XVIII Legislatura

Commissioni Riunite (III e XIV)

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Giovedì 11 aprile 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Battelli Sergio , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUI NEGOZIATI RELATIVI ALLA BREXIT E SUL RELATIVO IMPATTO PER L'ITALIA

Audizione della professoressa Leila Simona Talani, ordinaria di economia politica e internazionale e Direttrice del Dipartimento per gli studi europei e internazionali del King's College di Londra.
Battelli Sergio , Presidente ... 3 
Talani Leila Simona , ordinaria di economia politica e internazionale e Direttrice del Dipartimento per gli studi europei e internazionali del ... 3 
Battelli Sergio , Presidente ... 7 
Rossini Emanuela (Misto-Min.Ling.)  ... 7 
Giglio Vigna Alessandro (LEGA)  ... 8 
Battelli Sergio , Presidente ... 8 
Pettarin Guido Germano (FI)  ... 8 
Ungaro Massimo (PD)  ... 9 
Cabras Pino (M5S)  ... 9 
Formentini Paolo (LEGA)  ... 10 
Vietina Simona (FI)  ... 10 
Battelli Sergio , Presidente ... 10 
Talani Leila Simona , ordinaria di economia politica e internazionale e Direttrice del Dipartimento per gli studi europei e internazionali del ... 10 
Giglio Vigna Alessandro (LEGA)  ... 11 
Talani Leila Simona , ordinaria di economia politica e internazionale e Direttrice del Dipartimento per gli studi europei e internazionali del ... 11 
Battelli Sergio , Presidente ... 14

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA XIV COMMISSIONE
SERGIO BATTELLI

  La seduta comincia alle 9.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.

Audizione della professoressa Leila Simona Talani, ordinaria di economia politica e internazionale e Direttrice del Dipartimento per gli studi europei e internazionali del King's College di Londra.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui negoziati relativi alla Brexit e sul relativo impatto per l'Italia, l'audizione della professoressa Leila Simona Talani, ordinaria di economia politica e internazionale e Direttrice del Dipartimento per gli studi europei e internazionali del King's College di Londra.
  Saluto e ringrazio la nostra ospite, anche a nome della presidente della Commissione esteri, onorevole Marta Grande, e le cedo senz'altro la parola per lo svolgimento del suo intervento, che prego di contenere complessivamente in circa quindici minuti.
  Potranno poi far seguito eventuali domande da parte dei deputati, che invito fin d'ora a comunicare le proprie richieste di intervento alla presidenza, e quindi la replica da parte della professoressa Talani.
  Do la parola alla professoressa Talani per lo svolgimento della sua relazione.

  LEILA SIMONA TALANI, ordinaria di economia politica e internazionale e Direttrice del Dipartimento per gli studi europei e internazionali del King's College di Londra. Grazie a tutti per avermi invitato. In particolare ringrazio l'Onorevole Rossini, che mi ha invitato personalmente.
  Sono contenta perché è un momento particolare per i negoziati della Brexit. Quando abbiamo deciso di organizzare questa audizione eravamo tutti convinti che il 29 marzo – peraltro data del mio compleanno – questa Brexit si sarebbe verificata. Invece, non è successo. Arriviamo proprio alla data del 12 di aprile, che sarebbe stato il termine ultimo per l'uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea, ma anche questa data, come sappiamo, è scaduta perché ci sono stati ulteriori sviluppi questa notte.
  Il momento è particolare, la tempistica è eccezionale perché questa notte è stata decisa, finalmente, un'ulteriore estensione fino al 31 ottobre. Ovviamente, sapete cos'è la Brexit, non lo devo specificare.
  Va specificato, però, che siccome questa uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea ancora non si è verificata, quello che sta succedendo adesso è che il Regno Unito è ancora nell'Unione europea e ne fa parte a tutti gli effetti. Qualsiasi impatto si verificherà soltanto nel momento in cui il Regno Unito effettivamente uscirà dall'Unione europea.
  La questione di quando uscirà è sicuramente importante ed è collegata, al momento, esclusivamente a un evento, ovvero all'approvazione da parte del Parlamento del Regno Unito, che è sovrano, come sicuramente saprete, dell'accordo che è stato concordato da Theresa May con l'Unione Pag. 4europea e con Michel Barnier come rappresentante dell'Unione europea. Questo è un accordo che ormai, da quello che si è riuscito a capire, non potrà essere modificato. I negoziatori dell'Unione europea hanno stabilito che l'accordo non può essere modificato.
  Il problema fondamentale dell'accordo in quanto tale – che è, secondo me, un ottimo accordo – per gli inglesi è il backstop, che sono sicura sappiate che cos'è. Il backstop è il meccanismo che dovrebbe organizzare le relazioni fra l'Irlanda del Nord e la Repubblica d'Irlanda nel momento in cui si esce dall'Unione europea per evitare che si creino ulteriori tensioni oltre a quelle preesistenti fra le due parti dell'isola.
  Secondo l'accordo che è stato formulato il 23 marzo 2018, il backstop impedisce che si possa uscire dalla dall'unione doganale, finché non è stata finalmente trovata una soluzione per l'Irlanda del Nord, per il confine: in altri termini, occorre stabilire se inserire o meno un hard border, un confine vero e proprio tra l'Irlanda del Nord e la Repubblica irlandese. L'obiettivo sarebbe di non avere un confine. Però, se non si ha un confine poi non esiste un confine tra il Regno Unito e l'Unione europea.
  Purtroppo, gli unionisti che sostengono Theresa May e il Governo Tory sono solo undici, quindi undici voti, ma hanno il potere di non far passare l'accordo insieme a tanti altri membri del partito conservatore, che sono estremisti della Brexit, i cosiddetti brexiters, che vorrebbero una Brexit più dura possibile, e finora non hanno dato il consenso per il passaggio di questo accordo, con tre votazioni successive di cui l'ultima avvenuta proprio il 29 marzo con un numero di voti di scarto molto inferiore alle precedenti, ma sempre voto negativo: 58 voti di scarto.
  L'ultima votazione sull'accordo ha visto Theresa May perdere con 58 voti che includono gli undici voti degli unionisti di DUP (Democratic Unionist Party), gli unionisti del Nord Irlanda, e in più, facendo un rapido calcolo, 47 Tories, che sono classificabili come fautori di una Brexit dura.
  In realtà, il problema è che la maggior parte dei Tories vuole una Brexit dura. È per questo che non riesce a passare l'accordo, perché l'accordo in quanto tale viene giudicato troppo soft laddove, in realtà, non lo è.
  È un accordo necessario che semplicemente riorganizza le relazioni tra l'Unione europea e il Regno Unito in funzione dell'uscita. La hard Brexit è in realtà impossibile, perché troppe sarebbero le questioni rimaste aperte, a cominciare da quelle dei cittadini dell'Unione europea nel territorio del Regno Unito, ma anche dei cittadini britannici in territorio dell'Unione europea, oltre a una serie di altre relazioni come le normative relative all'aviazione, quelle relative al controllo delle centrali nucleari e altre questioni che non potrebbero assolutamente essere lasciate insolute. L'accordo, quindi, è necessario. L'accordo è l'unica possibilità che esiste. Non vi sono altre possibilità.
  La hard Brexit è impossibile dal mio punto di vista. Credo sia assolutamente impossibile che si verifichi. È talmente vero che ormai sembra che non sia un'ipotesi, tanto più che se arriviamo fino al 31 ottobre per quanto è stato stabilito dalle relazioni fra il negoziatore europeo e Theresa May dovrà essere in qualche modo raggiunto un accordo.
  L'accordo può ancora avvenire prima delle elezioni europee e penso che questo sia importante dirlo perché se dovessero ottenere la maggioranza in Parlamento in un voto sull'accordo di Theresa May entro il 22 maggio, la Gran Bretagna non avrebbero l'obbligo di partecipare alle elezioni europee.
  Se comunque dovessero riuscire entro il 30 giugno, anche se ci fossero le elezioni europee, non vi sarebbe obbligo per i parlamentari di riunirsi nel Parlamento europeo. Ci sono, quindi, una serie di scadenze che impedirebbero in un certo senso alla Gran Bretagna di fare parte pienamente del consesso delle istituzioni europee, sia che passi l'accordo prima del 22 maggio sia che passi dopo, però entro il 30 giugno. Il 1° luglio partirà la prima sessione del Parlamento europeo. Secondo me, è abbastanza Pag. 5 possibile che ciò avvenga. Però, è limitato al raggiungimento di una maggioranza parlamentare.
  Come si sta organizzando Theresa May per avere una maggioranza parlamentare? Sono iniziate le negoziazioni con il partito laburista di Corbyn. Penso che sia estremamente improbabile che riescano a raggiungere un accordo per avere i voti, almeno alcuni dei voti dei laburisti. Un accordo formale penso che non sarà raggiunto. Può esservi la possibilità che qualche laburista più in opposizione rispetto alla linea di Corbyn poi, alla fine, voti per l'accordo di Theresa May. Ciò è probabile. Queste sono sempre ipotesi. Con la Brexit bisogna stare molto attenti. Sono sempre supposizioni, ma non credo che saranno in grado di trovare un accordo formale con il partito laburista che in questo caso sarebbe per il mantenimento della Customs Union per sempre, come futura organizzazione dei rapporti di commercio tra il Regno Unito e l'Unione europea.
  Su questo non c'è l'accordo. Credo che la maggior parte dei Tories sia contraria anche alla Customs Union. Vedranno successivamente come vogliono organizzare la questione, ma il trade agreement è qualcosa – il trade agreement è l'accordo commerciale, è l'accordo dei rapporti fra il Regno Unito e l'Unione europea sulle questioni commerciali – che dovrà essere discusso dopo la Brexit. Anche quello farà parte dei negoziati futuri. Al momento l'accordo non include nessuno di questi elementi, ma include semplicemente la regolamentazione di questioni assolutamente, come dicevo prima, fondamentali per il funzionamento proprio della Gran Bretagna, perché altrimenti sarebbe impossibile, non vi sarebbero più medicinali, smetterebbero di volare gli aerei con una hard Brexit o con un no-deal che, come ho detto prima, secondo me, è assolutamente impossibile che avvenga.
  Prima o poi l'accordo dovrà essere ratificato, in un modo o nell'altro. Probabilmente questo avverrà entro il 31 ottobre. Altrimenti, si continuerà con le estensioni fino a che, eventualmente, non si verifichi una maggioranza diversa per evitare il recesso. Anche su questo ho dei seri dubbi, ma forse perché sono una pessimista. Io penso che la revoca dell'articolo 50 sia altamente improbabile, così come anche un secondo referendum per il quale non si è espresso positivamente neppure il capo dei laburisti, Corbyn. Queste sarebbero le altre alternative.
  L'alternativa ad un accordo non è il no-deal, ma è la revoca dell'articolo 50 o il secondo referendum. Entrambi, secondo me, sono improbabili, ma non si sa mai, perché la situazione è talmente caotica che potrebbero verificarsi.
  Per quanto riguarda l'impatto sui cittadini italiani e in generale sui cittadini dell'Unione europea, prima di tutto è fondamentale notare quanti sono i cittadini italiani in Inghilterra, che è un numero elevatissimo. Secondo i dati del Consolato generale siamo intorno ai 700 mila, nonostante gli iscritti all'AIRE siano più o meno la metà, 315 mila. Si è verificato nell'ultimo periodo un incremento degli iscritti all'AIRE, dovuto alla sensazione che la formalizzazione della propria residenza sia necessaria per ottenere i diritti successivi alla Brexit, ma in realtà non è così, perché al Governo inglese non interessa l'iscrizione all'AIRE, interessa la residenza, e le prove di residenza non hanno tanto a che vedere con l'iscrizione all'AIRE quanto con la documentazione locale, a cominciare da housing bills, bank bills, statements bancari e così via.
  L'impatto secondo me va suddiviso in tre possibilità: 1) l'impatto relativo al nostro diritto di entrata e residenza nel Regno Unito, che chiaramente cambierà una volta che si verificherà la Brexit, 2) l'impatto relativo al diritto di accesso al mercato del lavoro e al welfare, quindi tutto quello che riguarda la previdenza, l'accesso al servizio sanitario, e, essendo io professore universitario, tutto ciò che riguarda l'impatto sugli studenti e sui ricercatori universitari, che è molto importante dal mio punto di vista, perché chiaramente vi saranno delle conseguenze, 3) per quanto riguarda i diritti politici, gli italiani al momento godono del diritto di poter votare alle elezioni europee in territorio britannico, Pag. 6 dal momento in cui si verificherà la Brexit questo verrà meno, però questo è uno dei diritti più facilmente recuperabili successivamente (ci sono già delle iniziative al riguardo).
  Per quanto riguarda l'accesso e l'entrata, ci sono già stati moltissimi interventi, basta guardare le pagine web del Consolato italiano, e siamo rassicurati da molti punti di vista, però chiaramente cambierà. Per quanto riguarda l'entrata, non ci sarà bisogno del visto, dopo tre mesi di permanenza in territorio britannico sarà necessario richiedere un permesso di residenza temporaneo. Una volta entrati nel territorio britannico dopo la Brexit, quindi, l'entrata è libera con i normali documenti, che per il momento rimangono gli stessi, passaporto e carta d'identità. Successivamente probabilmente cambieranno, sarà necessario il passaporto per l'entrata. Vi ricordo che ovviamente il Regno Unito non è nell'area Schengen, quindi è già così, bisogna presentare i documenti per poter passare la frontiera.
  Con la Brexit cambia che la residenza non è più automatica, bisognerà richiederla, dopo tre mesi sarà necessario richiedere il permesso di residenza temporanea e poi eventualmente permanente, e questo dipenderà dalla legge migratoria inglese. Quindi è molto probabile che sarà collegato ad attività tipo permesso di residenza per motivi di studio, permesso di residenza per motivi di lavoro, permesso di residenza per unificazione familiare, come avviene per i cittadini dei Paesi terzi già adesso. Quindi la disciplina che riguarderà i cittadini dell'Unione europea sarà quella attuale per i cittadini dei Paesi terzi, diventeremo a tutti gli effetti cittadini terzi.
  Ovviamente c'è la possibilità di accordi bilaterali, che comunque dovranno essere negoziati successivamente alla Brexit, che potranno essere con l'Italia e con altri Paesi per avere una situazione di privilegio, un periodo di residenza superiore (non so come potrà essere organizzata), ma al momento non è così: i cittadini dei Paesi terzi dopo tre mesi devono chiedere il permesso di residenza temporaneo.
  Lo stesso vale per l'accesso al mercato del lavoro: al momento come cittadini europei siamo assolutamente equiparati ai britannici, non abbiamo alcuna discriminazione, non possiamo essere discriminati perché siamo tutti i cittadini dell'Unione europea e i diritti sono gli stessi, mentre dalla Brexit in poi i cittadini dell'Unione europea, inclusi gli italiani, saranno cittadini terzi, quindi non avremo più lo stesso accesso al mercato del lavoro.
  Non è questione di discriminazione, semplicemente ci sarà una preferenza per i cittadini britannici, a meno che non vi siano accordi particolari per l'accesso al mercato del lavoro, bilaterali o con tutta l'Unione europea, che comunque dovranno essere negoziati. È un problema abbastanza serio, perché significa che non potremo godere della stessa facilità di trovare lavoro che abbiamo avuto finora: non potevamo assolutamente essere discriminati, d'ora in poi non si tratta neanche più di discriminazione, ma di normale trattamento riservato ai cittadini di Paesi terzi.
  Al momento, la legislazione è estremamente rigida, per quanto riguarda la politica e la legislazione migratoria sui cittadini di Paesi terzi in Inghilterra è rigidissima, c'è addirittura una soglia salariale, al di sotto della quale non è possibile avere il permesso di residenza, che è stata elevata proprio da Theresa May (è stata Ministra dell'interno, tra l'altro uno dei più duri nei confronti dei migranti) da 25 mila a 33 mila sterline l'anno di reddito minimo per poter ottenere il permesso di soggiorno; e 33 mila sterline l'anno è una cifra altissima, tanto è vero che la polemica è stata sul servizio sanitario, perché le infermiere non arrivano a un salario così elevato.
  Ovviamente ci saranno quote come da noi il decreto flussi, ci sarà una regolamentazione successiva però alla Brexit, questione che dovrà essere discussa. L'accesso al mercato del lavoro sarà ovviamente ristretto, come dicevo, alla legislazione esistente sull'accesso dei cittadini di Paesi terzi.
  Per gli studenti la situazione è identica. Gli studenti dell'Unione europea saranno trattati come cittadini di Paesi terzi, quindi Pag. 7il diritto di entrata probabilmente sarà garantito per il periodo di studi e dipende da come la legislazione sarà organizzata, ma al momento non vi è il diritto di rimanere dopo la fine del periodo di studi. Quindi per i cittadini terzi, a meno che non intervenga immediatamente un contratto di lavoro, vi è l'obbligo di tornare e cercare un contratto di lavoro prima di poter rientrare e ottenere la residenza.
  Fino al termine del periodo di transizione, che per il momento è fissato al 31 dicembre 2020, tutto ciò non si applica, soltanto dopo il periodo di transizione verrà applicato questo nuovo sistema della Brexit, però dal 31 dicembre 2020 (questo vale per tutto, anche per i lavoratori e per i diritti vari) non si sa ancora se gli studenti dell'Unione europea dovranno pagare le tasse più elevate che sono quelle per i cittadini di Paesi terzi.
  Qui la questione è abbastanza discussa, perché ancora non è chiaro chi decida quali sono le tasse, se il Governo centrale o l'università. Di questo mi sono occupata direttamente ed è molto probabile che siano le università a decidere il livello della tassazione, perché hanno totale autonomia nel sistema inglese, quindi in realtà il sistema di tassazione potrebbe essere modificato in maniera tale da non discriminare eccessivamente i residenti dell'Unione europea, però questo è tutto da vedere, al momento non si sa.
  L'accesso ai fondi di ricerca per noi ricercatori italiani ovviamente sarà limitato, per il semplice fatto che, anche essendo italiani, se siamo membri di una facoltà inglese non avremo più accesso ai fondi di ricerca europea, però anche questo può essere parte di una negoziazione successiva. Fino al periodo di transizione Theresa May si è impegnata comunque a continuare a pagare i fondi di ricerca, nonostante il Regno Unito non sia nell'Unione europea, per cui i contratti già iniziati continueranno fino a conclusione.
  In seguito, vi potrebbe essere un accordo, che è molto probabile, perché è difficile che il Regno Unito decida di essere completamente estromesso dalla ricerca europea, quindi è molto probabile che il Regno Unito continuerà a contribuire ai fondi di ricerca europei, in maniera tale che anche i ricercatori delle università britanniche possano avere accesso ai fondi di ricerca europei.
  Questo è tutto da stabilire, sono possibilità da negoziare. Come ricercatori italiani sarebbe possibile per la Commissione europea eventualmente considerare la nazionalità piuttosto che l'affiliazione, come abbiamo sempre sperato che avvenisse, quindi dare i fondi in funzione della nazionalità indipendentemente dall'affiliazione, questione al momento discussa.
  L'ultimo tema era quello dell'impatto politico, che, per quanto riguarda noi cittadini italiani che risiediamo nel Regno Unito, è collegato principalmente ai diritti politici di cui godiamo come membri dell'Unione europea, che non potranno più essere esercitati sul territorio britannico. A meno che non vi sia un intervento delle istituzioni europee anche sulla base di una sollecitazione da parte dei parlamentari italiani, per poterci consentire eventualmente di votare alle elezioni europee, di esercitare il diritto di petizione e di accesso all’Ombudsman europeo anche da territorio inglese, ma credo che questa sia una questione meno rilevante e facilmente risolvibile.
  Mi è stato dato l'incarico di parlare dell'impatto, io mi occupo di politica economica, quindi ho provato a dare una visione d'insieme di quelle che potrebbero essere le problematiche molto più ampia rispetto al mio tema di ricerca, che però è quello di impatto economico, per cui se volete fare delle richieste in questo senso, sono disposta a rispondere.

  PRESIDENTE. Ringrazio la professoressa Talani.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  EMANUELA ROSSINI. Ho una domanda secca, sollecitata dal suo intervento: qual è a questo punto l'impatto economico sul settore più strategico del Paese, che è quello finanziario della City? Questo ha anche un Pag. 8grande impatto su tutte le nostre aziende che risiedono e operano in Gran Bretagna. Grazie.

  ALESSANDRO GIGLIO VIGNA. La ringrazio, professoressa, perché la sua testimonianza diretta sia di cittadina italiana che vive nel Regno Unito, sia di professoressa universitaria che esercita nel Regno Unito, è importantissima per noi.
  Parliamo nell'ambito ovviamente della probabilità, perché è tutto talmente fluido in questa fase che il condizionale è d'obbligo. Anche noi pensiamo che un nuovo referendum sia praticamente impossibile e neanche corretto da un punto di vista prettamente politico, perché in questa fase un nuovo referendum sarebbe forse inficiato dall'effetto psicologico di essere nel mezzo di questa fase di fluidità e quindi anche di incertezza per i cittadini del Regno Unito.
  Pensiamo che anche la revoca dell'articolo 50 sia decisamente improbabile; anche se riconosciamo il diritto della Gran Bretagna a un no-deal secco, ammettiamo però che la probabilità è bassa, seppur forse più alta delle altre due casistiche. La data del 31 ottobre 2019 è, a nostro parere, dove si voleva arrivare da parte del Governo di Theresa May. L'ha detto anche il Presidente Conte ieri, è uscita un'ANSA a tal proposito: la data deve essere abbastanza distante.
  A nostro parere (vorremmo un feedback da lei) sta succedendo che si aspettano le elezioni europee, si aspetta l'insediamento di una nuova maggioranza in seno all'Europarlamento e di una nuova Commissione europea, e, una volta insediatasi una nuova Commissione europea, partendo ovviamente dall'accordo che esiste già, le due parti dovrebbero iniziare a ridiscutere l'accordo, andando a sciogliere alcuni nodi, fra cui ovviamente quello dell’hard border in Irlanda. E l'accordo dovrebbe essere auspicabilmente più flessibile nei confronti della Gran Bretagna.
  È nostra opinione che da parte dell'Unione europea ci sia stato un atteggiamento abbastanza rigido verso la Gran Bretagna, ossia, semplificando al massimo, «volete uscire, ma ne uscite pagando il prezzo più alto possibile». Il problema è che questo è un boomerang per l'Unione europea e per suoi i cittadini. Vorremmo conoscere la sua opinione su questo.
  Una domanda tecnica sulla rappresentanza britannica in Europarlamento, perché durante il suo intervento l'ha accennato e vorremmo entrare nello specifico. Ci saranno le elezioni europee, verranno eletti e poi si ritireranno?
  Grazie, presidente, scusi se ho sforato. Vorrei anche ringraziare gli uffici, perché questa mattina ci hanno consegnato un memorandum con le ultime novità del Consiglio europeo straordinario della notte scorsa.

  PRESIDENTE. Siamo sempre fieri dei nostri uffici.

  GUIDO GERMANO PETTARIN. Grazie di questa occasione. Ringrazio la professoressa e approfitto, avendo saputo che è recentissimo il suo compleanno, per farle gli auguri. Speriamo che il 29 marzo sia di buon auspicio per lei e anche per questa situazione particolare cui stiamo assistendo, che io ritengo un vero e proprio romanzo giallo.
  Viviamo un'atmosfera da suspense, con notizie che si succedono l'una all'altra e che ci tengono svegli la notte per sentire gli ultimi notiziari e capire cosa stia accadendo. Credo che sia un dramma e mi piacerebbe molto poter guardare al futuro per scoprire chi sarà l'assassino, perché penso che di un assassinio si tratti. Personalmente ritengo che la Brexit sia un grandissimo errore, che sia un vero e proprio suicidio collettivo da parte di chi si è trovato a vivere questa situazione in maniera assolutamente imprevista.
  Su questo, ben capendo che lei non è il «Mago Merlino» e che di conseguenza non può avere capacità divinatorie, le chiedo due cose, una sua opinione e un suo giudizio. La sua opinione è legata al referendum numero 2, che io auspico fortemente, perché ritengo che non vi sia peggior sordo di chi non vuol sentire e che, quando una situazione si appalesa come errata, proseguire nell'errore sia il peggiore dei mali possibili, anche se questa è una situazione Pag. 9che mette in grossa difficoltà il mio essere un «romanista» per quanto riguarda il diritto, quindi principi come pacta sunt servanda e do ut des sono messi a grandissima prova rispetto a quello che sta accadendo.
  Cosa ne pensa della possibilità che vi sia effettivamente, per ragioni pragmatiche se non altro, un secondo referendum?
  Passo alla domanda tecnica, sfruttando la sua competenza particolare. Gli aspetti di politica economica consequenziali alla necessità del rispetto degli obblighi internazionali, al collocamento sul panorama internazionale anche strategico-militare di quella che sarà, in qualunque modo, la futura situazione del Regno Unito secondo lei che tipo di conseguenze di carattere economico-politico mondiali, globali potrebbe portare? Grazie.

  MASSIMO UNGARO. Grazie, presidente. Anch'io mi associo ai ringraziamenti agli uffici, sempre sul pezzo, per questi documenti sulla Brexit, ringrazio le Commissioni per aver organizzato questa audizione e ringrazio la professoressa Talani per questa esaustiva relazione.
  Avrei due domande e poi una considerazione. Cosa pensa, professoressa, sui futuri requisiti di accesso al Regno Unito? La Brexit prima o poi dovrebbe avvenire, una volta avvenuta come pensa che saranno i requisiti di accesso dei lavoratori italiani in quel Paese, verremo equiparati esattamente ai Paesi terzi?
  La seconda domanda è se abbia da consigliare a noi legislatori italiani delle misure per favorire il rientro non solo delle eccellenze, ma di lavoratori, professionalità italiane che, dato il regime di incertezza, potrebbero considerare un rientro in Italia, se lei ipotizzi delle misure, oltre agli sgravi fiscali già esistenti, o degli strumenti di chiamata diretta, soprattutto per i professori universitari e per i ricercatori universitari. Se la sente di darci qualche spunto?
  La terza è una considerazione più politica. Mi sembra molto difficile che il governo May riesca ad arrivare fino a ottobre e a superare l'estate, dato il deteriorarsi della coesione politica di quel partito. Ovviamente è molto difficile, ma le vorrei chiedere le sue considerazioni sulla possibilità che comunque un accordo venga ratificato nelle prossime settimane, dato che il margine è sembrato diminuire. Il Governo britannico aveva perso con 220 voti a gennaio, 149 a marzo e l'ultima volta con 58, quindi adesso mancano soltanto 25 parlamentari dai 110 di prima, quindi non siamo tanto lontani dalla meta. Vorrei chiederle se è possibile o meno.
  Sicuramente una parte politica si aspetta che a ottobre dopo l'estate ci sarà una nuova Commissione europea e forse il tema della riapertura del negoziato sull'accordo non è del tutto tabù. Detto questo, la vedo veramente dura che il Governo May riesca a sopravvivere. Vorrei capire da lei se sia completamente morta la possibilità che l'accordo venga ratificato nelle settimane che arrivano.

  PINO CABRAS. La permanenza del Regno Unito nell'Unione europea è stata abbastanza lunga da far mischiare le ossa dei Paesi europei e, quindi, avere molte membra del Regno Unito all'interno del sentire comunitario, al punto che, ad esempio, l'inglese è diventata lingua di fatto dominante dei lavori dell'Unione europea. Pertanto, la Brexit avrebbe come supremo paradosso quello di vedere fuori dall'Unione europea il Paese che culturalmente e linguisticamente sarebbe l'elemento connettivo.
  Questa separazione è talmente dolorosa che mi pare che si siano dovuti ritoccare 700 trattati, quindi è veramente quasi impossibile separarsi. Ci si sta salutando, ma non si va via dalla reciproca compagnia. Tuttavia, di fatto certi processi stanno andando avanti lo stesso e vedremo alcune conseguenze.
  Una delle conseguenze meno esplorate nelle discussioni che affondano sui temi burocratici o di rapporti istituzionali è la questione economica. Non è che la Brexit in questo momento sia un tentativo del Regno Unito di sganciarsi da certi limiti economici dell'Unione europea, dove la Germania è l'elemento dominante e ha una serie di legami molto forti, per cui ci sono pezzi di intere economie che dipendono di fatto dalla Germania? Pag. 10
  A chi guarda adesso il Regno Unito quasi post-Brexit? Alla sponda atlantica? Alla Cina? Quali saranno i rapporti con l'Europa nell'ambito di una ridefinizione dei rapporti intercontinentali?

  PAOLO FORMENTINI. Stanotte è stata concessa questa nuova proroga, però bisogna ricordare che già per tre volte l'accordo di recesso è stato bocciato. Come ha detto la professoressa, l'accordo con Corbyn è estremamente complesso, quindi lo scenario hard Brexit è tutt'altro che lontano.
  In questo scenario, quanto vede possibile il fatto che la Scozia seceda dall'Inghilterra?

  SIMONA VIETINA. Ringrazio la professoressa per la disponibilità e la cortesia di essere qui oggi. In merito all'impatto che potrebbe avere la Brexit sul nostro settore agricolo e agroalimentare, io vorrei sottolineare che con un valore vicino ai 56 miliardi di euro il Regno Unito rappresenta oggi il sesto mercato al mondo per l’import di prodotti agroalimentari e il secondo per consumi a livelli europei. La Gran Bretagna si configura come il nostro quarto mercato di export alimentare più importante, un mercato che nell'ultimo decennio ha aumentato i propri acquisti di prodotti made in Italy del 43 per cento. Ci sono prodotti italiani fortemente legati agli acquisti del Regno Unito. Basti pensare al prosecco, ai pelati e alla polpa di pomodoro, al grana. In alcuni casi arrivano al 40 per cento, come nel caso del prosecco. Tra vini, prodotti DOP e prodotti IGP, finisce in Gran Bretagna un miliardo di euro del nostro export. Si tratta di numeri importanti che invitano a prestare una grande attenzione all'evolversi del negoziato in corso, da cui dipende l'impatto che il negoziato avrà sul potere d'acquisto degli inglesi.
  In questo quadro non semplice, ci chiediamo anche quale possa essere il sistema delle tutele di denominazioni di origine che si sta andando a delineare. Quale tutela giuridica dei marchi si prefigura? Si rischierà di vedere il proliferare in Gran Bretagna di prodotti di imitazione, che, seppur di bassa qualità, potrebbero fortemente penalizzare la commercializzazione dei nostri migliori prodotti? Lei cosa ne pensa?

  PRESIDENTE. Do la parola alla professoressa Talani per la replica.

  LEILA SIMONA TALANI, ordinaria di economia politica e internazionale e Direttrice del Dipartimento per gli studi europei e internazionali del King's College di Londra. Ci sono vari livelli di domande. Inizierei da quelle più tecniche, per poi andare verso il globale.
  Per quanto riguarda la domanda dell'onorevole Ungaro relativa all'accesso al mercato del lavoro degli italiani, dal momento della Brexit, quando si verificherà, noi avremo la posizione di Paesi terzi, però è sempre possibile avere un accordo successivo, bilaterale o con l'Unione europea, il che è probabile, perché, per esempio, l'Unione europea lo ha con la Turchia. È possibile che successivamente alla Brexit saranno fatti degli accordi con l'Unione europea o anche bilaterali a quel punto, per cui ci sarà un accesso privilegiato. È molto probabile che si verificheranno quote, accessi privilegiati per particolari categorie di lavoratori che avranno bisogno di meno documenti per poter accedere al mercato del lavoro. Penso agli infermieri, ai medici, ai veterinari.
  Parlando più ampiamente, la questione dell'immigrazione è stata una questione fondamentale nel dibattito sulla Brexit, che, secondo me, ha molto spostato i voti verso l'uscita, ma in realtà è estremamente improbabile che vi saranno meno immigrati nel Regno Unito, semplicemente avranno meno diritti. Infatti, il Regno Unito si fonda moltissimo sull'immigrazione, soprattutto dall'Unione europea, ma anche da Paesi terzi. L'unica differenza è che noi, come membri dell'Unione europea, godevano di una serie di diritti piuttosto elevata, cioè lo stesso livello dei britannici. Nel momento in cui il Regno Unito uscirà dall'Unione europea, il numero di migranti probabilmente sarà anche superiore, ma semplicemente avranno meno diritti e meno possibilità di scelta. Questo purtroppo è vero, non vi sono altre soluzioni.
  Per quanto concerne la questione dell'agricoltura, è un tema molto interessante che riguarda ovviamente l'accordo commerciale successivo, che è tutto da negoziare. Anche questo è parte delle negoziazioni che verranno dopo la Brexit. Data la rilevanza del Pag. 11mercato del Regno Unito, facciamo bene a preoccuparci, perché credo che, se la deregolamentazione che vogliono attuare si verificherà, non avranno nessun obbligo di mantenere la denominazione obbligatoria. Sarà tutto parte di una successiva contrattazione.
  Quello che può avvenire è che per alcuni prodotti – già ne parlano – che sono particolarmente strategici per il mercato britannico potrebbero ridurre la tassa sulle importazioni. Mentre le tasse sulle esportazioni saranno decise dall'Unione europea, quelle sulle importazioni sono decise dal Regno Unito e, se hanno dei settori strategici per cui vogliono mantenere i mercati o mantenere le importazioni, possono anche ridurle a zero, perché fa parte delle loro prerogative dal momento in cui escono dall'Unione europea. Non hanno più nessun obbligo di mantenere le tariffe e la tassazione com'è al momento, quindi possono eventualmente modificarle come preferiscono. Già hanno detto che alcune tassazioni sulle importazioni verranno rimodellate a seconda dei mercati, quindi in maniera scientifica per i prodotti di cui vogliono aumentare le importazioni o di cui hanno necessità le abbasseranno, mentre per gli altri per cui non vogliono concorrenza interna le alzeranno. Dipenderà moltissimo da loro.
  Un'altra questione tecnica era quella sul Parlamento europeo. Se entro il 22 maggio raggiungono l'accordo, allora non hanno obbligo di partecipare alle elezioni europee. Se raggiungono l'accordo entro il 30 giugno, dopo aver partecipato alle elezioni europee i parlamentari non hanno l'obbligo di presiedere alla prima sessione; se raggiungano un accordo successivamente dovranno ritirarsi, però parteciperanno in maniera normale alle sessioni del Parlamento europeo. Questa è la situazione.
  La probabilità che si raggiunga un accordo entro il 22 maggio secondo me è elevata, però io ero molto positiva anche precedentemente, quindi non so. Secondo me è elevata per i motivi di cui parlava l'onorevole Ungaro. Si sta riducendo moltissimo il margine.
  Quanto a convincere i brexiters e i DUP, gli unionisti irlandesi, in virtù delle alternative, soprattutto le alternative che possono essere eventualmente proposte, il secondo referendum o la revoca dell'articolo 50, sono entrambe ipotesi che né i brexiters né i DUP in qualsiasi maniera accetterebbero. Pertanto, può sempre giocare su un ricatto: «Se non accettate questo mio accordo, l'alternativa non è più l’hard Brexit, perché fino al 31 ottobre è impossibile, ma è che si vada a un secondo referendum». Questa è tutta una questione di negoziazione interna al partito Tory, il partito conservatore, con i DUP, perché anche loro sono un ostacolo fondamentale.
  Credo ancora che riusciranno a raggiungere un accordo entro il 22, eventualmente condizionandolo, come è già stato fatto, al ritiro di Theresa May dalla vita politica per sempre e alla sostituzione del Governo successivamente.
  Detto ciò, se non si dovesse verificare questo, anche l'ipotesi che è stata proposta dall'onorevole Giglio Vigna è possibile, cioè una rinegoziazione dell'accordo. Come ho detto precedentemente, l'unico elemento dell'accordo che non accettano è il backstop, tutto il resto è perfettamente accettabile, accettato e condiviso. Il backstop è la questione. È vero che Barnier è stato particolarmente duro sulla rinegoziazione dell'accordo, ma è stato fatto in maniera strategica, anche per scoraggiare eventuali altre uscite dall'Unione europea e far notare che uscire dall'Unione europea non è una passeggiata di salute e che è particolarmente difficile. Credo che sia stata strategicamente una posizione giusta da parte del Commissario europeo. D'altra parte lui ha la sua posizione, quindi deve mantenerla.

  ALESSANDRO GIGLIO VIGNA. (fuori microfono). L'Europa dovrebbe essere una casa, non una galera.

  LEILA SIMONA TALANI, ordinaria di economia politica e internazionale e Direttrice del Dipartimento per gli studi europei e internazionali del King's College di Londra. Sì, ma loro vogliono andare via di casa. Il problema è che loro vogliono uscirne, quindi a quel punto è difficile. Tuttavia, è possibile che un eventuale nuovo Governo... Pag. 12
  Infatti, Theresa May secondo me non regge l'estate, anche se non raggiunge l'accordo. Sia che lo raggiunga sia che non lo raggiunga, sia che l'accordo venga approvato sia che non venga approvato, in entrambi i casi ha pochissime possibilità di mantenersi al Governo. Ciò non significa nuove elezioni in Inghilterra, significa che i Tory decidono per un altro Primo ministro. In quel caso sarebbe una situazione completamente nuova, con due negoziatori totalmente nuovi, che porterebbero forse più facilmente a una modifica del backstop, che in realtà sarebbe molto semplice. Basterebbe semplicemente includere una deadline, una data di scadenza, del backstop, che al momento non c'è. Perché il backstop è fino a quando non si raggiunge l'accordo sull'isola d'Irlanda e però non c'è una data di quando debba finire il backstop nel caso in cui non si raggiunga l'accordo.
  Ciò significa per molti brexiters – o quantomeno loro lo interpretano così – che si rimarrà nella Custom Union per sempre, perché non è detto che si raggiunga un accordo. È un modo per non uscire mai dalla Custom Union. È semplicemente questo il punto, quindi basterebbe introdurre una data di scadenza del backstop, che non è stata introdotta. Anche nelle nuove negoziazioni il negoziatore ha semplicemente detto «sì, ma c'è una fine», senza specificare qual è la data finale.
  È la seconda possibilità. La prima è che raggiungano un accordo entro il 22 maggio-30 giugno, la seconda è che si rivada a rinegoziare. È estremamente improbabile che si vada a un secondo referendum, per quanto auspicabile, tanto più che il primo referendum non era obbligatorio, era consultivo. Infatti, nel sistema britannico il referendum in realtà non è obbligatorio. Il Parlamento può prendere qualsiasi decisione voglia prendere, non è obbligato a stare alla decisione del referendum, che è consultivo, quindi volendo loro potrebbero non fare la Brexit, il che sinceramente significa che la vogliono proprio. Di conseguenza, è improbabile che vi sia un secondo referendum, il cui valore sarebbe ancora non obbligatorio, ma consultivo.
  La questione di fondo è stata che il Governo britannico aveva organizzato in maniera tale che l'accordo passasse, perché non vi era all'inizio obbligo di avere il meaningful vote del Parlamento. Dal momento in cui Gina Miller, l'attivista a favore dell'Europa, ha richiesto il meaningful vote, cioè il voto significativo del Parlamento, poiché il Parlamento è sovrano nel Regno Unito e deve costituzionalmente (anche se in realtà non c'è una Costituzione) pronunciarsi su qualsiasi questione, in particolare su questioni di importanza così significativa, il problema si è posto, perché non c'è una maggioranza in Parlamento, altrimenti l'accordo sarebbe passato senza problemi. È stato negoziato e senza l'intervento di Gina Miller sarebbe stato approvato e noi avremmo già la Brexit, che è quello che volevano, che è come era stato organizzato dal partito conservatore tutto questo processo della Brexit sin dall'inizio. È stato un intervento di Gina Miller, che costituzionalmente era estremamente valido, che ha richiesto il voto del Parlamento, a creare la situazione di stallo in cui siamo adesso.
  Il Parlamento nel Regno Unito è sovrano, cioè qualsiasi decisione del Parlamento non può essere overruled. Non c'è una Costituzione, non può essere in nessun modo limitato. Il Parlamento decide. Ne ho parlato anche con dei costituzionalisti a Cambridge, dove sono stata invitata a fare un intervento sulla Brexit. Loro in qualsiasi momento possono decidere qualsiasi cosa vogliano, quindi il Parlamento è sovrano. È vero.
  Gli altri temi, se non sbaglio, sono la secessione e l’hard Brexit. Non penso che l’hard Brexit sia probabile. Non si sa mai, però la vedo abbastanza improbabile. È estremamente improbabile anche che la Scozia riesca a ottenere la secessione. Prima di tutto dovrebbero avere un nuovo voto e questo dovrebbe essere consentito dal Governo britannico, che non ha nessuna intenzione di darglielo. Già è stato fatto il referendum, prima che ce ne sarà un altro Pag. 13passerà molto tempo ed è anche improbabile che avvenga nel medio periodo. Forse voterebbero per la secessione, ma non credo che gli diano la possibilità.
  Invece, per quanto riguarda la questione più generale – se non sbaglio tutte le questioni più tecniche sono state esaurite – sul ruolo del Regno Unito nel futuro e nella globalizzazione, questa è molto legata alla domanda fatta dall'onorevole Rossini. In realtà, fra i tanti Paesi dell'Unione europea l'unico che probabilmente può consentirsi di uscire dall'Unione europea è il Regno Unito. Il Regno Unito gode di una struttura economica molto diversa dal resto d'Europa, inclusa la Germania. Fondamentalmente la fonte principale di sostegno dell'economia è il settore finanziario, che al momento, se non sbaglio, è intorno al 12 per cento del GDP (gross domestic product), però a esso si associano tutti i servizi collegati, dai servizi legali ai servizi tecnici e così via, quindi rappresenta la struttura portante del sistema economico inglese, tant'è vero che Boris Johnson nel suo intervento in Parlamento ha detto che bisogna fare la Brexit, perché altrimenti la City di Londra perde.
  In realtà, questo è parzialmente vero, nel senso che la City, rebus sic stantibus, non ha nulla da guadagnare, tant'è vero che era contraria all'uscita dall'Unione europea, perché parte dei profitti della City provengono ovviamente da transazioni europee e dal sistema di passaporti che esiste al momento, per cui avendo una sede legale in qualsiasi Paese dell'Unione europea si possono effettuare transazioni business con qualsiasi altro Paese dell'Unione europea. Ovviamente questo andrà perso nel momento in cui la City uscirà dall'Unione europea, nonostante ci siano una serie di sistemi alternativi che la City ha già trovato per fare business in Europa senza passare per il sistema dei passaporti.
  C'è un articolo del Financial Times di ieri che esplicita quali modalità la City ha già trovato per superare il problema dei passaporti, dal back to back business a una serie di altri sistemi. Il più semplice di tutti è che i clienti vanno direttamente a Londra e fanno transazioni direttamente con Londra. C'è la possibilità di stabilire delle subsidiaries o delle branches nella Unione europea, anche perché molte di queste imprese della City sono americane, quindi già hanno subsidiaries, e dovrebbero solo duplicare alcuni servizi.
  Qual è la questione fondamentale? La situazione è dinamica, non è statica. La City è in continua evoluzione e al momento ha trovato un'alternativa molto credibile o quantomeno una via di sviluppo molto credibile, che è quella della financial innovation delle fintech, che sta sviluppando in maniera forte. Infatti, negli ultimi due anni Londra è diventata uno degli hub più importanti di fintech, il primo nel mondo da quando ha iniziato a investire pesantemente nel 2016, cioè dal momento della Brexit in poi.
  Ha tutta l'infrastruttura, l’expertise, le nozioni per continuare ad avanzare su questa strada della financial innovation e la deregolamentazione è estremamente utile da questo punto di vista.
  La mancanza di regole, o quantomeno la possibilità di stabilire le proprie regole indipendentemente dalle regole che vengono imposte dall'Unione europea, è una cosa che aiuta molto un settore nascente come quello del fintech, del financial innovation.
  Quanto possano puntare su questo non si sa, però è molto probabile, dato il contenuto tecnico della globalizzazione, che è sempre più tecnico, sempre più specializzato, sempre più innovativo, sempre più collegato alla capacità e alla velocità di innovazione, che si trovi il settore finanziario inglese in una posizione dominante.
  Già si trova in una posizione dominante, ma nel futuro molto di più e può essere estremamente favorita dal non far parte dell'Unione europea. Non voglio dire che sia stato il motivo per cui hanno deciso di uscire dall'Unione europea, però non è detto che perdano. Ecco, mettiamola così. Anzi, lo vedo abbastanza improbabile. Questo è facilitato dall'uscita dall'Unione europea.
  In più, nel contesto della globalizzazione, in cui comunque le nicchie di specializzazione vanno identificate, il Regno Pag. 14Unito si pone sempre più come un hub internazionale globale per servizi finanziari ad altissima innovazione. Non so se sono in grado di mantenere un'intera economia, però non è impossibile. La scommessa è questa, che riescano. Credo si colleghi anche a una domanda che è stata fatta sulla posizione futura del Regno Unito nella globalizzazione.
  Con questo ho terminato.

  PRESIDENTE. Grazie, professoressa Talani. Ringrazio anche i colleghi e dichiaro concluda l'audizione.

  La seduta termina alle 10.