XVIII Legislatura

Commissioni Riunite (X Camera e 10a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 7 di Martedì 18 gennaio 2022

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Nardi Martina , Presidente ... 3 

Seguito dell'audizione, in videoconferenza, del Ministro della transizione ecologica, Roberto Cingolani, sui prezzi dell'energia e sulla sicurezza degli approvvigionamenti, anche in relazione alla strategia europea d'intervento e di sostegno (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati) :
Nardi Martina , Presidente ... 3 
Cingolani Roberto , Ministro della transizione ecologica (intervento da remoto) ... 3 
Nardi Martina , Presidente ... 18 
Cingolani Roberto , Ministro della transizione ecologica (intervento da remoto) ... 18 
Nardi Martina , Presidente ... 19

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Coraggio Italia: CI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Alternativa: Misto-A;
Misto-MAIE-PSI-Facciamoeco: Misto-MAIE-PSI-FE;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento ADC: Misto-NcI-USEI-R-AC;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA X COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
MARTINA NARDI

  La seduta comincia alle 14.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare e la trasmissione diretta sulla web-tv dei rispettivi siti istituzionali e che sarà redatto il resoconto stenografico.

Seguito dell'audizione, in videoconferenza, del Ministro della transizione ecologica, Roberto Cingolani, sui prezzi dell'energia e sulla sicurezza degli approvvigionamenti, anche in relazione alla strategia europea d'intervento e di sostegno.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione, in videoconferenza, presso le Commissioni riunite Industria, commercio, turismo del Senato e Attività produttive, commercio e turismo della Camera del Ministro della transizione ecologica, professor Roberto Cingolani, sui prezzi dell'energia e sulla sicurezza degli approvvigionamenti, anche in relazione alla strategia europea d'intervento e di sostegno.
  Ringrazio il Ministro per aver sollecitamente risposto all'invito delle Commissioni, e saluto il presidente della 10ª Commissione del Senato Gianni Pietro Girotto, e i colleghi deputati e senatori.
  Rammento che nella seduta del 14 dicembre scorso sono intervenuti, per formulare quesiti ed osservazioni, i deputati Davide Crippa, Gianluca Benamati, Giovanni Vianello, Luca Squeri, Sara Moretto e Massimiliano De Toma, e i senatori Paolo Ripamonti, Maria Virginia Tiraboschi, Cristiano Anastasi, Marco Croatti, Stefano Collina, Gianni Pietro Girotto, presidente della 10ª Commissione del Senato, e Francesco Mollame.
  Prima di cedere la parola al Ministro Cingolani ricordo che, come stabilito all'esito della scorsa seduta, il seguito dell'audizione è dedicato alla replica del Ministro. Do quindi la parola al Ministro Cingolani.

  ROBERTO CINGOLANI, Ministro della transizione ecologica (intervento da remoto). Grazie, presidente. Buon pomeriggio a tutti. Vorrei innanzitutto ringraziare gli staff di Camera e Senato perché ci hanno fornito prontamente i resoconti stenografici, e questo mi ha aiutato moltissimo. Spero di essere in grado oggi di poter rispondere a tutte le vostre domande una a una. Ovviamente, ove non fossi in grado, mi riservo di fornirvi ulteriori dettagli in altro modo. Spero comunque di poter rispondere a tutto. Inoltre approfitto del fatto che la prima parte dell'audizione si era tenuta prima di Natale per informare che nel frattempo sono successe diverse cose. Quindi nel rispondere alle domande dei diversi parlamentari aggiungerò le informazioni ultimissime in mio possesso sulle azioni relative alla riduzione dei prezzi dell'energia, argomento richiesto da molti parlamentari (Davide Crippa, Ripamonti, Vianello, Squeri, Collina, Mollame). Risponderò, inoltre, a questioni riguardanti più strettamente la mia attività come richiesto da numerosi parlamentari (Tiraboschi, Benamati, Vianello, Anastasi, Croatti). Approfitterò dunque per dare risposte un po' più ampie raggruppando le questioni poste da Pag. 4questi parlamentari che per quanto possano aver fatto delle domande leggermente diverse investono temi importanti.
  Seguendo l'ordine della ricostruzione del report stenografico, inizierei a rispondere all'onorevole Ripamonti che mi risulta essere il primo. L'onorevole Ripamonti nel suo intervento chiedeva se, dopo l'intervento di settembre sulle bollette in aiuto delle famiglie, che è stato utile, ci fosse qualcos'altro all'orizzonte. Per una decina di minuti, dunque, mi dilungherò per aggiornarvi su quello che è in corso in questo momento. Peraltro, come già vi ho detto, credo che quello che vi dirò andrà in larga misura a rispondere anche agli onorevoli Crippa, Vianello, Squeri, Collina e Mollame. Si è aggiunto in questo periodo un lavoro che avevamo messo in piedi con la struttura tecnica del MITE (Ministero della transizione ecologica) e che abbiamo consegnato al Presidente del Consiglio come bozza di riflessione. Si trattava di analisi di scenario e di alcune simulazioni per vedere l'impatto dei costi, su cui attualmente stanno lavorando i gruppi di Palazzo Chigi, del MEF (Ministero dell'economia e delle finanze), del MITE e degli altri Ministeri interessati per cercare di dare un'impostazione strutturale al problema caro energia.
  Anche qui, come avrete notato, la situazione delle previsioni dal punto di vista dei costi e dell'energia è quanto mai complessa. Non so se avete saputo che poc'anzi, poco fa, sono uscite delle notizie ANSA (Agenzia Nazionale Stampa Associata). La Ministra tedesca Annalena Baerbock, ha invitato a non usare il gasdotto Nord Stream come un'arma di contrattazione. Il Ministro degli esteri russo Serghei Lavrov ha esortato a non politicizzare il Nord Stream. Nello stesso tempo il Ministro delle finanze francese, Bruno Le Maire, ha detto che è quanto mai necessario rivedere a livello europeo l'assetto energetico delle tariffe, eccetera. Questa è una notizia ANSA uscita poco fa. Vi dà un po' l'idea di come la situazione sia oggettivamente molto complessa.
  Se a fine anno, in base alle proiezioni degli analisti, abbiamo detto che poteva esserci l'aspettativa, probabilmente dopo il primo trimestre del 2022, con la regolarizzazione del Nord Stream di poter veder un decremento, una stabilizzazione, dei prezzi del gas, francamente ora questa cosa è diventata un po' più difficile da credere in quanto sono subentrate condizioni geopolitiche abbastanza complesse. Gli analisti concordano sul fatto che benché potrà esserci una stabilizzazione del prezzo del gas in futuro, questa non sembra essere così imminente. Serve una strategia complessiva per la riduzione dei prezzi dell'energia e devo dire che in Europa un po' tutti i Paesi si sono comportati allo stesso modo. Nei primi trimestri, quando l'aumento della materia prima del gas sembrava essere solo un fatto contingente, tutti hanno cercato di tamponare; adesso tutti stanno cercando una strategia complessiva per la riduzione del prezzo dell'energia.
  Un disegno strutturale necessita di azioni di medio e lungo termine. Alcune di queste sono nelle nostre corde, le possiamo fare noi; altre richiedono una concertazione a livello europeo e quindi non possono essere fatte in totale autonomia. È chiaro che stiamo guardando all'ipotesi di promuovere una revisione delle regole del mercato elettrico da svilupparsi su base europea. È quello che dicevano i colleghi francesi poc'anzi – vi ho appena accennato dell'ANSA uscita da poco – per consentire ai consumatori di beneficiare degli investimenti e dei minori costi dell'energia prodotta da fonti rinnovabili. Serve un assetto che comprenda un graduale spostamento delle fonti rinnovabili su mercati con contrattazioni di lungo termine e compensi possibilmente non più ancorati a quelli del gas naturale e della CO2.
  Sulla carta è facile a farsi. Ricordo a tutti che agganciare il prezzo dell'energia del megawattora al gas illo tempore fu un'ottima idea, perché le rinnovabili costavano molto e quindi era vantaggioso. Adesso purtroppo si è invertita la situazione e questo è uno dei punti su cui bisogna fare delle riflessioni. È chiaro che non le possiamo fare da soli, ma il dibattito in sede internazionale è aperto. Poi l'utilizzo del mercato spot a prezzo marginale solo come mercato di aggiustamento nel quale opererebberoPag. 5 essenzialmente gli impianti a gas. Nel caso italiano, data la presenza di capacity market, l'energia di questi impianti avrebbe uno strike price massimo.
  Certamente un secondo punto fondamentale e imprescindibile è che noi dobbiamo comunque continuare ad accelerare in modo significativo il tasso di installazione delle rinnovabili e di tutte le infrastrutture necessarie per la decarbonizzazione. La semplificazione è fondamentale. La pianificazione dell'installazione di nuovi impianti e delle infrastrutture, celle e aree idonee, è fondamentale che vengano subito rese operative. E poi i nuovi incentivi con programmazione di lungo termine, sia coperti dal PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza) e dai proventi delle aste ETS, sia sui fronti di rinnovabile elettrica, efficienza energetica, gas rinnovabile, biometano, rinnovabili termiche e ovviamente gli assetti di comunità energetica.
  Lo preciso sin dall'inizio: questa è una strada maestra anche non procrastinabile. Dobbiamo farlo subito, seguire la nostra road map di installazione delle rinnovabili, perché prima avremo il nostro pacco rinnovabili e la nostra disponibilità di energia rinnovabile, prima certe trasformazioni importanti come nei settori mobilità, hard-to-abate, diventeranno vantaggiose e possibili. È chiaro che comunque si parla di grandi installazioni. Io vi ricordo che noi abbiamo previsto di aumentare di dieci volte la capacità di costruire impianti rinnovabili nel nostro Paese ogni anno, e questo non è solo un problema di semplificazione, pipeline and permitting, autorizzazione paesaggistica e autorizzazione ambientale. È anche un problema infrastrutturale non da poco. Pensate solo all'adeguamento della smart grid e così via. Un po' di tempo ci vuole.
  Il terzo punto della strategia generale è proteggere i consumatori più esposti ai maggiori costi dell'energia. Però se da una parte c'è il contrasto alla povertà energetica con l'Osservatorio nazionale per la protezione dei clienti vulnerabili con prezzi definiti da ARERA (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) – su questo, lo sapete, abbiamo già operato e stiamo operando –, dall'altra bisogna stare molto attenti a rafforzare gli strumenti che salvaguardano i livelli di competitività delle imprese, soprattutto le energivore, sia attraverso strumenti di mercato sia attraverso meccanismi di compensazione.
  Questi sono i tre capitoli. Adesso vi darò qualche dettaglio su alcune misure. Questi capitoli si portano dietro dei grandi temi.
  Sul disegno di mercato, come vi dicevo anche a seguito dell'osservazione di Bruno Le Maire appena riportata dall'ANSA, occorrerà attendere le decisioni europee. Chiaramente si può anticipare qualche passo sul costo dell'energia e del mercato regolato, però questa è una cosa che deve fare la comunità internazionale e noi dobbiamo essere nella discussione a pieno titolo.
  Secondo, l'accelerazione nella realizzazione degli impianti e delle infrastrutture per la decarbonizzazione, delle rinnovabili, è chiaro che richiede un accordo a livello trasversale, perché sapete meglio di me che non è solo una questione del Governo, ma è una questione anche di disponibilità da parte delle aree idonee e delle regioni. Per dare attuazione alle misure e agli strumenti previsti da tutti i decreti legislativi che sono stati adottati è fondamentale che ci sia una specie di patto di collaborazione, altrimenti non riusciremo a installare i famosi 70 gigawatt di impianti nei prossimi anni.
  Per la tutela della competitività industriale noi abbiamo di recente approvato il «decreto gasivori», che riduce gli oneri di sistema a gas a determinate categorie industriali e che è già firmato alla Corte dei conti. Ricordiamo anche che dal prossimo anno sarà operativo il rimborso delle imprese di quota parte dei costi della CO2 che gravano sui prezzi dell'energia elettrica. Sono 90 milioni di euro il primo anno e 140 dall'anno successivo.
  Bisogna riflettere sugli interventi sull'IVA. Ovviamente questa non è una prerogativa del MITE. Noi possiamo suggerirlo, ma è evidente che le operazioni di fiscalizzazione sono importanti – prerogativa certamente del Ministero dell'economia e delle finanze –, e si stanno facendo tutte le riflessioni del caso.
  In ultimo: l'Energy mix deve cambiare. Oggi noi abbiamo il 30 per cento di elettricità.Pag. 6 Di questo 30 per cento, circa il 38 per cento è da fonte rinnovabile. Il resto è prodotto bruciando molecole, e tutto il resto della primaria è sostanzialmente fossile. Questo chiaramente deve evolvere e quindi nei prossimi anni dobbiamo essere estremamente lungimiranti. Credo anche che con il PNRR abbiamo cominciato a guardare con attenzione a questo panorama.
  Tra le misure principali che sono in fase di studio – questo di fatto risponde ai diversi quesiti di molti di voi – una prima misura riguarda certamente un'analisi dell'intervento di cartolarizzazione degli oneri ASOS. Il fabbisogno della componente oneri di sistema della bolletta elettrica è per circa 11 miliardi di euro all'anno e, come sapete, avrà una riduzione di 4-5 miliardi di euro fra cinque anni e di ulteriori 5 miliardi di euro a dieci anni. C'è un décalage naturale perché è come un mutuo che viene pagato nel tempo.
  Nelle attuali fasi di aumenti della componente energia sarebbe possibile una misura di indebitamento per spostare una parte degli oneri a cinque o dieci anni, quando l'ammontare complessivo si ridurrà. Ovviamente sono possibili diverse soluzioni che vanno messe a punto con il Ministero dell'economia e delle finanze: veicolo esterno, indebitamento diretto con GSE (Gestore dei servizi energetici), obbligazioni di Stato. Ci sono diverse possibilità. Su queste, se volete, poi posso anche darvi qualche idea più personale, però ovviamente dipende molto da diagnosi finanziarie. Tenete conto che qui si tratta di una misura che genererebbe un minor onere di circa 3 miliardi di euro sulla componente ASOS delle bollette elettriche, sostanzialmente da recuperare tra cinque o dieci anni seppure con un piccolo interesse. Però potrebbe essere una cifra importante.
  Una seconda misura è l'utilizzo dei proventi delle aste CO2. Il decreto legislativo n. 199 del 2021, quello che recepisce la direttiva sulle fonti rinnovabili, ha introdotto la possibilità di utilizzare i proventi delle aste di CO2, di competenza del MITE, per la copertura degli oneri di sistema che sono gravanti sulle bollette con cui vengono pagati gli incentivi alle fonti rinnovabili. Le risorse possono essere utilizzate e sono al netto delle risorse per il carbon leakage indiretto, l'articolo 23.
  Ora, giusto per darvi un'idea, qui si parla di risparmio di circa un miliardo e mezzo di euro complessivo, perché l'anno scorso, all'incirca, i proventi delle aste ETS furono circa un miliardo e mezzo. È chiaro che questi numeri non li sapremo sino all'ultimo minuto perché il prezzo della CO2 è continuamente in evoluzione e in aumento, però grosso modo la metà di questi proventi sono MITE, quindi 700-800 milioni di euro, e noi abbiamo già deciso di dedicarli all'abbattimento dei costi della bolletta. L'altra metà è in quota MEF, il quale ovviamente sta valutando in maniera sinergica l'utilizzo di questi fondi verso la stessa destinazione.
  Un'altra misura su cui ci sono simulazioni e riflessioni in corso è l'estrazione di rendita da impianti fotovoltaici con incentivo fisso. Gli incentivi cosiddetti «in conto energia», il fotovoltaico, prevedevano il pagamento di una tariffa fissa indipendentemente dal valore del prezzo di mercato dell'energia. Questo tipo di incentivo ormai non si usa più, però i suoi effetti, gli effetti dei vecchi incentivi su base ventennale, pesano ancora sulla bolletta per circa 6 miliardi di euro all'anno – questa è la parte iniziale della strategia del Paese sulle rinnovabili. Circa la metà dell'energia incentivata tramite Conto Energia – sono gli impianti più piccoli, corrispondenti a 10 terawattora su un totale di 20 terawattora – è ritirata dal GSE e rivenduta sul mercato spot col meccanismo del ritiro dedicato. Gli impianti fotovoltaici stanno quindi beneficiando di un incentivo in quota fissa più i proventi della vendita dell'energia a prezzi più elevati rispetto a quelli per cui erano state adottate le decisioni di investimento.
  Le possibili opzioni per l'estrazione di questa rendita potrebbero quindi essere: rivedere i contratti di incentivazione ancorandoli a prezzi dell'energia ante crisi con eventuale allungamento del periodo di diritto, oppure, senza una modifica dei contratti incentivazione, prevedere che i soggettiPag. 7 che percepiscono gli incentivi Conto Energia siano portati a vendere l'energia al GSE scegliendo tra pacchetti di ritiro a lungo termine, 2-5-10 anni, a prezzi fissi, trasformando il meccanismo del ritiro dedicato da pronti a termine.
  Queste soluzioni sono ovviamente in fase di analisi. Noi come stima abbiamo valutato che ci potrebbe essere un risparmio di circa un miliardo e mezzo di euro sulla componente ASOS delle bollette elettriche. Questi sono benefici calcolati con il prezzo di 140 euro magawattora. È ovvio che – come sapete – questi numeri variano e si potrebbero ridurre qualora ritornasse a scendere il prezzo dell'energia.
  Una quarta ipotesi è l'estrazione di rendita dai grandi impianti idro, che sono incentivati. Sapete che oltre il 70 per cento dell'energia elettrica oggi transita sul cosiddetto «mercato del giorno prima», con negoziazioni spot e definizioni del prezzo tramite il cosiddetto «meccanismo del marginal price». La quota di impianti a fonti rinnovabili che offre su tale mercato, e che non ha già attivi contratti bilaterali di lungo termine, beneficia di un prezzo che tiene conto del maggior costo del gas della CO2 senza sostenere realmente questo costo. Ho specificato: quelli che non siano già con contratti a lungo termine; sono tutte cose che bisogna andare a vedere con precisione.
  Attualmente vi sono tre tipologie di impianti di fonti rinnovabili. I primi sono gli impianti incentivati con tariffe per differenza con tariffe omnicomprensive: circa 23 terawattora di biomasse, 23 terawattora di eolico; l'idro è a circa 5 terawattora. Questi hanno costi di generazione elevati e l'estrazione di rendita è già operativa tramite il meccanismo di incentivo, in quanto al crescere del prezzo dell'energia si riduce l'incentivo stesso. Oggi sono quelli incentivati con tariffe fisse. Ne ho parlato prima, quindi non li riprendo. Infine, i grandi impianti non incentivati, 40 terawattora di idro e 4 terawattora di geotermico, che operano sul mercato spot e stanno beneficiando di rendite piuttosto elevate senza sostenere maggiori costi.
  Qui si possono fare diverse cose, che ovviamente devono passare attraverso una serie di vagli non solo di natura finanziaria, ma anche di natura legale. Ci sono degli accordi, dei contratti, quindi bisogna essere estremamente rispettosi anche degli accordi che ci sono con i provider, con le aziende energetiche. Ma comunque ci sono una serie di scenari. Un'operazione in questo campo potrebbe generare un risparmio sulla componente di prezzo tra uno e due miliardi di euro l'anno. L'effetto massimo è stimato nei momenti di picco dei prezzi spot, ipotizzando di estrarre su 20 terawattora, pari al 50 per cento della produzione nazionale, tutto il margine sopra un pezzo di ecoremunerazione che potrebbe essere orientativamente 50 euro a megawattora; ma questo si può trattare e discutere ampiamente. Questi benefici sono calcolati con prezzi elevati che ovviamente si ridurranno se il prezzo provvederà a scendere.
  Un'ulteriore misura sulla quale abbiamo fatto mente locale e che adesso è in fase di analisi da parte di MEF e degli altri Ministeri è il rafforzamento degli strumenti di negoziazione a lungo termine dell'energia rinnovabile. Qui sapete che il 20 dicembre è stata aperta una fase di consultazione sul sito del GME (Gestore dei mercati energetici) per realizzare una bacheca che favorisca l'incontro tra domanda e offerta di progetti, il Power Purchase Agreement (PPA). Questo è un primo passo verso lo sviluppo di una piattaforma organizzata per la negoziazione di lungo termine di energia rinnovabile. La futura piattaforma consente di valorizzare l'energia rinnovabile in un'ottica di lungo periodo e non sulla base di segnali prezzo-spot condizionati dall'andamento del costo degli impianti a gas. Questa è anche una riflessione europea. Sono in molti ad aver pensato a questa idea di sganciare dal costo del gas, come vi accennavo prima.
  Per promuovere lo sviluppo di questi Power Purchase Agreement, congiuntamente con l'avvio della piattaforma, si possono superare alcune barriere tecniche regolatorie con interventi quali l'eliminazione della garanzia di controparte centrale, la definizione di prodotti standardizzati coerenti Pag. 8con il profilo di produzione delle rinnovabili. Ci sono una serie di ipotesi che abbiamo messo sul tavolo che sono in fase di analisi dal punto di vista finanziario. Questa misura potrebbe generare un risparmio sulla componente di prezzo anche sino a 1,5 miliardi all'anno nei momenti di picco dei prezzi spot. Ovviamente questo è soggetto anche alle fluttuazioni di mercato, alle diverse negoziazioni. Comunque anche questa sembra essere un'ipotesi quantomeno da valutare.
  Poi c'è, come ultima misura, la valorizzazione della produzione di gas da giacimenti nazionali esistenti. Voi sapete che noi consumiamo 70 miliardi di metri cubi di gas all'anno e ne produciamo circa quattro e mezzo nel nostro territorio. Tutto il resto è importato. Io ho posto già una condizione che è una condizione irrinunciabile. Noi non vogliamo eventualmente aumentare l'estrazione del gas da giacimenti esistenti aumentando la quota totale di gas. Al momento per rispettare l'Accordo di Parigi dovremmo mantenere la quota totale di gas a 70, quindi se io ne tiro di più in Italia diminuisco l'importazione. Non vogliamo fare nuove trivelle; vogliamo semplicemente ottimizzare l'utilizzo dei giacimenti che ci sono già.
  Non è una cosa immediata, ci vuole un po' di tempo e ci vogliono comunque investimenti. L'impresa deve valere la spesa, siamo tutti d'accordo su questo; però è chiaro che uno, se anche aumentasse o raddoppiasse quella piccola aliquota di gas italiano rispetto a quello importato riducendo l'importazione, salverebbe ovviamente l'IVA, che rimarrebbe in casa; trasporto e stoccaggio costerebbe di meno; ma soprattutto potrebbe, con delle operazioni concordate con i gestori e con i Ministeri vigilanti, prendere un'aliquota di questo gas, casomai territorialmente estratto, e fare degli accordi a prezzi controllati per favorire le attività delle aziende. Ovviamente non stiamo parlando di una cosa per sempre; sarebbe improponibile sul mercato internazionale libero e aperto. Ma, per periodi che sono di uno o due anni, per mitigare questa fase particolarmente dura e complessa questa potrebbe essere un'azione fattibile. È chiaro che stiamo discutendo innanzitutto con chi estrae gas e lo vende, perché non si possono fare i conti senza l'oste, ma anche questa è una misura che insieme alle altre potrebbe contribuire a una mitigazione del costo.
  Come credo abbiate intuito, da un lato il mio messaggio è che noi abbiamo fatto del nostro meglio per vedere tutti gli scenari e suggerirli. Adesso questi scenari sono analizzati dal Ministero dell'economia e delle finanze e da Palazzo Chigi in modo tale da capire la fattibilità politica, ma anche la fattibilità e la convenienza finanziaria. Comunque si parla di cifre importanti. Le somme di tutte queste misure più quello che poi – si vedrà – sarà disponibile in altri modi sono somme che potrebbero effettivamente essere importanti dal punto di vista della mitigazione dell'aumento dei costi.
  Questo riguardava in realtà la prima domanda, che partiva dall'onorevole Ripamonti ma era stata fatta in forme diverse anche dagli altri colleghi. Spero di avervi dato un'informativa e qualche indicazione sulle misure che, perlomeno noi come MITE, abbiamo proposto e che attualmente sono in fase di valutazione e di studio. Per chiunque volesse avere ulteriori ragguagli io sono a disposizione; lo possiamo fare anche one to one. Questa è un po' la mappa delle idee che sono messe sul tavolo.
  Sempre il senatore Ripamonti chiedeva informazioni sul progetto di raddoppio della capacità del gasdotto TAP (Trans Adriatic Pipeline). Al momento resta importante non aumentare il volume totale di gas utilizzato. La diversificazione è comunque un vantaggio essendo noi dipendenti da gas altrui. L'Italia in questo momento ha un piccolo vantaggio: quello di avere cinque fornitori. Questo non la scherma completamente dalle fluttuazioni: però, insomma, si può lavorare su diversi Paesi fornitori. Nel caso della TAP si tratterebbe semplicemente di aumentare le pressioni. Non è che si fa un tubo nuovo, per esser chiari. Si tratta di avere un aumento di capacità di tiraggio. Sono tutti aspetti ovviamente in fase di analisi. È chiaro che, avendo una molteplicità di fornitori, il fatto di poter Pag. 9tirare un po' di più da uno di questi fornitori ci garantisce, in caso di problemi geopolitici da un altro fornitore, senza fare nomi, un minimo di indipendenza e di serenità. Questo è tutto.
  Sempre il senatore Ripamonti mi chiedeva se il 15 per cento del nostro approvvigionamento elettrico che importiamo dalla Francia è nucleare. Questo interessava al senatore Ripamonti in relazione al fatto che noi dobbiamo fare il passaggio all'automotive elettrico, a tanti altri processi di elettrificazione, e per sostenere questa transizione abbiamo bisogno di molta elettricità.
  Io ho ricostruito in maniera approssimativa il 15 per cento dell'elettricità, il totale importato. La quota francese è composta da nucleare e da idroelettrico. Sembra essere leggermente più conveniente di altri, quindi presumibilmente ha una prevalente aliquota nucleare. Però noi non abbiamo il certificato di produzione. Abbiamo la certificazione idro, non sappiamo se il resto sia esattamente tutto nucleare o no. Questo è quello che sono riuscito a ricostruire. Ovviamente, se ci fosse necessità di più dettagli siamo pronti ad andare più a fondo.
  Poi vado all'onorevole Crippa, che ha fatto un certo numero di domande. Sono io che ringrazio Davide Crippa perché ha puntualizzato il fatto che ho chiarito in maniera, credo, non ambigua che i prezzi stellari dell'energia in questo momento dipendono non certo dalla CO2, che pesa al massimo per il 20 per cento, ma dal costo della materia prima, del gas. Questo è molto importante onde evitare che si generi addirittura un'avversione nei confronti della transizione che viene vista come una cosa che si scarica nelle tasche del cittadino.
  Noi dobbiamo gestire molto bene la transizione perché dobbiamo fare in modo che mentre facciamo la transizione non ci siano impatti sociali, economici, lavorativi troppo duri, e questo è un fatto. Ma certamente in questo momento il caro bollette non dipende dalla transizione. Dipende proprio da queste congiunture, purtroppo nemmeno tanto rapide, correlate al prezzo del gas. Su questo credo che la situazione sia chiara.
  Dopodiché, sempre Davide Crippa mi chiedeva in maniera chiara se ci sono scenari previsionali sulla questione degli stanziamenti per il caro bollette. Come diceva l'onorevole Crippa, siamo arrivati a 3,8 miliardi di euro l'ultimo trimestre. Adesso sarò molto franco. Io non credo che noi possiamo continuare ogni trimestre a tirar fuori del cash che mitiga peraltro una parte dell'aumento che di solito è a due zeri. Mentre aspettiamo di capire se questa cosa è strutturale, contingente, si stabilizza eccetera, comunque ormai, come succede un po' in tutti i Paesi europei, è arrivato il momento di fare una strategia più strutturale, ed è il motivo per cui vi ho raccontato di quella lista di proposte su cui si sta lavorando.
  In generale comunque l'Authority fa le previsioni a fine trimestre e al momento è possibile fare stime degli aumenti solo in base al trend dei costi del gas che, come avete visto, sono un po' oscillanti in questo periodo. Molto dipenderà dalla situazione geopolitica USA, Germania, Russia, Ucraina, e tutto gira intorno al Nord Stream. Vi ho appena letto dello scambio di battute fra la Ministra tedesca, Baerbock, e il Ministro degli esteri russo, Lavrov, e non sembra onestamente promettere molto bene. Comunque qui possiamo solo stare a vedere cosa succede al Nord Stream 2, da cui dipenderanno volumi importanti.
  È difficile fare previsioni. Gli analisti concordano in questo momento che i tempi dei rincari possano essere comunque piuttosto lunghi e che difficilmente si esauriranno a marzo del 2022. A questo punto, io credo senza indugio, è importante mettere in campo delle misure strutturali e non solo contingenti come vi ho detto all'inizio di questa nostra discussione.
  Sempre l'onorevole Crippa mi chiede sulla questione dell'IVA. Lui giustamente dice: «È aumentata la corrente, è aumentato tutto, lo Stato fa più introiti; tutta questa IVA in qualche modo andrebbe riversata a compensare il disagio dei costi». Come vi ho detto, nella relazione con una serie di proposte strutturali ho anche menzionatoPag. 10 le questioni di fiscalizzazione. Ovviamente il Ministero dell'economia e delle finanze mi fa notare che queste sono questioni che vanno toccate seguendo anche la Commissione europea, perché si va a toccare il regime di tassazione. Un conto è farle per un periodo limitato, un conto è renderle strutturali, e su questo dobbiamo affidarci a quello che fa il Ministero dell'economia e delle finanze e sentita la Commissione europea.
  Ricordo che abbiamo portato sul gas al 5 per cento l'IVA per le PMI e le famiglie a basso ISEE. Io ho spinto e sto chiedendo che questo provvedimento venga confermato. Teniamolo in piedi finché è possibile. Il MEF sta anche valutando un intervento di sterilizzazione degli oneri per le imprese sotto i 16,5 Kilowatt, che valgono 1,2 miliardi. Comunque questo è tutto un work in progress. È chiaro che la fiscalizzazione è uno dei primi punti su cui si riflette perché è un taglio netto e ci si sta lavorando.
  Sempre l'onorevole Crippa faceva riferimento al fatto che il Governo tedesco ha messo in campo una misura importante annunciando che le componenti energetiche da fonti rinnovabili saranno spostate sulla fiscalità generale. «Oggi dobbiamo seguire questa strada», diceva l'onorevole Crippa, «cioè che le extra quote di CO2 vadano ad abbassare la componente delle rinnovabili in modo tale da diminuire il peso delle bollette». Noi siamo pienamente d'accordo. L'extra gettito totale del 2021 è stato di 1,4 miliardi di euro. La parte MITE, nel decreto di recepimento della direttiva RED2, sarà strutturalmente dedicata ad abbassare la componente degli oneri delle rinnovabili. Questo è l'articolo 15 del decreto legislativo n. 199 del 2021. Pensiamo che il MEF andrà nella stessa direzione. Nel nostro caso, come vi dicevo prima, sono 700-800 milioni di euro. Probabilmente saranno di più quest'anno perché i costi della CO2 aumentano.
  Passo alle domande della senatrice Tiraboschi. La prima domanda era: «Cosa farà l'Italia con i cugini europei sul fronte della cartolarizzazione degli oneri di sistema e più in generale della revisione del metodo di calcolo delle bollette?». Sulla cartolarizzazione, senatrice Tiraboschi, devo dirle che ci stiamo lavorando più noi, cioè è più un'idea nostra; ve l'ho accennato prima. Con l'Europa stiamo discutendo eventualmente come raffinare il meccanismo di calcolo dei costi del megawattora, se è agganciato al gas o con algoritmi diversi, per esempio sganciando dal prezzo del gas del giorno prima. È chiaro che questa è un'operazione grossa e in questo momento che l'incasso è così costoso probabilmente potrebbe dare un impulso alla risoluzione del problema. A suo tempo, come vi dicevo in premessa, questo era conveniente perché le rinnovabili costavano di più del gas. Oggi purtroppo le parti sono invertite e ci troviamo a dover discutere di un cambiamento in corso d'opera abbastanza complesso.
  Sempre la senatrice Tiraboschi mi diceva che non è da sottovalutare un eventuale cyber attacco sulle centrali elettriche e chiedeva come si potesse considerare, nell'ambito della transizione ecologica e di quella digitale, una forte ibridizzazione anche in vista delle trasformazioni della mobilità. La mia risposta su questo è assolutamente perentoria. È una cosa importantissima. Difesa digitale e Agenzia per la cybersicurezza sono due cose fondamentali. Bisogna innanzitutto procedere a mappare le infrastrutture critiche, dalle centrali energetiche ai sistemi della sanità, ai sistemi finanziari bancari, pubblica amministrazione, trasporti. Poi occorre creare dei team, delle squadre dedicate, che prevengano e affrontino le diverse minacce che ovviamente hanno intanto metodologie di penetrazione e di danno diverse, ma poi anche come minacce vanno a impattare in modo completamente diverso. Un conto è deragliare un treno, un conto è fare una frode finanziaria, un conto è prendere dei dati sensibili sanitari, un conto è bloccare le centrali elettriche. Qui bisogna essere molto dedicati con queste task-force.
  Credo che il Paese si stia muovendo in maniera molto decisa in questa direzione. Mi permetto di aggiungere una nota, questa più da tecnico che certamente da Ministro. Queste sono misure fondamentali, però teniamo conto che in Italia mancano molti Pag. 11profili in questo momento. Qui ci sarebbe bisogno di decine di migliaia di esperti che poi comincino a operare in tutti i diversi settori. Quanto più rapidamente cresce la digitalizzazione, tanto più rapidamente la cybersecurity diventa fondamentale; questo è ovvio.
  In questo momento di trasformazione noi stiamo accelerando la digitalizzazione anche per migliorare la transizione ecologica, ma non solo, e qui sarà necessario il capitale umano: reclutarlo e soprattutto formarlo in tempi molto rapidi, con investimenti opportuni. Questa però è una mia chiosa finale su un punto che secondo me è fondamentale per la sicurezza.
  Infine, l'ultima domanda sempre della senatrice Tiraboschi. Mi chiedeva previsioni sulla tassonomia europea sul nucleare, la posizione del Governo eccetera. Sulla tassonomia a questo punto sono ben contento di rispondere, perché nel frattempo finalmente l'atto delegato è stato pubblicato. Adesso risponderò in un certo dettaglio. Se mi consentite, per non ripetere alla noia le cose, questa risposta includerà anche le risposte ad alcuni quesiti dell'onorevole Benamati, dell'onorevole Vianello e dei senatori Anastasi e Croatti. Spero di non aver dimenticato nessuno, ma la risposta è dunque collettiva.
  Come voi sapete, l'ultima notte dell'anno passato la Commissione europea ha reso pubblico l'atto delegato complementare sulla tassonomia per il settore gas e nucleare. Qui è veramente necessario fare un po' di chiarezza perché si sta creando, a mio parere, intanto un eccesso di aspettativa e anche un po' di confusione nelle posizioni e nelle richieste su questa cosa. La tassonomia europea è un sistema di classificazione che stabilisce un elenco di attività economiche ecosostenibili, definendo le linee guida per gli investimenti privati mirate al raggiungimento della neutralità climatica nei prossimi trent'anni. Questa svolge un ruolo importante fornendo alle aziende, agli investitori e anche ai responsabili politici definizioni appropriate per le quali tali attività possono essere considerate sostenibili dal punto di vista ambientale e proteggendo tutti i portatori di interesse dal greenwashing.
  Il regolamento generale della tassonomia del 2020 è entrato in vigore il 12 luglio del 2020 ed è relativo all'istituzione di un quadro che favorisca gli investimenti sostenibili. Attenzione, perché qui il punto fondamentale è il seguente: il regolamento prescrive alcune condizioni generali che un'attività economica deve soddisfare per potersi qualificare come ecosostenibile e rinvia all'adozione di atti delegati per l'elenco dettagliato delle attività sostenibili. Vengono stabiliti sei obiettivi ambientali. Questi sono i cosiddetti «KPI» (Key Performance Indicator), indicatori chiave di prestazione.
  Il primo è la mitigazione del cambiamento climatico: ogni volta che si fa un'azione, questa deve favorire la mitigazione al cambiamento climatico. Il secondo è l'adattamento al cambiamento climatico: ogni azione che viene fatta, finanziata eccetera, deve favorire l'adattamento al cambiamento climatico. Poi c'è il terzo criterio, l'uso sostenibile e la protezione dell'acqua e delle risorse marine: in buona sostanza, qualunque cosa venga fatta non deve impattare in malo modo su acqua e mare. Il quarto: qualunque cosa venga fatta deve favorire la transizione verso la circolarità, l'economia circolare. Il quinto: qualunque cosa venga fatta deve prevenire e controllare l'inquinamento. Il sesto: qualunque cosa venga fatta deve tutelare la biodiversità, il ripristino della biodiversità e degli ecosistemi.
  Per un'azienda, per un investitore, anche per uno che deve fare una legge, noi sappiamo che in base al regolamento generale della tassonomia abbiamo sei criteri. Non dobbiamo aumentare il cambiamento climatico, dobbiamo migliorare l'adattamento, dobbiamo proteggere l'acqua, dobbiamo favorire la circolarità, prevenire l'inquinamento, tutelare il ripristino di biodiversità ed ecosistemi. Nella peggiore delle ipotesi non dobbiamo impattare negativamente. Questi sono i sei criteri.
  L'atto delegato complementare sulla tassonomia per il settore del gas e nucleare, in base all'articolo 23 del regolamento della Pag. 12tassonomia, dice che la Commissione deve elaborare mediante atti delegati l'elenco effettivo delle attività sostenibili dal punto di vista ambientale, definendo dei criteri di vaglio per ciascuno di questi obiettivi. Un primo atto delegato sulle attività sostenibili per gli obiettivi di adattamento e mitigazione ai cambiamenti climatici è stato adottato formalmente a giugno del 2021. Questo è all'esame di alcuni legislatori.
  Un secondo atto delegato, detto complementare, per i restanti obiettivi e in particolare gas naturale ed energia nucleare, è stato presentato il 31 dicembre. Questo secondo atto complementare è stato trasmesso l'ultimo giorno del 2021 agli esperti degli Stati membri della filiera finanza sostenibile, che in Italia fa capo al MEF. Che sia chiaro: è un documento finanziario e chi esprime parere in questo momento è il MEF, come in tutti gli altri Paesi. È un documento finanziario che deve fare da linea guida per chi vuole investire.
  Come da prassi per gli atti delegati, l'atto sarà in consultazione per un breve periodo – era il 18 gennaio e credo che sia diventato il 21 – per essere adottato lasciando i successivi quattro mesi per l'eventuale opposizione a maggioranza qualificata degli Stati membri in Consiglio Ue e a maggioranza semplice del Parlamento europeo. Per intenderci, chi lo vuole bloccare adesso deve avere il 65 per cento. Dopodiché non è che succeda molto. Va al Parlamento europeo, i Parlamenti europei e nazionali discuteranno e con la maggioranza normale possono bloccarlo o possono chiedere delle modifiche.
  Vorrei che fosse chiaro, perché c'è un po' di confusione su questo punto. Non vorrei semplificare troppo. Non è una cosa che ho scritto io, non ho nessuna delega nemmeno a presentare una posizione ufficiale, perché ho sentito da tante parti: «Chi l'ha autorizzata a dire...» Io non ho detto nulla. Questo lo abbiamo ricevuto il 31 dicembre e lo abbiamo analizzato. Il 7 gennaio c'è stata una discussione con il sottosegretario Amendola e poi con i Ministri Franco, Giorgetti, Giovannini, Orlando e Patuanelli, che sono quelli cui in questo momento fanno capo le attività del CITE (Comitato interministeriale per la transizione ecologica), dove abbiamo analizzato quest'atto e abbiamo passato i nostri commenti al Ministero dell'economia e delle finanze che dovrà ovviamente intanto dare un parere, un'opinione, ma anche semplicemente non esprimersi, dal punto di vista finanziario. Attenzione a pensare che qui si decida il futuro dell'umanità o che da domani facciamo il nucleare o altro. Questo è un passaggio intermedio molto importante. Poi ci saranno discussioni parlamentari.
  Vorrei anche fare presente una cosa. Questo atto delegato contiene i criteri di vaglio tecnico che stabiliscono in che misura la generazione elettrica e la cogenerazione tramite nucleare e gas possano contribuire ai primi due obiettivi della tassonomia, che sono mitigazione del cambiamento climatico e adattamento ai cambiamenti climatici. I criteri che sono stati dati, non da me, da noi, ma dalla Commissione, sono: vediamo come nucleare e gas mitigano il cambiamento climatico o non lo mitigano, consentono di adattarsi o non consentono di adattarsi. E poi sugli altri quattro (acqua, circolarità, inquinamento ed ecosistemi) verifichiamo che comunque non ci siano danni molto grandi. Dopodiché, se ce ne sono, facciamo le prescrizioni. Questo è il modello di funzionamento.
  La Commissione europea sottolinea che alcune parti d'Europa sono ancora fortemente basate sul carbone ad alte emissioni climalteranti. La tassonomia prevede quindi attività energetiche che consentano agli Stati membri di avanzare verso la completa neutralità climatica pur partendo da posizioni molto diverse. L'atto delegato complementare è fondamentalmente dedicato al superamento del carbone come fonte di energia primaria in Europa, ma deve tenere conto delle grandi differenze esistenti negli energy mix dei diversi Stati membri.
  Per raggiungere questa finalità, la classificazione di gas naturale e nucleare viene definita con condizioni chiare e rigorose. Ora ve le dico, però prima di questo un secondo di riflessione. Siamo 27 Stati con energy mix completamente diversi. Chi ha troppo carbone in questo momento deve automaticamente accelerare verso il gas, Pag. 13perché non fa il primo stadio della decarbonizzazione, che è quello proprio macroscopico. Chi come noi ha già fatto il suo lavoro, perché noi siamo molto più avanti di molti altri Paesi colleghi – abbiamo già buone rinnovabili che dobbiamo aumentare rapidissimamente e gas –, deve finire le ultime trasformazioni delle centrali a carbone. C'è molto poco. Risponderò dopo ad altri colleghi, ma ci manca poco. Chi ha il nucleare ha un energy mix completamente diverso. Sono tanti i Paesi in Europa che ce l'hanno, e hanno bisogno di investire su questo nucleare per tenerlo aggiornato e sempre più sicuro.
  È difficile che la tassonomia possa dare una ricetta unica valida per tutti, perché le condizioni di partenza sono talmente diverse che ci vuole anche un po' di coraggio a opporsi mettendo sostanzialmente in difficoltà tanti altri Stati membri. La tassonomia è molto inclusiva e fa una serie di distinguo. Cosa dice per il nucleare e cosa dice per il gas?
  Sul nucleare, l'atto delegato è stato sviluppato sulla base del rapporto JRC (Joint Research Center) europeo 2021. Sono circa 400 pagine. Va letto tutto, perché altrimenti non si capisce di cosa si parla. Il rapporto JRC 2021 conclude, testuale, tradotto, che «l'energia nucleare dà un contributo sostanziale alla mitigazione del cambiamento climatico, criteri 1 e 2, poiché genera emissioni climalteranti di gas trascurabili». C'è una tabella dove si vede che il carbone produce 1020 grammi di CO2 per unità di energia, il gas per 350, il fotovoltaico, vado a memoria, 36-37, l'eolico meno di 20, l'idroelettrico una decina, il nucleare 5. Questi sono i numeri che riportano.
  Poi ovviamente ci sono gli altri criteri. Se una di queste tecnologie emette particolato, può inquinare. Nel caso del nucleare è evidente che c'è il problema delle scorie, seconda e terza generazione in particolare. Quindi ci sono delle prescrizioni durissime sulle scorie. Servono dei piani, servono una serie di prescrizioni.
  Allo scopo di non impattare negativamente sugli altri quattro criteri, la tassonomia introduce l'obbligo di utilizzare combustibili resistenti agli incidenti e stabilisce criteri che assicurino gli standard più alti di sicurezza sia per la protezione dalle radiazioni, gestione e dismissione, sia per la costruzione di nuovi impianti che per l'estensione della vita utile degli impianti esistenti. Inoltre gli Stati membri che ospitano impianti dovranno disporre di siti di stoccaggio per rifiuti a bassa e media radioattività e piani dettagliati per un deposito finale di rifiuti altamente radioattivi da realizzare entro il 2050.
  Permettetemi una considerazione: noi non abbiamo centrali nucleari di seconda e terza generazione, non le possiamo fare, non le vogliamo fare. Quindi queste cose in un certo qual modo non ci riguardano. Detto questo, probabilmente si aumenteranno le prescrizioni sulla gestione del rifiuto radioattivo, perché queste possono essere ancora più stringenti. Vengono introdotti limiti temporali per il finanziamento delle attività di costruzione e adeguamento delle centrali esistenti. Non è che se un Paese ha le centrali può per i prossimi cento anni investire. Devono essere limiti temporali precisi per capire esattamente di quanto si migliorano le performance in funzione dei sei criteri che vi ho detto all'inizio.
  Vengono introdotti limiti di finanziamento per incoraggiare l'uso di reattori di nuova generazione, quarta, quando questi saranno commercialmente disponibili. Sono previsti criteri di vaglio tecnico anche per attività di ricerca, sviluppo e dimostrazione di impianti di nuova generazione non ancora commerciali.
  Gli articoli 7, 12, 13 e 14 della tassonomia definiscono regole precise sul miglioramento e sulla durata degli investimenti nei reattori nucleari esistenti, quelli che noi non abbiamo e che non faremo, terza generazione o più vecchi, mentre l'articolo 9 punta sullo sviluppo di reattori cosiddetti di quarta generazione, gli small modular reactors, che minimizzano il problema del rifiuto radioattivo, dei pericoli e della complessità.
  Secondo la tassonomia, tutti gli impianti nucleari dovranno garantire sull'intero ciclo di vita una produzione massima di 100 grammi di CO2 per chilowattora l'anno. Pag. 14Queste sono le prescrizioni. Questo è quello che dice l'Europa, e a livello di tassonomia sostanzialmente consente a una dozzina di Stati di questo continente che hanno centrali nucleari in funzione di continuare a fare l'ottimizzazione per migliorare performance, migliorare l'impatto ambientale e la sicurezza. Però dice: «Non per sempre». Bisogna prima o poi accelerare la ricerca su nuove macchine a circolo chiuso che non fanno waste radioattivo o ne fanno pochissimo con tempi di decadimento molto brevi, e che soprattutto sono macchine che vengono costruite in un posto e poi portate dove servono, modulari, quindi nulla a che vedere con il nucleare che noi abbiamo deciso di non fare e che non vogliamo a casa nostra.
  Gas naturale. I criteri per la valutazione della sostenibilità sono molto stringenti. Per interventi su impianti termoelettrici esistenti – è il caso dell'Italia, che ha già quasi tutto a gas – la soglia emissiva è posta a 100 grammi di CO2 per chilowattora. Vi ricordo che il gas in media ne fa 320, quindi questa è veramente una soglia dura. Per noi, per finire la nostra transizione carbone e gas, pur essendoci poco ancora da fare, è durissima.
  Per gli impianti termoelettrici di nuova costruzione, per esempio quelli che farà la Germania nel tentativo di togliere tutto il suo carbone, le condizioni di emissione sono più delicate: sono 270 grammi per chilowattora, che mi sembra una «cortesia» verso i Paesi che in questo momento devono accelerare la loro uscita dal carbone che penalizza un po' l'Italia che invece ha già fatto gran parte del suo dovere e si ritrova a limiti super stringenti per completare le sue azioni.
  Io a questo punto mi fermo qua, perché secondo me queste informazioni chiariscono la natura della tassonomia. Spiegano, credo, chiaramente che non è che io o voi dobbiamo dire: «Sì, ci piace o non ci piace». Qui ci sono delle indicazioni che sono valide per 27 Stati che devono tener conto che ce ne sono alcuni, compresa la Germania, che devono fare un'operazione enorme di decarbonizzazione passando da carbone a gas in tempi rapidissimi. Altri come Francia, Finlandia eccetera, che hanno centrali nucleari che continuano a ottimizzare. A tutti è stato detto chiaramente: «Via il carbone», con limiti relativamente flessibili per chi va da carbone a gas, limiti ancora più duri per chi ha già tutto gas e a noi onestamente non ci aiutano molto, perché siamo quelli più penalizzati pur avendo fatto meglio i compiti rispetto agli altri. Tutti d'accordissimo sul fatto che il carbone deve andare via. E anche il gas è scoraggiato, perché comunque il gas adesso ha delle posizioni limite più basse di quelli normali: quindi è evidente che non si vuole tenere il gas per sempre. Bisogna accelerare questa fase della transizione carbone-gas e nel frattempo accelerare gas-rinnovabili e la transizione dovrà essere chiusa nella prossima decade.
  Mi pare altrettanto evidente che sul nucleare non si potesse dire a una molteplicità di Stati: «Adesso voi chiudete e vi attaccate al tram». Viene fatta una road map chiara, regole severe per lo scarto radioattivo. Viene detto: «ottimizzate ma per un numero di anni non eccessivo perché dovete passare alla quarta generazione o a qualcosa che non faccia scarto e che sia soprattutto molto meno pericoloso». Fermo restando che però, può piacere o non piacere, il nucleare non brucia combustibile fossile, non produce CO2. Questo è un dato di fatto. Quanto al life cycle assessment, che considera la CO2 prodotta per il cemento, per la costruzione, ricordo che quello vale per tutti, anche per una pala eolica. Ci sono dei dati che dimostrano comunque che è competitivo da quel punto di vista. Il vero problema lì è, soprattutto se si usano centrali di terza generazione o di seconda, il management del waste radioattivo che è il problema più serio. Questo è quello che dice la tassonomia. Ricordo che il documento è finanziario. Ci sarà un preliminare approccio da parte dei Ministeri delle finanze dei diversi Paesi che dirà: «Abbiamo capito la filosofia, andiamo avanti, poi i Parlamenti ne discuteranno».
  Io spero di aver risposto in larga misura alle domande che sono state poste. Passo adesso alle domande dell'onorevole Benamati. L'onorevole Benamati sostanzialmente Pag. 15mi fa una domanda alla quale io in parte ho già risposto, però ci tenevo a essere un po' più preciso. Chiede: «Il Ministro potrà ora dire se in questa fase di transizione il gas è sostenuto o no dal nostro Governo nell'ambito della tassonomia?»
  Penso di aver risposto in via generale, però la domanda diretta che pone l'onorevole Benamati è una domanda fondamentale. La risposta è che noi non possiamo non appoggiare il gas come vettore della transizione in questo momento, perché altrimenti fermeremmo tutto. I tempi del phase out del gas dipenderanno da quanto saremo bravi a mettere in atto il grande progetto di rinnovabili che abbiamo in corso. Attenzione, perché purtroppo qui la ricetta non è unica. Se ho tutto carbone, il gas è molto meglio. Se ho già quasi tutto gas, devo finire in fretta il phase out del carbone e accelerare le rinnovabili. Noi siamo in questa seconda posizione. Dobbiamo garantire che mentre facciamo la grande trasformazione delle rinnovabili, elettrifichiamo tutto e produciamo elettricità verde, nel frattempo il sistema continuerà ad andare e buttiamo fuori il carbone prima possibile.
  Abbiamo appena sbloccato circa 0,4 gigawatt di impianti eolici che erano bloccati dalle Soprintendenze per problemi paesaggistici grazie ai poteri sostitutivi dello Stato, e continueremo a farlo in tutte le altre iniziative che attualmente sono ferme, devo dire in buon accordo anche con il Ministero della cultura e con il Ministro Franceschini, perché stiamo rivedendo tutto ciò che è fermo cercando di sbloccare ciò che è giusto sbloccare. Ci sono alcuni casi in cui effettivamente il paesaggio non può essere deturpato troppo.
  Ieri si è insediata la Commissione VIA/VAS PNRR. Ho letto anche numerose critiche sul fatto che questa Commissione sarebbe in ritardo. Io vorrei che però vi fosse chiaro che, quando abbiamo deciso di prendere 40 esperti, noi abbiamo dovuto fare una serie di procedure molto complesse, non ultimo il fatto che le regole prevedono che questi signori debbano lasciare il loro lavoro e prenderne un altro a tempo pieno a Roma senza essere rimborsati per i viaggi, trasferendosi a spese loro e che, inizialmente, si parlava di pagargli lo stipendio in un'unica rata a fine anno. Scusate, sono tutte persone che lavorano, hanno figli, famiglia, mutuo: questa cosa non andava. Poi ci sono ovviamente le autorizzazioni della Corte dei conti. Ci sono aperte tante cose che non riguardavano l'operato del MITE, delle technicality che abbiamo risolto.
  Adesso la Commissione VIA è al lavoro e questo sarà, spero, un ottimo acceleratore dei progetti di rinnovabili, soprattutto.
  Ricordo a tutti quanti che noi abbiamo già fatto molto lavoro sulla parte di rinnovabili, però vorrei che fossero a tutti chiari i numeri. Oggi noi abbiamo circa 300 terawattora di elettricità all'anno. Questo è circa un terzo di tutte le energie primarie del Paese. Attualmente, se non vado errato, il 38 per cento o poco meno del 40 per cento di questa elettricità è rinnovabile. Quindi saranno 120 terawattora; poi i numeri precisi posso farveli avere. Se avremo successo con il PNRR e manterremo l'Agenda, noi al 2030 avremo che il 70 per cento di questa elettricità sarà verde, cioè 210-220 terawattora. È tanta, ma è sempre meno di un terzo della primaria del Paese. Ma se non ci sbrighiamo a fare questa cosa, non aveva senso elettrificare tutto il resto, perché è inutile che diciamo di fare la transizione alla mobilità elettrica se poi le batterie le carichiamo con l'energia elettrica che è prodotta bruciando gas o, peggio ancora, carbone, per quanto ce ne sia poco. È inutile fare una strategia sull'idrogeno se poi non abbiamo l'energia elettrica verde per far funzionare gli idrolizzatori. Prima saremo in grado di fare questa transizione, prima sarà credibile l'approccio di elettrificazione verde a mobilità, a settori hard-to-abate, produzione di idrogeno eccetera.
  Per concludere, per rispondere all'onorevole Benamati, sì, il gas è fondamentale in questa fase perché senza quello ci fermiamo. Acceleriamo il resto, finiamo col carbone e ovviamente potenziamo solare on-shore e off-shore, eolico on-shore e off-shore, energy communities, tutte le altre forme di rinnovabile, perché l'integrale di queste cose ci darà questo 70 per cento di energia elettrica verde al 2030. Le aste Pag. 16iniziano questo mese. La road map è tracciata. Dipende solo da quanto saremo bravi a fare le cose secondo la tabella di marcia impostata.
  Sempre l'onorevole Benamati ci chiedeva se potevamo ritenere definitivamente esclusa l'ipotesi di raddoppio del TAP e la questione di EastMed. Non è solo una questione di costi ovviamente, ma anche di sicurezza geostrategica. La risposta in questo caso è: siamo tutti d'accordo sul fatto che avere diversi fornitori aiuti a non essere totalmente dipendenti da un Paese – questo è chiaro – soprattutto se si ha solo il gas, come noi, e un po' di rinnovabili. EastMed ci legherebbe ad Algeria, Israele, Grecia creando un ulteriore percorso: da quel che io ricordo dovremmo avere anche per questo punti di arrivo in Puglia. Io non ero coinvolto in queste decisioni, ma a suo tempo credo che si sia deciso di non partecipare a questa iniziativa per via delle già forti pressioni territoriali circa TAP, che andava anch'essa in Puglia. Credo che in questi mesi vedremo l'evoluzione globale della situazione gas e potremo eventualmente ritornare sull'argomento. Al momento non mi sembra che EastMed sia in Agenda. Semmai il raddoppio del tiraggio TAP è una cosa su cui si sta discutendo, come dicevamo poc'anzi. Però, ripeto, la situazione è talmente fluida che dobbiamo essere pronti anche a guardare a tutte le opportunità in tempo reale, sempre tenendo in mente che la nostra strada è potenziare il progetto rinnovabili e non aumentare il pompaggio di gas totale, perché comunque gli accordi di Parigi ci dicono che la direzione che abbiamo preso è quella: andare verso il raggiungimento dell'obiettivo di puntare a un aumento massimo della temperatura pari 1,5 gradi Celsius, la decarbonizzazione e la milestone del Green Deal.
  Sempre l'onorevole Benamati mi chiedeva un'opinione riguardo all'uscita dalle centrali a carbone. Massima attenzione. Il phase out dal carbone è imperativo che venga concluso intorno al 2020-2025, come abbiamo detto. Credo che in questo momento solo la Sardegna potrà avere tempi un po' più lunghi. Per la cronaca: abbiamo inviato alla Presidenza del Consiglio in questi giorni la bozza definitiva relativa all'energia in Sardegna, che è stata oggetto di una lunghissima negoziazione e trattativa con la regione Sardegna e con le parti. Però nel complesso direi che sul carbone siamo abbastanza ben messi rispetto ad altri grandi Paesi europei.
  Vado alle domande dell'onorevole Vianello. Sono molte. La prima era: «Vorrei sapere attraverso una risposta secca se condivide le affermazioni fatte dal Ministro dello sviluppo economico, Giorgetti, quando ha dichiarato in Assemblea nazionale di Confartigianato che un blackout non è da escludere a livello europeo rispetto all'attuale assetto dell'approvvigionamento energetico». Mi chiede se condivido l'osservazione o se ne prendo le distanze.
  Onorevole Vianello, Giorgetti ha detto che un blackout a livello europeo non si può escludere. Oggettivamente, se l'inverno permane a questi livelli, in Italia penso si possa essere ottimisti. Onestamente in Europa potrebbe essere più critica la situazione di alcuni Stati. Per esempio, quelli che hanno dato fondo, parziale, alle riserve di gas perché quest'anno l'eolico non gli ha funzionato bene in quanto mancava il vento in certe zone marine del Nord. Onestamente la questione non è prendere le distanze, ma si tratta di guardare i numeri nelle diverse situazioni locali.
  Francamente credo che in Italia, a meno che non venga un febbraio tremendamente glaciale, non corriamo questo rischio. Le nostre riserve sono un po' meno degli anni passati, ma non sostanzialmente diverse, mentre altri Paesi in Nord Europa oggettivamente potrebbero avere problemi superiori.
  Tuttavia, a questo punto, segnalo che non ho la possibilità di incrociare una posizione meteoclimatica di due mesi con la previsione energetica. Se rimaniamo con un clima di questo genere, secondo me, in Italia non avremo problemi, ma onestamente per quanto riguarda il resto dell'Europa non glielo so proprio dire.
  Dopodiché, onorevole Vianello, lei mi dice che mi sono ravveduto rispetto alle dichiarazioni rilasciate qualche settimana Pag. 17fa sul fatto che non è la transizione energetica a far aumentare i costi in bolletta. Abbia pazienza, va bene tutto, però io questo l'ho mai detto. A costo di sembrare suonato, io ho detto sin dall'inizio che l'80 per cento dell'aumento della bolletta dipende dal costo del gas e il 20 per cento dal costo della CO2. Almeno la prego di non mettermi in bocca una cosa che non ho detto. Posso aver detto qualcosa di ambiguo o non chiaro – e se fosse così mi scuso –, però credo di aver riferito sempre quei numeri: 80 per cento il costo del gas per cento e 20 per cento il costo della CO2. Lungi da me l'idea di dire che questa cosa non sia vera. Non credo di essermi ravveduto e confermo i numeri che ho detto.
  Onorevole Vianello, mi diceva che ci potrebbero essere delle contraddizioni in una serie di provvedimenti che stiamo portando avanti. A suo dire le fonti rinnovabili, la riqualificazione energetica e il sistema in elettrico sembrerebbero svantaggiati, mentre verrebbero avvantaggiate le fonti fossili e addirittura abbiamo sentito parlare di nucleare. Onorevole Vianello, io le faccio una proposta molto operativa. Non continuo a leggere – perché le confesso che non l'ho capita – la parte in cui lei mi diceva le cose seguenti: «la ricerca nell'ambito delle fonti rinnovabili al 57 per cento con trasmissione, distribuzione e stoccaggio che rappresenta il 76 per cento della ricerca, poi c'è un 7 per cento di nucleare...». Io qui, ripeto, non sono riuscito più a seguirla. Le faccio una proposta e poi casomai lo riporteremo a tutti i colleghi: se vuole ci vediamo e ne parliamo a quattrocchi. Perché, infatti, non ho capito né dove avremmo avvantaggiato le fonti fossili rispetto a quelle rinnovabili, né ho capito bene la suddivisione percentuale da lei riferita. Tuttavia, siccome sono io che non l'ho capita, se ci vogliamo un attimo confrontare su quanto detto, numeri alla mano, sono disponibile a farlo con la massima costruttività e poi di quello che ne esce eventualmente informiamo i colleghi: altrimenti non saprei rispondere in modo esatto a questa specifica domanda.
  In relazione, invece, alla riqualificazione energetica e al super ecobonus, lei mi dice che è rimasto allibito dal fatto che io non abbia dichiarato nulla in merito mentre da un Ministro della transizione ecologica si aspettava un grande supporto. Mi scusi, onorevole Vianello, forse sono stato io poco chiaro: sono assolutamente favorevole a tutte le misure di efficientamento energetico anche agevolate e, infatti, la norma è stata estesa con parere positivo anche del MITE.
  Trovo l'efficientamento energetico indispensabile per diminuire l'uso e lo spreco di energia e quindi di conseguenza per produrre meno greenhouse gas. Su questo vorrei essere lapidario. Spero che non ci siano dubbi, ma credo di essere stato chiaro.
  Resta però da spiegare una cosa: e forse è su questo che lei ha sentito da parte mia un po' di freddezza. Resta da spiegare come mai il megawattora di efficientamento energetico pagato dal superbonus costa molto di più di uno stesso megawattora di efficientamento energetico pagato dall'ecobonus al 60 per cento, così come resta da spiegare come mai i costi dei componenti tecnici – pompe di calore, caldaie, coibentazione – sono aumentati fra il 200 e il 300 per cento in tutti gli interventi bonus 110 per cento e non sono aumentati così sugli interventi normali. Questi sono dati certificati ENEA, non sono miei, ma li ho solo personalmente ricevuti, guardati e passati al Consiglio dei ministri. La dimostrazione che noi siamo favorevoli al concetto di proseguire con l'efficientamento energetico agevolato è assolutamente evidente per il fatto che abbiamo continuato la misura; c'è però da stabilire un cap (tetto) ai costi. Perché credo che possiamo dire molto chiaramente io e lei, ma anche tutti i colleghi, che, visto che la gran parte di questi costi del superbonus li abbiamo messi nel PNRR, qualora poi in audit della Commissione europea esce fuori che una pompa di calore o una caldaia di ultima generazione da noi costa 6 mila euro e in Germania 2 mila, rischiamo di non saper spiegare come mai succede. Ma noi sappiamo perché succede: perché qualcuno fa il furbo e perché abbiamo tolto ogni motivo di negoziazione tra chi fa il lavoro e chi lo commissiona. Se tolgo ogni motivo di negoziazione,Pag. 18 e in più la gente non è onestissima ma fa un po' la furbetta, è chiaro che mi ritrovo con una caldaia che costa il triplo di quanto la pagherei in Germania o in Francia. Cosa assai difficile da spiegare all'Europa e con i conseguenti rischi. Allora: viva l'efficientamento energetico, viva le agevolazioni per l'efficientamento energetico: sono un elemento fondamentale della transizione ecologica che si basa sul cambio dell'energia primaria, circolarità, efficientamento energetico e rinaturazione. Però questa è la teoria, poi nella pratica c'è chi fa il furbo. Spieghiamo perché un megawattora costa di più con il superbonus rispetto che con un'altra misura. Credo che come Ministro della transizione ecologica io abbia il dovere di segnalarlo e i dati sono ufficiali dell'ENEA.
  Inoltre, le volevo dire che nella chiacchierata che spero lei voglia accordarmi sulle menzionate questioni della ricerca e delle eventuali contraddizioni, metterei anche un altro suo passaggio che un po' ci accusa, come MITE, di aver avvantaggiato carbon capture e stoccaggio della CO2. Francamente io non ho capito dove li avremmo avvantaggiati. Non ci sono misure nel PNRR da nessuna parte, però possiamo mettere anche questa questione in un unico pacchetto di chiarimenti che poi sarei ben contento di condividere con tutti i colleghi. Non è una cosa fra me e lei, è una cosa che serve a tutti: però forse sarebbe meglio vederci ed entrare nel dettaglio.
  Per quanto riguarda la questione PiTESAI, onorevole Vianello, lei afferma che io avrei detto che non ci servono nuove trivelle, ma che bastano quelle già operative per i giacimenti esistenti essendo sufficiente aumentarne il tiraggio. Mi chiede, onorevole Vianello, per quale motivo non ho voluto la moratoria...

  PRESIDENTE. Mi scusi, Ministro, se la interrompo. Noi abbiamo un calendario per il prosieguo dei lavori della Commissione – almeno per quanto riguarda la X Commissione Camera – che prevede altri punti all'ordine del giorno. Quindi le chiedo, se possibile, di concludere rapidamente il suo intervento considerando anche che comunque le Commissioni le hanno dedicato un'abbondante ora di seduta e dato la possibilità di espletare il suo punto di vista. Grazie.

  ROBERTO CINGOLANI, Ministro della transizione ecologica (intervento da remoto). Sì, grazie presidente. Accelero con la confidenza di avervi potuto parlare in dettaglio delle questioni relative alle bollette e alle operazione di tassonomia che un po' rispondevano ad alcune domande.
  Chiudo rapidamente per la questione che sollevavo adesso. Onorevole Vianello, io non concordo con una moratoria fatta in quanto non si è prodotto nei tempi opportuni un piano strategico di riferimento, in questo caso il PiTESAI: per trasparenza e chiarezza rispetto ai cittadini operatori, prima si fa un piano strategico preciso (come il PiTESAI) e poi si prendono le decisioni. È un metodo che ho riscontrato anche in altri ambiti e a mio parere non va bene. Il PiTESAI è un ottimo strumento e lo abbiamo fatto, come promesso, entro il 30 settembre anche se pochi ci credevano e, nonostante nei tre anni precedenti fosse rimasto al palo, la Conferenza Stato-regioni è stata rapida nell'analisi e adesso è in pubblicazione. La volevo inoltre avvertire che quando lei afferma che non c'è la zonizzazione questo è sbagliato, perché c'è ed è anche drasticamente ristretta rispetto al passato. Comunque è in pubblicazione e quindi a breve lo vedrete.
  Sulla tassonomia ho risposto, quindi procedo speditamente all'ultima domanda dell'onorevole Vianello, sulle auto elettriche, il quale afferma: «Mi duole, Ministro, ma se ne faccia una ragione: le endotermiche avranno presto fine, quindi prima ci organizziamo e prima riusciamo a realizzare in modo migliore la transizione ecologica». Sì, duole anche a me, onorevole. Ma se ne faccia lei una ragione. La mobilità sostenibile è tale solo se le batterie si caricano con energia elettrica verde. La vera sfida è tenere fede al piano di rinnovabili che abbiamo costruito e che è estremamente ambizioso.
  Ricordiamoci, peraltro, che siamo noi che abbiamo voluto la giga factory, quindi la prima supply chain di batterie che altrimenti andrebbe all'estero. Vi prego, aiutatemi,Pag. 19 perché noi dobbiamo fare anche supply chain per elettrolizzatori e fotovoltaico. Queste sono battaglie che dobbiamo fare tutti insieme, altrimenti daremo tutti i soldi del PNRR all'estero per comprare i componenti e a noi rimarrà l'ammortamento e sostanzialmente la manutenzione. Credo che su questo dobbiamo unire le forze.
  Senatore Anastasi, sul tema della comunicazione sul nucleare, io non sono un appassionato di nucleare. Ho detto chiaro e tondo che non voglio le centrali nucleari di seconda e terza generazione. Credo sia giusto studiare la quarta generazione per vedere se apre delle prospettive. Bill Gates ci ha messo 5 miliardi e consegnerà il primo reattore nel 2024 in Romania, almeno guardiamo cosa fanno gli altri. Ma io non intendo fare comunicazione: se voi non mi fate domande sul nucleare, io non parlo di nucleare; ma se su 13 domande me ne fate 8 sul nucleare, devo rispondere. Per me il discorso del nucleare si chiude qui, e spero di esser stato chiaro in tutte le lingue.
  Per quanto riguarda la domanda che mi faceva, senatore Anastasi, sulla questione del FER 2, noi abbiamo finito e adesso sarà trasmesso al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali per la parte biomassa e biogas. Questo è l'ultimo step e credo che dopo di ciò, poi, si concluderà anche questo piano.
  Bene, io a questo punto avrei ancora altre piccole risposte, perché il grosso credo di averlo toccato un po' su tutti i grandi argomenti.
  Se gli onorevoli volessero avere risposte e dettagli one to one, io sarei contento di fornirle per iscritto, in via orale o anche in forma discorsiva, in qualsiasi momento.

  PRESIDENTE. Grazie, Ministro, apprezziamo tantissimo la sua disponibilità. Invito, chiaramente, i colleghi che lo ritenessero opportuno a mettersi in relazione con lei. La invito, peraltro, anche a farci pervenire, se riterrà, documentazione scritta delle cose che ha detto ovvero anche delle informazioni che, invece, non ha potuto sviluppare e concludere nel suo intervento odierno.
  Ricordo che oggi, chiaramente, non sono previsti interventi perché li abbiamo già svolti, e questa appena svolta era una seduta per la replica del Ministro. Io sicuramente la inviterò, Ministro, di nuovo a breve sul monitoraggio del PNRR. Mi auguro e spero che possa articolare ancora meglio su questo tema il suo ragionamento e la sua proposta. La ringrazio nuovamente.
  Saluto i senatori che erano collegati e anche i deputati della Commissione ambiente della Camera che si sono aggiunti nella replica e che hanno potuto ascoltarla. Li ringrazio moltissimo compresi i due presidenti, senatore Gianni Pietro Girotto e onorevole Alessia Rotta. Grazie.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.45.