XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati

Resoconto stenografico



Seduta n. 154 di Giovedì 24 marzo 2022

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori.
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 

Audizione del Direttore dell'Istituto di Ricerca sulle Acque (IRSA-CNR), Simona Rossetti (gli auditi saranno in videoconferenza) :
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 
Rossetti Simona , Direttore dell'Istituto di Ricerca sulle Acque (IRSA-CNR) ... 3 
Braguglia Camilla Maria , Rappresentante (IRSA-CNR) ... 4 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 7 
Braguglia Camilla Maria , Rappresentante (IRSA-CNR) ... 7 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 7 
Braguglia Camilla Maria , Rappresentante (IRSA-CNR) ... 8 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 10 
Braguglia Camilla Maria , Rappresentante (IRSA-CNR) ... 10 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 11 
Braguglia Camilla Maria , Rappresentante (IRSA-CNR) ... 11 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 11 
Braguglia Camilla Maria , Rappresentante (IRSA-CNR) ... 11 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 11 
Braguglia Camilla Maria , Rappresentante (IRSA-CNR) ... 11 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 11 
Braguglia Camilla Maria , Rappresentante (IRSA-CNR) ... 11 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 11 
Braguglia Camilla Maria , Rappresentante (IRSA-CNR) ... 12 
Patassini Tullio (LEGA)  ... 12 
Braguglia Camilla Maria , Rappresentante (IRSA-CNR) ... 12 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 12 
Braguglia Camilla Maria , Rappresentante (IRSA-CNR) ... 12 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 13 
Braguglia Camilla Maria , Rappresentante (IRSA-CNR) ... 13 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 13 
Braguglia Camilla Maria , Rappresentante (IRSA-CNR) ... 13 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 13 
Braguglia Camilla Maria , Rappresentante (IRSA-CNR) ... 13 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 13

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
STEFANO VIGNAROLI

  La seduta inizia alle 14.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione degli impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione streaming sulla web-tv della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del Direttore dell'Istituto di Ricerca sulle Acque (IRSA-CNR), Simona Rossetti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione in vigore in videoconferenza del direttore dell'IRSA-CNR (Istituto di Ricerca sulle Acque), Simona Rossetti. Partecipano all'audizione la dottoressa Camilla Maria Braguglia e il dottor Andrea Gianico, esperti del settore.
  L'audizione rientra nell'ambito dell'approfondimento che la Commissione sta svolgendo sul tema dei flussi paralleli illeciti e dell'abbandono dei rifiuti con particolare riferimento ai flussi di fanghi prodotti dai depuratori delle acque reflue urbane nonché al metodo analitico per la determinazione degli idrocarburi. A riguardo la Commissione è interessata ad acquisire dati ed elementi informativi sull'utilizzo dei fanghi come fertilizzanti in agricoltura anche con riferimento alle criticità ed eventuali esigenze normative nonché, come abbiamo detto, a questo metodo analitico per la determinazione degli idrocarburi.
  Comunico che gli auditi hanno preso visione della disciplina relativa al regime di pubblicità del resoconto stenografico della seduta.
  Invito gli ospiti, in particolare la direttrice – siete liberi di passarvi la parola purché diciate nome e cognome per agevolare il resoconto stenografico –, a svolgere la relazione e poi sicuramente io e i miei colleghi faremo qualche ulteriore domanda. Prego.

  SIMONA ROSSETTI, Direttore dell'Istituto di Ricerca sulle Acque (IRSA-CNR). La ringrazio, presidente Vignaroli, e ringrazio anche tutta la Commissione per aver invitato e coinvolto l'Istituto di Ricerca sulle Acque in questa serie di audizioni riguardanti i fanghi di depurazione e sulla valutazione anche delle potenzialità di valorizzazione di tali prodotti che scaturiscono dai normali processi di depurazione biologica delle acque e dei rifiuti.
  L'Istituto di Ricerca sulle Acque si occupa da lungo tempo di queste tematiche e siamo pertanto a completa disposizione per mettere a servizio quelle che sono le nostre competenze, condividere le conoscenze dell'Istituto e i risultati degli studi che noi conduciamo sull'argomento.
  Sono collegati i due colleghi IRSA esperti del settore: la dottoressa Camilla Braguglia, che è un chimico, e l'ingegnere Andrea Gianico, che potranno fornire un contributo puntuale e specifico sull'argomento. Lascerei la parola alla dottoressa Braguglia per una breve disamina della situazione a livello italiano ed europeo sullo stato delle conoscenze in merito a questo argomento e per fornirvi tutti gli elementi che come ricercatori possiamo produrre a lei, presidente, e alla Commissione e che possono essere utili alla valutazione della del problema. Lascio la parola alla dottoressa Braguglia.Pag. 4 Provvederemo anche a inviare una nota scritta a supporto del resoconto stenografico dell'audizione, se può essere utile, così come anche le diapositive di una breve presentazione Power Point che adesso vi mostrerà la dottoressa Braguglia.

  CAMILLA MARIA BRAGUGLIA, Rappresentante (IRSA-CNR). Grazie, buonasera. Io sono Camilla Braguglia. Intanto grazie per l'invito e per l'ospitalità. Condivido queste slide di appoggio alla nota che abbiamo preparato.
  Io sono ricercatrice dell'Istituto di Ricerca sulle Acque del CNR (Consiglio nazionale delle ricerche) e la nostra sede si trova in Sabina nell'area della ricerca Roma 1 del CNR a Montelibretti. Come diceva la direttrice, all'IRSA ci occupiamo di fanghi di depurazione da quarant'anni, così come anche chi era prima di noi, perché ovviamente l'IRSA si è occupata dalla standardizzazione dei metodi analitici per la caratterizzazione dei fanghi già a suo tempo allo studio dei trattamenti innovativi, poiché, essendo ricercatori, studiamo soluzioni anche tecnologiche per la decontaminazione e la valorizzazione dei fanghi.
  L'IRSA è stata supporto del Ministero dell'ambiente che oggi è il MITE (Ministero della transizione ecologica) e siamo stati tra gli esperti presenti ai tavoli tecnici per supportare il Ministero nell'attività di recepimento delle direttive europee sul pacchetto dell'economia circolare. Siamo membri del Comitato tecnico-scientifico di Ecomondo e tra l'altro organizzeremo anche quest'anno un evento sui fanghi, quindi se avete piacere, vi manderò dopo il programma e lei, presidente e tutta la Commissione siete benvenuti e invitati a partecipare.
  Abbiamo coordinato e coordiniamo progetti volti alla riduzione dei fanghi e alla loro valorizzazione. Per esempio, questo progetto POR (programma operativo regionale) che vi riportiamo qua è in Puglia, perché l'IRSA ha anche una sede a Bari, dove valorizziamo il fango in termini di produzione sia di biometano che di biodiesel nonché anche con sviluppo potenziale di bioraffinerie integrate per esempio con fanghi e food waste per produrre composti ad alto valore aggiunto, quindi consentendo la trasformazione di questo scarto in prodotti utili alla collettività.
  Con questo obiettivo IRSA ha coordinato dal 2011 al 2014 un prestigioso progetto europeo sui fanghi. Il progetto si chiamava «Routes» e il titolo era «Novel processing routes for effective sludge management». Già a quei tempi ci eravamo posti il problema con 18 partner europei di quanto fosse importante studiare le varie opzioni di recupero dei fanghi ed eventuali soluzioni tecnologiche per migliorarne la qualità.
  Recentemente IRSA, come immagino sappiate, ha messo a punto un nuovo metodo analitico per idrocarburi C10-C40 e adesso abbiamo siglato un accordo con ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) per la validazione di questo nuovo metodo analitico. È parametro importante che è stato sotto gli occhi di tutti, perché è un parametro che noi intendiamo gross parameter, poiché prende diversi tipi di composti e il vecchio metodo non era adeguato a quantificarne la concentrazione in una matrice così complessa come i fanghi di depurazione.
  I fanghi di depurazione, come voi ben sapete, sono l'inevitabile prodotto del processo di depurazione delle acque reflue urbane. Infatti, non può avvenire alcuna depurazione delle acque reflue senza produrre necessariamente fanghi, anzi più depuriamo e più produciamo fanghi. Tutti i fanghi prodotti nei depuratori gestiti nell'ambito del servizio idrico integrato sono fanghi urbani, cui da sempre compete il codice CER (Catalogo europeo dei rifiuti) 190805, che identifica un rifiuto non pericoloso assoluto proprio in virtù dell'attività da cui ha avuto origine, perché anche l'origine in è importante in questo contesto.
  Dall'ultimo rapporto ISPRA in Italia nel 2019 sono state prodotte 3,4 milioni di tonnellate di fanghi e, se consideriamo 72 milioni di abitanti equivalenti, soggetti all'attività di depurazione, emerge una produzione di fanghi pari a circa 47 kg abitante equivalente all'anno, che, come vedete dal grafico qui accanto sempre da un'elaborazione dei dati ISPRA, 47 kg è un Pag. 5dato medio. Questa produzione è molto diversa da regione a regione fino ad essere molto bassa per quanto concerne il Sud. Il 3 per cento di questi fanghi prodotti in Italia è inviata all'estero con trasporti transfrontalieri.
  Il PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza) ci invita proprio a trasformare quanto più possibile gli impianti di depurazione in fabbriche verdi. Già la parola «fabbriche verdi» intende cambiare un po' il paradigma dell'impianto di depurazione e modificarlo, poiché non è più un impianto dove si fa solo depurazione, ma dove si producono e si recuperano anche composti, come dicevamo prima, o eventualmente energia e i fanghi nonché il riutilizzo delle acque reflue depurate, perché si prevede nei prossimi anni una produzione in aumento intorno ai 4,5 o 5 milioni di tonnellate di fanghi. Questo perché da un lato l'innovazione tecnologica mira – anche noi all'IRSA da anni ci occupiamo di questo – a tecnologie per la minimizzazione dei fanghi sia in linea acque che in linea fanghi, ma dall'altro ci sarà un significativo incremento del carico inquinante abbattuto per effetto degli interventi di adeguamento relativi al superamento delle infrazioni comunitarie con l'allacciamento progressivo di vaste aree urbane e non attualmente ancora non dotate di reti di collettamento e/o di depuratori adeguati che devono prevedere come opzione minimale almeno il trattamento biologico.
  Per quanto riguarda il destino dei fanghi, qui vi ho riportato un ultimo dato di una raccolta dei dati di EurEau e dei dati europei, mentre per quanto riguarda i dati italiani, noi abbiamo i dati ISPRA che ci dicono che nel 2019 circa il 41 per cento dei fanghi è recuperato in agricoltura o direttamente o previa trasformazione in ammendanti di quel compost e correttivi del terreno. Quali sono le alternative al recupero in agricoltura? Sono, per esempio, lo smaltimento in discarica o al recupero in cementerie previo essiccamento termico e in sporadici casi, come potete vedere dalla barra arancione, l'incenerimento, il cui ricorso è sensibilmente inferiore rispetto ad altri Paesi europei.
  Nell'Unione europea il quadro di riferimento normativo per l'utilizzo in agricoltura dei fanghi rimane la vecchia direttiva 86278 che mirava ad incoraggiare l'utilizzo dei fanghi in agricoltura regolandone l'utilizzo in modo da prevenire effetti dannosi sia sul suolo che sulla flora, sulla fauna e sulla salute umana. Tale direttiva stabilisce valori limiti nei suoni e nei fanghi stessi per sei metalli che sono il cadmio, il rame, il nichel, il piombo, lo zinco e il mercurio. Questa direttiva è stata adottata oltre trent'anni fa e già nel 2014, in sede di revisione della direttiva, erano emersi dubbi sulla sua efficacia alla luce di altri microinquinanti organici non regolati che possono costituire pregiudizio per la salute e l'ambiente e perciò fonte di crescente preoccupazione, come, ad esempio prodotti farmaceutici, cosmetici come i filtri solari, gli alternatori endocrini, gli idrocarburi policiclici aromatici, i policlorobifenili e poi le diossine furani.
  Si attende oggi che giunge a maturazione la consapevolezza di un urgente adeguamento della direttiva europea con l'inserimento di nuovi standard e prescrizioni anche in armonia con il Piano d'azione per l'economia circolare, tutte le strategie europee dalla zero pollution alla pharmaceutical strategy nonché la recente direttiva sui fertilizzanti e la direttiva sulle acque reflue, che è in revisione. Sapete che il dibattito è piuttosto acceso anche in Europa e le opinioni fra i vari Paesi sono ancora distanti.
  In Italia? In Italia il decreto legislativo n. 99/1992 di recepimento della direttiva 86/278 regolamenta l'utilizzo dei fanghi in agricoltura. Questo decreto stabilisce i criteri essenziali perché sia consentito l'uso dei fanghi in agricoltura. Il primo requisito all'origine, come dicevamo prima, quindi possono essere utilizzati solo i fanghi prodotti dal trattamento delle acque reflue civili o fanghi assimilabile primi. Il secondo criterio è che i fanghi devono essere stati sottoposti a un trattamento idoneo a ridurre il potere fermentescibile e gli inconvenienti sanitari dovuti alla loro utilizzazione e solo per la salmonella era stato fissato un limite massimo. Il terzo criterio è che i fanghi non contengano sostanze Pag. 6tossiche e nocive persistenti bioaccumulabili – sono quelle che poi ritroviamo nei fanghi – in concentrazioni dannose per il terreno e solo per i metalli sono state fissate le concentrazioni massime. Ovviamente non devono essere tossiche per le colture, per gli animali, per l'uomo e per l'ambiente in generale, bensì devono essere idonei a produrre un effetto concimante o ammendante e correttivo del terreno. Infatti, nella direttiva sono stati fissati i valori minimi per il carbonio organico, l'azoto e il fosforo.
  La qualità dei fanghi è strettamente correlata all'efficienza dell'intera catena depurativa che necessita di adeguati sistemi di controllo al fine di garantire il riuso dei fanghi in agricoltura. È anche per questo che siamo qui, perché l'uso agricolo dei fanghi di buona qualità e di origine controllata per noi rappresenta un'operazione virtuosa nell'ottica dell'economia circolare, perché permette di recuperare quel famoso carbonio organico.
  Tenete presente che i suoli si stanno progressivamente inaridendo per effetto dei cambiamenti climatici. In Europa il dato è che circa il 40 per cento dei suoli agricoli presenta una carenza di sostanza organica e questo si riflette in una significativa diminuzione della produttività del suolo e quindi in una maggiore esposizione a fenomeni erosivi.
  Inoltre, contiene elementi fertilizzanti come il fosforo e azoto nonché anche micronutrienti. Usare i fanghi biologici di qualità consente di ricondurre il ricorso ai fertilizzanti chimici e permette anche di ridurre le emissioni di CO2 legate alla produzione di questi fertilizzanti e allo stesso tempo aiuta l'immobilizzazione di carbonio nei suoli, riducendone le emissioni di CO2. È quell'effetto che si chiama carbon synk.
  Quali sono le criticità? Le criticità sono date dalla presenza dei metalli pesanti che, come abbiamo detto, sono lo zinco, il rame, il nichel, il cromo, il piombo, ma anche il mercurio e il cadmio, dovuti allo scarico nella rete fognaria di contaminanti legati all'attività antropica o alle attività produttive. Tuttavia, va precisato che negli ultimi anni è stata osservata una consistente riduzione delle concentrazioni di metalli in tutta Europa nei fanghi a seguito di un più efficace controllo di scarichi anomali in fognatura che ha permesso di ridurre significativamente le concentrazioni di metalli nei fanghi anche in Italia con concentrazioni ben inferiori ai limiti piuttosto datati fissati dal decreto-legge 99/1992. Tenete presente che per molti dei suddetti metalli le concentrazioni nei fanghi urbani sono oggi il 10 per cento di quelle usuali negli anni Ottanta.
  Per quanto concerne, invece, i parametri microbiologici e quindi gli aspetti igienico sanitari, i fanghi non trattati nel trattamento delle acque reflue possono contenere batteri, virus e funghi protozoi, che però vengono eliminati da un trattamento termico come la pastorizzazione ma anche la digestione anaerobica termofila e, come è emerso anche dal progetto Routes che nominavo prima, ovvero il progetto che abbiamo coordinato, anche da processi biologici alternati come la digestione anaerobica abbinata all'aerobica, quindi a un compostaggio.
  Inquinanti organici da attenzionare sono connessi principalmente alle attività produttive e industriali, ma sicuramente anche all'uso di prodotti domestici e cosmetici e alla cura della persona, i residui dei farmaci o degli antibiotici. Si riscontrano criticità relative al consenso locale soprattutto connesse con le diffusioni di odori e trasporto.
  Una criticità è data anche dalla disciplina molto datata che è radicata poi nel DPR n. 915/82 che è stato addirittura abrogato da 25 anni. Questo può determinare un'interpretazione distorsiva della norma che porta poi a situazioni critiche come quelle che abbiamo vissuto in questi ultimi anni. La revisione auspicata da tutti deve tendere a fissare regole chiare e rigorose sull'origine dei fanghi, privilegiando l'uso di fanghi urbani privi di contaminazione chimica e biologica e assicurando controlli efficaci su tutta la filiera dalla produzione all'utilizzo, e poi deve essere attentamente aggiornata la lista di sostanze da monitorare, fissando dei limiti che derivino da Pag. 7un'analisi di rischio sanitario e dalla conoscenza delle concentrazioni nei fanghi prodotti in Italia senza trascurare gli standard utilizzati dagli altri Paesi europei e anche extraeuropei di particolare rilevanza. Nuovi contaminanti potrebbero essere regolamentati. Facciamo riferimento a microinquinanti emergenti come i composti farmaceutici o come i prodotti per la cura della persona. Si mira anche a vedere – ancora non abbiamo dati e neanche metodi adeguati alle microplastiche – che fosse riconosciuto un rischio emergente derivante dall'uso agricolo dei fanghi per la salute umana e per l'ambiente in generale.
  L'adeguamento della disciplina dovrebbe essere accompagnato, avendo bisogno di una comunicazione, come avete fatto voi, invitando noi, da studi a scientifici anche a lungo termine, adottando pratiche agricole consolidate e metodiche analitiche validate che garantiscano un'accurata quantificazione dei contaminanti presenti nei fanghi e nei terreni trattati senza trascurare la possibile trasmissione di alcuni contaminanti solubili nelle acque sotterranee e superficiali e dei composti volatili in atmosfera. Da chimico questo dipende molto dal composto che andiamo a valutare e dalle sue proprietà chimiche, perché ci sono dei contaminanti e che hanno caratteristiche più popolari e idrosolubili che ovviamente si troveranno più maggiormente nel comparto acquoso rispetto al fango e viceversa.
  Non vi è dubbio che l'uso in agricoltura di fanghi di buona qualità chimica e biologica dovrà rimanere un'opzione centrale per i numerosi vantaggi ambientali che comporta, dovuti al miglioramento delle caratteristiche ergonomiche dei terreni, al risparmio dei fertilizzanti e minerali, al contrasto con la desertificazione che sta riducendo, come dicevamo prima, il contenuto di sostanza organica di molti suoli in Italia e in Europa.
  Io ho preparato anche un survey dei risultati degli studi che sono stati fatti in passato per quanto riguarda i potenziali rischi che ci sono o l'accumulo di contaminanti. Come diceva la direttrice, dopo possiamo inviarvi tutta la documentazione. Queste sono le nostre email e siamo a disposizione eventualmente anche nel coinvolgere altri esperti in questo contesto per quanto riguarda, per esempio, gli aspetti agronomici che possiamo avere sia all'interno dell'istituto che all'interno del CNR. Grazie.

  PRESIDENTE. Prego. Non so se volete aggiungere qualcosa.

  CAMILLA MARIA BRAGUGLIA, Rappresentante (IRSA-CNR). Io ho detto tutto. Abbiamo condiviso anche con la direttrice e con l'ingegner Giannico questa nota e siamo pronti alle vostre domande o curiosità.

  ALBERTO ZOLEZZI. Grazie, presidente, ringrazio molto gli auditi. Io provo a chiedervi qualche cosa in più su come sta andando questo tentativo di definizione del metodo per distinguere gli idrocarburi di origine minerale da quelli di provenienza vegetale o animale. Volevo capire se questo metodo che state sperimentando è stato oggetto di prove anche interlaboratorio e se in qualche modo a vostro parere potrà essere applicato o inserito nella revisione del decreto legislativo n. 99/1992.
  Sapete bene che come legislatori ci siamo trovati nel 2018 a provare a integrare un po' la necessità di un recupero dei fanghi in agricoltura con le sentenze che, a parte il merito, dicevano che la politica e il legislatore stanno andando molto lenti in questa definizione di una qualità migliore dei fanghi e poi si è fatto il decreto Genova. Volevo chiedere cosa ne pensate del valore degli idrocarburi policiclici aromatici e se a vostro parere compensa a sufficienza al discorso che i 1.000 milligrammi su un chilogrammo degli idrocarburi C10-C40 è sicuramente molto elevato. Volevo capire se secondo voi è sufficiente il compenso che si determina andando ad usare gli IPA (idrocarburi policicli aromatici).
  Noi poi chiederemo anche ai vari attori e alle ARPA (Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente) regionali come stanno andando i dosaggi degli IPA, degli idrocarburi, perché avete fatto riferimento all'andamento del delle concentrazioni di metalli Pag. 8pesanti, però credo che sia importante dal 2018 capire se sono stati cercati gli IPA e gli idrocarburi, quanti sono e come stanno andando.
  Vi chiedo altre due cose. Avete fatto riferimento un po' alla chimica del suolo che oggi è sempre più importante e per questo il suolo europeo, in Italia in particolare, è povero di carbonio e anche di sostanza organica. Volevo capire per sostanza organica se secondo voi è giusto in qualche modo andare a vedere un po' più nel dettaglio. Abbiamo questa carenza di carbonio, il fango di depurazione è ben trattato e mi ha fatto piacere che avete parlato di digestione anaerobica abbinata e compostaggio poi del fango.
  Chiedo se secondo voi è importante anche il riutilizzo del carbonio. Ve lo dico perché ieri ne abbiamo parlato anche con l'altro audito, ovvero Coldiretti. Sapete che, oltre al discorso dei fanghi, ci stiamo avviando all'utilizzo del digestato come fertilizzante, digestato degli impianti a biogas in questo caso da matrice agro-zootecnica. Vi chiedo se secondo voi questo potrebbe portare a un peggioramento della situazione, perché aumenta la sostanza organica che però è sbilanciata in termini di eccesso di nitrati. Infatti, almeno dai dati sui vari ammendanti si vede che c'è sempre un valore di azoto importante che apparentemente è lo stesso valore di azoto che c'è sul suolo, però un ammendante che si mescola a un suolo, si integra con caratteristiche anche microbiologiche e con la flora batterica che mi risulta che di solito si nutra di carbonio, per cui se non glielo do, il suolo poi non mi rendo mi restituisce in termini organolettici lo stesso prodotto e poi parliamo anche di sovranità alimentare.
  Per quanto riguarda il metodo di gestione dei fanghi con la digestione aerobica abbinata al compostaggio, a voi che tempi risultano per questo trattamento? Perché sappiamo bene da indagini che abbiamo seguito come Commissione che la comodità del trasformare i fanghi in gesso è stata quella che in pochi minuti o al limite ore si aveva il gesso pronto per l'esperimento. Per il compostaggio immagino che sia dalle tre settimane in su. A voi che tempi risultano? In qualche modo vi risultano metodi agevoli di disoleazione? Se ci sono tanti idrocarburi, si possono in qualche modo ridurre con metodi vari?
  A titolo personale, vi dico che notiamo una certa resistenza da parte soprattutto di grandi attori industriali nell'adottare dei meccanismi per eventualmente trattare o migliorare il fango prima dello spandimento, però visto che le tasse sull'acqua hanno una buona compliance, è chiaro che poi bisogna dare un servizio. Dobbiamo capire se stimolare e in quale senso i grandi player di questo settore.

  CAMILLA MARIA BRAGUGLIA, Rappresentante (IRSA-CNR). Spero di ricordarmi tutti, altrimenti mi ricorda lei.
  Iniziamo dal metodo C10-C40, perché, come dicevate anche all'inizio, avevamo già posto questo problema ed era chiaro a tutti che ci dovesse essere un metodo analitico e robusto che discernesse dal contributo degli oli vegetali e che, non trattando i fanghi con un estraente, non estraesse tutti gli oli sia minerali che vegetali e che andassimo a sovrastimare quel parametro.
  Come IRSA insieme al consorzio RenOils e ad alcune aziende del settore idrico integrato coordinate da Utilitalia prima della pandemia, nel 2019, abbiamo siglato un accordo una convenzione per fare delle campagne di campionamento dei fanghi prodotti in tre campagne diverse – c'è stato il COVID-19, quindi le abbiamo fatte nel 2020 – in diversi tipi di impianti e diversi gestori. Siamo andati a monitorare le concentrazioni e nello stesso tempo questi fanghi sono serviti ai nostri colleghi di Bari per mettere a punto questo metodo analitico. Come diceva lei, non abbiamo fatto ancora la validazione interlaboratorio perché la dovrà fare ISPRA, ma abbiamo messo a punto il metodo, andando a discernere solo gli idrocarburi C10-C40, abbinandoli in una gascromatografia che ci permettesse di identificare quali erano proprio gli idrocarburi di origine minerale.
  Da questo punto di vista abbiamo sottoposto il metodo ad ISPRA subito dopo finita questa campagna, abbiamo discusso con loro e loro ovviamente sono stati molto Pag. 9interessati. Adesso dovrebbe partire questa validazione al fine di produrre dei materiali certificati e quindi, riagganciandomi alla sua domanda, standardizzare e validare il metodo in modo tale che possa essere poi inserito nella nuova direttiva.
  Tenete presente, ma immagino che lo sappiate, che da quei tavoli tecnici era uscita una bozza di decreto fanghi che poi è rimasta una bozza, dove tra l'altro si faceva riferimento proprio a questo metodo analitico C10-C40 messo a punto dall'IRSA. Era intenzione di tutti porre chiarezza su questo metodo e acquisire un metodo analitico valido che fosse anche poi facilmente applicabile dai laboratori, perché poi c'è tutto questo limite da tenere presente, specialmente quando parliamo dei microinquinanti organici, perché i fanghi sono una matrice complessa, non è l'acqua e quindi i composti devono essere estratti dalla matrice fanghi e non vi devono essere interferenze. Anche dallo studio sembra che anche alcuni polielettroliti utilizzati su impianti di depurazione andavano a falsare quel valore di idrocarburi e a sovrastimarlo.
  Per quanto riguarda la domanda che faceva lei, onorevole, sul limite del decreto Genova, sicuramente ha più senso rispetto a quello del relativo ai 50 che poi ha scatenato tutta l'emergenza fanghi e che era il limite del suolo da bonificare. Quello non aveva non aveva una rilevanza scientifica, perché comunque il fango non era il suolo da bonificare. È andato benissimo il decreto Genova, perché in quel contesto aiutato ad uscire dall'emergenza fanghi. Inoltre, il decreto Genova ha inserito anche nuovi metalli come l'arsenico, il berillio e il selenio, quindi è andato a inserire nuovi parametri per migliorare la qualità.
  Tuttavia, come ricercatori noi non siamo in grado di dirvi adesso l'impatto di quel limite, perché servono degli studi appropriati, che era quel discorso che facevamo prima sul suolo e sul terreno. Quando lei ci chiedeva se abbiamo prontezza del destino di quei C10-C40 nel terreno e nelle piante, ancora non ci sono studi, però io le posso dire con certezza che gli studi ad oggi che hanno fatto sia a livello europeo sia la letteratura scientifica non mettono in luce nessun rischio sanitario ambientale in questo senso, se il fango e di qualità e se vengono applicati poi i dosaggi opportuni.
  In tempo di pandemia abbiamo capito quanto è importante la parola «dose». I dosaggi di una cosa come un rifiuto, com'è il fango, sono fondamentali. È per questo che secondo me serve anche sentire in questo contesto gli agronomi, ma la disciplina antichissima già dava delle indicazioni su quali fossero i suoli e i dosaggi da applicare. Dobbiamo essere molto attenti anche a controllare su quali suoli e colture spandere i fanghi e aspettare i tempi necessari. Questo è assolutamente fondamentale.
  Quel limite è un limite che è stato fatto sulla base di altre discipline che erano state riviste anche in base a quello che era stato deciso in Conferenza Stato-regioni, che poi non ha trovato più una applicazione, però occorre ora mettere mano alla disciplina proprio per controllare. Secondo me i limiti vanno e possono anche essere sufficienti, ma occorrono dei metodi validati e anche degli studi, come aveva fatto la Comunità europea tanti anni fa, affidandoli all'università, al CNR o al Ministero per vedere gli effetti a lungo termine di eventuali contaminazioni. Quelli che ci sono ad oggi, tra cui anche questo studio europeo che vi dicevo, non dimostravano dai tempi della direttiva, da quando sono stati applicati quei limiti al 2010, quando è stato fatto lo studio, alcun rischio significativo per quanto riguarda l'aspetto sia della salute umana che ambientale.
  Per quanto riguarda la digestione anaerobica, noi ci lavoriamo da tanti anni. È un processo virtuoso in ottica di economia circolare e anche in ottica di stabilizzazione della sostanza organica, perché, come dicevo prima, una delle criticità dei fanghi è il problema degli odori. Per questo motivo a nostro avviso occorre una completa stabilizzazione biologica, che permetta eventualmente anche di verificare l'impatto odorigeno, e una completa igienizzazione, facendo eventualmente anche ricorso a trattamenti integrati termici e chimici.Pag. 10
  Onorevole, se mi vuole interrompere, mi interrompa. La digestione anaerobica in tempi di 20 o 25 giorni, come avviene negli impianti di depurazione, è stata un processo che è stato un po' abbandonato dai gestori e avviene solo per gli impianti grandi, come giusto che sia, ma secondo noi è un processo virtuoso. Come dicevamo nel progetto europeo, condurre la digestione anaerobica in condizioni termofili richiede maggiore energia, ma permette a quelle temperature di 55 gradi di ottenere una completa igienizzazione, specialmente se abbinata al compostaggio, come dicevo prima, con i tempi tipici del compostaggio. A nostro avviso e da quello che abbiamo visto, la filiera che si utilizza del trattamento integrato del digestato derivante dai digestori degli impianti di depurazione che va a compostaggio garantisce una stabilità e una completa igienizzazione. Per esempio, abbiamo visto sempre nel progetto che la digestione anaerobica influisce anche sulla rimozione di alcuni microinquinanti organici. Poi vi possiamo mandare della documentazione in questo senso, però secondo noi è un processo che ha senso, che è necessario e che impatta con effetti positivi sia per quanto riguarda la stabilizzazione che per quanto riguarda l'igienizzazione.
  Per igienizzare serve una temperatura oltre i 55 gradi. Noi abbiamo fatto anche delle sperimentazioni con delle idrolisi termiche, perché le utilizzavamo come pretrattamenti e utilizzando quelle temperature di 130 gradi in 20 minuti era completamente tutto igienizzato. Tenete presente che nel working draft del 2000 che aveva fatto la Comunità europea per preparare una nuova direttiva, che non ha mai fatto, ci sono proprio elencati i trattamenti per la completa igienizzazione. Si chiamano «trattamenti avanzati» e tra questi c'è la digestione anaerobica termofila, ci sono trattamenti chimici con la calce, ci sono stabilizzazioni anaerobiche. Avevamo inserito anche questo nella bozza di decreto che non ha poi trovato luce, però i fanghi trattati e stabilizzati non danno rischio sanitario. La dottoressa Rossetti è una microbiologa di fama internazionale, è anche lei nel nostro progetto e lo può confermare.

  ALBERTO ZOLEZZI. Intanto ringrazio. Sull'acquisizione e sullo studio del metodo volevo capire se avete ricevuto un finanziamento e, se possibile, da chi. Sulla base dell'audizione di ieri, in cui si è parlato più che altro della trasformazione dei fanghi in emendamenti o correttivi, vi chiedo se in generale ritenete che il metodo classico – me risulta che in Emilia-Romagna più o meno si è al 95 per cento dei fanghi e trasformati in gessi –, che si utilizza in circa 20 o 30 minuti con il trattamento con acido e calce, sia un percorso che dia una stabilizzazione e un igienizzazione adeguata e stabile.

  CAMILLA MARIA BRAGUGLIA, Rappresentante (IRSA-CNR). Non le posso rispondere con certezza, perché non abbiamo mai fatto studi in merito per quanto riguarda i gessi di defecazione. Su questo non le so rispondere, ma da chimico le rispondo che immagino che quel trattamento dei gessi di defecazione, che prevede un'idrolisi basica, l'utilizzo di calce viva e poi dell'acido solforico per far precipitare il solfato di calcio, possa garantire una completa utilizzazione, ma noi non abbiamo acquisito dati. Credo che ci siano studi di alcune università anche a Milano, ma noi come IRSA non abbiamo dati in merito.
  Invece, per quanto riguarda la sua domanda sugli idrocarburici C10-C40, come le dicevo prima, è stato uno studio condotto a più mani, ovvero dal consorzio RenOils, che è un consorzio del Ministero dell'ambiente e da Utilitalia, quindi con alcuni gestori interessati a chiarire questo discorso del metodo. Il metodo è stato messo a punto da un gruppo di ricercatori dell'IRSA di Bari, stiamo per preparare un articolo scientifico che uscirà e di cui faremo la sottomissione a breve a una rivista internazionale e lo abbiamo sottoposto a ISPRA per una loro verifica che immagino abbiano già fatto, perché abbiamo firmato questa convenzione per la validazione, perché altrimenti il metodo non può essere poi ovviamente applicato nei laboratori. SarebbePag. 11 un bel passo avanti in modo tale da avere un metodo standardizzato utile a tutti.

  ALBERTO ZOLEZZI. Sul discorso del finanziamento, è stato prodotto a più mani, ma voi direttamente non avete ricevuto alcun finanziamento dal privato?

  CAMILLA MARIA BRAGUGLIA, Rappresentante (IRSA-CNR). No.

  PRESIDENTE. Per chiudere questo argomento, a prescindere dal finanziamento, visto che è un lavoro fatto a più mani, volevo capire da quanto tempo è che ci si sta lavorando e, essendo voi esperti e avendo lavorato in questo, da quanto tempo è che in piedi questo progetto. Inoltre, vorrei capire se c'è qualche reticenza da parte di qualcuno a chiudere questa cosa. Volevo ben capire se il vostro punto di vista.

  CAMILLA MARIA BRAGUGLIA, Rappresentante (IRSA-CNR). Rispondo sempre io. Grazie, presidente, per questa domanda. La campagna di campionamento per la messa a punto del metodo è terminata. Abbiamo subito interpellato ISPRA per iniziare questo percorso di verifica da parte di ISPRA del metodo e poi di validazione. I tempi sono stati un po' lunghi, presidente, perché, come le dicevo, in mezzo c'è stata una piena pandemia. Per fortuna siamo riusciti a portare a termine lo studio, i colleghi di Bari hanno messo a punto il metodo, ISPRA ha avuto diverse vicissitudini e ci stanno lavorando. Abbiamo firmato questa convenzione qualche mese fa.
  Anche io convengo che bisognerebbe accelerare per arrivare – anche noi come IRSA – per produrre questi materiali certificati in modo tale da andare verso la standardizzazione del metodo. Non è così semplice preparare materiali certificati in questo senso, perché occorre campionare dei fanghi su vari impianti depurazione e occorre fare tutti i controlli del caso che fa ISPRA. La palla è passata a ISPRA, noi le abbiamo dato il nostro metodo e ora siamo in attesa che ci contattino per avviare questo processo di validazione e, come diceva l'onorevole Zolezzi, anche per vedere i materiali certificati e fare un test interlaboratorio di questo metodo.

  PRESIDENTE. Diciamo che non bisogna essere campioni di malizia per poter magari ipotizzare che forse ai gestori non è che faccia più comodo rimanere con una situazione così piuttosto che implementarla e selezionarla. La palla adesso sta a ISPRA, che noi ovviamente solleciteremo e sentiremo a che punto è. Avendo voi ben chiare le metodiche e i tempi, per la validazione cosa occorre e che tempi ci vogliono?

  CAMILLA MARIA BRAGUGLIA, Rappresentante (IRSA-CNR). La nostra convenzione con ISPRA mi sembra che scada a dicembre del 2022. Loro avevano preso questo impegno con noi di avviare questa procedura di validazione entro quest'anno, quindi immagino che siano già lavorando su questo.

  PRESIDENTE. Comunque sia, visto che ho sentito tanti privati, RenOils e Utilitalia non devono aggiungere altro, giusto? Quindi adesso la palla sta solo a ISPRA, giusto?

  CAMILLA MARIA BRAGUGLIA, Rappresentante (IRSA-CNR). Assolutamente sì, presidente. Anche da ricercatori, noi che siamo esterni a tutto questo mondo siamo stati contattati perché dovevamo mettere a punto il metodo analitico. L'IRSA con ISPRA, come dicevo all'inizio, da anni – mi sembra che i primi quaderni sui fanghi sono usciti nel 1987 – collabora sui metodi analitici. Noi siamo stati contattati da loro, perché erano interessati a mettere anche chiarezza su questo metodo e poi dopo ISPRA si è interessato per la validazione. Il metodo è fatto e, come vi dicevo, lo stiamo per pubblicare su una rivista scientifica, però poi deve essere validato da ISPRA, non possiamo farlo noi come CNR.

  PRESIDENTE. Due scenari, quindi. Lo scenario A è che questo metodo viene decretato come attendibile, valido e con garanzie di reperibilità eccetera. Come dovrebbero cambiare questi limiti? ImmaginoPag. 12 che poi ci potremmo permettere il lusso di abbassare ancora di più i limiti per quanto riguarda gli idrocarburi di origine minerale. Che valori consigliereste voi? Se, invece, questo metodo non risultasse validabile, secondo voi la questione dei 1000 com'è stata impostata adesso può tranquillamente rimanere oppure la migliorereste o cambiereste qualcosa?

  CAMILLA MARIA BRAGUGLIA, Rappresentante (IRSA-CNR). Io, presidente, su questo al momento non le so rispondere sul discorso dei limiti proprio perché, essendo ricercatore, ho lavorato alla messa a punto e del metodo ed essendo un chimico ho lavorato a quello, però sul discorso del limite, mi dispiace, ma non le so rispondere. Dovremo vedere i due scenari e credo che ISPRA, anche sulla base delle verifiche e delle analisi che farà sugli impianti, potrà garantire maggiore chiarezza per quanto riguarda questo aspetto. Mi dispiace, ma come ricercatore non riesco a darle una risposta in merito.

  TULLIO PATASSINI. Grazie, presidente. Io ringrazio la dottoressa per l'intervento. Volevo semplicemente avere un chiarimento da lei su un aspetto. Questa è una ricerca importante e qualificata che ha dei percorsi che voi avete definito correttamente come qualunque altro progetto e ricerca. Adesso non dobbiamo essere campioni di malizia, ma dobbiamo semplicemente essere persone che guardano la scientificità di un'attività.
  Secondo lei il procedimento che è stato utilizzato nella raccolta, nella verifica e nell'analisi dei dati ha una sua logicità e una sua organicità un punto di vista scientifico? La domanda è questa, le altre sono considerazioni personali. Lei ha già accennato che questa attività verrà pubblicata sulla rivista scientifica, quindi credo che la pubblicazione sia un elemento per poter definire il processo. Sinteticamente volevo capire da lei se questo processo ha una consequenzialità scientifica e come tale se, invece, è stato fatto in maniera artigianale.

  CAMILLA MARIA BRAGUGLIA, Rappresentante (IRSA-CNR). Grazie, non ho capito fosse l'interlocutore, però grazie della domanda. Noi di artigianale non facciamo granché al CNR, per fortuna facciamo solo cose scientifiche. Capisco la vostra perplessità e per questo vi ringrazio anche per aver invitato noi, ma forse è lo stesso motivo per cui e l'IRSA è entrata a far parte in questo progetto, ovvero perché serviva un ente scientifico che, come vi dicevo prima, mette a punto metodi da anni.
  Le campagne di monitoraggio sono state una cosa e il metodo analitico dei diversi tipi di fanghi fatto dai colleghi ricercatori dell'IRSA di Bari che lavorano da anni sui fanghi di depurazione per la produzione di biodiesel, quindi per le estrazioni di lipidi e degli oli, è stato messo a punto sulla base della scienza e delle conoscenze scientifiche.

  PRESIDENTE. La metodica che avete messo a punto che valore quantitativo minimo di idrocarburi riesce a determinare? Non so, 10, 1 o 3 milligrammi...

  CAMILLA MARIA BRAGUGLIA, Rappresentante (IRSA-CNR). Questa è una bella domanda. Visto che è una metodica che determina tutto l'insieme degli idrocarburi che vanno dalla catena C10 alla catena C40, anche su questo mi dispiace, perché il limite minimo non lo so. Vi faccio avere il metodo che abbiamo inviato per la pubblicazione, ma ad ogni modo credo che sia basso.
  In questo contesto, presidente, non c'è un problema di limite di rilevabilità, nel senso che il limite minimo non era un problema per questo metodo analitico. Per questo metodo analitico il problema poteva essere il vecchio metodo analitico, che era un metodo utilizzato per i rifiuti, quindi non previsto per i fanghi. Il vecchio metodo è stato adattato alla matrice fanghi, che ovviamente è una matrice completamente diversa, ed è stato messo a punto e per essere sicuri che quelli che uno andava a quantificare fossero effettivamente idrocarburi che avessero catena tra C10 e C40 con tecniche analitiche a disposizione di un ente come può essere il CNR. Infatti, lo Pag. 13abbiamo potuto fare proprio perché siamo un istituto di ricerca con strumentazione avanzata, quindi siamo riusciti a mettere a punto un metodo e a modificare quel metodo il vecchio in modo tale che poi ISPRA potesse verificarne tutta la procedura e validarlo.

  PRESIDENTE. Si può dire che gli idrocarburi minerali non dovrebbero esserci nei fanghi di acque reflue urbane, se uno tratta i fanghi in maniera opportuna?

  CAMILLA MARIA BRAGUGLIA, Rappresentante (IRSA-CNR). Ce ne dovrebbero essere molto pochi. Come dicevamo all'inizio, direttiva c'è ancora il termine «acque civili», che non viene più utilizzato neanche nel testo unico. Come sapete, le acque reflue urbane sono una miscela di acque domestiche, di attività produttive e di acque meteoriche, quindi ci possono essere, ma in quantitativi che vanno... A mio avviso è proprio questo lo sforzo che bisogna fare, ovvero andare a vedere il discorso dei limiti che dicevamo prima, dei quali non ho dati a sufficienza, e sugli impianti di depurazione anche la fonte, l'origine, quindi quali sono le acque e la qualità delle acque reflue urbane in ingresso all'impianto e come impatta poi sulla qualità dei fanghi. Come vi dicevo prima, ma vi manderò poi bozza dell'articolo scientifico che manderemo del metodo, sembrava che ci fossero anche delle interferenze dovuti ai polielettroliti utilizzati sulla linea fanghi per il trattamento dei fanghi e quindi che andassero ad aumentare nel contenuto di idrocarburi proprio quel parametro dei polielettroliti. Anche su questo andrebbe fatto uno studio più approfondito. Noi facciamo ricerca, quindi i ricercatori che dell'IRSA hanno lavorato per mettere a punto il metodo anche per vedere se ci fossero interferenze, perché questo è un altro aspetto importante. Sono d'accordo con lei, presidente.
  Occorre andare a vedere anche la fonte, la qualità delle acque. È chiaro che se ci sono degli scarichi illeciti, questo non deve avvenire. Ci deve essere il controllo alla fonte in modo tale che la qualità dei fanghi risulti chimicamente buona da poter essere utilizzata in agricoltura.

  PRESIDENTE. Ormai nella depurazione delle acque civili – si chiamano «urbane» – basta un'officina meccanica che magari sversa dove non dovrebbe. Ovviamente si possono trovare sempre idrocarburi di origine minerale, però – l'ho presa larga per arrivare a dire quanto segue – non vi siete sbilanciati su un valore, ma possiamo tranquillamente dire che se questo metodo funziona e si riesce a discernere tra i vari idrocarburi, per quelli minerali ovviamente il limite di 1000 non avrebbe più senso e bisognerebbe comunque abbassarlo. Siete d'accordo?

  CAMILLA MARIA BRAGUGLIA, Rappresentante (IRSA-CNR). Non le posso rispondere io, presidente, perché da ricercatore rispondo solo quando ho dei dati in mano. I limiti hanno senso sulla base anche di studi di impatto sulla salute umana e sull'ambiente.

  PRESIDENTE. Va bene. Per quanto riguarda un'ultima curiosità, per ritornare al discorso anaerobico, correggetemi se sbaglio, ma come diceva qualcuno, visto che voi parlate di igienizzazione a 55 gradi, credo che anche l'aerobico riesca tranquillamente ad arrivare a temperature del genere. Io sono un fan dell'aerobica e del vecchio compost, che adesso sembra passato di moda, ma solo per un fatto di business per quanto riguarda la produzione di energia, però credo che a livello di stabilizzazioni con i tempi opportuni di igienizzazione sia un contributo fondamentale per l'arricchimento del terreno.

  CAMILLA MARIA BRAGUGLIA, Rappresentante (IRSA-CNR). Assolutamente sì.

  PRESIDENTE. Perfetto, io non ho altre richieste di intervento, quindi vi ringrazio. Lo avevamo chiesto all'inizio, ma riconfermiamo che se ci mandate una relazione più approfondita possibile, in particolare su questa metodica che è proprio il centro di quello che abbiamo gradito Pag. 14del vostro lavoro, lo aspettiamo e nei prossimi giorni tramite segreteria ci contatteremo e ci sentiremo. Eventualmente, se ci dovessero essere ulteriori richieste di approfondimenti, ci faremo vivi e noi nel frattempo, visto che la palla, come avete detto voi, adesso ce l'ha ISPRA, ovviamente solleciteremo ISPRA, perché riteniamo che se questo lavoro andasse a buon fine, sarebbe buono per tutti.

  La seduta termina alle 15.20.