XVIII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Mercoledì 28 novembre 2018

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Sarti Giulia , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DELLO SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO RECANTE CODICE DELLA CRISI DI IMPRESA E DELL'INSOLVENZA (ATTO DEL GOVERNO N. 53)

Audizione di rappresentanti dell'Istituto
dei curatori fallimentari.

Sarti Giulia , Presidente ... 3 
De Bortoli Nerio , presidente dell'Istituto dei curatori fallimentari ... 3 
Sarti Giulia , Presidente ... 6 
Tateo Anna Rita (LEGA)  ... 6 
De Bortoli Nerio , presidente dell'Istituto dei curatori fallimentari ... 6 
Bazoli Alfredo (PD)  ... 6 
De Bortoli Nerio , presidente dell'Istituto dei curatori fallimentari ... 6 
Bazoli Alfredo (PD)  ... 6 
De Bortoli Nerio , presidente dell'Istituto dei curatori fallimentari ... 7 
Bazoli Alfredo (PD)  ... 7 
De Bortoli Nerio , presidente dell'Istituto dei curatori fallimentari ... 7 
Sarti Giulia , Presidente ... 8 

Audizione di rappresentanti del Consiglio nazionale forense e dell'Unione nazionale delle camere civili:
Sarti Giulia , Presidente ... 8 
Orlando Carlo , coordinatore della Commissione interna in materia di Procedure concorsuali e crisi d'impresa del Consiglio nazionale forense ... 8 
Sarti Giulia , Presidente ... 9 
Bertolotti Gianluca , componente dell'Ufficio studi del Consiglio e componente della Commissione crisi e procedure concorsuali presso il Consiglio nazionale forense ... 9 
Orlando Carlo , coordinatore della Commissione interna in materia di Procedure concorsuali e crisi d'impresa del Consiglio nazionale forense ... 11 
Sarti Giulia , Presidente ... 12 
Orlando Carlo , coordinatore della Commissione interna in materia di Procedure concorsuali e crisi d'impresa del Consiglio nazionale forense ... 12 
Baldoni Lucia , componente della Giunta dell'Unione nazionale delle camere civili ... 13 
Sarti Giulia , Presidente ... 14 

Allegato: Documentazione depositata dai rappresentanti del Consiglio nazionale forense ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo Italiani all'Estero-Sogno Italia: Misto-MAIE-SI;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia: Misto-NcI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
GIULIA SARTI

  La seduta comincia alle 15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'Istituto
dei curatori fallimentari.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame dello schema di decreto legislativo recante codice della crisi di impresa e dell'insolvenza (Atto del Governo n. 53), di Nerio De Bortoli, presidente dell'Istituto dei curatori fallimentari, a cui do il benvenuto. Grazie per aver raccolto il nostro invito.
  Presidente, le cederei la parola per la relazione. Saremo qui fino alle 16, però abbiamo anche un'ulteriore audizione da svolgere. Ha a disposizione una decina di minuti, al massimo un quarto d'ora. Poi, magari, daremo anche spazio a qualche domanda da parte dei commissari.

  NERIO DE BORTOLI, presidente dell'Istituto dei curatori fallimentari. Grazie presidente. Grazie a tutti i componenti la Commissione per aver desiderato sentire anche l'Istituto dei curatori fallimentari.
  Siamo circa 700 professionisti, quasi tutti dottori commercialisti e avvocati che seguono la crisi dell'impresa ormai da quindici anni. Il mio discorso sarà semplice e concentrato sull'esercizio provvisorio come alternativa al concordato preventivo. Lo riassumo subito.
  Il concordato preventivo è una procedura abbastanza lunga, complessa. L'esercizio provvisorio è un provvedimento immediato: tre giorni e l'azienda riparte. Questo per confrontare la continuità aziendale, che è l'elemento forte di tutto il codice delle crisi d'impresa e dell'insolvenza, con una procedura che è molto seguita, che è complessa, che è fuori dal tribunale e che poi arriva in tribunale, ma che ha tempi lunghi, perché devono essere preparati una serie di documenti che non erano ancora predisposti.
  Per cui, nel codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza vediamo che il concordato preventivo è proprio la principale procedura alla quale il legislatore pone attenzione, perché ritiene che la continuità aziendale sia l'elemento che mantiene i valori aziendali e automaticamente l'attività e i posti di lavoro.
  Ormai sapete che i risultati del concordato preventivo sono scarsi. Su cento concordati preventivi omologati, sei sono eseguiti e novantaquattro rimangono su un binario morto, sospesi nelle aule di tribunale, con il commissario e il liquidatore giudiziale che non sanno cosa fare: comunicano ai creditori che probabilmente quel programma, quel piano non sarà realizzato, nessuno dei creditori si muove e la procedura resta lì. Prima o poi bisognerà affrontare questo tema dei concordati preventivi che sono lì, morti.
  Nessuno poi presenta istanza di fallimento, perché non cambierebbe nulla, perché ritornare indietro di quattro-cinque anni non vuole dire nulla, cioè vuol dire lavorare per nulla. Pag. 4
  Importantissime sono le misure di allerta, come dicevo, perché è tutto un percorso all'esterno del tribunale, dove appena si arriva in tribunale subito mezzo mondo è informato del deposito dell'istanza, già la stampa sa tutto e questo delegittima immediatamente la forza dell'azienda. Automaticamente va a pesare sui fornitori e anche sulla clientela. Però, il concordato preventivo, come indicato nel codice, è strutturato.
  Ci sono una serie di documenti tecnici aziendali che, probabilmente, a nostro avviso, limiteranno il numero, perché se un'azienda non ha valore non ha importanza. Preparare un piano di concordato preventivo che prevedeva un pagamento superiore al 30 per cento per non avere le offerte concorrenti, secondo noi, è problematico, perché probabilmente quando si arriva a questo momento l'imprenditore e i professionisti dell'impresa hanno tentato tutte quante le possibili soluzioni.
  Poi, ripeto, ci sono i tempi del tribunale che mediamente sono cinque-sei mesi, c'è l'omologa e poi c'è l'esecuzione.
  Mi domando se l'esecuzione di questo fallimento, di questo concordato preventivo in continuità omologato, sia più la verifica delle incertezze oppure se non vi si ricorra allo scopo prendere ancora tempo. Tenete presente che l'imprenditore debitore che presenta una domanda di concordato preventivo vuole tenersi l'azienda, e questo è un punto che va affrontato perché lo troveremo poi in quello che vi dirò. Lui vuole tenersi la sua impresa piena di debiti. Anche se non paga i debiti perché non riesce a eseguire il piano concordatario, lui sopravvive ancora per un certo numero di anni, ma nel mercato non si vanno a pagare i creditori.
  Confrontiamo, invece, questa realtà con quello che già oggi si fa in molte realtà, ma non deve essere solamente per le società di calcio, per i complessi turistici (alberghi, villaggi turistici), oppure per le grandi commesse da ultimare, per i complessi immobiliari che sono sospesi, per le società di servizio di trasporto.
  Tutte queste realtà chiedono l'esercizio provvisorio. Tutte lo chiedono perché è l'unico modo per riprendere l'azienda e dal momento del deposito in tribunale dell'istanza, già la sentenza di fallimento oggi e più avanti la sentenza di liquidazione, ammettono l'esercizio provvisorio.
  In un giorno arriva il curatore e comanda lui, sotto la sorveglianza del tribunale. Questo vuole dire un cambio di passo nell'azienda, perché prima sia i clienti sia i fornitori non potevano più concedere fiducia a un management che non c'era più. Arriva il curatore e dà fiducia. Questa è l'esperienza. Non c'è confronto fra i risultati degli esercizi provvisori con i risultati del concordato preventivo. Non c'è confronto.
  Ci siamo limitati a questo punto perché abbiamo visto che anche nel codice della crisi d'impresa si è preso l'articolo 104 della legge fallimentare e lo si è inserito lì. Non si è dato un minimo di appeal in più, secondo noi.
  Oggi, però, abbiamo imprese fortemente dematerializzate, immateriali. Sono valori che vanno gestiti e sostenuti ogni giorno. Noi non possiamo permettere che i software aspettino un mese o due mesi. Le imprese che hanno sostenuto investimenti in beni di «Industria 4.0» non si possono permette di sospenderli in attesa che arrivi il concordato preventivo omologato, perché passano otto mesi e in quel momento è difficile pensare che il tribunale autorizzi investimenti anche in questo settore, perché ha altri problemi, deve garantire i creditori anteriori.
  Pertanto, questa, a nostro avviso, è una grossa motivazione per ricorrere a questa procedura, oggi, di esercizio provvisorio, più avanti, ai sensi dell'articolo 211 del codice di liquidazione.
  Come il debitore imprenditore nel concordato preventivo, che vuole tenersi l'azienda, perché non pensare a un debitore che va in tribunale, chiede di essere fallito e pensa di acquistarsi poi l'azienda? Perché penalizzare uno che, anzi, va a farsi dichiarare fallito? Perché nell'articolo 240 si mantiene ancora il vincolo che lui non può fare il famoso concordato, oggi concordato fallimentare e più avanti concordato liquidatorio? Pag. 5
  Poiché dovrebbe pagare un 10 per cento in più, lo paghi subito! Perché deve aspettare un anno rispetto ai terzi che possono depositare le proposte di concordato fallimentare, oggi fallimentare e più avanti concordato liquidatorio, e se io sono il titolare dell'impresa non posso farlo prima e devo sempre pagare il 10 per cento? Lo paghi al più presto il 10 per cento, vuol dire che lui sarà in grado, rispetto ai terzi, di presentare una proposta di concordato oggi fallimentare e più avanti di concordato liquidatorio. Se ce n'è una e c'è la sua, ci sarà anche quella dei terzi che possono essere interessati.
  Voi sapete che nel 2007 c'era questa norma che gli consentiva di fare la proposta di concordato fallimentare. Poi è stata tolta e non se ne capisce, a nostro avviso, l'utilità.
  Pertanto, secondo noi, chi ricorre all'articolo 211 dovrebbe trovare nell'articolo 25 delle misure premiali, dove la norma penale di tutti gli articoli dall'articolo 323 in poi prevede la riduzione del 50 per cento, cioè alla metà, all'imprenditore che tempestivamente deposita all’ Osservatorio crisi e risanamento delle imprese (OCRI) la domanda. Sono tre le condizioni perché possa depositare la domanda, e a lui spetta questa riduzione penale.
  Penso che per accelerare e per motivare un imprenditore che risparmia tutto questo tempo ai tribunali e all'OCRI, per cui in tre giorni l'OCRI deposita un'istanza di liquidazione (vi chiedo scusa se dico ancora fallimento, un brutto nome), la misura penale potrebbe ridursi a un terzo, cioè un incentivo in più.
  Sull'articolo 25, comma 2, dello schema di decreto legislativo, proponiamo di ridurre il penale, perché se la merita, e presenta lui un piano. Quando il curatore arriva, in un mese vede se il piano sta in piedi, pertanto o ferma la macchina oppure va avanti.
  Il mercato, secondo noi, viene rassicurato dalla presenza di un curatore e di un tribunale che sorveglia, e poi, essendo tutte persone del settore, sappiamo che, quando il tribunale nomina un curatore, generalmente lo nomina adatto a quella procedura. La nostra categoria professionale dei dottori commercialisti sta già individuando dei settori nei quali i curatori si dovrebbero specializzare, perché un curatore non può essere specializzato in tutti i settori dell'economia – chi segue l'immobiliare, chi segue l'abbigliamento eccetera – e stiamo facendo questa operazione proprio per dare al tribunale una risposta di soggetti in grado di avere un minimo di conoscenza.
  Non vi è dubbio che quanto al risultato positivo per il valore, per l'economia e per i posti di lavoro non c'è confronto fra i risultati dell'esercizio provvisorio e i risultati del concordato preventivo. I documenti depositati per la domanda di esercizio provvisorio sono identici a quelli che vengono richiesti per il concordato preventivo, ma qui abbiamo un vantaggio: in un mese si può verificare la bontà del progetto indicato dal debitore.
  In poche parole, quindi, chiedo che l'articolo 25 dello schema di decreto legislativo possa essere integrato e migliorato nell'ipotesi di deposito di richiesta di fallimento in proprio con esercizio provvisorio. È una procedura da incentivare.
  Mi ripeto anche sull'articolo 240: perché penalizzare il debitore che potrebbe trovare un familiare, un amico, un nuovo socio, per mettere subito sul mercato una proposta di concordato fallimentare che potrebbe essere oggetto di concorrenza anche con i terzi?
  Cambio tema. Sul sovraindebitamento c'è un problema sospeso, perché bisognerebbe prevedere l'opportunità che il divieto delle azioni esecutive individuali inizi sin dalla richiesta presentata dal gestore della crisi e non dal provvedimento del tribunale, perché quando il gestore deposita l'istanza al tribunale, passano uno o due mesi, e a quel punto, visto che ho preso contatti con quasi tutti i miei debitori, loro lo sanno già e ricorrono alle azioni di garanzia, perché non posso pensare di depositare un piano senza aver parlato con i miei creditori e, appena ne parlo, loro si muniscono dei titoli di garanzia.
  Sappiamo che ogni tribunale ha i propri tempi, per cui se passa un mese o un mese e mezzo, quando il tribunale accoglie la Pag. 6mia richiesta mi trovo già tutte le ipoteche e a quel punto il mio piano non è più attuabile. Bisognerebbe a nostro avviso anticipare.

  PRESIDENTE. Grazie, dottor De Bortoli.
  Lascio la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ANNA RITA TATEO. Grazie, presidente, solo una domanda. Lei ha detto prima che per quanto riguarda il concordato liquidatorio sarebbe anche preferibile far acquistare al fallito. Mi chiedo come questa normativa si concili con quella dell'esdebitazione.

  NERIO DE BORTOLI, presidente dell'Istituto dei curatori fallimentari. No, è proprio per questo che noi possiamo... perché all'articolo 240 viene prevista la possibilità di presentare una domanda di concordato liquidatorio da subito, anche prima della verifica del passivo, per cui oggi fallisco ed entro dieci giorni vado dal curatore e gli chiedo tutti i dati che possono servire, e non si sa niente della verifica del passivo, non si sa quanti debiti ci sono, per cui mi fido solamente della contabilità che mi dà, e sulla base di questo posso presentare, come terzo, una proposta oggi di concordato fallimentare e più avanti di concordato liquidatorio.
  L'esdebitazione oggi quando viene concessa? Quando il debitore ha collaborato con il curatore. Se nella domanda di esdebitazione del debitore lui chiede il parere del curatore, il curatore deve dichiarare se abbia collaborato per l'informazione e per le eventuali documentazioni che aveva. Non vedo la differenza per il futuro, probabilmente è un titolo in più aver presentato dichiarazione di fallimento in proprio, esercizio provvisorio. Viene il curatore e controlla la bontà della procedura, presento domanda di concordato liquidatorio, ex fallimentare, viene accettato dai creditori, quindi penso che l'esdebitazione sarebbe ancora più concessa se io fossi un curatore, perché l'imprenditore non ha voluto impiegare un periodo di tempo lungo e si è subito messo di fronte al giudice, correndo il rischio che il giudice dicesse di no all'esercizio provvisorio, per cui non avesse più la possibilità di essere riabilitato.
  Se, infatti, uno presenta un piano di esercizio provvisorio e già il tribunale in prima sede dice che questo piano non è credibile... fermo rimanendo che il giudice chiama il candidato curatore e dice «vediamo questo piano, ti diamo tre-quattro giorni per verificare se sia fattibile», se supera questo ostacolo credo che l'esdebitazione sia un atto meritato.
  Di più: quando il curatore entra in esercizio provvisorio, a chi si affida? Probabilmente all'ex amministratore e all'ex imprenditore e li misura e vede quanta verità hanno detto nel piano. Perché poi la vediamo nei fatti, quando io parlo con i clienti e con i fornitori misuro il mio interlocutore, che è l'imprenditore oppure l'amministratore. Il curatore ha una possibilità di verificare la bontà del debitore in crisi o insolvente, e di farsi un giudizio sulla ragionevole correttezza, sulle difficoltà del mercato, su qualche operazione che doveva non fare, ma se queste operazioni sono la tenuità del fatto poi valuterà il curatore.
  Non vedo quindi alcun contrasto, onorevole, anzi se uno si merita l'esercizio provvisorio, il curatore lo esegue e lui collabora fino a quando il curatore lo vorrà, probabilmente nell'istanza che farà per l'esdebitazione, il curatore si comporterà come lui ritiene.

  ALFREDO BAZOLI. Una domanda per capire meglio. Lei ha proposto che tra le misure premiali previste dallo schema di decreto legislativo per chi si rivolge tempestivamente all'Organismo di composizione della crisi venga inserita anche la tempestiva richiesta di liquidazione giudiziale.

  NERIO DE BORTOLI, presidente dell'Istituto dei curatori fallimentari. No, è già inserita, perché l'articolo 25...

  ALFREDO BAZOLI. Poiché la logica dovrebbe essere quella secondo cui viene premiato Pag. 7 l'imprenditore che si rivolge tempestivamente all'Organismo a prescindere dall'esito o dalla soluzione adottata dall'imprenditore sulla base delle indicazioni dell'Organismo, vorrei capire esattamente in cosa consista il suo suggerimento.

  NERIO DE BORTOLI, presidente dell'Istituto dei curatori fallimentari. Alla fine del comma 2 dell'articolo 25 bisogna aggiungere che in ipotesi di istanza di liquidazione in proprio (mi riservo di scriverla in due giorni eventualmente), in ipotesi di concessione della liquidazione giudiziale oggi esercizio provvisorio, in quell'ipotesi di ammissione, di attualizzazione, la misura penale venga ridotta a un terzo, perché qui non è previsto.
  Al comma 2 si legge: «la tempestiva presentazione dell'istanza all'Organismo di composizione assistita della crisi d'impresa ovvero della domanda di accesso a una delle procedure di regolazione della crisi o di insolvenza di cui al presente codice, (...) esclude limitatamente alle condotte poste in essere prima dell'apertura della procedura, la punibilità dei reati di cui agli articoli 322, 323, 325, 328, 329, 330, 331, 333 e 341, comma 2, lettere a) e b), a condizione che il danno cagionato sia di speciale tenuità».
  La pena è ridotta fino alla metà, fuori dai casi di speciale tenuità del danno, alla data di apertura della procedura di regolazione della crisi o dell'insolvenza (è ragionevole pensare che l'insolvenza sia l'ultimo passaggio alle porte del fallimento, perché con l'insolvenza diventa molto difficile arrivare a un concordato preventivo in continuità).
  Mantenendo questa norma, l'ultima parte del comma 2, il valore dell'inventariato mi pare un valore difficile, perché arriva lo stimatore e lo stima, ma andiamo nel mercato e i valori su molti beni non ci sono più. Su questo starei attento, perché il valore dell'inventariato generalmente è molto più alto del valore realizzato per vari motivi, perché si vende dopo un certo periodo, perché abbiamo dei compendi che erano nati su misura per questa azienda e, se vado a collocarli nel mercato, non li vendo più, devo fare operazioni di frazionamento continuo per cercare di soddisfare le domande.
  Sui valori, l'inventariato mi pare un po’ alto, perché i periti oggi come ragionano? Il valore è quanto costerebbe ricostruirlo. Ma non è così, perché io ho costruito un compendio da 10.000 metri quadrati, ma non mi serve più, oggi mi servono compendi da 500-600 metri quadrati.
  Questo inciso sul valore dell'inventariato mi sembra quindi pericoloso, perché devo offrire il 10 per cento su un valore che non è misurabile in termini certi, quando vado a cedere mediante asta (articolo 108) verifico quanto realizzo. Questo è pericoloso, perché lei ha un dato di partenza inventariato appena aperta la procedura, oggi siamo all'ottavo o al decimo esperimento d'asta per molti beni di procedure oggi fallimentari e più avanti liquidatorie, per cui quando si arriva al di sotto del 50 per cento di stima dobbiamo chiedere una particolare autorizzazione al tribunale. Oggi è questo il nostro mercato.
  Sarebbe opportuno, quindi, prevedere che «è ridotta a un terzo nell'ipotesi di applicazione o di utilizzo dell'articolo 211, ex articolo 104 della legge fallimentare». Un'aggiunta per fare un riferimento all'utilizzo della procedura di cui all'articolo 211.

  ALFREDO BAZOLI. Non voglio interloquire su questo, però veramente non riesco a capire, perché comunque viene aperta una procedura di liquidazione giudiziale, ma se qui è già previsto che tra le misure premiali ci sia la tempestiva richiesta dell'apertura di un procedimento di liquidazione giudiziale, mi pare che già siamo dentro l'auspicio che lei formulava che sia inserito un premio anche per chi si attiva tempestivamente per la richiesta di una liquidazione giudiziale, che può portare tra le altre cose anche all'esercizio provvisorio.
  Non riesco a capire cosa bisognerebbe aggiungere rispetto alla norma, che mi sembra contempli già quel caso.

  NERIO DE BORTOLI, presidente dell'Istituto dei curatori fallimentari. Non vedo il vantaggio per ricorrere io al tribunale per Pag. 8una procedura veloce di esercizio provvisorio, non c'è vantaggio.
  Le pene sono ridotte a metà, io chiedevo, proprio per incentivare, che fosse ridotta, cioè se io mi presento al tribunale e mi confesso, pensavo di prevedere uno sconto ulteriore in quel caso, che qui non è previsto.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altre domande da parte dei commissari, concludiamo questa audizione. Ringraziamo il dottor De Bortoli. Se vuole lasciarci o farci pervenire delle proposte scritte, saremo lieti di accoglierle e distribuirle ai commissari. Grazie per essere venuto.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti del Consiglio nazionale forense e dell'Unione nazionale delle camere civili.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame dello schema di decreto legislativo recante codice della crisi di impresa e dell'insolvenza (atto del Governo n. 53), l'audizione di Carlo Orlando, Coordinatore della Commissione interna in materia di Procedure concorsuali e crisi d'impresa del Consiglio nazionale forense, di Gianluca Bertolotti, componente dell'Ufficio studi del Consiglio nazionale forense e Segretario della Commissione interna in materia di Procedure concorsuali e crisi d'impresa del Consiglio nazionale forense, e di Lucia Baldoni, componente della Giunta dell'Unione nazionale delle camere civili.
  Cedo la parola ai nostri ospiti. Partirei dal Consiglio nazionale forense, dando la parola all'avvocato Orlando per lo svolgimento della relazione. Noi saremo qui fino alle 16.00, quando riprenderà l'Aula. Abbiamo mezz'ora. Magari lasciamo una decina di minuti anche per le domande dei commissari.

  CARLO ORLANDO, coordinatore della Commissione interna in materia di Procedure concorsuali e crisi d'impresa del Consiglio nazionale forense. Buonasera a tutti, vi ringraziamo per l'invito a nome del Consiglio nazionale forense.
  Ci siamo permessi di inviare una bozza di documento, che abbiamo trasmesso questa mattina con riserva di integrazioni, perché il tempo è molto ristretto. Come sappiamo tutti, l'8 novembre scorso è stato licenziato questo testo dal Consiglio dei Ministri, che a sua volta ha rivisto altre bozze e altri testi che circolavano, quindi stiamo seguendo tutte le rivisitazioni, che da testo a testo spesso non sono di poco conto, ma portano a emendamenti e rivisitazioni sostanziali.
  Ci scusiamo, quindi, per la rapidità dell'esame e per il livello di approfondimento dell'esposizione, anche per non ripetere quello che abbiamo già scritto e documentato in questo testo di osservazione. Per quanto riguarda il Consiglio nazionale forense, con il professor Bertolotti ci divideremo i compiti dell'esposizione, anche per consentirvi di non ascoltare sempre la stessa voce.
  Io mi vorrei soffermare su un tema, quello del sovraindebitamento, molto caro per tutte le ragioni di natura sociale ad esso sottese e poi magari ritornerò a spot su alcuni punti che riguardano i nostri emendamenti.
  Alcuni riguardano la parte dei princìpi generali, altri, per quanto concerne l'allerta, gli indicatori. Altre questioni a noi molto care sono quelle del recupero della bontà e della funzionalità degli Organismi di composizione della crisi (OCC) anche all'interno della struttura dell'allerta, perché la legge delega non lo vieta.
  È vero che la legge delega importa l'istituzione di organismi all'interno delle Camere di commercio, però ad oggi questo è un punto completamente da impostare ex novo, che forse mal si concilia, sotto l'aspetto del criterio di prossimità nuovamente affermato, con l'altro procedimento, quello della revisione della geografia giudiziaria delle Camere di commercio, perché saprete benissimo che le Camere di commercio si stanno accorpando e dimezzando.
  Il concetto di prossimità è stato ribadito anche in virtù del mancato esercizio della Pag. 9delega per quanto riguarda la creazione dei cosiddetti «tribunali concorsuali», però è stato ribadito proprio come punto di riferimento la vicinanza a quelli che sono gli interessi dell'impresa. Da questo punto di vista, siccome sui meccanismi dell'allerta, di natura assolutamente confidenziale, si basa tutta la scommessa dell'esito fortunato di questa riforma, se quei meccanismi dell'allerta dovessero fallire, tutto il codice verrebbe a cascare, perché se il punto di scommessa è quello dell'emersione anticipata della crisi in maniera riservata, quel meccanismo deve funzionare bene.
  Oggi noi non lo abbiamo all'interno della nostra cultura, tanto che è prevista una vacatio legis molto abbondante, di 18 mesi. Con «noi» intendo non soltanto gli avvocati, ma tutti gli operatori del settore, gli amici commercialisti e soprattutto gli imprenditori che dovranno avere la cultura di capire che determinate situazioni sono utili se affrontate per tempo, però noi sappiamo benissimo che spesso la cultura dell'imprenditore è un'altra, è quella di affrontare le cose in un momento successivo, e certe volte anche quando è già troppo tardi.
  Un esempio per tutti, per far capire dove va a parare il mio ragionamento, è quella che è stata l'esperienza dei procedimenti concordatari nella nostra realtà. Spesso si attivano determinate procedure anche con la domanda prenotativa ma poi queste procedure vanno a buon esito in parte molto ridotta, proprio perché un conto è l'ammissione di una determinata società alla procedura, altro conto è avere la possibilità di adempiere a determinati percorsi, di osservare determinati percorsi.
  Mi fermo qui. Con il permesso della presidente, passerei la parola al professor Bertolotti, salvo poi, e mi scuso per questo palleggio, riprenderla per portare avanti altre considerazioni.

  PRESIDENTE. Va benissimo.

  GIANLUCA BERTOLOTTI, componente dell'Ufficio studi del Consiglio e componente della Commissione crisi e procedure concorsuali presso il Consiglio nazionale forense. Grazie per la parola.
  In realtà, cercherò di prendere pochi minuti del vostro tempo per tentare di segnalare alcuni aspetti di fondo che in questo momento non sono integrati nel documento. Come è stato anticipato, evidentemente per ragioni di tempo non è stato possibile completarne in modo analitico l'analisi, tenuto conto che si tratta di 390 articoli, e non è cosa da poco.
  Il primo aspetto che mi corre l'obbligo di segnalare è che il codice della crisi, approvato l'8 novembre scorso dal Consiglio dei ministri, tiene conto di alcune significative istanze che proprio il Consiglio nazionale forense aveva formulato con riferimento alla bozza dello scorso anno licenziata dalla Commissione «Rordorf» e che poi ha rappresentato e rappresenta tuttora la base forte del codice della crisi.
  Mi riferisco, inter alia, alla maggiore attenzione che viene dedicata al profilo di riservatezza nelle procedure di allerta, anche se devo dire che non mi sembra si sia ancora raggiunta sufficiente consapevolezza del fatto che tali procedure recano anche notevoli profili di criticità, e che allora non soltanto non garantiscono di per loro un'emersione precoce della crisi delle imprese, ma, se non attentamente disciplinate e governate da mani esperte, possono finanche acuire la crisi.
  Forse proprio tre anni fa, in questa stessa sede, in un contesto diverso, avevo sollevato questo tipo di problema, ricordando che in Francia, il cui ordinamento abbiamo in qualche modo preso come punto di riferimento, molte volte è stata modificata la normativa in tema di allerta per via delle numerose criticità che poi si sono riscontrate nella pratica.
  Mi riferisco ancora, in relazione alle istanze accolte, alla chiarezza che finalmente si fa circa la non sovrapponibilità della figura del professionista intellettuale con quella, diversa, dell'imprenditore commerciale, la cui mancanza proprio il Consiglio nazionale forense per primo aveva posto in evidenza, sottolineandone le criticità operative che ne sarebbero potute derivare e che invece, grazie al nuovo testo, sono state scongiurate. Pag. 10
  A mio avviso, merita quindi un plauso la parziale riscrittura del testo originario del codice della crisi, in testa al quale va sicuramente riconosciuto il merito di aver profuso uno sforzo notevole per tentare di dare organicità e coerenza alla materia nell'interesse dei cittadini, degli imprenditori e degli operatori del diritto. In questo senso, anche come studioso di diritto commerciale, intendo esprimere un ringraziamento non formale per l'apertura al dialogo e al cambiamento dimostrata con la riscrittura in rassegna.
  Devo, tuttavia, rilevare che l'odierno codice della crisi inevitabilmente continua a riflettere la filosofia e l'impostazione con le quali il legislatore delegante ha inteso riformare la crisi delle imprese e le procedure di composizione della stessa, inevitabilmente, trattandosi di decreto delegato, ed essendoci una legge delega. Mi corre, però, l'obbligo di segnalare alcuni aspetti. A mio avviso, filosofia e impostazione di quella legge delega non sono pienamente condivisibili.
  Di là dai rilievi esegetici e dalle proposte di emendamenti che qui si sono puntualmente presentati e che contiamo di aggiornare, ma che non esauriscono la criticità dell'imminente riforma, mi riferisco in particolare alla positivizzazione, e dunque alla trasfusione in norme e/o princìpi nel codice della crisi dell'idea che anche nello stato di crisi, e non soltanto di fronte alla conclamata insolvenza, la gestione dell'impresa debba mirare alla conservazione del patrimonio nell'interesse dei creditori, che l'odierno codice ancora qualifica come prioritario.
  In altra sede ho tentato di dimostrare l'infondatezza delle tesi che propendono per la cosiddetta gestione conservativa, sul piano del diritto positivo, l'inadeguatezza in termini di equilibrio tra gli attori che a vario titolo partecipano al mercato, ma anche e soprattutto – e questo è l'aspetto che intendo sottolineare in questa sede – le pericolose ricadute in termini di crescita e sviluppo del sistema economico.
  Non intendo abusare del vostro tempo, quindi voglio sintetizzare gli argomenti ricordando a tutti i presenti che a metà degli anni Novanta, quando la Apple era prossima all'insolvenza per mancanza di vendite – si era tirato fuori l'Apple 3 in quel momento – e per mancanza di idee, se Steve Jobs avesse gestito in modo conservativo la Apple, cioè come alcuni princìpi e come alcune norme dell'odierno codice chiedono di fare agli amministratori delle future società, la Apple avrebbe chiuso i battenti.
  A titolo di contributo per il Paese, un deciso superamento dei princìpi presenti nel codice della crisi volti ad affermare la priorità dell'interesse creditorio al cospetto della crisi delle imprese forse andrebbe fatto, e anche su norme che sono diretta conseguenza di quest'impostazione.
  Alludo, per esempio, inter alia, al concordato, alle proposte concorrenti di cui all'articolo 90.
  Ebbene, in questa disposizione si prevede che un creditore, il quale vanti un credito pari a una misura del 10 per cento dell'intera esposizione debitoria e che potrebbe essere anche poco rilevante rispetto al patrimonio netto, potrebbe presentare una proposta concorrente nella quale non solo chiede un aumento di capitale sociale, ma lo chiede con esclusione del diritto d'opzione, in altri termini realizzando – ripeto, a fronte di una posizione da creditore pari al 10 per cento dell'intera esposizione debitoria – un'espropriazione della società che si trova in crisi.
  A mio parere, naturalmente può essere frutto di accordo l'esclusione del diritto di opzione per ricapitalizzare, consentire a chi ha un credito pari al 10 per cento di fare una proposta di aumento di capitale sociale senza il diritto di opzione è pericoloso.
  Detto questo e anche in questa coerenza, vorrei, tra gli emendamenti che si sono presentati, spendere due parole su quanto indicato all'articolo 2, comma 1, lettera a), a proposito della definizione della crisi, indicata come stato di difficoltà economica finanziaria, che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate. Pag. 11
  Forse, qui sarebbe opportuno fare riferimento non già all'obbligazione pianificata, ma a quelle contratte, perché si rende opportuno evitare che situazioni del tutto usuali e frequenti, tali cioè da comportare un ripensamento delle strategie imprenditoriali, a seguito per esempio della verifica che i progetti in essere potrebbero non essere soddisfatti dai flussi di cassa auspicati, siano sufficienti, o comunque idonee, a considerare l'impresa in uno stato di crisi, che invece può sicuramente essere ravvisato laddove si proceda a una revisione al ribasso della stima dei flussi di cassa rispetto alle obbligazioni già contratte dall'imprenditore.
  Ancora un minuto, e lascio poi la parola a Carlo Orlando, a proposito della prededucibilità.
  Noi abbiamo proposto, da un lato, che venga espunto il riferimento all'accertamento dei crediti professionali, perché nessun accertamento è necessario tutte le volte in cui il compenso venga ritualmente pattuito. In questo caso, non occorrerebbe un accertamento. Qualora non lo sia stato, invece, è fin troppo ovvio che l'accertamento debba esserci, per cui ci sembra che questo termine pecchi per eccesso e, al tempo stesso, per difetto.
  La seconda delle modifiche che si propone è quella di espungere il riferimento alla non prededucibilità dei crediti professionali per prestazioni rese su incarico conferito dal debitore durante le procedure di allerta e composizione assistita della crisi a soggetti diversi dall'OCRI, e mi riferisco sempre all'articolo 6, ultimo comma. Si deve tenere a mente che, se vogliamo promuovere l'efficacia delle procedure di allerta e di composizione assistita della crisi, allora occorre considerare che la fattiva partecipazione a tali procedure, così come il diritto di accesso alla composizione assistita della crisi, sono agevolate quando il debitore è affiancato e consigliato da un legale fiduciario, da un consulente esperto.
  Dall'altra parte, quanto all'organismo di riferimento, ovvero l'organismo di composizione della crisi, a noi sembra che la legge delega consenta una lettura per la quale anche gli organismi della composizione della crisi rispetto all'OCRI siano interessati e possano essere utili in questa riforma. Il tentativo di promuovere una soluzione concordata della crisi potrebbe determinare una situazione di conflitto tra gli interessi dei creditori e quello del debitore. In questa situazione, la presenza di un difensore, o comunque di un consulente, appare quanto mai necessaria per il più efficiente presidio degli interessi di questi.

  CARLO ORLANDO, coordinatore della Commissione interna in materia di Procedure concorsuali e crisi d'impresa del Consiglio nazionale forense. Proseguo velocissimamente. Non mi soffermerò più di tre o quattro minuti.
  Un aspetto che troverete all'interno degli emendamenti, a cui vi prego di prestare particolare attenzione, è quello delle misure protettive, particolarmente circa la tempistica delle misure protettive.
  Le misure protettive hanno una funzione, un senso e un'efficacia se vengono calate all'interno di un giusto timing. Se vengono calate all'interno di un timing più dilazionato nel tempo... Trovate una prima osservazione di questo genere, una prima richiesta di emendamento, già riferita all'articolo 20, dal quale viene richiesto di espungere la prima parte, dove si dice: «Dopo l'audizione di cui all'articolo 18, il debitore che ha presentato istanza per la soluzione concordata, può chiedere».
  Noi riteniamo che il debitore che ha presentato istanza lo possa fare, chiedere, già subito, con la presentazione della domanda, cioè cercare di anticipare prima possibile il momento della valutazione dell'eventuale applicazione della misura protettiva.
  Lo stesso discorso, mutatis mutandis, vale anche per quanto riguarda la tematica del sovraindebitamento, anzi soprattutto per quanto riguarda la tematica del sovraindebitamento. Per diverse ragioni facilmente intuibili, se nel sovraindebitamento la previsione di un ombrello protettivo viene fatta subito, tempestivamente, ha un senso; se viene fatta successivamente, non ha veramente nessun senso, perché si consente a un creditore più scaltro, a un creditore più veloce, a un creditore più Pag. 12rapido, di precostituirsi un determinato percorso, che ovviamente vanifica tutto il resto del percorso.
  Un'altra attenzione per quanto riguarda la parte non relativa al sovraindebitamento ci interessa spenderla sull'articolo 54, per quanto riguarda le misure cautelari.
  L'articolo 54, con particolare riferimento all'aspetto del concordato e a quello degli accordi di ristrutturazione, francamente ci sembra pericoloso, se non che la previsione della possibilità del sequestro di determinate aziende possa comportare una sicura inefficacia del mezzo. Ci viene da pensare: perché l'imprenditore dovrebbe attivare? Inizialmente, poi, gli accordi di ristrutturazione erano tutti svolti fuori da determinati meccanismi procedimentalizzati, e oggi procedimentalizzarli significa in un certo senso vanificare un meccanismo che emerge da determinati meccanismi procedimentalizzati. Oggi, si concludono gli accordi e poi si va a farli dichiarare. Così, invece, sarebbe sicuramente un venir meno di tutto.
  Sul sovraindebitamento aggiungerei due cose per quanto riguarda gli articoli 68, per il piano del consumatore, e 76, per quanto riguarda il concordato minore. Mi spiego.
  In entrambe queste disposizioni viene stabilito che non è prevista la difesa tecnica. Guardate, ve lo dico molto chiaramente, non ne faccio una questione di corporazione, non ne faccio una questione di difesa dei titoli dell'avvocatura. È una questione di giurisdizione.
  Voi vedete che quei procedimenti si concludono, terminano con dei decreti o delle pronunce che sono appellabili o reclamabili, quindi c'è esercizio della giurisdizione da parte del magistrato, e laddove c'è esercizio della giurisdizione da parte del magistrato ci deve essere necessariamente la presenza dell'avvocato, che è componente, l'altra parte della medaglia, della stessa giurisdizione. Questo è un dato di fatto, ammesso che non si voglia dare spazio a una norma che dal mio punto di vista personale, ma dal punto di vista dell'avvocatura, si presenta già con il bollino dell'incostituzionalità. L'articolo 24, infatti, è chiarissimo nel dire che la difesa deve essere presente e riconosciuta. Vi chiedo, quindi, di espungere questa parte in cui è stabilito dichiaratamente che non è prevista la difesa tecnica, ma ripeto per ragioni tecniche e non per ragioni di corporazione.

  PRESIDENTE. La invito a concludere per lasciare la parola alla dottoressa Baldoni.

  CARLO ORLANDO, coordinatore della Commissione interna in materia di Procedure concorsuali e crisi d'impresa del Consiglio nazionale forense. Assolutamente.
  L'altro aspetto, e ho concluso, è quello degli OCC. Sempre per quanto riguarda il sovraindebitamento, per come è prevista la normativa, ma fa il pari con quello che vi ho appena detto, gli OCC fanno un po’ tutto, fanno assistenza, fanno attività di ausilio, fanno attività di liquidazione.
  Sono attività tra loro incompatibili, che intanto hanno caratteristiche diverse, perché l'assistenza è una questione, l'ausilio un'altra. Fare una relazione particolareggiata su qualcosa che ho fatto io stesso come stesura per l'aspetto assistenziale è evidente che possa portare qualche problema anche sotto il profilo del primo requisito richiesto agli OCC, quello dell'indipendenza. Indipendenza, francamente, in meccanismi di questo genere non ne vedo. Vi invito, quindi, a riflettere su questo, anche qui non solo e non tanto perché mi sembra necessaria la presenza del difensore, ma soprattutto per evitare quei conflitti di interesse che sono molto più pratici rispetto a quelli che possono apparire nell'astrazione della norma.
  Al più, e questa – perdonatemi – è una mia riflessione, una tematica come quella del sovraindebitamento, e con questa riflessione concludo, che si rivolge dichiaratamente ad andare a tutelare tutti quei 6-7 milioni di debitori civili che ci sono, tutta quella povertà che si sta via via stratificando in Italia, non può prescindere dall'assistenza del patrocinio a spese dello Stato. La legge non lo esclude, ma è bene che venga espressamente previsto, altrimenti si può andare incontro a diverse interpretazioni, da tribunale a tribunale, a Pag. 13seconda della sensibilità del singolo interprete, del singolo magistrato. Mai come in questo caso, però, la dichiarata funzione sociale della normativa deve essere supportata dal patrocinio a spese dello Stato per far sì che il cerchio si chiuda. Grazie.

  LUCIA BALDONI, componente della Giunta dell'Unione nazionale delle camere civili. Ringrazio a nome della Giunta dell'Unione nazionale camere civili per l'opportunità che ci è stata concessa oggi.
  Mi riservo di depositare un documento, visti purtroppo i tempi stretti in cui abbiamo lavorato in questi giorni, in concomitanza poi con la riforma del processo civile. Ci stiamo dividendo tra il Senato e la Camera e con il ministro.
  Farò un intervento brevissimo, anche perché molti dei punti che come Unione nazionale avevamo individuato sono già stati trattati dai colleghi.
  Parto dal fondo, ovvero mi aggancio a quello che ha appena detto l'avvocato Orlando, che riguarda il diritto di difesa in almeno tre norme dello schema di decreto legislativo, che sono appunto il comma 4 dell'articolo 40, l'articolo 68 e l'articolo 76.
  Oltre alle ragioni che ha già ben evidenziato il collega, ce ne sono altre, in particolare nell'articolo 68, laddove c'è l'espressione delle ragioni dell'incapacità del debitore di adempiere alle obbligazioni assunte. Quando si chiede al cittadino di spiegare perché è diventato incapace di adempiere alle proprie obbligazioni, è chiaro che la difesa tecnica serve. Molto spesso il cittadino non sa perché si trova in stato di crisi, perché è arrivato a una determinata situazione.
  Per esperienza personale, posso dire che molte volte il consumatore, non l'imprenditore – parliamo, quindi, del privato – non si rende conto di aver contratto obbligazioni sopra le proprie possibilità. Se se ne rende conto, non ha la capacità di esternarlo. Faccio un esempio.
  In un comune in provincia di Perugia abbiamo aperto uno sportello di audizione sul sovraindebitamento, e in dieci mesi si sono presentate tre persone. È significativo che le persone non abbiano il coraggio di esporre da sole i problemi.
  In questo caso, la difesa tecnica non è solo a garanzia del diritto di difesa costituzionalmente garantito, ma è soprattutto per dar modo al cittadino di esprimersi, perché poi sono previste delle sanzioni in caso di erronea indicazione o di false dichiarazioni. Il cittadino deve sapere, allora, a che cosa va incontro quando fa le dichiarazioni, e certamente solo l'intervento di un legale può permettere una difesa di questo genere.
  Concordo, quindi, con quanto ha già espresso il Consiglio nazionale forense sull'incostituzionalità di questi tre articoli, laddove non è prevista la presenza di un difensore tecnico.
  Faccio un passo indietro per evidenziare altre due criticità, di cui una è stata già rilevata, sugli indici della crisi. Comunque, nell'articolo 12 si fa riferimento ai dati di bilancio, che, se oggettivamente presi, possono non essere oggettivi nella situazione reale o meglio imprese che esercitano la stessa attività con i medesimi indici di bilancio potrebbero avere delle differenti vie di uscita. Quindi, non è detto che due imprese con gli stessi dati di bilancio possano arrivare alla crisi nello stesso momento. Soprattutto, l'esame di questi indici dovrebbe essere fatto innanzitutto dentro l'impresa, dalla governance, dai sindaci quando sono previsti per le società.
  Potrebbe accadere che soggetti diversi, quindi la governance interna e chi, invece, dovrebbe fare l'allerta, potrebbero leggere i dati di bilancio in maniera diversa, perché qualcuno è all'interno dell'impresa e altri li vedono dall'esterno. Sicuramente poi l'imprenditore ha il polso della situazione dell'impresa e magari sa che per un determinato periodo ci sono meno entrate, ma è dovuto a un periodo transitorio.
  Faccio un esempio. Chi lavora solo con il bel tempo, e che da dicembre a febbraio ha uno stop, poi ha il massimo dell'esplosione in primavera. Oggettivarle dandole in mano a indici per il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti, forse anche questa è una norma da rivedere.
  Un'altra norma che, secondo me, secondo noi, presenta criticità è l'articolo 15, laddove si parla delle segnalazioni dei creditori Pag. 14 pubblici qualificati. In questo senso l'Agenzia delle entrate e riscossioni potrebbe avere la capacità di segnalare, laddove però si tenga conto anche dei crediti che l'imprenditore vanta nei confronti degli enti pubblici, perché molto spesso, a fronte di elevati debiti erariali ci sono crediti non riscossi.
  Un correttivo quale potrebbe essere? La compensazione. Nel momento in cui l'agente di riscossione fa la segnalazione, questi dovrebbe tener conto dei crediti non riscossi dall'imprenditore, quindi non segnalare 2 milioni di euro quando l'imprenditore ne deve ricevere 4, ma portare in compensazione i 2 milioni che deve prendere, anche perché sappiamo bene quali sono i tempi con cui poi vengono pagati questi crediti.
  La compensazione sarebbe sicuramente utile, anche perché potrebbe da una parte comportare intanto i benefici previsti per una falcidia di parte dei tributi che non sarebbero dovuti e dall'altra sicuramente aiuterebbe l'economia e le imprese, perché comunque si vedrebbero riconosciuti dei crediti anche se non pagati però sotto forma di compensazione. Questo potrebbe essere un fattore positivo.
  L'ultimo aspetto che in questa sede, anche per motivi di tempo, vorrei evidenziare è relativo al progetto di stato passivo. Forse nella procedura di liquidazione dell'articolo 203 potrebbe essere prevista una norma per cui i crediti chirografari vengano esaminati solo nel caso in cui poi effettivamente vi sia la possibilità di un pagamento, perché nel 90 per cento dei casi i chirografari vengono sottoposti a domande e non vengono mai pagati.
  Forse si potrebbe pensare all'introduzione di un meccanismo per cui si debbano inserire solo in una seconda fase, quando vengono effettivamente corrisposti, e ci sono i chirografari, altrimenti andrebbero inseriti di diritto per poi parlarne successivamente.
  Questo taglierebbe di molto anche i tempi delle procedure, perché ovviamente per controllare tutti i chirografari, che magari sono trecento, si impiega molto tempo e potrebbe essere utile farlo alla fine, se c'è da spartire qualcosa.
  Per il momento mi fermo qui. Vi ringrazio per l'attenzione e a breve vi invieremo le note come Unione nazionale. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie davvero.
  Colleghi, purtroppo non abbiamo spazio per le domande. Vi proporrei, dato che dobbiamo tornare in Aula, di farle pervenire per iscritto alla segreteria della Commissione. Le inoltreremo all'avvocatessa Baldoni e agli avvocati Bertolotti e Orlando in modo tale che le prossime note integrative da parte loro siano anche corredate delle risposte in funzione delle domande fatte dai commissari.
  Grazie a tutti. Autorizzo la pubblicazione della documentazione depositata in calce al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato) e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.

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