XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività connesse alle comunità di tipo familiare che accolgono minori

Resoconto stenografico



Seduta pomeridiana n. 46 di Martedì 5 luglio 2022

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Cavandoli Laura , Presidente ... 3 

Audizione, in videoconferenza, della Presidente del Tribunale per i minorenni di Messina, Maria Francesca Pricoco:
Cavandoli Laura , Presidente ... 3 
Pricoco Maria Francesca , presidente del Tribunale per i minorenni di Messina ... 4 
Cavandoli Laura , Presidente ... 10 
Pricoco Maria Francesca , presidente del Tribunale per i minorenni di Messina ... 10 
Cavandoli Laura , Presidente ... 11 
D'Angelo Grazia  ... 11 
Cavandoli Laura , Presidente ... 11 
Ascari Stefania (M5S)  ... 11 
Pricoco Maria Francesca , presidente del Tribunale per i minorenni di Messina ... 12 
Cavandoli Laura , Presidente ... 15 
Giannone Veronica (FI)  ... 15 
Pricoco Maria Francesca , presidente del Tribunale per i minorenni di Messina ... 16 
Cavandoli Laura , Presidente ... 18 
Pricoco Maria Francesca , presidente del Tribunale per i minorenni di Messina ... 18 
Cavandoli Laura , Presidente ... 18 
Pricoco Maria Francesca , presidente del Tribunale per i minorenni di Messina ... 18 
Cavandoli Laura , Presidente ... 18

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
LAURA CAVANDOLI

  La seduta comincia alle 14.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso e la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione, in videoconferenza, della Presidente del Tribunale per i minorenni di Messina, Maria Francesca Pricoco.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, in videoconferenza, del Presidente del tribunale per i minorenni di Messina, dottoressa Maria Francesca Pricoco, che ringraziamo per la disponibilità.
  L'audizione della dottoressa Pricoco segue quella di altri autorevoli Magistrati minorili. Oltre alla dottoressa Maggia, che è attualmente Presidente dell'Associazione dei magistrati per i minorenni, ricordo le audizioni già svolte dal dottor Spadaro, del Tribunale di Trento, e del dottor Avallone, del Tribunale di Salerno. L'audizione della dottoressa Pricoco aggiunge ulteriori motivi di interesse, legati sia alla sua esperienza pregressa, anche nell'associazione dei Magistrati minorili, sia anche alla sua esperienza presente in una regione come la Sicilia, che è rimasta un po' a margine dei nostri lavori, per carenza di informazioni e non certo per un disinteresse della Commissione.
  Come in altre occasioni, ricordo che la Commissione è particolarmente interessata ad acquisire elementi e valutazioni dalle Autorità giudiziarie minorili sia per approfondire le specifiche problematiche relative al loro funzionamento, sia anche per acquisire un punto di vista sulla recente riforma del processo civile, che ha modificato in profondità tutta la materia.
  Prima di lasciare la parola all'audita, ricordo che uno dei temi che si è spesso posto nei lavori della Commissione è quello del ruolo dei Servizi sociali territoriali nei procedimenti minorili. In molte audizioni si sono rilevate le criticità che derivano dal fatto che i Servizi sociali si trovano a svolgere funzioni una serie di funzioni che vanno dalla valutazione preventiva delle situazioni all'esecuzione e al monitoraggio dei provvedimenti. Di qui il rischio che i Servizi finiscano per agire sulla base di un «mandato in bianco» del Tribunale che di fatto riduce il reale spazio di intervento, non solo delle parti processuali, ma anche dello stesso Giudice. Connesso a questo tema è quello del carattere talora tecnico delle valutazioni dei Servizi, che introducono concetti che non hanno un preciso contenuto né sul piano giuridico né sul piano scientifico. Anche la vexata quaestio della PAS (Sindrome di alienazione parentale) sembra avere qualche relazione con il fatto che vengono proposte ai collegi giudicanti ipotesi valutative fondate su ipotesi fondate su una base scientifica labile.
  Allo stesso tempo c'è la questione delle CTU (Consulente tecnico d'ufficio), che sono particolarmente valorizzate nella riforma del processo civile, sostanzialmente in alternativa ai Giudici onorari, anche al fine di ottenere una maggiore trasparenza dei procedimenti. La Commissione sarebbe interessata ad acquisire informazioni e sue valutazioni sul funzionamento delle CTU nei procedimenti pendenti presso il Tribunale per i minorenni di Messina e sui mezzi Pag. 4posti in opera per evitare che, anche in futuro, si creino filoni di CTU in qualche modo monopolistiche.
  Infine, un'ultima questione su cui la Commissione sarebbe interessata ad avere sue valutazioni riguarda la specifica situazione di Messina, che è stata sottoposta alla nostra attenzione. Da quanto risulta tra il 2020 e il 2021 è stata più volte oggetto di dibattito politico a livello locale la situazione del sistema degli affidi nel comune di Messina, anche con prese di posizione pubbliche del Garante dei minori della città, il dottor Angelo Fabio Costantino, che si è dimesso nell'aprile 2022. Risulterebbe in particolare una situazione generalizzata e pervasiva di carenza di dati sui minori fuori famiglia, ritardo nella redazione delle relazioni e nei procedimenti, con la conseguenza di una collocazione diffusa dei minori in casa famiglia, non essendo realmente possibile approfondire la strada della collocazione in affido familiare.
  Sarebbe per noi molto interessante avere un qualificato parere in merito. Lascio ora la parola alla dottoressa Pricoco, ringraziandola nuovamente per la disponibilità.

  MARIA FRANCESCA PRICOCO, presidente del Tribunale per i minorenni di Messina. Grazie Presidente per questa indicazione di temi che sono molto importanti e che interessano moltissimo la questione della Giustizia minorile, anche con riferimento al distretto della Corte di Appello di Messina. Innanzitutto vorrei premettere, proprio per cercare di evidenziare quella che è anche a volte la soluzione comunque sia temporanea di un collocamento del minore fuori famiglia attraverso collocamenti in comunità, ovvero l'inserimento verso famiglie disponibili all'affidamento familiare e come diceva Alfredo Moro, uno dei maestri della giustizia minorile che ha formato un po' tutti attraverso i suoi studi, attraverso i suoi approfondimenti, sono pienamente convinta che il processo che è un processo civile minorile attraverso il quale vengono, poi, anche adottate soluzioni di allontanamento del ragazzo, della ragazza, del bambino dalla famiglia sia un processo di conoscenza.
  È importante avere chiaro il fatto che quando viene avviato un procedimento per la tutela della persona minorenne, per ragioni che attengono al pregiudizio conseguente al comportamento genitoriale o in alcuni casi più gravi, quindi all'abbandono vero e proprio, siamo lungo una strada entro la quale occorre acquisire con sufficiente e anche qualificata certezza quelli che sono effettivamente le questioni che attengono alla difficoltà di una adeguata, di una funzionale relazione genitoriale che è in alcuni casi può determinare scelte di protezione che comportano appunto una sospensione, un'interruzione dei rapporti, ma prevalentemente una collocazione in un luogo sicuro attraverso la quale possono poi sperimentarsi anche delle attività, comunque delle progettualità di recupero della relazione familiare. Questo lo dico perché vi è l'opinione – forse legata a dei luoghi comuni – che la giustizia minorile e anche i servizi sociali si muovono allo scopo di separare i bambini dalle proprie famiglie, di interrompere i rapporti, di sostituire, anche con forme che chiaramente non vengono poi comprese fino in fondo quella che è una vita familiare, che comunque se vi è l'intervento del Tribunale dei minorenni, è una vita familiare che non corrisponde ai diritti, ai bisogni e alle esigenze di crescita dei bambini dei quali ci occupiamo.
  L'attività del Giudice minorile per quanto riguarda le procedure civili, attiene all'applicazione di due norme e due procedimenti di tipo diverso. Da un lato abbiamo i procedimenti cosiddetti «de potestate» che sono procedimenti disciplinati sotto il profilo processuale dall'articolo 336 del Codice Civile e sotto il profilo sostanziale dagli articoli 330 e seguenti del Codice Civile, che sono quelli che attengono a un eventuale pronuncia di decadenza da una responsabilità genitoriale quando vi sono gravissimi fatti di pregiudizio ai danni di minori e quelli, sull'applicazione dell'articolo 333, che riguardano una mera limitazione della responsabilità genitoriale. Dall'altro lato vi è l'altro iter processuale civile minorile che è quello disciplinato dalla legge 184 del 1983 sulla adottabilità e l'eventuale adozione, che è intitolata proprio Pag. 5al diritto del minore a una famiglia. Intanto il diritto del minore di crescere, di essere educato all'interno della propria famiglia, quando accertata l'incapacità per assicurare un'assistenza reale e materiale, il diritto del minore di essere accolto a scopo anche di adozione presso una famiglia. Quando si parla anche di queste due discipline, quindi quelle che riguardano la responsabilità genitoriale e quindi che riguardano eventualmente una dichiarazione dello stato di abbandono, molte volte si pensa che il punto di partenza, il primo atto del procedimento, sia già la scelta fatta dalla giurisdizione rispetto a quel caso. Invece io vorrei rappresentare anche alla vostra Commissione, alla Presidente come invece è il contrario, il punto di partenza di queste procedure dove effettivamente si accertano, si approfondiscono, si conoscono fatti tragici della vita di persone di età minore e alcune volte davvero si trovano in condizioni estreme di mancanza di tutto, da quelle che sono le condizioni anche materiali minime e sufficienti per una vita, a quelle che sono delle situazione devastanti sotto il profilo della possibilità di crescere in modo sano e in modo armonico così come dice la Costituzione, perché tali e tanti sono stati gli abusi, le perdite, le prevaricazioni che i bambini hanno patito all'interno di queste famiglie che non hanno la capacità a volte neanche gli strumenti per potere comprendere i bisogni dei figli, e vivono anche situazioni di violenza a volte tramandata anche dalla loro esperienze familiari, che rendono davvero impossibile questo diritto del minore di crescere. Questo perché dall'osservatorio della giustizia minorile in gran parte dei procedimenti che vengono avviati, fermo restando tutta l'attività di prevenzione e recupero delle situazioni possibili, prima ancora che vengano segnalate alla nostra procura dei minori quindi poi trattato all'interno del procedimento, sono situazioni che hanno già superato la percentuale di normalità di una vita familiare e sono situazioni dove in moltissime occasioni il caso, la condizione della famiglia è compromessa. Ciò non di meno all'interno di queste procedure, anche in ottemperanza a quelle che sono le indicazioni della Corte europea dei diritti dell'uomo, le cui sentenze ormai prescrivono espressamente anche al fine di evitare la condanna del nostro paese, che prima di andare avanti con procedimenti fortemente limitativi o addirittura ablativi di quella che è la responsabilità dei genitori e addirittura volti anche all'adozione, occorre mettere in atto tutti gli interventi necessari. Rispetto a questa prassi, che ormai posso dire è generale da parte di tutti i Tribunali per i minorenni, possono essere poi casi concreti dei quali possiamo discutere, valutare anche il perché delle scelte, di certe carenze o esaminare anche una realtà comunque del sud e siciliana soprattutto, questo lo voglio dire, che è afflitta, non c'è un altro termine, afflitta dalla mancanza di sufficienti servizi sia del territorio, sia sanitari, sia tutti i servizi e le agenzie di aiuto che dovrebbero consentire di recuperare quelle genitorialità ancora possibili. Sono stata anche per nove anni presidente del Tribunale dei minorenni di Catania: una realtà molto difficile, una realtà davvero con carenze ataviche per certi aspetti, però anche con tanta buona volontà e con tanti luoghi di costruzione di pensiero, quindi per l'infanzia e di cultura soprattutto. Catania non aveva questo, cultura per l'infanzia e l'adolescenza, sono state messe in campo tutte quelle possibili risorse che hanno aiutato anche alcuni minori a crescere un po' meglio. Però una realtà difficilissima anche per la presenza di una criminalità organizzata di tipo mafioso di una certa rilevanza. Se parliamo della Sicilia così come aveva accennato, siamo in un territorio molto caldo e purtroppo privo dei supporti pubblici che dovrebbero servire per risanare le relazioni familiari compromesse.
  Però dicevo nel corso di questa strada, volta alla conoscenza, non viene tralasciato il momento del recupero attraverso quei servizi che riusciamo a reperire e che sarebbero i consultori familiari per i genitori, per il sostegno alla genitorialità, alla mediazione, i servizi di neuropsichiatria infantile che servono per aiutare i bambini traumatizzati a elaborare questi traumi, anche con riferimento ai genitori che li Pag. 6hanno commessi. Ci sono tante situazioni, ma c'è anche in un momento del procedimento, molte volte iniziale e quindi su questo adesso magari approfondiamo, in cui a seguito di una lite violentissima, dove sono stati utilizzati anche armi, sono stati colpiti e feriti i genitori con coltelli, vi sono state delle situazioni anche di aggressività nei confronti degli stessi figli, altre situazioni di trascuratezza estrema, bambini lasciati soli in casa, qui da me ne sono capitati tanti, anche bambini molto piccoli. C'è un intervento che urgentemente occorre mettere in campo ed è l'intervento fatto allo scopo esclusivo di protezione, non allo scopo di negare il diritto del minore a vivere all'interno della propria famiglia, ma in quel momento storico, in quella situazione particolare, in quella situazione d'urgenza c'è il dovere delle istituzioni di mettere il bambino al sicuro.
  Qui anticipo la questione che aveva sollevato sulle riforme, proprio con riferimento alla messa in sicurezza del bambino, sappiamo che dal 22 giugno di quest'anno sono entrate in vigore le norme immediatamente esecutive della cosiddetta riforma Cartabia sul processo civile anche minorile oltre che familiare. Tra queste norme immediatamente esecutive vi è anche l'articolo 403 del Codice Civile, questo articolo dice che in caso della definizione della situazione di fatto è rimasta la stessa, in caso, cioè, di minore che si trovi in una condizione comunque di abbandono o comunque una condizione di grave pericolo, quindi questo si dice espressamente, le autorità amministrative intervengono mediante la collocazione presso un luogo sicuro. La novità rispetto alla precedente disciplina, che è stata prevista, e questo forse da un certo punto di vista seppure costringerà un po' i Tribunali che sono privi di personale amministrativo, di Giudici non nel numero previsto dalla pianta organica eccetera, però la riforma ha previsto ed è già esecutiva, che questa convalida dell'allontanamento fatto dall'autorità amministrativa del bambino dalla propria abitazione, quindi per metterlo al sicuro, venga fatta in tempi strettissimi. Intanto vi è comunità comunicazione orale che l'autorità amministrativa deve immediatamente segnalare al Pubblico Ministero minorile. A questo seguono i successivi, mi sembra che siano 48 giorni, per la comunicazione del provvedimento e degli atti allegati e il Pubblico Ministero ha oltre 72 ore per inviare la richiesta al Tribunale per i minorenni, al fine della convalida di quell'atto amministrativo ed eventualmente l'avvio di un'udienza che il Tribunale per i minorenni nella persona del Giudice delegato dovrebbe fissare entro i 15 giorni successivi per dare poi una risposta nel merito delle richieste, c'è anche il Pubblico Ministero che le dovrà formulare, rispetto a una serie di domanda di decadenza o di limitazione della responsabilità genitoriale o anche all'inserimento non escluso quello dell'adottabilità, entro il termine successivo di altri 15 giorni.
  Rispetto alla preoccupazione circa l'allontanamento del minore nelle situazioni estreme, nelle situazioni urgenti, che vengono quando anche improvvisamente, anche durante la notte, tutti i casi in cui il bambino si trova in una situazione di difesa, tragicamente di difesa, dove non c'è nessuna segnalazione di un vicino, questo mi è capitato anche tante volte, un vicino, un uomo che passa la strada. Situazioni anche di bambini per strada smarriti di quattro o cinque anni. In questi casi l'intervento urgente del collocamento in sicurezza, dal 22 giugno del 2022, ha una disciplina assolutamente serrata circa i tempi al fine di consentire al Giudice di conoscere nel più breve tempo possibile cosa sia accaduto, di parlare con i genitori, di vedere che possibilità ci sono per rimettere un attimo anche in ordine la vicenda familiare che è esplosa, per esempio in un atto di violenza o oltre cose simili, e prendere le decisioni del caso, al fine, in questa prima fase, di non disperdere le possibilità di recupero della vita familiare e anche quindi di attivare un aiuto ai genitori fragili tutte le iniziative e tutte le possibilità di essere sostenuti allo scopo di accudire adeguatamente i propri figli. Quindi questa è la prima novità rispetto al tema che voi ci chiedete di approfondire. Però tendo a sottolineare: allontanamento del minore dalla Pag. 7famiglia equivale esclusivamente a un'esigenza di protezione, non c'è un altro motivo. Ritengo, seppure a denti stretti perché ripeto siamo pochi e dobbiamo fare tanto lavoro, questa nuova disciplina ci consentirà di dare anche una risposta di giustizia che possa essere più soddisfacente e garantisca nei confronti delle famiglie, ma nello stesso tempo possa assicurare quella protezione e quella salvaguardia che dalla convenzione di New York del 1989, i nostri principi costituzionali, da tutta la normativa e la disciplina nazionale e internazionale a tutela dei minori, non può essere assolutamente violata.
  Quindi se questo è il presupposto dell'allontanamento, dobbiamo vedere effettivamente come si gestisce la soluzione intrapresa e quindi su questo possiamo anche trattare una questione molto importante e per noi Giudici motivo di grande preoccupazione. Questo voglio dirlo, perché si pensa che i Giudici adottano una decisione e poi lascino ai servizi la gestione incondizionata. Io parlo per la mia esperienza, sicuramente abbiamo tante esperienze, ci sono tante situazioni anche modalità operative dei vari Tribunali per i minorenni, spesso determinate dalla difficoltà derivante dalla mancanza delle risorse. Però è vero che nell'esecuzione dei provvedimenti, soprattutto il monitoraggio della condizione del bambino nel corso dell'attuazione di quelli che sono gli strumenti di tutela e salvaguardia è davvero importante. Una delle previsioni giuridiche rispetto all'adozione di provvedimenti di tutela è che in genere sia nelle procedure dopo de potestate, sia nelle procedure della dichiarazione di adottabilità con l'adozione dei provvedimenti urgenti, viene prevista l'affidamento al servizio sociale.
  L'affidamento al servizio sociale in Sicilia è disciplinato da una legge regionale, la numero 22 del 1986, è sostanzialmente una presa in carico da parte del servizio che in presenza di una limitazione della responsabilità genitoriale, anche nel caso di decadenza, ma anche nel corso della dichiarazione di adottabilità, assume quella parte di responsabilità dei genitori quale organo di salvaguardia della persona minorenne, oltre che l'indirizzo però secondo le indicazioni del Tribunale stesso. L'affidamento al servizio sociale non è una norma del tutto in bianco, intanto è un incarico che viene dato dal servizio, dall'autorità giudiziaria e viene dato allo scopo di attivare tutte le risorse presenti nel territorio proprio per quelle ragioni che dicevo prima, al fine di recuperare la vita familiare, tant'è che il caso dell'affidamento e dell'affidamento familiare ai sensi dell'articolo 2 e 4 della legge 184 del 1983, l'affidamento si qualifica per la temporaneità nel corso di questo tempo, mediante questa temporaneità occorre mettere in atto tutte le risorse possibili della famiglia. Quando ho iniziato la mia attività di Giudice minorile, a metà degli anni novanta, si parlava dell'affidamento familiare, come espressione l'accezione profonda del principio solidaristico della nostra Costituzione. Effettivamente nella realtà siciliana a quell'epoca vi erano più assistenti sociali: ormai stanno andando a decrescere perché non vi sono più concorsi, non c'è attenzione a un piano regionale, cosa per cui io insisto moltissimo nella nostra regione soprattutto in Sicilia, per il Piano regionale per l'infanzia e l'adolescenza: non si sa quali siano i bisogni dei cittadini e dei cittadini di minore età rispetto ai servizi che sono così sparsi e non sono neanche nelle condizioni di affrontare tutte le questioni che riguardano la cittadinanza, e la cittadinanza minorile soprattutto. Quindi a quell'epoca si fece molta formazione, anche delle famiglie, e io ho potuto sperimentare, soprattutto a Catania, delle virtuose esperienze di affidamento familiare fondate sul principio solidaristico, per cui il bambino veniva sì allontanato, collocato presso queste famiglie motivate, facendo parte anche di un elenco degli uffici affido, nell'area catanese sono stati istituti in tutti e tre le province Catania, Siracusa e Ragusa, e anche ben attrezzare per fare traghettare il bambino in condizione di chiaro svantaggio familiare presso la soluzione definitiva o più adatta alla sua condizione specifica. Cioè i bambini venivano collocati in affidamento familiare, dopodiché esaurito le risorse, le possibilità di recupero potessero poi passarePag. 8 nell'area di una famiglia adottiva, certo secondo i criteri di legge. Quando, invece, qualche volta la famiglia d'origine poteva essere recuperata, potevano ritornare verso i familiari e mantenere i rapporti con questi affidatari che facevano parte di una famiglia allargata, che si era costruita nel tempo: per cui il bambino poteva avere i genitori affidatari che l'avrebbero accompagnato nei momenti di difficoltà e la famiglia d'origine ritornata in una condizione migliore e che sempre poteva contare e comunque ancora avere un punto di riferimento negli stessi affidatari. Questo era il mondo ideale che la legge 184 cercava di costruire con la disciplina dell'affidamento.
  La situazione certo è andata a decrescere come dicevo prima. Nella realtà messinese molto probabilmente è accaduto anche questo. Premetto che sono Presidente del Tribunale dei minori di Messina da non più di un anno e mezzo, a seguito dal mio trasferimento. Ho riscontrato a Messina una realtà dove effettivamente vi erano stati degli affidamenti familiari per bambini comunque bisognosi di protezione, questo lo voglio sottolineare. L'allontanamento e collocamento presso altra famiglia a Messina era stato fatto per proteggere, però perché si era prolungato nel tempo, questo l'abbiamo visto. Il Garante regionale Angelo Costantino è una bravissima persona, molto sensibile, attenta all'infanzia, all'adolescenza, a tutte le questioni minorili ha avviato una collaborazione con tutti i servizi del territorio, le istituzioni pubbliche, facendosi promotore di un protocollo che è anche ancora attivo nel territorio di Messina che riguarda l'affidamento familiare e che prevede la costruzione di una rete che coinvolge non solo gli uffici minorili, la Procura per i minorenni, il Tribunale dei minorenni, ma soprattutto l'ufficio di servizio sociale del Comune e anche gli uffici e i servizi sanitari. Forse dovremmo anche ampliarlo e mettere dentro la scuola, mettere anche delle altre agenzie educative che possono aiutare il bambino che si trova fuori dalla famiglia.
  La difficoltà è stata quella del monitoraggio. Adesso non so con una nuova amministrazione che si è insediata, si possano riprendere questi discorsi e portarli a un concretamente, un approfondimento ma soprattutto a una fattibilità. Dal mio punto di vista occorrerebbe che l'ufficio affido di Messina venga potenziato, perché in questo momento ci lavorano soltanto due persone, un assistente sociale e uno psicologo. Abbiamo richiesto anche con lo stesso Garante, Angelo Costantino, la necessità che venisse potenziato almeno con un altro psicologo e un'altra assistente sociale e che possa diventare, questo lo aggiungo io adesso, un ufficio comunque della città metropolitana che possa essere un punto di riferimento per tutti i comuni del distretto, che sono 108, sono tanti, alcuni sono molto piccoli, però hanno la caratteristica di organizzarsi autonomamente. Mentre penso e ritengo che in una materia così delicata quale quella dell'affido familiare, sia assolutamente necessario coltivare, sviluppare, mantenere, e approfondire una cultura dell'accoglienza. Una cultura dell'accoglienza per l'infanzia ma anche per gli adolescenti, che metta davvero in luce quelli che sono le caratteristiche, ma io dico anche i sentimenti profondi e le motivazioni di chi si avvicina a questa opera di solidarietà di volontariato puro, perché poi non c'è un guadagno, non c'è riscontro materiale qual è quello dell'accoglienza. La libertà di farlo anche comprendendo che il bambino affidato e affidato temporaneamente, ha diritto, poi, di essere accompagnato in quella che è la soluzione più giusta per la sua vita. Vi sono a Messina diversi affidamenti familiari che si prolungati nel tempo e questi occorre poi metterli in chiaro, quindi anche rispetto a quello che è un iter processuale.
  Alcune di queste famiglie hanno richiesto l'adozione in casi particolari ai sensi dell'articolo 44, lettera b della legge 184, è un'adozione non piena, il primo anno determina lo status di figlio legittimo del bambino, del ragazzo, ma che gli dà la possibilità di sentirsi parte, di appartenere alla famiglia che prima l'ha avuto in affidamento e può adottarlo. Questo tipo di adozione presuppone il coinvolgimento dei genitori: i genitori partecipano al procedimento,Pag. 9 vengono convocati, gli viene chiesto loro se aderiscono o non aderiscono a eventuale soluzione di casi particolari. Alcuni aderiscono perché sono famiglie che loro conoscono che li hanno aiutati nel tempo, altri non aderiscono, allora in questi casi non si può procedere all'adozione salvo che vi sia stata una dichiarazione di decadenza della responsabilità genitoriale. Dal mio punto di vista, spero che attraverso un miglioramento del protocollo, attraverso un potenziamento dell'ufficio affidi, attraverso il coinvolgimento di associazione di famiglie affidatarie che fanno questo dico sempre per mestiere, cioè con la chiara consapevolezza che si tratta solo di un atto di aiuto e non dell'acquisizione di un figlio, queste associazioni, quelle valide, quelle veramente calibrate sul principio solidaristico sono quelle che si muovono in un'ottica di restituzione del figlio. Il figlio non viene acquistato attraverso l'affidamento, ma semmai la procedura per poter inserire un figlio legittimamente nella propria famiglia è quello dell'adozione che si basa su altri presupposti.
  Se una risposta posso dare alla questione dell'affidamento e delle carenze sull'affidamento dico che occorre lavorare a Messina su questo tema. Occorre lavorare sotto il profilo come ho detto prima, culturale, ma anche organizzativo. Su questo occorre costituire magari un tavolo, vedere da varie prospettive quali sono i bisogni le esigenze e io spero di poterci lavorare, anche servendomi del protocollo già esistente e anche della rete, che non è difficile poi mettere in campo se c'è un'energia e l'interesse a farlo.
  Rispetto all'allontanamento dall'abitazione familiare con il collocamento in comunità: sotto il profilo della definizione giuridica occorre premettere che con la riforma soprattutto sulla legge dell'adozione e adottabilità la numero 184, con la riforma intervenuta con la legge del 2001, la 149, la struttura comunitaria è stata pensata e percepita come una comunità di tipo familiare. Quello che ha fatto la riforma, questa riforma del 2001, la spinta che ha dato questa riforma è stata nel senso di pensare alla comunità come un luogo di tipo familiare, quindi con figure educative di riferimento, con una gestione della quotidianità, come avviene all'interno delle famiglie, con un'organizzazione delle stesse comunità mediante attività volte a normalizzare la condizione del ragazzo in comunità rispetto a quella dei suoi coetanei e rispetto a una vita meno stigmatizzante.
  L'idea era questa del legislatore, poi non è facile metterla anche questa in campo, anche se ci sono delle buone comunità, come ce ne sono di meno buone. Anche su questo ci vuole una vigilanza sia da parte dei servizi sociali, che hanno questo compito di seguire l'inserimento del minore presso le comunità, ma anche dell'Autorità giudiziaria minorile. Il controllo delle comunità (non parlo quelle dei minori non accompagnati che hanno un'altra disciplina) dovrebbe essere seguito dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni, attraverso indagini periodiche e comunicazioni periodiche anche al Tribunale, quando vi sono situazioni che non rispettato gli standard. Qui in Sicilia c'è stato tutto un discorso amministrativo che è rimasto fermo dove sono stati anche indicati puntualmente, quindi siamo a degli standard che dovrebbero essere rinnovati, però c'è stata l'attività di indicazione degli standard, su queste indicazioni l'attività ispettiva della procura minorenni anche a Messina si è mossa segnalando eventuali situazioni difformi rispetto agli standard. La comunità non è soltanto un luogo sicuro, ma per i ragazzi adolescenti a volte è lo strumento indispensabile dell'accompagnamento educativo. Quando si arriva tardi a trattare un caso di minore che ha superato l'età adolescenziale o si trova in preadolescenza, non è più possibile che viva all'interno di famiglie dove a volte vi è un'aggressività preoccupante. Qui a Messina ho trovato una cosa che non avevo visto a Catania di numerosi reati in sede penale, visto che noi svolgiamo sia l'attività civile che penale, che si svolgono all'interno della famiglia con aggressioni da parte dei ragazzi nei confronti dei genitori. Ho visto anche ragazze accusate di avere puntato un coltello alla gola alla madre ovvero di averle colpite, e anche di altri ragazzi che hanno Pag. 10prodotto lesioni a uno dei genitori attraverso colpi violenti contro di loro. Qui il discorso diventa più delicato, diventa un discorso che non è soltanto di una protezione, per la verità anche di una protezione per evitare che il ragazzo possa commettere reati ancora più gravi di quelli per i quali a volte viene segnalato, ma queste situazione molto spesso evidenziano una carenza e capacità educativa dei genitori che quando i figli raggiungono un'età che non è più quella dell'infanzia, non riescono più a gestirli. Quindi questi luoghi di educazione vanno migliorati nella loro organizzazione e anche in questo caso quindi motivazione anche di chi ci lavora, fermo restando che sono sempre lavori purtroppo a volte di precariato, quindi anche non stipendi non sufficienti per motivi educatori, pedagogistiche che stanno lì per poco, con un guadagno che non consente di vivere, quindi personale corrispondente ad altri impieghi. Quindi investirei su queste risorse di accompagnamento educativo, però con i giusti mezzi e consentendo a questi educatori di potere svolgere un lavoro che è necessario per l'intera collettività. La mancanza di percorsi educativi chiari, forti, anche vicini alla persona smarrita qual è in questi anni purtroppo la persona adolescente, anche legata al periodo del lockdown e tutte le situazioni comunque di marginalità che noi riscontriamo, è uno dei temi importanti che la società civile dovrebbe affrontare. Non so cosa posso ancora dire, però sono disponibile anche a vedere quali sono le criticità e su quello dare degli altri elementi che possano essere indicativi di quello che è l'esercizio della funzione minorile.

  PRESIDENTE. La ringrazio dottoressa, anche perché mi sembra di avere colto un certo favore nella nuova procedimentalizzazione dell'articolo 403 del Codice Civile, quindi una norma di cui si sentiva il bisogno. Poi ho scoperto, in questo ammetto i miei limiti di conoscenza, che la legge regionale siciliana che ha citato – la 22 del 1986 – regolamenta la parte relativa ai servizi sociali. Le faccio una rapida domanda, relativamente all'affido dei minori, lei dice giustamente che è un istituto molto valido che anche in Sicilia è abbastanza utilizzato. Le chiedevo se lei sia a conoscenza di corsi per genitori che si rendono disponibili per l'affido, quindi una formazione preliminare, ma anche se lo può fare già il Tribunale per i minorenni, o comunque i servizi sociali dei comuni come forma di ausilio continuo nel caso di affidamento familiare. Prego, dottoressa.

  MARIA FRANCESCA PRICOCO, presidente del Tribunale per i minorenni di Messina. La legge 184 del 1983 prevede espressamente che le associazioni di famiglie accreditate – sia adottive che affidatarie – possono svolgere attività di formazione sia delle coppie che delle famiglie che vogliono intraprendere un percorso di affidamento familiare, anche per chi aspira a diventare genitore adottivo. Per quella che è la mia conoscenza su Catania, ma anche Messina lo fa e anche l'ufficio affidi del Comune, devono essere formate sia le famiglie affidatarie, sia le famiglie adottive. Per quanto riguarda le famiglie affidatarie gli uffici affido provvedono a questi corsi di formazione anche invitando rappresentanti delle famiglie affidatarie, poi queste associazione sono composte da famiglie che hanno già fatto l'esperienza. Devo dire che sono i migliori portavoce di quello che è in concreto l'accoglienza. È importante dire che si tratta di situazione della vita, di scelte anche di vita che possono essere illustrate attraverso una disciplina, una procedura, però meglio ancora è parlarne con chi ha già fatto l'esperienza, perché dall'esperienza si traggono tanti aspetti dell'effettiva esigibilità di questo diritto, perché io lo considero un diritto alla protezione, all'accoglienza, alla salvaguardia. Nel tempo ho conosciuto tante famiglie affidatarie, ho conosciuto delle storie davvero di alta professionalità, quando si è professionisti di qualcosa, anche della relazione umana, ecco che si è fatto davvero un lavoro e non ci si improvvisa. Ho visto famiglie affidatarie che hanno egregiamente fatto transitare i bambini verso la famiglia adottiva, quella scelta in base all'iter di legge, li ho viste commuoversi, piangere, emozionarsi, dire della difficoltà comunque del distacco, ma nello stesso tempo la consapevolezza del Pag. 11diritto anche al distacco, proprio per raggiungere una soluzione che la legge prevede.
  Il Giudice minorile, ma comunque in genere il Giudice, è il Giudice del caso concreto che osserva la situazione guardando alla singola posizione di ogni bambino, di ogni ragazzo, quindi all'interno di quel percorso di conoscenza che vi dicevo. Quindi vi possono poi essere, anche a seguito della legge sulla continuità affettiva, quindi la legge 173 del 2015, che è quella che salvaguardia anche le relazioni di legame, che nel corso di determinati affidamenti si sono create. In questi casi valuta anche se dopo il prolungamento affidamento condotto nel migliore dei modi, sia opportuno allontanare ulteriormente il bambino per fargli percorrere l'adozione secondo i criteri della legge, ovvero attraverso questa legge, applicare il diritto all'adozione attraverso l'esperienza e l'accoglienza ricevuta dalla famiglia affidataria. Se la logica è quella del caso concreto, la legge applicabile e viene davvero calibrata, come dice il Consiglio d'Europa nelle linee guida del 2010, viene misurata su quel minore, allora la legge è sempre giusta, l'interpretazione è giusta. Mentre, invece, chi cerca di bypassare la legge, frodarla, per raggiungere lo scopo che non è quello per cui è stata data la disponibilità, qualche dubbio su questo c'è, e quindi occorre ripristinare i percorsi legali. Non so se mi sono spiegata. Però il caso concreto è la decisione su misura che il Giudice è chiamato a esprimere secondo me è una linea di comportamento indispensabile.

  PRESIDENTE. Grazie, io ho prenotato la senatrice D'Angelo, poi l'onorevole Ascari e poi l'onorevole Giannone. La parola alla senatrice D'Angelo.

  GRAZIA D'ANGELO. Buonasera, ringrazio la dottoressa Pricoco per la sua disponibilità e per la relazione dettagliata che ha svolto all'interno della nostra Commissione. Commissione che ha come scopo precipuo quello di valutare quella che è la situazione di quelle che sono le comunità e le procedure per l'affidamento dei minori a livello nazionale. È stato evidenziato il caso Messina proprio perché ci sono state tutta una serie di problematiche che sono sorte a causa della mancanza di quella struttura dei servizi sociali che doveva essere da supporto, che doveva garantire continuità nell'attività. Mi ha fatto molto piacere che la Presidente abbia evidenziato il buon lavoro che è stato fatto...

  PRESIDENTE. Senatrice d'Angelo mi sente? La sentiamo malissimo... Poiché ci sono problemi di collegamento, propongo di posticipare la domanda della senatrice D'Angelo e lascerei la parola all'onorevole Ascari.

  STEFANIA ASCARI. Grazie Presidente. Avrei alcune domande. La prima è: quali criteri si sono adottati per evitare che i collegi siano integrati da componenti laici che hanno ruoli di gestione o collaborazione fissa con il servizio sociale o con strutture incaricate per l'accoglienza di minorenni o per la somministrazione di trattamenti? Prima domanda. Seconda domanda: con che frequenza e in che modo vengono verificate le notizie contenute nelle segnalazioni e relazioni del servizio sociale soprattutto a fronte della contestazione delle parti private? Terza domanda: quali controlli diretti svolge il Tribunale minorile per verificare lo stato di accudimento dei minorenni collocati in casa famiglia o in struttura comunitaria e la continuità dei loro contatti con i genitori? Qui è una domanda a titolo personale. Quarta: le risulta che i provvedimenti minorili dispongano dell'allontanamento di minorenni dalle famiglie o da un genitore con l'uso della forza anche in caso di manifesto dissenso del minorenne interessato? Vorrei sapere se è a conoscenza di questa ipotesi e quali accorgimenti sono stati assunti per evitare che nel compendio istruttorio confluiscano valutazione di consulenti od operatori appartenenti alle medesime associazioni e strutture in cui operavano i consulenti e gli operatori sottoposti a processo penale per note vicende. Le ultime due domande Presidente, sono collegate al mio territorio in quanto avevo letto delle dichiarazioni della Pag. 12dottoressa. Mi riferisco all'Emilia e mi riferisco al caso «Angeli e demoni»: sono stati interrotte le collaborazioni tra gli organi giudiziari minorili e le associazioni i cui aderenti sono stati coinvolti nei processi penali in Emilia e in altri territori? Ultima domanda e chiudo: nelle attività istruttorie e decisorie viene accuratamente esclusa la rilevanza di indicatori pseudo scientifici di abuso o di sindromi inesistenti come quella da alienazione parentale che ricordiamo la Cassazione ha espressamente stabilito recentemente come ascientifica e assolutamente una teoria assurda? Grazie.

  MARIA FRANCESCA PRICOCO, presidente del Tribunale per i minorenni di Messina. Per quanto riguarda la situazione dei Giudici onorari, voglio chiarire una cosa: i giudici onorari compongono il collegio giudicante dei Tribunali per i minorenni per una previsione di legge, così come vi sono gli esperti in materia di sorveglianza. I nostri sono Giudici onorari, specializzati nelle materie indicati dalla legge, che stanno un po' attorno a quella che poi è la disciplina minorile, che di per sé essendo disciplina multidisciplinare perché è l'accertamento dei diritti per le persone minorenni che vanno da quelle che sono le previsioni della convenzione di New York del 2019 con l'individuazione dei diritti, diritto all'identità, diritto alla vita, diritto al mantenimento dei rapporti con i genitori, diritto a tutto, all'istruzione, alla salute, eccetera, sono legati non soltanto alla mera previsione di legge, ma riguardano l'interesse migliore del minore rispetto a quella che è non solo la vita di relazione familiare, ma anche la vita di relazioni sociali dove entrano quali elementi di riconoscenza tanti altri fatti della vita che poi formano il convincimento del Giudice.
  Il Giudice onorario non ha un'autonomia all'interno dei Tribunali per i minorenni, nel senso che quale componente del collegio partecipa a una attività collegiale, ma non può assumere nessun incarico assolutamente, che non sia quello di partecipare alla decisione in un organo collegiale composto da quattro persone di cui due Giudici togati, due giudici onorari. Rispetto al caso concreto deciso, il Giudice onorario non ha una sua autonoma possibilità di determinare, di decidere, di prendere iniziative da solo, soprattutto svolgere un'attività che è stata presa in considerazione all'interno della decisione del Tribunale e quindi svolgere un'attività che sia collegata a quella decisione. Questo determina una incompatibilità assoluta: il Giudice onorario che avesse fatto qualcosa che riguarda quel procedimento, l'avesse fatto fuori dal Tribunale nella sua attività privata rispetto alla professionalità che svolge, ha l'obbligo di dichiarare la propria astensione rispetto a quel quadro giudiziale. Se vi è stato, per qualsiasi ragione, un momento in cui il Giudice onorario ha avuto contatto con il fatto concreto che il Tribunale decide in una sua composizione collegiale, deve assolutamente dichiarare la sua partecipazione extra a quel caso e astenersi. Fermo restando che qualora non lo faccia, il Tribunale poi viene a conoscenza di questa situazione, noi presidenti abbiamo il dovere di chiedere la revoca di quel Giudice onorario dall'Ufficio giudiziario dove si è verificata questa scorrettezza. Devo dire che a me non è mai capitato, perché le regole sono state messe in chiaro prima, al momento della nomina del Giudice onorario, sono state delineate esattamente le norme di comportamento e io ho sempre scritto e mandato le circolari dove vengono indicati puntualmente quello che sono i doveri del Giudice onorario, rispetto a quella che è il coordinamento tra l'attività svolta quale Giudice onorario, che conosce altri saperi all'interno del Tribunale, rispetto a quella che è l'attività che svolge fuori dal Tribunale come libero professionista o facente parte anche di un ente pubblico, anche se i Giudici onorari che fanno parte di un ente pubblico sono sempre di meno, soprattutto se si tratta di un ente sanitario, perché la permanenza presso il Tribunale per le attività con la funzione minorile, non vengono considerate assenza giustificata presso l'ufficio dove svolgono, presso l'ente pubblico, la propria attività e quindi devono recuperare le ore. Quindi molti giudici onorari non riescono a fare questo e sono stati allontanati dal Tribunale per i minorenni e hanno scelto una delle loro Pag. 13attività. Questo non può accadere, perché la legge lo disciplina e quindi vi è una incompatibilità assoluta, deve essere rilevata dal presidente, deve essere rilevata dal Collegio e poi il Giudice si deve astenere. Quindi non vi è un'altra attività legata alla decisione che viene presa in Tribunale a cui il Giudice onorario ha partecipato, non ha nessuna autonomia.
  Poi per quanto riguarda la compartecipazione in qualche modo del Giudice onorario sulla gestione di comunità di accoglienza, anche su questo vi è la normazione secondaria, le circolari del Consiglio superiore della Magistratura (CSM) sono precisissime. Noi non possiamo nominare giudici onorari che svolgano a qualsiasi titolo una attività anche se gratuitamente presso una comunità educativa. Quindi loro quando presentano la domanda devono dichiarare sotto la propria responsabilità, che ha rilevanza penale, se vi è o non vi è questa collaborazione a qualsiasi titolo e anche gratuità con comunità educative, non devono avere alcun rapporto. Anche questo fa parte del decalogo che io personalmente, ma lo fanno tutti i presidenti dei Tribunali, mettono in chiaro prima che presentino la domanda di nomina e quando viene avviata e poi è scritto chiaramente nel bando del Consiglio superiore della Magistratura. Sono passati sei, sette anni anche di più, quasi dieci anni, da quando la circolare è stata modificata, quindi i nuovi giudici onorari non possono essere collaboratori a qualsiasi titolo, di comunità educative. È stato ricomposto il sistema, il Consiglio superiore ha ascoltato le lagnanze come questa che la dottoressa Ascari dice che sono state più volte sollecitate, e ha ben definito chi sono i giudici onorari rispetto alle comunità. Nel senso che non possono esserci giudici onorari che abbiano anche interesse dentro una struttura educativa.
  Per quanto riguarda la questione se le relazioni dei servizi sociali vengono puntualmente verificate e come vengono verificate soprattutto in autorità giudiziaria minorile, occorre dire questo. Nel corso di un procedimento sia del contesto civile minorile, effettivamente le relazioni del servizio sociale sono un punto di osservazione all'interno del procedimento che ci dà quello spaccato della vita socio-ambientale dei ragazzi. La relazione dovrebbe occuparsi soprattutto delle condizioni abitative, delle condizioni sociali, di quello che è comunque la vita familiare del minore e anche la sua vita sociale. Dà un'indagine sui parenti possibili, disponibili anche a occuparsi, la rete familiare che potrebbe supportare la famiglia e quindi tutta una raccolta di elementi che servono a inquadrare la condizione del minore. Rispetto a questo intanto i genitori, nella procedura di adottabilità, hanno il diritto a essere difesi da un difensore tecnico e la legge sull'adottabilità, la legge 184 del 1993 prevede un unicum in tutta la procedura civile del nostro ordinamento giudiziario, il difensore d'ufficio dei genitori. Voi sapete che il difensore d'ufficio è una figura prevista soltanto nel processo penale, proprio perché si tratta di un processo dove vi è la contestazione di reato, vi è un interesse di un fatto grave che può portare alla privazione della libertà, così come il processo penale è un processo che si svolge nella tutela della collettività nei confronti di persone che hanno commesso reato. Per dirla in breve un processo che ha il suo carattere e la sua struttura pubblicistica. Ha una struttura pubblicistica anche la procedura dell'adottabilità proprio perché il minore è un bambino, un ragazzo che cresce e che poi oltre a essere tutelato personalmente per quello che è come persona è anche tutelato perché cittadino del futuro e quindi componente di una comunità dove dovrà vivere civilmente. Il diritto dei genitori, d'ufficio anche se non ne hanno nominato uno di fiducia, è espressamente previsto per consentire loro di approntare tutte le difese necessarie a contestare questa domanda così importante della dichiarazione di eventuale stato di abbandono. Così come anche il minore ormai ha diritto ad avere il difensore, prima si parlava soltanto di assistenza legale, adesso la Cassazione ha chiarito chiaramente che per il minore non basta un'assistenza legale, ma deve essere riunita dal tutore, ma deve essere riunita di un difensore che se non viene nominato né dal tutore, né dal curatore speciale, deve essere nominato dal Pag. 14Giudice d'ufficio. Quindi noi abbiamo una procedura all'interno della quale è garantita rispetto ai genitori nel massimo modo possibile la difesa, una difesa tecnica ad opera di un avvocato. Attraverso questo avvocato il genitore può chiedere tutti gli strumenti perché quelle vicende dell'assistente sociale vengano chiarite. Quindi l'assistente sociale in genere viene sentita dinanzi al Giudice che gli sottopone anche delle questioni, possono essere esperite consulenze tecniche d'ufficio, che prevedono la possibilità di una consulenza tecnica di parte da parte degli stessi genitori. Quindi possono essere fatte delle richieste anche all'Autorità giudiziaria per approfondire anche con la presenza di testimoni, possono essere sentiti testimoni, possono essere utilizzati tutti gli strumenti in quanto compatibile del Codice di procedura civile. Quindi gli accertamenti se richiesti, se necessari, se opportuni, il Tribunale li può compiere e li compie tranquillamente, perché abbiamo gli strumenti processuali. Ma soprattutto abbiamo la garanzia che i genitori abbiano un proprio difensore. Ho cominciato a lavorare come giudice minorile quando questa difesa d'ufficio per i genitori nell'adottabilità non era prevista e il giudice, ve lo garantisco, era veramente solo e non è bello essere un giudice solo, assolutamente. Per questo contesto in parte la riforma ordinamentale che è in corso e anche questa dei decreti attuativi rispetto al processo civile minorile, perché ci sono degli aspetti che adesso potrebbero essere trattati da un giudice monocratico: il riferimento è agli articoli dal 333 e dal 330 del Codice civile, dove il giudice sarà solo, assolutamente solo anche perché non avrà giudici esperti e non avrà il collegio con gli altri giudici togati e dovrà comunque avere un difensore ma non è la stessa cosa. Siamo stati anche giudici nell'epoca in cui eravamo soli senza neanche il difensore e non è facile fare la giurisdizione in questo modo.
  Quindi operatori e consulenti che stanno nella comunità non vengono utilizzati, a me non è capitato proprio mai di utilizzarli come consulenti tecnici. Va da sé che vi è un'incompatibilità, se il consulente lavora nella comunità comunque è una comunità legata a fatti che stiamo trattando non può entrare in quel giudizio in nessun modo. Se poi si tratta di comunità fuori distretto, di comunità lontane, magari sono operatori che non c'entrano niente con quel caso concreto e hanno un'attività professionale privata, quindi non c'è da questo punto di vista alcun ostacolo. Però non c'è neanche nessun condizionamento, se il professionista privato si muove con le sue regole deontologiche, quindi non c'entra niente il collegamento con la comunità, se non è interessata a quel caso concreto.
  Per quanto riguarda l'attività istruttoria, se si fanno delle richieste specifiche rispetto a sindromi, in qualche modo lei citava della PAS, sindromi che non sono più considerati sotto il profilo scientifico. Fermo restando quelle conclusioni della Cassazione, va bene la sindrome non è considerata, ma non è questo quello che si cerca. Ci può essere quella situazione che non viene qualificata come sindrome, ma viene qualificata come una situazione di disagio: a mio modo di vedere il consulente deve esplorare il disagio ma non è la sindrome. Lo chiamiamo rifiuto di incontrare l'altro genitore? Lo chiamiamo insofferenza? Lo chiamiamo incapacità di superare il condizionamento che comunque arriva dal genitore che ostacola i rapporti? Possiamo utilizzare qualsiasi nome, non utilizziamo l'etichetta io sono d'accordo, della sindrome, ma utilizziamo il concetto che qualifica quella impossibilità del minore di vivere serenamente le proprie relazioni familiari. La domanda da fare al consulente, spiegateci perché questo ragazzino, questa ragazzina non può vivere serenamente la vita familiare? Dove dobbiamo intervenire con il nostro giudizio, la nostra disposizione di autorità per smorzare questa linea dura, questa linea difficile che non consente quella giusta flessibilità e quell'adattamento come le situazioni di grosse crisi familiari. Perché quello che noi vediamo è un disagio, un disagio gravissimo, una sofferenza insormontabile e allora qualcuno ci deve dire qual è il meccanismo relazionale. Noi non utilizziamo quel termine. Io non faccio mai la richiesta: «Mi dica se c'è una sindrome di Pag. 15PAS», non l'ho mai scritta questa cosa, però ho descritto il disagio, e ho chiesto una risposta.

  PRESIDENTE. Grazie, io non ho notizie della senatrice D'Angelo. La parola all'onorevole Giannone. Prego.

  VERONICA GIANNONE. Grazie presidente. Ringrazio innanzitutto la presidente del Tribunale di Messina, Pricoco. Cerco di fare le domande più veloci in modo tale da sbrigarci un po'. Innanzitutto lei ha parlato di gravissimi casi di pregiudizio del minore, se cortesemente può definirli, perché avendo svolto diverse audizioni nel corso di questi mesi di Commissione d'inchiesta, soprattutto quelle segrete, c'è una svariata valutazione dei casi gravissimi del pregiudizio del minore che a volte è a quasi a interpretazione personale e quindi va un po' al di fuori di quelle che dovrebbe essere la definizione di gravissimi casi di pregiudizio. Lei diceva prima che i giudici, secondo la sua esperienza, non delegano ai servizi sociali della gestione autonoma dei propri casi e comunque non è una norma tutta in bianco quella che viene data loro, ma un incarico dato dall'attività giudiziaria per attivare tutti i servizi utili per la tutela del minore. Sempre riprendendo tutti questi mesi di lavoro che abbiamo svolto in Commissione, le audizioni svolte sia segrete, sia non segrete con tutti i professionisti che sono venuti anche prima di lei, in realtà noi abbiamo ascoltato più volte o letto anche attraverso gli atti che ci sono stati inviati, che la realtà che c'è stata raccontata è diversa e che quindi, seppure il Giudice emette un decreto o il collegio giudicante emette un decreto che per esempio definisce che il collocamento in struttura vada definito dal servizio sociale, quindi la struttura scelta dal servizio sociale viene meno quello che diceva lei prima. Non dico che lei l'ha fatto, le sto dicendo che ci sono dei casi in cui purtroppo abbiamo letto degli atti che sono arrivati dove c'è scritto proprio questo. Addirittura in un altro caso che mi viene sempre da esempio, veniva data la possibilità di scegliere al servizio sociale incaricato se iniziare con un centro diurno o se inserire il bambino all'interno di una comunità residenziale, quindi con pernotto, a vivere lì. O ancora situazioni dove si descriveva nel decreto che venissero attivati gli incontri con i genitori una volta disposto l'affido al servizio e quindi l'inserimento anche in struttura, e poi abbiamo ritrovato che per mesi o addirittura per anni questi bambini erano privati della possibilità di sentire anche solo i genitori. Questo credo sia veramente fuori dal normale secondo me, anche perché la legge cosa dice? Lei lo sa meglio di me Presidente, dice che la tutela è quella che noi cerchiamo di portare avanti, la tutela del benessere supremo del bambino, della bambina o dell'adolescente che è a carico del Tribunale o del servizio sociale, in questo caso ci mettiamo anche noi che svolgiamo questo lavoro d'inchiesta.
  Se la legge prevede che durante quel periodo che da norma è entro 24 mesi per una proroga massima di 12 mesi comunque motivata, può rimanere all'interno di quella struttura, l'intento è di riavvicinare il minore, la famiglia e lavorare con la famiglia attraverso quello che lei ha definito tutti i servizi disponibili e utili a riunire la famiglia d'origine con il bambino, la bambina allontanati proprio perché dovremmo lavorare come servizio sociale per tutta la famiglia intera. Questo però come può avvenire se il servizio sociale stesso arriva a non far sentire, non fare vedere i genitori al bambino inserito in struttura anche per anni? Perché ci sono questi casi, purtroppo ci sono. È per avere anche una sua opinione. Lei ha tantissimi anni di esperienza che possono esserci di aiuto. Un'altra cosa, riprendendo quello che diceva prima sulla questione legata alle violazioni parentali o comunque la si voglia chiamare. Il punto è questo: indipendentemente da definizioni, quando vi sono dei rifiuti, un rifiuto da parte di un minorenne nei riguardi di uno dei genitori, spesso è più il padre che la madre, questo lo sappiamo perfettamente, i numeri ce lo dicono, però quando vi è questo rifiuto anziché ricercare la motivazione nel rapporto materno o per meglio dire come se fosse la madre, nella maggior parte dei casi o il padre a portare l'allontanamentoPag. 16 dell'altro genitore, perché molte volte non si va una valutazione di quello che è il motivo che porta al rifiuto del bambino? Credo che molte volte leggendo anche le perizie delle CTU che ci sono capitate, ma veramente centinaia, si va ad allontanarsi dall'interesse di quello che prova, dell'emozione, della sensazione, delle paure del bambino stesso e ci si concentra troppo sull'andare a definire o mamma o papà problematici od ostativi o malevoli o troppo adesivi con il bambino, quando invece quello di prendere in considerazione, soprattutto perché è il Tribunale per i minorenni dovrebbe essere il bambino e non i genitori.
  Il lavoro con i genitori si può fare, ma si può fare anche all'interno dell'ambito familiare, perché per me strappare comunque un bambino dalla sua vita, a meno che non ci sono casi gravissimi come quelli che lei diceva prima, per questioni di questo tipo, significa comunque creare un trauma e creare un danno, in questo caso lei non sarebbe più dell'idea che forse sarebbe meglio lavorare sulla parte legata alla gestione familiare anziché allontanare il bambino stesso soprattutto le modalità con le quali vengono partite via i bambini? Adesso spesso si scrive anche con l'aiuto della forza pubblica, mettiamoci nei panni di un bambino si vede arrivare dieci, quindici persone, alcune in divisa lo prendono, lo mettono in macchina, lo portano via. Ma come può essere questo il supremo interesse del bambino? Secondo me non è così. Un bambino che sta male, che è in pericolo, pericolo di abbandono, pericolo di vita che viene maltrattato va via ben volentieri. Ma un bambino che arriva a essere portato via con la forza, vuol dire che non vuole andare via dal posto in cui sta e quindi non può stare male in quel posto. Semplicemente c'è da lavorare in modo diverso. L'ultima cosa che le chiedo se lei ha contezza, magari non tanto per Messina, che è qui da un anno e mezzo, ma più per Catania, quanti sono i minori che rimangono in struttura per più di due anni. Quant'è il tempo medio di permanenza, non dico tutta la Sicilia, ma magari nei luoghi in cui è stata lei come Presidente del Tribunale. Grazie mille.

  MARIA FRANCESCA PRICOCO, presidente del Tribunale per i minorenni di Messina. Se permette inizio non da questa ultima domanda, ma dalla penultima: quando lei ha detto di concentrarsi sui motivi del rifiuto, è quello che ho detto io prima. È la stessa cosa. Ho detto che quando noi facciamo una richiesta anche di approfondimenti attraverso la CTU, almeno nella mia esperienza non chiedo chi è il padre e chi è la madre. Il focus è: qual è il motivo del rifiuto del bambino? Qual è la sofferenza del bambino, e poi, certo dobbiamo avere anche una spiegazione, una osservazione, sulla personalità dei genitori. Allora il Giudice mette insieme quello che è il motivo del rifiuto e valuta se in base alla personalità che i genitori hanno, che di solito viene descritto attraverso la somministrazione di test, quindi attraverso comunque un percorso scientifico, non una valutazione fatta con il colloquio, in base alla loro personalità che possibilità noi abbiamo di recuperare la relazione. Per cui l'interesse è proprio sempre quello, l'interesse superiore, mi piace chiamarlo il benessere della persona minorenne, quindi questo è il passaggio. Il bambino è al centro dei nostri discorsi, non c'è dubbio. Il recupero è la finalità primaria.
  Voglio sottolineare una differenza, la materia minorile si compone di due filoni importanti ed entrambi molto delicati. La funzione dei tribunali per i minorenni è prevalentemente indirizzata rispetto a quello che è il disagio, il pregiudizio, l'abbandono. Ma di famiglie perfettamente unite e anzi drammaticamente unite in quella che è la incapacità di accudire i propri figli. Cosa diversa sono i processi separativi, dove invece abbiamo famiglie disgregate, genitori che si odiano, una lotta terribile, una guerra tra questi due adulti, un processo per adulti, ora sarà unificato il rito, vediamo che cosa ne verrà fuori. Però la situazione dei processi separativi ha un punto di differenza fondamentale rispetto a quella minorile, con le famiglie unite, distruttive e capaci, anche molto fragili, c'è molta umanità e c'è una debolezza proprio della condizione umana incredibile. Nei processi separativi la conflittualità è al centro, il bambino che Pag. 17si osserva all'interno di questi processi separativi è diverso, è un altro bambino rispetto all'altro. È un bambino che vive una conflittualità per certi aspetti artefatta dei genitori, perché non siamo in una situazione di vita che si esprime nella sua povertà tutta, molti sono proprio poveri, poveri culturalmente, sotto il profilo educativo, sotto il profilo materiale tutto, proprio è la parte più dura della vita dei minori. Invece lì abbiamo genitori che potrebbero avere una vita normale, anche comportamenti che siano rispettosi, anche se non amorevoli, però anche l'anaffettività incide, e che si fanno la guerra. Il bambino neanche lo vedono i genitori, questo è il punto. Allora in tutti e due i casi qual è il punto comune? Il bambino è al centro e quindi il Giudice deve sapere diversificare le situazioni quelle che sono dentro i processi separativi e quelle che sono dentro processi di povertà a tutti i livelli, fermo restando che il diritto del minore come dice la convenzione di New York, «Il diritto di vivere pienamente tutte le relazioni familiari». Questo è l'impegno e questo è quello che dobbiamo fare.
  Per quanto riguarda i casi gravissimi, a cui mi riferisco, chiaramente la mia è un'esperienza prevalentemente minorile dal Tribunale per i minorenni. I casi gravissimi sono i casi di tossicodipendenti che non riescono a gestirsi la vita quotidiana, non riescono a uscire dalla dipendenza, cocainomani, eroinomani, genitori alcolisti. L'alcol è una situazione molto diffusa. L'alcolismo porta a una violazione con una forza inaudita in moltissimi casi e quindi i bambini assistono a queste violenze, i bambini sono colpiti da queste violenze e vivono questa situazione di impotenza, per cui quando arriva l'occhio che vede questa situazione e con la parola la trasferisce alla procura per i minorenni, l'intervento è doveroso.
  Casi gravissimi sono i casi che raccontavo prima di trascuratezza proprio per problemi di salute mentale. La salute mentale è precarissima nelle condizioni attuali della nostra società soprattutto al sud, dove purtroppo anche i servizi specialistici sono depotenziati al massimo. Servirebbero molti di più i servizi di psichiatria, non dico neanche di psicologia ma di psichiatria, perché il problema della salute mentale secondo noi è gigantesco. Devo dire che sta colpendo molto i ragazzi e soprattutto gli adolescenti. Una delle battaglie che volevamo fare con il dottore Costantino, che purtroppo si è dimesso, era quello di costituire delle comunità terapeutiche di ragazzi con disturbi mentali, perché ormai ce ne sono tantissimi e questa è una conseguenza comunque di una società malata sotto il profilo psichiatrico che è sotto gli occhi di tutti. Queste situazione di salute mentale che portano poi non solo ad azioni di violenza, ma la cosa che a volte mi impressiona ancora di più, di trascuratezza estrema in cui i bambini vengono lasciati al loro destino, nelle strade della città, nelle case fino a notte tarda e in altre situazioni. Queste sono le situazioni gravi, queste sono le situazioni ne potrei illustrare ancora. Da poco mi è successo un caso di genitori dichiarati incapaci, con bambini che vengono collocati presso i parenti e continuano a fare figli. Partoriscono, il bambino è prematuro e i medici si oppongono alle dimissioni, ma i genitori prendono il bambino, firmano le dimissioni se lo portano a casa, in una casa dove non c'era nulla, neanche un lettino per farlo dormire. Con un bambino prematuro con rischio di vita, cosa fai? Vai lì, lo prendi e lo metti al sicuro: ho fatto oggi il provvedimento, e fortunatamente c'erano dei parenti, un prozio che l'hanno preso. Situazioni gravi sono quelle estreme. Quando parlo di situazioni gravi parlo di questo, certo non parlo che non va a scuola o del ragazzo che fa la marachella, non parlo del ragazzo che dice una brutta parola al genitore. Per me i fatti gravi sono quelli estremi.
  Per quanto riguarda la scelta della comunità, faccio un chiarimento: su questo sono stata molto determinata. Il Giudice che dispone il collegamento del minore in comunità non può indicare la comunità, perché qua si vede un interesse privato in atti di ufficio. Nel senso che non posso dire: «Giovannino deve andare nella comunità Arcobaleno di Messina». No assolutamente, questo non lo posso fare. Perché ho interesse che vada in quella comunità? Siccome è un'attività amministrativa e l'autorità amministrativaPag. 18 ha una sua discrezionalità, allora dico: «Il minore viene collocato presso idonea comunità» e lascio al servizio sociale il compito di scegliere quella più idonea per quel minore, ma non è che sto dicendo: «Scegli quella che voi o quella dove hai interesse». Quindi questo sicuramente il Giudice non può indicare nominativamente la comunità, la scelta viene data al potere amministrativo e nelle regole giurisdizionali, legislative e amministrative. L'amministrativo fa questo e sceglie discrezionalmente la comunità, ma questa non è una cosa negativa, poi su quella comunità ci sono tutti i controlli, del Giudice, del Pubblico Ministero le cose che abbiamo detto.
  Infine, per quanto riguarda l'uso della forza pubblica quando si fanno questi prelievi si fanno con personale in borghese, e si fanno con la presenza della neuropsichiatria infantile preferibilmente. Ci sono stati dei casi dove il minore ha detto: «Assolutamente no, assolutamente no». È un dato in crisi, non si prende con la forza e si mette dentro la macchina. Si aspetta un altro momento, il servizio di neuropsichiatria infantile ci aiuta, ci aiuta a capire. Quando mi è capitato di fare questi prelievi, sono stata sempre in contatto con gli operatori al telefono e abbiamo valutato insieme se ci dovevamo fermare un attimo o andare avanti. Certo è che se capita il ragazzo che non riesce a contenersi sotto il profilo fisico e magari mette in pericolo l'incolumità dei propri congiunti, la cosa diventa ancora più complicata. Perché lì bisogna vedere: se è un ragazzo che ha compiuto i 14 anni si possono applicare comunque anche le regole previste, mentre se è un ragazzo inferiore ai 14 anni che va in escandescenza dentro un'abitazione, generando terrore con impossibilità di contenerlo, bisogna soffermarsi. In questi casi, ripeto, la questione proprio sanitaria diventa fondamentale, si innestano anche tanti discorsi, però per esempio non si possono fare i TSO per i minorenni, quindi c'è anche questa questione. È un discorso complesso, però in alcuni casi, ripeto, attraverso la neuropsichiatria infantile si è avuto il ricovero ospedaliero presso un reparto specializzato di neuropsichiatria infantile a seguito del quale si è visto come si poteva lavorare con i ragazzi. In conclusione, quello che voglio dire è che la disciplina minorile non ha una regola scritta nella pietra, è una disciplina che deve cogliere il bisogno della persona. Su questo modellarsi, misurarsi. Questa è la mia impostazione e comunque l'esperienza che dovrebbe essere ulteriormente arricchita e approfondita, sperimentata con tutti gli errori che anche tutti noi possiamo fare. Non è facile, non è un'attività che si muove dentro un binomio fisso. Questa è la mia critica a chi vuole inserire delle norme di legge che devono essere sempre le stesse, questo è un rischio gravissimo nel senso che il Giudice deve potere maneggiare tutta la disciplina e scegliere una soluzione migliore come dice lei per l'interesse del minore, senz'altro.

  PRESIDENTE. Benissimo. Io la ringrazio per la disponibilità, non abbiamo più richieste di intervento. Le porgo i ringraziamenti anche da parte della senatrice D'Angelo che non è riuscita a finire il suo intervento, ma le domande sono state fatte dalla collega Ascari.

  MARIA FRANCESCA PRICOCO, presidente del Tribunale per i minorenni di Messina. Va bene. Vi ringrazio molto. Presidente, le manderò i numeri relativi alla realtà territoriale di Messina; sono numeri rapportati al territorio e su cui bisogna lavorare.

  PRESIDENTE. Grazie ancora di averci descritto la realtà dove lavora.

  MARIA FRANCESCA PRICOCO, presidente del Tribunale per i minorenni di Messina. Grazie a lei. Rimango sempre a disposizione qualora ci siano altri chiarimenti.

  PRESIDENTE. Grazie. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.20