XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro della nave «Moby Prince»

Resoconto stenografico



Seduta n. 13 di Martedì 18 gennaio 2022

INDICE

Audizione del dottor Gabriele Bardazza, consulente della Commissione:
Romano Andrea , Presidente ... 3  ... 3 
Bardazza Gabriele , consulente della Commissione ... 3 
Romano Andrea , Presidente ... 5 
Potenti Manfredi (LEGA)  ... 5 
Bardazza Gabriele , consulente della Commissione ... 5 
Romano Andrea , Presidente ... 5 
Bardazza Gabriele , consulente della Commissione ... 5 
Romano Andrea , Presidente ... 5 
Bardazza Gabriele  ... 5 
Romano Andrea , Presidente ... 5 
Bardazza Gabriele  ... 5 
Romano Andrea , Presidente ... 5  ... 6 

Audizione del capitano di vascello Sergio Simone, consulente della Commissione:
Romano Andrea , Presidente ... 6  ... 6 
Simone Sergio , consulente della Commissione ... 6 
Romano Andrea , Presidente ... 11 
Deidda Salvatore (FDI)  ... 11 
Simone Sergio , consulente della Commissione ... 11 
Romano Andrea , Presidente ... 11 
Frailis Andrea (PD)  ... 11 
Simone Sergio , consulente della Commissione ... 11 
Frailis Andrea (PD)  ... 12 
Simone Sergio , consulente della Commissione ... 12 
Romano Andrea , Presidente ... 12 
Potenti Manfredi (LEGA)  ... 12 
Simone Sergio , consulente della Commissione ... 12 
Potenti Manfredi (LEGA)  ... 12 
Simone Sergio , consulente della Commissione ... 12 
Romano Andrea , Presidente ... 13 
Simone Sergio , consulente della Commissione ... 13 
Romano Andrea , Presidente ... 13  ... 13 

ALLEGATO 1: Documentazione depositata dal dottor Gabriele Bardazza, consulente della Commissione ... 14 

ALLEGATO 2: Documentazione depositata dal capitano di vascello Sergio Simone, consulente della Commissione ... 28 

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ANDREA ROMANO

  La seduta comincia alle 16.25.

Audizione del dottor Gabriele Bardazza, consulente della Commissione.

  PRESIDENTE . L'ordine del giorno reca l'audizione del dottor Gabriele Bardazza, consulente della Commissione.
  Se non vi sono obiezioni, l'audizione si svolgerà in forma segreta. Ovviamente il resoconto dell'audizione sarà consultabile dai commissari, anche da quelli oggi assenti, secondo le modalità previste per i documenti segreti.

  (I lavori proseguono in seduta segreta)(1) .

  PRESIDENTE . Prego, dottor Bardazza.

  GABRIELE BARDAZZA , consulente della Commissione. Buonasera. Oggi sono qui a riferirvi sulle risultanze dell'attività che è stata svolta nei giorni 28, 29 e 30 dicembre presso gli uffici della Camera, ovvero il riversamento in formato digitale del nastro IPL Livorno Radio.
  La slide che vedete era stata già oggetto della mia seconda audizione. Ci troviamo nel punto della delibera istitutiva dove sono elencati i compiti della Commissione, tra i quali vi è quello di accertare con la massima precisione le comunicazioni radio intercorse tra soggetti pubblici e privati nelle giornate del 10 e 11 aprile 1991.
  Nella slide ora vedete, in un breve riassunto, lo schema del lavoro che ci eravamo dati riguardo alle comunicazioni radio. Era già disponibile un riversamento del canale 16 e della frequenza 2182, ma il sistema di registrazione aveva altre nove piste, che non erano mai state riversate e che quindi sostanzialmente nessuno aveva mai ascoltato. Quello che ora vedete è il riassunto di ciò che era stato fatto nel 1993: attraverso quella macchina erano state realizzate dodici audiocassette da due ore ciascuna, su un canale stereo ovviamente; su un canale c'era il canale 16 e sull'altro la frequenza 2182. Nel 1997 i periti del giudice – avevo riportato questo stralcio della Fonit Cetra – avevano identificato che erano stati riscontrati altri brevi interventi durante l'esame delle piste (in particolare le piste 1, 3, 4, 5, 6, 7, 8 e 10) che non erano state riversate nel 1993, ma questi non erano risultati inerenti alla collisione. In realtà nessuno però aveva mai reso pubbliche né aveva potuto ascoltare queste registrazioni.
  Per fare questo lavoro occorrevano il nastro originale di Livorno Radio e questa macchina Philips XMN 11. Il lavoro è stato lungo e complicato, nel senso che si è trovata una sola macchina disponibile in vendita, da parte un privato in Germania, che è stata acquisita dalla Commissione sul finire di novembre dell'anno scorso. Successivamente si è provveduto a interloquire con il tribunale di Livorno per avere copia del nastro originale. Il lavoro in realtà è stato estremamente complicato, perché è una macchina analogica del 1991, e tutte le attività svolte saranno poi oggetto di una relazione scritta. Gli uffici della Commissione hanno contattato la Philips, che aveva ceduto il ramo d'azienda del voice logging recorder a una società austriaca. Questa macchina non era disponibile nemmeno Pag. 4 nel museo della Philips a Rotterdam, e non erano disponibili i manuali né gli schemi. Fortunatamente è stato trovato un tecnico della Camera che si è dedicato per diversi giorni al problema ed è riuscito a ricostruire lo schema sia elettromeccanico sia, soprattutto, elettronico della macchina, per poterla interfacciare con moderni registratori audio.
  È stato fatto un primo lavoro, di cui oggi sono qui a darvi una prima risultanza. Dico una prima risultanza perché poco fa ero a Palazzo San Macuto con il signor Paolo Chessa, che è appunto il tecnico di cui parlavo, ed è stata fatta un'ulteriore modifica.
  Faccio un passo indietro: questa attività è stata svolta in contraddittorio con la polizia giudiziaria della procura di Livorno, che, come ricorderete, ha un fascicolo aperto sullo stesso caso. Si erano definite delle modalità con cui sarebbe stato fatto il riversamento dal nastro analogico originale a dei file audio digitali non compressi. Il risultato di questo lavoro, che appunto si è svolto nei giorni 28, 29 e 30 dicembre, ha prodotto 126 file, per un totale di circa 134 gigabyte di audio; sono oltre 240 ore di registrazione.
  Vi chiederete come faccio oggi, 18 gennaio, a essere qui avendo ascoltato 240 ore. In realtà, non ho ascoltato completamente le 240 ore, ma attraverso un sistema che vi farò vedere immediatamente dopo ho avuto modo di visualizzare le parti registrate e, quindi, di fare un ascolto. Quelle che vedete nella slide sono le prime cinque tracce. In realtà, come vi ho detto, le piste sono undici, perché una è il timecode, cioè la scansione temporale del nastro. In alto vedete la traccia audio. Questo è un esempio, ovviamente. Quello che vedete in questo momento corrisponde a circa venti minuti di registrazione. Immaginate di prolungare queste strisce per 24 ore, quindi sono strisce estremamente lunghe. Come vedete, c'è la traccia del canale 16, sotto c'è la traccia della frequenza 2182 e poi ci sono le altre piste. Vedete la prima e la seconda traccia, dove ci sono dei passaggi al netto dei rumori di fondo di questo nastro, che dal 1993 era conservato nell'archivio del tribunale di Livorno, sostanzialmente in cantina, quindi non in perfette condizioni di conservazione. C'è tutta una serie di tracce che, come vedete, ho cerchiato in rosso. Questo che vedete è uno stralcio di soli 20 minuti. In questo momento non vi riporterò completamente le attività di ascolto, perché sono 240 ore di audio e mi riservo un ulteriore passaggio, anche perché sembra che, attraverso una modifica fatta questa mattina, si riesca a eliminare alcuni passaggi di disturbo che queste comunicazioni hanno – come vedete, c'è una modulazione, cioè l'altezza del segnale, che si traduce sostanzialmente in quanto è percepibile quello che si sente – e quindi ad avere una registrazione ulteriormente migliorata.
  Questi frammenti audio, in questo momento, sono quelli che abbiamo identificato come delle diafonie, ovvero delle interferenze che si generano riportando stralci audio che provengono – sto semplificando in lingua corrente – da altri canali. In realtà, è una questione che ci ha coinvolto nell'ultima settimana, dopo la ripresa delle attività il 10 gennaio, e proprio questa mattina si è trovata la soluzione; quindi probabilmente già nella prossima settimana saranno disponibili ulteriori registrazioni di qualità migliore, che potranno consentire di approfondire i contenuti.
  Che cosa è successo? Questa presentazione l'ho preparata ieri. Preliminarmente sembrerebbe che sulle altre piste non ci siano informazioni aggiuntive tali da modificare il quadro conoscitivo che era già stato acquisito con il precedente lavoro. Sta di fatto che però c'erano dei passaggi che erano di difficile ascolto proprio per questi disturbi che oggi sembrerebbero essere stati parzialmente risolti.
  Tutti i 126 file audio, ciascuno dei quali è della dimensione di poco più di un gigabyte, sono a disposizione dei commissari. Verrà redatta una relazione sulle attività svolte e su quelli che saranno i risultati.
  Ecco quello che sarà fatto, credo già nella giornata di domani: di tutti questi file che vedete, che hanno una numerazione legata al sistema di acquisizione e che potrebbe diventare di difficile interpretazionePag. 5  per voi, verranno realizzati degli stralci di circa un'ora, nominati a parte; quindi, saranno delle copie che verranno aggiunte a questa lista. Saranno le dieci piste – ricordo che una è il timecode – nel tempo a cavallo della collisione; ragionevolmente pensavamo di comprendere il quarto d'ora prima della collisione e i tre quarti d'ora successivi, in modo che possiate ascoltarle e rendervi conto di quello che vi ho detto in questa mia brevissima presentazione.
  Se ci sono domande, ovviamente, sono a disposizione per rispondere.

  PRESIDENTE . Grazie, dottor Bardazza. Prego, onorevole Potenti.

  MANFREDI POTENTI . Una domanda: come si sono distribuite le comunicazioni registrate, per capire il funzionamento tecnico dell'epoca nelle varie frequenze? Cioè, in base a quale criterio dell'epoca venivano memorizzate nelle diverse frequenze?

  GABRIELE BARDAZZA , consulente della Commissione. Dovrei riuscire a farvi lo zoom su quello schema che è stato ricostruito. In realtà abbiamo delle tracce audio, che però non siamo in grado di attribuire a una frequenza e quindi di conseguenza un canale del VHF marino. Quello che ci è sembrato di percepire è che dovrebbero esserci dei canali di servizio, tra cui certamente uno (mi sento di anticipare) di utilizzo di Livorno Radio che era il canale d'attesa su cui venivano dirottate tutte le conversazioni commerciali di Livorno Radio. Però, per rispondere alla sua domanda, onorevole Potenti, no, non sapremo quali canali sono se non c'è un'indicazione durante l'ascolto che ci dice «Siamo sul canale X»; altrimenti questo non lo possiamo sapere.

  PRESIDENTE . Non ci sono altri interventi.
  Se capisco bene – ma le chiedo un chiarimento, dottor Bardazza – procederemo quindi, secondo quel che lei ci diceva, a una copia specifica di quel periodo compreso tra un quarto d'ora prima e un'ora e mezzo dopo, e anche a una trascrizione.

  GABRIELE BARDAZZA , consulente della Commissione. Sì, l'idea è quella di far fare poi anche una trascrizione. È necessaria. Ci sono alcuni frammenti in varie lingue; ce ne sono alcuni in inglese, uno in una lingua che potrebbe essere swahili, per quella che è la mia conoscenza di queste lingue, e ci sono altri frammenti audio che verranno, secondo me, riportati in testuale perché saranno di difficile interpretazione. Abbiamo provato a cercare di capire che lingua fosse, ma è oggettivamente complicato.

  PRESIDENTE . Sarà una trascrizione limitata?

  GABRIELE BARDAZZA . Sì, direi, vista la mole.

  PRESIDENTE . Una mia valutazione personale: non sarà indispensabile trascrivere le 24 ore del nastro.

  GABRIELE BARDAZZA . Non sarebbero di interesse e sarebbe, secondo me, uno spreco di energie e di risorse. Il nastro comincia alle 6.55 della mattina del 10 aprile e termina alle 6.55 della mattina dell'11 aprile. Ovviamente di trascrizioni ne sono già state fatte diverse, anche nel corso della storia giudiziaria di questo caso. Sono trascrizioni effettuate anche con strumenti diversi. Nel 1991 si è utilizzato un registratore per le audiocassette e quindi ci sono addirittura dei «buchi», nel senso che mancano proprio dei pezzi, come se si fosse distratto il trascrittore. Le ultime trascrizioni sono state fatte nel 2009 (vado a memoria), durante la riapertura del procedimento. Io ritengo che l'interesse si possa circoscrivere, dopodiché se si dovesse riscontrare durante la fase di ascolto, anche da parte vostra, qualche situazione particolare o degna di approfondimento, ovviamente nulla toglie che la trascrizione si possa estendere.

  PRESIDENTE . Se non ci sono altri commenti o richieste di informazione, riprendiamo la seduta pubblica.

Pag. 6  

  (I lavori riprendono in seduta pubblica).

  PRESIDENTE . Grazie, dottor Bardazza. Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione del capitano di vascello Sergio Simone, consulente della Commissione.

  PRESIDENTE . L'ordine del giorno reca l'audizione del capitano di vascello Sergio Simone, consulente della Commissione.
  Se non vi sono obiezioni, anche quest'audizione si svolgerà in forma segreta.

  (I lavori proseguono in seduta segreta)(2) .

  PRESIDENTE . Ricordo che il comandante Simone sta svolgendo – perché ciò di cui ci parlerà oggi non è un punto conclusivo del suo lavoro – una perizia sul funzionamento di tutti gli apparati della Moby Prince, anche sulla base dei documenti acquisiti recentemente presso l'archivio del Registro italiano navale, naturalmente nell'ambito dell'ipotesi relativa all'avaria. La domanda che è stata posta al comandante Simone è se può, secondo il suo il suo parere e la sua competenza, descriverci il funzionamento degli apparati della Moby Prince e, nello specifico, se ci sia stata un'avaria nel funzionamento di questi apparati.
  Do la parola al capitano di vascello Simone, ricordando – ma mi corregga se sbaglio, comandante – che oggi si soffermerà in particolare sul funzionamento del timone.

  SERGIO SIMONE , consulente della Commissione. Signor presidente, grazie. Signori commissari, buon pomeriggio. Sì, mi soffermerò per adesso sull'impianto timone di governo, con riserva di espandere l'analisi anche all'impianto elica, poiché mi sembra di aver visto, dalle risultanze delle precedenti inchieste, che potrebbe avere la necessità di qualche approfondimento. Vediamo, comunque. Per adesso mi sono concentrato sull'impianto di governo e sono giunto ad alcune conclusioni, che vi sto per sottoporre con questa presentazione breve.
  Inizieremo con una descrizione sommaria dell'impianto, quindi la descrizione dei suoi componenti e il principio di funzionamento; successivamente passeremo allo status delle visite ispettive effettuate nell'ambito della normativa vigente al tempo, poi allo stato delle parti in esito ai rilievi peritali, eseguiti ovviamente nel periodo di disponibilità dei componenti (quindi fino alla rottamazione del relitto), e alle prove di funzionamento effettuate nell'ambito dei collegi peritali. Infine presenterò alcune mie considerazioni e conclusioni e un'ipotesi di cronologia degli eventi a cavallo dell'impatto.
  L'impianto era un impianto elettroidraulico a due timoni della ditta Hastie, azienda britannica definitivamente sciolta nel 1991. Aveva innanzitutto la possibilità di funzionare con tre possibili assetti: manuale, elettrico e automatico. Quello manuale era praticamente l'impianto funzionante con la trasmissione degli ordini per via idraulica dalla plancia al locale agghiaccio – che in gergo marinaresco è il locale dove si trova la macchina del timone, in basso nella nave, nella zona poppiera – ed era l'assetto selezionato al momento dell'impatto. La modalità elettrica era quella che trasmetteva i medesimi ordini al locale agghiaccio attraverso un sistema elettromeccanico di trasferimento del segnale. Il sistema automatico era collegato evidentemente alla girobussola e alla rotta impostata, e chiaramente veniva selezionato in mare aperto, in navigazione senza pericolo di collisione o in zone di basso traffico. C'era anche la possibilità, in assetto degradato, di controllare il timone attraverso un apposito volantino posizionato sulla macchina dell'agghiaccio, sui ponti inferiori in zona poppiera.
  I componenti principali sono la stazione di governo, cioè la colonnina di governo, in plancia, il telemotore trasmettitore, il telemotore ricevitore, la pompa a portata variabile, il servomotore a quattro pistoni e la Pag. 7 parte elettrica, cioè l'alimentazione, l'avviamento e gli allarmi. La colonnina di governo della plancia, come vedete nella slide, è costituita dalla ruota a caviglie, che è la classica ruota del timone che, alettata su un pignone, trasformava il moto circolare della ruota in un moto alternativo delle due cremagliere in senso verticale. Queste cremagliere a loro volta andavano a trasmettere a spostare i pistoni di un circuito idraulico pieno di olio, quindi tramutavano questo movimento alternativo verticale in un segnale di pressione che andava a interessare un circuito di tubicini di olio che attraversava la nave: dalla plancia comando, nella zona prora alta, andavano nel locale garage, si spostavano verso poppa e scendevano giù nel locale agghiaccio. Questi tubicini di olio trasferivano il segnale di pressione dalla plancia comando al locale dell'agghiaccio, dove c'era il telemotore ricevitore. Quest'ultimo riceveva questo segnale di olio che andava a intervenire sui pistoni, di cui era dotato anche il ricevitore, che trasformavano la pressione idraulica del sistema di controllo in un moto rettilineo alternativo del cosiddetto carrello (quello che vedete cerchiato in rosso), che era calettato su una leva fulcrata, che poi – come vedremo – va ad agire sul piatto della pompa a portata variabile.
  Finora abbiamo visto che, attraverso un sistema idraulico, il segnale dalla plancia si è trasferito in maniera rigida; cioè, a ogni posizione della ruota a caviglie corrispondeva un segnale di pressione oleodinamico attraverso questi tubicini e un movimento del carrello, rigidamente collegato alla ruota a caviglie, in agghiaccio. A seguire, la pompa a portata variabile; ce n'erano due, la pompa di dritta e la pompa di sinistra, una alternativa all'altra, che svolgevano il medesimo servizio. È un tipo particolare di pompa che, in funzione dell'inclinazione del piatto inclinato, manda olio in pressione o in depressione in alcune camere piuttosto che in altre a seconda dell'inclinazione. Quindi va da sé che la leva fulcrata che abbiamo visto nella rassegna precedente, collegata al carrello del ricevitore, andava ad agire sull'inclinazione del piatto rotante della pompa a portata variabile e quindi sul segnale di olio, che a seguire andava a operare nei torchi dell'attuatore, cioè del motore a torchi che agiva sulla barra del timone. Il motore a torchi non è non è altro che un sistema di quattro camere che possono essere alternativamente in situazione di carico o di scarico; in funzione di dove si trova la sovrapressione e dove la depressione si genera una coppia che va a far ruotare il timone vincendo la resistenza dell'acqua sottostante, e quindi a generare la barra. Questo è un esempio che riguarda solo un timone singolo. Nel caso del Moby Prince si ha un sistema di leverismi rigidi per cui questo movimento era trasmesso in maniera identica e rigidamente collegata ai due timoni di dritta e di sinistra.
  Poi, la parte elettrica prevedeva che ci fosse l'alimentazione alternativa. Il sistema elettrico del Moby Prince era composto di tre diesel alternatori che alimentavano il quadro elettrico principale e un diesel alternatore di emergenza che alimentava il quadro di emergenza. Le pompe del timone, per motivi di sicurezza, erano alimentate una dal quadro elettrico principale e l'altra dal quadro elettrico di emergenza. Quindi, il quadro elettrico di emergenza, che era normalmente alimentato dai diesel alternatori ordinari, era anche alimentato in caso di emergenza dall'intervento del diesel di emergenza, mancando la tensione dei tre gruppi elettrogeni ordinari. In sostanza, in questo modo si assicurava che almeno una delle due pompe del timone fosse alimentata in caso di blackout principale, quindi in caso di intervento del diesel di emergenza. I quadri di avviamento erano posizionati in una paratia prodiera del locale agghiaccio. Il circuito ausiliario, come ogni teleavviatore che consente il controllo remoto del macchinario cosiddetto di forza controllato dal teleavviatore, ha una parte di circuito cosiddetta ausiliaria, a 115 volt in particolare. Quindi, mentre il circuito di forza era a 440 volt e alimentava il motore elettrico delle pompe a portata variabile (quelle che abbiamo visto, con il piatto inclinato), il circuito ausiliario a 115 volt serviva per controllare i telecomandi, le spie e gli allarmi dei circuiti ausiliari. In particolare, il circuito Pag. 8 ausiliario alimentava, in questi particolari quadri, un avvolgimento che eccitava una bobina che consentiva al teleruttore di chiudere il circuito e quindi alimentare il circuito di forza e far partire il motore elettrico vero e proprio. Per tutto il tempo in cui il circuito ausiliario era eccitato, quindi, era avviato il motore di interesse, la bobina era attraversata da corrente per generare il campo magnetico che dava forza all'interruttore per rimanere chiuso. Nel momento in cui cessa la corrente nella bobina, ci sono delle molle di ritenuta che fanno aprire l'interruttore e quindi il motore elettrico si ferma, viene disalimentato. Questi dettagli sono importanti per comprendere le considerazioni che farò dopo.
  Il trasformatore da 440 a 115 volt della pompa di dritta è stato trovato in corto circuito dai rilievi peritali subito a valle dell'evento. I due quadri di avviamento delle pompe sono stati sbarcati e sono stati portati a suo tempo al laboratorio di macchine elettriche dell'Accademia navale per provare il corretto funzionamento di tutte le altre sicurezze. Infatti, a parte i circuiti ausiliari, di cui abbiamo detto che la pompa di dritta aveva il trasformatore bruciato, ci sono altre sicurezze – la bassa tensione, il sovraccarico e quant'altro – che determinano l'intervento di alcuni controlli di sicurezza degli interruttori principali. Queste componenti sono risultate correttamente funzionanti, a suo tempo. Nella control room, in aggiunta, vi erano – li vediamo in basso a sinistra nella slide (mentre in basso a destra c'è la fotografia del quadro) – i comandi che si trovavano in sala macchine e che sono appunto i comandi ausiliari, quelli controllati a 115 volt, che prevedevano: pompa in moto, pompa ferma, allarme e sovraccarico. C'era anche una segnalazione acustica che accompagnava l'accensione di quelle lampadine. Questi circuiti sono stati provati durante le prove a caldo dell'impianto timone nel 1992 o 1993 ed erano funzionanti. All'arresto di una pompa, la sala macchine aveva la capacità di avviare, da questi pulsanti, quella di riserva.
  Passiamo alla situazione delle visite ispettive. Al tempo, la nave battente bandiera italiana era sottoposta alle norme cosiddette statutarie, che erano quelle previste dal Ministero della marina mercantile, cioè norme minime per cui si era autorizzati a battere bandiera italiana. Tutti i controlli erano delegati al RINA, che agiva in regime di monopolio ed era praticamente il braccio armato dello Stato nel controllo dei cosiddetti requisiti di bandiera o statutari. In aggiunta, sappiamo che per motivi assicurativi gli armatori acquisivano le navi in classe per avere un controllo generale di configurazione di sicurezza. Quindi, al di là di tutto, come le norme del tempo prevedevano, fatti i lavori di manutenzione durante l'inverno, nel mese di marzo si completò l'intervento di manutenzione invernale e la nave, dopo un lungo periodo di fermo macchina (chiamiamolo così), per regolamento doveva essere sottoposta alla cosiddetta visita di riarmo. Come vediamo nella slide c'è uno stralcio del verbale in data 5 aprile, firmato dall'ispettore del RINA, che nell'elenco riporta anche che è stata effettuata la visita occasionale di riarmo. Abbiamo chiesto al RINA cosa fosse previsto per ogni singola visita, per vedere se l'impianto timone fosse stato sottoposto a una prova a caldo o semplicemente a una verifica d'integrità dei componenti. In realtà al tempo era in vigore una circolare del 1983 che dettaglia tutte le operazioni da svolgere per le visite di riarmo, in particolare per gli impianti di governo menziona chiaramente le prove in condizioni di esercizio della macchina principale e secondaria di governo. Ciò, quindi, in mancanza di altre informazioni, ed essendoci un verbale firmato e una circolare che detta le operazioni da compiere, ci fa ritenere che l'impianto timone sia stato trovato regolarmente funzionante nelle visite ispettive di termine sosta manutenzione invernale a Portoferraio. Comunque parliamo di 15-20 giorni prima del disastro, è giusto un punto fermo per non andare troppo indietro.
  Mi soffermo ora sui rilievi peritali. Per quanto riguarda le relazioni peritali relative ai sopralluoghi fatti sul relitto, si parla quasi esclusivamente dei periti del pubblico ministero che hanno consegnato la relazione nel 1994, quindi i primissimi uomini Pag. 9 che andarono a bordo dopo l'evento, che poi erano mediamente accompagnati dai tecnici di parte. Venivano redatti dei verbali cumulativi (diciamo così) per i sopralluoghi di più componenti insieme. In pratica, per il timone trovarono quanto segue: le cremagliere, che abbiamo visto in plancia, della colonnina di controllo, che hanno quel moto alternativo verticale, si trovavano in una condizione molto prossima a «timone al centro», cioè leggermente a sinistra, con la valvola di bypass chiusa. La valvola di bypass era quel sistema che, in caso di barra perfettamente al centro, metteva in comunicazione le due camere delle tubazioni di olio che trasmettevano il segnale in agghiaccio, annullando la differenza di pressione e quindi rendendo nullo il segnale di barra in agghiaccio. Quindi il timone, stando a come era la posizione delle cremagliere, in condizioni integre doveva essere di qualche grado ruotato verso sinistra. Le tubazioni di olio che, come abbiamo detto, trasmettono il segnale dalla plancia all'agghiaccio, sono state trovate ovviamente in condizioni pessime, perché attraversavano il garage, con tutto quello che ne è conseguito; per cui alcune erano interrotte, altre lesionate da schegge incandescenti, altre addirittura con l'olio all'interno carbonizzato, quindi con il flusso dell'olio completamente interrotto. Il trasformatore del quadro della pompa di dritta è stato trovato in corto circuito, come ho detto, e i timoni sono stati trovati quasi a 30 gradi a dritta. La leva flottante, quella ancorata al carrello del telemotore ricevitore, era in posizione equivalente al rientro del timone al centro.
  Riguardo alle prove di funzionamento che sono state fatte nel tempo, prima di tutto ne è stata fatta una a dicembre 1991, quindi relativamente poco dopo il disastro; è stato riavviato il telemotore della pompa di sinistra e il timone, contestualmente, senza che fosse operato alcun comando, è tornato al centro. In pratica, appena è stato dato il segnale di pressione dell'olio attraverso la pompa, il timone si è allineato con la posizione della leva che abbiamo visto nella rassegna precedente. Successivamente, nel 1993, sono state fatte delle simulazioni per ricostituire l'integrità della trasmissione del segnale oleodinamico dalla plancia all'agghiaccio. È stata riacquistata presso la ditta Hastie una nuova colonnina identica, poi sono state costruite delle tubazioni di olio di lunghezza uguale a quelle che erano presenti sulla nave (chiaramente, ubicate in posti diversi) ed è stata anche sistemata una calderina che potesse ricostruire il surriscaldamento dell'olio dovuto all'incendio. Queste operazioni hanno avuto come esito il corretto funzionamento in condizioni normali del sistema del timone così come era stato riconfigurato. Infatti, una volta ricostruita la tubazione dell'olio poi si è collegato il tutto al mobiletto dell'agghiaccio, che era correttamente funzionante, e quindi si è visto che tutta la parte di attuazione del comando giù in agghiaccio era perfettamente funzionante e rispondeva rigidamente ai comandi della ruota a caviglie, che era stata messa – mi pare – nel locale garage, appoggiata in qualche modo. Si è poi provato, accendendo la calderina, a surriscaldare l'olio e quindi si è verificato che c'è stato un movimento incontrollato del timone all'aumentare della temperatura della tubazione di controllo del segnale idrodinamico dalla plancia all'agghiaccio. L'arresto delle pale con pompa ferma e l'impossibilità di muovere le stesse... È stato fatto anche il tentativo, perché c'erano delle ipotesi secondo cui la barra del timone poteva essersi spostata in seguito al rimorchio della nave in bacino eccetera, e si è visto che – a meno di agire sulle valvole di sicurezza posizionate sul motore a palmole, che è un'operazione che non si fa per distrazione ma bisognava farla volutamente – le pale del timone non si muovono quando non c'è il segnale della pompa dell'olio in pressione. Fu messo un paranco, tenuto in tiro tutta la notte, e la posizione del timone è rimasta invariata dopo circa 12 ore. Quando è stato provato è rientrato correttamente, lo abbiamo visto. Durante le prove è stato interrotto il circuito oleodinamico che aveva simulato il trasferimento del segnale da plancia ad agghiaccio e contestualmente si è visto il rientro, ad opera delle molle antagoniste, Pag. 10 del carrello del ricevitore nella posizione di riposo.
  Scusate, torno un attimo indietro. Vediamo che nel carrello ricevitore che si trova in agghiaccio ci sono delle molle antagoniste; al cessare del segnale di pressione proveniente dalla plancia, queste molle antagoniste riportano il carrello in posizione di riposo. Durante le prove fatte nel 1993, si è verificato che questa condizione si manifesta laddove si interrompe il circuito di olio che collega con la plancia.
  Tutte queste osservazioni – perché fino ad ora sono tali – mi hanno consentito di tirar giù delle conclusioni, che vi illustro.
  Sulla base di quello che si può vedere dalla documentazione (le fotografie e, soprattutto, i rilievi peritali), non vi sono informazioni che consentono di dire con sicurezza che ci fosse qualche anomalia tecnica di funzionamento dell'impianto di governo del Moby Prince prima della collisione. Al momento della collisione era in conduzione idraulica manuale da plancia – ricordate le tre posizioni della leva – con la pompa di dritta in moto. Perché in moto? Perché il fatto che il trasformatore del telemotore di dritta sia stato quello trovato in corto circuito fa presupporre – come sempre, sono le migliori ipotesi fattibili e verosimili tecnicamente – che in un ambiente surriscaldato dovuto all'incendio sia stato quello che è arrivato per primo, rispetto a quello di sinistra, a una situazione di crisi del dielettrico entro il quale erano affondate le spire del circuito secondario, che era sotto carico in quanto eccitava la bobina di chiusura dell'interruttore di avviamento della pompa in moto. Se fosse stata in moto la pompa di sinistra, lo stesso problema di smaltimento del calore lo avrebbe avuto il trasformatore di sinistra. Poi faremo delle considerazioni sulla tempistica, perché forse questo risulta prematuro. È verosimile che la posizione della barra al momento dell'impatto fosse di poco discosta dal centro, verso sinistra, con il bypass chiuso, come abbiamo detto. Si esclude che la barra a 30 gradi possa essere stata comandata dalla plancia per due possibili motivi alternativi. Se fosse rimasto tutto allineato ai 30 gradi a dritta, le cremagliere non sarebbero state trovate nella condizione in cui furono trovate, come si vede in quella foto che vi ho mostrato, con le cremagliere in posizione di timone leggermente spostato a sinistra. In alternativa, se si fosse verificato un disallineamento tra le cremagliera (e quindi la posizione della ruota a caviglie) e il timone stesso, esso sarebbe stato possibile esclusivamente per un arresto della pompa. Faccio un esempio: il timoniere dà tutta la barra dritta, il timone va a 30 gradi a dritta; successivamente all'impatto, per un motivo qualsiasi, l'interruttore del motore della pompa del timone si apre, quindi si ferma la pompa, il timoniere risposta la ruota a caviglie ma il timone non si sposta più perché è ferma la pompa. In questo caso, però, ciò sarebbe successo immediatamente dopo l'impatto, quindi la control room sarebbe stata ancora presidiata e il personale avrebbe potuto avviare la pompa di riserva, perché sarebbe intervenuto un allarme e ci sarebbe stato il personale, visto che la control room non è stata invasa nell'immediato dall'incendio, come risulta nelle considerazioni.
  Un'ipotesi di cronologia degli eventi potrebbe essere: navigazione con impianto efficiente, navigazione manuale con pompa di dritta in moto, collisione, vampata di fuoco, grippaggio immediato dei componenti della colonnina di governo (considerate che la ruota a caviglie era in legno) e surriscaldamento incontrollato delle linee di trasmissione, soprattutto in garage, dove c'è stata la vampata immediata, e quindi il timone si porta a 30 gradi a dritta; surriscaldamento del quadro elettrico a seguito dell'arrivo delle fiamme nella zona poppiera, soprattutto immediatamente a proravia del locale agghiaccio, dove c'era un locale equipaggio in cui tutti i cavi elettrici erano stati trovati bruciati. Quindi, c'è un surriscaldamento del quadro elettrico della pompa, corto circuito del trasformatore (che non è riuscito a smaltire il calore, come normalmente fa con l'ambiente circostante, in quanto l'ambiente circostante era caldo per via dell'incendio e il trasformatore era sotto carico per via della bobina eccitata per il motore della pompa in moto) Pag. 11 e quindi l'arresto della pompa; control room non presidiata perché è passato del tempo, in quanto l'arrivo dell'incendio nella zona poppiera nei ponti bassi non è stato immediato e quindi si può presumere che a quel punto la control room non fosse più presidiata e nessuno abbia potuto avviare la seconda pompa. A seguito della perseverare dell'incendio, interruzione della tubolatura della linea di trasmissione, perdita del segnale, vuotamento di olio, e quindi le molle antagoniste hanno riportato il carrello del ricevitore nella posizione in cui fu trovato, cioè corrispondente al timone al centro. Le cremagliere della colonnina in plancia sono rimaste nella posizione in cui erano all'inizio dell'evento, in quanto immediatamente grippate per via dell'ondata di combustione che ha invaso immediatamente la plancia.
  Questo è in estrema sintesi quello che è illustrato in una relazione che, se avete domande, posso proiettare.

  PRESIDENTE . Prego, onorevole Deidda.

  SALVATORE DEIDDA . Mi scuserà se magari mi sono perso nei dettagli tecnici e la mia forse è una domanda banale. Mi sembra di capire, nelle conclusioni, che il timone non ha avuto un malfunzionamento prima dell'impatto. Cioè, la nave è andata dove doveva andare quando qualcuno l'ha indirizzata lì. È dopo che c'è stato forse qualcosa. È corretto dire così, almeno dalle risultanze?

  SERGIO SIMONE , consulente della Commissione. Quello che si può dire con verosimile certezza è che il timone era efficiente prima dell'impatto. Non c'è nessuna cosa che ci possa far pensare il contrario. La cosa che più di tutto mi ha spinto a pensare questo è che appena hanno ridato alimentazione al motore della pompa di sinistra, il timone (quindi tutta la sistemazione dell'agghiaccio) si è portato al centro, in corrispondenza della posizione del telemotore. Quindi la parte attuatore era perfettamente funzionante anche dopo l'impatto. Va da sé che, visivamente, tutta la linea di trasmissione e la stessa colonnina in plancia che non c'era più (erano rimasti solo gli ingranaggi grippati) sono stati la causa della perdita di funzionamento. L'ordine cronologico è chiaramente un'ipotesi, la più verosimile che sono riuscito a tirar fuori, però il disallineamento tra la barra del timone e la posizione delle cremagliere della plancia è una cosa che, in caso di integrità del circuito dell'olio pieno in pressione dalla plancia all'agghiaccio, non si può verificare proprio per motivi fisici. Quindi, sì, mi viene da dire che l'impianto timone prima dell'impatto era efficiente. La posizione del timone prima dell'impatto può essere solo un'ipotesi, la più verosimile possibile, ma quella che ho provato a tirar giù io è pur sempre un'ipotesi.

  PRESIDENTE . Grazie, comandante. Onorevole Frailis, prego.

  ANDREA FRAILIS . Grazie, presidente e grazie al dottor Simone per la sua esaustiva relazione, almeno per chi ha delle cognizioni tecniche che esulano in questo momento dalle mie conoscenze.
  Se la Moby Prince ha deviato dalla sua rotta in quel momento, non è stato a causa del malfunzionamento del timone, se ho ben capito; quindi dev'essere stata una causa esterna alla nave oppure qualcosa di peggio.
  Io mi riferisco però a quello che nelle prime nostre giornate di lavoro destò la nostra attenzione, vale a dire il fatto che una parte del timone doveva essere cambiata e il pezzo di ricambio era già – come in qualche audizione ci fu confermato – a bordo della nave. Questo pezzo doveva sostituire un'altra parte del timone? Che funzionava o che non funzionava? Io a questo punto mi sono un po' perso, da questo punto di vista.

  SERGIO SIMONE , consulente della Commissione. La questione del pezzo del timone che doveva essere sostituito l'avevo sentita anche io, non ricordo se in una delle prime audizioni della Commissione o dopo, ma non ho trovato nulla al riguardo. Ho l'impressione – ma non vorrei essere presuntuoso nel dire questo – che sia stata Pag. 12 menzionata per errore: anziché impianto elica è stato detto timone. L'impianto elica infatti doveva avere un pezzo da sostituire in esito a una visita del RINA, ma sull'impianto timone non c'è nulla nella documentazione. Anch'io avevo sentito questa cosa e sono andato a vedere, ma non c'è nulla, nessuna risultanza.

  ANDREA FRAILIS . Ecco, sempre nel campo delle ipotesi, però, il malfunzionamento o il parziale funzionamento dell'elica era in grado di far deviare la Moby Prince dalla sua rotta o no?

  SERGIO SIMONE , consulente della Commissione. Premetto che sull'elica, come dicevo in apertura, mi devo ancora cimentare, però appare intuitivo che, quando una nave con propulsione su due assi ha una spinta disomogenea tra l'elica di dritta e l'elica di sinistra, si genera una disparità di spinta delle due eliche, quindi si genera una componente leggermente trasversale rispetto al moto rettilineo. Però non è in grado di modificare la rotta di una nave di 6 mila tonnellate; è in grado di spostare leggermente l'avanzamento in maniera parallela a sé stessa, probabilmente. Normalmente allora si interviene correggendo con uno o due gradi di barra nel verso contrario. Questo, in caso di funzionamento. Un'altra cosa che può succedere – e mi riservo di fare delle verifiche anche su questo, nessuno se ne è occupato fino ad ora – riguarda l'apparato motore; perché, a parte le eliche, ci sono le linee d'asse, i giunti e i motori diesel. Se i giunti si disconnettono, l'asse non riceve il movimento dal motore e quindi si ferma, a prescindere dalla posizione dell'elica. E se l'asse si ferma, l'elica non spinge. Quindi, un'altra cosa da considerare – ma, ripeto, sono pensieri ad alta voce che facevo tempo fa – è appunto verificare lo stato di funzionamento dei giunti di trasmissione del moto dei motori diesel alle linee d'asse, al riduttore per intenderci. Se ci si fosse stata qualche anomalia in questo settore, infatti, ci sarebbe potuta essere una spinta disomogenea tra i due assi, nei confronti della quale si interviene correggendo con un po' di barra, però un'accostata degna di questo nome – l'accostata vuol dire quando la nave cambia completamente direzione – per un motivo del genere non è così immediata. È un po' come se cominciasse a scarrocciare, non cambia la prora.

  PRESIDENTE . Altri interventi? Onorevole Potenti, prego.

  MANFREDI POTENTI . La ringrazio, comandante. Una domanda per capire il funzionamento dell'impianto elettrico e del generatore: in caso di calo di tensione o di blackout, il generatore interviene automaticamente o intercorrono magari pochi secondi tra l'interruzione elettrica e l'avvio del generatore che permette la ripresa?

  SERGIO SIMONE , consulente della Commissione. Il generatore interviene automaticamente, nel senso che sente la mancanza di tensione sulle sbarre principali, parte il motore, si inserisce direttamente in rete e alimenta solo quelle utenze che, in sede di progettazione, è stato stabilito che fossero alimentabili anche in emergenza; quindi non tutta la nave, perché un gruppo elettrogeno solo non ce la farebbe ad alimentare tutti i servizi. Il problema è che sicuramente si va prima al buio e poi riparte; cioè, non lo evita. Questo anche al giorno d'oggi, perché il processo è così veloce che prima si va in blackout e poi, immediatamente dopo, interviene il gruppo di emergenza. Quindi, quell'istante di buio c'è.

  MANFREDI POTENTI . Mi scusi, in quell'istante, per quanto riguarda l'apparato di timoneria, che cosa accade?

  SERGIO SIMONE , consulente della Commissione. Nell'istante accade che la pompa in funzione viene momentaneamente fermata e riparte l'istante subito dopo, fermo restando che, essendo il timone in controllo idraulico manuale, tutto il segnale fino alla pompa era indipendente dall'alimentazione elettrica. Quindi il problema è che non si sa – non si vede da nessun disegno e non è specificato nemmeno nella technical specification dell'impianto elettrico del cantiere Pag. 13 Cammell Laird britannico di costruzione della nave – quale delle due pompe prendesse dal circuito di emergenza e quale invece prendesse dal circuito ordinario. Non c'è scritto da nessuna parte, possiamo solo ipotizzare.

  PRESIDENTE . Non ci sono altri interventi o richieste di chiarimento. Ringraziamo davvero il comandante Simone per questa sua prima relazione. Come ci ha detto, sta continuando a lavorare sulla parte eliche della Moby Prince, quindi ci riferirà su questo nelle prossime settimane.

  SERGIO SIMONE , consulente della Commissione. Grazie, presidente. Grazie, signori.

  PRESIDENTE . Riprendiamo la seduta pubblica.

  (I lavori riprendono in seduta pubblica).

  PRESIDENTE . Ringrazio ancora il comandante Simone e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 17.20.

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ALLEGATO 1

Documentazione depositata dal dottor Gabriele Bardazza, consulente della Commissione.

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ALLEGATO 2

Documentazione depositata dal capitano di vascello Sergio Simone, consulente della Commissione.

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* La Commissione, nella seduta del 15 settembre 2022, ha convenuto di desecretare integralmente il resoconto stenografico della seduta del 18 gennaio 2022 e ha disposto che venisse ripubblicato includendovi la parte desecretata.

(1)  La Commissione, nella seduta del 15 settembre 2022, ha convenuto di desecretare integralmente il resoconto stenografico della seduta del 18 gennaio 2022 e ha disposto che venisse ripubblicato includendovi la parte desecretata.

(2) La Commissione, nella seduta del 15 settembre 2022, ha convenuto di desecretare integralmente il resoconto stenografico della seduta del 18 gennaio 2022 e ha disposto che venisse ripubblicato includendovi la parte desecretata.