XVIII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 4 di Giovedì 6 dicembre 2018

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Sarti Giulia , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DELLO SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO RECANTE CODICE DELLA CRISI DI IMPRESA E DELL'INSOLVENZA (Atto del Governo n. 53)

Audizione di rappresentanti dell'Alleanza delle Cooperative italiane.
Sarti Giulia , Presidente ... 3 
Venturelli Marco , segretario generale di Confcooperative ... 3 
Iengo Mauro , responsabile ufficio legislativo Legacoop ... 5 
Sarti Giulia , Presidente ... 6 
Bazoli Alfredo (PD)  ... 6 
Sarti Giulia , Presidente ... 7 
Iengo Mauro , responsabile ufficio legislativo Legacoop ... 7 
Bazoli Alfredo (PD)  ... 7 
Iengo Mauro , responsabile ufficio legislativo Legacoop ... 7 
Sarti Giulia , Presidente ... 7 

Audizione di rappresentanti dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS):
Sarti Giulia , Presidente ... 8 
Petrotta Maria Sandra , Direttore centrale della Direzione centrale entrate e recupero crediti dell'INPS ... 8 
Sarti Giulia , Presidente ... 14 

ALLEGATO: Documentazione depositata dai rappresentanti dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo Italiani all'Estero-Sogno Italia: Misto-MAIE-SI;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
GIULIA SARTI

  La seduta comincia alle 11.55.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'Alleanza delle Cooperative italiane.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame dello schema di decreto legislativo recante codice della crisi di impresa e dell'insolvenza (Atto n. 53 del Governo), di rappresentanti di Alleanza delle cooperative italiane. Sono presenti Marco Venturelli, segretario generale di Confcooperative e Mauro Iengo, responsabile dell'ufficio legislativo di Legacoop.
  Darei la parola prima al dottor Venturelli, per una breve relazione (dieci minuti, un quarto d'ora) e poi al dottor Iengo. Poi vedremo se ci saranno anche interventi e domande da parte dei commissari.

  MARCO VENTURELLI, segretario generale di Confcooperative. Grazie, presidente. Buongiorno a tutti. Evidenzio che nella delegazione di Alleanza delle cooperative italiane sono presenti con noi anche il direttore di Legacoop, Giancarlo Ferrari, e il collega responsabile legislativo di Confcooperative. Anche in questa occasione, come ormai da alcuni anni, l'interlocuzione con Governo e Parlamento è effettuata sempre, salvo smentite, unitariamente, per cui andiamo sempre ad una elaborazione e composizione di una posizione unitaria da proporre alle Istituzioni.
  Anche in questo caso, pur essendo assenti nella delegazione rappresentanti dell'Associazione generale cooperative italiane (AGCI), quella che esprimiamo e portiamo è una posizione dell'Alleanza delle cooperative italiane composta appunto da AGCI, Legacoop e Confcooperative.
  Grazie per questa audizione. Intanto vogliamo partire dall'espressione di una condivisione. Vogliamo salutare finalmente la vigilia di un definitivo completamento della riforma sulla gestione delle crisi d'impresa. Se ne sente il bisogno. Sappiamo tutti che occorre avere strumenti più innovativi, più moderni e più adeguati ai tempi e anche agli interessi generali da tutelare nel caso in cui l'impresa vada in crisi, e che la dimensione dell'imprenditore e dell'impresa in crisi o in stato di fallimento non può essere, se ci sono le condizioni di riscatto, una lettera scarlatta che uno si porta dietro tutta la vita.
  Noi ci soffermiamo, in questa opportunità che ci date, nell'evidenziare le ragioni per cui riteniamo che la previsione di riduzione della applicabilità della procedura di liquidazione coatta amministrativa vada contro gli interessi generali e riduca la possibilità di uno strumento che, invece, si è rivelato negli anni incisivo.
  Innanzitutto, osserviamo che la legge delega prevede in modo espresso, all'articolo 15, comma 1, lettera a), il mantenimento, la sopravvivenza, della liquidazione coatta amministrativa, ove vigono sistemi di vigilanza amministrativa, mentre poi lo schema di decreto legislativo attuativo ne Pag. 4riduce l'applicabilità e, tra l'altro, solo per le cooperative.
  Riducendo l'applicabilità della liquidazione coatta amministrativa si indebolisce il sistema di vigilanza amministrativa che è governato dal Ministero dello sviluppo economico. Invece, il sistema di vigilanza amministrativa sopravvive insieme anche all'istituto di liquidazione coatta per tutti gli altri casi, ove c'è un sistema di vigilanza amministrativa (banche, assicurazioni, anche imprese sociali secondo la recente riforma di cui al decreto legislativo n. 112 del 2017). Questa contraddizione e non coerenza dello schema di decreto legislativo rispetto alla legge delega l'ho già evidenziata.
  È un bene che l'autorità di vigilanza sia confermata nel ruolo anche nell'allerta e composizione delle crisi attraverso un'esaltazione del ruolo del Ministero dello sviluppo economico con il quale riteniamo debba essere messa a punto la definizione degli alert, dei fondati indizi di crisi per poi, attraverso l'autorità di vigilanza, dare seguito per affrontare, ricomporre e far superare la crisi all'impresa.
  Prevedere che l'avvio di procedure fallimentari pregiudichi il prosieguo dell'esercizio dell'autorità di vigilanza, la possibilità di liquidazione coatta, la possibilità di applicare sanzioni fino allo scioglimento coatto e quindi l'impossibilità all'avvio della procedura fallimentare di applicare la liquidazione coatta, è un indebolimento fortissimo del sistema di vigilanza amministrativo, a cominciare dalla lotta contro le false cooperative, che invece politicamente – credo che siamo tutti d'accordo, Alleanza delle cooperative, ma innanzitutto istituzioni, Governo e Parlamento – va rafforzata. Il fenomeno delle false cooperative è, infatti, una piaga che dobbiamo combattere e contro la quale, anche se non è il tema di oggi, dovremo prevedere un inasprimento degli strumenti di lotta.
  Indebolire attraverso questo passaggio la vigilanza amministrativa, quindi la lotta contro le false cooperative, permettendo al delinquente falso cooperatore che si vedesse perseguito e a rischio di scioglimento e di sanzioni di scappare attraverso l'insolvenza aziendale, innestando lunghe procedure fallimentari – che tra l'altro generalmente prevedono innanzitutto la tutela del ceto creditizio forte, leggasi in generale banche e non un affrontare tutti gli interessi generali – e il tentare di preservare la continuità aziendale di rami di attività, sono scorciatoie che offriamo ai delinquenti falsi cooperatori per delinquere, sfruttare lavoratori e scappare impunemente.
  Tra l'altro, l'evidenza di questa differenza di incisività e di natura di tutela che si ha attraverso le procedure fallimentari, da un lato, e attraverso la liquidazione coatta dall'altro, si ha anche attraverso l'analisi di casi analoghi che si sono verificati fino all'altro ieri.
  Ho in mente dei casi nelle cooperative di abitazione, in cui tra gli interessi generali crediamo ci debba essere quello della tutela del socio che acquista la casa e che non si vede la casa assegnata, pur avendola pagata in tutto o in parte, perché la banca non svincola l'ipoteca. Alla fine, quindi, se va sotto una dimensione fallimentare, chi ne rimane coinvolto generalmente è il proprietario di casa e la famiglia, e non certamente la banca.
  Abbiamo casi in cui si è partiti quasi contemporaneamente, parallelamente, con situazioni di procedura di liquidazione coatta amministrativa, da un lato, e con un iter di tribunale fallimentare dall'altro, che hanno visto la liquidazione coatta concludersi nel giro di due o tre anni, con soddisfazione del più articolato mondo dei portatori di interesse per un interesse più generale, a cominciare appunto dagli assegnatari delle case, ma non solo.
  L’iter fallimentare di situazioni analoghe prevede, dopo cinque, sei o sette anni, di risolvere la questione dopo un altro paio d'anni e non si sa ancora se a favore solo delle banche o contemperando gli interessi più generali per tutto il ceto dei soggetti interessati. Tra l'altro con evidenza che nella sessione di liquidazione coatta ci sono maggiori possibilità e casi di salvaguardia di rami di attività aziendale, che quindi preservano – altro tema che sta tra gli interessi generali, oltre a quello delle banche – l'occupazione, il lavoro, e quindi Pag. 5l'attività economica. Attraverso procedure limpide e trasparenti ma assegnate in liquidazione coatta è possibile una maggiore salvaguardia rispetto a una situazione fallimentare.
  Questa maggiore incisività ed efficienza della situazione di liquidazione coatta è comprovata dagli ahimè dieci anni di crisi che hanno sottoposto a dura prova tutto il sistema imprenditoriale il quale ha visto il sistema cooperativo – anche per la sua natura no profit e quindi più resiliente alla crisi, nel senso è un sistema che sacrifica riserve o risultati d'esercizio a favore dell'occupazione più dell'impresa profit – insieme al sistema di vigilanza che aiuta ad accompagnare le cooperative nella crisi o a farle atterrare e a salvaguardare rami occupazionali di attività e occupazione in caso di crisi, non calare in termini occupazionali, quindi sacrificando risultati d'esercizio e patrimonio, a fronte invece delle altre tipologie d'impresa sottoposte a sistema di regime fallimentare dei tribunali.
  Queste ultime hanno visto, infatti, una drastica riduzione dell'occupazione, delle attività, del numero delle imprese, così sacrificandosi elementi e non risultati d'esercizio, salvo i primi due o tre anni, con un'evidente natura maggiormente di tutela dell'interesse generale con l'esercizio della vigilanza amministrativa, comprensivo dello strumento della liquidazione coatta, rispetto ai sistemi fallimentari.
  Credo di aver dato ragione degli elementi che ci spingono a sostenere la coerenza dello schema di decreto legislativo a quanto previsto dalla legge delega in tema di liquidazione coatta. Con il permesso della presidente, lascerei illustrare al collega del servizio legislativo più nel merito l'analisi tecnica delle questioni.

  MAURO IENGO, responsabile ufficio legislativo Legacoop. È evidente che le nostre proposte, conseguentemente, dopo l'illustrazione del segretario generale Venturelli, sarebbero quelle di arrivare allo stralcio, alla soppressione di tutto il capitolo relativo alla liquidazione coatta amministrativa per le società cooperative.
  Tuttavia, questo sarebbe oggettivamente chiedere alle Commissioni parlamentari e al Governo di incamminarsi verso un atto che costituirebbe un eccesso di delega molto forte. Proprio per evitare l'eccesso di delega, però, noi chiediamo attenzione laddove la legge delega prevede che alle società cooperative..., perché stiamo ragionando delle sole società cooperative, come appunto ricordava Venturelli, e non di banche, assicurazioni o società finanziarie, che invece mantengono intatta la procedura di liquidazione coatta amministrativa.
  La legge delega dice che la liquidazione coatta amministrativa rimane alle società cooperative laddove l'autorità di vigilanza rilevi irregolarità, evidentemente sulla base delle norme civilistiche speciali dedicate alle società cooperative.
  Noi non riscontriamo questa norma di principio all'interno dello schema di decreto legislativo. Nello schema si sostiene, fondamentalmente, che, anche una volta avviata la procedura di liquidazione coatta amministrativa sulla base di irregolarità riscontrate, se interviene o emerge una condizione di insolvenza, la liquidazione coatta amministrativa viene interrotta per avviare la procedura di liquidazione giudiziale. A nostro parere, un'ipotesi, un'impostazione di questo genere, rappresenta un vero e proprio eccesso di delega, che non rispetta la norma di principio contenuta nella legge delega.
  Di conseguenza, proponiamo una modifica dell'articolo 300, soprattutto del comma 4, che a nostro parere andrebbe sostituito prevedendo che il provvedimento della liquidazione coatta amministrativa emanato prima del deposito che accerta lo stato di insolvenza precluda l'apertura della liquidazione giudiziale. Da questo punto di vista, proponiamo anche l'abrogazione dei commi successivi, che sono commi funzionali e strumentali all'affermazione contraria, cioè che si aprirebbe la liquidazione giudiziale in presenza di insolvenza della cooperativa.
  È importante sottolineare, ma lo farò brevemente, il fatto che interrompere la liquidazione coatta amministrativa significa non soltanto un dispendio di energie sia professionali sia economiche. Comunque, se si apre una procedura amministrativa, Pag. 6 la si chiude e poi si riapre una procedura di liquidazione giudiziale, considerati gli interessi in campo, sarebbe davvero un dispendio incredibile di energie economiche e professionali.
  Qui torno, però, all'affermazione del collega Venturelli quando dice che, con la liquidazione coatta amministrativa, fondamentalmente si salvaguardano gli interessi collettivi sottesi al modello di società cooperativa, alla sua funzione sociale, peraltro riconosciuta dall'articolo 45 della Costituzione, riconoscimento che a dire la verità non riscontriamo per altri enti che sono stati invece salvaguardati nell'ambito della procedura di liquidazione coatta amministrativa.
  Concludo sottolineando un altro aspetto. Il collega Venturelli ricordava che noi apprezziamo il sistema di alert e di composizione assistita della crisi. Pensiamo che sia un ottimo strumento per prevenire condizioni di insolvenza.
  Sotto questo profilo, sono previste competenze specifiche del Ministero dello sviluppo economico quale autorità di vigilanza nei confronti delle società cooperative, questo fondamentalmente a dimostrazione che probabilmente mantenere le cooperative all'interno della liquidazione coatta amministrativa sarebbe stata la strada migliore.
  Nel corpo legislativo si prevede la definizione della nozione di crisi, nozione che sarà predisposta dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti, evidentemente insieme ad altri enti. Da questo punto di vista, noi pensiamo che queste indicazioni di crisi, considerata la speciale natura delle società cooperative, debbano essere concertate con il Ministero dello sviluppo economico. Un conto è, infatti, una nozione di crisi nelle società cooperative, che perseguono lo scopo mutualistico, e quindi hanno una funzione sociale perché perseguono interessi di natura collettiva. Evidentemente, è nozione diversa da quella nelle società lucrative.
  Per questo motivo, proponiamo l'introduzione all'articolo 13 di un comma aggiuntivo, che preveda che gli indicatori della crisi debbano essere costruiti, ovviamente dai soggetti già richiamati della legge, ma di concerto con il Ministero dello sviluppo economico per ciò che riguarda le società cooperative.
  Queste in termini brevi sono le nostre proposte di natura tecnica. Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ALFREDO BAZOLI. Vorrei solo avere qualche precisazione. Ovviamente, del tema dell'applicabilità della liquidazione coatta amministrativa, anche a seguito della riforma, si è discusso molto nella scorsa legislatura. C'erano diverse opzioni in campo. C'erano anche soluzioni mediane che si erano valutate e studiate. Poi la scelta finale è stata quella di individuare la soluzione che è stata ricordata, con la riserva della liquidazione coatta per alcune tipologie di imprese e una procedura che rimane in campo nel caso in cui ci siano sanzioni, o comunque procedimenti che riguardano irregolarità avviate dal Ministero.
  Se capisco bene, avete qualche riserva e perplessità sul fatto che il legislatore delegato, diversamente che nella legge delega, che sul punto in realtà nulla diceva, abbia deciso di far prevalere la procedura fallimentare ordinaria sulla liquidazione coatta, nel caso in cui si sia avviata una liquidazione coatta perché c'era un'irregolarità e poi ci sia un'insolvenza, o comunque uno stato di crisi, per cui deve essere avviata una procedura concorsuale. Mi pare di capire che per voi, una volta che sia avviata la procedura coatta amministrativa, si prosegue con quella anche nell'ipotesi di insolvenza.
  Semplicemente per capire, nell'esperienza concreta che cosa ci si può aspettare? Nello scenario che profilate, si deve agire attraverso due canali diversi, cioè procedura fallimentare ordinaria nel caso in cui ci sia uno stato di crisi, un'insolvenza che riguarda la cooperativa, e in questo caso si applicherebbero gli istituti ordinari; nell'altro caso, se si parte da una procedura Pag. 7 coatta amministrativa, si va avanti con quella.
  Nella vostra esperienza, nella prassi applicativa, che cosa è ipotizzabile accada più frequentemente? Di solito, una procedura coatta parte perché c'è una irregolarità o è più frequente che si avvii perché c'è uno stato di crisi e di insolvenza? È solo per capire che cosa comporterebbe questo sul piano della prassi applicativa. Le procedure coatte sarebbero tendenzialmente la maggioranza, come oggi, e quindi questo in qualche modo riuscirebbe a salvaguardare un po’ il principio che miravate a tutelare, o in realtà sarebbe diverso? Non so se la domanda è chiara.

  PRESIDENTE. Do ora la parola ai nostri ospiti per la replica.

  MAURO IENGO, responsabile ufficio legislativo Legacoop. Considerate le fattispecie pregresse, a legislazione vigente, i casi di avvio di liquidazione coatta amministrativa per rilevazione di irregolarità sono inferiori rispetto a quelli in presenza di una condizione di insolvenza delle società cooperative.
  Attenzione, però, perché la condizione di insolvenza, la condizione di crisi delle società cooperative deriva molto spesso da situazioni di irregolarità nella governance o nel rapportarsi di quella cooperativa al mercato.
  Non a caso, nell'ultima legge di bilancio per l'anno 2018 c'è stato un intervento molto puntuale da parte del legislatore, il quale ha previsto la gestione commissariale delle società cooperative, non solo in presenza di irregolarità più o meno gravi, ma anche in presenza di fondati indizi di crisi, questo a dimostrazione che molto spesso la condizione di irregolarità di una cooperativa si associa a una condizione di difficoltà, che poi può portare a una condizione di crisi o a una condizione di insolvenza.
  Detto questo, è evidente che oggi, con lo schema di decreto legislativo al vostro esame, la liquidazione coatta amministrativa non può che essere aperta in presenza di irregolarità, senza che la condizione di insolvenza sia emersa, rilevi.
  Come sottolineava il collega Venturelli, noi siamo molto preoccupati non tanto della scelta tra liquidazione giudiziale e liquidazione coatta amministrativa. La differenza sta nella prevalenza degli interessi in campo. Se si apre la liquidazione giudiziale, gli interessi in campo sono quelli dei creditori generali, banche e altro. Se si apre la liquidazione coatta amministrativa, l'interesse dei creditori ovviamente sarà rispettato, ma avrà pari dignità rispetto agli interessi sociali della cooperativa.
  Queste due cose si mettono insieme, soprattutto per le cooperative irregolari, quelle che noi chiamiamo gergalmente, convenzionalmente, false cooperative, dove probabilmente la tutela dei soci è un interesse ancor più importante, perché magari si tratta di soci che subiscono – loro malgrado – un comportamento irregolare da parte di amministratori spregiudicati che usano il modello cooperativo per altre finalità che non siano mutualistiche o di natura sociale.
  Da questo punto di vista, il fatto di garantire la continuità della liquidazione coatta amministrativa anche nei casi di irregolarità e successiva rilevazione dell'insolvenza è determinante per questi motivi.

  ALFREDO BAZOLI. Voi intendete anche che, nel caso in cui si apra una procedura concorsuale ordinaria e poi emergano irregolarità, si debba...?

  MAURO IENGO, responsabile ufficio legislativo Legacoop. Questo non ce lo consente la legge. Quello che noi chiediamo è che almeno, una volta avviata la liquidazione coatta amministrativa, questa venga mantenuta. Nelle proposte di emendamento che noi formuliamo c'è anche la possibilità che, in caso di avvio di procedure concordatarie o di ristrutturazione dei debiti, sia sempre possibile avviare la liquidazione coatta amministrativa.
  Soltanto nel caso di avvio della liquidazione giudiziale a questo punto non è più possibile avviare la liquidazione coatta.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi, ringraziamo i nostri ospiti e dichiaro conclusa l'audizione.

Pag. 8

Audizione di rappresentanti dell'Istituto
nazionale della previdenza sociale (INPS)
.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame dello schema di decreto legislativo recante codice della crisi di impresa e dell'insolvenza (Atto n. 53 del Governo), l'audizione di rappresentanti dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS).
  È presente la dottoressa Maria Sandra Petrotta, Direttore centrale della Direzione centrale entrate e recupero crediti dell'INPS. La dottoressa Petrotta è accompagnata dal dottor Marco D'Alessandris, dirigente dell'Area gestione credito della Direzione centrale entrate e recupero crediti dell'INPS.
  Lascio la parola alla dottoressa Petrotta.

  MARIA SANDRA PETROTTA, Direttore centrale della Direzione centrale entrate e recupero crediti dell'INPS. Naturalmente ringrazio la presidente e tutti i membri della Commissione anche a nome del Direttore generale dell'Istituto nazionale di previdenza sociale per questa opportunità, che consente all'Istituto di rendere in questa sede le osservazioni già nel tempo condivise con il Ministero della giustizia, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Ministero dell'economia e delle finanze.
  Preliminarmente vorrei evidenziare che l'Istituto ha accolto con molto favore la scelta del legislatore di avviare una riforma organica dell'intera materia dell'insolvenza e delle correlate procedure concorsuali, condividendone l'opportunità sotto diversi profili.
  Il primo è costituito dalla necessità di attualizzare la legge fallimentare del 1942, anche in ragione della circostanza che i ripetuti interventi di modifica hanno determinato un assetto non organico della materia, che incide sulla durata delle procedure concorsuali e soprattutto non risulta più coerente con gli indirizzi suggeriti dall'Unione europea in ordine all'adozione di normative sull'insolvenza capaci di essere più aderenti al sistema economico del Paese.
  L'aspetto che l'Istituto ritiene abbia assoluta centralità in relazione all'azione che è chiamato a svolgere nell'esercizio delle proprie funzioni è costituito dalla definizione di un sistema che individua il momento della crisi come parte integrante della vita dell'impresa. Il ruolo dell'Istituto è sempre stato quello di supportare le situazioni temporanee di crisi che, ove intercettate tempestivamente, possono essere risolte prima che diventino irreversibili.
  Favorire il rientro in bonis delle imprese, se da una parte ha la finalità di garantire il proseguimento dell'attività economica, dall'altra soddisfa anche l'interesse dell'Istituto per la salvaguardia dei livelli occupazionali quale elemento di centralità per la crescita del Paese e per la stessa sostenibilità del sistema previdenziale.
  L'Istituto è stato coinvolto nell'attività svolta dalla Commissione presieduta dal Presidente Rordorf preposta all'attività di redazione dei decreti delegati, che ha portato alla formulazione dello schema di decreto legislativo oggi in esame.
  In sede di audizione l'INPS ha avuto modo di trattare i profili di proprio interesse, con riguardo rispettivamente alla procedura di allerta e al valore soglia a cui fare riferimento per l'attivazione della stessa, alla certificazione delle situazioni debitorie del contribuente da fornire in tempo reale e a mezzo di cooperazione applicativa all'ufficio giudiziario chiamato a valutare la situazione di crisi, per poter definire poi la soluzione verso l'una o l'altra procedura, al trattamento dei crediti previdenziali, con particolare riguardo alla loro falcidia nelle ipotesi di cui agli articoli 182-bis, quindi agli accordi di ristrutturazione dei debiti, e 182-ter della legge fallimentare, che prevede il trattamento dei crediti tributari e contributivi.
  Successivamente sono stati anche intrattenuti rapporti con il Ministero della giustizia, finalizzati ad effettuare congiuntamente una rilettura delle norme rispetto alle quali era emersa la necessità di operare ulteriori approfondimenti.
  Procederò a questo punto all'esame degli articoli dello schema, i cui contenuti Pag. 9hanno riverbero sulle attività di competenza dell'Istituto.
  Innanzitutto esaminiamo l'articolo 2 (Definizioni). Rispetto alla formulazione di questo articolo si precisa che le definizioni di «impresa minore» e di «grandi imprese» si fondano su criteri rispetto ai quali l'Istituto dispone di informazioni soltanto con riguardo per la prima fattispecie a quanto è previsto al numero 3 della lettera d) del comma 1, quindi all'ammontare di debiti anche non scaduti non superiori ad euro 500.000, e per la seconda fattispecie, grandi imprese, al punto c) della lettera g) del comma 1, quindi il numero medio dei dipendenti occupati durante l'esercizio, pari a 250.
  Rispetto alla definizione di gruppo di imprese, in più occasioni l'Istituto ha evidenziato che, ai fini della determinazione della situazione debitoria nei propri confronti, il riconoscimento dell'insieme di società non assume rilevanza, in ragione della circostanza che l'obbligo contributivo è ricondotto esclusivamente al codice fiscale del soggetto obbligato.
  Questa circostanza determina una discrasia in termini di valutazione della situazione debitoria aziendale, e, ove non si espliciti che le evidenze contributive non subiscono trattamenti gestionali diversi da quelli attuali, si pone la necessità di intervenire con regole amministrative, che da una parte dovrebbero imporre alle imprese l'effettuazione di comunicazioni all'INPS volte a consentire la registrazione sui propri archivi dei legami societari, dall'altra un'attività interna di controllo delle stesse.
  Con riferimento all'articolo 15 (Obbligo di segnalazione di creditori pubblici qualificati), osservo che la previsione, che introduce l'istituto dell'allerta, ha richiesto la necessità di trovare un punto di convergenza sulla valutazione dei requisiti della perduranza e della rilevanza del credito, richiamati al comma 2, lettera b).
  L'Istituto ha ritenuto utile ribadire quanto già era stato convenuto in sede di audizione, ossia che, al fine di determinare l'attivazione della procedura di allerta, i suddetti requisiti debbano essere considerati concorrenti. La procedura di allerta dovrà essere attivata dall'Istituto quando l'inadempimento perduri da almeno sei mesi e raggiunga un importo superiore alla metà della contribuzione dovuta nell'anno precedente, sempre che l'importo spesso superi il valore soglia individuato in 50.000 euro.
  La proposta di considerare 50.000 euro quale importo rilevante trova fondamento nell'analisi dei dati di stratificazione, in ragione del numero dei lavoratori occupati e della media dei contributi dovuti in un anno dalle imprese che hanno obblighi contributivi nei confronti dell'INPS, tenuto conto anche della ricorrenza storica delle insolvenze.
  Ho fornito delle tabelle alla Commissione. L'importo di 50.000 euro quale valore soglia, ritenuto rilevante ai fini dell'attivazione della procedura di allerta, è stato determinato elaborando i dati delle aziende con dipendenti riferiti all'anno 2016. Nei prospetti che ho fornito i dati delle aziende sono stati aggregati sulla base di tre parametri: il numero dei dipendenti denunciati, l'importo della contribuzione media annua denunciata e versata, l'importo della contribuzione media annua omessa.
  Nel primo dei prospetti la procedura di allerta interesserebbe una platea massima di 196.039 aziende, ove si ipotizzasse che le stesse dal gennaio 2018, per dodici mesi, omettessero di versare la contribuzione, pari a 100.000 euro, quindi 50.000 per due. Ai fini della determinazione di questo valore, si è tenuto conto della somma degli importi della contribuzione corrente e delle omissioni stimate annualmente in circa 10 miliardi di euro.
  Nel secondo dei prospetti la procedura di allerta interesserebbe una platea massima di 12.787 aziende (il calcolo è stato effettuato prendendo a riferimento solo i valori delle omissioni nell'anno, quindi i 10 miliardi) ove si ipotizzasse che le imprese così individuate omettano di versare i contributi nell'intero anno. Si tratterebbe di soggetti contribuenti il cui debito concorra al consolidamento del valore dei residui attivi, al netto dei recuperi intervenuti nell'anno nel bilancio dell'Istituto. Pag. 10
  In ragione di ciò, l'Istituto ha segnalato che la scelta di un valore soglia inferiore a 50.000 euro avrebbe finito con l'estendere in modo indiscriminato l'attivazione della procedura di allerta e di composizione assistita della crisi, facendola scattare anche in casi in cui difettino elementi sintomatici di una situazione di crisi potenzialmente irreversibile. Si sarebbe vanificato di fatto l'intento del legislatore di costruire un impianto volto ad intercettare i prodromi di una effettiva crisi dell'impresa, per dare tempestivamente avvio agli interventi risanatori, finalizzati ad evitare che l'insolvenza degeneri sino a divenire irreversibile.
  Ciò anche nella consapevolezza dell'esistenza di soggetti contribuenti che, per caratteristiche e dimensioni, sono destinati a rimanere fuori dall'ambito di applicazione della previsione, per esempio i piccoli lavoratori autonomi.
  L'alternativa sarebbe quella di prevedere soglie differenziate per tipologia di soggetto contribuente o anche per livello dimensionale del contribuente, con evidenti ricadute in termini di complicazione della complessiva procedura di allerta e di composizione assistita della crisi anche sotto il profilo della traduzione informatica.
  Una volta effettuate queste precisazioni, occorre evidenziare che i crediti oggetto di segnalazione da parte dell'INPS ai fini della procedura di allerta saranno costituiti soltanto da quelli in fase amministrativa, gestiti direttamente dall'Istituto. I crediti in fase amministrativa risultati omessi vengono con regolare periodicità trasmessi all'agente della riscossione, con uno sfasamento temporale di pochi mesi rispetto alla data di accertamento dell'omissione, e soltanto in via residuale la trasmissione viene effettuata, pena la decadenza, entro il 31 dicembre dell'anno successivo al termine fissato per il versamento, secondo le specifiche previsioni dell'articolo 25 del decreto legislativo n. 46 del 1999.
  Quest'ultima circostanza può comportare che i medesimi crediti che determinano l'attivazione della procedura di allerta da parte dell'Istituto siano poi trasferiti all'agente della riscossione secondo le tempistiche che potrebbero risultare anche molto prossime a quelle della segnalazione con cui è stata attivata la procedura di allerta.
  Ciò vale anche nei casi di crediti compresi in una rateazione, revocata per successivo inadempimento del contribuente. In questi casi i medesimi crediti concorrerebbero ad integrare anche la previsione di cui alla lettera c), comma 2, dell'articolo 15.
  Ciò impone l'individuazione di soluzioni condivise con l'agente della riscossione, che deve consentire di escludere l'eventualità che i medesimi crediti determinino l'attivazione della procedura di allerta da parte sia dell'Istituto sia degli agenti della riscossione, con conseguente duplicazione delle attività e perdita di efficacia dell'intera procedura.
  Tale procedimento gestionale, come rappresentato dall'Istituto nelle sedi indicate, potrebbe deporre verso una soluzione legislativa che riservi l'attivazione del procedimento di allerta all'agente della riscossione per i crediti allo stesso affidati e attribuisca all'Istituto la competenza ad effettuare la segnalazione in argomento solo per i crediti di importo superiore a quanto previsto dall'articolo 15, comma 2, lettera b), per i quali il recupero coattivo avviene attraverso i propri uffici legali.
  Con riguardo all'utilizzo della posta elettronica certificata (PEC) come strumento di notifica dell'avviso del debitore in ordine all'intervenuto superamento del valore soglia fissato nel comma 2, l'Istituto ha già da tempo adottato questa modalità di comunicazione con i contribuenti. Tuttavia, stante l'assenza di un obbligo generalizzato di munirsi della PEC (in tal senso l'articolo 10 dello schema di decreto legislativo è intervenuto per colmare l'ipotesi di assenza di obbligo, assegnando ad opera degli organi delle procedure un domicilio digitale al debitore) ovvero di un efficace sistema sanzionatorio nei confronti di coloro che, non manutenendo la casella, impediscono di fatto la consegna degli atti (anche per questo l'articolo 10 è intervenuto prevedendo lo strumento residuale del deposito in cancelleria), l'Istituto si trova spesso nell'impossibilità di procedere nei confronti del contribuente, utilizzando in subordine la Pag. 11notifica a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, contemplata anche nello stesso articolo, con conseguente, possibile pregiudizio per la tutela dei crediti previdenziali.
  La preoccupazione che preme evidenziare è che la procedura di allerta, seppur attivata nel rispetto della norma, sortisca effetti pregiudizievoli nei confronti dell'Istituto, conseguenti alla concreta impossibilità di notifica. Per questo motivo sarebbe auspicabile prevedere il venir meno dell'inefficacia del titolo di prelazione in presenza di dimostrata, regolare attivazione del procedimento da parte dei creditori pubblici qualificati. Si potrebbe avviare con una previsione analoga a quella dell'articolo 10, quindi il deposito in Cancelleria, oppure in via interpretativa ritenendo che il riferimento in esso contenuto agli organi di gestione, controllo e assistenza delle procedure disciplinate nel codice possa ricomprendere nel novero anche i creditori pubblici qualificati.
  Ai fini dell'estinzione del debito oggetto di segnalazione da parte dell'Istituto, si ritiene opportuno sottolineare che gli strumenti normativamente previsti per il rientro in bonis del soggetto contribuente interessato a legislazione vigente sono esclusivamente la rateazione dei debiti contributivi in fase amministrativa, gli accordi di ristrutturazione dei debiti e il trattamento dei crediti tributari e contributivi ex articoli 182-bis e 182-ter del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, la cosiddetta «legge fallimentare».
  Ricomprendendo le ultime due fattispecie nell'ambito delle procedure di regolazione della crisi e dell'insolvenza, resta da specificare se il pagamento dei crediti contributivi, in virtù della locuzione di cui al comma 1, «altrimenti regolarizzato per intero con le modalità previste dalla legge», possa avvenire attraverso la modalità rateale, disciplinata dall'articolo 2, comma 11, del decreto-legge n. 338 del 1989, convertito dalla legge 7 dicembre 1989, n. 389, e successive modificazioni (si tratta delle rateazioni fino a 24, 36 e 60 mesi), al pari di quanto espressamente stabilito per l'Agenzia delle entrate.
  Relativamente al comma 2, lettera c), della medesima norma, che individua i valori soglia che interessano l'attivazione della procedura di allerta da parte degli agenti della riscossione, si è avuto modo di sottolineare, come si evince peraltro dalla lettura della relazione allo schema di decreto legislativo in esame, che la locuzione «crediti autodichiarati o definitivamente accertati e scaduti da oltre novanta giorni» deve ritenersi comprensiva dei crediti previdenziali sorti a seguito di autodenuncia nel caso di datori di lavoro, ovvero imposti dall'Istituto per effetto di un'iscrizione ad una delle gestioni previdenziali dei lavoratori autonomi, nonché dei crediti derivanti dalle attività di accertamento di ufficio o di vigilanza che, nella fase della procedura di allerta, non siano interessati da gravame amministrativo o giudiziario.
  Rispetto al comma 5, nella parte in cui è previsto che i creditori pubblici qualificati non procedono alla segnalazione se il debitore documenta di essere titolare di crediti risultanti dalla piattaforma per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni, per un ammontare complessivo non inferiore alla metà del debito verso il creditore pubblico qualificato, si evidenzia che analoga disposizione è stata introdotta dal legislatore con l'articolo 13-bis, comma 5, del decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 2012, n. 94, cui è stata data attuazione con il decreto ministeriale 13 marzo 2013 al fine di consentire al rilascio del documento unico di regolarità contributiva (DURC).
  Occorre, tuttavia, sottolineare che in quest'ultimo caso la previsione richiede la sussistenza di crediti certificati in piattaforma di importo almeno pari a quello del debito che costituisce causa di irregolarità. Pertanto, se da una parte nei confronti del debitore non si procede alla segnalazione, dall'altra, la verifica di regolarità si concluderà, fatta salva la regolarizzazione per la differenza, con l'attestazione dell'irregolarità.
  L'attuazione del comma 6, prevedendo che le camere di commercio rendano disponibile l'elenco dei soggetti sottoposti alle Pag. 12misure di allerta, nonché le domande presentate dal debitore per la composizione assistita della crisi o per l'accesso ad una procedura, impone lo sviluppo di attività in cooperazione informatica tra i soggetti coinvolti, che si ritiene debba avvenire senza oneri a carico dei creditori pubblici qualificati.
  Per quanto riguarda la previsione di cui al comma 1 dell'articolo 42 (Istruttoria sui debiti risultanti dai pubblici registri nei procedimenti per l'apertura della liquidazione giudiziale o del concordato preventivo) questa stabilisce che, a seguito della domanda di apertura della liquidazione giudiziale o del concordato preventivo, la cancelleria, attraverso forme di cooperazione applicativa, acceda alle banche dati dell'Istituto per acquisire le informazioni relative ai debiti contributivi.
  In merito, si dà notizia che l'Istituto, utilizzando una propria procedura che riepiloga la situazione debitoria del contribuente identificato fiscalmente, è in grado di fornire con tempestività i dati richiesti. Resta fermo che i valori comunicati potrebbero essere suscettibili di modifiche ove intervengano, in momenti successivi, ulteriori elementi che possano generare maggiori esposizioni debitorie, per esempio le denunce dei lavoratori o altri accertamenti.
  A tale proposito si ritiene che in occasione della formulazione del decreto del direttore generale della giustizia civile, da emanare d'intesa con il presidente dell'Istituto, ai sensi del comma 4 dell'articolo 367, potranno essere individuate modalità di trasmissione dell'integrazione dei crediti oltre che gli ulteriori documenti e le informazioni previste dalla citata norma.
  Si auspica che in ragione dei tempi previsti per la piena attuazione della riforma, di cui allo schema di decreto legislativo in esame, l'ipotesi di acquisizione da parte della cancelleria mediante richiesta all'Istituto tramite posta elettronica certificata rimanga un'ipotesi residuale, tenuto conto che tale situazione richiederebbe la definizione di profili organizzativi che devono assicurare uniformità di gestione presso le strutture territoriali dell'Istituto.
  Analogamente, l'articolo 363 (Certificazione dei debiti contributivi per premi assicurativi) prevede che nell'ambito del ruolo riservato al debitore nell'impianto della riforma, volto a segnalare autonomamente la situazione di crisi ovvero su richiesta del tribunale, l'INPS e l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) comunichino i crediti dagli stessi vantati nei confronti del debitore a titolo di contributi e premi assicurativi.
  La norma rinvia ad un decreto la definizione dei contenuti della comunicazione e i tempi per il rilascio della stessa sotto forma di certificato unico. A tal proposito l'Istituto proporrà l'utilizzo della procedura sopra descritta, che genera un report sintetico e di dettaglio delle situazioni debitorie del contribuente che, peraltro, è già stata sottoposta all'esame della secondo sottocommissione.
  Passiamo ora all'articolo 63 (Transazione fiscale e accordi sui crediti contributivi). Al riguardo si rappresenta che l'entrata in vigore dello schema di decreto legislativo determinerebbe il venir meno dell'efficacia del decreto del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali 4 agosto 2009 recante modalità di applicazione, criteri e condizioni di accettazione da parte degli enti previdenziali degli accordi sui crediti contributivi.
  In assenza di qualsivoglia regolamentazione con funzioni analoghe a quella del richiamato decreto, ovvero di un espresso richiamo allo stesso, si potrebbe ritenere che anche ai crediti di cui al numero 1 del primo comma dell'articolo 2778 del codice civile, specificatamente tutelati dalla previsione dell'articolo 3 del citato decreto ministeriale 4 agosto 2009, siano suscettibili di falcidia muovendo dall'assunto che, ai fini della norma in esame, tutti i crediti vadano trattati in maniera indifferenziata.
  Tale eventualità avrebbe effetti pregiudizievoli, valutabili anche nel breve periodo, in termini di sostenibilità del sistema previdenziale, nel quale, continuando a trovare applicazione per i lavoratori subordinati il principio di automaticità delle prestazioni di cui all'articolo 2116 del codice civile, l'Istituto, a fronte di un mancato Pag. 13introito delle quote destinate al finanziamento dei trattamenti pensionistici, dovrebbe comunque e in ogni caso garantirne l'erogazione.
  Per altro verso, si osserva che la mancata regolamentazione dei termini di cui al predetto decreto ministeriale del 4 agosto 2009, per i lavoratori esclusi dall'applicazione del principio dell'automatismo, iscritti alla gestione separata in qualità di collaboratori, comporterebbe per gli stessi il mancato accredito della contribuzione, corrispondente a quanto oggetto di falcidia, in alcuni casi i prossimi alla totalità con un evidente pregiudizio in termini di prestazioni previdenziali che, come è noto, in questo caso, sono interamente assoggettati al calcolo contributivo.
  Le predette argomentazioni sono state già rappresentate in occasione dell'audizione svoltasi davanti alla terza sottocommissione di cui si è detto in premessa, nel corso della quale la stessa sottocommissione ha avuto modo di ribadire che i vincoli posti dal citato decreto ministeriale 4 agosto 2009 sono ancora validi.
  In tale circostanza il Presidente chiese la trasmissione di una proposta normativa, formulata dall'Istituto, di modifica dell'articolo 182-ter della legge fallimentare. Infine, non può non rilevarsi come l'assenza di una regolamentazione che sulla falsariga di quella vigente disciplini le modalità di applicazione, nonché i criteri e le condizioni di accettazione da parte degli istituti previdenziali degli accordi sui crediti contributivi, se da una parte favorisce la possibilità di individuare soluzioni più idonee in relazione alle singole fattispecie, dall'altra non consente di garantire una sostanziale uniformità di trattamento nella fase della valutazione della proposta transattiva, in quanto la stessa potrebbe restare influenzata dalla soggettività dell'approccio, disattendendo la ratio sottesa alla decretazione del 2009 finalizzata ad escludere un'eccessiva discrezionalità in sede di trattamento dei crediti contributivi ai sensi dell'articolo 182-ter della legge fallimentare.
  Di qui la necessità di prevedere espressamente il rinvio ad apposito decreto per la definizione delle modalità di applicazione, nonché dei criteri e delle condizioni di accettazione degli accordi sui crediti contributivi, ovvero di confermare la vigenza di quella attuale con l'espresso richiamo del decreto ministeriale 4 agosto 2009.
  Tali osservazioni valgono ogni qualvolta sia contemplata una soddisfazione non integrale dei crediti dell'Istituto, che nello schema di decreto legislativo è prevista anche nel caso di concordato minore all'articolo 74, nel caso di concordato preventivo all'articolo 84 e di concordato nella liquidazione giudiziale articolo 240, purché non inferiore a quanto realizzabile in caso di liquidazione avuto riguardo al valore di mercato attribuibile a beni e diritti sui quali insiste la causa di prelazione.
  Le predette argomentazioni portano ad escludere che i crediti dell'INPS possano essere interessati da ipotesi di rinegoziazione ricorrendo la fattispecie regolata dall'articolo 56 in materia di Piani attestati di risanamento.
  La trattazione del tema della falcidia dei crediti previdenziali si estende anche all'ipotesi disciplinata dal successivo articolo 88 in materia di trattamento dei crediti tributari e contributivi.
  In merito a tale previsione, che ricalca quella dell'articolo 182-ter della legge fallimentare, la cui ultima formulazione ha recepito l'indicazione resa con sentenza del 7 aprile 2013 nella causa C-546/2014 della Corte di giustizia, nell'ambito della procedura di concordato preventivo, si ritiene opportuno evidenziare, come peraltro convenuto in sede di audizione, che gli enti previdenziali a legislazione vigente possono esprimere il consenso alle proposte di transazione solo a condizione che la soddisfazione dei crediti avvenga entro i limiti e nel rispetto dei requisiti di cui al più volte richiamato decreto ministeriale del 4 agosto 2009.
  È di tutta evidenza che l'eventuale omologazione di proposte concordatarie che prevedano falcidie superiori ai limiti fissati dal decreto è destinata a produrre i medesimi effetti illustrati sulla sostenibilità del sistema previdenziale. Pag. 14
  A tal proposito, appare utile segnalare che, con nota n. 3084 del 2 maggio 2018, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, appositamente interessato dall'INAIL, ha ritenuto corretto l'operato del medesimo istituto, che a fronte di istanze di pagamento parziale dei crediti contributivi formulate ai sensi dell'articolo 182-ter della legge fallimentare, non coerenti con i limiti fissati dal decreto ministeriale, ha espresso parere negativo. Ciò indipendentemente dalla procedura nell'ambito della quale si innesta la proposta di transazione.
  Nel pervenire a tale conclusione, il Dicastero del lavoro ha richiamato la nota del Ministero dell'economia e delle finanze, Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, Ispettorato generale per la contabilità e la finanza pubblica, Ufficio VI, del 29 marzo 2018, n. 52176, che ha concluso, a fronte della prospettazione di rimodulare i limiti di accettazione previsti dal decreto ministeriale 4 agosto 2009, nel senso di escludere ogni possibile modifica in considerazione dell'impatto negativo che una simile scelta avrebbe sulle entrate contributive e sui saldi di finanza pubblica.

  PRESIDENTE. Grazie, dottoressa. Non vi sono richieste di intervento. Ringraziamo gli auditi per il materiale depositato del quale autorizzo la pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna e per la relazione che ci hanno fornito.
  Dichiaro, quindi, concluso il ciclo di audizioni.

  La seduta termina alle 12.55.

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