XVIII Legislatura

Commissioni Riunite (III e XIV)

Resoconto stenografico



Seduta n. 4 di Giovedì 13 febbraio 2020

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Battelli Sergio , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUI NEGOZIATI RELATIVI ALLA BREXIT E SUL RELATIVO IMPATTO PER L'ITALIA

Audizione dell'Ambasciatore d'Italia a Londra, Raffaele Trombetta.
Battelli Sergio , Presidente ... 3 
Trombetta Raffaele , Ambasciatore d'Italia a Londra ... 3 
Battelli Sergio , Presidente ... 8 
Ungaro Massimo (IV)  ... 9 
Schirò Angela (PD)  ... 9 
Billi Simone (LEGA)  ... 10 
Galizia Francesca (M5S)  ... 10 
Lupi Maurizio (Misto-NI-USEI-C!-AC)  ... 11 
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 11 
Rossello Cristina (FI)  ... 12 
Formentini Paolo (LEGA)  ... 12 
Siragusa Elisa (M5S)  ... 12 
Battelli Sergio , Presidente ... 13 
Trombetta Raffaele  ... 13 
Battelli Sergio , Presidente ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Cambiamo!-Alleanza di Centro: Misto-NI-USEI-C!-AC;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Centro Democratico-Radicali Italiani-+Europa: Misto-CD-RI-+E;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA XIV COMMISSIONE
SERGIO BATTELLI

  La seduta comincia alle 9.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione dell'Ambasciatore d'Italia a Londra, Raffaele Trombetta.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'Ambasciatore d'Italia a Londra, Raffaele Trombetta, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui negoziati relativi alla Brexit e sul relativo impatto per l'Italia, in corso di svolgimento presso le Commissioni riunite Affari esteri e comunitari e Politiche dell'Unione europea della Camera dei deputati. Saluto e ringrazio l'Ambasciatore Trombetta per essere qui con noi. Nell'introdurre il dibattito, ricordo che l'accordo di recesso del Regno Unito dall'Unione europea è entrato in vigore dal primo febbraio 2020 e che i negoziati sul futuro accordo dovrebbero concludersi entro il mese di ottobre 2020, al fine di consentirne l'entrata in vigore a partire dal primo gennaio 2021, al termine del periodo di transizione. Segnalo che il 3 febbraio scorso la Commissione europea ha presentato una raccomandazione di decisione del Consiglio che autorizza l'avvio di negoziati per un nuovo partenariato con il Regno Unito e che il Parlamento europeo ha approvato ieri una risoluzione sul nuovo partenariato Unione europea-Regno Unito, che contiene importanti riferimenti sul tema dei diritti dei cittadini. Com'è evidente, le preoccupazioni del Parlamento italiano si concentrano sulla condizione degli oltre 700 mila connazionali che risiedono stabilmente nel Regno Unito. Il Governo ha istituito una task force per la Brexit con il compito di assicurare, anche mediante interventi legislativi, le opportune tutele anche nei settori finanziario, bancario e assicurativo, e soprattutto un adeguato apparato di protezione per le nostre aziende. Ci sono poi importantissimi profili legati ai temi della politica di difesa e di sicurezza. Come è già avvenuto in occasione dell'esame del cosiddetto «decreto Brexit», il Parlamento intende fornire un apporto costruttivo al dibattito in corso, oltre che in questa sede, anche in occasione dell'esame di atti e documenti, a partire dalla relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per il 2020, che verrà discussa prossimamente. Do quindi la parola all'Ambasciatore, ringraziandolo nuovamente per la disponibilità a svolgere l'odierna audizione.

  RAFFAELE TROMBETTA, Ambasciatore d'Italia a Londra. Grazie, presidente. Vorrei ringraziare Lei, le Commissioni Affari esteri e Politiche dell'Unione europea per darmi l'opportunità e la possibilità di condividere alcune riflessioni sul processo di uscita del Regno Unito dall'Unione europea. In questa mia introduzione vorrei soffermarmi su tre temi in particolare: l'accordo di uscita del Regno Unito dall'Unione europea e soprattutto la sua fase ormai di applicazione, qualche riflessione sul negoziato che sta per cominciare sulle relazioni future e infine qualche parola sulle relazioni bilaterali fra Italia e Regno Unito, su Pag. 4come queste relazioni cambieranno e saranno adattate al nuovo contesto. L'accordo di uscita, come è noto, è entrato in vigore alla mezzanotte del 31 gennaio. In realtà erano le ventitré nel Regno Unito. È stata una lunga gestazione, soprattutto all'interno del Regno Unito, per difficoltà interne, anche per mancanza di una chiara maggioranza. Quindi, la data iniziale, che era il 29 marzo 2019, è stata più volte spostata in avanti fino ad arrivare al 31 gennaio. Il merito, a questo punto, è di aver tolto l'incertezza che alla fine stava un po’ penalizzando tutti. Come è noto, i tre temi che hanno caratterizzato e che sono poi la parte più importante dell'accordo di uscita sono stati: il confine fra l'Irlanda del nord e la Repubblica d'Irlanda; le pendenze e le disposizioni finanziarie che accompagneranno l'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea; e, infine, la tutela dei diritti dei cittadini europei, in particolare – per quanto ci riguarda – dei cittadini italiani. Su quest'ultimo aspetto mi vorrei soffermare un po’ di più proprio per condividere anche alcuni dati su quella che è adesso la fase di applicazione dell'accordo che è entrato in vigore il 31 gennaio. Il Governo del Regno Unito ha predisposto e ha lanciato un programma, il Settlement Scheme, che prevede la registrazione di tutti i cittadini europei, i quali possono ottenere il settled status nel caso in cui siano residenti da almeno cinque anni, o il pre-settled status qualora siano residenti nel Regno Unito per un periodo inferiore ai cinque anni. I requisiti devono essere posseduti al 31 dicembre del 2020; tuttavia, ci sono sei mesi in più per potersi registrare, quindi fino a giugno del 2021. Dimenticavo di dire all'inizio che in questo momento siamo in un periodo di transizione, per cui, di fatto, tutte le regole che valevano prima continuano a valere fino alla fine di quest'anno. Questo vale anche per i cittadini. I dati che abbiamo sulla registrazione degli europei in generale e dei cittadini italiani in particolare sono abbastanza positivi. Qualche giorno fa, a livello europeo, si è superata la soglia, anche psicologica, dei tre milioni di registrati. Per quanto riguarda gli italiani, al 31 dicembre del 2019, erano registrati 291 mila, dei quali il 42 per cento ha ottenuto il settled status e il 58 per cento il pre-settled status. Siamo la terza comunità, tra le ventisette europee, dopo Polonia e Romania. È un dato, questo dei 291 mila, sicuramente incoraggiante, ma allo stesso tempo ci consiglia di non abbassare affatto la guardia, perché vuol dire che ancora un buon numero di nostri connazionali non si sono registrati. Ci auguriamo che si prosegua per questa strada, per tutto quello che noi, come ambasciata, abbiamo fatto in questi mesi per sostenere i nostri connazionali, per dare suggerimenti, per incoraggiarli a registrarsi. Dovremo e continueremo a svolgere quest'azione. In questa prima fase di attuazione dell'accordo e soprattutto del Settlement Scheme, sono emerse alcune criticità, che noi abbiamo raccolto nei contatti frequenti con i nostri connazionali e che abbiamo più volte rappresentato alla controparte britannica. La prima è una certa difficoltà, resistenza in alcuni casi, a registrarsi. Il sistema prevede, sostanzialmente, una registrazione, che viene fatta online, utilizzando le piattaforme Android e da pochi mesi l'iOS dell'iPhone. Questo, ovviamente, è stato un problema per tanti connazionali che non sono particolarmente abili con questo tipo di piattaforme o che comunque vivono in condizioni più isolate. Noi, come ambasciata, ma anche come gruppo di Paesi europei, abbiamo più volte sollecitato le autorità britanniche a comprendere queste difficoltà, che in parte sono state prese in considerazione, prevedendo anche la possibilità di registrazioni fatte di persona, senza necessariamente dover ricorrere allo strumento elettronico. Quando parlavo di resistenza, c'è poi anche da parte di alcuni cittadini europei, compresi gli italiani, una resistenza quasi psicologica, cioè voler negare il fatto che ci sia ormai la Brexit; quindi il non registrarsi vuol dire continuare a vivere come prima. Purtroppo... non lo so, dipende dal punto di vista. Comunque, non è così; la Brexit è una realtà. L'accordo è entrato in vigore e bisogna seguire quelle che sono le regole stabilite dal Governo britannico, compresa la necessità di doversi registrare, come noi continuiamo a Pag. 5dire ai nostri connazionali. Un'altra è quella dell'assenza di un documento cartaceo. La registrazione avviene online, in maniera elettronica, ma non c'è un documento cartaceo. È parte della cultura amministrativa britannica. Lì non esiste, come sapete, una carta d'identità o altro. È però un disagio per chi si registra, non solo psicologico, perché – è evidente – avere un documento cartaceo dà la sensazione di poterlo dimostrare, ma anche perché ci sono occasioni in cui bisogna dimostrare di essere registrati. Non sempre è facile poter ricostruire elettronicamente la propria registrazione. Un'altra criticità è la mancanza di un automatismo tra il pre-settled status e il settled status. Chi ha ottenuto il pre-settled status, al compimento dei cinque anni dovrà riavviare l’iter, rifare la registrazione, quindi il passaggio non è automatico. Infine, quello che più ci impegnerà – credo – nei prossimi mesi e soprattutto nei prossimi anni è ciò che accadrà dopo il giugno del 2021. Io mi auguro che fino all'ultimo italiano si sarà registrato a quella data ma temo che non sarà così. Abbiamo anche lì più volte sollecitato le autorità britanniche ad essere flessibili, ed essere pronte a venire incontro a situazioni che si possono creare. Pende su tutti il ricordo del caso Windrush, che forse avrete seguito. Vogliamo evitare che magari tra due/tre/quattro anni si scopra che cittadini italiani europei, pur essendo residenti nel Regno Unito da diverso tempo, non si sono registrati; vogliamo evitare una situazione non riconosciuta, non legale. Cosa abbiamo fatto noi come ambasciata, soprattutto a sostegno dei nostri cittadini? In primo luogo, una forte campagna informativa. Questo lo abbiamo fatto in collaborazione non solo con la rete consolare italiana nel Regno Unito, ma anche con le associazioni, quindi i Comites, il CGIE e varie associazioni di italiani. Personalmente, sono più volte intervenuto anche sui media britannici, proprio perché il messaggio passasse in maniera più diffusa possibile. Abbiamo svolto e continuiamo a svolgere delle sessioni informative non solo a Londra, ma in vari posti, in varie città del Paese. Siamo stati a Birmingham, a Liverpool, a Dundee, a Belfast... La settimana scorsa sono stato a Cardiff, dove – di nuovo – ho avuto un incontro con la comunità italiana. Siamo stati a Manchester, siamo stati a Glasgow... quindi un po’ in tutto il Paese abbiamo riunito i nostri connazionali, quantomeno i rappresentanti della nostra collettività, proprio per incoraggiarli, ma anche per fornire loro suggerimenti e assistenza. Abbiamo organizzato eventi in ambasciata con l'Home Office: il primo all'inizio dell'attuazione di questo sistema; il secondo, neanche un mese fa, poco prima del 31 gennaio; in entrambi i casi con la presenza di autorità ministeriali. L'ultima era con il Ministro britannico – è chiamato Ministro, ma in realtà è il Segretario di Stato per gli Affari interni – che è incaricato specificamente di questo, Brandon Lewis, con la presenza di circa duecento connazionali rappresentanti delle varie associazioni. Siamo stati molto attivi, direi forse i più attivi, i capofila nel coordinarci con le altre ambasciate europee. Si è creato uno user group, che è diventato poi il vero interlocutore a Londra delle autorità britanniche sul tema specifico della tutela dei diritti dei cittadini europei. Infine, c'è un help desk al consolato, che è a disposizione degli italiani. Il consolato, poi, dal 19 di questo mese aprirà un vero e proprio sportello, proprio per venire incontro a esigenze, richieste specifiche sulla registrazione a questo schema da parte dei nostri connazionali. Adesso si apre una fase importante – si è aperta in realtà – quella del monitoraggio. In realtà, c'è in primo luogo un obbligo che pende sulle autorità britanniche, contenuto nell'Accordo di recesso che è entrato in vigore, che prevede all'articolo 159 l'istituzione di un'autorità indipendente di monitoraggio. È nostra intenzione continuare a lavorare con le autorità britanniche, oltre che con la delegazione europea, perché dal primo febbraio non c'è più una rappresentanza, ma una vera e propria delegazione europea, che è il punto di riferimento per tutte le tutte ambasciate. È un quadro di collaborazione, quello che abbiamo avuto fino adesso con le autorità britanniche, specialmente con l’Home Office, particolarmente positivo; e contiamo Pag. 6di continuare su questa strada. L'altra azione che, come ambasciata, abbiamo svolto in questo periodo, anche come conseguenza della prevedibile e poi avvenuta uscita del Regno Unito dall'Unione europea, è quella di sostenere i settori strategici per la nostra economia. Un settore su cui ci siamo particolarmente concentrati è quello dell'innovazione, con delle azioni mirate, delle azioni specifiche. L'ambasciata ha lanciato da più di un anno una serie che abbiamo definito «Italy for Innovation», in cui abbiamo promosso collaborazioni fra i settori più avanzati delle due economie, quella italiana e quella britannica, prendendo anche spunto dal fatto che il Regno Unito, nel novembre 2017, ha lanciato una propria strategia industriale che aveva delle buone complementarità con quello che l'Italia può offrire. Alcuni esempi: gli eventi che abbiamo organizzato sulla manifattura avanzata e la robotica, sull'intelligenza artificiale, il blockchain, il trasferimento tecnologico e l'economia circolare; più in generale, l'innovazione tecnologica e soprattutto le giovani imprese innovative. Tutto questo è ovviamente accompagnato anche da iniziative mirate, invece, ai settori più tradizionali dell'economia italiana e che continuano a essere quelli trainanti per quanto ci riguarda, oltre che un'azione per l'attrazione degli investimenti. Organizziamo delle riunioni regolari con imprenditori italiani nel Regno Unito per raccogliere, ovviamente, loro informazioni, ma anche loro osservazioni ed esigenze su quello che l'impatto dell'uscita del Regno Unito dall'Unione europea può avere sulla loro attività. L'ufficio ICE ha attivato un help desk per fornire assistenza alle imprese, assistenza alle aziende esportatrici su problematiche post Brexit, tipo dogane, normative, etichettatura, standard fiscale, attrazione di investimento, formazione e concorsi soprattutto mirati alle piccole e medie imprese. Da qualche giorno è attivo un Brexit desk anche presso la Camera di commercio italiana nel Regno Unito. Veniamo adesso alla seconda parte, quella del negoziato sul futuro delle relazioni tra Unione europea e Regno Unito. I tempi, come è noto, sono abbastanza limitati perché il negoziato, presumibilmente – ma più che presumibilmente – comincerà a inizio marzo. Dovrà chiudersi, compresa anche la parte relativa alle ratifiche, entro quest'anno; quindi di fatto abbiamo nove o dieci mesi – forse anche un po’ meno – per poter negoziare. Questo perché il Governo del Primo Ministro Johnson ha escluso la possibilità di chiedere una proroga del periodo di transizione. Il Primo Ministro Johnson, nel suo discorso del 3 febbraio, ha indicato abbastanza chiaramente quali sono le priorità e qual è la posizione del Regno Unito in questo negoziato: innanzitutto, esclusione della possibilità di un'estensione del periodo di transizione; e un accordo fondato sul libero scambio, partendo proprio dal presupposto che il Regno Unito è un campione del libero commercio – e non a caso questo discorso è stato svolto a Greenwich, in una sala che ricorda proprio la potenza del Regno Unito in materia di libero commercio. Si sono indicate due possibili strade: un accordo sul modello dell'accordo che l'Unione europea ha con il Canada – quindi essenzialmente un accordo di free trade, di libero commercio – e un altro modello definito «australiano». Poi, come è noto, l'Unione europea non ha un accordo con l'Australia, quindi di fatto è un modello che si basa principalmente sull'Organizzazione mondiale del commercio, più magari degli accordi settoriali, degli accordi specifici. Altro aspetto fondamentale: il Regno Unito non accetterà un accordo che preveda l'allineamento regolamentare alle norme dell'Unione europea. Dal punto di vista britannico, l'obiettivo è aprire i mercati senza però che questo comporti di sottostare a regolamenti europei in materia di aiuti di Stato, di standard sociali, ambientali, sanitari e fiscali. Credo che sia nota a queste due Commissioni la posizione dell'Unione europea. Si riflette sostanzialmente in quello che è già previsto nella dichiarazione politica, che è allegata all'Accordo di recesso. Si tratta, quindi, di un accordo di libero scambio a zero tariffe, zero quote, magari integrato da accordi specifici su temi quali la pesca e la sicurezza – anzi, una parte è relativa alla sicurezza interna ed esterna – e di un quadro istituzionale unico per tutte Pag. 7le varie parti dell'accordo. Con un principio di base: quello della parità di condizioni, il level playing field, di cui si parla tanto in questi giorni. Passando alle presumibili criticità della parità di condizioni, del level playing field, questo è probabilmente il tema su cui più si concentrerà il negoziato fra le due parti. L'Unione europea tiene in modo particolare a questa parità di condizioni, tanto più in considerazione della prossimità geografica del Regno Unito all'Unione europea e dell'interdipendenza economica che sussiste fra le due parti. L'altro tema, che già è emerso come una criticità potenziale, riguarda i diritti di pesca in acque britanniche, tema che ha un valore concreto per alcune comunità, quelle ovviamente più direttamente interessate, ma anche un valore simbolico soprattutto dal punto di vista del Regno Unito. L'eventuale ruolo della Corte di giustizia, anche nell'applicazione e interpretazione del futuro accordo, è quello dei servizi finanziari, laddove il sistema delle equivalenze, che è quello che alla fine sembra essere l'unico che possa essere inserito nell'Accordo, trova però già delle divergenze su come effettivamente declinare questo tipo di intesa, tenendo presente che è un tema particolarmente importante e delicato per entrambe le parti. Gli effetti dell'una e dell'altra decisione, dell'uno e dell'altro orientamento, si faranno sentire per entrambe le parti. Il Regno Unito è il più grosso hub finanziario del continente e d'altro lato Londra ha bisogno di un retroterra, che è quello che offre il grande mercato dell'Unione europea. Quali sono le possibili priorità italiane nel negoziato? In primo luogo, continueremo a sostenere l'attività e l'azione del capo negoziatore Barnier. La compattezza e l'unità dei ventisette nel negoziato sull'uscita è stato uno dei punti di forza dell'Unione europea e credo che lo sarà anche in questa fase che si aprirà nelle prossime settimane. È nostro interesse avere un accordo che preservi i flussi commerciali tra Italia e Regno Unito; è importante per noi la parità di condizioni, il level playing field: è importante per un Paese manifatturiero, un Paese che esporta, come il nostro; è importante la protezione del mercato unico, così come la protezione delle indicazioni geografiche future. Quelle attuali sono già protette dall'accordo di recesso; per quelle future occorrerà che l'Accordo sul futuro delle relazioni contenga delle disposizioni ben precise su questo tema. Un'altra priorità per noi sarà quella di mantenere la fitta rete di scambi universitari e anche di collaborazioni universitarie fra l'Italia e il Regno Unito. Venendo adesso proprio a Italia e Regno Unito, come diceva anche il presidente, all'inizio abbiamo una comunità che stimiamo intorno alle 700 mila unità. Volendosi invece attenere ai dati ufficiali concreti, al momento sono iscritti all'AIRE circa 401 mila connazionali, tra i quali poco più di 378 mila al consolato generale di Londra e 23 mila circa al consolato generale di Edimburgo. Per inciso, dico che Londra è il più grande consolato che abbiamo nella nostra rete all'estero. Sono numeri, ma esprimono una presenza, una presenza diffusa, ma anche una presenza di alto livello. Questo è stato riconosciuto anche dal Primo Ministro Johnson nell'incontro che ha avuto qualche giorno fa con il Presidente del Consiglio. Johnson ha riconosciuto che gli italiani hanno dato un contributo in termini non soltanto economici, ma sociali, culturali, di crescita al Paese e questo è un elemento che è importante tener presente. Basti considerare il livello della collaborazione scientifica e universitaria fra i due Paesi. Nel biennio 2017-2018, per darvi alcuni dati, il numero di italiani presenti nello staff accademico dell'università del Regno Unito si attestava a 7.755 unità. È lo staff completo; non sto parlando, ovviamente, soltanto di professori o ricercatori. È un numero che è cresciuto di più del 50 per cento negli ultimi cinque anni. Considerate che il totale dello staff accademico dei Paesi europei è di 51 mila unità. Nello stesso biennio il numero di studenti italiani nelle università britanniche era pari a 13.985, quindi l'Italia era il primo Paese europeo per presenze, secondo statistiche, nelle università inglesi. C'è una collaborazione scientifica tra Italia e Regno Unito di altissimo livello e l'Italia è al terzo posto per numero Pag. 8di pubblicazioni scientifiche nel Regno Unito: 50.470 pubblicazioni. L'altro grosso tema delle nostre relazioni bilaterali, ovviamente, è quello della collaborazione, della presenza commerciale dell'Italia nel Paese. È un tema a cui tiene molto il Ministro degli esteri Di Maio. Nei flussi commerciali registriamo un saldo positivo a favore dell'Italia. Nel 2018 abbiamo esportato per un valore di 23,4 miliardi di euro, a fronte di 11,1 miliardi di importazioni; quindi, con un saldo di 12,3 miliardi di euro, il mercato del Regno Unito è il secondo maggior mercato per saldi attivi dopo quello degli Stati Uniti; ed è un saldo in continua crescita dal 2019. Sono dati che sono confermati anche nel 2019. Abbiamo i dati fino al novembre del 2019, dati che ci indicano un volume dell'interscambio pari a 27 miliardi di sterline con un calo dell'1,71 per cento, ma che è soprattutto dovuto a un calo delle importazioni dal Regno Unito. Le nostre esportazioni, invece, sono cresciute; di poco – 0,77 per cento – ma sono cresciute. Le principali voci delle nostre esportazioni sono macchinari, autoveicoli, abbigliamento, farmaceutico, bevande. È curioso che sono più o meno le stesse voci delle esportazioni britanniche verso l'Italia, ma evidentemente con volumi ben inferiori. L'altro settore su cui stiamo lavorando è il rafforzamento del dialogo strategico e di cooperazione in ambito esteri e difesa. Dal marzo dello scorso anno, a livello Ministero degli esteri, è stato avviato un dialogo che ha portato frutti, ha portato grandi momenti di interesse e di condivisione fra i due Paesi, nascendo da due presupposti: da un lato la necessità di un raccordo intensificato fra due parti in un contesto geopolitico quale quello attuale, in cui c'è la centralità del Mediterraneo, ma anche un contesto di competizione fra le grandi potenze; dall'altro, il fatto che la Brexit, l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea, comporterà il venir meno di quelle occasioni di dialogo e confronto che normalmente avvengono nella formazione dei meccanismi decisionali della PESC. Abbiamo trattato temi di particolare interesse per noi, dalla Libia – considerato anche che il Regno Unito ha un ruolo fondamentale nel Consiglio di Sicurezza –,all'Iran, alla Siria, ai Balcani occidentali, tutte aree di nostro interesse. In parallelo c'è un dialogo che va avanti in materia di difesa con una dichiarazione d'intenti che è stata firmata nel 2018, considerando che abbiamo un impegno comune nella NATO in aree come l'Iraq, l'Afghanistan e il Kosovo. Abbiamo svolto a Londra una tavola rotonda proprio in vista del vertice NATO del dicembre dello scorso anno, in cui ci siamo soffermati in particolar modo proprio sulla proiezione a sud della NATO. Tutto questo, poi, sulla base anche di forti legami industriali, dell'industria della difesa fra i due Paesi e su cui ovviamente è nostro interesse continuare a lavorare. L'ultimo – e forse anche quello più immediatamente importante, se vogliamo – ambito di collaborazione fra i due Paesi è la COP 26. Come sapete, lo co-organizzeremo con il Regno Unito quest'anno. Il Regno Unito organizzerà l'evento vero e proprio, COP 26, a Glasgow, dal 9 al 22 novembre. Noi organizzeremo alcuni eventi preparatori, in particolare l'evento giovani, a cui attribuiamo grande importanza, e la pre-COP vera e propria, oltre a un evento Africa. È un impegno importante e non facile, vista anche la delusione, se così posso dire, della conferenza di Madrid. È stata istituita una task force congiunta, che definisce le priorità e anche le linee di azione. Si svolgerà nel corso dell'anno un'azione congiunta anche delle diplomazie. Le reti diplomatiche dei due Paesi lavoreranno insieme soprattutto in alcuni Paesi particolarmente importanti. È un'azione che poi proseguirà idealmente nel 2021, quando l'Italia avrà la presidenza del G20 e il Regno Unito quella G7. Sarà un'altra occasione per sinergie di programmazione e di realizzazione da parte dei due Paesi. Presidente, io mi fermerei qui e la ringrazio di nuovo.

  PRESIDENTE. Grazie, Ambasciatore. Intanto saluto il vicepresidente della III Commissione Formentini, che ci ha raggiunto. Sono molti gli iscritti a parlare. Io stabilirei due minuti per ciascun intervento, dando così all'Ambasciatore tempo per replicare.

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  MASSIMO UNGARO. Grazie, Ambasciatore, per la relazione svolta e per i vostri sforzi come ambasciata e come consolato in questi ultimi anni, perché la situazione è sicuramente inedita. Avrei alcune domande puntuali, se possibile, visto che entriamo adesso nella parte un pochino più complessa di questa audizione sulla Brexit. Innanzitutto, vorrei chiederle se può un po’ spiegare ai commissari gli sforzi sulle strutture consolari, come siamo messi in termini di risorse, se dopo il decreto Brexit sono sufficienti, se c'è bisogno di altro, se ci sono degli appelli che ci vuole fare come commissari qui a Roma o se le strutture sono in grado di rispondere alle domande dell'udienza. Inoltre, se Lei nel Regno Unito ha informazioni maggiori su quale sarà il futuro regime per l'immigrazione. Anche nella politica britannica stanno discutendo dell'introduzione di un sistema australiano a punti, che avrebbe delle ricadute molto pesanti sull'emigrazione italiana nel Regno Unito, che non riguarda soltanto – come Lei ha descritto – personale altamente qualificato, ma anche personale meno qualificato; e che avrebbe ovviamente un impatto sui flussi di persone che dall'Italia vanno nel Regno Unito. Fino a qualche anno fa, come Lei ben ci ha detto, erano oltre 2 mila i ragazzi che ogni mese arrivavano a Londra. Se si introduce un sistema australiano, questo avrà delle ricadute? Terza domanda: se l'Italia al momento pensa di adottare, come la Spagna, un accordo bilaterale per dare il diritto di voto alle elezioni amministrative ai nostri cittadini; questo ovviamente comporterebbe sul lato italiano una riforma costituzionale, ma volevo sapere se questo tema è stato affrontato o se almeno c'è una discussione in atto. Quarta e penultima domanda: sull'accordo di libero scambio è stato fatto uno studio da voi o dall'amministrazione? Nel caso in cui tra dieci mesi dovessimo arrivare non a un FTA tradizionale, un accordo di libero scambio come il Canada, ma a un sistema australiano, e quindi andare a fare scambi con le regole del WTO, dell'Organizzazione mondiale del commercio, che impatto avrebbe per l’export italiano, che è talmente complesso, variegato e forte? Che ricadute avrebbe? Secondo me, è importante, come commissari, saperlo. Infine, le volevo chiedere se Lei è al corrente di problemi concernenti le richieste di cittadinanza, considerato che tra di esse figurano quelle di tantissime coppie miste italo-britanniche. Lei saprà che l'adozione degli ultimi decreti sicurezza ha rallentato di moltissimo le procedure per l'adozione della cittadinanza. Sappiamo anche di molti casi di domande fatte prima con le vecchie regole a cui sono state applicate le nuove regole, a seguito dell'applicazione dei decreti sicurezza, il che ha comportato il rigetto di moltissime domande di cittadinanza che noi pensiamo di recuperare – è in corso un'interrogazione, tra l'altro, in prima Commissione per sapere come poter conseguire l'obiettivo. Volevo sapere se Lei è al corrente della tematica e se ci sono delle misure che voi pensate di intraprendere. La ringrazio.

  ANGELA SCHIRÒ. Anch'io ringrazio l'Ambasciatore per la completezza delle informazioni che ci ha fornito e anche per tutto lo sforzo della rete consolare per preparare il terreno per il prossimo futuro, per come far muovere i nostri cittadini in UK. Questa è sicuramente una fase difficile di transizione, lo sappiamo tutti. Quella che penso che sia una delle questioni più difficili è la tutela dei diritti dei nostri cittadini italiani in UK, ma anche dei britannici che magari si trovano su suolo europeo. Come abbiamo sentito – e questo è molto preoccupante – un grande numero di cittadini italiani non sono iscritti all'AIRE. Sicuramente questi saranno dei cittadini poi difficili da intercettare, anche da informare, anche tramite i diversi eventi. Saranno difficili da raggiungere, per cui lì sicuramente ci saranno in futuro delle problematiche per quanto riguarda la registrazione. Sul pre-settled e il settled status, abbiamo sentito che ci sono state delle problematiche riguardo alla registrazione on-line, che poi sono state risolte. Io sono molto contenta di aver sentito che sia possibile anche farlo di persona, perché avevo ricevuto, da eletta all'estero, tante segnalazioni di persone che non riuscivano a registrarsi. Molte cose le ha già chieste il mio Pag. 10collega Ungaro per quanto riguarda le elezioni amministrative. Penso che lì sia necessario trovare un accordo bilaterale per garantire questo diritto. Poi, ovviamente, c'è tutta la questione o la materia relativa alle prestazioni previdenziali e sanitarie, che sono di grande sensibilità per i nostri lavoratori. Lì, come sappiamo, fino al dicembre 2020 andrà tutto avanti come adesso, però cosa succederà dopo? È un grande punto interrogativo. Penso che ci sia moltissimo da fare e vorrei anche io ribadire la questione che ha segnalato il mio collega sull'acquisizione della cittadinanza per matrimonio, che sta veramente creando dei gravi problemi nelle famiglie italo-britanniche; sta creando ancora più incertezze nelle loro vite. Grazie.

  SIMONE BILLI. Ho solo due minuti, quindi cercherò di essere molto breve, anche se l'argomento richiederebbe molto più tempo. Ringrazio anche l'Ambasciatore per la sua presenza. Lo ringrazio anche per l'impegno della rete consolare, in particolare mi riferisco ai nuovi contrattisti assunti a Londra, ai consolati onorari, alle agenzie consolari aperte a Manchester, Bristol, Ashford, Guernsey. Alla luce di questi fatti, le volevo chiedere quali sono i next steps che avete già previsto per cercare di migliorare ulteriormente i servizi alla comunità italiana in loco. Soprattutto, di cosa avete bisogno e come noi qui da Roma possiamo ancora supportarvi per cercare di offrire sempre migliori servizi alla comunità italiana nel Regno Unito a fronte della Brexit. Le volevo chiedere un'altra cosa; non so se mi può rispondere adesso, comunque penso ne potremmo anche parlare in seguito. Riguarda il Tribunale unitario dei brevetti. Non so se ha delle novità, in quanto Boris Johnson ha sottolineato il fatto che non vuole più avere legami, come accennava anche Lei prima, con la Corte di giustizia europea. Siccome il Tribunale unitario è molto legato alla Corte di giustizia europea – non so se ha già notizie – cosa c'è in programma? La sezione distaccata di Londra rimarrà a Londra oppure dovrà essere trasferita? Ringrazio ancora. Io spero comunque di poter continuare un proficuo lavoro e una proficua collaborazione con l'Ambasciatore anche fuori da questa aula. Grazie.

  FRANCESCA GALIZIA. Io ringrazio l'Ambasciatore perché vedo che c'è un grandissimo impegno per risolvere le questioni legate ai nostri connazionali che vivono in Gran Bretagna in un momento anche complicato e di grande incertezza, perché di fondo questo è il problema principale. Io sono un po’ legata ai numeri e guardavo un po’ la situazione legata alle registrazioni nei vari aspetti. Abbiamo soltanto 291 mila iscritti nel settled status e ben 400 mila persone iscritte all'AIRE, ciò che comporta una sottostima dei numeri reali, posto che essendo gli italiani interessati ben 700 mila in totale significa che c'è ancora un grosso lavoro da fare per riuscire a sistemare la situazione degli italiani nel Regno Unito. Ho visto che avete dispiegato un grandissimo impegno attraverso l'apertura di un desk presso il vostro consolato, eventi, assistenza, eccetera. È stato molto specifico e dettagliato in tutto ciò. Le volevo chiedere se è sufficiente o se c'è bisogno di maggiori risorse, se anche voi, come ambasciata e consolato, avete necessità di un maggiore sforzo su questo aspetto e maggior sostegno; se avete investito anche in una campagna social, perché oggi la campagna social è diventata fondamentale. Io le dirò che, cliccando un po’ tra Facebook e Twitter, ho trovato un sacco di disinformazione. Glielo dico molto chiaramente e questo mi lascia perplessa, quando invece magari potremmo avere un sito ufficiale o qualcosa di un po’ più di supporto, perché spesso i social arrivano dove non arrivano le parole degli incontri e gli atti ufficiali. Le volevo fare un'altra domanda: Boris Johnson ha fatto una dichiarazione molto forte sulla politica della competizione, dei sussidi, la protezione sociale e l'ambiente e cose similari. Sugli aspetti commerciali non sarà sottomesso a quelli che sono stati finora gli accordi europei. Questo, ovviamente, ci crea una certa concorrenza sleale, non dovendo sottostare a tutti questi aspetti. Le chiedo che cosa succederà anche per l'esportazione italiana, se avete un'idea. In un'interpellanza il nostro Ministro ci ha detto che sarà molto attento a questo tema. Volevo Pag. 11 sapere da voi cosa sta succedendo. Grazie.

  MAURIZIO LUPI. Grazie. Ho due questioni. Ovviamente, anche da parte del nostro gruppo, buon lavoro e tutto il sostegno – credo – del Parlamento per il ruolo che Lei oggi svolge, fondamentale per tutti noi e per i nostri concittadini. Una molto specifica: lei ha accennato ovviamente all'importante collaborazione economica tra Italia e Regno Unito, l’import e l’export, i continui scambi, non solo commerciali, ma anche di persone. L'avevamo già chiesto un'altra volta: il tema del trasporto aereo e in particolare la questione di Linate, che è l'unico aeroporto in Italia che gode di un regime particolare, perché è stato soggetto a due decreti governativi che vedono una regolamentazione dei voli tra Linate e Malpensa proprio con la suddivisione tra voli europei e voli extraeuropei. Su Linate si concentrano i voli europei. È evidente che dal primo febbraio 2020 si pone un problema. Adesso abbiamo diciotto mesi di regime transitorio, ma questo problema va affrontato; e va affrontato con rapidità e senza alcun nocumento per il nostro Paese. Milano è la capitale economica e finanziaria del Paese; gli scambi dei viaggi eccetera, li conosce bene anche Lei. Se non si interviene su questo tema, o con una modifica del decreto o comunque nei diciotto mesi per quanto riguarda le trattative che vedranno anche il rapporto sul traffico aereo, credo che potremmo avere delle conseguenze assolutamente negative. La domanda è molto specifica: rientra questo tema nell'agenda dell'ambasciata italiana a Londra? È un tema che è stato sottoposto al Governo da parte dell'ambasciata? C'è questa preoccupazione? La seconda domanda invece è più politica, anche perché, come Commissione Affari esteri, credo che noi dobbiamo avere questo sguardo. Sono evidenti e sotto gli occhi di tutti i sommovimenti politici che ci sono nella Scozia. Quindi, a conclusione delle risposte più specifiche, credo che sia utile avere da Lei un quadro della situazione. Sono solo notizie che leggiamo sui giornali? Si parla di modello Catalogna: è un movimento che potrebbe avere delle conseguenze in questi diciotto mesi nel trattato tra Unione europea e Regno Unito? L'Italia in questo che atteggiamento ha? È evidente che c'è un movimento che porta la Scozia a voler rimanere nell'Unione europea e l'Unione europea potrebbe avere tutti i vantaggi che la Scozia possa aderire all'Unione europea. Contemporaneamente, c'è una posizione di un certo tipo di Boris Johnson. Io credo che sia assolutamente doveroso e necessario un quadro su questa situazione.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Ringrazio molto l'Ambasciatore per tutte le informazioni. Soprattutto, ritengo che sia importante esprimere sostegno all'iniziativa italiana di mantenere tutti i canali aperti – anche qualcuno di più – con le controparti britanniche, dagli incontri tra diplomatici a tutte le iniziative che si stanno facendo per far sentire comunque la Gran Bretagna benvenuta nei rapporti con l'Italia e con l'Unione europea. Credo che questa sia una postura molto giusta, nonostante la decisione di Brexit ci metta davanti delle scelte difficili. Due domande; una più di carattere generale: abbiamo tutti quanti assistito alle elezioni nella Repubblica d'Irlanda e alla crescita dello Sinn Féin. Io credo che quel risultato sia da interpretare, purtroppo, in chiave molto preoccupante, come un nazionalismo (quello della Brexit) che chiama un altro nazionalismo (quello irlandese). Qual è la valutazione che viene fatta in questo momento sul rischio di un possibile inasprimento dei rapporti tra Irlanda e Regno Unito? Quale, eventualmente, quella sui rischi di un aumento del terrorismo, di una ripresa di iniziative terroristiche sul confine tra Irlanda del Nord e Repubblica d'Irlanda? Credo che questo sia un punto molto preoccupante. L'Europa è stata occasione di pace non solo nei rapporti tra Francia e Germania, ma anche per tanti altri conflitti, incluso il conflitto del Nord Irlanda e il fatto che se uscisse dall'Europa potrebbe voler dire che c'è un rischio maggiore che la pace non ci sia più. La seconda domanda rispecchia quella del collega Lupi. Anch'io sono milanese e anch'io volevo fare una domanda specifica su Linate. Oggi a Linate è permesso di avere dei voli dal Regno Pag. 12Unito perché a Linate è permesso di avere dei voli dall'Unione europea. Il diavolo sta nei dettagli e questo è un dettaglio da negoziare nei vari negoziati, quello di poter mantenere per i voli che provengono dal Regno Unito lo statuto di voli che provengono dall'Unione europea, perché, almeno per lo scalo di Milano, sarebbe un problema con una conseguenza negativa su tutta la città.

  CRISTINA ROSSELLO. Buongiorno, Ambasciatore. Un apprezzamento e un sostegno da parte di tutti noi. Fra i vari temi, forse le chiederemmo un accenno al regime sul sistema sanitario. La nostra preoccupazione riguarda anche ciò che comporta il periodo transitorio sull'assistenza sanitaria; quali sono le sue valutazioni e cosa consiglia e rileva. Quale è la situazione al proposito e cosa suggerire a coloro che saranno là sia per motivi di studio sia per motivi di lavoro. Grazie.

  PAOLO FORMENTINI. Innanzitutto, vorrei ringraziare il collega Billi, che per primo ha proposto questa audizione e dedica sempre una grandissima attenzione al tema dei nostri connazionali all'estero. La mia domanda è brevissima, concisa: quale ruolo vede per la NATO? Sarà il forum per eccellenza. Ha accennato a una cooperazione stretta nel campo della difesa. Quale miglior organismo della NATO? Questa cooperazione, a suo avviso, sarà solo di ordine militare o sarà sempre più anche di ordine politico? Grazie.

  ELISA SIRAGUSA. Grazie, Ambasciatore, per essere venuto qua e averci dato i suoi contributi. Ovviamente, molte delle cose sono già state dette precedentemente. Io, ovviamente, come anche gli onorevoli Ungaro, Billi, Schirò, sono stata eletta all'estero; in particolar modo con Massimo Ungaro viviamo il tema della Brexit internamente, essendo entrambi residenti a Londra, nel Regno Unito. Lei prima ha citato tutte le varie criticità del settled status, che sono reali, e, specialmente, anche il discorso della mancanza di un documento cartaceo, che però fa parte un po’ della cultura la britannica. Noi, come parlamentari, al di là di riconoscere che ci sono queste criticità, non penso che possiamo più di tanto intervenire su quello che è ormai già un processo avviato. Quello che possiamo fare è invece pubblicizzare il settled status. Sappiamo che c'è questa differenza numerica; c'è sempre stata questa differenza numerica tra gli iscritti AIRE e gli effettivi residenti, che emergerà sempre di più. Le campagne social vanno bene, ma c'è tutta una parte di popolazione di italiani che vivono all'estero, nel Regno Unito, che magari non sono così smart da utilizzare i social, i siti web. C'è un sito web dell'ambasciata sempre molto aggiornato sul tema Brexit, con una pagina dedicata. Mi chiedo se non convenga in questo caso anche pensare di fare una campagna postale, magari anche inviando informazioni via posta – ovviamente non a tutti i 700 mila italiani, perché non si conosce l'indirizzo di tutti – considerato che sono note 400 mila residenze; poi anche lì bisognerebbe capire se i dati di residenza sono aggiornati o meno, ma quello è un problema presente anche quando inviamo i plichi elettorali per il voto. Mi chiedo se potrebbe essere, eventualmente, una campagna possibile, quella postale. Poi, una riflessione: Lei ha citato l'intervento di Johnson, dove viene dato valore al contributo italiano. Secondo me è importante in questa fase non alimentare il terrorismo mediatico. Io ho visto anche qualche giorno fa varie notizie riprese, dove inizialmente sembrava che l'Inghilterra dicesse «basta all'Erasmus», oppure interventi nei quali viene detto: «basta, non parlate più la vostra lingua, parlate in inglese da adesso in poi». Si rischia che, se si fa questa specie di terrorismo mediatico, alimentando anche una specie di razzismo europeo, si possa creare questo sentimento di paura anche nei nostri connazionali; invece dovremmo cercare, secondo me, come anche parlamentari, politici – la stampa ovviamente non la possiamo controllare –, di diffondere invece il clima inglese, che non è quello di andare contro gli italiani. Hanno detto di no all'Europa, ma di sicuro non c'è un clima di razzismo verso gli italiani o in Pag. 13generale verso gli europei. Quindi, secondo me, è giusto non alimentare, in generale, questo clima. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, collega. Ci sono altri interventi in extremis? No, quindi io darei la parola all'Ambasciatore Trombetta. Prego.

  RAFFAELE TROMBETTA. Grazie, presidente. Innanzitutto, vorrei ringraziare tutti coloro che sono intervenuti proprio per le parole di sostegno e di incoraggiamento per quanto la rete diplomatica consolare nel Regno Unito sta cercando di fare. Sono ben note le condizioni in cui si è dovuto operare dal 2106 con un incremento assolutamente imprevedibile del numero di connazionali. C'è stata una corsa all'iscrizione all'AIRE, oltre che alla richiesta di passaporti. Il Governo ha reagito dando delle risorse, in maniera insolita, che hanno consentito grossi miglioramenti, in primo luogo proprio come strutture a disposizione, in particolar modo del consolato generale di Londra. Adesso abbiamo una sede distaccata, che si focalizza esclusivamente sulle iscrizioni AIRE. Sono state aggiunte varie unità sia a tempo determinato (cinque) sia a tempo indeterminato (più di quindici). Altri trenta saranno assunti nei prossimi mesi. Riapriremo a breve il consolato a Manchester. Anche quella è un'iniziativa molto importante perché vorrà dire che più o meno 70 o 80 mila connazionali non graviteranno più sul consolato di Londra, ma su quello di Manchester; quindi sarà ancora più possibile rendere i servizi necessari alla nostra comunità. Ci sono già dei miglioramenti. In pratica, è stato azzerato l'arretrato per quanto riguarda i cambi di indirizzo AIRE. L'anno scorso sono stati rilasciati dal consolato a Londra – se ricordo bene – 33 mila passaporti, che di gran lunga è il numero più alto nella rete diplomatica consolare. Sono stati ridotti i tempi di iscrizione all'AIRE. È un processo che, grazie anche alle risorse messe a disposizione dal Governo, sta consentendo di rientrare un po’ dall'emergenza. Non siamo ancora lì, ma proseguendo di questo passo siamo abbastanza fiduciosi che si possa arrivare ben presto a una situazione di quasi normalità, se posso esprimermi in questi termini. È ovvio che altre risorse migliorerebbero ulteriormente la situazione. Giusto un punto può essere interessante sollevare: l'importante è che l'apertura del consolato a Manchester, che prevediamo veramente nelle prossime settimane, nei prossimi mesi, non comporti una riduzione delle risorse a disposizione del consolato di Londra, sennò finisce che l'effetto poi è praticamente inesistente. Questo è un punto su cui è importante attirare l'attenzione, anche delle due Commissioni. Per quanto riguarda alcuni aspetti, alcune richieste e chiarimenti specifici: per quanto riguarda l'assistenza sanitaria e la previdenza, fino alla fine di quest'anno, ovviamente, non cambia nulla, dopodiché bisognerà fare una valutazione complessivamente a 27: se ci sarà un accordo onnicomprensivo in ambito unionale che copra i 27 oppure se, in mancanza di questo accordo onnicomprensivo, dovremo prepararci ad accordi bilaterali ad hoc oppure di altro tipo. Ripeto: quello che bisogna evitare e su cui lavoreremo è un arretramento della situazione attuale. Un altro aspetto che è stato sollevato è quello della cittadinanza per matrimonio. La legge, purtroppo, ha introdotto delle restrizioni che noi non possiamo aggirare. È un dato di fatto di cui non possiamo non tener conto. La legge italiana prevede la possibilità dell'accordo bilaterale sul voto soltanto per i cittadini dei Paesi dell'Unione europea. È evidente che quelli fuori dall'Unione non possono votare e quindi occorrerebbe, da questo punto di vista, cambiare la normativa. La campagna via posta, che pure è stata sollevata, è un'opzione che stiamo valutando in Scozia, dove il governo locale intende collaborare. Va detto che il nostro impegno è a sostegno dei nostri connazionali in tutti i modi possibili. Il sistema del Settlement Scheme è un sistema britannico; noi non possiamo cambiarlo o aggiustarlo alle nostre esigenze. Noi cerchiamo di intervenire nei modi possibili. In maniera diffusa siamo stati e continueremo a essere proprio su tutto il territorio britannico, proprio per venire incontro alle esigenze Pag. 14dei nostri connazionali. Venendo a Linate. Linate ovviamente dipenderà dal tipo di negoziati che verranno condotti. L'aviazione è uno dei temi che saranno affrontati proprio nei negoziati sulle relazioni future. È uno di quei settori che è interesse reciproco regolare, quindi sono abbastanza fiducioso che alla fine si farà qualcosa. Sull'impatto del tipo di accordo che ci sarà tra l'Unione europea e il Regno Unito, c'è uno studio di qualche tempo fa che identificava i vari scenari. Oggettivamente, dal nostro punto di vista, senza sapere come poi le cose evolveranno, lo scenario che, almeno staticamente, presentava le maggiori criticità è proprio quello della mancanza di un accordo fra il Regno Unito e l'Unione europea. È per questo motivo che una delle nostre priorità è che si giunga comunque a un accordo di libero scambio. Per quanto riguarda le dichiarazioni del Primo Ministro Boris Johnson sulla parità di condizioni e quindi su questioni che riguardano i diritti dei lavoratori, ambientali, aiuti di Stato, concorrenza, io ero presente e ho assistito al discorso che lui ha pronunciato il 3 febbraio. Il punto di partenza del Primo Ministro è che il Regno Unito non crede di avere livelli inferiori a quelli europei; anzi, su alcuni di questi settori e temi, crede, almeno dalle parole del Primo Ministro, di essere all'avanguardia. Non vede il pericolo di un abbassamento o di una rincorsa verso il basso da parte del Regno Unito. Ovviamente, dal nostro punto di vista, è importante che si verifichi che tutto questo effettivamente permanga e quindi anche per questo è importante che ci siano delle previsioni abbastanza chiare in materia di level playing field, di parità di condizioni. Scozia e Irlanda: il risultato elettorale di dicembre ha visto, quantomeno in Scozia, un forte successo del Partito Nazionalista Scozzese, che rivendica a questo punto la facoltà, quantomeno per il popolo scozzese, di poter decidere. Quindi invoca un referendum, decisione che comunque, come sapete, spetta in ogni caso a Westminster. Non ci sono particolari sviluppi sulla vicenda in questo momento. È prevedibile che da parte scozzese – parlo del partito SNP, della First Minister Sturgeon e del governo scozzese – ci sia una pressione sotto questo punto di vista. Francamente, non so dove e a che punto si arriverà, ma certamente c'è questa aspirazione da parte di un settore della Scozia. Per quanto riguarda l'Irlanda, è stato uno dei temi, se non il tema cruciale, nel negoziato sull'Accordo di recesso. Bisognerà vedere adesso, anche dal nostro punto di vista, come sarà poi attuato lo stesso Accordo di recesso, in particolar modo per quanto riguarda il confine fra le due Irlande, tenendo presente il ruolo fondamentale che l'Unione europea ha avuto nell'accordo del Good Friday proprio nel garantire la pace. Certamente, non è interesse di nessuno che si torni a una situazione preaccordo del Venerdì Santo. Per quanto riguarda la NATO, sicuramente rimarrà uno dei fora su cui, insieme al Regno Unito, noi continueremo a lavorare, soprattutto bilateralmente. Abbiamo interessi comuni e anche azioni comuni in aree strategiche, come l'Iraq, l'Afghanistan, il Kosovo. Soprattutto, è importante per noi il Regno Unito sulla questione del fronte sud della NATO – e da qui la nostra iniziativa di dicembre di avere uno specifico evento con il Regno Unito. Credo che da parte del Regno Unito ci sia la consapevolezza, ormai, di un impegno della NATO che sia a 360 gradi, perché le minacce alla sicurezza vengono ormai da varie parti e soprattutto non è più facile scinderle e definire se una minaccia può essere isolata a una sola area, considerato che la tipologia di minacce è molto più ampia. Fra queste mettiamo anche i cambiamenti climatici, che sono in sé anche una possibile fonte di minaccia alla sicurezza globale. È certamente nostro interesse e nostra volontà anche continuare a coltivare le relazioni sul punto. Lo dico, anche se non è questo un settore di mia specifica competenza, alla luce dell'evento che abbiamo fatto a Londra e che poi ha avuto anche una seconda parte, se vogliamo, organizzata dall'ambasciata britannica qui a Roma qualche giorno fa: ritengo ci sia la volontà reciproca di continuare a operare in questo settore specifico.
  Per quanto riguarda le iscrizioni – forse ho risposto sulle iscrizioni al Settlement Pag. 15Scheme – ripeto: noi continueremo la nostra azione. È importante sicuramente anche la campagna sui social, che abbiamo intrapreso e continuiamo a fare. Il problema è, paradossalmente, che la campagna sui social non raggiunge molti di coloro che non si sono iscritti. Questo è un po’ il punto, perché magari sono quelli che non necessariamente frequentano i social. Quindi, come arrivare a queste categorie, quelle che noi – ma senza che questo assuma, ovviamente, un carattere dispregiativo abbiamo definito le categorie più vulnerabili: sono le persone più anziane o le persone che non hanno dimestichezza con il mezzo informatico e con i social. La grossa sfida è come raggiungere questi nostri connazionali. Il modo per farlo, quello che abbiamo cercato di fare finora, è: uno, magari intervenire anche sui media tradizionali, che è quello che facciamo e che ho fatto anch'io. Sono stato spesso su vari programmi della BBC proprio per cercare di raggiungere il più possibile i connazionali. Poi, avere riunioni periodiche, frequenti nei posti che sono più vicini a questi nostri connazionali. Questo è quello che noi continueremo a fare con l'apporto di chi poi li rappresenta, che siano i Comites, che sia il CGIE, che siano i nostri consoli onorari, che siano le varie associazioni di connazionali. Ripeto, il numero di 291 mila è un buon numero, ma purtroppo lascia fuori ancora una buona parte dei nostri connazionali. Noi continueremo in questa azione duplice: uno, di informarli; l'altra, importante, con le autorità britanniche; devono capire che qualcuno rimarrà fuori e che quindi non è tollerabile che chi rimane fuori al 30 giugno del 2021 possa poi subire degli effetti che in questo momento sono imprevedibili.

  PRESIDENTE. Ringrazio i colleghi, ringrazio l'Ambasciatore, il vicepresidente Formentini e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.25.