in passato. Il porto di Amburgo si trova a cento chilometri dal mare, non è un porto sul mare, con problemi importanti di pescaggio, di dragaggio, nonché di navigabilità delle grandi navi.
  Io sono anche vicepresidente di ESPO (l'Associazione europea dei porti) in rappresentanza dei porti del Sud Europa, quindi parlo anche in questa veste a Bruxelles: in questo momento il Sud Europa e il Mediterraneo hanno tutta una serie di elementi di vantaggio, che chiaramente devono essere sfruttati. Ecco perché tutto questo grandissimo investimento sulla ferrovia.
  Noi oggi abbiamo un progetto importante («Trihub») insieme a RFI, che prevede investimenti su un sistema fatto di tre elementi: Trieste, Villa Opicina – un'immensa stazione a cavallo tra Slovenia e Italia, a pochi chilometri dal porto di Trieste – e Cervignano, grandissimo scalo ferroviario di proprietà di RFI. Anche queste sono piattaforme esistenti su cui si può basare la capacità del sistema di essere un hub logistico, un gateway per l'Europa.
  Altro elemento che mi permetto di presentare è il fatto che l'Adriatico e Trieste sono di fronte al canale di Suez. Io ho lavorato in passato in altri porti, in altri mari: ho lavorato a Napoli, sul Tirreno; è chiaro che i porti del Tirreno sono molto più funzionali a logiche di integrazione tra il Mediterraneo, l'Italia e l'Occidente del mondo. Chi sta in Adriatico ha un corridoio che gli dà la possibilità di entrare direttamente sul canale di Suez, quindi è normale che i mercati di riferimento, per chi sta in Adriatico, siano quelli dell'Estremo Oriente. Se poi emergono dinamiche per cui si sviluppano logiche di integrazione con queste parti del mondo, è chiaro che la geografia non è un'opinione. Quindi noi abbiamo tutta una serie di elementi importanti, anche una vocazione geografica che è, da una parte, di dialogo con il canale di Suez e con tutto ciò che sta oltre il canale di Suez; dall'altra parte, con il vecchio bacino di riferimento del porto di Trieste, per cui questo porto è nato trecento anni fa, ovvero i Paesi che rientrano nell'area del vecchio impero austro-ungarico o: Germania, Austria, Ungheria.
  Negli ultimi tempi abbiamo sottoscritto una serie di accordi: quelli che ci hanno fatto finire alla ribalta delle cronache sono quelli con la Cina. Per quanto ci riguarda, a prescindere dagli accordi nazionali, che non sono competenza del sottoscritto, a marzo di quest'anno abbiamo sottoscritto un accordo con China Communications Construction Company (CCCC), che tuttavia – ci tengo a sottolinearlo – non nasce per iniziativa della singola Autorità di sistema portuale o del singolo presidente nelle sue relazioni internazionali: quell'accordo prevede tre punti, ma la vera genesi di quell'accordo non è triestina, mi verrebbe da dire non è neanche romana, ma va collocata a Bruxelles. Esiste un unico soggetto deputato a mantenere le relazioni tra Europa e Cina relativamente al dialogo sui potenziali investimenti che l'Europa può fare in Cina e viceversa: questo soggetto si chiama EU-China Connectivity Platform, con sede a Bruxelles, a cui partecipano tutti i Paesi membri dell'Unione europea. A questo tavolo di coordinamento e di dialogo, governato e coordinato da Bruxelles, ognuno dei Paesi porta potenziali investimenti che la Cina può fare sul suo territorio. A luglio del 2018, per la prima volta, vengono presentati ufficialmente due progetti da parte del Governo italiano: uno è la diga foranea del porto di Genova; il secondo è il progetto «Trihub», di cui ho parlato prima. Ci tengo a dire che «Trihub» è fondamentalmente un progetto che segue dinamiche e obiettivi sviluppati a livello locale: non viene costruito perché qualcun altro ci deve investire. Fondamentalmente il progetto Pag. 8«Trihub», con un investimento di circa 200 milioni di euro, prevede una lista di interventi infrastrutturali sui tre nodi ferroviari di Cervignano, Trieste e Villa Opicina dove, proprio per la natura delle infrastrutture coinvolte, non può che essere il soggetto pubblico a effettuare l'investimento stesso, almeno per il 90 per cento della spesa complessiva. Quindi non si può pensare che esista un soggetto diverso da RFI che vada a investire sui binari pubblici che esistono in Italia. In «Trihub» buona parte di quei progetti hanno questa caratteristica. Faccio un esempio. Dicevo prima che «Trihub» è fatto di tre nodi, Trieste, Villa Opicina e Cervignano: noi stiamo riaprendo – dico noi nel senso che sono progetti condivisi, ma è RFI – una linea ferroviaria chiusa (la Transalpina), che mette in connessione diretta il porto di Trieste con Villa Opicina. Quella linea esiste, non era più utilizzata, chiaramente ha dei limiti per esempio dal punto di vista delle altezze: noi non possiamo pensare di mettere su quella linea treni – che noi utilizziamo tantissimo – dove mettiamo i semirimorchi, perché raggiungono un'altezza di circa quattro metri e quella linea non ha la capacità di sagoma per treni di quel tipo. Però può sostenere treni container. E siccome noi oggi utilizziamo costantemente questi treni – che mettono in connessione Trieste con il Belgio, il Lussemburgo, la Germania, l'Austria, la Repubblica ceca, la Slovacchia e l'Ungheria – siamo l'unico porto italiano che ha questo network intermodale: il porto è un porto europeo, di proprietà italiana ma di dignità europea dal punto di vista del bacino di mercato. Quei treni vanno dappertutto, quasi tutti – il 95 per cento – passano per il valico di Tarvisio, ma avendo a disposizione un valico vicinissimo (Villa Opicina), la riapertura di questa linea ci permette di avere ulteriore capacità dal punto di vista ferroviario, e soprattutto di minimizzare anche il rischio. Voi capite che se tutti i treni passano per un'unica linea, basta quello che sta succedendo in questi giorni, una frana, e abbiamo il porto bloccato. Quindi l'apertura di nuovi canali ferroviari ci permette anche di ridurre il rischio e di non essere dipendenti da infrastrutture che possono subire danni, come sta succedendo proprio in questi giorni sul valico di Tarvisio.
  Quindi «Trihub» è il primo progetto che Trieste, insieme a RFI propone al Governo italiano, il quale lo propone a Bruxelles, che lo deve valutare; siamo andati più volte a presentare gli interventi previsti. Una parte di quel progetto può essere oggetto di investimenti di soggetti terzi rispetto a RFI o all'Autorità portuale o al Governo italiano. Bruxelles per la prima volta ha proposto questo progetto al Governo cinese nel luglio del 2018, in una riunione dell’EU-China Connectivity Platform, insieme ad altri progetti. Non c'è solo l'Italia, non c'è solo Trieste: c'erano anche Genova e tanti altri. In una successiva riunione, circa un anno fa (20-21 novembre 2018), i cinesi ritornano a Bruxelles e indicano i progetti di loro interesse, tra i quali c'è anche «Trihub». A quel punto, dopo che Bruxelles ha gestito tutta la relazione con la Cina, la CCCC, che siede a fianco del Governo cinese in queste trattative, viene da noi. Noi siamo vigilati dal Ministero, quindi abbiamo la facoltà di poter iniziare un dialogo con i cinesi. Questo lo dico perché ho sentito di tutto e di più, ma per quanto mi riguarda la trattativa su ciò deve essere realizzato nel porto di Trieste in termini di investimenti in infrastruttura ferroviaria, che è l'unico elemento gestito direttamente dall'Autorità di sistema, ha rispettato tutte le garanzie procedurali nel contesto del rapporto Trieste-Roma-Bruxelles-Pechino. Questo è stato l’iter con cui è stata presentato questo progetto. Lo dico perché mi stupisco di alcune dichiarazioni delle autorità di Bruxelles, non certo di Roma, che sembrano quasi alludere che certe dinamiche avvengano senza che ne sappia nulla, e qualche Paese va ad additare l'Italia come se ci muovessimo al di fuori di determinate regole, quando invece l'Italia ha rispettate tutte le procedure, al contrario di qualcun altro. Su questo punto non voglio lasciare spazio ad equivoci.
  Il secondo elemento è stato che, aperto il dialogo con CCCC, proprio perché io sono un manager che gestisce la cosa pubblica – e neanche sotto l'autorità dei soggetti locali, Pag. 9ma sotto quella del Governo italiano – il primo interesse del sottoscritto è l'interesse nazionale, quindi la prima domanda che è stata fatta a CCCC è stata «Siccome noi oggi abbiamo potenzialità importantissime con un porto di riferimento per l'Europa orientale, quali sono i progetti che tu stai realizzando in quella parte d'Europa? Noi come porto di Trieste potremmo essere interessati a essere parte di questo sviluppo». Lo dico perché l'Autorità di sistema in questo momento sta operando con un dinamismo unico in una serie di direzioni, al di fuori del contesto nazionale. Noi oggi stiamo dialogando con una serie di soggetti per diventare partner di sviluppo infrastrutturale, di piattaforme logistiche al di fuori dell'ambito nazionale. Mi permetto di dire che è probabilmente una cosa unica, anche nuova, però la ritengo fondamentale. Se si vuole essere forti a livello locale, è chiaro che bisogna essere punti di riferimento anche in contesti internazionali. Non sto facendo nulla di originale, è quello che fa Rotterdam, o Duisburg, o tanti altri soggetti da svariati anni. Cerchiamo finalmente di applicarlo anche in Italia.
  Le autorità cinesi, dunque, ci sottopongono una serie di progetti che stanno sviluppando. Io non sono interessato a sviluppare autostrade, progetti che loro stanno facendo in giro per l'Europa orientale. Ci propongono invece, ed è diventato parte dell'accordo di marzo, lo sviluppo di una piattaforma logistica ferroviaria a Košice, in Slovacchia. Košice è importante perché è uno dei pochi punti nell'Europa orientale in cui vi è la modifica dello scartamento del binario ex sovietico rispetto all'Europa. Voi sapete che la ferrovia tra Europa occidentale e Unione sovietica ha delle differenze di scartamento, e ci sono alcuni luoghi nell'Europa orientale in cui c'è questo cambio di scartamento: Košice è uno di questi; ed è fondamentale perché, in una logica di investimento logistico, lì comunque il treno si deve fermare, deve cambiare locomotore, in alcuni casi addirittura il treno viene passato su carrozze diverse, quindi c'è una rottura di carico che è chiaramente il presupposto per poter fare anche attività di altro tipo. Quindi noi abbiamo detto a CCCC, che ha trasmesso al Governo slovacco questa nostra esigenza, che possiamo essere interessati allo sviluppo di una piattaforma in quell'area. Ci ha contattato successivamente il Governo slovacco, il loro advisorDeloitte – che sta facendo il piano industriale di quell'investimento, e noi siamo parte in questo momento dello sviluppo del piano industriale.
  Il terzo elemento per la totale reciprocità dei rapporti tra noi e i cinesi è stato quello di dire che cosa possiamo fare in Cina. Qui subentra anche il tema del porto franco, perché esso è sempre stato visto, anche giustamente, come un ottimo elemento per favorire i traffici in entrata nel Paese e nell'Unione europea. Quindi, a prescindere dal fatto che in porto franco a Trieste si possano fare attività manifatturiere e quant'altro, si parla sempre di flussi in entrata. Quello che abbiamo studiato nell'ultimo periodo – noi come porto di Trieste, attraverso un apposito staff, elaboriamo e partecipiamo a venticinque progetti europei: ce n'era uno solo quattro anni fa – è come utilizzare il porto franco per l’export, perché capisco che il tema del porto franco è molto delicato; lo diventa ancora di più se è funzionale solamente a traffici in entrata piuttosto che a traffici in uscita. Quindi abbiamo verificato come invece il porto franco può essere utilissimo per l’export italiano, quindi più funzionale al nostro sistema produttivo piuttosto che a quello di altri Paesi che vogliono esportare in Italia o in Europa.
  A questo punto ci manca un ulteriore tassello. Noi oggi, per esempio, stiamo dialogando con aziende vinicole, perché può essere interessante per l’export del vino posizionare le proprie cantine, o anche i propri magazzini, all'interno del porto franco. Potrebbe dare dei vantaggi interessanti dal punto di vista economico a chi produce vino, ma a chiunque poi produca beni in esportazione. Siamo partiti con la filiera del vino, perché è quella più rilevante e diventa un test per tutte le altre.
  Con i cinesi che cosa abbiamo discusso? Il fatto che noi abbiamo un gap dal punto di vista economico e produttivo in Italia. Siamo molto bravi a produrre dei beni, Pag. 10mentre non è nelle nostre corde la capacità di sviluppo di catene logistiche e funzionali alle esportazioni di questi beni. Per esempio non abbiamo alcun tipo di campione nazionale significativo dal punto di vista della grande distribuzione. Mentre questo per esempio è uno degli elementi di forza dei francesi. I francesi hanno la grande distribuzione che è forte sia a livello nazionale sia internazionale – Carrefour e Auchan sono marchi che conosciamo tutti – quindi questo permette loro di portare i loro prodotti in giro per il mondo in maniera molto più competitiva della nostra. Anche se magari il nostro prodotto è migliore del loro.
  Uno degli elementi analizzati è che, mentre a livello globale Italia e Francia si giocano la prima e la seconda posizione in tutto il mondo nella vendita del vino, questo non avviene in Cina. In Cina noi siamo al decimo posto. I francesi erano al primo fino a qualche settimana fa, adesso sono stati superati dagli australiani. Quindi noi vendiamo in Cina un decimo del vino che vendono i francesi, perché non abbiamo avuto fino ad oggi la capacità di entrare sulla grande distribuzione. I francesi lo fanno direttamente. L'idea che ci è venuta, dialogando con CCCC, è quella di realizzare questo tipo di progetto integrandoci con la grande distribuzione cinese, che in questo momento significa sia vendita off line, quindi grande distribuzione tradizionale, sia vendita on line. Questo è il patto – non scritto – che sta dietro al terzo elemento che abbiamo firmato a marzo, che ha avuto sviluppi qualche settimana fa a Shanghai, con la firma di un ulteriore accordo alla presenza del Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Di Maio.
  Io sono stato in Cina a fine giugno, abbiamo individuato due aree su cui CCCC è disponibile a investire per creare delle piattaforme di importazione di beni italiani. Ci tengo a sottolineare che quei beni non devono per forza partire dal porto di Trieste: sono beni italiani, possono partire da qualsiasi porto. Il tema è, però, che il porto di Trieste, l'Autorità di sistema si è data, dopo questa firma di Shanghai di qualche settimana fa, l'obiettivo di sviluppare con CCCC un progetto che non implica nulla dal punto di vista contrattuale, dal punto di vista del vincolo, delle obbligazioni. Questo ci tengo a dirlo: nessun atto firmato dal sottoscritto va oltre le vigenti previsioni di legge. Io non posso fare contratti con nessuno – mi riferisco a soggetti privati –, e qualsiasi società, anche di Stato, cinese, nel nostro Paese è un soggetto privato, a prescindere dalla sua proprietà, per cui non ha alcun tipo di diritto rispetto agli altri soggetti. Quindi nessun vincolo contrattuale, nessun obbligo è stato mai sottoscritto – ci mancherebbe altro – da parte dell'Autorità di sistema. Men che meno in questi nuovi accordi, dove però ci siamo detti, visto che c'è la volontà da parte loro di investire, di agevolare le esportazioni: partiamo con il tema del vino e cerchiamo di capire in pochi mesi che cosa significa creare e sviluppare un piano industriale che preveda su queste due aree lo sviluppo di tali iniziative.
  Ci sono altre trattative in corso per diventare partner di altre piattaforme logistiche intermodali – la componente ferroviaria per noi è importante – in Europa: le stiamo facendo con l'Austria, con la Germania e con l'Ungheria. L'Ungheria è un altro dei temi importanti: è diventato il primo mercato del nostro terminal container dal punto vista ferroviario. Quattro anni fa il mercato ungherese non esisteva. Si è partiti con due coppie di treni a settimana, oggi registriamo due coppie di treni al giorno con Budapest, il che significa due treni che vanno e due treni che tornano, pieni sia all'andata sia al ritorno. Budapest è il caso esemplare per far capire come, un po’ alla volta, il traffico che passava dai porti del Nord Europa, da Amburgo in particolare, oggi passa attraverso il porto di Trieste.
  Mi fermo qui, perché penso ci siano domande.

  PRESIDENTE. Adesso darei la parola alla relatrice di questa indagine conoscitiva, la collega Suriano, che è anche colei che ha suggerito questa audizione.

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  SIMONA SURIANO. Grazie, presidente. Ringrazio per la spiegazione esaustiva di come è organizzato il porto di Trieste. Trovo che aiuti a comprendere perché Trieste è diventato il focus di questo interesse anche da parte della Cina.
  Io ho chiesto il suo intervento perché sappiamo tutti – è cronaca giornaliera – che Trieste e Genova sono i due poli di interesse della «Belt and road Initiative», quindi ci tenevo che illustrasse a tutta la Commissione il motivo. E mi sembra abbastanza chiaro.
  Ho una curiosità: in che cosa la Cina – per essere precisi, la CCC – sta investendo? Qual è la parte del progetto di cui la Cina si prenderà carico e finanzierà? E ancora: in base alla sua esperienza, l'organizzazione del porto di Trieste è un unicum in Italia o qualcosa di simile esiste già in altre parti d'Italia? In altre parole: è un'esperienza replicabile, oppure è una peculiarità di Trieste?

  GUIDO GERMANO PETTARIN. Grazie. Intanto saluto il dottor D'Agostino, sono molto contento che sia qui oggi, che sia stato chiamato per questa indagine conoscitiva, perché una delle cose importanti è che di queste cose non sa niente nessuno. Di conseguenza, quanto più è possibile diffondere questa conoscenza, tanto meglio è.
  Io sono convinto che ci sarà un sunto dell'intervento del dottor D'Agostino. Ringrazio la Commissione esteri per questo. Chiedo, se possibile, che la Commissione esteri coinvolga un po’ di più la Commissione affari europei, perché, se io per caso non avessi parlato con il collega Osvaldo Napoli, non avrei mai saputo che stamani c'era il dottor D'Agostino in audizione, quindi non sarei stato presente, mentre invece credo che queste tematiche siano essenziali. E il fatto che siamo presenti in pochi non depone certamente a favore dell'interesse verso queste tematiche: dovremmo forse fare queste riunioni e mezzogiorno, non alle otto e mezza di mattina, o forse alle sedici, per fare in modo che più deputati possano approfondire questi temi. Inoltre, io spererei – e mi appello per questo al presidente Formentini – che lo speech che lo stesso presidente ha svolto e la memoria che il dottor D'Agostino ci lascerà possano essere riprodotti e consegnati una copia a tutti i nostri 629 colleghi, perché di queste cose nessuno sa nulla.
  Qua il tema importante non è la Cina: il tema importante è come si muove l'Autorità di sistema portuale. Il fatto che Trieste sia il centro dell'Adriatico non è un caso: l'origine storica del porto di Trieste è la matrice di ciò che il dottor D'Agostino ci ha detto. Il canale di Suez è nato a Trieste. Un signore che si chiamava Revoltella, da Trieste, una bella mattina ha deciso di progettare il canale di Suez. Qualcuno – e il dottor D'Agostino è uno dei pochi che l'ha fatto – si deve chiedere il perché. Perché da Trieste? Ma i triestini che cosa ci azzeccavano con il canale di Suez? E soprattutto come mai la prima sede dell'Ammiragliato britannico esterna al Regno Unito è stato istituita a Trieste? Quando abbiamo cominciato a darci queste risposte, capiamo ciò che il dottor D'Agostino ha evidenziato.
  Non scendo in dettagli, perché conosciamo purtroppo in pochi queste situazioni; sappiamo come il dottor D'Agostino è riuscito a mettere in moto un sistema. Un sistema che però – ed è questo il tema – io sono convinto che debba essere preso ad esempio per quanto riguarda le attività che, a livello nazionale, i nostri porti possono fare.
  Continuiamo a dire di essere la portaerei nel Mediterraneo, di avere migliaia di chilometri di costa: sarà anche vero, però non mi pare che i nostri porti, tranne Trieste, in questo momento abbiano quel successo strepitoso che dovrebbero avere. Quindi, come ha detto il dottor D'Agostino, non servono investimenti particolari, ciò che serve prima di tutto è coordinare quello che già c'è. In giro per il Friuli-Venezia Giulia avevamo una serie di impianti infrastrutturali e logistici che si sono sviluppati negli ultimi cinquant'anni, senza colloquiare gli uni con gli altri. Per chi non lo conoscesse, l'interporto ferroviario di Cervignano del Friuli è stato realizzato con trent'anni d'anticipo: per venticinque anni non ha operato. Per fortuna è stato fatto, perché ha dato la possibilità al dottor D'Agostino Pag. 12 e all'Autorità di sistema portuale di riuscire a coordinare questo tipo di attività e di metterlo a fattor comune con una serie di altre infrastrutture logistiche estremamente importanti. Mi fermo qui per quanto riguarda la parte locale.
  Solamente una domanda al dottor D'Agostino. Il fatto che Vrtojba sia attaccata alla SDAG ci darà la possibilità di sfruttare anche questa parte di territorio, quindi il Gruppo europeo di cooperazione territoriale di Gorizia, Nova Gorica e Šempeter-Vrtojba e, in questo ambito, la zona europea di sviluppo economico, con la particolarità che la Slovenia ha e che si potrebbe mettere a disposizione?
  Altro punto assolutamente importante: la strutturazione delle alternative delle linee ferroviarie. L'Austria-Ungheria nel 1914 aveva organizzato su Trieste tre linee ferroviarie che concedevano la possibilità di arrivare nel centro Europa. Le stiamo usando a cento anni di distanza; a fronte di questo tipo di tema, quindi, come riusciamo a sviluppare ulteriormente – se possibile – il fatto che Trieste non è solamente l’hub per quanto riguarda la portualità adriatica, ma è un hub per la portualità adriatica molto più vasta, che coinvolge la Slovenia e la Croazia? In questo contesto, i rapporti con Koper, piuttosto che non con Fiume, che tipo di sviluppi possono avere?
  Mi permetto di lanciare un sasso, perché io credo che il Montenegro sia molto più vicino di quello che sembra: il Cattaro, in questo quadro, che importanza ha sulle nostre dinamiche? E in questo contesto, il fatto che l'Unione europea stia facendo una figura barbina rispetto al blocco delle procedure di allargamento dell'Unione europea ai Balcani occidentali, come sta impedendo all'Autorità portuale di Trieste di riuscire a sviluppare ulteriormente questo tema?
  Ultimo elemento, che mi rendo conto essere molto difficile: i suoi colleghi, dottor D'Agostino, gli altri responsabili dell'Autorità di sistema portuale stanno capendo che Trieste è un esempio? Stanno procedendo sulla strada che Trieste sta delineando? Genova, che ha la disgrazia di avere un retroterra con infrastrutture ben diverse da quelle che caratterizzano il Friuli-Venezia Giulia, come si sta muovendo rispetto a questo tipo di tematica? Il collegamento ferroviario che da tempo RFI, in collaborazione con voi, sta pensando di poter allungare per arrivare fino a Genova, sta procedendo in qualche modo o siamo di fronte a un momento di grandissima difficoltà dopo la tragica vicenda del ponte Morandi, che sta mettendo Genova fuorigioco?
  Mi rendo conto che le tematiche sono ponderose, dovremmo stare qui i prossimi quindici giorni per approfondirle, ma credo che questo possa essere l'inizio di un'attività estremamente importante, e mi appello nuovamente al presidente Formentini perché possa essere di esempio per tutti quanti.

  PRESIDENTE. Grazie per l'intervento appassionato. Ovviamente abbiamo ben presente il problema della massima collaborazione con la Commissione politiche dell'UE, questa però è un'indagine conoscitiva della III Commissione, quindi riguarda esclusivamente questo consesso. Ci sarà il resoconto stenografico, però vedremo – se possibile – di raccogliere anche i suoi suggerimenti.
  Collega Comencini, prego.

  VITO COMENCINI. Grazie, Presidente. Anch'io ringrazio il dottor D'Agostino per questa interessantissima illustrazione del grande lavoro e dell'importante ruolo ricoperto da questa Autorità, effettivamente poco conosciuta. È molto interessante ragionare su quello che è stato detto rispetto all'eredità di trecento anni fa – veramente tanti, ma anche pochi, da un certo punto di vista –, ovvero rispetto a quello che ci ha lasciato l'Impero asburgico.
  Vorrei chiedere dei dettagli su alcune questioni. Lei ha spiegato le difficoltà dei porti del Nord Europa, Rotterdam per le vie fluviali e quant'altro: Le chiederei di spiegare sommariamente perché hanno queste difficoltà. Lo scioglimento dei ghiacci dovrebbe facilitare la navigabilità delle vie d'acqua. È una cosa che riguarderebbe più Pag. 13l'ambiente, però ne approfitto perché è sicuramente interessante.
  Ha parlato degli sviluppi infrastrutturali e degli investimenti che si possono fare nel contesto europeo, rispetto al quale ci sono importanti interessi: vorrei capire se ci sono anche degli investimenti sul Danubio, che è vicino e credo possa essere una via di comunicazione interessante per lo sviluppo del mercato.
  Guardando sempre a Oriente, vorrei capire se ci sono delle conseguenze sul porto di Trieste, dirette o indirette, in seguito alle sanzioni alla Russia e alle successive contro-sanzioni, dal punto di vista dell’import e dell’export. Sempre guardando a Oriente, vorrei capire i vantaggi che possono derivare da un'eventuale pacificazione definitiva del Medio Oriente, in particolar modo della Siria. Se anche lì si possono sviluppare degli interessanti rapporti di collaborazione e di lavoro.
  Ultima cosa, guardando invece ad Occidente: se ci sono dei rapporti di collaborazione e di sviluppo con l'America del Nord, e a che punto sono eventualmente questi dialoghi, queste relazioni.

  PRESIDENTE. Do ora la parola al dottor D'Agostino per le repliche.

  ZENO D'AGOSTINO, presidente dell'Autorità del sistema portuale del Mare Adriatico orientale. Grazie, presidente. Nello specifico, mi viene chiesto cosa vuole fare CCCC. All'interno di «Trihub» c'è la possibilità di intervenire su alcuni binari presenti in una stazione che RFI ha deciso di riattivare all'interno del porto di Trieste, la stazione Aquilinia. Questa stazione è importante, perché oggi noi abbiamo il porto di Trieste che si sta sviluppando dal punto di vista infrastrutturale nella parte orientale, abbiamo un investimento di 130 milioni di euro – 100 pubblici e 30 del privato – sulla nuova piattaforma logistica che verrà ultimata nei primi mesi del 2020, quindi tutti i terminal marittimi del porto di Trieste devono essere raccordati e devono funzionare dal punto di vista ferroviario in maniera ottimale. Oggi abbiamo una stazione vera in porto a Trieste, io prima ho parlato di quattro stazioni, ma quella che regge il 100 per cento del traffico in questo momento è la stazione di Campo Marzio, su cui c'è questo nuovo investimento da parte di RFI e anche dell'Autorità portuale. L'Autorità si è indebitata per 40 milioni di euro nei confronti della Banca europea per gli investimenti per intervenire, insieme a RFI, su Campo Marzio. Aquilinia è una stazione che verrà recuperata già a partire dal 2020 (sono già previsti 17 milioni da parte di RFI): il luogo in cui arrivano i treni merci con un locomotore elettrico, si toglie l'elettrico perché finisce la rete elettrificata, partono i binari non elettrificati e il locomotore diesel porta i treni nei singoli terminal marittimi. Ad Aquilinia però si vuole sviluppare anche un terminal. Questo significa che non solo arrivano i treni per poi essere smistati sui terminal marittimi, ma si vuole fare carico e scarico dei treni su due o tre binari presenti in quella stazione. Questo è un progetto che può interessare a CCCC.
  La cosa importante è che, a prescindere dal fatto che CCCC investa e voglia fare questa cosa, la gestione sarà in capo a RFI o all'Autorità portuale. C'è l'investimento cinese, ci vogliono mettere i soldi, ritengono che sia interessante – io ancora questo non lo so, si sta valutando – ma, nel momento in cui faranno questa cosa, sarà comunque gestita dall'Autorità di sistema portuale insieme a RFI. Questo lo devono accettare, se vogliono fare questo tipo di investimento.
  L'altra cosa che è emersa, proprio negli ultimi accordi, è che per poter gestire traffici in esportazione c'è bisogno – dicono loro – di una loro presenza in alcune aree del porto di Trieste. Su questo vale la pena dire che l'Autorità di sistema dà in concessione a soggetti terzi, attraverso gare e bandi, disciplinati dalla normativa europea, e su questo mi permetto di dire che ad oggi non esiste ancora una legge che regolamenti le concessioni marittime nei porti italiani. Oggi un presidente di Autorità di sistema portuale deve andare a verificare tutta una serie di normative, che partono dal vecchio codice della navigazione; occorre tener conto anche di una serie di Pag. 14sentenze emanate dall’Antitrust e da altre autorità; esiste, inoltre, una circolare ministeriale su cui noi Autorità di sistema abbiamo adattato i nostri regolamenti per dare le concessioni all'esterno. Voi capite che questo può avere un senso per chi gestisce attività locali, ma oggi definire, trattare e gestire rapporti globali in assenza di una legge dello Stato che definisca come si danno le concessioni, soprattutto le concessioni portuali, non è un elemento di forza per quanto mi riguarda, perché può dare adito a potenziali contenziosi di qualsiasi tipo. Quindi questo è un elemento, secondo me, di apertura del nostro mondo portuale, che è fondamentale per le strategie globali del nostro Paese, però noi in questo momento dialoghiamo, sul piano globale, con potenziali investitori non avendo una legge di riferimento sulle concessioni. Diversi Governi ci hanno provato, ma non siamo mai riusciti ad arrivare a dama. Oggi abbiamo anche l'Autorità di regolazione dei trasporti che dice la sua. Quindi abbiamo tutta una serie di soggetti che intervengono, in molti casi anche a gamba tesa, sulle nostre attività, però non abbiamo una legge di riferimento. Sottolineo che noi diamo concessioni con bandi, ci colleghiamo in molti casi anche a quello che è il nuovo codice degli appalti, ma le concessioni non sono appalti, quindi noi utilizziamo quello perché la dimensione degli investimenti è paragonabile, a volte anche superiore a quella di grandi appalti, però non abbiamo una legge di riferimento. Questo è un elemento fondamentale.
  CCCC sta ragionando per posizionare una propria piattaforma all'interno del porto o nel sistema, per poter agevolare sia le merci in uscita sia quelle in entrata. Chiaramente ognuno fa i propri interessi. L'Autorità di sistema li governa, nel senso che noi dobbiamo stare attenti. Lo facciamo mettendo la buona volontà, ma devono esserci elementi che prescindono dalle persone che governano i sistemi: ci devono essere procedure che devono essere seguite, uguali per tutti.
  Mi si chiede degli altri colleghi. Gli altri colleghi sono nella stessa situazione del sottoscritto. Probabilmente in molti casi non hanno questo tipo di relazioni, ma si devono arrabattare all'interno di un mondo, dal punto di vista normativo, che ha molte lacune.
  Sull’unicum di Trieste. Trieste ha i fondali, insieme a Gioia Tauro, più profondi del Mediterraneo, i nostri sono anche naturali. Non è stata scelta a caso Trieste trecento anni fa. Nel fondale triestino abbiamo roccia e non sabbia. Da Grado in poi – Grado rimane ancora sabbiosa – inizia l'Adriatico orientale, quindi Capodistria, Fiume: sono porti importanti perché hanno fondali che non si sabbiano, quindi non hanno bisogno di manutenzioni. I nostri sono dai diciotto ai venti metri naturali, non hanno bisogno di dragaggi, e questo è un elemento fondamentale, viste anche le normative relativamente a dragaggi, condizioni ambientali e quant'altro. Questo è un elemento non banale. Ripeterlo o trovarlo in altre situazioni è abbastanza difficile.
  Sul fatto che nessuno sa niente, io vivo questo paradosso continuo di incontrare soggetti di tutto il mondo che sono interessati ad investimenti a Trieste e non trovo gli italiani. Ecco perché è utile venire a spiegare. È vero, succedono queste cose, non le sa nessuno o le sanno in pochi, e quando vengono diffuse in molti casi sono riportate in maniera sbagliata: quindi – ripeto – è utilissimo venire a raccontare. Ormai è chiaro che non si tratta solo di una componente trasportistica, di conseguenza non può essere che queste dinamiche siano sulle spalle della sola Autorità di sistema. Mi permetto di dire che, se io oggi leggo tutti i giorni che abbiamo crisi importanti dal punto di vista industriale in Italia, in cui ci sono soggetti che scappano, questo è uno dei pochi territori in cui i soggetti internazionali vogliono venire. Quindi, se devo leggere questo e vedo qual è l'interesse per certi territori dove i soggetti internazionali scappano, questo è un territorio nazionale che invece vede l'interesse e l'appetito di tanti soggetti: con tutto il rispetto, se c'è qualcuno che ci aiuta, noi siamo a disposizione, perché ci rendiamo conto da soli che questo non è un problema di Trieste, è un vantaggio, un'opportunità per tutta l'Italia e per tutta l'Europa. Quindi siamo ben Pag. 15felici, se queste dinamiche le vediamo insieme.
  C'è un tema non banale. In questo momento la Commissione europea ha avviato un'indagine per aiuti di stato in tema di fiscalità dei porti. Secondo Bruxelles le Autorità di sistema devono pagare le tasse, perché sui canoni noi non versiamo l'IVA. A prescindere dal fatto che non succederebbe nulla nei bilanci delle Autorità di sistema se noi da domani mattina dovessimo pagare l'IVA allo Stato italiano, facendo contenta Bruxelles, il tema vero – e qui invece subentrano le conseguenze a livello di dinamiche internazionali – è che noi siamo considerati impresa. Noi, siccome facciamo pagare i canoni, siamo considerati soggetto che sviluppa attività commerciale, quindi per Bruxelles dobbiamo pagare le tasse su utili, IVA e quant'altro. Ma essendo impresa, il passaggio successivo, quello su cui bisogna riflettere, in particolare il Governo, è che da domani mattina tutti i finanziamenti – a Trieste sono anche pochi, mentre mi permetto di dire che nel Mezzogiorno sono tanti – che passano da Roma e arrivano ai porti diventano automaticamente aiuti di stato. Oggi il Governo italiano finanzia i porti investendo su infrastrutture e quant'altro, da domani mattina questo non sarà più possibile. A prescindere che gli aiuti di stato vengano accettati o meno – e questo è possibile – significa che i miei colleghi domani mattina, se avranno bisogno di investimenti su Gioia Tauro, Taranto, Napoli, Livorno, Trieste, Venezia, quelli diventeranno automaticamente tutti aiuti di Stato. Il Ministro competente ci sta lavorando, ma l'Italia secondo me non si rende conto che questo tema della fiscalità dei porti, portando a questi effetti, permetterà una cosa molto semplice, che io sto dicendo da un anno e mezzo a questa parte: che, se viene un cinese e mi dice che investe i soldi del Governo di Pechino nel porto di Trieste, può farlo, mentre il Governo italiano non può! Questo è quello che succederà. Io mi trovo Bruxelles e qualcuno dice «i cinesi non devono investire», dall'altra parte però si va ad attivare una procedura di indagine approfondita, che chiaramente giungerà alla conclusione che noi dobbiamo pagare le tasse e che sono da intendersi aiuti di Stato tutti i finanziamenti che Roma vuole mettere sui propri porti. Quindi vorrà dire che Roma per mettere i soldi sui porti dovrà passare per la notifica a Bruxelles, con il rischio che l'aiuto venga certificato e quindi non autorizzato, e mi si presenta una società di Stato cinese, che utilizza soldi pubblici cinesi, e potrà investirli tranquillamente, perché il soggetto cinese viene considerato impresa privata.
  Il tema vero è che i porti sono l'anello di congiunzione di questo Paese, e di tutti i Paesi ormai, con il mondo. Le grandi città che sorgeranno da qui ai prossimi cinquant'anni in tutto il mondo sono le città sul mare: noi invece pensiamo sempre che le città sul mare – purtroppo è anche vero – sono fonte di criticità, di problemi, mentre non si capisce quanto possano essere fonte di opportunità, perché sono il vero anello di congiunzione del Paese con il mondo, e oggi in un mondo globale è chiaro che da lì passano strategie importanti. Questo significa anche che nei rapporti con Bruxelles relativamente ai porti bisogna guardare bene le situazioni. Non è solo una questione di modifica del bilancio di un'Autorità portuale: da domani mattina pago le tasse oppure no. Significa che cosa succede a un Paese che, se domani mattina considera i porti elemento strategico, non li governa perché non ci può mettere neanche un euro, perché lo decide Bruxelles. Chiudo qui questo discorso, però ce l'avevo dentro da un po’ e mi sono permesso di farlo, perché, se da una parte sono quello che sta dialogando con la Cina, con gli Stati Uniti e quant'altro, dall'altra sono anche quello che si rende conto che prima di tutto c'è l'interesse nazionale. Si dialoga con tutti sapendo bene qual è il nostro interesse, se poi questo viene pregiudicato dal fatto che diventa più semplice per un cinese investire nei nostri porti rispetto a Roma, questo è diverso da quello che penso io.
  Sulle altre questioni mi permetto di dire che forse ci agevola il fatto che l'Unione europea non arrivi in certi posti o che non ci aiuti, se devo proprio essere sincero. Io dialogo meglio con soggetti che non sono Pag. 16dentro l'Unione europea. Abbiamo ospitato il presidente del porto di Baku la settimana scorsa, e adesso faremo probabilmente una serie di cose a Baku e in Azerbaijan, perché è molto più semplice parlare con loro piuttosto che con qualcuno che deve sottostare a determinate dinamiche. E qui mi fermo. Ma lo dice il vicepresidente dell'Associazione europea. È perché sto a Bruxelles che posso dire queste cose. Mi piace l'Unione in tutti i sensi, ma su certe cose bisogna che l'Italia cominci a ragionare.
  Sui porti del Nord Europa lo vediamo tutti i giorni: è chiaro che i nostri fiumi sono in piena in questo momento, quindi c'è un problema di innalzamento, ma d'estate sono in secca. Lo stesso succede a Rotterdam: è da due estati che, utilizzando tantissimo i canali, chiatte che di solito portano duemila tonnellate sono costrette durante il mese di agosto a portare cinquecento tonnellate. Il primo anno che è successo ha portato tantissime merci sulla ferrovia. È già successo, questo è già il secondo anno in cui agosto e settembre diventano critici per loro per l'inoltro delle merci e quindi è chiaro che chi deve investire comincia a ragionare: ma che cosa succede? Se oggi questa è la situazione dei canali nel Nord Europa, quale sarà la situazione tra dieci, quindici o vent'anni? Visto che poi gli investitori devono fare ragionamenti di prospettiva. Hanno la possibilità di utilizzare i porti del Sud Europa con treni e ferrovia che funzionano, quindi a questo punto diventi molto più appetibile rispetto al passato.
  Sull'utilizzo del Danubio io mi permetto di dire che abbiamo il Po. Io so che lei è veronese, anch'io lo sono: noi abbiamo Tartaro, Fissaro e Canalbianco che è un sistema di canali che parte dall'Adriatico e arriva fino a Mantova, poi a Cremona e quant'altro; quelle sono vie che dobbiamo cominciare a pensare di poter utilizzare. Anche quelle, come Cervignano. Investimenti fatti a suo tempo, che forse non avevano ragion d'essere, e oggi permettono a Venezia e Trieste di utilizzare molto bene quelle vie per andare verso Occidente. Quindi non solo la ferrovia ma anche queste infrastrutture.
  Le sanzioni sulla Russia ci hanno bloccato tutto. Io ho sempre fatto fiere in Russia, sono sempre andato: da quando ci sono le sanzioni, la Russia è un mercato che non esiste più. Io non inizio neanche un rapporto con aziende russe, perché sappiamo di avviare qualcosa che poi si ferma. Lo stesso è successo con l'Iran. Abbiamo fatto accordi con l'Iran tre anni fa, era un potenziale mercato di ottanta milioni di persone che si apriva; Trieste, tra l'altro. su questo ha un rapporto importantissimo con la Turchia, che è la piattaforma logistica per l'Iran: è stato totalmente bloccato. Non sto lì a dire giusto o sbagliato, oggettivamente, quando arrivano delle sanzioni, è chiaro che un porto non può fare tanto. Gli effetti sono che il traffico con la Turchia in questo momento è calato del 30 per cento; ho incontrato il Viceministro dei trasporti iraniano la settimana scorsa, ma non si può far nulla con l'Iran. Quando gli Stati Uniti decidono che qualcuno non esiste, dobbiamo prendere atto della decisione, perché ci si brucia se si tocca qualcuno che è sottoposto ad embargo. Questa è la situazione.
  Il tema vero è questo. Oggi più che mai un porto deve essere in grado di definire strategie, ma di essere anche molto resiliente. Da un giorno all'altro un Paese può essere cancellato dalla geografia globale dal punto vista commerciale, noi dobbiamo essere in grado di adattarci da domani mattina e lavorare con qualcun altro.
  Sul Medio Oriente diciamo che si sta riaprendo un dialogo. Più che Medio Oriente mi verrebbe da dire che c'è un Nord Africa che sta un po’ tornando alla normalità. Lo si vede nei numeri economici e lo si vede nei traffici. Lì il Mezzogiorno può avere un ruolo importante: ce l'abbiamo di fronte l'Africa. I cinesi l'hanno scoperta, noi ce l'abbiamo davanti e non riusciamo a capire che si sta risvegliando. A prescindere dai fenomeni negativi che arrivano, ci sono tutta una serie di potenzialità importanti e noi siamo quelli più vicini a quei territori.
  Con gli Stati Uniti, per quanto riguarda i rapporti internazionali, il tema tecnologico è fondamentale. A prescindere dalla Cina, il punto di riferimento globale per la Pag. 17tecnologia rimangono gli Stati Uniti, quindi pensare che ci sia una «Via della seta», piuttosto che altre tipologie di corridoi internazionali che vedano solamente le merci e i flussi di merci come punto di riferimento, è chiaramente limitante. Oggi noi dobbiamo pensare a qualcosa di più importante, ed è chiaro che questo non possiamo che farlo solamente con gli Stati Uniti, visti i rapporti che abbiamo. Questo è, secondo me, il vero tema da affrontare con loro prima che ci arrivi qualcun altro. Su questo è importante dialogare. Poi il modello che noi stiamo cercando di applicare a Trieste è l'Autorità portuale di New York, che aveva questa visione di integrazione. L'Ambasciatore americano che abbiamo oggi in Italia è l'ex presidente dell'Autorità portuale di New York, quindi abbiamo in casa una persona che, oltre a essere il rappresentate di una potenza come gli Stati Uniti, è anche una persona che ha delle competenze incredibili dal punto di vista della portualità. Quindi penso che lì il dialogo sia fondamentale. Nel caso di Trieste ancora di più, perché sono i garanti del trattato di pace che ha dato origine ai benefici del porto franco. Quindi ancora più importanti per lo sviluppo del nostro porto.

  PRESIDENTE. La parola alla collega Ehm.

  YANA CHIARA EHM. Grazie, presidente. Una brevissima osservazione, forse un po’ provocatoria, sulla questione Italia-Cina e sulla Cina in riferimento all'uso del soft power.
  Io certamente parlo un po’ più la lingua politica, capisco che il suo lavoro è più commerciale, però, mettendo il commercio e la questione politica insieme, ritengo importante vedere quello che la Cina sta facendo in tutto il mondo e poi valutare i nostri interessi. Sicuramente parliamo di investimenti, anche per l'Italia, non di cifre insignificanti, cifre comunque importanti; sappiamo che abbiamo a che fare con un partner di una certa caratura, quindi la domanda che mi viene ingenuamente da pormi è quali sono gli interessi retrostanti.
  Ha già ribadito la questione dei porti, mi ricordo un articolo che uscì a maggio – se non erro – che illustrava come la Cina si era comprata diversi porti nel mondo, inclusi il Pireo e Valencia; lei ha ribadito che per Trieste non sarà così, questo mi fa piacere, ma torna sempre la questione, da non sottovalutare, dell'uso da parte della Cina del suo soft power, che viene applicato con vari metodi, sia politici, sia commerciali sia anche turistici. Pensiamo ai poliziotti cinesi che sono qua.
  Vengo all'ultimo punto che mi interessa di più. Come facciamo noi politicamente, con un interesse nel commercio, a lavorare bene con questo partner, nonostante conosciamo alcune questioni critiche. Se loro vengono qui a investire – e noi siamo ben contenti – e pensiamo anche noi di andare lì imponendo i nostri punti di vista, può diventare uno strumento per metterci un po’ all'angolo dicendo «noi abbiamo fatto questo investimento in Italia, non potete imporci troppo i vostri punti di vista», specialmente sui diritti umani, ben sapendo che la Cina, purtroppo, presenta notevoli criticità a tal riguardo.

  PRESIDENTE. Non si è accennato al rapporto con la Regione Friuli-Venezia Giulia che – a quanto mi risulta – contribuisce allo sviluppo del porto.
  Poi ci tengo anch'io a ribadire quanto affermato dalla collega Ehm, la massima attenzione all'interesse nazionale – che ho sentito essere il faro che guida la sua azione quotidiana – che penso sia la priorità per tutti noi, essendo rappresentanti del popolo italiano.

  ZENO D'AGOSTINO, presidente dell'Autorità del sistema portuale del Mare Adriatico orientale. Premesso che non sono il Ministro degli Esteri, quindi su alcune questioni penso che ci sia qualcuno più competente di me, penso che il tema sia emerso oggi: ci sono tematiche che oggi sono portate avanti da soggetti che, pur essendo emanazione nazionale, sono soggetti locali; io stesso sono il presidente dell'Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico orientale, ho competenza su aree che sono a Pag. 18Trieste e in Friuli-Venezia Giulia, quindi il tema vero è capire quali sono gli strumenti giuridici.
  Prima di tutto questi sono temi che vanno posti a livello nazionale, non può essere chiesto al presidente dell'Autorità del sistema portuale. Il presidente dell'Autorità del sistema portuale deve essere, almeno nel caso triestino, ben affiancato, anche perché non è in grado di conoscere tutte le implicazioni su temi di valenza nazionale. Non posso sapere tutte le cose che succedono a Roma nei rapporti tra Italia e Cina, non è una mia competenza. Su queste cose io sono il primo a dire che non può essere il presidente dell'Autorità del sistema portuale che tratta queste cose. O, perlomeno, se lo fa, deve essere affiancato sapendo che in questo momento quello è un luogo di interesse internazionale, quindi non può essere che l'Italia non sia presente e non dica come ci si deve muovere, seguendo tutta una serie di logiche che prescindono dagli effetti o dalle conseguenze trasportistiche. Ci sono temi di relazioni anche collegate – diritti umani e quant'altro –, non è mia competenza seguirle. Però in questo momento Trieste è dentro potenziali fenomeni di questo tipo, quindi è chiaro che questo è un problema che va gestito a livello nazionale, con l'attenzione che deve avere l'Italia, perché Trieste in questo momento affronta tematiche che sono un po’ diverse da quelle che vengono affrontate in tutti gli altri porti. Questo è il tema fondamentale.
  Sul tema dei cinesi, voglio precisare che hanno in mano anche dei porti americani. A Trieste in questo momento non c'è ancora un euro o un renminbi investito dai cinesi, mentre ci sono società cinesi che hanno comprato compagnie e ora hanno il controllo di terminal container a Houston e a Miami, tanto per dire. Penso che gli americani sappiano benissimo che ci sono dei terminal container in mano ai cinesi sul loro territorio. Se non lo sanno, glielo dico io. È roba che si trova su internet, non è niente di incredibile. Dobbiamo probabilmente abituarci al fatto che le tematiche sono più complesse del problema Cina sì/Cina no, ecco perché dico che non può essere l'Autorità di sistema da sola che le affronta. Su questo sono il primo che capisce che, da una parte, c'è una potenza globale emergente, dall'altra, c'è una potenza globale tradizionale, noi siamo in mezzo e non so quanto l'Europa possa darci una mano. Io sono dell'idea che l'Italia su queste cose si può muovere, ma io non ho nessun tipo di ruolo a Roma, quindi, per quanto mi riguarda, quello che Roma dice, Roma governa; le concessioni come si danno le si possono togliere nel giro di pochissimo tempo, per qualsiasi tipo di interessi, perché non è un caso che quello è demanio e rimane patrimonio dello Stato, ed è giusto che sia così visti i possibili effetti di una privatizzazione dei porti, come accaduto per esempio in Inghilterra o in altri Paesi. Si privatizza, non sai chi ti entra in casa e oggi, con le dinamiche a livello geopolitico, ti trovi qualcuno di non gradito. Però ormai hai privatizzato e sei fregato. C'è un tema di dibattito anche a livello nazionale: privatizziamo i porti, società e quant'altro. Stiamo attenti, perché oggi parlare di porti non è solo un fatto di soldi per realizzare le infrastrutture, ma è qualcosa con una valenza più importante.
  Io ritengo che noi oggi abbiamo tutti gli elementi, giuridici e normativi, per tenere sotto controllo la situazione. Il demanio è patrimonio dello Stato, lo Stato lo dà in concessione, le concessioni si possono revocare; nei contratti di concessione si possono mettere tutta una serie di elementi che vanno al di là di quelli che metto oggi, perché oggi sono coinvolto solo dal punto di vista trasportistico, ma domani mattina ci possono essere anche altri elementi che lo Stato può tranquillamente inserire, perché l'Autorità di sistema portuale è parte dello Stato. Ecco perché dico: attenzione quando si dice che le Autorità di sistema diventano qualcos'altro; attenzione quando si dice che le Autorità di sistema non sono parte dello Stato, ma diventano imprese; attenzione a tutto, perché oggi queste cose non creano Pag. 19squilibri solo perché una merce passa o non passa più; creano squilibri di questo tipo perché il mondo si sta evolvendo così, e i porti sono la vera cerniera di questo Paese nei confronti del mondo. Quindi queste dinamiche io mi permetto di portarle avanti, di essere anche dinamico da questo punto di vista, ma più lo Stato e Roma ci assiste, più noi siamo felici e contenti.

  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor D'Agostino per i sui contributi, e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.55.