XVIII Legislatura

XII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 11 di Martedì 15 febbraio 2022

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Boldi Rossana , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro della salute, Roberto Speranza, in merito al tema della riforma dell'assistenza sanitaria territoriale, nell'ambito dell'esame della Relazione sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) (Doc. CCLXIII, n. 1) (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Boldi Rossana , Presidente ... 3 
Speranza Roberto (LeU) , Ministro della salute ... 3 
Boldi Rossana , Presidente ... 11 
Nappi Silvana (M5S)  ... 11 
Boldi Rossana , Presidente ... 12 
Nappi Silvana (M5S)  ... 12 
Villani Virginia (M5S)  ... 12 
De Filippo Vito (PD)  ... 13 
Carnevali Elena (PD)  ... 13 
Bologna Fabiola (CI)  ... 14 
Gemmato Marcello (FDI)  ... 15 
Noja Lisa (IV)  ... 15 
Baldini Maria Teresa (IV)  ... 16 
Lapia Mara (Misto-CD)  ... 16 
Novelli Roberto (FI)  ... 17 
Misiti Carmelo Massimo (M5S)  ... 18 
Boldi Rossana , Presidente ... 18 
Speranza Roberto (LeU) , Ministro della salute ... 18 
Boldi Rossana , Presidente ... 25 
Speranza Roberto (LeU) , Ministro della Salute ... 25 
Novelli Roberto (FI)  ... 25 
Speranza Roberto (LeU) , Ministro della Salute ... 26 
Boldi Rossana , Presidente ... 26

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Coraggio Italia: CI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Alternativa: Misto-A;
Misto-MAIE-PSI-Facciamoeco: Misto-MAIE-PSI-FE;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento ADC: Misto-NcI-USEI-R-AC;
Misto-Europa Verde-Verdi Europei: Misto-EV-VE;
Misto-Manifesta, Potere al Popolo, Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra Europea: Misto-M-PP-RCSE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE
ROSSANA BOLDI

  La seduta comincia alle 20.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro della salute, Roberto Speranza, in merito al tema della riforma dell'assistenza sanitaria territoriale, nell'ambito dell'esame della Relazione sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) (Doc. CCLXIII, n. 1).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, del Ministro della salute, Roberto Speranza, in merito al tema della riforma dell'assistenza sanitaria territoriale, nell'ambito dell'esame della Relazione sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) (Doc. CCLXIII, n. 1).
  Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che attraverso la resocontazione stenografica, anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati. Ricordo che, alla luce di quanto stabilito dalla Giunta per il Regolamento della Camera nella riunione del 4 novembre 2020, i deputati possono partecipare alla seduta odierna in videoconferenza.
  Saluto il Ministro Speranza, ringraziandolo per la disponibilità a nome di tutti i componenti della Commissione. Faccio presente che allo svolgimento della relazione del Ministro potranno seguire interventi dei deputati per un tempo pari a 4 minuti per gruppo, a cui seguirà la replica da parte del Ministro.
  Do quindi la parola al Ministro Speranza. Prego, Ministro.

  ROBERTO SPERANZA, Ministro della salute. Grazie, presidente. Grazie a tutti per questa opportunità di confronto a partire dall'illustrazione dei tratti salienti del regolamento «Modelli e standard per lo sviluppo dell'assistenza territoriale del Servizio sanitario nazionale». Naturalmente l'occasione è utile per svolgere alcune riflessioni sul lavoro in corso per raggiungere gli obiettivi definiti dalla Missione 6 del PNRR.
  In questi mesi, anche nelle ore più difficili dell'emergenza sanitaria che stiamo attraversando, il lavoro sul PNRR non si è mai fermato. È particolarmente necessario, mentre continuiamo a combattere il virus e le sue varianti, alzare lo sguardo oltre la contingente emergenza.
  Con il PNRR e le scelte compiute con la legge di bilancio siamo, infatti, nel vivo di una sfida decisiva per il nostro futuro e abbiamo la concreta possibilità di trasformare una dura emergenza sanitaria in un'opportunità di rafforzamento e rilancio della nostra sanità pubblica.
  Il Piano inviato alla Commissione europea scaturisce da un'analisi di contesto che ha evidenziato alcuni limiti e difficoltà del nostro Servizio sanitario nazionale che non nascono con il COVID-19. La pandemia ha reso ancora più evidenti almeno tre limiti già preesistenti: il ritardo accumulato nell'adeguare il nostro Servizio sanitario nazionale a un mutato contesto demografico ed epidemiologico, il deficit digitale della Pag. 4sanità italiana e una crescita delle disuguaglianze nell'accesso ai livelli essenziali di assistenza (LEA).
  Negli anni, anche grazie alla qualità del nostro Servizio sanitario nazionale, è cresciuta l'aspettativa di vita degli italiani. Questa mutazione demografica ha cambiato radicalmente il quadro di riferimento nel quale operano le strutture sanitarie e il relativo contesto epidemiologico. Siamo un Paese che invecchia e che di conseguenza si ammala di più. Ecco perché, anno dopo anno, esplodono le patologie croniche, si moltiplica la pressione sui servizi sociosanitari che faticano a reggere questa crescente onda d'urto e si sviluppa una pressione significativa sugli ospedali.
  Tutto questo è avvenuto mentre una troppo lunga stagione di tagli e di tetti di spesa illogici indebolivano la forza e il radicamento della nostra sanità territoriale, rendendo più fragile la medicina di iniziativa e conseguentemente le politiche di prevenzione della salute pubblica.
  È partendo da queste analisi che abbiamo definito gli interventi previsti nella Missione 6 del PNRR che con la Component 1 interviene sulla rete territoriale e con la Component 2 ammoderna tecnologicamente, mette in sicurezza gli ospedali e prevede investimenti sulla formazione, la ricerca e il trasferimento tecnologico.
  Il filo che unisce tutti i nostri interventi ruota attorno a tre parole chiave: prossimità, innovazione e uguaglianza. Una sanità di prossimità per essere più vicini alle persone, rimettendo radici più profonde nei territori, è la prima scelta che compiamo. Per raggiungere questo obiettivo servono insieme riforme e investimenti. Il provvedimento di cui oggi discutiamo rappresenta la premessa indispensabile per raggiungere davvero l'obiettivo che ci siamo dati.
  Chiamiamo questo regolamento «DM 71». Mi soffermo velocemente su questa abbreviazione, perché anche dietro la sigla DM 71 è racchiusa l'importanza strategica di questa riforma. Il 4 giugno del 2015 nella Gazzetta Ufficiale numero 127 è stato pubblicato il decreto ministeriale n. 70. Con quel decreto, sulla base di standard severi e stringenti, si avviava la razionalizzazione della rete ospedaliera e sulla base di nuovi parametri progressivamente sono stati riorganizzati e alcune volte chiusi, come è noto, tanti ospedali.
  Senza volere in questa sede esprimere un giudizio di merito sulle scelte che allora furono compiute, si può convenire sul limite di fondo che ispirò quel provvedimento. La chiusura degli ospedali e la riduzione della presenza di quelle strutture sul territorio avvennero senza che contestualmente si potesse investire e rafforzare la rete dell'assistenza primaria nei territori, con un duplice risultato negativo: minore radicamento territoriale del Servizio sanitario nazionale e sovraffollamento degli ospedali. Io credo che fu una conseguenza inevitabile di provvedimenti pensati per parti separate, per silos verticali non comunicanti senza una logica di rete.
  Insieme al DM 70 sarebbe stato necessario – ecco la spiegazione del nome DM 71 – che contestualmente si riorganizzasse e si rilanciasse la rete di servizi territoriali con le riforme ed investimenti necessari.
  Con il regolamento che oggi presentiamo facciamo esattamente questa scelta, colmando un vuoto di iniziativa che a onor del vero è antecedente allo stesso DM 70. Sono trascorsi trent'anni dalla riforma prevista dal decreto legislativo 30 dicembre 1992, numero 502 e circa dieci dalla legge Balduzzi del 2012.
  Il DM 71 è la premessa e il punto di partenza della riforma dell'assistenza territoriale, la condizione indispensabile per l'implementazione delle strutture e degli interventi previsti dalla Component 1.
  Il DM 71, da adottare entro il 30 giugno, definisce un nuovo modello organizzativo per la rete di assistenza primaria, individua standard strutturali tecnologici organizzativi uniformi su tutto il territorio nazionale, promuove un nuovo assetto istituzionale per la prevenzione in ambito sanitario, ambientale e clinico ed è un passo concreto per il superamento delle disuguaglianze.
  Entrando un po' più nel dettaglio, voglio evidenziare che con questo regolamento per la prima volta in modo analitico si definiscono: le strutture di cui è composta Pag. 5la rete dei servizi territoriali, i principali servizi erogati, gli standard in rapporto alla popolazione, i parametri di riferimento per il personale, le modalità organizzative e funzionali, gli obiettivi strategici di riferimento e la governance.
  Prima di ricordare schematicamente i singoli interventi, voglio soffermarmi sul quadro economico di riferimento. Nella Component 1 della Missione 6 investiamo complessivamente 7,9 miliardi e, come è noto, altri 12,33 miliardi li investiamo nella Component 2, ovvero nella formazione, nella ricerca e nella digitalizzazione dell'assistenza sanitaria. Tali risorse includono il Piano nazionale complementare (PNC) e il Recovery Assistence for Cohesion and the Territories of Europe (REACT-EU).
  Nel dettaglio la Component 1 prevede: case della comunità e presa in carico delle persone per 2 miliardi; casa come primo luogo di cura per 4 miliardi in assistenza domiciliare e telemedicina; sviluppo delle cure intermedie, ovvero ospedali di comunità per un miliardo; salute, ambiente e clima per 0,5 miliardi.
  Il Piano operativo del sistema salute, ambiente, biodiversità e clima approvato nel dicembre del 2021, ha l'obiettivo di migliorare e armonizzare le politiche e le strategie di attuazione della prevenzione primaria e della risposta del Servizio sanitario nazionale alle malattie acute e croniche trasmissibili e non trasmissibili associate ai rischi ambientali. Si tratta di una scelta coerente con la nostra impostazione one health che assuma la qualità ambientale come determinante e fondamentale per garantire il diritto alla salute.
  Mi fa piacere in questa sede annunciare un'altra importante novità che personalmente considero come molto rilevante per il futuro del nostro Servizio sanitario nazionale. Alle risorse precedentemente richiamate nei prossimi mesi, grazie a una collaborazione proficua con la Ministra per la coesione territoriale Mara Carfagna, che voglio ringraziare, se ne aggiungeranno altre sempre di matrice europea, per circa 625 milioni di euro. L'Italia per la prima volta nella sua storia avrà finanziato dalla Commissione europea un Piano operativo nazionale (PON) salute. Non era mai successo prima. Si tratta di 625 milioni per la sanità del nostro Mezzogiorno. Credo che sia una svolta importante che tutti dovremo saper riconoscere e valorizzare.
  È un progetto con una forte dimensione sociale che ci consentirà di mettere in campo ulteriori interventi sulla medicina di genere, sulla salute mentale, sulla povertà sanitaria ed io insisterò in modo particolare sugli screening oncologici, terreno su cui il Mezzogiorno ha pagato un prezzo di ritardo negli anni e su cui finalmente abbiamo risorse nuove da investire che vanno nella direzione giusta.
  Ci sono poi le risorse nazionali. Quando sono diventato Ministro, poco più di due anni fa, esse ammontavano a 114 miliardi di euro, con una crescita di circa un miliardo in più all'anno. Con l'ultima legge di bilancio siamo arrivati a 124 miliardi con l'impegno di crescere ancora nei prossimi anni. Mai in un tempo così breve si era vista una crescita così significativa. Si può e si dovrà fare ancora di più e meglio, ma questi numeri sono dati oggettivi con cui fare i conti.
  Nel bilancio che abbiamo approvato nei giorni scorsi c'è poi un'altra scelta molto rilevante che rivendico. Ai fini di assicurare l'implementazione degli standard organizzativi, quantitativi, qualitativi e tecnologici ulteriori rispetto a quelli previsti per il PNRR, per il potenziamento dell'assistenza territoriale è autorizzata la spesa per il personale di 90,9 milioni di euro per il 2022, 150 milioni di euro per il 2023, 328,3 milioni di euro per il 2024, 591,5 milioni di euro per il 2025 e 1.015,3 milioni a decorrere dall'anno 2026 a valere sul finanziamento del Servizio sanitario nazionale. Queste risorse sono assegnate in deroga ai tetti di spesa sul personale e sono a sistema, mettendo così finalmente in sicurezza gli investimenti straordinari che faremo attraverso il PNRR.
  Ecco perché il DM 71, di cui ho lungamente parlato, rappresenta un progetto sostenibile economicamente che nei prossimi mesi e anni può essere ulteriormente implementato. Penso, per esempio, alle strutture per le cure palliative e a un ulteriore Pag. 6sviluppo del progetto della farmacia dei servizi.
  È sulla base di questo robusto quadro finanziario, che ho sinteticamente ricordato, che possiamo affermare che la stagione dei tagli per la sanità italiana è finalmente chiusa.
  Per evidenti ragioni di tempo nella seconda parte di questo mio intervento, prima di soffermarmi più dettagliatamente sullo stato di attuazione del PNRR, richiamerò in modo sintetico i principali nodi della rete territoriale che prevediamo nel DM 71, sottolineando che nelle prime pagine è indicato un metodo di lavoro e in qualche modo un cambio di paradigma.
  Infatti, prima dei numeri, dei fabbisogni e degli indici di riferimento viene precisata una metodologia di lavoro che ruota attorno a due concetti fondamentali: la «stratificazione», per conoscere e monitorare i bisogni di salute, e i «progetti di salute». Sono due buone pratiche che caratterizzano le eccellenze della sanità territoriale italiana. Il DM 71 le codifica come metodologia standard nazionale per orientare il lavoro di programmazione e le attività delle aziende sanitarie e dei distretti. È la traduzione pratica della nostra scelta di fondo: ripartire dai territori, dalle condizioni di vita delle persone e dai bisogni di salute che le comunità esprimono e da questa esigenza far discendere obiettivi, modelli organizzativi e la spesa necessaria.
  Le case della comunità rappresentano il cuore della nostra nuova rete territoriale, saranno impegnate su tutti quei bisogni di assistenza sanitaria e sociosanitaria che non riguardano l'acuzie e l'emergenza urgenza. Rappresentano il luogo fisico facilmente riconoscibile dell'integrazione sociosanitaria e lavorano sulla base di un modello organizzativo di approccio integrato e multidisciplinare. Hanno l'obiettivo strategico della presa in carico della comunità di riferimento attraverso l'istituzione di un'équipe multiprofessionale costituita da medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, medici specialisti, infermieri di famiglia e comunità e tutti gli altri professionisti sanitari coinvolti nel processo di cura.
  La casa di comunità promuove e realizza progetti di salute con particolare attenzione a tutte quelle condizioni legate alla cronicità e alla fragilità. La riforma prevede la realizzazione di una casa di comunità hub ogni 40 mila-50 mila abitanti con un'assistenza medica e assistenza infermieristica.
  Le case di comunità spoke dovranno garantire, insieme ad altri servizi come il punto unico di accesso, il collegamento con il Centro unico di prenotazione (CUP) aziendale e la presenza medica e infermieristica.
  In questo contesto gli studi dei medici di medicina generale e le sedi di riferimento dell'Aggregazione funzionale territoriale (AFT) saranno spoke delle case di comunità hub.
  La casa come primo luogo di cura porta l'assistenza domiciliare integrata entro il 2026 al 10 per cento per gli over 65. In Italia eravamo solo al 4 per cento di copertura pochi mesi fa, con una media OCSE al 6 per cento e i migliori esempi in Europa, ovvero in Germania e in Svezia, al 9 per cento.
  Più in generale nell'assistenza domiciliare avrà progressivamente un effetto fondamentale la telemedicina, sulla quale investiamo un miliardo di euro.
  L'ospedale di comunità è una struttura sanitaria della rete territoriale destinato a pazienti che necessitano di interventi sanitari a media-bassa intensità clinica e per degenze di breve durata e ha una funzione intermedia tra il domicilio e il ricovero ospedaliero, con la finalità di evitare ricoveri impropri e di favorire le dimissioni protette in luoghi più idonei al prevalere dei fabbisogni assistenziali, di stabilizzazione clinica e di recupero funzionale dell'autonomia, e più prossimi al domicilio stesso.
  L'implementazione di tali strutture, con uno standard che mira alla graduale attivazione di 0,4 posti letto ogni mille abitanti, permetterà una sostanziale riduzione di accessi impropri ad altri livelli di assistenza e potrà facilitare la transizione dell'assistenza ospedaliera per acuti a quella domiciliare.Pag. 7
  L'infermiere di famiglia e di comunità è la figura di riferimento che assicura l'assistenza infermieristica ai diversi livelli di complessità in collaborazione con tutti i professionisti presenti nella comunità in cui opera. È prevista l'attivazione di un infermiere di famiglia di comunità ogni 2 o 3 mila abitanti da impiegare nei diversi setting assistenziali in cui l'assistenza territoriale si articola. Il decreto-legge n. 34 del 2020 ne prevedeva 9.600, mentre con le nuove risorse della legge di bilancio quasi li triplichiamo.
  L'unità di continuità assistenziale (UCA) afferente al distretto è un'équipe mobile distrettuale composta da almeno un medico e un infermiere ogni 100 mila abitanti che opera sul territorio di riferimento anche attraverso l'utilizzo di strumenti di telemedicina in collaborazione con i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta dell'AFT e tutti gli altri attori del sistema. Essa ha l'obiettivo di supportare per un tempo definito i professionisti responsabili della presa in carico del paziente e della comunità e può essere attivata in presenza di condizioni clinico assistenziali di particolare complessità e di comprovata difficoltà operativa di presa in carico. La sede operativa e organizzativa è costituita sempre dalle case di comunità hub.
  La Centrale operativa territoriale (COT) è una struttura che si preoccupa di coordinare la presa in carico della persona e di raccordare tra di loro i servizi e i professionisti coinvolti nei diversi setting assistenziali. Tale funzione è svolta con l'obiettivo di assicurare continuità, accessibilità e integrazione dell'assistenza sanitaria e sociosanitaria sette giorni su sette. Al fine di garantire lo svolgimento delle suddette funzioni è prevista una COT ogni 100 mila abitanti, il cui standard di personale prevede almeno cinque o sei infermieri e almeno una o due unità di personale di supporto.
  La COT si interfaccia anche con la Centrale operativa regionale 116 117. Questa è, infatti, la sede del nuovo numero europeo armonizzato per le cure mediche non urgenti che offre un servizio telefonico gratuito alla popolazione attivo 24 ore su 24 sette giorni su sette per tutte le prestazioni sanitarie e sociosanitarie a bassa intensità assistenziale.
  Il DM 71 indica, inoltre, le modalità d'azione della rete delle cure palliative, dei servizi per la salute dei minori, delle donne, delle coppie e delle famiglie e per la prevenzione in ambito sanitario, ambientale e climatico.
  Prima di passare brevemente alla governance, è utile precisare che in questa versione del DM 71 abbiamo concentrato la nostra attenzione sugli interventi previsti dei finanziamenti europei. Nella proposta di riforma la struttura centrale dell'organizzazione dell'assistenza territoriale è il distretto, responsabile dell'attività di programmazione in termini di risposta integrata alle specifiche esigenze di salute della popolazione di riferimento, di disponibilità delle risorse, degli strumenti e delle competenze professionali. È il distretto il garante del rispetto del raggiungimento degli obiettivi di salute in termini di efficacia ed efficienza dei servizi erogati.
  Appare del tutto evidente in questo quadro che è indispensabile potenziare i distretti e qualificarne fortemente le direzioni. A tal fine abbiamo previsto le risorse per uno specifico corso di formazione.
  Stiamo, inoltre, lavorando con regioni e sindacati sulla medicina generale. Infatti, è nostra convinzione che un ruolo rafforzato della medicina generale sia un tassello fondamentale della riforma della rete territoriale. L'obiettivo che intendiamo perseguire è stabilire una forte connessione tra l'attività dei medici di medicina generale e le iniziative definite dal distretto e dalla casa di comunità.
  Venendo alla seconda parte del mio intervento, mi soffermerò più dettagliatamente sullo stato di attuazione del PNRR. Lo farò in modo schematico, richiamando le scadenze, alcune linee di indirizzo e i principali atti già adottati.
  Punto numero 1, le risorse. Il 20 gennaio 2022, dopo l'intesa della Conferenza Stato-regioni, è stato firmato il decreto di ripartizione delle risorse che ci sono state assegnate. Si tratta di un passaggio fondamentale del nostro lavoro, poiché dalla fase Pag. 8di programmazione passiamo a quella di attuazione dei programmi.
  Sul riparto dei fondi mi preme mettere in evidenza un dato: nel decreto di riparto che ho firmato, con cui sono state ripartite risorse per circa 8 miliardi, sono state assegnate, seguendo le linee e gli orientamenti del Governo, risorse al Sud per circa il 41 per cento a cui si aggiungono i circa 625 milioni del PON a cui ho prima fatto riferimento. È un risultato rilevante, perché le diseguaglianze sul diritto alla salute sono odiose e inaccettabili. Il diritto alla cura e all'assistenza non può dipendere dal luogo in cui si nasce o dal reddito familiare. «Uguaglianza», cioè omogeneità dell'offerta di salute sul territorio per tutti, è una delle tre parole chiave del nostro progetto di riforma della sanità italiana.
  Più in generale sulla ripartizione delle risorse per aree di intervento, credo risulti sempre più evidente che nella definizione di progetti la nostra riforma della sanità possiede una significativa carica di innovazione. Alla sanità digitale, alla digitalizzazione dei dipartimenti d'emergenza e accettazione (DEA), all'ammodernamento delle grandi apparecchiature e alla ricerca sono destinati circa 7,6 miliardi e più precisamente: telemedicina per un miglior supporto ai pazienti cronici, un miliardo; rafforzamento dell'infrastruttura tecnologica e degli strumenti per la raccolta, l'elaborazione e l'analisi dei dati e la simulazione, 1,672 miliardi; ammodernamento del parco tecnologico e digitale ospedaliero, 4 miliardi; valorizzazione e potenziamento della ricerca biomedica del Servizio sanitario nazionale, poco più di 520 milioni; ecosistema innovativo per la salute, 437,4 milioni. Si tratta di un dato che per la sua forza non ha bisogno di ulteriori considerazioni.
  Punto numero 2, riforma della sanità territoriale. Approvare entro il prossimo 30 giugno la riforma della nostra assistenza territoriale rappresenta la scadenza più importante dei prossimi mesi. Si tratta della premessa indispensabile per costruire una sanità di prossimità, per avere standard e modelli organizzativi omogenei in tutto il Paese per ridurre le disuguaglianze. È l'obiettivo a cui lavoriamo ogni giorno da mesi.
  Dopo un impegnativo lavoro preparatorio il 21 gennaio è stato trasmesso al Ministero dell'economia e delle finanze, per il concerto tecnico, il testo di riforma della sanità territoriale. Contiamo in questi giorni di ultimare questo passaggio e di inviare come previsto tutta la documentazione alla Conferenza Stato-regioni.
  Con le regioni abbiamo svolto un proficuo lavoro comune sia nel gruppo di lavoro istituito il 2 luglio del 2021 sia nella cabina di regia del Patto per la salute che ha formalmente approvato il DM 71. Dopo l'intesa della Conferenza, prima del decreto finale, ci saranno i due passaggi previsti dalla procedura, il Consiglio di Stato e la Corte dei conti. Procedendo con un ritmo serio e serrato di lavoro, siamo nei tempi per centrare questo primo risultato strategico.
  Punto numero 2.1, Piano operativo e Contratto istituzionale di sviluppo (CIS). Per far fronte alla natura innovativa del PNRR, un programma che a differenza del passato non è basato sulla rendicontazione dei costi ma sul raggiungimento di milestone e target entro una tempistica inderogabile, è stato necessario definire sin dalla fase progettuale scelte altrettanto innovative per assicurare una gestione coerente con gli impegni assunti. Innovare le procedure è indispensabile in considerazione del fatto che il Ministero della salute, in quanto amministrazione centrale titolare, ha la piena ed esclusiva responsabilità anche degli interventi a regia per i quali le regioni e le province autonome sono soggetti attuatori. Ecco perché si è cercato una modalità strumentale che consentisse a livello regionale di procedere all'attuazione degli interventi di propria competenza, mantenendo in capo a livello centrale il coordinamento e la capacità di monitoraggio, interazione ed eventuale intervento.
  Abbiamo deciso di sottoscrivere con ciascuna regione e provincia autonoma un Contratto istituzionale di sviluppo, CIS, che verrà accompagnato da uno specifico piano operativo. Attualmente le regioni, dopo una prima fase di ricognizione e programmazionePag. 9 conclusasi lo scorso dicembre e finalizzata all'individuazione dei siti dove realizzare case di comunità, ospedali di comunità e COT, stanno procedendo attraverso i gruppi individuati dalle singole aziende sanitarie alla compilazione di schede intervento che vengono progressivamente caricate su una piattaforma nazionale che abbiamo realizzato. Questo lavoro, secondo le nostre scadenze, deve terminare entro il prossimo 28 febbraio.
  Sulla piattaforma nazionale, grazie al prezioso lavoro dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) e di tutte le regioni e province autonome, vengono caricate e geolocalizzate le schede di intervento relative ai progetti per 1.350 case di comunità, 400 ospedali di comunità, 600 COT, 3.100 nuovi grandi apparecchiature che sostituiscono quelle con più di cinque anni di vetustà con gara della Consip, 280 interventi di digitalizzazione di dipartimenti di emergenza e accettazione DEA e oltre 300 interventi per rendere sicuri e sostenibili i nostri ospedali. I numeri anche in questo caso sono più chiari di tante altre parole: dobbiamo realizzare circa 6 mila interventi. È una sfida ambiziosa, ma alla nostra portata.
  Per questo motivo abbiamo scelto lo strumento del CIS, il Contratto interistituzionale di sviluppo, uno strumento di carattere negoziale, un vero e proprio contratto tra le parti contraenti che definisce il programma, le schede dei singoli interventi, le localizzazioni, i cronoprogrammi, le responsabilità dei contraenti, i criteri di valutazione e di monitoraggio e le modalità di soluzione per gli eventuali conflitti e inadempienze, prevedendo meccanismi di definanziamento e le condizioni di attivazione dei meccanismi sostitutivi previsti dalla legislazione specifica emanata per l'attuazione del PNRR. I CIS andranno sottoscritti dalle regioni entro il 31 maggio e la milestone relativa è il 30 giugno.
  Punto numero 3, sanità digitale, la chiave del nostro futuro. L'investimento della telemedicina e della digitalizzazione è un punto qualificante degli interventi di riorganizzazione e di rilancio del nostro Servizio sanitario nazionale previsti nell'ambito del PNRR. Infatti, ne integra gli obiettivi fondamentali: contribuire a ridurre gli attuali divari territoriali nell'offerta di salute, garantire una migliore esperienza di cura per gli assistiti e migliorare i livelli di efficienza dei sistemi sanitari regionali.
  Il 30 dicembre 2021 è stato siglato da Agenas, Unità di missione per l'attuazione degli interventi del PNRR del Ministero della salute e Dipartimento per la trasformazione digitale, il piano operativo relativo al subinvestimento telemedicina. Contestualmente è stato firmato anche l'accordo tra le tre amministrazioni che indica Agenas quale soggetto attuatore del suddetto subintervento.
  Il piano operativo articola l'intervento in due fasi. La prima fase è la realizzazione della Piattaforma nazionale di telemedicina, mentre la seconda fase è l'attivazione di servizi di telemedicina a livello regionale.
  La fase di realizzazione della piattaforma nazionale di telemedicina avverrà, coerentemente con le indicazioni emerse nella riunione del Comitato interministeriale della transizione digitale del 15 dicembre 2021, con una procedura di partenariato pubblico-privato, dove il soggetto pubblico sarà Agenas. L'emanazione dell'avviso pubblico per la realizzazione della piattaforma avverrà entro il primo trimestre del 2022.
  Inoltre, al fine di assicurare le misure finanziate nell'ambito del PNRR relativamente a telemedicina e sanità digitale, con l'articolo 21 del decreto-legge n. 4 del 2022 l'Agenas assume anche il ruolo di Agenzia nazionale per la sanità digitale.
  Punto numero 3.1, due progetti per la transizione digitale. A dicembre 2021 sono stati definiti i due importanti piani operativi, sempre con Agenas come soggetto attuatore, relativi al progetto pilota di intelligenza artificiale e al progetto Portale della trasparenza.
  Investiamo 50 milioni per dare nuovo impulso all'utilizzo dell'intelligenza artificiale nella cura del paziente. Saranno sviluppati: servizi di supporto al medico per condurre l'anamnesi e giungere alla diagnosi (il sistema fornirà informazioni e Pag. 10suggerimenti non vincolanti ma preziosi), servizi di supporto per condurre da remoto la televisita, app per gestire in modo più efficace la prevenzione secondaria, screening, indagini epidemiologiche e diagnosi precoci.
  Passando al Portale della trasparenza, con 25 milioni aggiorniamo questo portale con un nuovo progetto che si pone due obiettivi di fondo: rilevare i bisogni di salute per disegnare una mappa della salute che individui i fabbisogni dei servizi su base territoriale e realizzare un'infrastruttura di banche dati territoriali per velocizzare la gestione e la restituzione dei contenuti, andando incontro alle esigenze reali degli utenti.
  Punto numero 3.2, una piattaforma per il Ministero della salute. Ad agosto 2021 è stato definito il piano dei fabbisogni per la realizzazione della piattaforma nazionale per l'incontro tra domanda e offerta dei servizi di telemedicina. La realizzazione della piattaforma garantirà il raggiungimento di tre obiettivi strategici: promuovere l'adozione su larga scala di soluzioni di telemedicina grazie a una piattaforma tecnologica centrale e a progetti specifici per il suo utilizzo da parte dei sistemi sanitari regionali; raccogliere le esperienze già in uso per validarne e consentirne la diffusione; favorire la condivisione di nuove esperienze e applicazioni di successo, migliorando la cultura della sanità digitale.
  La piattaforma in sé non erogherà servizi di telemedicina, ma promuoverà lo scambio di soluzioni valide e svolgerà un'importante funzione di divulgazione e promozione della telemedicina. Gli strumenti da soli non bastano, bensì occorre competenza, fiducia e abitudine a usarli da parte sia della popolazione sia dei professionisti sanitari.
  Punto numero 4, raccolta e gestione dei dati: il progetto del FSE (Fascicolo sanitario elettronico). A settembre è stato definito con il Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei ministri il piano operativo che ha avviato l'investimento relativo al Fascicolo sanitario elettronico. Il progetto mira a migliorare radicalmente l'infrastruttura tecnologica che sta alla base dell'erogazione delle cure, dell'analisi sanitaria e della capacità predittiva del Servizio sanitario nazionale italiano, e in particolare è volta a potenziare l'infrastruttura e l'utilizzo del Fascicolo sanitario elettronico esistente.
  Il Fascicolo sanitario elettronico diventerà un ambiente di dati omogeneo, coerente e portabile in tutto il territorio nazionale e fornirà uno sportello unico con tre funzioni fondamentali: facilitare il lavoro degli operatori sanitari, fornendo un'unica fonte di informazioni cliniche che dettagliano l'intera storia medica di un paziente; fornire al paziente un punto di accesso unico ai servizi fondamentali erogati dei servizi sanitari nazionali e regionali; fornire alle amministrazioni sanitarie i dati clinici da analizzare per migliorare l'erogazione delle cure.
  Più dati, meglio strutturati e con un'infrastruttura analitica più potente permettono di disegnare scenari predittivi, individuare tempestivamente le criticità e intervenire con efficacia. Per questo la diffusione del Fascicolo sanitario elettronico è la pietra angolare della trasformazione digitale della sanità. Inoltre, consente l'interoperabilità dei dati sanitari a livello europeo, inserendosi in modo proficuo nel più ampio progetto di rete eHealth a cui l'Italia partecipa.
  Punto numero 5, rilancio della formazione del personale sanitario, competenze tecniche, professionali, digitali e manageriali. La forza del nostro Servizio sanitario nazionale è la forza dei suoi professionisti, donne e uomini, che compiono ogni giorno il proprio dovere. Un investimento significativo del PNRR mira alla valorizzazione e allo sviluppo delle loro competenze.
  Sono stati definiti tutti gli atti per il finanziamento di ulteriori 900 borse aggiuntive relative al primo ciclo di formazione specifica in medicina generale. Nel corso dei prossimi mesi si attiveranno le procedure per il completamento di altri due cicli formativi per un totale di 2.700 borse di studio aggiuntive per un importo complessivo di 101.973.000 euro.
  Per il superamento dell'imbuto formativo sono stati definiti tutti gli atti per il Pag. 11finanziamento di ulteriori 4.200 contratti di formazione medica specialistica aggiuntivi per un ciclo completo di studi di cinque anni, per un importo complessivo di 537.600.000 euro.
  Sono state ripartite le risorse tra le regioni e sono stati definiti i contenuti minimi formativi per la realizzazione di un piano straordinario di formazione sulle infezioni ospedaliere, tema molto delicato che riguarderà 293.386 operatori sanitari del Servizio sanitario nazionale con circa 150 mila partecipanti entro la fine del 2024 e circa 140 mila entro metà del 2026 per un importo complessivo di 80.026.994 euro.
  Sono stati avviati i lavori per la definizione con Agenas dei contenuti minimi formativi del corso per la formazione di 4.500 dirigenti del Servizio sanitario nazionale, direttori generali, sanitari e amministrativi nonché direttori di dipartimento, direttori di distretto e direttori di presidio ospedaliero.
  Punto numero 6, sviluppo della ricerca. In questo settore è in corso un lavoro senza precedenti per quantità delle risorse impegnate e per qualità degli obiettivi definiti. Con il decreto approvato il 27 gennaio del 2022, d'intesa tra il Ministero della salute e il Ministero dell'università e della ricerca, sono state approvate le linee guida per gli investimenti strategici in questo settore. In particolare, il progetto Ecosistema innovativo della salute mira a realizzare reti clinico-transnazionali di eccellenza per potenziare la ricerca biomedica nazionale attraverso la creazione di una rete di centri di trasferimento tecnologico, il rafforzamento e lo sviluppo qualitativo e quantitativo degli Hub Life Science per area geografica in specifiche aree di intervento e la realizzazione della fondazione Hub Antipandemico, istituita dall'articolo 1, comma 945 della legge 30 dicembre 2021, n. 234, per la gestione e contrasto alle malattie infettive epidemiche e pandemiche.
  Un secondo obiettivo strategico è approvare entro la fine del 2022 il decreto di riforma degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS). A tal proposito voglio ricordare che proprio la passata settimana nell'ultimo Consiglio dei ministri è stata approvata la legge delega di riforma in anticipo rispetto alla nostra tabella di marcia e si tratta di una riforma strategica, di cui il Parlamento avrà modo di discutere, per rafforzare i nostri istituti di ricovero e cura di carattere scientifico. Intendiamo potenziare gli IRCCS, valorizzare il loro ruolo di eccellenza nella ricerca e favorire il trasferimento delle loro innovazioni sul territorio.
  Credo sia evidente, dai dati che ho schematicamente ricordato, che siamo in presenza di un lavoro imponente per dimensioni e di straordinaria importanza per il futuro del nostro Servizio sanitario nazionale. Muovendoci con il massimo di unità e condivisione, è una sfida che credo possiamo vincere insieme.
  Mi scuserete se sono stato lungo, ma credo che i temi meritassero un'attenzione dovuta.

  PRESIDENTE. Grazie, Ministro. È un'audizione lunga, ma le cose da dire erano veramente tante, quindi il tempo non è stato sprecato.
  Ho un elenco di colleghi che hanno chiesto di intervenire. Avevamo detto quattro minuti per gruppo. Sono iscritti a parlare per il Movimento 5 Stelle l'onorevole Nappi e l'onorevole Villani che avrebbero due minuti ciascuno. Onorevole Nappi, prego.

  SILVANA NAPPI. Grazie, Ministro, per la sua relazione e soprattutto per l'opportunità di questo confronto. Io vorrei partire proprio dal concetto della programmazione, perché è quello che in effetti migliora l'efficacia, riducendo i costi. Per questo motivo, nonostante lei abbia parlato di una serie di investimenti che si faranno sulla sanità, io spero che questi fondi verranno utilizzati nella maniera più efficace possibile e spero che soprattutto impattino in maniera positiva, possibilmente sui prossimi quarant'anni della sanità.
  Come lei diceva, le sfide future saranno la multicronicità, la fragilità, l'anzianità. Per questo motivo bisogna obbligatoriamente programmare un'assistenza domiciliare, perché noi nel PNRR abbiamo previstoPag. 12 la casa come primo luogo di cura e soprattutto che questa ridistribuzione della spesa consideri scelte di tipo preventivo e clinico-assistenziale che tengano conto di un miglior coefficiente costo-beneficio, costo-efficacia e costo-convenienza, perché è proprio la criticità del vecchio sistema che ci deve far orientare su delle scelte obiettive.
  Io rimango nella medicina territoriale, perché è il tema che seguo di più. Conosco perfettamente i lunghi percorsi e pellegrinaggi che fanno gli assistiti tra il medico prescrittore e i centri dove si erogano la diagnostica, le visite specialistiche, con i temi delle liste d'attesa, prenotazioni e quant'altro.
  Oggi su Quotidiano Sanità e in tutti i dibattiti c'è spazio solo per la diatriba tra «dipendenza sì» e «dipendenza no» e non si prende assolutamente in considerazione il fatto che i medici scappano dalle strutture. Questo deve farci considerare due cose: che non esiste il riconoscimento della professionalità e che la remunerazione non è sicuramente quella che i medici si aspettano.
  Io mi concentro su due punti, il primo dei quali riguarda la remunerazione del medico di medicina generale. Appare fondamentale la modifica delle modalità di remunerazione del medico di medicina generale. Quaranta anni fa abbiamo fatto una scelta importantissima, ovvero quella del passaggio dal pagamento sulla base delle ricette prescritte, alla quota pro capite, ma in questi quarant'anni ci siamo resi conto che neanche questo tipo di remunerazione va bene.
  Invito a considerare una proposta mista composta per il 50 per cento da uno stipendio base forfettario, legato al riconoscimento della professionalità che andrà ad aumentare poi con l'anzianità lavorativa, dal 30 per cento che deve essere legato alle prestazioni erogate e dal 20 per cento in base al conseguimento del risultato, al fine di responsabilizzare il medico e spingerlo alle scelte più efficaci e più appropriate.
  L'altro punto che ritengo sia fondamentale è la responsabilità professionale nei riguardi della spesa sanitaria, perché fino a quando i fondi vengono erogati dallo Stato e il medico di medicina generale non ha responsabilità sulla spesa sanitaria, scriverà di tutto e di più.
  Credo che la casa della salute avrà un buon funzionamento solo se ci saranno i pediatri di libera scelta, i medici di continuità assistenziale, i medici di medicina generale e tutte le figure che lei ha detto poc'anzi. Occorre che ci sia un'appropriatezza prescrittiva e un criterio di razionalità dei fondi affinché questa struttura di servizi all'interno della casa della salute includa un modello che gestisca in maniera responsabile anche le risorse economiche.

  PRESIDENTE. Onorevole, lo so che è un lavoro ingrato, ma devo dirle che lei ha finito il suo tempo, quindi per favore chiuda.

  SILVANA NAPPI. Avrò modo di parlare in qualche altra occasione con il Ministro o di relazionarmi con qualcuno nel Ministero perché è fondamentale.

  VIRGINIA VILLANI. Innanzitutto, voglio ringraziare il Ministro per l'esposizione e la relazione assolutamente chiara ed entusiasmante. Mi gira ancora la testa a sentire queste cifre e immagino il lavoro immane che si dovrà fare per riuscire a portare avanti questo sogno, perché veramente mi sembra un sogno.
  Stasera, Ministro, come sempre io le parlerò del problema del 118. Ormai lei mi conosce per questa problematica. Purtroppo il settore dell'emergenza-urgenza soprattutto in Campania sta collassando e stiamo assistendo a un vero e proprio esodo della categoria dei medici.
  Questo lo abbiamo evidenziato anche con un emendamento presentato da tutte le forze politiche al decreto-legge «Milleproroghe» che però è stato dichiarato inammissibile. Noi lo abbiamo riproposto al decreto «Sostegni» con la speranza che si riesca a stabilizzare soprattutto i medici convenzionati del 118, perché lei sa bene che il 118 è il baluardo dell'assistenza territoriale. Solo così noi possiamo garantire ai cittadini sicurezza di cure e salvare vite umane.Pag. 13
  Un'altra cosa alla quale tengo tantissimo è riconoscere la figura dell'autista soccorritore. Anche questo fa parte della riforma del 118 e mi auguro che lei voglia interpretare queste nostre richieste e cercare insieme a noi di trovare una soluzione. La ringrazio per tutto quello che farà.

  VITO DE FILIPPO. Grazie al Ministro. Condividiamo totalmente questa impostazione che merita sicuramente di essere definita rivoluzionaria, storica nella sua dimensione e anche nell'impatto che può avere sul sistema sanitario del nostro Paese. Siamo molto d'accordo e abbiamo seguito con attenzione tutti i passaggi che in questi mesi virtuosamente il Ministro e il Ministero hanno saputo mettere in campo.
  La mia è una domanda-commento alla valutazione del Ministro. C'è un prologo e anche un viatico in questa grande operazione che si annuncia, che mi farebbe piacere sentire nella replica del Ministro.
  In primo luogo, l'infrastrutturazione della sanità territoriale nelle previsioni future sicuramente dovrà contemperare una costante attività in termini finanziari e quindi un aumento prospettico, storico e definitivo del Fondo sanitario nazionale. Sappiamo come sono le congiunture e gli avvicendamenti in questo dibattito, non solo del nostro Paese, quindi sicuramente questo prologo e questo viatico sarà molto necessario.
  In secondo luogo, passando all'ultimo spunto, l'uniformità della realizzazione di questo sistema è ancora molto rischiosa. Per chi conosce la storia precedente, anche il DM 70, così efficacemente commentato dal Ministro – credo ci sia un documento che dimostra che alla base di quel lavoro vi sono centinaia di soggetti: società scientifiche, organizzazioni sindacali e amministrazioni regionali – e la stessa riforma Balduzzi sono state ampiamente smentite e non concretamente realizzate.
  Nel sistema di uniformità, quali sono gli strumenti che, sulla base di questa esperienza, si possono mettere in campo affinché nell'articolazione di un Paese lungo e con differenze regionali così clamorose questa grande rivoluzione storica non abbia un impatto uniforme nel nostro Paese?

  ELENA CARNEVALI. Grazie moltissimo, Ministro. Condividiamo le analisi pregresse e la forza con cui sono state messe in campo non solo risorse del PNRR ma anche le risorse di accompagnamento, perché, oltre a quelle di carattere strutturale che derivano dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, sono stati individuati modelli organizzativi gestiti insieme alle regioni con questo lavoro di condivisione delle risorse che, invece, riguardano la parte gestionale.
  Saremo sempre attenti sulla questione che riguarda la stabilizzazione del personale e l'aumento delle risorse anche in questo momento di difficoltà di alcune regioni.
  Entro nel merito. Fa tremare i polsi, però condivido con lei che è un impianto che nel suo complesso è alla portata. Tuttavia, le devo fare alcune domande. La prima riguarda la medicina territoriale. Al di là delle modalità contrattualistiche, come riusciremo a fare in modo che le aggregazioni funzionali territoriali (AFT) e le unità complesse di cura primaria (UCCP) siano di fatto una presenza concreta nelle case di comunità soprattutto nella parte che riguarda gli hub?
  Passando alla seconda domanda in riferimento alle case di comunità, credo che oggettivamente sia chiaro che il percorso è un percorso graduale, ma mi sembra che ci stiamo concentrando in questo momento soprattutto sulle regioni e sull'individuazione degli hub. Partendo dalle disponibilità dell'edilizia che è in capo alle ASL, bisognerebbe riuscire a capire e fare un monitoraggio se questo corrisponde alle richieste oggettive dei bisogni territoriali. Lo dico pensando soprattutto alla sanità di montagna e spero che anche questo abbia un'attenzione particolare nello sguardo del Ministro.
  La seconda questione riguarda le centrali operative territoriali (COT). Credo che la chiave della rivalutazione e della qualificazione del distretto sia una delle parti rilevanti nel suo complesso. Tuttavia, mi sembra che le COT, almeno per alcune regioni, non siano ancora state «individuate» o che non sia stato individuato chi li gestisce. Quindi volevo capire se le regioniPag. 14 hanno discrezione rispetto alla materia concorrente.
  Infine, le pongo il tema delle RSA nelle attività di continuità assistenziale e le chiedo se il distretto ha un'autonomia tecnica, gestionale e finanziaria.
  Da ultimo le chiedo la questione del 50 milioni sull'intelligenza artificiale e sul ruolo di Agenas, cioè se la scelta dei progetti sta in capo esclusivamente a loro.

  FABIOLA BOLOGNA (intervento da remoto). Ringrazio il Ministro per l'ambizioso progetto che ci ha presentato questa sera che credo investa la responsabilità di tutti noi. Vado subito al commento che volevo fare.
  Volevo sottolineare la criticità che il personale sanitario sta attraversando in questo periodo, sia per quanto riguarda il personale ospedaliero sia per quanto riguarda il personale territoriale. Credo che bisogna prendere coscienza di questa situazione, perché è chiaro che dall'ospedale si fugge per il carico di lavoro, ma dal territorio si fugge per mancanza di organizzazione e stabilizzazione di una situazione che ormai va avanti da molti anni.
  Quando si parla di case della comunità e di questa nuova gestione che si vuole fare a livello territoriale, io mi chiedo: chi costruirà questa nuova cultura organizzativa? I sanitari saranno in grado di gestire queste case della comunità come noi ci immaginiamo, visto che non sono mai stati abituati a lavorare in rete insieme ai medici di medicina generale, agli specialisti territoriali o ad altre figure sanitarie? La figura dell'infermiere di famiglia sarà in grado di non essere un'isola persa nel territorio e di collaborare davvero con questo figure? Perché da noi in Lombardia questo ancora non accade, nel senso che queste figure sono tutte figure molto interessanti, ma sono delle isole felici che stanno nei loro piccoli ambulatori e che non comunicano minimamente con tutte le altre figure. Questo non potrà essere accettabile per quanto riguarda il discorso delle case della comunità, men che meno per quanto riguarda gli ospedali della comunità.
  Secondo me il problema del personale, della formazione e della nuova cultura organizzativa che noi vogliamo dare deve andare di pari passo anche con il discorso economico, altrimenti noi non avremo il servizio che ci aspettiamo.
  Inoltre, sollevo anche io il problema delle RSA, poiché anche secondo me devono essere inserite all'interno di questa rete sia nell'ambito che riguarda gli ospedali di comunità, sia nell'ambito dei servizi domiciliari, nonché nell'ambito di un discorso di esperienza di tanti anni; soprattutto le RSA no-profit che da anni svolgono un'assistenza agli anziani molto importante per quegli anziani che non possono essere trattati in casa, che ci saranno ancora. Infatti, anche se noi aumentiamo la domiciliarità al 10 per cento oltre i 65 anni, ci sarà sempre una percentuale di anziani che non riusciranno ad essere trattati a domicilio e, finito il percorso, nell'ospedale della comunità, sicuramente avranno bisogno di una RSA.
  Per questo motivo noi dobbiamo pensare anche alla modernizzazione e alla valorizzazione di queste RSA, soprattutto quelle no-profit e quelle che non sono delle «multinazionali»; queste ultime, peraltro, non sono mai controllate da un punto di vista di qualità e di efficienza.
  Infine, faccio un passaggio anch'io sulla COT. Chiaramente la Centrale operativa territoriale mi preoccupa particolarmente, perché sicuramente è un elemento importante, ma deve essere anche in questo caso formato il personale e deve essere messo in rete con chi si occupa del paziente, altrimenti facciamo una sovrapposizione di progetti sul paziente che creerà sicuramente qualche problematica. Riflettiamoci bene su come si organizzerà questo, ma poi sarà un discorso delle regioni.
  Infine, sulla seconda parte del suo discorso, sull'ammodernamento tecnologico, valutiamo fin da ora come mettere a frutto questo ammodernamento, perché ora ammoderneremo, ma quando avremo finito ci sarà già da rifare qualche nuovo ammodernamento. Per questo motivo dovremo utilizzare delle forme di finanziamento più elastiche che ci permettano di ammodernare nel momento in cui l'ammodernamento è necessario e non un one shot. A Pag. 15mio avviso è molto importante ragionare anche su questo.
  Queste sono le valutazioni che mi sono permessa di fare.

  MARCELLO GEMMATO. Ringrazio il Ministro per la relazione. Ministro, in maniera condivisa con la Commissione abbiamo chiesto la sua presenza proprio per essere aggiornati sull'evoluzione del PNRR e della Misura 6 attinente la sanità. Pur essendo nel complesso condivisibile e ambizioso quanto da lei descritto, porto alcune criticità che voglio condividere con lei.
  Innanzitutto, vi è la dotazione economica e finanziaria per il Meridione. Il 41 per cento del totale innestato di 650 milioni di euro derivanti dal PON, a nostro avviso e a mio avviso, non servono a perequare quella differenza che esiste, purtroppo, fra la sanità del Nord e la sanità del Sud.
  In questo mi richiamo al riparto del Fondo sanitario nazionale; più volte, anche dalla Conferenza Stato-regioni, è stato chiesto di considerare ulteriori coefficienti che non fossero unicamente o principalmente quelli di anzianità, ma sostanzialmente introducendo un coefficiente di deprivazione che tenesse conto di altri parametri quali la disoccupazione, il reddito medio pro capite, l'urbanizzazione e l'inquinamento. Questa è una prima riflessione.
  La seconda riflessione che si unisce a questa è quella relativa, invece, al fatto che nella strutturazione incentrata sulle 1.350 case di comunità – leggevo 1.288, ma forse era nella prima versione – su più di 605 COT e sui 400 ospedali di comunità, non capisco, o meglio vorrei che mi sollevasse da questo dubbio, come si possano finanziare nell'ordinarietà una volta che saranno istituiti. Vorrei capire se c'è un ulteriore allargamento del Fondo sanitario nazionale o dove si vanno a reperire le risorse che servono per l'ordinarietà come il riscaldamento e l'energia elettrica, visto che, purtroppo, sono degli elementi di attualità.
  In più, da uomo del Sud a uomo del Sud, oltre per quello che le dicevo, sollevo un tema in particolare, partendo dalla sua Basilicata e ricordando che una casa di comunità insiste su 50 mila abitanti e un COT su 100 mila. Come si fa a rendere salute sul territorio delle piccole comunità montane nei Paesi di 500, 1.000 o 2.000 abitanti che molto spesso sono orograficamente distribuiti in maniera tale da essere lontani dal primo eventuale COT o dalla prima eventuale casa di comunità?
  In questo mi permetto di suggerire il tema delle farmacie rurali, un tema che lei ha sfiorato ma che non ha approfondito. Lei conosce la mia appartenenza professionale, ma le farmacie rurali potrebbero inserirsi in questa rete e rendere salute anche nelle piccole comunità.
  Infine, avviandomi alla conclusione, il mio è un dubbio che spero venga dissipato dai fatti. Lei richiama un DM 71 per fortuna in discontinuità e mi è piaciuta la sua annotazione critica fatta alla mancata applicazione del DM 70, o meglio all'applicazione per quanto riguarda la chiusura degli ospedali e poi purtroppo alla mancata strutturazione della medicina territoriale.
  Tuttavia, anche in precedenza, con la finanziaria del 2006, si immaginavano le case della salute. Ritengo che forse in tutta Italia solo in dieci regioni è stata aperta qualche Casa della salute. Qual è l'elemento di discontinuità che ci dice e ci fa affermare che noi riusciremo – io mi auguro che ciò avvenga – a fare in modo che di qui a qualche mese o qualche anno si possano avere 1.350 case della comunità, se non siamo riusciti ad attrezzare e le case della salute a distanza di 15 anni?

  LISA NOJA (intervento da remoto). Ringrazio anch'io molto il Ministro. Vado subito alle domande, perché non voglio sottrarre tempo alla mia collega.
  Il primo punto è il seguente. Lei diceva che gli studi dei medici di medicina generale saranno degli spoke delle case di comunità. Le chiedevo se poteva entrare un po' più nel dettaglio, perché una delle perplessità e dei timori che si stanno creando su alcuni territori – io parlo, per esempio, di quello lombardo – è che ci possa essere un po' una confusione nel coordinamento tra quello che devono fare nei loro studi i medici di medicina generale e le case di comunità.Pag. 16
  La seconda domanda riguarda il tema dell'integrazione socio-sanitaria. Prendendo sempre l'esempio della Lombardia, nella proposta che oggi è in discussione in regione l'elemento dell'integrazione tra socio e sanitario è un elemento che viene definito in modo facoltativo, mentre io credo – sono sicura che sia nelle sue intenzioni – che debba essere uno dei pilastri di questo grande progetto, perché abbiamo visto come l'integrazione tra il socio e il sanitario sia quello che consente di superare anche delle tematiche di povertà sanitaria e di aggravamento delle cronicità. Quanta discrezionalità su questo piano verrà lasciata alle regioni?
  Passando alla terza domanda, le chiedo se può approfondire un po' di più il tema di come si intende affrontare la medicina territoriale per le cronicità complesse, perché lei ha parlato giustamente della cronicità legata all'invecchiamento e a quella cronicità di gestione più semplice, ma noi abbiamo una cronicità legata, per esempio, alle malattie rare, che chiaramente richiede un livello di specializzazione molto elevato, eppure è molto importante l'assistenza territoriale per impedire o diminuire al massimo la necessità di ospedalizzazione e l'assistenza continua al domicilio di chi ha delle patologie complesse.
  Lei faceva riferimento a un investimento e a un'attenzione particolare agli screening oncologici. Questo è giustissimo e ha tutto il nostro sostegno, ma le chiedo attenzione anche al tema degli screening neonatali. A livello normativo abbiamo fatto grandi passi avanti, ma ancora a livello regionale c'è una grande disomogeneità e credo che nel progetto ambizioso che lei ha messo in campo questo degli screening neonatali sia davvero un punto fondamentale, perché è il primo passaggio che consentirà a molti bambini con malattie rare di accedere alle nuove terapie avanzate di cui c'è sempre maggiore disponibilità.
  Da qui mi collego all'ultima domanda, ovvero se nell'ambito di questo grande piano di rivoluzione, che noi appoggiamo e di cui la ringraziamo, ci sarà spazio anche per aprire un confronto profondo su come garantire la sostenibilità del sistema e garantire anche l'accesso alle cure a tutti i pazienti eleggibili; ad esempio ci sono malattie rare gravi per le quali oggi stanno arrivando delle terapie geniche rivoluzionarie molto costose che, evidentemente, con il sistema di rimborso come spesa corrente, rischiano di mandare in crisi la sostenibilità.

  MARIA TERESA BALDINI. Grazie, Ministro, di aver sintetizzato un piano così difficile e così complesso da realizzare. Io volevo segnalarle la necessità di una chiara programmazione per allocare dei fondi del PNRR per i presìdi territoriali antipandemici, per non occupare tutti gli spazi per i malati non infettivi. Questo è un tema vecchio, ma oggi con la pandemia chiaramente è risultato quello fondamentale. Io credo che sia davvero importante programmare inizialmente zone antipandemiche, perché il problema infettivo è un problema virale oggi e sarà un problema batteriologico domani.
  C'è è sempre stato un problema di gestione dell'acuto, perché in questo contesto tante volte quando si va a fare una programmazione, ci si dimentica l'acuto che è fondamentale, perché è quello che poi impedisce la cura perché non c'è una struttura immediata per poter sopperire. Il problema dei pronto soccorso è fondamentale.

  MARA LAPIA (intervento da remoto). Ministro, io la ringrazio, è un progetto virtuoso senza ombra di dubbio.
  Da sarda aspettavo veramente da anni che si superasse il DM 70 che ha visto nella mia terra fare tabula rasa di tanti piccoli ospedali, però ciò non mi emoziona, come ha detto qualche mio collega, bensì mi preoccupa tanto, Ministro. Si parla delle case della salute, ma non è un progetto che mi vede ottimista, anche perché in questi giorni vedo un forte depotenziamento dei maggiori ospedali della mia terra. Parlo dell'ospedale di Oristano o dell'ospedale di Nuoro con reparti interi in chiusura. Ministro, io l'ho invitata tante volte nella mia terra, perché credo che un ministro veramente debba prendere coscienza del divario enorme che c'è tra il Nord e il Sud. Pag. 17Sono certa che dopo di me probabilmente qualche altro collega, come il collega Sapia, condividerà le mie riflessioni.
  Ho veramente e sinceramente paura che questo progetto così ambizioso e così tanto auspicato da noi possa ancora creare un divario più grande tra il Nord e il Sud che oggi vede la nostra sanità andare a 100 all'ora in determinate regioni e in altre a 20. Regioni come la mia vanno a 20 e le altre a 200. Penso che avremo regioni con una sanità superavanzata, dove questo progetto si potrà realmente concretizzare e regioni come la mia dove sarà assolutamente impossibile, Ministro, concretizzarlo. Come potremmo fare case della salute se stiamo chiudendo gli ospedali principali o se non abbiamo medici? Possiamo pensare di portare attrezzature, ma abbiamo scuole di specializzazione chiuse. «Vigilare» è la parola chiave oggi. Oggi lo Stato deve nuovamente vigilare sulle regioni che sono indietro, perché altrimenti non si possono attuare i progetti. Occorre capire anche come andranno veramente distribuiti questi fondi.
  Oggi, Ministro, le devo chiedere una cosa veramente importante. Non facciamo finta di non capirci: la regione Sardegna ha un grandissimo problema che il Governo ha messo nel nostro territorio, si chiama «Mater Olbia». È inutile darci tanti soldi se poi la mia regione è costretta a darli a un ospedale privato per sanare i debiti di questo ospedale. Nessuno avrà mai il coraggio di dirlo in questo Parlamento o in una Commissione. Stiamo coprendo i debiti di bilancio di questa grande struttura e la volontà politica in questo Parlamento e in regione è trasversale. Se vogliamo aiutare una regione come la mia, capiamoci. Se dobbiamo mandare risorse alla regione Sardegna, queste non devono essere date per coprire il debito creato da una scatola vuota come il Mater Olbia, perché non è un ospedale di eccellenza e perché se si vuole continuare a mantenere una struttura del genere, il Governo e lo Stato si devono prendere le responsabilità di aver messo una struttura del genere in una terra già fortemente deprivata della sanità pubblica e non può la mia regione accollarsi questo debito.
  Ben vengano le risorse, ma non gravi sulla sanità sarda un grande debito che è quello del Mater Olbia.
  Detto questo, le chiedo solo un'ultima cosa, Ministro, per quanto riguarda l'oncologia e le cure palliative: di dedicare grande attenzione alle due isole più importanti che sono la Sicilia e la Sardegna, perché noi quando andiamo a curarci, dobbiamo varcare il mare. Spero nelle scuole di specializzazione delle cure palliative in Sardegna, così come nell'incentivazione dello screening.

  ROBERTO NOVELLI(intervento da remoto). Grazie, signor Ministro, è una relazione dettagliata, una rivoluzione copernicana della sanità territoriale che ci auguriamo tutti davvero possa trovare un'applicazione concreta.
  Lei ha fatto un passaggio iniziale sul DM 70, delineando giustamente il fatto che quel DM ha portato alla chiusura di molti ospedali, soprattutto i piccoli ospedali, quelli che davano il servizio alle comunità più disagiate senza avere sviluppato una sanità territoriale in parallelo.
  In questo articolatissimo DM 71 sono previste le case di comunità e gli ospedali di comunità. Tuttavia, signor Ministro, vorrei che fosse chiara una cosa: gli esperimenti si possono fare nel momento in cui c'è anche il personale che può applicare il contenuto della norma. Mi domando se all'interno delle case di comunità e degli ospedali di comunità noi riusciremo a trovare sia il personale medico sia quello infermieristico ma anche una connessione duratura, precisa e chiara senza continue rivendicazioni contrattuali da parte dei medici di medicina generale, perché abbiamo visto in questo periodo che, purtroppo, nonostante l'importanza non discutibile del medico di medicina generale, troppe volte questa categoria si è chiusa dentro delle rivendicazioni contrattuali, rallentando anche quelle che sono delle attività di salute per il territorio.
  Una cosa per me altrettanto importante è capire nell'ambito della sanità territoriale, quindi nell'ambito del DM 71, se i punti di primo intervento sono riconosciuti Pag. 18come dei luoghi in cui, per interventi di media e bassa intensità, si può evitare di gravare sui pronto soccorso degli ospedali che, come sappiamo, dovrebbero essere dedicati a interventi di emergenza non certamente a codici bianchi o codici verdi.
  Inoltre, c'è un altro aspetto. È molto importante l'iniziativa degli investimenti sul personale, però io le chiedo questo, signor Ministro: noi in questo momento abbiamo dei corsi universitari per la laurea di infermieristica per i quali non si riesce a coprire il numero dei posti disponibili; dobbiamo fare in modo che questa professione torni a essere più appetibile. Questo è un passaggio importante. Magari se vorrà spendere due parole sull'argomento, credo che sia davvero rilevante per tutti noi.
  L'ultimo aspetto, nel tempo che mi è dato, che volevo anch'io sottolineare è se in un programma, un progetto così articolato e con una durata di diversi anni, vista la diversità di applicazione delle norme sulla sanità all'interno delle nostre regioni, saranno previsti degli strumenti di verifica sull'applicazione dei contenuti del decreto ministeriale 71, perché altrimenti ci troveremo nella condizione di avere delle regioni che faranno il loro e delle altre regioni che, invece, lasceranno sulla carta gli ottimi contenuti di questo DM, quando avrà trovato la sua conformazione definitiva.

  CARMELO MASSIMO MISITI. Grazie, sarò lapidario. Oltre a ringraziare il Ministro, la domanda che faccio è la seguente. Ho sentito tutte le date e i termini che sono stati dati, ma secondo lei, signor Ministro, quali possono essere i tempi per quanto riguarda l'attuazione del DM 71?

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Misiti. Mi permetto di fare anch'io un'ultima domanda al Ministro. Le chiedo se sono stati pensati dei parametri oggettivi per valutare l'effettiva ricaduta del Piano e del DM 71 sui vari territori e sulla salute dei cittadini, perché poi alla fine credo che sia questo che noi dobbiamo dimostrare non solo a noi stessi ma anche all'Europa che ci dà tutti questi soldi.
  Do la parola al Ministro per le numerosissime richieste che ha ricevuto. Grazie, Ministro.

  ROBERTO SPERANZA, Ministro della salute. Grazie a voi tutti per gli interventi. Credo che sia stata anche una fase di ascolto utile da parte mia per provare a capire come le diverse sensibilità parlamentari possono ancora essere messe a sistema in un lavoro che ormai è piuttosto avanzato e ben strutturato, ma lascia ancora i margini nella fase finale attuativa.
  Fatemi dire in premessa che mi sembra che l'obiettivo e lo spirito di fondo che abbiamo messo in campo incrocino una larghissima condivisione, che le idee guida sostanziali che ci hanno animato siano largamente condivise e forse se emerge qualche preoccupazione, è più sulla capacità realizzativa di questo progetto e sulla capacità di tenuta su ogni singolo pezzo del nostro territorio. Tuttavia, sull'impianto di fondo personalmente riscontro da parte di tutti gli interventi un'adesione sostanziale rispetto agli obiettivi che mettiamo in campo.
  Io proverò a toccare una per una le questioni che avete posto, non prendendo eccessivo tempo, perché ho già parlato 45 minuti, però penso che sia utile farlo.
  L'onorevole Nappi ha toccato il tema di una programmazione che addirittura può durare per decenni, ho sentito dire quarant'anni. È chiaro che questo avrà bisogno di uno sforzo enorme in termini di implementazione.
  Il tema che è stato toccato e che è stato ripreso da tanti altri è sostanzialmente la funzione dei medici di medicina generale e anche la remunerazione dei medici di medicina generale con una proposta di cui prendo atto, che chiaramente approfondiremo. Io penso che quello sia un tema essenziale e ne avete parlato in tanti. Come vedo questo tema? Penso che noi dobbiamo lavorare attraverso un nuovo accordo collettivo nazionale (ACN) per rompere una sostanziale distanza che c'è oggi tra il lavoro quotidiano del medico di medicina generale e il resto del Servizio sanitario nazionale. Questo è un tema oggettivo che ci è stato spesso riportato e che è un punto di debolezza per entrambi i poli, Pag. 19perché il medico finisce per sentirsi più solo se è sconnesso rispetto al Servizio sanitario nazionale e il Servizio sanitario nazionale finisce per non avere una relazione fondamentale sul primo presidio di prossimità, perché gli oltre 40 mila medici di medicina generale per noi sono un valore fondamentale di prossimità e di capillarità.
  Come dicevo, sto lavorando con le regioni e anche con i rappresentanti della categoria dei medici di medicina generale per trovare una soluzione che ci possa far ottenere questo obiettivo. A me sembra un obiettivo possibile e sostenibile. È un obiettivo che, dal mio punto di vista, non deve disperdere il valore straordinario di fiducia in relazione con il territorio. Per me questo rapporto di fiducia e di prossimità, che vale dappertutto, ma forse vale un po' di più nelle aree interne, nelle aree del disagio e nelle aree montane, che anche tanti dei vostri interventi hanno toccato, è un valore fondamentale che non dobbiamo assolutamente mettere in discussione, però al tempo stesso dobbiamo provare a ricostruire una relazione più forte, più integrata e più organica con il distretto e con il resto del Servizio sanitario nazionale e la casa di comunità, che è guidata sostanzialmente dal distretto, deve essere il luogo dove questo avviene.
  Tanti di voi hanno chiesto: «Lo studio del medico di medicina generale che funzione ha?». Per me ha una funzione straordinaria e deve restare tale. È chiaro che una parte significativa delle ore del medico di medicina generale sono nello studio, ma è evidente che c'è bisogno che un altro pezzo del suo monte ore possa essere indicato in termini di svolgimento di attività dal distretto anche fuori dallo studio, a partire proprio dalle case di comunità.
  Io immagino lo studio medico come uno spoke e la casa di comunità come un hub, ma non come corpi distinti, perché lo studio è animato dal medico di medicina generale, ma lo stesso medico di medicina generale utilizza una parte delle sue ore nell'hub.
  È chiaro che anche la proposta che veniva fatta sulla remunerazione è oggetto di una riflessione. Poi, come è noto, un'ACN ha bisogno anche di una fase di discussione di natura contrattuale, come è sempre avvenuto, però io penso che il principio di fondo che veniva toccato può avere un senso.
  Ringrazio anche l'onorevole Villani per l'entusiasmo espresso rispetto a questa mole enorme di lavoro che stiamo provando a mettere in campo. Condivido molto che il tema del 118 sia un tema delicato, di cui abbiamo parlato in tante occasioni. Io penso che anche quello è un pezzo fondamentale ed essenziale del nostro Servizio sanitario nazionale, così come la questione dei medici convenzionati e la questione della figura dell'autista soccorritore. Io credo che un focus ad hoc su questa materia vada fatto e che anche l'impianto che abbiamo costruito debba essere messo a sistema, in sinergia con quest'altro pezzo di presidio di prossimità con i problemi dei cittadini che dobbiamo assolutamente tenere in campo.
  L'onorevole De Filippo segnalava sostanzialmente due questioni fondamentali. Per quanto riguarda la prima, che dal mio punto di vista è oggetto di una grande battaglia politico-culturale che, immagino, tutti noi in questa sede condividiamo, l'onorevole De Filippo diceva: «Ma sul piano prospettico da qui ai prossimi anni che cosa significa un investimento così forte?» Questo tema lo toccava anche l'onorevole Gemmato in qualche modo, ma ci verrò dopo. Significa che i soldi e le risorse che noi mettiamo sul Servizio sanitario nazionale dovranno naturalmente essere crescenti. Penso che lo siano state in maniera molto significativa negli ultimi due anni e mezzo, passando da 114 a 124 miliardi di euro. Questa è la fotografia e non un giudizio politico, sono numeri ufficiali dello Stato. Come voi sapete benissimo, la previsione di bilancio indica altri 2 miliardi per l'anno prossimo e altri 4 miliardi in due anni, quindi 124, 126 e 128.
  Noi abbiamo messo una mattonella, ma il mio auspicio è che si possa lavorare ancora e che in una sinergia Governo-Parlamento nei prossimi passaggi si possa crescere ancora, ma non c'è alcun dubbio che se noi vogliamo rendere più forte il Pag. 20nostro Servizio sanitario nazionale, c'è una sfida prospettica che dobbiamo provare a giocare insieme, in una battaglia culturale che oggi nel Paese trova una particolare sintonia dentro questa stagione che abbiamo vissuto, perché, per dircela fino in fondo, questa è una stagione che oggettivamente consegna una nuova priorità della questione salute. Infatti, penso che tra i pochi lasciti da valorizzare di questa stagione così difficile vi sia il fatto che le persone e le istituzioni a tutti i livelli hanno compreso che c'è una centralità da difendere e da rilanciare.
  Io condivido molto quello che diceva l'onorevole De Filippo. C'è bisogno di lavorare esattamente nella direzione di un'ulteriore crescita dei fondi in maniera permanente.
  L'onorevole De Filippo, come tanti altri interventi, toccava poi l'altro nodo, ovvero l'uniformità a rischio. È chiaro che noi siamo di fronte a un Servizio sanitario nazionale che per l'impostazione della nostra Carta costituzionale dà una funzione fondamentale alle regioni. Che vi sia un elemento di difformità oggi tra i territori è un dato di fatto innegabile che credo nessuno possa immaginare di poter nascondere o non evidenziare. Anche dinanzi a una scelta come questa, ovvero avere per la prima volta tante risorse, è chiaro che uno degli obiettivi non può che essere quello di provare a intervenire per ridurre questo livello di disuguaglianza.
  I numeri che vi ho portato sono numeri importanti, perché il 41 per cento di queste risorse – quindi più del 40, che era un po' la cifra limite prevista in qualche modo dalla programmazione nazionale – sono dedicate alle aree più disagiate e di maggiori difficoltà. Inoltre, nessuno di voi lo ha richiamato negli interventi, però, credetemi, non è banale la notizia che io vi ho dato stasera: nella lunga storia della programmazione europea nazionale non c'è mai stato il PON salute. I PON, che sono lo strumento di programmazione comunitaria che mettiamo in campo ormai da molto tempo nel nostro Paese, hanno sempre avuto ambiti di spesa diversi rispetto alla sanità. Ribadisco che grazie a una relazione e a un lavoro molto importante fatto dal Ministero della coesione territoriale – voglio ringraziare ancora Mara Carfagna per l'impegno che ha profuso – c'è un fatto nuovo che dal mio punto di vista diventa un punto di non ritorno per il futuro. Infatti, non sarà facile nelle prossime programmazioni immaginare di togliere il PON salute, quindi io penso che sia una conquista importante. Si tratta di 625 milioni dedicati alla sanità dell'area più debole del Paese.
  Io ho costruito un primo progetto e c'è un'interlocuzione in corso con la Commissione europea. Come vi ho detto, vorrei mettere una parte significativa delle risorse sugli screening oncologici che nelle regioni più fragili sono in maggiore ritardo e fanno pagare un prezzo in termini spesso anche di vite umane, quindi non stiamo parlando di cose secondarie.
  C'è un tema che riguarda la salute di genere e penso che possano essere rafforzati i consultori. C'è un tema che riguarda la salute mentale che è particolarmente debole ed è un elemento di fragilità nelle regioni del Sud.
  Avere 625 milioni in più rispetto al 41 per cento già del PNRR non risolve sicuramente tutti i problemi – nessuno qui pensa di avere la bacchetta magica e di poter superare una storia antica che ci portiamo chiaramente sulle spalle – ma dà un segnale oggettivo nella direzione giusta e io penso anche di grande discontinuità.
  Vi invito a ragionare su questo tema del PON salute perché è un'innovazione senza precedenti nella storia del nostro Paese, poiché mai nella programmazione comunitaria c'era stato un PON dedicato alla salute nella misura che vi ho riportato.
  L'onorevole Carnevali ha toccato moltissimi temi, proverò a dare qualche elemento in più di chiarimento. Sulle case di comunità, AFT e medici di medicina generale, io ho detto qual è lo strumento che immagino: un nuovo accordo collettivo nazionale che deve essere esigibile. Valuteremo se nel contesto di un'intesa con i rappresentanti dei medici di medicina generale e le regioni si possa anche immaginare qualche intervento prescrittivo finanche di natura normativa, se fosse possibile, che vada in questaPag. 21 direzione e che provi a realizzare quello scatto di cui ha bisogno oggi il nostro servizio sanitario del territorio, cioè superare i compartimenti separati. Il servizio sanitario del territorio è la funzione del medico di medicina generale e penso che questo sia forse l'obiettivo più importante a cui dobbiamo lavorare. Questo è vero dappertutto ed è vero in modo particolare nella sanità di montagna, che veniva in qualche modo toccata.
  L'obiettivo che noi abbiamo è esattamente questo. Le risorse che si mettono in campo hanno l'obiettivo di provare a portare questa assistenza territoriale il più possibile nei livelli di prossimità e il più possibile nelle aree più lontane dai grandi flussi e dove esistono già presìdi sanitari rilevanti, perché è evidente che i grandi ospedali mediamente ci sono nelle città, nelle grandi città e nelle città medie. Per questo motivo abbiamo bisogno di concentrare particolarmente la nostra capillarità in termini di case di comunità e in termini di ospedali di comunità proprio nelle aree che restano fuori da questi grandi flussi e dai luoghi dove ci sono i presìdi sanitari fondamentali, soprattutto quelli ospedalieri.
  Sulle COT la scadenza è sempre quella del 28 di febbraio; sia sulla casa di comunità, che sulla COT, sull'ospedale di comunità e sul resto, le regioni devono caricare i dati dentro il portale entro il 28 di febbraio. Io sarò in grado dopo il 28 di febbraio di avere una fotografia anche sulle scelte e sulle valutazioni che sono state fatte.
  Mi fa piacere che sia stato colto il significato di queste COT, perché, pur non essendo uno strumento di assistenza immediato, in realtà devono diventare il luogo di smistamento delle esigenze che arrivano e anche di perfetta presa in carico dell'esigenza della persona e del paziente rispetto alla fotografia di disponibilità che c'è sul territorio. La COT ha un ruolo particolarmente delicato e particolarmente strategico. Il progetto dell'intelligenza artificiale, che vale 50 milioni, dentro questo contesto enorme di risorse, ha anche un tratto, se me lo consentite, di sperimentalità e di primo lavoro su un ambito piuttosto innovativo e nuovo, dove non vi sono sostanzialmente precedenti di un lavoro sul Servizio sanitario nazionale.
  Il soggetto attuatore sarà Agenas, perché con la norma che è stata approvata già nel mese scorso Agenas diventa anche Agenzia italiana per la sanità digitale. Poi si valuterà, io penso, in un secondo momento se ci sarà bisogno di una gemmazione futura e di immaginare, sul modello di altri Paesi europei e del mondo, che ci possa essere anche un'agenzia ad hoc sulla sanità digitale – ci sono dei modelli nel mondo di questa natura – oppure se può essere sufficiente tenere un ambito di Agenas che operi esclusivamente sulla sanità digitale.
  In questa prima fase, in cui abbiamo bisogno anche di un'operatività veloce, abbiamo preferito partire da un'idea che internalizzasse per il momento questa funzione. Poi lo valuteremo, poiché abbiamo aperte le due strade, però la funzione di soggetto attuatore rispetto a questo progetto sarà Agenas.
  L'onorevole Bologna toccava, invece, il tema fondamentale del personale. Io qui dico una cosa che anche in questo caso spero non sia sfuggita a nessuno, perché è un altro tratto di innovazione che anche in legge di bilancio è passato abbastanza in second'ordine. Non voglio dire che quasi nessuno se ne è accorto, ma forse non ha avuto il dovuto rilievo. Tutto il personale che assumiamo sul PNRR, perché assumeremo del personale, lo ripassiamo sui fondi ordinari del Fondo sanitario nazionale attraverso un aumento di questi fondi fuori dai tetti di spesa.
  Io ho sempre detto, lo ricorderete – sono venuto qui tante volte – che la grande questione del personale italiano è legata a questi tetti di spesa. Infatti, noi abbiamo avuto per molti anni questo tetto di spesa del personale, 2004 meno 1,4 per cento, che è stato oggettivamente una camicia di forza, perché c'era poco da fare: c'era un limite e le regioni, le aziende sanitarie e gli ospedali non potevano assumere personale oltre determinati limiti. Questo dal mio punto di vista non ha funzionato. Come sapete, la Pag. 22mia opinione personale è che si deve superare questo modello.
  Tra l'altro, faccio notare che mentre si congelava la spesa per il personale, nelle aziende sanitarie ospedaliere aumentava la spesa per beni e servizi. Che cosa succedeva nella sostanza? Che spesso si usavano beni e servizi per prendere in outsourcing con società esterne personale che in realtà serviva. Il mondo non è fatto a silos chiusi e compartimenti stagni. Il mondo, la vita è molto più complicata e non basta una norma a regolare le cose.
  Tuttavia, c'è un fatto nuovo che vorrei venisse valorizzato. Non ricordo nella programmazione ultima che un investimento così corposo sul personale venisse autorizzato «extra tetti». Tutte le assunzioni dentro l'assistenza territoriale saranno fuori dal tetto di spesa. Per me è solo un primo passo, perché bisognerà fare di più e io penso che in futuro questo modello dei tetti vada superato, perché è figlio di una stagione che dal mio punto di vista non c'è più, ma è del tutto evidente che bisogna lavorare in questo orizzonte.
  L'onorevole Bologna toccava anche il tema dell'ammodernamento tecnologico. Io penso che mettiamo in campo risorse straordinarie. Sono d'accordo: l'ammodernamento tecnologico non può mai ritenersi sufficiente, però il fatto che noi investiamo una cifra così considerevole per sostituire le attrezzature che hanno più di cinque anni, penso che sia un fatto rilevante che alzerà la qualità della nostra capacità di assistenza e cura. Anche questa non è una scelta per sempre, perché compreremo con gara Consip questa attrezzatura. Questa sarà un'attrezzatura massimamente innovativa in una primissima fase, ma poi anch'essa subirà il passare del tempo e bisognerà porsi il problema del finanziamento del Servizio sanitario nazionale per i prossimi 5 o 10 anni perché questo processo non sia un una tantum eccezionale.
  Io penso che una parte delle risorse vadano messe sull'ammodernamento tecnologico, perché l'innovazione ormai è sempre più veloce e un'attrezzatura dopo un certo numero di anni non intercetta più la quantità di innovazione che, invece, spesso la scienza e la tecnologia ci mettono a disposizione.
  L'onorevole Gemmato ha toccato molti punti. Credo di aver risposto su alcuni di essi, perché poneva ancora una volta la questione del Mezzogiorno, su cui mi trova assolutamente sensibile. Ho detto del 41 per cento più il PON salute, che è una fotografia comunque robusta. Bisognerà lavorare perché poi ci sia una ricaduta reale sulla capacità di spesa e sul lavoro di rafforzamento delle reti di prossimità.
  Anche in questo caso, sul finanziamento del personale ci sarà bisogno di nuove risorse per il Servizio sanitario nazionale e ci sarà bisogno di lavorare sui tetti, come dicevo.
  Ancora l'onorevole Gemmato è tornato sulla questione delle aree montane, segnalando un punto che per me è assolutamente rilevante, ma credo che anche in questo caso parlino i fatti, perché sono più forti delle parole. Noi abbiamo due elementi di grande capillarità sul territorio, anche qui diciamoci fino in fondo le cose: uno sono i medici di medicina generale, che sono oltre 40 mila e sono un livello di prossimità, l'altro sono le 19 mila farmacie. Per me questi due presìdi sono due punti di forza della sanità del territorio.
  Io cosa devo fare? Devo «usare il più possibile» questi presìdi, rafforzare la relazione tra medico di medicina generale e il territorio e rafforzare il rapporto tra farmacie e Servizio sanitario nazionale.
  Se si fa una fotografia della funzione della farmacia di oggi e la si paragona con la funzione della farmacia di due anni fa, credo che qualsiasi persona oggettivamente riconoscerebbe che sono stati fatti passi avanti clamorosamente positivi, su cui non ho problemi anche a riconoscere che c'è stata una spinta del Parlamento. Non si facevano i vaccini, mentre ora si fanno, non solo quelli per il COVID-19, ma anche quelli antinfluenzali ed è un'innovazione portata da questo Governo e da questo Parlamento, così come la questione dei tamponi.
  Nei momenti più difficili, ma anche oggi che non è ancora un momento facile, poiché abbiamo numeri di contagio ancora Pag. 23alti, le farmacie svolgono una funzione rilevante. Il progetto della farmacia dei servizi è stato più volte finanziato, quindi io penso che abbiamo fatto un pezzo di strada e dobbiamo insistere, però nel modello di sanità del territorio e di sanità della prossimità la mia personale opinione è che la farmacia dei servizi sia un luogo di primo contatto tra il cittadino, la persona e il Servizio sanitario nazionale e non semplicemente un luogo in cui si dispensa un farmaco, che è la funzione classica e indispensabile della farmacia.
  Penso che abbiamo dato un segnale in questo anno e mezzo di grande investimento sulle farmacie, ma dobbiamo insistere, perché se il tema è la prossimità, lì c'è oggettivamente un punto di forza.
  L'onorevole Gemmato, ancora, toccava il tema della differenza tra case della comunità e case della salute e perché dovrebbero funzionare le une e non le altre. Io qui rispondo con due questioni. La prima è perché l'ammontare di risorse messe in campo ora è senza precedenti, è inutile girarci attorno. Qui non è che stiamo dicendo alle regioni di fare le case di comunità, bensì stiamo dicendo che queste sono le risorse che abbiamo già diviso con un decreto passato anche in Conferenza Stato-regioni e sono risorse che non c'erano prima e a questo punto è interesse fortissimo di ogni territorio metterle in campo.
  Fatemi aggiungere un punto, che era anche oggetto di un ulteriore intervento, se non ricordo male, dell'onorevole Noja, sull'integrazione sociosanitaria. Qual è la differenza tra la casa di comunità e la casa della salute? Io vi pregherei anche terminologicamente di mettere di lato la casa della salute che è un modello del passato. Qual è la differenza? Perché la chiamiamo «casa di comunità»? Proprio perché nella casa di comunità ci deve essere un'integrazione tra sociale e sanitario. Infatti, non è solo il luogo della sanità, ma deve essere anche un luogo di presa in carico sociale, perché quello che ci consegna anche la crisi degli ultimi due anni è che tra sociale e sanitario c'è un'integrazione totale.
  Dove c'è un problema sanitario, quasi sempre arriva un problema sociale o c'è dietro un problema sociale e dove c'è un problema sociale grave, arriva spesso un problema sanitario. La vita delle persone è una vita organica. Sociale e sanitario sono due facce della stessa medaglia e non si possono dividere.
  Qui c'è un altro tema. Io penso che nelle case di comunità ci sia, per esempio, il ruolo dei comuni, di cui forse stasera non abbiamo parlato sufficientemente. Perché c'è un ruolo dei comuni e non solo delle regioni? Perché l'assistenza sociale, come voi sapete benissimo, è in capo ai comuni. Io vorrei che nella casa di comunità ci fosse un ruolo importante dei comuni, se vogliamo tenere un profilo non solo di salute, ma anche di integrazione sociosanitaria.
  Sono temi, tra l'altro, che abbiamo condiviso anche in una riflessione con il Ministro Orlando e c'è un pezzo di lavoro «a mezzadria», consentitemi un termine improprio, tra Missione 5 e Missione 6 che va esattamente in questa direzione.
  L'onorevole Noja parlava chiaramente dei medici di medicina generale, dello studio, degli spoke e hub, e penso di aver dato già una risposta. Condivido molto le cose che ha detto sulla medicina territoriale e sull'obiettivo di occuparsi anche delle patologie a più alta complessità.
  Stiamo lavorando proprio in queste ore anche sugli screening neonatali, perché credo che sia un tema decisivo su cui dobbiamo fare ancora avanzare la nostra capacità di risposta alle esigenze del Paese.
  All'onorevole Baldini, invece, che è intervenuta su un punto molto più specifico, cioè la necessità di costruire e immaginare presìdi antipandemici – credo di aver interpretato esattamente il tema – voglio ricordare che noi stiamo chiedendo alle regioni proprio in queste ore, in attuazione al nuovo Piano pandemico approvato l'anno scorso a livello nazionale, di costruire dei piani di preparedness per il futuro. Dentro quei piani di preparadness le regioni devono esattamente fare quel lavoro. È un lavoro finanziato, noi Pag. 24abbiamo messo risorse in legge di bilancio affinché questo possa essere attuato e, se non ricordo male, sono 200 milioni di euro; potremo verificare, se il dettaglio non è esattamente corretto, ma credo di sì. Dentro questi piani di preparadness regionali c'è esattamente la necessità di tenere pronti dei presìdi antipandemici che abbiano la funzione che lei, onorevole, ha provato a indicare.
  L'onorevole Lapia ha toccato ancora il tema decisivo del Mezzogiorno, delle aree più disagiate e delle difficoltà della regione Sardegna, di cui sono consapevole, poiché anche in queste ore ho ricevuto più comunicazioni da quel territorio che vanno in questa direzione.
  Anche qui fatemi fare un altro passo in più per rispondere. Qual è la mia idea, la mia opinione? In una fase di definanziamento del Servizio sanitario nazionale – purtroppo noi veniamo da una lunga stagione in cui il finanziamento non è stato sufficiente – è chiaro che i territori più forti sono naturalmente stati in grado di difendersi un po' meglio e di tutelare questo fondamentale diritto alla salute più dei territori più deboli. Dentro una fase di definanziamento è chiaro che regge di più un territorio forte che un territorio fragile.
  La svolta di questi anni tra fondi ordinari senza precedenti – 114 e 124 – e i 20 miliardi di fondi europei più i 625 milioni del PON salute oggettivamente apre una stagione diversa che chiama ora anche in causa la capacità dei territori di rispondere. Noi dovremmo fare il massimo in termini di monitoraggio, di verifica e anche di definizione di standard e di obiettivi che devono essere messi in campo.
  Alcuni di questi, rispondendo alla presidente Boldi, per esempio, sono proprio parametrati. Noi chiediamo a tutte le regioni italiane di arrivare al 10 per cento di assistenza domiciliare. L'obiettivo è quello, è un obiettivo nazionale, ma è un obiettivo anche regionale. Noi saremo in grado di monitorare se il 10 per cento di assistenza domiciliare sulla popolazione over 65 sarà uno standard rispettato oppure no.
  Una COT ogni 100 mila abitanti e una casa di comunità ogni 40-50 mila abitanti sono parametri oggettivi che noi offriamo alle regioni, rispetto a cui monitoreremo e creeremo anche una condizione di interrelazione e di controllo.
  Anche l'onorevole Novelli ha posto tutta una serie di questioni che credo in larga parte di aver trattato, tra cui il monitoraggio dell'applicazione sui territori. Credo di aver detto che faremo un monitoraggio costante che va in questa direzione.
  Condivido molto un obiettivo che è stato posto dall'onorevole Novelli, cioè far diventare più appetibile la professione infermieristica e io dico, più in generale, le professioni sanitarie. Questa è un'operazione che noi dobbiamo fare. Non abbiamo risorse infinite, ma ho fatto una prima scelta, dentro risorse limitate in legge di bilancio, nel dare un segnale sui nostri pronto soccorso. L'ho fatto perché ho visto una particolare sofferenza anche nelle borse di specializzazione, dove una parte di borse dedicate all'emergenza urgenza, come voi sapete, non hanno conseguito domande sufficienti da parte degli specializzandi. Quindi abbiamo fatto un'operazione in cui si provava a dare un segnale con circa 90 milioni di euro per un'indennità di specificità per i pronto soccorso. Basta? Sicuramente no.
  Io credo che ci sia un grande tema che ha a che fare sicuramente con una questione di condizioni materiali, ma anche con una questione più generale di condizioni lavorative. Anche in queste ore viviamo il dramma di alcuni fatti, che credo siano stati oggetto anche di valutazione da parte di tutti voi, come alcuni episodi di violenza – ce n'è stato più di qualcuno anche negli ultimi giorni – che sicuramente sono deprecabili e da condannare, però quello che indica l'onorevole Novelli è un obiettivo che va sicuramente nella direzione giusta.
  È chiaro che vi è un tempo in cui c'è una fase espansiva di finanziamento e in cui è più facile provare a fare questa Pag. 25operazione che non è scontata, ma che secondo me può trovare uno spazio.
  Il rafforzamento del territorio, dico ancora all'onorevole Novelli, va esattamente nella direzione di favorire una limitazione delle ospedalizzazioni. Noi dobbiamo provare a risolvere il più possibile i problemi delle persone sul territorio e il più possibile a casa. Quando diciamo «la casa come primo luogo di cura» significa proprio evitare che ci sia un'eccessiva ospedalizzazione.
  All'onorevole Misiti dico che il PNRR è costruito proprio in questa modalità nuova e inedita rispetto al passato. Non ci sono rendicontazioni di spesa da fare o altro, ma ci sono proprio, step by step, le milestone, con indicazioni specifiche, data per data, e per tenere e ottenere le risorse che sono programmate e progettate. Come voi sapete benissimo, l'Italia è stato il Paese maggiormente beneficiario di questo investimento del Recovery, quindi abbiamo anche un'enorme responsabilità non solo nei confronti dei nostri concittadini ma anche nei confronti dell'Unione europea e dovremo rispettare una per una le scadenze.
  Come è noto, se non ricordo male, c'erano 51 scadenze al 31 di dicembre del 2021. Queste 51 scadenze sono state puntualmente rispettate, ma ora ci sono scadenze semestrali.
  Faccio un esempio: la riforma del DM 71, per come ve l'ho raccontata abbastanza dettagliatamente, ha la scadenza del 30 di giugno. L'approvazione di quell'atto, che consiste in una proposta del Ministero della salute con concerto del MEF, di un'intesa in Conferenza Stato-regioni e poi di un passaggio in Corte dei conti e Consiglio di Stato, deve essere completata entro il 30 di giugno. Quindi in questo caso le date sono date già scritte e possono essere rinvenute una per una.
  Faccio l'esempio degli IRCCS. Io ho detto che sugli IRCCS che siamo un po' «in anticipo». Abbiamo portato il provvedimento un po' prima in Consiglio dei ministri, ed è stata approvato il disegno di legge delega la passata settimana. Ora toccherà al Parlamento esprimersi per metterci nelle condizioni di emanare i decreti legislativi entro il 31 dicembre del 2022. In questo caso le scadenze sono tutte già indicate.
  La firma dei CIS che noi faremo con ciascuna regione sono connessi a una milestone del 30 giugno e con il decreto è stato chiesto alle regioni di chiudere per il 31 maggio per avere anche un elemento di maggiore sicurezza e di cuscinetto di 30 giorni, se dovesse esserci qualche difficoltà.
  In questo caso mi sentirei di rassicurare l'onorevole Misiti sul fatto che le date, lo step by step e il work in progress previsto nella fase applicativa, sono molto puntuali e non sindacabili, nel senso che queste sono le date e noi vogliamo attenerci esattamente a questa impostazione.
  Scusatemi sono stato lungo anche nella replica, però penso davvero che sia stato utile e vi ringrazio, perché anche dal mio punto di vista, questi sono appunti che posso senz'altro mettere a sistema e valorizzare nel lavoro dei prossimi giorni.

  PRESIDENTE. Grazie, Ministro. L'onorevole Novelli mi chiedeva se era possibile dire qualcosa sui punti di primo intervento, di cui lui aveva parlato.

  ROBERTO SPERANZA, Ministro della Salute. I punti di primo intervento dentro questa strategia sono i punti di primo contatto. Che intende per «punti di primo intervento»? I pronto soccorso?

  ROBERTO NOVELLI(intervento da remoto). No, in realtà il pronto soccorso è ospedaliero. I punti di primo intervento sono previsti dalla normativa e sono sostanzialmente dei pronto soccorso con funzioni territoriali per dare delle risposte anche in certe fasce orarie con dei medici che possano intervenire sulle esigenze più impegnative anche per evitare che i pronto soccorso si intasino con codici bianchi, cosa che purtroppo accade dovunque.
  Nei servizi territoriali – parlo della nostra regione, il Friuli-Venezia Giulia – i punti di primo intervento sono serviti...

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  ROBERTO SPERANZA, Ministro della Salute. Le case di comunità sono esse stesse hub e spoke. Nella casa di comunità hub c'è un'assistenza h24 ed è quello per noi il punto di primo intervento. Il punto di primo intervento, al di là del modello regionale che può essere anche diverso in ogni territorio, per noi diventa la casa di comunità hub. Quello per noi è il punto di primo intervento.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il Ministro Speranza per averci dedicato molto tempo e per la puntualità con la quale ha risposto a tutte le domande che gli abbiamo fatto. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 21.50.