XVIII Legislatura

Commissioni Riunite (V Camera e 5a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta antimeridiana n. 7 di Martedì 12 aprile 2022

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Pesco Daniele , Presidente ... 3 

Audizione di rappresentanti di CGIL, CISL, UIL, UGL (Attività conoscitiva preliminare all'esame del Documento di economia e finanza 2022, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato):
Pesco Daniele , Presidente ... 3 
Fracassi Gianna , Vicesegretario generale della CGIL ... 3 
Prestigiacomo Stefania , Presidente ... 6 
Ganga Ignazio , Segretario confederale della CISL ... 6 
Prestigiacomo Stefania , Presidente ... 9 
Proietti Domenico , Segretario confederale della UIL ... 10 
Prestigiacomo Stefania , Presidente ... 12 
Ulgiati Luigi , Vicesegretario generale dell'UGL ... 12 
Prestigiacomo Stefania , Presidente ... 13 
Fassina Stefano (LeU)  ... 13 
Trancassini Paolo (FDI)  ... 14 
Pesco Daniele , presidente della 5a Commissione del Senato della Repubblica ... 14 
Prestigiacomo Stefania , Presidente ... 15 
Fracassi Gianna , Vicesegretario generale della CGIL ... 15 
Ganga Ignazio , Segretario confederale della CISL ... 16 
Proietti Domenico , Segretario confederale della UIL ... 17 
Bitti Fiovo , Dirigente confederale dell'UGL ... 17 
Prestigiacomo Stefania , Presidente ... 18 

Audizione di rappresentanti di Confindustria (Attività conoscitiva preliminare all'esame del Documento di economia e finanza 2022, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato) :
Prestigiacomo Stefania , Presidente ... 18 
Bonomi Carlo , Presidente di Confindustria ... 18 
Prestigiacomo Stefania , Presidente ... 20 
Cattaneo Alessandro (FI)  ... 20 
Fassina Stefano (LeU)  ... 20 
Misiani Antonio  ... 21 
Modena Fiammetta  ... 22 
Ferrero Roberta  ... 22 
Pesco Daniele , presidente della 5a Commissione del Senato della Repubblica ... 22 
Prestigiacomo Stefania , Presidente ... 22 
Bonomi Carlo , Presidente di Confindustria ... 23 
Prestigiacomo Stefania , Presidente ... 26 
Bonomi Carlo , Presidente di Confindustria ... 27 
Prestigiacomo Stefania , Presidente ... 27 

(La seduta, sospesa alle 11.30, riprende alle 11.45) ... 27 

Audizione di rappresentanti di ANCI, UPI, Conferenza delle regioni e delle province autonome (Attività conoscitiva preliminare all'esame del Documento di economia e finanza 2022, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato):
Melilli Fabio , Presidente ... 27 
Canelli Alessandro , Sindaco di Novara e delegato politico dell'ANCI alla finanza locale (intervento da remoto) ... 28 
De Pascale Michele , Presidente dell'UPI (intervento da remoto) ... 30 
Caparini Davide Carlo , Assessore della regione Lombardia e coordinatore della Commissione affari finanziari della Conferenza delle regioni e delle province autonome (intervento da remoto) ... 32 
Melilli Fabio , Presidente ... 35 
Modena Fiammetta  ... 35 
Melilli Fabio , Presidente ... 35 
Caparini Davide , Assessore della regione Lombardia e coordinatore della Commissione affari finanziari della Conferenza delle regioni e delle province autonome (intervento da remoto) ... 35 
Armao Gaetano , Vicepresidente della Regione Siciliana (intervento da remoto) ... 35 
Canelli Alessandro , Sindaco di Novara e delegato politico dell'ANCI alla finanza locale (intervento da remoto) ... 36 
Melilli Fabio , Presidente ... 36 
De Pascale Michele , Presidente dell'UPI (intervento da remoto) ... 36 
Melilli Fabio , Presidente ... 36

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Coraggio Italia: CI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Alternativa: Misto-A;
Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI;
Misto-MAIE-PSI-Facciamoeco: Misto-MAIE-PSI-FE;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Europa Verde-Verdi Europei: Misto-EV-VE;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento ADC: Misto-NcI-USEI-R-AC;
Misto-Manifesta, Potere al Popolo, Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra Europea: Misto-M-PP-RCSE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA 5a COMMISSIONE DEL SENATO DELLA REPUBBLICA DANIELE PESCO

  La seduta comincia alle 9.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di CGIL, CISL, UIL, UGL.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame del Documento di economia e finanza 2022, l'audizione, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera dei deputati e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato della Repubblica, di rappresentanti di CGIL, CISL, UIL, UGL.
  Nel ringraziare gli auditi per la partecipazione alla seduta odierna, avverto che sono presenti, per la CGIL, Gianna Fracassi, Riccardo Sanna e Cristina Perniciano; per la CISL, Ignazio Ganga e Valeria Picchio; per la UIL, Domenico Proietti, Fabio Porcelli e Federica Cianchi; per l'UGL, Luigi Ulgiati e Fiovo Bitti.
  Do la parola a Gianna Fracassi, Vicesegretario generale della CGIL. Abbiamo tempo per tutti gli interventi, le domande e le risposte fino alle 10.30, quindi abbiamo un'ora e un quarto.

  GIANNA FRACASSI, Vicesegretario generale della CGIL. Come al solito, provvederemo ad inviare agli uffici delle Commissioni la nostra relazione. Proverò semplicemente a fare alcune sottolineature, rimandando poi alla relazione un'illustrazione più dettagliata.
  Per prima cosa intendiamo trasmettere al Parlamento la nostra grande preoccupazione per ciò che sta accadendo e soprattutto per il quadro di incertezza e di progressivo peggioramento che si profila per il nostro Paese – direi non solo per il nostro Paese – in relazione a quello che noi abbiamo chiamato «un doppio impatto», dovuto alla pandemia, che vede ancora, purtroppo, la coda della SARS-COV-2, e alla guerra.
  Questo doppio impatto, ovviamente, rischia di scaricarsi in maniera pesante su lavoratori, pensionati e, in generale, sulle fasce più deboli della popolazione. Per questa ragione, il quadro che il Documento di economia e finanza disegna ci sembra molto ottimista rispetto alle prospettive, a partire dalla stessa valutazione dell'inflazione che, per quanto ci riguarda, rischia di essere molto più alta al termine dell'anno. Segnaliamo, inoltre, che le misure che si accennano nel DEF – tra l'altro, sono anticipate alcune misure del decreto-legge di aprile – non ci sembrano coerenti con la situazione che il nostro Paese sta attraversando.
  Quali sono per noi i punti importanti e da sottolineare in questa fase nell'ambito del quadro macroeconomico? Il primo è il rallentamento della crescita. Il nostro Paese rischia di non recuperare nel 2022 l'impatto del 2020 rispetto agli effetti della pandemia. Il secondo elemento che noi vogliamo sottolineare è il tema della disoccupazione e il quadro rispetto ai nuovi occupati, che ci indica un livello di precarietà da record, perché abbiamo raggiunto Pag. 4il picco di contratti a termine dal 1977: sono 3,2 milioni.
  Il terzo elemento che vogliamo sottolineare è la variazione delle retribuzioni lorde nel periodo indicato, in cui, di fatto, rispetto all'incidenza dell'inflazione, si individua e si prevede, direi scientemente, una perdita del potere di acquisto mediamente dell'1 per cento per i quattro anni considerati. Aggiungo, da questo punto di vista, che il DEF, sempre sul versante delle retribuzioni, indica sostanzialmente un aumento delle retribuzioni private attorno al 2 per cento, cioè prendendo a riferimento l'indice dei prezzi al consumo armonizzato al netto degli energetici e indicando un possibile recupero sul versante delle retribuzioni solo nella fase in cui l'inflazione scenderà. Si tratta di un quadro anche indeterminato rispetto a questo obiettivo. In seguito spiegherò perché ho sottolineato questi punti.
  Un'altra questione che noi vogliamo sottolineare al Parlamento è che, rispetto al quadro di finanza pubblica, c'è uno scarto tra l'indebitamento netto del 2021 e quello effettivamente contabilizzato. Sono circa due punti percentuali, che lasciano un margine di manovra. Infatti, si tratta di circa 40 miliardi di euro e vorremmo capire per quali obiettivi verranno spesi.
  Sempre sul versante della finanza pubblica, vogliamo sottolineare che la previsione del deficit del 2022 è stata rivista al ribasso rispetto al 5,6 per cento che era previsto nella NADEF. Questo, di nuovo, lascia un margine di bilancio di circa 10 miliardi di euro, che – abbiamo compreso – in parte sono stati utilizzati per le misure messe in campo nei mesi che abbiamo alle spalle, e in parte, per 5 miliardi di euro, saranno collocati nel decreto-legge di aprile, prevedendo già l'indicazione delle finalità che si intendono raggiungere con tali risorse.
  Noi riteniamo, in primo luogo, che queste risorse non siano assolutamente sufficienti per rispondere all'emergenza sociale che già oggi è in atto. È un'emergenza sociale che rischia di penalizzare le classi più vulnerabili della popolazione. Riteniamo, inoltre, che, proprio per la fase straordinaria che abbiamo di fronte, debbano essere messi in atto tutti gli strumenti necessari per reperire ulteriori risorse. Questa è la ragione per cui chiediamo che, in aggiunta a queste risorse e alla richiesta che ho fatto in premessa, si preveda un nuovo scostamento di bilancio.
  Le necessità del nostro Paese non possono essere comprese in questo piccolo spazio che abbiamo indicato. Tra l'altro, aggiungo che la riduzione dell'indebitamento netto è ascrivibile anche a un incremento dell'andamento delle imposte, in particolare riconducibile – c'è proprio scritto nel DEF, quindi leggiamo soltanto le cose che sono già state indicate dal Governo – a maggiori entrate tributarie, contributive e altre spese correnti.
  Vorrei ricordare che queste entrate tributarie, contributive e altre spese correnti sono pagate per il 90 per cento da lavoratori e pensionati, se ci limitiamo all'IRPEF. Se, invece, le colleghiamo anche alle imposte indirette, ovviamente hanno un'incidenza maggiore sui redditi fissi e medio-bassi. Questo rafforza la nostra idea per cui le risorse individuate attraverso questi spazi di manovra dovrebbero essere destinate soprattutto alle esigenze di lavoratori e pensionati. Non ci sembra, però, di leggere questo nell'indicazione contenuta nel DEF.
  Sempre sinteticamente, volevo sottolineare altre due questioni. In primo luogo, si anticipa una sorta di stretta sulla spesa pubblica. In questo caso ci sono due problemi: da un lato, c'è il tema del rinnovo dei contratti pubblici, che non può avvenire attraverso una revisione della spesa, dall'altro, vi è il tema dell'efficacia di un intervento di riduzione della spesa pubblica in raccordo le indicazioni, o comunque le scelte, di investimento del PNRR. Infatti, queste due cose non possono stare insieme. C'è una serie di investimenti sul versante sociale che necessita di un aumento di spesa pubblica, altrimenti non comprendiamo come quegli investimenti possano essere sostenuti.
  Sempre sul versante della spesa pubblica, aggiungo che ci risulta che alcune spese correnti vengano ridotte, comportando, quindi, un ulteriore margine. Noi Pag. 5abbiamo calcolato che, proprio per effetto dello scarso tiraggio, questo margine è pari a 16,4 miliardi di euro. Crediamo che, se questo margine c'è, vada indirizzato esattamente a sostenere interventi a favore delle fasce più deboli, poiché i livelli di impoverimento aumenteranno.
  Sempre su questo tema aggiungo che, per quanto riguarda la spesa relativa alle prestazioni sociali, crediamo davvero che ci sia un concreto rischio di aumento della povertà e che ciò determini la necessità di un ulteriore rafforzamento di tutte le infrastrutture sociali del Paese.
  Sottolineo due ultime questioni e poi svolgerò qualche annotazione molto rapida. Perché c'è un problema su questo versante? Perché ci sono una serie di riforme, sulle quali, tra l'altro, il Governo aveva preso un preciso impegno – penso alla riforma delle pensioni, penso al finanziamento della legge sulla non autosufficienza, penso al finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni –, che senza un aumento della spesa pubblica sono lettera morta. Crediamo che questo sia un tema molto serio che dovrebbe essere affrontato nel momento in cui si scrive la programmazione per i prossimi cinque anni.
  Sulle riforme ci sono due questioni che, in particolare, vogliamo sottolineare. La prima riguarda la riforma fiscale. C'è una discussione in atto e la riforma fiscale viene indicata nell'elenco delle riforme da portare a termine. Da questo punto di vista, noi crediamo di avere la conferma che l'intervento effettuato in legge di bilancio non è stato in grado di compiere l'operazione di redistribuzione necessaria, al contrario. Per noi la riforma fiscale in discussione è di straordinaria importanza, ma non ci sembra, in particolare su alcuni temi, che si stia andando verso un intervento maggiormente progressivo in favore di lavoratori e pensionati. Inoltre, la previsione tra i disegni di legge collegati dell'attuazione dell'autonomia differenziata è molto preoccupante, soprattutto in un quadro di incertezza, nel quale c'è necessità di ricucire il Paese e non di aprire ulteriori lacerazioni.
  Come abbiamo già detto, occorre un nuovo scostamento di bilancio. C'è la necessità di distinguere l'intervento sul versante dell'emergenza per tutelare i redditi più bassi dall'intervento contrattuale. Questo lo dico per evitare che le due cose non vengano adeguatamente prese in considerazione. Sul versante dell'emergenza noi abbiamo formulato una serie di proposte che abbiamo presentato anche al Governo e che riguardano il potenziamento della decontribuzione, l'indicizzazione delle detrazioni da lavoro e da pensione, bonus specifici, e l'aumento della platea dei beneficiari della quattordicesima.
  Inoltre crediamo che un tema importante sia quello delle politiche abitative. Vi indichiamo come prioritario, poiché non l'abbiamo trovato nel DEF, anche un aumento delle spese che vanno a sostenere la condizione abitativa delle persone. Il cosiddetto «fondo affitti» potrebbe essere uno strumento utile. Dal punto di vista contrattuale, riteniamo che l'indice dei prezzi al consumo armonizzato, così come oggi viene determinato alla luce del trascinamento legato ai beni energetici, non sia indicativo per delineare una stagione contrattuale che, tra l'altro, restituisca a lavoratori e pensionati l'aumento del costo della vita. Crediamo che sia necessario un intervento anche di natura fiscale per favorire in questa fase la contrattazione e vi segnaliamo che sono aperti e si apriranno una serie di contratti collettivi che riguardano milioni di persone, il 60 per cento circa dei lavoratori.
  Tra questi ricordo quelli relativi a commercio, trasporto pubblico locale, vigilanza e operai agricoli. Si tratta di contrattazioni davvero molto rilevanti. Questi due ambiti, come dicevo, vanno adeguatamente distinti. Inoltre, c'è ovviamente un tema che riguarda l'effettività del PNRR, rispetto al quale crediamo vadano anticipati alcuni obiettivi di cronoprogramma. Ma, più in generale, tale tema riguarda il rapporto con l'Europa rispetto a strumenti sul modello del PNRR, come Next Generation EU, Pag. 6che vadano a sostenere questa fase di emergenza sociale ed economica.
  Da questo punto di vista, il tema energetico, che si trascina sul versante industriale e di sviluppo, per noi è molto rilevante. Crediamo che rispetto a una fase straordinaria servano strumenti straordinari e abbiamo già chiesto al Governo la costituzione di una cabina di regia condivisa con imprese e organizzazioni sindacali. Infatti, credo non sfugga a nessuno che la crisi energetica in atto, oltre a interventi senza ambiguità in direzione di una forte spinta sulle combinazioni di fonti rinnovabili, richieda un metodo maggiormente condiviso rispetto agli obiettivi.
  La straordinarietà riguarda anche le politiche industriali. Vi segnaliamo una serie di vertenze aperte che rischiano di peggiorare il quadro economico.
  Anche sul versante delle risorse che saranno individuate a breve, oltre a quelle già messe in campo, c'è necessità di maggiore selettività. Dove si trovano le risorse? Come ho già detto, nelle pieghe di bilancio pubblico. Riteniamo però che, a parte gli interventi in deficit, questo sia il momento della solidarietà.
  Noi abbiamo proposto di intervenire essenzialmente attraverso due strumenti. Il primo è un allargamento della tassazione sugli extraprofitti, che crediamo siano molto rilevanti, soprattutto in alcuni settori. Ovviamente c'è necessità – non ci sarebbe neanche bisogno di dirlo – di rivedere le regole del mercato energetico, ma questo è un tema europeo che credo sia noto a tutti. L'altro strumento è quello di un contributo di solidarietà per le grandi ricchezze e i grandi patrimoni che ammontano almeno a più di un milione di euro.
  Credo che questo sarebbe un segnale, tra l'altro in parte già evocato nel mese di dicembre dallo stesso Presidente del Consiglio per la piccola quota relativa all'intervento fiscale. Infatti, in questa fase crediamo che sia necessario dare una risposta netta e importante per sostenere la condizione sociale delle fasce più vulnerabili.

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE
DELLA V COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
STEFANIA PRESTIGIACOMO

  PRESIDENTE. Do, quindi, la parola al Segretario confederale della CISL Ignazio Ganga.

  IGNAZIO GANGA, Segretario confederale della CISL. Ringrazio le Commissioni per questa opportunità, presidente. Anche noi riteniamo che, in un contesto caratterizzato da ampia incertezza, la previsione del DEF sia molto fragile. Non meno fragile è la previsione programmatica che, in seguito agli interventi del Governo, a nostro parere ancora non adeguati, pari a 5 miliardi di euro, dovrebbe portare la crescita del PIL nel 2022 al 3,1 per cento.
  Ovviamente la previsione di inflazione sconta un rientro dalla stessa a partire solo dal 2023. Questa previsione è fondata, oltre che su un'attesa discesa dei prezzi dell'energia, anche su un diverso scenario ipotizzato rispetto alle retribuzioni contrattuali. In pratica, si sta ipotizzando una sterilizzazione dell'inflazione grazie a una diminuzione dei salari reali e del costo del lavoro e va osservato che questo avviene in una situazione in cui, per effetto della crescita dell'inflazione, si riaffaccia il fenomeno del fiscal drag, particolarmente pesante per le retribuzioni fino a 40.000 euro.
  Quindi, dalle considerazioni che ho appena illustrato emerge la necessità di rafforzare il modello contrattuale e di ridefinire il concetto di «inflazione importata». Ne consegue che, adottando criteri di calcolo rigorosi e corretti, il differenziale tra l'indice dei prezzi al consumo armonizzato totale e l'indice dei prezzi al consumo armonizzato senza inflazione importata si ridurrà di molto e il potere d'acquisto dei salari sarà decisamente più tutelato. Questa è la ulteriore dimostrazione che un salario minimo per legge non è in grado di tutelare il lavoro, e quindi i lavoratori, ma Pag. 7tale tutela può essere garantita solo attraverso il rafforzamento della contrattazione e la sua capacità di modularsi con intelligenza ed efficacia in un contesto di estrema turbolenza, che rischia di sconfinare in economia di guerra.
  Rispetto alle previsioni invernali, in base alle quali la Commissione europea ha elaborato le linee guida per la politica fiscale 2023, è tutto cambiato. Ci si attende dall'Europa un intervento deciso per sostenere economicamente gli Stati alla luce della situazione attuale, quindi rispetto alla linea politica che appoggia l'Ucraina.
  Di assoluta rilevanza, in riferimento alle previsioni contenute nel DEF, è non perseguire ipotesi di modifica dell'architettura strutturale del PNRR. Non siamo d'accordo che venga cambiata l'architettura del PNRR, anzi questa deve essere confermata, semmai andrebbero adottati gli adeguamenti dei costi richiesti alla congiuntura inflattiva.
  Rileviamo nel DEF l'assoluta mancanza di indicazioni rispetto a misure da assumere con la legge di bilancio per il 2023, a cui normalmente viene dedicato il focus usuale delle tendenze di medio-lungo periodo, salvo una dichiarazione in premessa della sezione terza sul tema della riforma pensionistica, che abbiamo raccolto favorevolmente. Lo abbiamo detto anche al Presidente del Consiglio la settimana scorsa, quando ci siamo incontrati.
  Per queste ragioni, che emergono con evidenza, il modello di governo adeguato, a nostro avviso, e anche vincente nella complessità di questo momento storico particolare, risiede in quel grande patto sociale che rivendichiamo da tempo e su cui abbiamo avuto segnali positivi da Palazzo Chigi nella riunione che si è svolta con le parti sociali qualche giorno fa.
  Relativamente alle misure specifiche, anche noi provvederemo ad inviare agli uffici delle Commissioni una memoria. Faccio solo alcune considerazioni. Sulle misure relative al lavoro, vorrei sottolineare l'aspetto dell'occupazione femminile e giovanile, perché andrebbe vincolata maggiormente rispetto al lavoro stabile, così come sarebbe importante, a nostro avviso, eliminare gli incentivi che non sono rivolti ad agevolare contratti a tempo indeterminato.
  Nello specifico, per accrescere l'occupazione femminile occorrono una molteplicità di misure da coordinare, che molte volte abbiamo fatto presenti. Alcune sono opportunamente previste all'interno del PNRR, come il Piano straordinario nidi e le politiche per la non autosufficienza. Mancano, tuttavia, le condizioni che promuovono la condivisione del lavoro di cura. Noi riteniamo si debba insistere maggiormente sulla conciliazione tra vita e lavoro e anche sull'utilizzo paritario degli istituti di cui stiamo parlando tra lavoratrici e lavoratori.
  Sui tirocini, i dati sulla trasformazione di questi in contratti di lavoro sono relativamente positivi. Riterremmo sbagliato restringere eccessivamente l'utilizzo dello strumento per mitigare gli abusi. Meglio sarebbe operare una restrizione dei soggetti ammessi basandosi sul criterio della distanza temporale dal conseguimento del titolo di studio, nonché prevedere la non ripetibilità di un tirocinio nella stessa posizione e vietarlo per mansioni con nulla o scarsa qualificazione, rafforzando nel contempo la quota dei contenuti formativi.
  Sulla riforma degli ammortizzatori sociali, sta emergendo una criticità, che facciamo presente al Parlamento e che, in verità, avevamo segnalato, relativa all'equiparazione anche per le piccolissime imprese della durata delle prestazioni per causali straordinarie a carico di fondi bilaterali alla durata della cassa integrazione guadagni straordinaria. Ciò potrebbe richiedere un aumento delle aliquote di contribuzione mettendo in sofferenza e a rischio gli stessi fondi. Il problema si pone in particolare per il Fondo artigianato.
  Chiediamo, poi, di rendere meno stringenti i requisiti reddituali dell'indennità straordinaria di continuità reddituale e operativa, l'indennità che riguarda i lavoratori autonomi. Tali requisiti, infatti, rischiano di lasciare fuori molte situazioni che, invece, sono meritevoli di tutela. Rispetto agli ammortizzatori emergenziali, il decreto-legge in materia di energia ha introdotto facilitazioni positive. Tuttavia riguardano Pag. 8solo una parte delle aziende in difficoltà, lasciando fuori diverse realtà, a partire dall'artigianato.
  Poi vi sono alcune situazioni che rischiano di restare escluse dalla possibilità di utilizzare la cassa integrazione in quanto non previste nelle causali, come il caro energia. Dovremmo tornare a discutere di questo argomento. A fronte di questa situazione, chiediamo di ripristinare temporaneamente e per tutti i datori di lavoro, almeno fino al 30 giugno, una misura simile alla cassa COVID, al fine di assicurare un sostegno al reddito dei lavoratori coinvolti, evitare un eccessivo calo di consumi interni e possibili licenziamenti, soprattutto in mancanza di misure alternative.
  Sulle politiche attive chiediamo noi al Parlamento se, come e quando saranno mantenuti gli impegni sottoscritti e gli investimenti stanziati con la legge di bilancio 2019. Parliamo del rafforzamento dei servizi per l'impiego e delle stabilizzazioni degli operatori presenti. Mi riferisco anche ai primi 2.700 navigator, poi ridotti a 1.800. Chiediamo quale sarà il livello di monitoraggio e gestione dei dati attraverso il paventato e mai presentato Sistema informativo unitario. Chiediamo quando il Piano Nuove Competenze sarà attivato e come ci si stia attrezzando ai fini del monitoraggio e della verifica dei target e degli obiettivi definiti all'interno del Programma GOL, soprattutto alla luce del rischio di non utilizzare completamente le importanti – finalmente – risorse messe a disposizione dal PNRR, da REACT-EU e dal bilancio dello Stato.
  Sul tema della contrattazione, come detto in premessa, lo scenario tendenziale del DEF ipotizza una sostanziale rinuncia dei lavoratori al recupero dell'inflazione, che ovviamente non può trovarci d'accordo. Si svolgerà una riunione anche oggi e speriamo si faccia chiarezza. Sottolineiamo che la situazione attuale rischia di incidere profondamente anche sul welfare aziendale e sui premi di produttività, compromettendo anche la contrattazione di secondo livello – la seconda gamba della contrattazione – e, quindi, determinando ulteriori e gravi ripercussioni sui lavoratori e sulle famiglie. Per evitarlo riteniamo si debbano utilizzare due accorgimenti: sterilizzare la condizione di incrementalità dei parametri per l'ottenimento dei benefici fiscali e azzerare il prelievo fiscale.
  I riferimenti all'industria e alle politiche industriali contenuti nel DEF sono di grande interesse. Anche in questo caso c'è necessità di un confronto più serrato. Relativamente agli investimenti, per noi è necessaria la conferma del Superbonus. Sugli enti territoriali siamo soddisfatti delle misure ipotizzate dal PNRR e dai relativi decreti. Poniamo molta attenzione sul disegno di legge in materia di autonomia differenziata. Riteniamo che, se da una parte sono importanti maggiori forme di autonomia delle regioni, queste debbano comunque muoversi in un quadro di unità nazionale. Riteniamo che sia fondamentale garantire l'intervento e il coordinamento dello Stato centrale in campi in cui è riconosciuta anche una forte competenza regionale, alla luce anche dell'esperienza pandemica: mi sto riferendo ovviamente alla sanità.
  Relativamente al Programma nazionale di riforme si parla molto di pubblica amministrazione. Condividiamo tutti i passaggi del DEF e non possiamo che sottolineare che il raggiungimento dei risultati che traccia il DEF richiede forti investimenti sulla forza lavoro. Su questo continueremo a sollecitare anche il Parlamento.
  Su scuola, università e ricerca nel DEF c'è un passaggio interessante di simulazione al 2026 dell'impatto degli effetti del PNRR. Non abbiamo elementi per confutare queste previsioni, però insistiamo ancora sulla necessità di reclutamento del personale.
  Condividiamo il contenuto del DEF sulla sanità, però continuiamo a porre il tema delle risorse ordinarie nonostante lo sforzo di bilancio, dicendo anche che siamo molto preoccupati rispetto alla partita del personale, delle assunzioni e delle nuove ammissioni di personale. In questo campo va superata l'atavica precarietà del settore.
  È positivo che il DEF insista sulla salute e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Su questo sposiamo le posizioni del Governo. Rispetto al Mezzogiorno tra qualche minutoPag. 9 avremo un incontro con la Ministra Carfagna nell'ambito del Tavolo permanente per il partenariato economico, sociale e territoriale. Non tutti i Ministeri stanno rispettando la clausola del 40 per cento. Noi ribadiamo che essa deve essere garantita e che vanno introdotti correttivi per fare in modo che ciascun Ministero sia obbligato realmente a garantirla.
  Insistiamo anche sulla complementarietà tra PNRR e fondi, che per noi è importante. È fondamentale, ma facciamo notare che sull'accordo di partenariato siamo stati coinvolti solo per tre consultazioni su otto programmi. Le parti sociali non sono state coinvolte, per cui lo facciamo presente al Parlamento.
  Giudichiamo favorevolmente l'accento che pone il DEF sulle politiche giovanili. Va rilanciato l'apprendistato – ve l'abbiamo scritto –, però prima di ragionare su nuovi investimenti da rivolgere ai NEET bisognerebbe procedere alla riforma del Programma Garanzia Giovani.
  Rispetto all'istituzione sia di un tavolo interministeriale su pandemia, disagio giovanile e NEET sia del Comitato per la valutazione dell'impatto generazionale delle politiche pubbliche ci rammarichiamo di come sia mancato un coinvolgimento delle parti sociali e del sindacato. Rispetto a questo chiediamo che si recuperi. Valutiamo positivamente l'incremento delle risorse dedicate al servizio civile.
  Sulle politiche di genere si auspica che proseguano le riforme intraprese soprattutto nella fase di predisposizione dei decreti delegati del Family Act. Su questo punto chiediamo una sensibilità ulteriore al Parlamento.
  Sul fisco valutiamo positivamente la riduzione della pressione fiscale prevista già a partire da quest'anno, quantificata correttamente al netto delle misure di sgravio, che rappresenta uno dei necessari viatici del rilancio dei consumi e dell'economia.
  Ci esprimiamo favorevolmente e positivamente rispetto agli sforzi per recuperare gettito tramite il contrasto dell'evasione, sebbene i risultati siano lontani per poter essere considerati soddisfacenti. Auspichiamo però una maggiore partecipazione nella successiva definizione dei decreti attuativi della riforma fiscale, magari anche attraverso un tavolo tecnico da istituire nell'ambito del confronto permanente proposto dal Presidente del Consiglio alle parti sociali qualche giorno fa.
  Rispetto all'aumento delle entrate derivanti dall'IVA come conseguenza dell'inflazione, il DEF non dà indicazioni, neanche tendenziali, su come si vorrebbe utilizzare il maggior gettito.
  Per quanto riguarda il fiscal drag, invece, la riforma dell'IRPEF deve prevedere un adeguato meccanismo compensativo per evitare l'erosione dei salari. L'utilizzo della leva fiscale a scopo incentivante dal punto di vista ambientale è condivisibile nel lungo periodo, ma deve essere attentamente ponderato.
  Sulle politiche sociali e la non autosufficienza è previsto un impegno importante. Occorre chiudere quanto prima tale riforma. Questo ve lo chiediamo anche alla luce dei tre milioni e mezzo di persone disabili e di anziani non autosufficienti che la stanno aspettando.
  Sull'assegno unico universale vanno rivisti alcuni passaggi penalizzanti che escludono alcune famiglie meritevoli di tutela. Va rafforzato ulteriormente il reddito di cittadinanza.
  Sulle politiche abitative, anche noi facciamo notare che siamo preoccupati per l'assenza nel DEF di qualsivoglia riferimento al disagio abitativo. Sarebbe invece auspicabile prevedere il rifinanziamento del «Fondo affitti» e del «Fondo morosità incolpevole».
  Concludo su ambiente, energia e clima. In merito agli aspetti di politica energetica, dichiariamo la necessità di procedere speditamente verso la semplificazione delle autorizzazioni per l'installazione di impianti di produzione da fonti di energia rinnovabile e contemporaneamente verso una reale diversificazione delle fonti per l'approvvigionamento energetico, in particolare per quanto riguarda il gas.

  PRESIDENTE. Do la parola al dottor Domenico Proietti, Segretario confederale della UIL.

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  DOMENICO PROIETTI, Segretario confederale della UIL. La UIL è grata alle Commissioni per questa audizione. Invieremo anche noi agli uffici delle Commissioni una memoria. Questo mi consentirà di essere abbastanza sintetico.
  Il DEF, a nostro modo di vedere, non ha colto appieno tutte le novità che ci sono in questo momento nel quale alla pandemia, che ancora non è finita, anzi ha effetti ancora molto pesanti su tutti gli aspetti della nostra vita in comune, si è aggiunta la vicenda drammatica della guerra in Ucraina. Il DEF risente di una visione parziale. Invece, a nostro modo di vedere, c'è la necessità di inquadrare questo Documento di economia e finanza in una visione complessiva legata anche agli impegni presi con il PNRR.
  Sotto questo punto di vista, ci sono alcune lacune che noi vogliamo sottolineare, avanzando contemporaneamente alcune proposte.
  Il primo punto è il dato dell'impatto sull'inflazione rispetto all'aumento dei costi energetici. Questo crea un grandissimo problema a milioni di italiani, perché i rinnovi contrattuali realizzati e quelli che si stanno per realizzare sulla base dell'indice dei prezzi al consumo armonizzato non tengono conto dell'aumento dei costi energetici. Noi riteniamo profondamente sbagliato quanto è scritto nel DEF, ossia che l'inflazione non può essere recuperata anche rispetto all'andamento dell'aumento dei costi energetici. Questo è un punto importante rispetto al quale il Parlamento dovrebbe dare un'indicazione molto più precisa nel senso di dare maggior potere d'acquisto ai salari e agli stipendi. Sotto questo punto di vista, noi chiediamo anche di introdurre un provvedimento che rafforzi questa impostazione, tramite la detassazione degli aumenti contrattuali per questa tornata contrattuale. Questo sarebbe un elemento molto importante che contribuirebbe ad aumentare il peso delle buste paga.
  Contemporaneamente, è necessario mettere mano a una vera riforma fiscale. Quello che è stato fatto con l'ultima legge di bilancio non va nella direzione giusta. Sono stati allocati 7 miliardi di euro nella fascia alta dei contribuenti, mentre l'85 per cento dei lavoratori e dei pensionati sono stati esclusi da quell'intervento. È profondamente iniquo, come hanno dimostrato anche gli ultimi studi dell'Ufficio parlamentare di bilancio.
  Naturalmente, la delega fiscale, che è in discussione, dovrebbe invertire questa tendenza. Bisognerebbe dare forza e sostegno al lavoro dipendente e ai pensionati che poi – ricordiamolo – sono i contribuenti più fedeli al fisco. Sotto questo punto di vista, nel DEF manca quello che noi indichiamo come un punto fondamentale: ci vuole una svolta epocale nella lotta all'evasione fiscale. Ogni anno si registrano 110 miliardi di euro di evasione. Se non si attua una svolta epocale, si continuerà a perpetrare questa profonda ingiustizia anche nel medio periodo. In questi due anni di pandemia abbiamo accumulato 200 miliardi di euro di debito e questi 200 miliardi di euro nei prossimi anni dovranno essere ripagati. Se non c'è una riforma fiscale equa, questo debito ancora una volta sarà fatto ripagare ai lavoratori dipendenti e ai pensionati, e noi questo non lo possiamo accettare.
  C'è, poi, tutto il tema della previdenza, che nel DEF è solo accennato e che, invece, necessita di un intervento preciso, perché da dieci anni il nostro sistema prevede l'accesso alla pensione a 67 anni mentre in Europa si sta assestando intorno a 64 anni. Occorre riequilibrare l'accesso alla pensione, occorre pensare oggi alle future pensioni dei giovani, occorre eliminare tutte le disparità che penalizzano le donne e rilanciare con forza la previdenza complementare.
  Sempre in tema fiscale, occorre aumentare la tassazione sugli extraprofitti. Questa è una proposta che la mia organizzazione ha portato avanti nell'ultimo anno e che è stata finalmente accolta dal Governo tramite una tassazione del 10 per cento sugli extraprofitti delle imprese energetiche. Noi pensiamo che sia poco, bisogna portare tale tassazione al 30 per cento e bisogna estenderla a tutte le altre attività che anche nel corso della pandemia hanno realizzato profitti incredibili.Pag. 11
  Il DEF, poi, prevede una contrazione della spesa sanitaria. Questo è un errore. Credo, infatti, che ad oggi la migliore politica economica sia una buona politica sanitaria. Se l'Italia nel 2021 ha potuto conseguire i tassi di crescita più alti d'Europa, questo è stato possibile perché il Sistema sanitario nazionale italiano ha saputo mantenere positivamente l'impatto con la pandemia. Allora oggi investire nella sanità è una delle condizioni per favorire anche la crescita economica.
  Poi c'è tutto il tema del lavoro. Occorre anche in questo campo una svolta. In precedenza venivano ricordati i dati. Il lavoro è aumentato, ma si tratta di lavoro precario. Occorre seguire il modello spagnolo, abolendo i contratti a tempo determinato e lasciandoli solo per le esigenze realmente stagionali. Occorre puntare sui contratti a tempo indeterminato per dare una prospettiva sicura alle giovani generazioni. Occorre inoltre risolvere la vicenda dei navigator. Sono stati formati migliaia di giovani che hanno dato prova anche di efficienza dal punto di vista delle professionalità, al di là dei risultati, che sono dipesi da evidenti limiti di impostazione legislativa. Queste persone sono un patrimonio professionale che è stato formato e che occorre utilizzare appieno nel nostro mercato del lavoro.
  Nel DEF manca poi anche un'indicazione precisa sulle politiche abitative, che è un elemento importante per le giovani generazioni. Dobbiamo anche avere la possibilità e la capacità di affrontare con forza il contrasto alla povertà. In questi anni, con la pandemia, le disuguaglianze sono profondamente aumentate e con la guerra gli effetti che tali disuguaglianze avranno aumenteranno ancora di più. La lotta seria alle disuguaglianze è uno dei punti fondamentali che deve connotare una comunità nazionale e democratica come la nostra.
  Sotto questo punto di vista, il rafforzamento e il miglioramento del reddito di cittadinanza è uno strumento importante. Pensiamo a cosa sarebbe successo in Italia, in termini di coesione sociale, se in questi anni non ci fosse stato il reddito di cittadinanza. Dobbiamo migliorarlo finalizzandolo a contrastare la povertà, che non è solo economica, ma è anche educativa. Sono tutti interventi che necessitano di una visione d'insieme.
  A tal fine credo che sia molto importante che il Governo e il Parlamento autorizzino un nuovo scostamento di bilancio. Le risorse che sono state preannunciate, circa 5 miliardi di euro, per un intervento nelle prossime settimane sono nettamente insufficienti. Occorre dare impulso alla nostra economia e al nostro sistema produttivo e sostenere salari e pensioni, perché l'Italia ha risorse importanti. L'andamento economico del 2021 sta a dimostrare che il nostro sistema produttivo, se messo nelle condizioni di potersi esprimere, non ha eguali in Europa. Il tasso di crescita dello scorso anno è stato tra i più alti d'Europa.
  Allora la politica, il Parlamento, le istituzioni devono governare questo processo incentivandolo. Questo obiettivo oggi è possibile attraverso una politica espansiva. Il Governo italiano deve chiedere all'Europa di continuare sulla strada del Next Generation EU. Occorre continuare a favorire la crescita e destinare risorse importanti al sostegno dei Paesi dell'Unione europea, soprattutto in un momento in cui intorno a noi molte certezze del passato sono venute meno. Prima la vicenda della pandemia, poi la guerra in Ucraina hanno profondamente cambiato lo scenario geopolitico, ma l'Italia, che è tra i Paesi fondatori dell'Europa, deve cogliere questa occasione per ribadire che c'è bisogno ancora di più dell'Europa.
  Anche il paventato aumento delle spese militari deve essere inquadrato dentro questo disegno. Se ogni Paese europeo aumenta le spese militari per conto suo, non raggiunge nessun obiettivo. Occorre invece porsi l'obiettivo di creare una difesa comune europea, autonoma, coordinata all'interno della NATO. Questa è la strada per dare una risposta a tutti i problemi che si apriranno all'indomani della fine della guerra in Ucraina, che speriamo sia quanto prima.
  Su questi temi il sindacato italiano ha sempre dato un contributo molto importante di responsabilità e di proposte. Credo che questa sia la fase nella quale tutti Pag. 12insieme dobbiamo definire la rinascita economica, sociale e civile del nostro Paese affinché l'Italia e l'Europa abbiano un ruolo fondamentale nel futuro del pianeta.

  PRESIDENTE. Do la parola a Luigi Ulgiati, Vicesegretario generale dell'UGL.

  LUIGI ULGIATI, Vicesegretario generale dell'UGL. Il Documento di economia e finanza, soprattutto in questo particolare momento di incertezza e di complessità, è utile per comprendere l'andamento complessivo della nostra economia e anche la strategia che il Governo intende adottare nei prossimi mesi e successivamente, anche con la legge di bilancio per il 2023.
  Il lento e progressivo superamento della fase più acuta della pandemia da COVID-19 continua a portare importantissimi problemi. Ci sono ancora vittime, ogni giorno, e questa fase coincide purtroppo con una nuova e diversa crisi, che è stata causata dall'invasione dell'Ucraina da parte della Russia.
  Questa escalation della guerra ha provocato la fuga di milioni di cittadini ucraini, soprattutto donne e bambini, e un'impennata dei prezzi energetici e delle materie prime. È sbagliato, però, pensare che la spinta inflazionistica sia dovuta solo ed esclusivamente alla guerra. Infatti già alla fine del 2021 avevamo registrato una crescita esponenziale dei prezzi di tutti i prodotti di largo consumo e, ovviamente, anche dei prodotti energetici, con pesanti ripercussioni sia sulle famiglie che sulle imprese. La spinta inflazionistica generata da questi rincari, tra l'altro, non si vedeva da anni e sfiora il 5 per cento.
  Ovviamente questo mette in discussione il potere di acquisto delle famiglie e noi riteniamo che si tratti di un tema centrale. Di recente, la riforma dell'IRPEF e anche l'introduzione dell'assegno unico universale per i figli a carico sono stati provvedimenti apprezzati per gli obiettivi che si sono posti, però ci sono ancora delle criticità in merito all'ammontare dello stanziamento per la loro realizzazione, che riteniamo sia ancora esiguo, e anche per quanto riguarda la complessità di accesso allo strumento che ha sostituito gli assegni familiari.
  Riteniamo che manchi un consistente intervento sul versante del costo del lavoro, volto a una riduzione strutturale degli oneri a carico sia dei datori di lavoro che dei dipendenti. Questo è sicuramente un tema che la riforma fiscale potrebbe affrontare. Guardiamo con estrema preoccupazione allo scenario che potrà delinearsi nei prossimi mesi, soprattutto anche in vista dei rinnovi contrattuali. Non crediamo che il sistema attuale, che prevede un automatismo nell'ambito dei rinnovi dei contratti, possa sostenere e colmare il divario che si è realizzato, soprattutto con riferimento all'incremento dei prezzi al consumo.
  Crediamo che la previsione di crescita del 3 per cento su base annuale probabilmente si tradurrà, più che nella creazione di nuova occupazione, in un minore ricorso agli ammortizzatori sociali. Poi c'è il tema della previdenza nell'ambito del Documento di economia e finanza, che presenta un limite. Pensiamo, infatti, che ci si limiti proprio a registrare la disponibilità sulla flessibilità in uscita, però occorrerebbe un rafforzamento della previdenza complementare e una maggiore disponibilità rispetto a un meccanismo certo per le uscite dei lavoratori. Pensiamo che l'attuale sistema sia eccessivamente oneroso per i lavoratori e limiti l'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro.
  Inoltre, la forte impennata dei prezzi energetici e delle materie prime sicuramente è destinata, come dicevo prima, a pesare moltissimo sul costo che le famiglie dovranno sostenere.
  Pensiamo che nell'ambito del DEF ci possa essere spazio anche per la creazione di nuove strategie energetiche relativamente alla rigenerazione urbana e alla transizione ambientale. Riteniamo, inoltre, che nel DEF ci possa essere spazio anche per misure relative alla realizzazione di nuove scuole, asili nido, mense e palestre e sarebbe utile anche prevedere, in particolare, una integrazione della dotazione finanziaria relativa alla Missione 5 del PNRR, in Pag. 13materia di infrastrutture sociali e disabilità.
  In merito alla Missione 6 del PNRR si dovrebbe intervenire sulla sanità territoriale, oltre che prevedere un pacchetto di opere infrastrutturali per la mobilità e la logistica.
  Rispetto alla questione energetica, a cui facevo cenno prima, è necessario che il nostro Paese possa raggiungere una maggiore indipendenza. A tal fine occorrerebbe un rafforzamento delle produzioni nazionali, in alcuni casi anche dismesse, come l'estrazione del gas, e una diversificazione delle fonti di approvvigionamento dall'estero proprio per evitare, così come è accaduto in questa fase con la Russia, che il nostro Paese possa essere soggetto a ricatti.
  Per quanto riguarda il mix energetico, occorrerebbe non solo investire maggiormente sulle fonti di energia rinnovabili, ma anche dare la possibilità di installare impianti fotovoltaici ad uso domestico e ragionare sul tema dei termovalorizzatori di ultima generazione, che contribuirebbero, da una parte, a produrre energia e, dall'altra, anche alla chiusura del ciclo dei rifiuti.
  Infine, sarebbe non utile ma indispensabile per il nostro Paese cercare di raggiungere gli obiettivi necessari ad essere in linea con quanto stabilito dal Green Deal europeo sulla transizione verde e sarebbe indispensabile programmare investimenti a medio-lungo termine su nuove tecnologie relative all'utilizzo dell'idrogeno, che ad oggi non è ancora del tutto sviluppato da un punto di vista economico sostenibile, e del nucleare, sia quello di quarta generazione che la fusione. Può sembrare un obiettivo difficile da raggiungere, ma siccome molti altri Paesi, anche in Europa, stanno investendo moltissimo sul nucleare, che è ormai rientrato anche nella tassonomia, io credo che il nostro Paese dovrebbe fare uno sforzo in più proprio per tentare di raggiungere l'indipendenza energetica, che poi è indispensabile anche per l'intera filiera produttiva e per garantire anche libertà rispetto alle pressioni estere.

  PRESIDENTE. Do la parola ai deputati e ai senatori che intendono intervenire.

  STEFANO FASSINA. Ringrazio i rappresentanti delle organizzazioni confederali per i loro interventi, tutti molto condivisibili. Vorrei insistere su un punto da loro sottolineato che mi pare la priorità assoluta nella fase che stiamo attraversando e lo pongo in termini di domanda: come facciamo a evitare che si combatta l'inflazione con strumenti che portano alla recessione? A mio avviso questo è il punto. L'inflazione va combattuta, ma se si combatte con la politica monetaria che ha avviato la Banca centrale europea dal 10 marzo scorso, nel migliore dei casi arriviamo alla stagflazione, ovvero a una stagnazione con una iniziale inflazione che via via viene meno. Come noto, siamo di fronte a un'inflazione da offerta che non può essere combattuta con l'aumento dei tassi d'interesse.
  Segnalo che dal 10 marzo, cioè da quando la Banca centrale europea ha indicato una correzione di rotta, un'accelerazione della riduzione degli acquisti di titoli di Stato e un'anticipazione dell'aumento dei tassi d'interesse, l'effetto non è stato tanto l'aumento dello spread, ma si è manifestato sul livello assoluto dei tassi di interesse. Infatti, oggi questo è pari circa a 100 punti base, cioè l'1 per cento in più rispetto all'inizio di marzo, poiché oggi il tasso di interesse è al 2,52 per cento. Andare avanti su questa strada, mentre noi parliamo di tutte quelle emergenze che dobbiamo affrontare e che vanno affrontate, vuol dire che ci troviamo in uno scenario di stagnazione, con le relative conseguenze che si avranno in termini di occupazione, oltre che sui dati di finanza pubblica.
  Qual è la questione quindi? A mio avviso in primo luogo serve un intervento amministrato sui prezzi. È chiaro che, in linea di principio, la dimensione europea è prioritaria, ma ci sono Paesi che hanno interessi diversi dai nostri e lo ha detto stamattina in un'intervista anche il presidente di Confindustria Bonomi, che non è certo un pericoloso pianificatore quinquennale. Occorre introdurre prezzi amministrati a livello nazionale sui nostri importatori, che stanno pagando, come ieri ci ha ricordato il presidente Treu, il gas sostanzialmentePag. 14 ai prezzi dello scorso anno o, comunque, a prezzi nettamente inferiori rispetto a quelli che poi richiedono sul mercato. Ci vuole un intervento sui prezzi anche a livello nazionale.
  In secondo luogo, ci vuole una politica dei redditi vera, perché, a mio avviso, è inaccettabile, come hanno detto tutti, che si scarichi sul potere d'acquisto dei lavoratori e dei pensionati il rallentamento dovuto all'inflazione. Nel contesto in cui siamo non vedo altra strada che quella di intervenire per via fiscale e di evitare che si inneschi la spirale inflazionistica.
  Da questo punto di vista, il Governo deve decisamente fare di più non solo in termini generali per soccorrere, ma anche nel quadro di una politica dei redditi che consenta rinnovi contrattuali che non accelerino il percorso inflazionistico, perché dall'altra parte abbiamo la Banca centrale europea che continua a fare quello che sta facendo.
  A mio avviso tutti – questo è anche un messaggio ai colleghi – in occasione della votazione della risoluzione sul DEF dovremmo concentrare molto il nostro messaggio su questo punto, ovvero una politica dei redditi assistita sul versante fiscale con un'attenzione anche a livello europeo, in raccordo con le confederazioni europee dei sindacati e delle imprese, affinché qualcosa di simile venga riprodotto nei principali Paesi europei, perché davvero la Banca centrale europea va avanti e noi ci troviamo a fare delle chiacchiere totalmente condivisibili ma astratte, perché in sei mesi saremo in recessione. Se giovedì prossimo, cioè tra due giorni, la BCE insiste sulla linea che ha già preso, vedo molto complicato recuperare quello che si viene a determinare in termini reali attraverso i rinnovi contrattuali. Servono controlli sui prezzi, tetti sui prezzi e serve una politica dei redditi adeguata.
  Ho trovato molto giusta e molto condivisibile l'insistenza sulle politiche per l'abitare. In questo Parlamento abbiamo pochissima attenzione su questo tema, mentre è una questione decisiva per la condizione di vita di milioni e milioni di famiglie. Anche su questo punto spero che possiamo raccogliere questo invito che ci è stato rivolto.

  PAOLO TRANCASSINI. Anch'io ringrazio gli auditi. Volevo fare alcune considerazioni e alcune domande. La prima considerazione è che siamo d'accordo sul fallimento delle politiche energetiche di questa nazione negli ultimi anni, così come siamo d'accordo sull'esigenza di uno scostamento di bilancio per far fronte alla necessità di questo momento. Non mi ricordo chi degli auditi ha affrontato il tema dei navigator. Volevo capire nello specifico quale soluzione viene prospettata e consigliata rispetto a questo tema, che in realtà altro non è che un clamoroso fallimento di una ridicola politica attiva per il lavoro.
  Passando all'altra domanda, recentemente a Roma si sono date appuntamento 500 aziende medio-grandi, quasi tutte investite da appalti relativi al PNRR e hanno lanciato l'allarme dell'impossibilità di proseguire i propri lavori se non si interviene in maniera decisa e precisa sul tema dell'aumento del costo delle materie prime. Ricordo che il problema dell'aumento del costo delle materie prime non si è sviluppato a seguito della recente guerra, ma in realtà è chiaro da oltre un anno che si sarebbe concretizzato, perché i primi segnali risalgono a più di un anno fa. Volevo sapere su questo aspetto quali sono le vostre osservazioni e anche i vostri consigli.

  DANIELE PESCO, presidente della 5a Commissione del Senato della Repubblica. Pongo anch'io una breve domanda. Avete parlato di investimenti relativi al PNRR e mi pare che la citazione della spending review nel DEF abbia spaventato alcuni. Vi chiedo di riflettere su un punto: non potremmo vedere il PNRR come una possibilità di migliorare la spesa pubblica? Nel PNRR sono previsti molti investimenti sul digitale e molti investimenti per migliorare la pubblica amministrazione, ma, dall'altra parte, la spesa pubblica per il personale nel pubblico impiego effettivamente rimane molto elevata. Secondo me le due cose potrebbero combaciare. Sicuramente avremmo molti pensionamenti e, a mio Pag. 15avviso, potremmo andare verso un miglioramento della spesa pubblica, magari unendo o affiancando alla stessa il concetto di produttività, che ultimamente è stato abbozzato attraverso alcuni strumenti che purtroppo non hanno portato a miglioramenti sostanziali nella pubblica amministrazione.
  Vi chiedo una piccola riflessione su questo aspetto, perché secondo me le due cose possono andare insieme, anche perché in Italia abbiamo esempi di sprechi relativi alla spesa pubblica, più che alla pubblica amministrazione, che non possono essere trascurati. Ad esempio, rispetto alle famose società partecipate che hanno più consiglieri d'amministrazione che dipendenti penso che il Governo e anche il Parlamento possano essere un po' più incisivi.
  Vi prego di fare una riflessione sulla spending review, che non va trascurata anche se siamo in un momento in cui dobbiamo cercare di spendere più per realizzare il PNRR. Va bene la spesa, però secondo me deve essere una spesa equilibrata ed efficientata.
  Ringrazio dei vari contributi sul tema dei contratti pubblici e anche privati, che comunque devono essere tutelati e aggiornati.
  Molti di voi hanno citato il tema dei navigator e vi ringrazio per questo. Secondo me – ma penso secondo tutti voi – è una emergenza da sanare, proseguendo sul percorso di ristrutturazione degli uffici pubblici per l'impiego.
  Visto che avete fatto riferimento ai contratti a tempo indeterminato, vi chiedo se tutta la disciplina che riguarda quegli strumenti privati finalizzati al lavoro a tempo determinato – mi riferisco all'Agenzia del lavoro privato e alle altre organizzazioni finalizzate all'utilizzo del lavoro a tempo determinato – secondo voi possa essere migliorata in qualche modo.

  PRESIDENTE. Aggiungo una breve domanda rivolta al Segretario confederale della CISL relativamente all'allarme che ha lanciato sui Ministeri per quanto riguarda il rispetto della quota del 40 per cento per il Sud. Le chiedo se cortesemente – magari anche in altra sede, se oggi non ha a disposizione questi dati – ci può far avere informazioni più dettagliate su questo tema, perché si tratta di un argomento che ci sta molto a cuore. Dal nostro punto di vista vi è, invece, il rispetto di questo principio da parte di tutte le amministrazioni. Come ha dichiarato la Ministra Carfagna dovrebbe anche esserci un controllo e una verifica per assicurare il rispetto di questa quota. Le chiedo se, magari non in questo momento, ma più avanti, ci può far avere una nota al riguardo. Do la parola ai soggetti auditi per la replica.

  GIANNA FRACASSI, Vicesegretario generale della CGIL. Sui temi che sollevava l'onorevole Fassina, è certo che noi abbiamo di fronte un rischio di recessione, ma vi è un tema che non possiamo eludere, ovvero se il rischio di recessione, o comunque legato anche alle politiche messe in campo dalla BCE e non solo, non sia correggibile evitando che si scarichi solo ed esclusivamente sui lavoratori e sulle fasce più deboli, perché questo è il punto. La socializzazione della crisi in un contesto diseguale dal punto di vista sociale e dal punto di vista territoriale rischia di farci tornare indietro rispetto alle condizioni di disuguaglianza. Sbaglio oppure no?
  Ragionando in termini di investimenti, il PNRR non doveva essere, per esempio un grande strumento di riduzione dei divari e delle disuguaglianze? Per noi in questa fase si possono mettere in atto operazioni di solidarietà, andando a intervenire su chi in questa fase sta accumulando grandi profitti.
  Io penso che sia strano che non si intervenga, per esempio, sugli straordinari profitti che sono stati realizzati. Non penso soltanto all'energia, perché è vero che c'è un aumento dei costi, come veniva ricordato, ma non si tratta di tutti i materiali e di tutti i beni. Attenzione, non bisogna pensare che tutti gli aumenti di prezzi di questa fase siano collegabili effettivamente all'aumento dei prezzi dell'energia o alle dinamiche legate alle materie prime. Non è così e allora noi chiediamo un intervento del Governo anche da questo punto di vista ed è possibile realizzarlo.Pag. 16
  Sul price cap come non essere d'accordo? Tuttavia, rispetto a questo argomento c'è un terreno europeo che non possiamo dimenticare, quindi è importantissimo recuperare e riprendere questa richiesta, che, tra l'altro, è già stata avanzata dal nostro Paese. Così come è importante rivedere anche il meccanismo sul versante del mercato energetico: se quello dei contratti spot o delle marginalità risulta essere un meccanismo evidentemente sbagliato, è chiaro che si risolve solo una parte del problema.
  È chiaro che da questo punto di vista anche l'aumento del costo degli appalti va tenuto sotto controllo. È rilevante, c'è, ma va distinto rispetto all'aumento del costo delle singole materie dei singoli beni.
  Sulla questione della spesa pubblica fornisco soltanto un dato: nei prossimi quattro anni andranno in pensione complessivamente 1,3 milioni di dipendenti pubblici e si tratta non soltanto dei dipendenti delle amministrazioni locali, ma di dipendenti di tutte le amministrazioni pubbliche, dall'istruzione, alla sanità e alla scuola.
  Io credo che il fatto di non farsi carico di questo tema attraverso un piano straordinario di occupazione pubblica sia sbagliato e penso che ritornare alla spending review sia esattamente replicare un modello disuguale che ha determinato e sta determinando uno dei problemi maggiori rispetto alla realizzazione PNRR. Infatti, il problema che si pone è la scarsa capacità amministrativa determinata dal fatto che c'è poco personale per quanto riguarda il Mezzogiorno e la possibilità di accesso ai bandi. La quota del 40 per cento non è rispettata perché c'è una difficoltà di accesso ai bandi soprattutto nel Mezzogiorno del Paese. Non guardiamo la pagliuzza, guardiamo quello che c'è dietro: è stata impoverita la pubblica amministrazione e sono state impoverite la sanità e l'istruzione e non credo che questa sia una strada da percorrere.
  Sulla questione dei navigator c'è solo una cosa da fare, ovvero stabilizzare tali lavoratori perché possono rivelarsi importanti anche nel contesto di scarsità di personale che si occupa di politiche attive e dei centri per l'impiego che caratterizza il nostro Paese. Forse cominciare a rafforzare questo strumento anche dal punto di vista del personale può dimostrarsi sicuramente molto importante.

  IGNAZIO GANGA, Segretario confederale della CISL. Relativamente al PNRR e alla spesa pubblica, anche io faccio notare che anni di spending review hanno impoverito il settore pubblico e, tra l'altro, hanno bloccato il turnover e i contratti per dieci anni e solo da poco siamo riusciti a sbloccarli. È una pubblica amministrazione in sofferenza e va rafforzata attraverso la sua capacità amministrativa.
  Il problema forse sta anche un po' nel Parlamento, nel momento in cui si legge nel DEF che occorre snellire le procedure e digitalizzare le competenze. Il DEF parte da un presupposto fondamentale. Il Governo si pone, infatti, l'obiettivo di attuare entro il biennio 200 dei 700 decreti attuativi che sono necessari per poter superare una serie di colli di bottiglia che rischiano di mandare in sofferenza il PNRR. Ciò la dice lunga sul fatto che non può essere accollata al complesso dei dipendenti pubblici la difficoltà di funzionamento della macchina amministrativa. Questa è la prima riflessione che mi sento di fare.
  La seconda riflessione è quella dei navigator. Anche io sottolineo il fatto che questo personale è stato assunto con la prospettiva di una stabilizzazione e, quindi, va stabilizzato anche perché sarebbe contraddittorio se in questo Paese le politiche attive per l'occupazione fossero attuate da soggetti che anelano a politiche più robuste soprattutto rispetto alla propria condizione professionale. Gli impegni di assunzione erano per 11.600 soggetti, ne abbiamo 2.700, ridotti a 1.800, quindi poniamo una sollecitazione su questo tema.
  Ha ragione l'onorevole Fassina rispetto al quadro che ha prospettato. Anche i nostri interventi hanno ripreso tutti i passaggi dell'intervento dell'onorevole Fassina, il quale rafforza le istanze del sindacato confederale e per questo lo ringrazio.
  Relativamente al PNRR, nel sostenere l'opzione strategica insita nel PNRR, anche io nel mio intervento ho detto chiaramente Pag. 17che sui singoli progetti e sugli investimenti – lo abbiamo detto anche al Presidente Draghi qualche giorno fa – bisogna fare il punto, perché l'aumento dei prezzi rischia di mettere in difficoltà i 48 bandi che si stanno realizzando.
  Sulla questione del Mezzogiorno basta andare a vedere i siti dei Ministeri. Se lei, presidente Prestigiacomo, consulta il sito del Ministero dello sviluppo economico, vedrà che il piano nazionale «Transizione 4.0» destina al Sud una quota più bassa, ovvero il 19,4 anziché il 40 per cento. Sui crediti di imposta non è stata formulata alcuna riserva del 40 per cento. Per quanto riguarda il turismo le misure finora attivate non prevedono vincoli territoriali sia relativamente al meccanismo del credito d'imposta che relativamente agli accordi con i soggetti gestori, in particolare con Cassa depositi e prestiti. Per quanto riguarda il lavoro ci sono 7 miliardi di euro sulla Missione 5 e delle relative sette misure ne sono state attivate sei. La stima fornita dal Ministero è di un assorbimento pari al 37 per cento, quindi siamo vicini alla quota del 40 per cento, ma questa rischia di non essere realmente realizzata. Si tratta di dati acquisiti dal sindacato su atti ufficiali. Avremo a breve un incontro – in realtà è già iniziato – con la Ministra Carfagna e i dati che ho fornito vengono dalla memoria che consegneremo alla Ministra tra pochissimo.

  DOMENICO PROIETTI, Segretario confederale della UIL. Io condivido quanto diceva l'onorevole Fassina, ossia che se non si affronta bene la politica antinflazionistica, il risultato è la recessione. C'è bisogno di un'iniziativa del Governo italiano in Europa per porre un tetto ai costi e contemporaneamente attuare questa misura in Italia attraverso prezzi amministrati.
  Del resto, sappiamo tutti bene come funziona il mondo dell'energia. La benzina e il gas che utilizziamo sono stati stoccati più di un anno fa, quindi c'è una vera e propria spinta speculativa sotto questo punto di vista, alla quale bisogna porre un argine e uno stop. Contemporaneamente bisogna attuare un intervento a sostegno dei salari e delle pensioni, che sono fondamentali per sostenere la domanda interna, quindi per sostenere i consumi, a beneficio del 70 per cento delle aziende italiane che producono per il mercato interno. Sotto questo punto di vista c'è chiarezza nella nostra posizione, che ci auguriamo il Governo e Parlamento possano accogliere.
  Sui navigator io credo che sia importantissimo stabilizzarli. Naturalmente la vicenda del reddito di cittadinanza ci ha insegnato che quell'intervento è fondamentalmente un intervento di contrasto alla povertà. Quando si era pensato di legarlo anche al mercato del lavoro, probabilmente si era sopravvalutata l'efficacia dello strumento, però rimane il fatto che queste persone sono state formate e hanno un'alta professionalità. Quindi, possono essere inserite a livello dei centri per l'impiego o delle regioni – decidano il Governo e il Parlamento –, ma sarebbe un errore, dopo aver formato queste persone, non utilizzarle nel settore pubblico.
  L'ultimo punto è quello relativo alla riqualificazione della spesa pubblica. Il sindacato italiano, anche in anni di profondo confronto – usando un termine benevolo – con chi additava il sindacato come rappresentante dei fannulloni, ha sempre sostenuto la necessità di riqualificare la spesa pubblica e si è sempre messo in prima linea anche contro i famosi «furbetti del cartellino» e ne è la prova che noi lo scorso marzo abbiamo sottoscritto con il Ministro della funzione pubblica Brunetta un patto molto importante che contiene tutte queste cose, che fa giustizia rispetto ad alcuni errori del passato e che disegna un modello della pubblica amministrazione che deve essere il volano per la crescita del nostro Paese. Il sindacato è in prima linea sotto questo punto di vista.
  Chiediamo di attuare quel patto, che reca la ripresa del turnover, la riqualificazione del personale e la previsione di una continuità nella contrattazione nel settore pubblico, che per tanti anni è stata bloccata. Anche su questo aspetto il sindacato confederale italiano ha le carte in regola e darà il proprio contributo.

  FIOVO BITTI, Dirigente confederale dell'UGL. Effettivamente anche noi crediamo Pag. 18che il Piano nazionale di ripresa e resilienza sia in forte rischio per l'impatto dei costi delle materie prime, ma anche per l'impatto dei costi dell'energia sugli stessi comuni. Infatti abbiamo chiesto, non più tardi della settimana scorsa, un intervento per i comuni. La quota del 40 per cento a favore del Mezzogiorno è indubbiamente una stima, ma è sulla carta, perché poi la realtà ci dice una cosa profondamente diversa.
  La digitalizzazione della pubblica amministrazione è sicuramente importante, però io segnalo un caso banale ma lampante per far capire quanto poi è complessa la questione. Le cedole librarie, le classiche cedole che vengono date per acquisire il cosiddetto «sussidiario», hanno un costo in caso di digitalizzazione cinque volte maggiore il primo anno e tre volte maggiore a regime. Questo è un aspetto da studiare bene.
  Segnalo l'ultima cosa a proposito della burocrazia che si intreccia con la volontà delle persone. Si parla sempre di accoglienza dei profughi ucraini, ieri è stato pubblicato l'avviso della Protezione civile rispetto all'accoglienza diffusa e se andate a leggere quell'avviso, capite la complessità anche di fare volontariato e di mettere in moto il terzo settore per accogliere i profughi ucraini. Verosimilmente i comuni continueranno ad operare da soli con le proprie risorse e le associazioni di volontariato continueranno a fare la stessa cosa.

  PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi per il loro contributo e i loro interventi, che finalmente abbiamo potuto svolgere in presenza e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti di Confindustria.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame del Documento di economia e finanza 2022, l'audizione, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera dei deputati e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato della Repubblica, di rappresentanti di Confindustria. Nel ringraziare gli auditi per la partecipazione alla seduta odierna, avverto che sono presenti da remoto Carlo Bonomi, Presidente di Confindustria, Francesca De Silvestri, Sarah Gozzini, Francesca Mariotti, Alessandro Fontana, Antonio Matonti, Pierangelo Albini, Cristina De Berardinis, Simona Finazzo e Sabrina Perez.
  Do la parola al Presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, per la sua relazione.

  CARLO BONOMI, Presidente di Confindustria (intervento da remoto). Illustri presidenti, onorevoli senatori e deputati, vi ringrazio per aver invitato Confindustria a esprimere le proprie valutazioni sul Documento di economia e finanza. Ho chiesto personalmente di essere presente – ed è presente tutto il vertice di Confindustria – proprio per l'importanza che questo Documento assume in questa particolare fase dell'economia del Paese.
  Lo scenario economico è dominato da tensioni e incertezze generate ovviamente dall'invasione russa in Ucraina, ma la guerra si innesta su un quadro che era già reso difficile dal perdurare della pandemia, dalle pressioni al rialzo sui prezzi delle varie commodity e dai colli di bottiglia che avvertivamo in alcune catene di fornitura globali.
  Tutto questo ci porta a tre riflessioni. La prima è che il tema non è chi ha ragione sul tendenziale del PIL, se si tratta dell'1,9 per cento del Centro studi di Confindustria o del 2,9 per cento del DEF. Peraltro, se poi guardiamo con attenzione agli scenari, capiamo che, a parità di condizioni, nella realtà siamo tutti concordi su una valutazione simile: il Centro studi di Confindustria è all'1,9, Banca d'Italia al 2 e il DEF al 2,1 per cento. Il ragionamento che dobbiamo affrontare è un altro: è evidente che i tassi di ripresa sono rallentati e questo è avvenuto dal novembre 2021. La guerra sicuramente ha accelerato e acuito questo rallentamento, ma questo rallentamento era già iniziato prima e, quindi, il percorso di crescita si era già interrotto. Se valutiamo anche i dati della produzione industriale del primo trimestre del 2022, vediamo che abbiamo un meno 2,9 per cento. Abbiamo avuto un segno negativo a gennaio, un Pag. 19rimbalzo tecnico a febbraio e di nuovo una caduta della produzione industriale nel mese di marzo.
  La seconda riflessione è che bisogna fare chiarezza sulla narrazione di quello che è il problema, perché viene raccontato che tutti in Europa stiamo vivendo gli stessi problemi, ma nella realtà non è così, la situazione non è uguale per tutti. La situazione dell'Italia, per quanto riguarda il tema energetico, è diversa da quella della Francia e della Germania. Sappiamo tutti che la Francia ha un apporto molto importante della produzione di energia elettrica dal nucleare e il Governo francese ha scelto di riservare quota parte di questa produzione di energia elettrica, al costo industriale, all'industria manifatturiera del proprio Paese per mantenerla competitiva. È vero che la Germania importa, in termini assoluti, più gas rispetto all'Italia, ma nella realtà ne utilizza molto meno nella produzione di energia elettrica e ciò comporta costi minori.
  Peraltro, la Germania ha già annunciato l'uscita dall'importazione di gas russo nei prossimi diciotto o ventiquattro mesi e sappiamo che quando la Germania annuncia un provvedimento, poi è anche conseguente nel realizzarlo. Peraltro, è stato annunciato pochi giorni fa che la Germania ha stanziato un pacchetto di 100 miliardi di euro per accompagnare l'industria manifatturiera tedesca nelle transizioni, mentre in Italia il DEF stanzia 5 miliardi di euro.
  Un'altra riflessione che dobbiamo svolgere sempre su questo tema è che se la Germania con risorse proprie decide di stanziare 100 miliardi di euro, è pensabile che gli auspicati pacchetti di intervento su difesa comune, ma soprattutto su energia a livello europeo non saranno nell'interesse della Germania.
  La terza riflessione è sulla consapevolezza della perdita dell'industria italiana in questa situazione. Non si ha contezza che le recenti crisi, ovvero quella del 2008, quella del 2010 e quella della pandemia, sono state rette e sostenute grazie all'industria manifatturiera italiana, che ci ha portato fuori da queste crisi. L'industria tedesca e francese a ogni crisi escono più rafforzate rispetto a quella italiana, mentre la nostra manifattura ne esce sempre più debole e di ciò va tenuto conto. Inoltre, passiamo di crisi in crisi scoprendo la fragilità del nostro Paese, ma non si interviene mai se non con provvedimenti spot e questo è il motivo per cui noi continuiamo a sostenere che è necessario avere il coraggio di fare gli interventi strutturali che il nostro Paese necessita.
  Oggi l'Italia deve fare una scelta che doveva già fare in occasione della legge di bilancio dell'anno scorso ma che è venuta meno, perché il rallentamento, come si diceva, è iniziato l'anno scorso. A maggior ragione tale scelta si rende necessaria adesso, con questo grave clima di incertezza. Tutti noi auspichiamo che la guerra finisca a breve, ma non abbiamo segnali in questo senso e anche se dovesse finire, non sappiamo per quanto tempo si protrarranno le sue conseguenze. L'Italia o difende le proprie filiere industriali o rischia di far saltare la locomotiva del Paese.
  Io credo che bisogna avere una visione strategica sulla manifattura italiana: o si capisce che l'industria è un fattore di sicurezza nazionale e di conseguenza si adottano le scelte opportune in questa visione strategica o il rischio sarà forte.
  Fornisco un ultimo dato e poi sono a disposizione per eventuali domande da parte vostra. Il 16 per cento delle imprese italiane ha già sospeso o ridotto le proprie produzioni. Se persisteranno queste condizioni, nei prossimi tre mesi un ulteriore 30 per cento delle nostre imprese rallenterà o sospenderà le produzioni. Questo significa che quasi il 50 per cento dell'industria manifatturiera italiana sarà a scartamento ridotto. Io credo che questo Paese non si può permettere una crisi di questa portata.
  Noi, quindi, chiediamo al Governo e al Parlamento di porre forte attenzione su questa situazione e se proprio dobbiamo sostenere con forza un provvedimento, questo provvedimento deve andare nella direzione dell'unico fattore competitivo su cui possiamo lavorare. Semplificando, noi abbiamo tre fattori produttivi: energia, materie prime e lavoro. Per quanto riguarda l'energia e le materie prime, come Paese Pag. 20trasformatore abbiamo visto quanto dipendiamo dall'estero e quanta difficoltà abbiano a intervenire su questi fattori.
  L'unico fattore su cui possiamo intervenire dal punto di vista della competitività è il costo del lavoro. Noi lo avevamo chiesto in occasione della legge di bilancio dell'anno scorso e continuiamo a credere che lo strumento adeguato sia un taglio contributivo del cuneo fiscale. Peraltro, Confindustria sostiene che, nonostante i due terzi del cuneo fiscale venga pagato dalle imprese e un terzo dai dipendenti, l'intervento di taglio debba essere al contrario, cioè due terzi a favore dei dipendenti e un terzo a favore delle imprese, perché è evidente che dobbiamo sostenere anche i redditi più bassi, i redditi di giovani e donne, che sono le due categorie che durante le crisi soffrono di più e che in questa crisi hanno sofferto più degli altri. Dobbiamo porre in atto un intervento strutturale perché gli interventi spot non servono a nulla. Questo sarebbe veramente un intervento serio, credibile, che va a incidere sul fattore competitivo dell'industria italiana e mette più soldi in tasca ai lavoratori.

  PRESIDENTE. Do la parola ai parlamentari che intendono intervenire.

  ALESSANDRO CATTANEO. Grazie, presidente Bonomi. Devo dire che trovo molto condivisibili le riflessioni che ho ascoltato. Mettendo un po' più a fuoco, anche alla luce di ciò che abbiamo sentito prima in occasione dell'audizione dei rappresentanti dei sindacati, volevo avere un'opinione di Confindustria rispetto all'ipotesi di uno scostamento di bilancio, che è un tema che stiamo valutando e su cui le forze politiche si stanno confrontando. Infatti, ci sono momenti in cui vale il principio «whatever it takes» e noi riteniamo che questo sia uno di quelli. Non si può procedere certo a cuor leggero, ma l'opinione di Confindustria ci interessa particolarmente.
  Il secondo tema riguarda il PNRR. Anche su questo punto è in corso una riflessione rispetto a un aggiornamento dello stesso, che nasce in un tempo post-pandemia, ma ora si realizza uno scenario egualmente grave. Chiedo se Confindustria ritiene, come ritengono alcune forze – anche noi stiamo facendo riflessioni in tal senso –, che una revisione del PNRR, con l'obiettivo di metterlo a fuoco rispetto alle urgenze che sono emerse, possa essere opportuna.
  Infine, rispetto alle tematiche energetiche, che evidentemente sono una enorme emergenza, già qualcosa stiamo facendo. Infatti, al fine di una diversificazione degli approvvigionamenti, il Premier Draghi è impegnato in queste ore in un viaggio internazionale. Rispetto alle iniziative in corso c'è anche qualcosa di più specifico che come idea o come proposta Confindustria ha in mente e vuole proporre?

  STEFANO FASSINA. Ringrazio il presidente Bonomi per la sua presenza oggi, anche se da remoto, perché, a mio avviso, siamo davvero in un passaggio drammatico per il quale è necessaria la massima concentrazione e il massimo impegno politico.
  A me pare che la questione fondamentale, come ho sottolineato prima anche ai rappresentanti delle organizzazioni sindacali, sia quella di evitare di combattere l'inflazione attraverso una politica monetaria che porta alla recessione. Infatti, oggi il punto è che si tratterebbe di una recessione che pagherebbero le imprese e i lavoratori.
  Un punto che reputo fondamentale e che ho trovato molto convincente dell'intervista del presidente Bonomi pubblicata oggi sul Corriere della Sera riguarda il tetto sui prezzi. È auspicabile che continui l'offensiva a livello di Unione europea, ma si possono prendere misure anche a livello nazionale, anzi, a mio avviso si debbono prendere, perché dobbiamo sconfiggere l'inflazione evitando ulteriori aumenti dei tassi d'interesse. Dopo il Consiglio della BCE del 10 marzo i nostri tassi di interesse sono aumentati quasi di un punto percentuale, con le conseguenze note sia in termini di finanza pubblica che in termini di economia reale.
  Un'altra questione riguarda la politica dei redditi. Abbiamo bisogno di una esplicita politica dei redditi, un «metodo Ciampi» a trent'anni di distanza adattato alla drammaticitàPag. 21 della situazione. Non sono sicuro che in questo momento possiamo dare alle misure fiscali che venivano proposte quel carattere strutturale che pure necessiterebbero, ma almeno devono servire a non far perdere potere d'acquisto e a evitare che i rinnovi contrattuali inneschino una spirale inflazionistica che poi renderebbe gli interventi della Banca centrale europea ancora più pesanti. I fattori produttivi sono quelli che sono stati ricordati e ad essi va aggiunto anche il capitale, oltre al lavoro, che è un fattore produttivo non secondario.
  Tra gli effetti asimmetrici che la fase attuale consegna c'è anche il fatto che una parte di aziende, segnatamente quelle energetiche, sta mietendo una valanga di extraprofitti. Infatti, la Ragioneria generale dello Stato ha stimato tali profitti in oltre 40 miliardi di euro in sei mesi. Per attuare quella politica dei redditi che consenta di contribuire a spezzare la spirale inflazionistica, tra le fonti di copertura finanziaria in questa fase dobbiamo utilizzare, a mio avviso, prima dello scostamento di bilancio, che non escludo, una quota decisamente maggiore di quel 10 per cento di contributo straordinario applicato sugli extraprofitti, perché siamo davvero in una fase emergenziale.

  ANTONIO MISIANI. Rivolgo un ringraziamento al presidente Bonomi per la scelta di partecipare in prima persona all'audizione e per i contenuti del suo intervento. Mi sento di condividere le preoccupazioni di Confindustria, che sono analoghe a quelle appena espresse dai rappresentanti delle organizzazioni sindacali, sul forte deterioramento della congiuntura con il rischio di una vera e propria gelata su una ripresa che era in corso nel 2021 e che ci avrebbe portato, in condizioni diverse, a recuperare, già in questi primi mesi del 2022, i livelli precedenti al COVID-19, ma la storia purtroppo sta andando diversamente. Io mi auguro che abbia ragione il Governo, ma temo che abbia ragione il centro studi di Confindustria per quanto riguarda le previsioni sul PIL del 2022.
  Naturalmente il tema dell'energia è un punto chiave negli interventi che sono stati messi in campo e che vanno messi in campo anche nei prossimi mesi per aiutare il sistema produttivo a fronteggiare quanto sta accadendo.
  Ho una domanda da questo punto di vista. Il Governo ha messo in campo in misura via via crescente alcuni crediti d'imposta per aiutare le imprese a fronteggiare i maggiori costi relativi all'elettricità e al gas, ma mi chiedo se non varrebbe la pena mettere in campo un intervento fiscale, oltre che sul tema dei costi, anche per l'efficientamento energetico e il cambio del mix energetico delle imprese. Mi riferisco a una robusta defiscalizzazione degli interventi di efficientamento energetico delle imprese, di installazione delle rinnovabili e dei sistemi di accumulo. Infatti i maggiori costi vengono in parte compensati, ma forse varrebbe la pena che le politiche pubbliche investissero molto anche guardando al futuro con un intervento strutturale che aiuti le imprese a risparmiare ulteriormente energia e a installare i pannelli fotovoltaici e i sistemi di accumulo.
  La seconda domanda riguarda la politica dei redditi e i rinnovi contrattuali. Come ricordavano i rappresentanti delle organizzazioni sindacali, ci sono tanti contratti che devono essere rinnovati, abbiamo indici di riferimento che sono al netto dei costi dell'energia, che sono stati pensati in una fase diversa e oggi l'inflazione è per tre quarti inflazione energetica e questo dato pesa. Noi dobbiamo porci l'obiettivo – credo che sia un obiettivo di tutti e lo diceva anche lei, presidente Bonomi – di fronteggiare il rischio di un netto impoverimento di tante famiglie e di un deterioramento del potere d'acquisto dei salari e degli stipendi, evitando una spirale salari-prezzi come quelle che abbiamo sofferto negli anni Settanta. Mi chiedo se un intervento di detassazione, di defiscalizzazione dei rinnovi contrattuali da questo punto di vista possa essere utile. Se ne è fatto cenno nell'audizione dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali, ma mi interesserebbe capire il parere di Confindustria.
  Passo al terzo punto. Credo che siamo tutti d'accordo che i 5 miliardi di euro prefigurati nel Documento di economia e finanza come intervento ulteriore da parte Pag. 22del Governo siano un passo positivo ma non sufficiente a fronteggiare quanto sta accadendo alle famiglie, alle imprese e agli enti territoriali, poiché serve sicuramente molto di più. Gli strumenti di finanziamento ulteriori che stanno emergendo nel dibattito sono sostanzialmente due. Il primo è la tassazione degli extraprofitti. Il Governo ha fatto un primo intervento, però si può accrescere tale fonte di finanziamento e sono state avanzate alcune proposte. Mi interesserebbe capire il vostro parere in proposito. Il secondo strumento d'intervento, che anch'io, come l'onorevole Fassina, metto al secondo posto, dopo un ulteriore intervento sugli extraprofitti delle imprese energetiche, è uno scostamento di bilancio che non può e non deve essere un tabù. Naturalmente si tratta sempre di debito aggiuntivo in una fase in cui la curva dei tassi si sta rialzando. È uno strumento da utilizzare con accortezza anche se, per la condizione in cui siamo, non può certamente essere escluso dal novero delle scelte di politica economica. Mi interessava un parere anche su questo aspetto.

  FIAMMETTA MODENA. Io vorrei rimanere sulle questioni che ha posto. Volevo la sua opinione su un punto sostanziale, ossia sulla richiesta relativa al taglio contributivo del cuneo fiscale. Questa richiesta proviene da lei come presidente di Confindustria, l'hanno avanzata le organizzazioni sindacali e non è una richiesta che nasce oggi, poiché io l'ho sentita formulare nel corso degli anni per moltissimo tempo. Quando si è trattato di andare a discutere degli 8 miliardi di euro per finanziare la possibilità di intervenire in tal senso con la manovra di bilancio, si è ritenuto che questi 8 miliardi di euro fossero troppo pochi e che, quindi, non era possibile operare una riduzione significativa del cuneo fiscale. Vorrei avere la sua opinione molto pragmatica, perché è utile per perseguire eventualmente questo tipo di strada. Vorrei avere la sua opinione rispetto ai motivi per i quali, secondo lei, nonostante da dieci anni ci sia la richiesta da parte del comparto industriale e anche da parte dei sindacati, questi tagli contributivi non siano stati realizzati.

  ROBERTA FERRERO(intervento da remoto). Volevo porre una domanda breve su un argomento trattato nella sua relazione, per la cui esaustività la ringrazio. Per quanto riguarda l'aumento del costo delle materie prime, chi ha un osservatorio privilegiato su piccole e medie imprese afferma che l'aumento del costo delle materie prime è in corso dall'inizio del 2021. Gli effetti che si hanno adesso, a mio avviso, sono la conseguenza di un anno passato ad aumentare i prezzi dei semilavorati, quindi delle lavorazioni. Io volevo chiedere se, secondo voi, l'effetto della guerra sull'aumento del costo delle materie prime deve ancora arrivare. Visto che la guerra è un episodio relativamente recente, volevo capire se secondo voi la guerra avrà ulteriori effetti su questo aspetto.

  DANIELE PESCO, presidente della 5a Commissione del Senato della Repubblica. Grazie, presidente Bonomi, per il suo intervento. Volevo focalizzare l'attenzione sul tema dell'energia e sul fatto che ci sono due riferimenti importanti utilizzati nel mercato dell'energia: uno è il famoso title transfer facility (TTF), cioè l'indice della quotazione olandese, e l'altro riguarda i prezzi all'importazione. Sappiamo che in questi ultimi mesi si è verificato un forte scostamento tra questi due valori e penso che anche Confindustria abbia avanzato la proposta di un prezzo amministrato, di un prezzo bloccato o, comunque, di uno strumento che possa garantire alle imprese e alle famiglie di approvvigionarsi di energia a prezzi calmierati. Su questo quali possono essere le conseguenze?
  Il fatto che il gas prenda strade diverse e che non resti in Italia è sicuramente un fattore importante da tenere in conto. Visto che sicuramente conoscete il mercato dell'energia meglio di noi, potete aiutarci a capire quali possono essere le conseguenze e, se secondo voi, queste conseguenze possono essere in qualche modo contenute?

  PRESIDENTE. Volevo fare anch'io una domanda sullo stesso argomento, quindi Pag. 23non la ripeto. Do la parola al presidente Bonomi per la replica.

  CARLO BONOMI, Presidente di Confindustria (intervento da remoto). Parto con le considerazioni dell'onorevole Cattaneo e poi integro anche con quelle di tutti gli altri onorevoli senatori e deputati che hanno posto domande.
  Partiamo dallo scostamento di bilancio. Io credo che, prima di arrivare allo scostamento di bilancio, bisogna considerare le risorse che già oggi abbiamo a disposizione, perché in una fase come questa sappiamo che fare ulteriore debito, con i tassi di interesse in crescita, potrebbe essere un problema.
  Nel DEF viene detto che le entrate tributarie passeranno da 527 miliardi di euro nel 2021 a 548 miliardi di euro nel 2022, quindi si tratta di un incremento di 21 miliardi di euro di entrate. Altrettanto si realizzerà in riferimento ai contributi sociali, che passano dai 245 miliardi di euro nel 2021 a 263 miliardi di euro nel 2022, con un incremento di 18 miliardi di euro. Quindi lo Stato già oggi afferma che nel 2022 incasserà 39 miliardi di euro in più. Inoltre, abbiamo una spesa pubblica di 900 miliardi di euro annui e io credo che si possa procedere a una riconfigurazione della spesa pubblica. Un ulteriore dato che ci conferma che ci sono risorse ingenti in entrata, visto che i tassi di crescita del PIL sono abbastanza esigui, è che il rapporto debito pubblico/PIL passa dal 150,8 per cento del 2021 al 141,4 del 2025: segno evidente che si liberano risorse. Prima di pensare a uno scostamento di bilancio, credo che ci siano le risorse occorrenti per realizzare gli interventi necessari.
  Sul taglio del cuneo fiscale avevamo stimato che per avere un intervento di una certa importanza occorrevano tra i 16 e i 18 miliardi di euro e credo che ci sia tutta la possibilità di realizzarlo senza procedere a scostamenti di bilancio.
  Per quanto riguarda il Piano nazionale di ripresa e resilienza, occorre dire che gli ultimi 48 giorni hanno cambiato il mondo. Noi abbiamo necessità di modificare il nostro mix energetico per poter rispondere alla crisi che potrebbe derivare dall'interruzione dell'importazione del gas russo e, comunque, dobbiamo pensare di diventare indipendenti da un elemento che ci rende fragili strutturalmente. Questi interventi non erano e non sono all'interno del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
  Il secondo tema è quello dei costi. L'ISTAT ha recentemente affermato che, su base annua, il costo della produzione è aumentato del 33 per cento. Quindi, a parità di perimetro di intervento di un'opera, quell'opera costa il 33 per cento in più. C'è poco da fare. È questo il motivo per cui si chiede un aggiornamento del PNRR: perché negli ultimi 48 giorni sono cambiati gli obiettivi e sono cambiate le condizioni per cui erano stati pensati certi tipi di intervento.
  Sull'energia quali sono le proposte di Confindustria? Innanzitutto, noi abbiamo chiesto di inserire un tetto al prezzo del gas, ma non su una base dirigistica. Oggi l'ARERA ha la possibilità e i poteri di convocare le aziende che importano gas e svolgere un'operazione di trasparenza sui contratti. Noi siamo convinti che troveremo dei contratti di fornitura pluriennale – infatti non tutto l'import del gas avviene su contrattazioni giornaliere che tengono conto dell'impazzimento dei prezzi del gas – e scopriremo che il prezzo contrattuale è completamente diverso rispetto a quello di mercato. Riprenderò poi questo tema anche relativamente agli extraprofitti.
  Passiamo al tema del sistema ETS. Il Patto di stabilità è stato sospeso proprio perché c'erano condizioni eccezionali in Europa. Credo che anche il sistema ETS si possa sospendere in questo momento. In due anni i prezzi delle certificazioni ETS sono passati da 6 o 7 euro a tonnellata a 90 euro a tonnellata. È evidente che c'è una speculazione, ma è evidente anche il fatto che ormai anche i fondi investono sui certificati ETS. C'è stata una finanziarizzazione di questo sistema che dovrebbe essere un sistema virtuoso per l'ambiente e che è diventato un sistema virtuoso solo per la finanza.
  Abbiano detto di guardare a quello che stanno facendo Germania e Francia, cioè dedicare una parte di produzione da fonti Pag. 24rinnovabili all'industria, consentendo di avere una parte di produzione, che è stimata in 25 terawatt all'anno, a prezzi calmierati. La Francia lo fa per la produzione nucleare, come dicevo nel mio intervento, mentre la Germania lo sta facendo con altri tipi di produzione.
  In tema di produzione dobbiamo aumentare di più le produzioni di gas nazionale. Dalla produzione della fine degli anni Novanta, pari a 20 miliardi di metri cubi, si è passati a poco più di 4 miliardi. Con l'ultimo intervento è stata aumentata di 2,4 miliardi, ma possiamo fare molto di più.
  Cito, ad esempio, il bacino dell'Alto Adriatico, dove sono state sospese le estrazioni alla fine degli anni Novanta per un presunto problema di bradisismo di Venezia. Peccato che da quegli stessi pozzi peschino i croati. Non credo che il bradisismo abbia un confine geografico di Stato.
  Vengo all'intervento dell'onorevole Fassina. Se mi consente la battuta, siamo veramente molto allineati sulla visione prospettica di questo Paese, perché lei ha perfettamente ragione: non possiamo pensare di combattere l'inflazione con la politica monetaria. Il cammino della politica monetaria è molto stretto. Mentre nelle altre crisi si poteva utilizzare questa leva, per la crisi attuale non è possibile. Non si può pensare di utilizzare la politica monetaria come elemento per combattere l'inflazione. Occorre lavorare su altre partite.
  Passiamo al tetto del prezzo gas e agli extraprofitti. Nel decreto-legge sul tema si sono colpiti gli extraprofitti. Noi abbiamo una visione diversa come approccio metodologico, poiché vogliamo che questi extraprofitti non si creino. Infatti, tali extraprofitti sono frutto di speculazioni. Chiedere un tetto per il prezzo del gas è un'operazione di trasparenza relativamente ai contratti e vuole proprio evitare la realizzazione di extraprofitti. Sul sistema che è stato introdotto ci sono molte perplessità. Si è preso come base il livello delle liquidazioni periodiche dell'IVA, ma normalmente non si conosce tecnicamente il loro contenuto, perché nelle liquidazioni periodiche dell'IVA sono comprese anche le operazioni esenti. Se è stata venduta una partecipazione, che nulla ha a che fare con l'extraprofitto sull'energia, si paga. Se, invece, si realizzano 10 miliardi di euro di extraprofitti e poi si decide di sponsorizzare la Nazionale di calcio italiana per 10 miliardi di euro, la base imponibile per l'extraprofitto è zero. Quindi si capisce che c'è qualcosa che non funziona.
  In ogni caso, anche qualora noi individuassimo questa base di extraprofitti, stimati in 40 miliardi di euro dal Governo, anche considerando i 4 miliardi di euro di gettito, si lasciano 36 miliardi di euro di extraprofitti a carico di famiglie e imprese in un arco temporale di sei mesi. Vorrebbe dire che, se si mantenessero queste condizioni, si lascerebbero in un anno 72 miliardi di euro a carico di imprese e famiglie e ciò non è sostenibile. Il cambiamento dell'aliquota di tassazione non risolverebbe il problema. Infatti anche se venisse alzata fino al 50 per cento, rimarrebbero comunque 20 miliardi di euro a carico di imprese e famiglie ogni sei mesi. Sarebbe comunque un intervento che non incide sull'origine del problema, che è il costo impazzito dell'energia e le relative speculazioni.
  Sulla politica dei redditi penso che viene facile il richiamo all'accordo realizzato con Ciampi, però, secondo me, si tratta di due situazioni completamente diverse. All'epoca del patto sociale realizzato con Ciampi il problema era legato a un rischio di finanza pubblica, quindi era un rischio specifico del nostro Paese, ossia quell'effetto perverso per cui aumentando i salari continuavamo in questa spirale di inflazione. Oggi, invece, la situazione è diversa perché siamo in presenza di fattori quasi completamente esogeni al Paese, che sono esterni al nostro sistema. A quel patto sociale – io sono d'accordo, l'ho detto quando sono stato eletto a maggio 2020 e l'ho ribadito alla mia assemblea nel settembre 2021, ripreso tra l'altro dal Presidente del Consiglio sia in assemblea sia recentemente – io credo non tanto per non far partire l'inflazione sulla spirale degli stipendi, ma in quanto dobbiamo lavorare – lo ribadisco – per mettere più soldi in tasca agli italiani in maniera strutturale e per rendere competitivo il sistema. L'unica Pag. 25strada per questo è il taglio del cuneo fiscale. Noi avevamo presentato anche alcune tabelle che sono state pubblicate anche dai giornali.
  La senatrice Modena richiamava i famosi 8 miliardi di euro. Quegli 8 miliardi di euro, per la maggior parte, sono andati a favore dei redditi dei soggetti che forse hanno meno problemi. Oggi la priorità riguarda redditi bassi, contratti a tempo determinato, giovani e donne e noi avevamo chiesto, se non c'erano abbastanza risorse, di concentrare gli 8 miliardi di euro proprio su queste categorie, che sono quelle che soffrono di più e a cui non si sta dando risposta.
  Sul capitale come fattore produttivo noi avevamo avanzato una proposta, perché è ovvio che c'è un tema di liquidità. L'aumento dei costi delle materie prime e di energia incide anche sulla liquidità delle imprese. Proprio in occasione della discussione sulla delega fiscale noi abbiamo chiesto di cambiare il sistema di tassazione. Se a livello mondiale si sta ragionando di una minimum tax al 15 per cento, noi vorremmo e abbiamo proposto di modificare la tassazione IRES con una prima soglia al 15 per cento per tutti, se poi si lasciano i soldi in azienda e non si prelevano utili, il che vuol dire che si sta patrimonializzando, che si effettuano investimenti e si rende l'azienda più forte, la relativa tassazione dovrebbe rimanere al 15 per cento, ma se, invece, si prelevano gli utili, allora la tassazione dovrebbe salire proporzionalmente in base a quello che si preleva fino ad arrivare al 24 o al 25 per cento. Occorre premiare chi lascia i soldi in azienda, perché – lei, onorevole Fassina, ha ragione – il capitale è un fattore produttivo di cui non possiamo non tener conto, specialmente in un periodo come questo.
  Senatore Misiani, questo Paese non ha una politica energetica e non ha una politica industriale. Io sono stato eletto a maggio 2020 e una delle prime cose che chiesi fu un piano energetico, ma il Governo di allora mi rispose che non c'era la necessità di un piano energetico e oggi ci troviamo in questa condizione. O noi ritorniamo al pensiero strategico che l'industria è un fattore di sicurezza nazionale e da quel punto di vista diventa facile declinare tutti gli interventi, o continueremo a passare di crisi in crisi senza risolvere il problema.
  La proposta del credito d'imposta è molto interessante e noi l'avevamo già avanzata. Infatti, sarebbe molto utile al fine di cambiare il mix energetico del Paese, che è assolutamente necessario. Tuttavia, un intervento di questa portata ci deve far riflettere anche sulla capacità dell'offerta, perché oggi non siamo in grado di accoglierla, come sistema produttivo, visto il costo delle materie prime così alto e lo shortage di materie prime così importante dovuto a tutti i colli di bottiglia a livello mondiale. Quindi, dobbiamo studiare tale misura approfonditamente, però è molto interessante.
  Sulla politica dei redditi e sui rinnovi contrattuali bisogna fare chiarezza. Nei rinnovi contrattuali, al di là di quello che si racconta, l'indice dei prezzi al consumo armonizzato già aggiorna gli scostamenti. Teniamo conto che l'eventuale non considerazione dell'energia importata all'interno pesa sull'indice dei prezzi al consumo armonizzato per l'1,6 per cento. Detto ciò, nei rinnovi contrattuali occorre evitare, comunque, una spirale negativa inflazionistica. Noi riteniamo che lo strumento per mettere soldi nelle tasche degli italiani sia il taglio contributivo del cuneo fiscale, però l'idea di detassare i rinnovi contrattuali può essere una strada, ma non è una strada che risolve il problema in maniera importante. Infatti, conosciamo tutti, specialmente oggi, a che cifre potremmo realizzare il rinnovo contrattuale. Oggi il problema delle imprese è che, avendo un costo di materie prime così alto e un costo dell'energia così alto, devono rallentare e sospendere le produzioni. Ricordo di nuovo che il 16 per cento delle industrie ha già sospeso o rallentato la produzione. Non abbiamo marginalità per riconoscere oggi dei rinnovi contrattuali importanti, quindi anche la detassazione di quel poco che si potrebbe riconoscere come aumenti contrattuali, che peraltro devono per forza e necessariamente essere legati a un tema di produttività, non mette nelle tasche dei Pag. 26lavoratori cifre importanti come, invece, potremmo fare con un taglio serio del cuneo contributivo.
  La senatrice Modena prima chiedeva perché non si è mai fatto. È quello che ci domandiamo anche noi. Ci sono alcune cose che francamente non si riescono a capire. Le parti sociali su questo argomento condividono la nostra posizione, perché sono anni che noi e i sindacati chiediamo il taglio contributivo. Mentre negli anni scorsi potevamo accettare la giustificazione che non c'erano risorse sufficienti per realizzare questo taglio – anche se a nostro avviso non era così –, oggi questa scusa non esiste più. Abbiamo 38 miliardi di euro stimati tra entrate tributarie e contributi sociali, abbiamo 900 miliardi di euro di spesa pubblica che possiamo riqualificare, abbiamo un debito pubblico che, solo per gli effetti nominali dell'inflazione, scende. Quindi le risorse, se si vuole, ci sono, si tratta solo della volontà politica.
  Onorevole Ferrero, io credo che rispetto ad alcune materie prime l'aumento dei prezzi ci sarà ancora. Eravamo riusciti ad assorbire l'importante aumento del costo delle materie prime che era avvenuto nel 2021, tant'è che l'inflazione core del Paese, ovvero quella al netto degli alimentari e dell'energia importata, era dell'1,7 per cento, rispetto al 3 per cento della media europea. È evidente che le filiere industriali, per un grande senso di responsabilità – questo lo voglio sottolineare –, non avevano scaricato sul consumatore finale gli aumenti dei prezzi delle materie prime, ma li avevano assorbiti nelle filiere. Tuttavia, oggi assistiamo allo scontro tra Russia e Ucraina, che ha bloccato alcuni approvvigionamenti di materie prime, come, ad esempio, la ceramica, poiché la maggior parte delle argille arrivava dall'Ucraina e non c'è più. Quindi questo sarà un problema, ma teniamo conto che stiamo registrando peraltro una serie di colli di bottiglia anche relativamente ad altre parti del mondo. Le transazioni che avvengono tra Italia e Stati Uniti hanno comunque avuto un rallentamento. Sembra strano, perché lo scontro armato è da un'altra parte, ma comunque le catene di logistica e le catene distributive stanno risentendo in tutto il mondo di quello che sta succedendo tra Russia e Ucraina.
  Noi ci aspettiamo che ci sia ancora un aumento dei prezzi delle materie prime e che persista ancora lo shortage di materie prime, ma oggi nessuno riesce a dare una stima precisa di quanto questa situazione durerà, perché il clima di incertezza è ancora molto alto.
  Presidente Pesco, sull'energia, sul title transfer facility (TTF) e sull'import un po' ho già risposto prima. Noi siamo convinti che la maggior parte dell'importazione del gas avvenga sulla base di contratti pluriennali con prezzi prefissati e, quindi, riteniamo che ci sia una forte speculazione su quello che in questo momento è il prezzo dell'energia. Teniamo conto anche del fatto che il nostro mercato elettrico è molto particolare, poiché abbiamo un prezzo marginale orario della corrente elettrica che viene stimato sull'impianto produttivo più inefficiente in quell'ora e anche questa è una anomalia. Ci sono dei temi su cui si può lavorare, ma credo che portare avanti un'operazione di trasparenza sui contratti sia la strada giusta proprio per evitare questa situazione.
  Io credo di aver risposto a tutte le domande degli onorevoli senatori e deputati.

  PRESIDENTE. Mi permetto di inserirmi per porle una domanda a proposito del PNRR. Lei giustamente chiedeva una revisione del PNRR alla luce di quanto accaduto in queste settimane a seguito dello scoppio della crisi in Ucraina, relativamente al problema dell'aumento del costo delle materie prime. Mi permetto di segnalarle che il 17 febbraio la Camera dei deputati ha votato all'unanimità una mozione che riguardava proprio il PNRR e l'impatto assolutamente negativo che esso aveva sul settore della raffinazione, della bioraffinazione e del petrolchimico, quindi sull'industria pesante, relativamente a tutta la parte della transizione ecologica.
  Io penso che l'occasione di rettificare in parte il PNRR potrebbe essere anche quella di considerare queste problematiche. Infatti il PNRR, relativamente alla transizionePag. 27 ecologica, non consentiva di fatto, a causa delle sue linee guida così rigide, di poter sostenere l'industria pesante del nostro Paese in vista di una riconversione graduale. In particolare la mozione parlava dell'industria pesante, ma il discorso potrebbe estendersi anche al settore dell'automotive o delle acciaierie.
  Ieri, poi, la Camera dei deputati ha approvato un emendamento al decreto-legge in materia di energia che ha migliorato l'istituzione del fondo per la decarbonizzazione, che però è finalizzato esclusivamente alla trasformazione delle raffinerie in bioraffinerie. Non è solo quest'ultima la trasformazione che potrebbe vedere pian piano la riconversione di questi impianti, poiché alcuni di questi impianti potrebbero trasformarsi, come qui è stato ricordato anche nella precedente audizione, in impianti che bruciano i rifiuti con le nuove tecnologie a zero emissioni.
  Penso che Confindustria forse potrebbe svolgere un ruolo molto importante quando si tratterà di intervenire sul PNRR, perché credo che non sarà semplice farlo, proprio per affrontare anche questo aspetto. Infatti, le risorse finalizzate alla transizione ecologica sono ingenti e rischiamo di non poterle spendere, se proprio le nostre industrie più grandi non potranno servirsene per realizzare gli obiettivi che ci siamo dati relativamente alle emissioni di CO2.

  CARLO BONOMI, Presidente di Confindustria (intervento da remoto). Presidente, lei ha perfettamente ragione. Cito un caso di un'area che sta affrontando proprio questa tematica. Nel polo di Siracusa-Gela abbiamo una situazione molto complessa che non ci consente di intervenire per quelle che potrebbero essere le potenzialità di quell'area. Teniamo conto che bisogna sempre fare anche i conti con la realtà. Nonostante tutti gli interventi che sono previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, il trasporto commerciale su gomma, specialmente quello pesante relativo alle merci, rimarrà ancora preponderante nel nostro Paese. Se perdiamo i poli di trasformazione, è inevitabile che dovremmo importare gasolio per autotrazione, con un grande danno sulla bilancia commerciale dei pagamenti del nostro Paese, quando invece potremmo lavorare sulla trasformazione di quel polo, parlando anche di nuove tecnologie relative ai carburanti, in cui l'Italia tra l'altro è molto all'avanguardia.
  Secondo me lei ha toccato un punto veramente molto importante e noi lo abbiamo posto l'attenzione. In questo momento non le posso non significare che riscontriamo poca sensibilità su questo tema.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il presidente Bonomi per essere intervenuto personalmente. È un fatto di rispetto nei confronti del Parlamento che apprezziamo molto. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta, sospesa alle 11.30, riprende alle 11.45.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA V COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI FABIO MELILLI

Audizione di rappresentanti di ANCI, UPI, Conferenza delle regioni e delle province autonome.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame del Documento di economia e finanza 2022, l'audizione, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera dei deputati e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato della Repubblica, di rappresentanti di ANCI, UPI, Conferenza delle regioni e delle province autonome.
  Nel ringraziare gli auditi per la partecipazione alla seduta odierna, avverto che sono presenti da remoto, per l'ANCI, Alessandro Canelli, per l'UPI, Michele De Pascale, per la Conferenza delle regioni e delle province autonome, Davide Carlo Caparini, Paola Agabiti, Gaetano Armao, Alessandro Galella, Barbara Zilli e Francesco Calzavara.
  Do la parola al sindaco di Novara, Alessandro Canelli.

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  ALESSANDRO CANELLI, Sindaco di Novara e delegato politico dell'ANCI alla finanza locale (intervento da remoto). Il Documento di economia e finanza anche per il 2022 è fortemente condizionato da situazioni esterne di grande rilievo, come tutti sappiamo. Le previsioni di crescita in questo 2022 rispetto a quelle dell'anno scorso si sono ridotte e anche gli interventi di politica economica previsti dal DEF non sembrano poter incidere in modo radicale su una prospettiva di breve termine estremamente incerta.
  Nel complesso comunque registriamo che lo scenario che viene delineato dal Governo resta sostanzialmente espansivo per quanto riguarda l'assetto finanziario degli enti locali, sia sotto il profilo della parte corrente dei nostri bilanci sia sotto il profilo degli investimenti.
  Noi sappiamo che negli scorsi anni, a seguito dell'evento pandemico, c'è stato un forte contributo e un forte sostegno da parte del Governo al comparto dei comuni con circa 7 miliardi di euro nel 2020 e circa 4 miliardi di euro nel 2021, a fronte delle risorse stanziate dalla legge di bilancio e dai successivi provvedimenti per il 2022, che sono estremamente ridotte rispetto alle predette cifre. Ovviamente è cambiato il contesto, giacché non siamo più in piena emergenza pandemica, ma comunque c'è ancora un trascinamento dell'emergenza pandemica sull'attività e di conseguenza anche sui conti e sui bilanci degli enti locali.
  A fronte di ciò, registriamo un irrobustimento sulla parte corrente derivante da un'operazione di perequazione verticale sul Fondo di solidarietà comunale, che conduce – in relazione a determinate destinazioni e finalizzazioni, quali gli asili nido, il trasporto per disabili e la parte sociale – a un rafforzamento delle dotazioni finanziarie per i prossimi anni in maniera stabile e strutturale sul fronte dei comuni. Sulla parte degli investimenti abbiamo registrato negli ultimi anni, in una fase prepandemica, un aumento della dinamica degli investimenti che ha accresciuto fortemente la capacità di investimento dei comuni, secondo una tendenza che non si è arrestata neanche durante il periodo pandemico.
  Questo è il quadro nel quale ci muoviamo. È un quadro che sicuramente sotto certi punti di vista è un po' preoccupante, considerate la dinamica inflattiva in atto e la scarsità di risorse che abbiamo sul 2022 rispetto agli anni precedenti, ma allo stesso tempo non è così pessimistico.
  Dal punto di vista di ANCI chiediamo una maggiore attenzione su alcuni temi specifici, ai quali abbiamo già fatto riferimento sia con proposte emendative, sia con incontri ripetutamente svolti con il Governo. Per la parte corrente sostanzialmente noi chiediamo tre cose.
  Noi abbiamo un aumento dei costi energetici che può essere stimato sul totale del comparto intorno ai 600 milioni di euro e, a fronte di questo, il Governo ad oggi ha stanziato in favore dei comuni circa 200 milioni di euro. È evidente che questa somma è insufficiente e può portare in molti casi a forti tensioni finanziarie per molti comuni, con il rischio che essi non riescano a chiudere i bilanci previsionali 2022-2024.
  Oltre a questo, noi abbiamo chiesto l'utilizzo straordinario degli avanzi liberi in una logica per così dire emergenziale, così come erano stati utilizzati durante gli anni della pandemia, ovvero durante il 2020 e il 2021, ossia di poter utilizzare gli avanzi liberi nonché i fondi COVID-19 non ancora utilizzati da alcuni comuni, tenuto conto che alcuni di essi li hanno utilizzati completamente mentre altri li hanno risparmiati e non utilizzati completamente, proprio per andare incontro a quei fabbisogni e a quelle necessità che i comuni hanno di poter reggere da un punto di vista del pagamento delle bollette, ma anche dei costi ulteriori che abbiamo dovuto affrontare nell'ultimo mese e mezzo. Infatti, ricordo a tutti che ci sono tantissimi comuni che si sono mossi immediatamente per garantire l'assistenza e la prima accoglienza ai tantissimi profughi ucraini che sono arrivati nel nostro Paese, ma ad oggi non abbiamo misure di sostegno direttamente riferibili a questo sforzo economico-finanziario messo in campo dai comuni.Pag. 29
  Oltre a ciò ricordo che i comuni svolgono una funzione fondamentale dal punto di vista dell'organizzazione dei servizi sociali e dei sostegni alle famiglie più bisognose e più fragili, che sono ulteriormente pressate dai rincari energetici che ovviamente su alcune tipologie di famiglie, per l'appunto quelle più fragili, hanno un'incidenza maggiore rispetto ad altre. La sommatoria di questi fattori fa sì che i comuni possono andare in grave difficoltà nella chiusura dei propri bilanci, anche perché dobbiamo ricordare che quest'anno, oltre all'aumento dei costi energetici, noi dovremo pagare gli adeguamenti previsti dal contratto collettivo nazionale dei nostri dipendenti, che pesano sul totale del comparto dei comuni per circa 950 milioni di euro.
  Riteniamo gravemente insufficienti le misure finanziarie fino ad ora stanziate per gli enti locali per l'anno 2022, che ammontano a circa 350 milioni di euro rispetto ai 4 miliardi di euro dell'anno scorso e ai 7 miliardi di euro del 2020. Non diciamo di tornare alle cifre di sostegno degli anni scorsi, perché ci rendiamo benissimo conto come ciò non sia possibile, però tra il molto e il niente c'è anche una via di mezzo. Questa è la nostra richiesta per poter evitare che tanti comuni non riescano a chiudere i propri bilanci previsionali.
  Sulla parte degli investimenti, come dicevo prima, noi registriamo una dinamica fortemente positiva, che adesso dovrà essere gestita anche con le risorse aggiuntive del PNRR. Sappiamo tutti che nell'arco di poche settimane e di pochi mesi queste risorse verranno assegnate quasi tutte al comparto dei comuni. Stiamo parlando di una massa di risorse superiore ai 40 miliardi di euro, che dovranno essere gestiti dal comparto dei comuni in una situazione di scarsità di risorse umane e con l'obbligo di procedere velocemente non perché lo vogliamo fare noi, ma perché ce lo chiede l'Europa, evidentemente nell'interesse del Paese, anche perché questa dinamica potrebbe sostenere ulteriormente l'innalzamento del PIL del nostro Paese e andare incontro agli obiettivi di finanza pubblica del nostro Paese tramite la riduzione del rapporto debito/PIL.
  Dobbiamo considerare tutto questo, quindi dobbiamo mettere i comuni nelle migliori condizioni per poter ben operare nell'interesse del Paese. Ciò significa innanzitutto, secondo il nostro punto di vista, continuare il percorso di semplificazione delle procedure che ha consentito in larga parte di riuscire a liberare capacità di spesa da parte dei comuni negli ultimi anni. Inoltre, le semplificazioni dal punto di vista procedurale devono essere confermate e consolidate, se possibile. Contemporaneamente, chiediamo di non ridurre il numero delle stazioni appaltanti in uno scenario come quello attuale, perché ciò potrebbe inceppare la macchina delle procedure e la capacità di investimento del comparto, nonché una forte attenzione su un fenomeno che potrebbe frenare la dinamica di investimento del comparto, ovvero l'aumento dei costi delle materie prime, che rende in pochissimo tempo superati tantissimi quadri economici che i comuni nei loro progetti preliminari o esecutivi stanno mettendo in campo e che risultano poi di difficile attuazione nel momento in cui a quei bandi non partecipa più nessuno, perché nessuno riesce a costruire o a realizzare opere a costi così bassi, superati dall'aumento dei costi delle materie prime.
  Ritengo che anche questo aspetto non sia un problema solo del comparto dei comuni, ma di ogni ente pubblico, ossia dello Stato, delle regioni e di ogni stazione appaltante di questo Paese. Su tale questione vale la pena svolgere un approfondimento e una riflessione per consentire di rendere più elastica la capacità di investimento alla luce del rincaro delle materie prime.
  Sul tema del PNRR non mi soffermo più di tanto, ma chiedo soltanto una forte attenzione del Parlamento e del Governo rispetto a uno dei problemi fondamentali, ovvero quello della scarsità di personale e di competenze che i comuni hanno, e non perché siano stati inerti per anni, ma solo perché per almeno dieci anni c'è stato un fenomeno che si chiama «blocco del turnover», che ha ridotto di quasi il 25 per Pag. 30cento il numero di persone e di risorse umane che lavorano all'interno del comparto dei comuni, che sono anche risorse umane riferibili agli uffici tecnici. Questo ha determinato un impoverimento dal punto di vista quantitativo e qualitativo, poiché negli ultimi dieci anni è aumentata in maniera considerevole l'età media del personale del comparto. Sul tema del reclutamento del personale e dell'assistenza tecnica per poter realizzare il più possibile i progetti legati al PNRR il comparto dei comuni chiede una grandissima attenzione da parte vostra, perché questo non può che favorire nel medio-lungo periodo anche gli obiettivi di finanza pubblica che il nostro Paese si prefigge.

  MICHELE DE PASCALE, Presidente dell'UPI (intervento da remoto). Cercherò di essere breve, anche perché il sindaco Canelli prima di me ha già toccato molti punti che sono facilmente estendibili a tutto il comparto degli enti locali.
  Anche a me preme partire dal tema dei costi dell'energia. Giustamente il Governo e il Parlamento si stanno facendo carico di affrontare questa tematica in un quadro di difficoltà della finanza pubblica ulteriormente provato dalla pandemia, ma il comparto degli enti locali si trova in una situazione di particolare difficoltà, perché anche rispetto a tanti altri comparti ha un insieme di strumenti minori per poter fronteggiare l'emergenza attuale.
  Noi, come sistema delle province, ma penso che analogo discorso possa valere anche per le città metropolitane, abbiamo avuto in maniera molto forte il tema del riscaldamento delle scuole superiori, che sono istituti grandi per i quali purtroppo negli anni non c'è stata una pianificazione dei finanziamenti nazionali paragonabile a quella che abbiamo visto negli ultimi due o tre anni e che in molti casi presentano anche aspetti energivori di grande complessità.
  In questo senso noi, per quanto stiamo affrontando il problema, non abbiamo gli strumenti della dilazione dei pagamenti e non possiamo indebitarci per sostenere una fase di aumento dei costi dell'energia. Questo rischia veramente di metterci nell'assoluta impossibilità di chiudere i bilanci.
  I numeri sono quelli di cui parlava il sindaco Canelli: per province e città metropolitane parliamo di 50 milioni di euro finora stanziati, ma tale cifra è totalmente incoerente rispetto al reale fabbisogno. I comuni chiedono di triplicare l'importo assegnato, passando da 200 a 600 milioni di euro, e anche per noi l'intervento deve avere quantomeno questa portata.
  Peraltro, come abbiamo fatto sul tema dei minori gettiti riscossi durante la pandemia, anche a tale riguardo noi non vogliamo lucrare su questi maggiori costi. Si tratta, infatti, di costi assolutamente documentabili e abbiamo la necessità che tali costi vengano coperti. Il nostro è un bilancio totalmente ingessato: noi abbiamo fonti di finanziamento per gli investimenti, abbiamo i nostri tributi, che in larghissima parte vanno come contributo alla finanza pubblica, quindi o riceviamo trasferimenti oppure siamo nell'impossibilità assoluta di chiudere i bilanci. Questa è una cifra che va assolutamente integrata e devo dire che nel decreto-legge n. 21 del 2022, recante Misure urgenti per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina, ci aspettavamo interventi in questo settore che invece non ci sono stati e che per noi sono assolutamente prioritari.
  Mi dispiace ripetere cose già dette e ripeterle anche io più volte, però su questo punto vorrei essere molto chiaro.
  La seconda questione è quella degli investimenti. Lo diceva prima anche in questo caso il sindaco Canelli, però a me preme rimarcarlo in maniera ulteriore e, se possibile, più forte: forse in questo momento non abbiamo ancora la percezione di quello che rischia di accadere al PNRR rispetto ai temi dell'esplosione dei costi. Noi oggi fatichiamo a ricevere preventivi da parte delle imprese anche nelle procedure negoziali per le opere pubbliche a causa dell'esplosione dei prezzi delle materie prime nonché, a partire da un certo momento, della carenza di imprese, perché inizia ormai a verificarsi anche questo fenomeno.
  Noi avevamo fino a poco tempo fa lamentele diffuse in tutta Italia da parte delle Pag. 31imprese dei territori relativamente al fatto che nelle gare non erano previste riserve per le imprese territoriali, mentre oggi in larga parte d'Italia ci troviamo a bandire gare o fare procedure negoziali con pochissime imprese partecipanti, in alcuni casi addirittura nessuna, a causa del combinato disposto fra la disciplina del bonus al 110 per cento e il rilancio degli investimenti pubblici. Il comparto delle province dal 2019 al 2021 ha incrementato del 30 per cento gli investimenti e anche nei primi tre mesi del 2022 abbiamo registrato un ulteriore incremento di circa il 10 per cento. L'incremento degli investimenti pubblici, il bonus al 110 per cento e il rincaro delle materie prime rischiano di far saltare completamente tutti i preventivi stimati per le opere del PNRR.
  Noi corriamo il rischio, ad esempio, che realizzare una palestra, dopo questi rincari, abbia un incremento di costi molto significativo con la difficoltà che, se bandiamo alle cifre che abbiamo prefissato, apriamo una quantità di contenziosi incredibili con il sistema delle imprese, ma non sempre ci troviamo nella situazione di poter integrare come enti locali le cifre che erano state previste dal PNRR. Soprattutto, c'è anche un sistema in forza del quale i vari bandi, a cui come enti stiamo partecipando, potrebbero creare dei disallineamenti, quindi ci potremmo trovare in una situazione per cui enti che vincono moltissimi bandi si troverebbero nell'impossibilità di aggiungere le risorse per ciascuna di queste opere, mentre altri enti che avrebbero la possibilità di integrare le risorse non si troveranno ad aggiudicarsi i bandi.
  Sul tema dell'adeguamento dei costi delle opere pubbliche previste dal PNRR che andranno a finanziamento nei bandi delle prossime settimane, ci sentiamo di lanciare un grido di allarme, in modo da prevenire piuttosto che avere problemi dopo.
  Ci troviamo nella situazione in cui è meglio un'opera in meno ma con un quadro economico e finanziario certo, piuttosto che un'opera in più ma con il rischio di attirare imprese che giocano al massimo ribasso, che si aggiudicano l'appalto senza essere in grado di coprire i costi e che rischiano di metterci in serissima difficoltà.
  Detto questo, il nostro impegno per far fronte agli oneri di questa crescita degli investimenti c'è tutto, con i problemi del personale di cui parlava il sindaco Canelli, ma anche nella consapevolezza che come sistema delle province continuiamo a lavorare anche fuori dal PNRR, perché nel lavoro molto positivo portato avanti con i Ministeri dell'economia e delle finanze, delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e dell'istruzione noi abbiamo fondi pluriennali e un lavoro di programmazione assolutamente positivo – abbiamo da poco ridistribuito in Conferenza unificata tutti i fondi relativi alla viabilità provinciale, metropolitana e regionale per un periodo di diversi anni – che abbiamo costruito nel corso degli ultimi anni e che oggi occorre ben coniugare con il tema del rincaro dei prezzi.
  Un altro tema che riteniamo debba essere affrontato si scontra invece con una problematica ulteriore, legata al calo di alcune entrate fiscali che ci riguardano. In particolare, tutta la crisi del mercato delle RC-auto determina in questo momento, in termini di calo delle entrate, un impatto fortissimo su province e città metropolitane.
  Ho detto più volte, anche in altre audizioni, che negli ultimi anni abbiamo portato avanti – è stato un periodo molto positivo in termini di lavoro, ma ora devono seguire alcuni fatti – un'analisi specifica dei bilanci delle province e delle città metropolitane, da cui è emerso che gli irragionevoli tagli di bilancio introdotti cinque o sei anni fa hanno determinato uno squilibrio di questo comparto. Fra le funzioni che svolgiamo e le entrate di cui disponiamo, al netto della parte larghissima che trasferiamo allo Stato, noi abbiamo complessivamente uno squilibrio che supera il miliardo di euro. Rispetto ad una corretta gestione e manutenzione delle nostre funzioni, che riguardano soprattutto la rete viaria e l'edilizia scolastica superiore ma comprendono anche attività di supporto agli enti del territorio, noi abbiamo uno squilibrio complessivo di più di un Pag. 32miliardo di euro che va aggravandosi per via della contrazione delle nostre entrate fiscali. Questi sono i dati forniti dal Governo, sono i dati resi pubblici dallo Stato e non dagli enti locali, che sono stati condivisi presso un apposito Tavolo partecipato da tutti gli attori interessati e il Ministero dell'economia e delle finanze ne è dunque a conoscenza.
  Ci si è posti il tema di rientrare da questo squilibrio, si è fatto un piano pluriennale che nel 2031 porterà a un'integrazione di 600 milioni di euro, quindi arriveremo a coprire circa la metà di questo squilibrio nel 2031, mentre per l'annualità 2022 a bilancio erano stati stanziati 80 milioni di euro. Dalle mie parti si dice: «Piuttosto di niente è meglio piuttosto», però capite che 80 milioni di euro su 1,1 miliardi di euro non sono due cifre coerenti, tant'è che recentemente una città metropolitana molto importante, come quella della capitale d'Italia, ha intrapreso un'azione molto forte, anche attraverso la presentazione di uno specifico emendamento, che porterebbe quella città metropolitana più o meno ad avere, da sola, le risorse complessivamente disponibili per tutte le altre province e città metropolitane d'Italia. Ma quello che indica la vicenda della città metropolitana di Roma è il reale fabbisogno che avrebbero ciascuna delle province e delle città metropolitane d'Italia, rapportato alla rispettiva popolazione, al fine di pervenire a un riequilibrio dei propri conti.
  A questo problema di squilibrio si sommano i costi energetici, la riduzione delle entrate e il tema del rinnovo del contratto del pubblico impiego concernente il comparto degli enti locali, quindi bisogna intervenire, non si può pensare di recuperare 80, 130 o 150 milioni di euro, ma si deve assolutamente accelerare anche nel senso di un rafforzamento delle funzioni, che passa in alcuni casi attraverso interventi di buon senso.
  Noi abbiamo bisogno, per appaltare una quantità così elevata di opere pubbliche, di comuni forti e strutturati e di province e città metropolitane che siano in grado di mettersi a disposizione. Non possiamo affidarci allo spontaneismo. Dove i comuni sono in grado di organizzarsi, perché sono grandi o perché lavorano insieme, sono anche in grado di gestire le procedure di appalto in correttezza, trasparenza e legalità, ma dove per condizioni le più diverse i comuni non sono in grado di mettere in campo stazioni appaltanti efficaci ed efficienti, o perché sono piccoli o perché non si aggregano, le province e le città metropolitane devono, a nostro giudizio, rappresentare la sede idonea a garantire questi principi, che sono principi di buon senso ma anche principi costituzionali.
  Infine, noi abbiamo lavorato intensamente con la Ministra dell'interno Lamorgese, di cui abbiamo apprezzato moltissimo il lavoro per la riforma del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (TUEL). Questa riforma viaggia fra il Viminale e Palazzo Chigi: quello di portare in Parlamento la riforma del TUEL, che metta anche ordine al comparto delle province e delle città metropolitane, era un impegno preciso assunto nel collegato alla legge di bilancio. Noi richiamiamo in questa sede il fatto che questo testo debba arrivare presto in Consiglio dei ministri per poi essere sottoposto alla discussione in Parlamento, perché la legislatura si avvia ormai verso la sua conclusione. Questo era un impegno preciso assunto dal Governo di fronte al Parlamento e noi crediamo vada onorato.

  DAVIDE CARLO CAPARINI, Assessore della regione Lombardia e coordinatore della Commissione affari finanziari della Conferenza delle regioni e delle province autonome (intervento da remoto). Buongiorno al presidente e ai deputati e senatori presenti. Abbiamo distribuito un documento che vogliamo condividere con voi. Io farò un accenno per sommi capi, quindi vi invito ad andare al punto 4, a pagina 4, relativo al quadro programmatico, laddove si rileva che, alla luce dell'abbassamento della previsione dell'indebitamento netto tendenziale al 5,1 per cento del PIL, avendo il Governo deciso di confermare l'obiettivo del rapporto tra deficit e PIL del Documento programmatico di bilancio al 5,6 per cento del PIL, ci sono 0,5 punti percentuali, ovvero circa 9,5 miliardi di euro, che nel Pag. 33prossimo provvedimento che verrà licenziato dal Governo saranno poi destinati in quota parte al rifinanziamento di tutte quelle partite di bilancio definanziate e, per i restanti 5 miliardi di euro, all'abbassamento dei prezzi del costo dell'energia e dei carburanti, all'incremento delle risorse volte a fronteggiare l'aumento dei prezzi delle opere pubbliche, alle garanzie sul credito e all'emergenza ucraina.
  Non c'è alcun tipo di accenno – questa è una red flag che vogliamo portare all'attenzione del Parlamento – al rifinanziamento delle cosiddette «politiche invariate». Ci sono una serie di spese, dovute evidentemente a fronte di impegni già presi o che sono comunque già state programmate, che non vedono oggi una copertura. Leggendo il Documento, riscontriamo che questa copertura viene prevista attraverso il conseguimento di risparmi crescenti nel tempo senza pregiudicare l'erogazione di servizi pubblici, ma per chi è esperto di queste materie ciò è sinonimo di tagli di bilancio, che in questo momento evidentemente il comparto delle regioni e degli enti locali non è in grado di sopportare a invarianza di servizi erogati.
  Noi sottolineiamo l'importanza, per quanto riguarda l'assistenza ai profughi ucraini, di assicurare la copertura integrale dei maggiori oneri sia sanitari che sociali, nonché di intervenire sull'aumento dei costi degli investimenti per quanto riguarda sia gli interventi del PNRR, sia tutti quelli di cui le regioni sono soggetti attuatori, sia tutti quegli investimenti a carico del bilancio regionale che sono inerenti anche al cofinanziamento dei programmi dell'Unione europea e del Fondo per lo sviluppo e la coesione, trattandosi di maggiori costi che già oggi sono quantificabili. Poi vi è l'aumento delle spese correnti dovute ai rincari energetici e quelle conseguenti al funzionamento degli enti strumentali delle regioni.
  A questo dobbiamo poi aggiungere la compensazione alle aziende del trasporto pubblico locale per la riduzione dei ricavi tariffari. Questo è un tema che abbiamo già più volte sollecitato all'attenzione del Governo. È evidente che il 2022 di poco si discosterà dal 2021. Anche se nella migliore delle ipotesi noi uscissimo dall'emergenza COVID-19, i costumi e gli usi sono decisamente e radicalmente cambiati e già oggi le agenzie del trasporto pubblico locale lamentano un mancato ricavo tariffario che si aggira intorno a 1,5 miliardi di euro.
  Grazie all'interlocuzione con il Governo e con la sottosegretaria Alessandra Sartore, siamo riusciti a indicare, nella nota illustrativa al DEF 2022 che sarà votato dal Parlamento, alcuni di questi punti. È ovvio che poi serviranno, nel prossimo provvedimento licenziato dal Governo, norme che ci consentano di intervenire immediatamente.
  Passo al punto 7 di pagina 6, ovvero al Piano nazionale di ripresa e resilienza e al Fondo per lo sviluppo e la coesione, evidenziando un aspetto che noi abbiamo già più volte sottolineato, fermo restando che in collegamento da remoto c'è anche Gaetano Armao, coordinatore della Commissione affari europei ed internazionali della Conferenza delle regioni e delle province autonome nonché vicepresidente della Regione Siciliana, che potrà entrare ancor più nel merito della questione e del coinvolgimento delle regioni per quanto riguarda l'attuazione del PNRR. Rimane il fatto che dal 2025 stimiamo che oltre il 45 per cento degli investimenti fissi della pubblica amministrazione sarà sostenuto con le risorse messe a disposizione dal PNRR, ovvero dal Recovery Resilience Fund. In proposito, noi abbiamo apprezzato il fatto che il Parlamento, con il decreto-legge n. 152 del 2021, abbia consentito che le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione possano essere utilizzate, su richiesta delle regioni interessate, ai fini del cofinanziamento regionale dei programmi cofinanziati dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e dal Fondo sociale europeo Plus (FSE+), sia con riferimento alla programmazione nuova sia a quella precedente, in modo da ridurre la percentuale regionale. Ciò in considerazione della persistente condizione di crisi economica, che si è aggravata non solo con la pandemia ma anche per gli effetti prodotti dalla guerra in Ucraina e per le relative minori entrate tributarie delle regioniPag. 34 necessarie per coprire il cofinanziamento regionale, che è aumentato in quanto sono aumentate le previsioni di impegno dei fondi relativi.
  Il grido d'allarme delle regioni è quello di utilizzare le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione proprio per far fronte a quella che, diversamente, sarebbe una vera e propria emergenza, perché andremmo incontro o all'incapacità di cofinanziare gli interventi comunitari o alla sottrazione dai nostri bilanci di ulteriori risorse libere, destinate all'erogazione dei servizi che abitualmente eroghiamo.
  Al punto 9, a pagina 7, affrontiamo il tema della sanità. Voi sapete che la previsione di spesa nella sanità nel lungo periodo sconta gli oneri legati al rinnovo del trattamento economico del personale dipendente e convenzionato con il Servizio sanitario nazionale per il triennio 2019-2021, le spese per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e di resilienza nonché gli impegni che sono stati pianificati per rafforzare la performance del Servizio sanitario nazionale dopo la tragica esperienza del COVID-19. Tutto questo comporta oneri che al momento non sono interamente quantificati, anzi, per alcune di queste partite, non sono affatto quantificati.
  A questo dobbiamo aggiungere che le regioni comunque devono dare un contributo alla finanza pubblica dal 2023 al 2025 per 200 milioni di euro annui, mentre il Servizio sanitario nazionale, a decorrere dal 2023, deve concorrere per 300 milioni di euro, come previsto dalla legge di bilancio per il 2021.
  In questo quadro, noi siamo già stati chiamati ad anticipare delle risorse per quanto riguarda l'emergenza, risorse di cui non siamo stati interamente ristorati. C'è un incremento del fabbisogno sanitario a cui concorre lo Stato che è finalizzato integralmente a delle precise spese. Noi abbiamo allegato alla nostra memoria la tabella degli impegni connessi al predetto incremento di circa 2 miliardi e 98 milioni di euro, dalla quale si evince che non c'è alcun tipo di flessibilità o di manovrabilità, giacché l'aumento è commisurato all'incremento delle spese. Tutta la parte relativa al potenziamento dell'assistenza territoriale deve essere adeguatamente sostenuta e finanziata, come del resto – ricordo che si tratta di una questione annosa e dolorosa per quanto riguarda i nostri bilanci – rimane il finanziamento degli indennizzi dovuti alle persone che sono state danneggiate da trasfusioni o somministrazione di emoderivati o vaccinazioni, per cui le regioni da tempo anticipano il fondo previsto dal Governo, che però, purtroppo, ancora oggi non è stato implementato.
  Al punto 10 di pagina 9, per quanto riguarda l'equilibrio di bilancio delle amministrazioni territoriali, prima di tutto facciamo notare – è un punto di orgoglio – che il settore istituzionale delle amministrazioni locali continua a presentare nel suo complesso una situazione di sostanziale pareggio di bilancio e un rapporto debito/PIL contenuto. Come sempre, noi concorriamo ai saldi di finanza pubblica e lo facciamo in modo virtuoso.
  È altrettanto vero che il fondo per l'esercizio delle funzioni delle regioni, istituito dal decreto-legge n. 34 del 2020, prevedeva risorse sia per l'esercizio 2020 sia per quello relativo al 2021, che sono state interamente utilizzate nel 2020 e che comunque già non erano sufficienti per coprire le esigenze delle regioni anche a fronte del crollo degli accertamenti derivanti dall'attività di controllo sull'evasione. Se noi vogliamo che le regioni continuino a erogare i loro servizi, è fondamentale che, soprattutto in riferimento ad alcune situazioni, si metta mano al fondo di cui al citato decreto-legge n. 34 del 2020 e si consenta la possibilità di erogare i servizi previsti.
  Questo è, per sommi capi, il quadro che abbiamo riassunto nella nota a vostra disposizione. Cogliamo l'occasione della presenza in questa audizione dei deputati e senatori delle Commissioni bilancio, per richiamare un tema fondamentale, quello del riconoscimento della istituzionalizzazione della Conferenza delle regioni. Noi abbiamo presentato al Parlamento una norma alla legge di bilancio – è per questo che mi rivolgo a voi, signori presidenti –, Pag. 35affinché tutto il lavoro che noi facciamo e la leale collaborazione che, anche attraverso il vostro impegno, verifichiamo costantemente abbiano un luogo che sia riconosciuto anche a livello normativo e abbiano la stessa dignità che voi, con il vostro lavoro, ci riconoscete.

  PRESIDENTE. Do la parola ai deputati e ai senatori che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  FIAMMETTA MODENA. Io volevo chiedere alcuni chiarimenti su due questioni sostanziali. La prima riguarda la partita tra le regioni e il Ministero dell'economia e delle finanze, o meglio lo Stato centrale, con riferimento ai rimborsi per il COVID-19, nel senso che a noi risulta che sono stati erogati fondi a sufficienza ma restano ancora aperte una serie di questioni, di verifiche e di problematiche. Volevo capire, da questo punto di vista, se voi ne foste a conoscenza e quale sia l'entità complessiva del problema.
  L'altra domanda che volevo fare, invece, riguarda una questione diversa. Volevo avere chiarimenti, in modo particolare, rispetto alla questione relativa al Fondo povertà. Infatti, da molti comuni ci arriva la segnalazione che il Fondo povertà non riesce a coprire nulla, se non le parti relative al reddito di cittadinanza, lasciando i comuni sprovvisti di strumenti per intervenire in quelle che sono magari tutte le situazioni specifiche di cui si occupavano in precedenza. Volevo capire se questo è un quadro reale o meno.
  Infine, l'ultimissima cosa, che forse è la più importante rispetto ai temi che voi avete posto, è che ci sono molti comuni che ci segnalano il problema, quando partono i progetti del PNRR, dei costi relativi ai materiali e al fatto che le imprese all'inizio dei lavori fanno dei verbali dove scrivono che si riservano di rivedere, in rapporto ai costi dei materiali, quanto pattuito nell'ambito dell'appalto. Essendo un problema di carattere generale, volevo capire se l'ANCI si era comunque mossa a livello di ministero, come sta facendo per altri temi, per ottenere delle linee guida, al pari di quelle fornite anche per altre problematiche specifiche.

  PRESIDENTE. Non ci sono altre domande. Credo che la prima domanda fosse rivolta a Davide Caparini e la seconda all'ANCI, ma naturalmente può aggregarsi anche l'UPI. Diamo ora la parola al vicepresidente Armao.

  DAVIDE CAPARINI, Assessore della regione Lombardia e coordinatore della Commissione affari finanziari della Conferenza delle regioni e delle province autonome (intervento da remoto). Presidente, se me lo consente, farei intervenire il vicepresidente della Regione Siciliana, in modo da integrare anche l'intervento per quanto riguarda i fondi comunitari e il PNRR.

  GAETANO ARMAO, Vicepresidente della Regione Siciliana (intervento da remoto). Scusatemi, ma avevo difficoltà a collegarmi. Ho due considerazioni. Intanto ho sentito citare la questione del ripianamento delle risorse che le regioni hanno anticipato per il COVID-19, che purtroppo ancora non ci vengono date, come non sono state neanche pienamente utilizzabili le risorse per la copertura delle minori entrate. Oggi noi abbiamo bilanci estremamente stressati, anche a causa della copertura integrale delle spese legate alla pandemia. Per quanto concerne invece la copertura delle minori entrate, le risorse sono state assegnate, ma con atto normativo deve essere autorizzata l'utilizzazione di queste risorse, che al momento sono state accantonate.
  Un problema che riguarda il DEF è inoltre quello dell'insularità. Io provengo da una regione insulare come la Sardegna e tutti sapete, perché ne siete protagonisti, del ruolo che le Camere e il Parlamento stanno avendo nella costituzionalizzazione del suddetto principio. Nel Documento di economia e finanza non c'è un riferimento specifico agli interventi che si intendono assumere conseguentemente al riconoscimento del principio costituzionale del divario insulare e della necessità di farvi fronte. Nel DEF si fa addirittura riferimentoPag. 36 a misure per le isole minori in attuazione del principio che si sta costituzionalizzando. Da questo punto di vista, considerato che l'ultima legge di bilancio che avete esaminato ha assegnato per l'insularità 100 milioni di euro alla Regione Siciliana e 100 milioni di euro alla Sardegna, si tratta probabilmente di un modo per rendere questo DEF coerente con quello che il Parlamento correttamente e in modo assolutamente innovativo sta facendo nel riconoscimento della condizione di insularità.

  ALESSANDRO CANELLI, Sindaco di Novara e delegato politico dell'ANCI alla finanza locale (intervento da remoto). Partendo dall'ultima domanda, che mi sembra sia quella relativa ai costi dei materiali e alla revisione dei prezzi, come ho precedentemente detto, noi non soltanto lanciamo in questa sede un segnale di allarme, come abbiamo peraltro già fatto anche in altri sedi, ma rilevo altresì che è in corso un'interlocuzione con il Governo, poiché esiste già un fondo, sebbene non siano ancora molto chiari i criteri e le procedure che dovranno essere adottati per attingere al fondo stesso, che dovrà comunque essere evidentemente implementato dal punto di vista della dotazione finanziaria.
  Ci stiamo muovendo con il Governo, attraverso l'interlocuzione con gli uffici ministeriali, e confidiamo nel fatto che vengano emanate linee guida più chiare e interventi di sostegno per supportare questi maggiori oneri o, perlomeno, quelli più rilevanti, in modo da scongiurare la mancanza di questi fondi programmati, che a tutti gli effetti rappresenta un pericolo reale. Infatti, stiamo dicendo in ogni sede di fare attenzione, perché c'è il rischio fondato che tante opere si blocchino proprio perché non sono appetibili sul mercato o perché non è verosimile che il mercato possa proporsi di realizzarle, giacché sono chiaramente fuori budget.
  Detto questo, sul Fondo povertà non abbiamo ancora elementi sufficienti per capire il tiraggio che esso ha avuto o sta avendo. Sappiamo che ci sono delle difficoltà, probabilmente legate al fatto che nel Fondo povertà sono confluite diverse risorse e che nel complesso il reddito di cittadinanza assorbe spesso troppe risorse legate al Fondo stesso.
  Ancora non abbiamo tuttavia un'evidenza di dati qualitativi e quantitativi che ci possa consentire di svolgere delle valutazioni più approfondite sull'argomento. Sappiamo comunque che ci sono, come ha sottolineato giustamente la senatrice Modena, problemi di tiraggio relativi al Fondo stesso.

  PRESIDENTE. Il Presidente dell'UPI vuole aggiungere qualcosa?

  MICHELE DE PASCALE, Presidente dell'UPI (intervento da remoto). Mi sento rappresentato dalle parole del collega.

  PRESIDENTE. Prima di chiudere l'audizione, consentite una piccola chiosa al presidente della Commissione bilancio. Noi avremmo preferito, come sembrava dovesse essere, che il Governo avesse allegato al DEF la seconda Relazione sullo stato di attuazione del PNRR, ma così non è stato. Molte delle vostre osservazioni hanno riguardato sicuramente l'attuazione del PNRR, ma ci risentiremo presto per analizzare con compiutezza la citata seconda Relazione che presto il Governo ci consegnerà. Ringrazio nuovamente gli intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 12.35.