XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di David Rossi

Resoconto stenografico

Seduta n. 12 di Giovedì 11 novembre 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Zanettin Pierantonio , Presidente ... 3

(La seduta, sospesa alle 15, riprende alle 15.10) ... 19

Sulla pubblicità dei lavori:
Zanettin Pierantonio , Presidente ... 19

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
PIERANTONIO ZANETTIN

La seduta comincia alle 13.30.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche tramite l'impianto audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione in diretta sulla web-tv della Camera dei deputati. Ricordo che, per ragioni di sicurezza sanitaria, il foglio firme non verrà portato dall'assistente, ma lasciato a disposizione sul tavolino davanti al banco della presidenza.

(Così rimane stabilito).

Audizione di Chiara Galgani.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione della signora Chiara Galgani, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione. Io credo che lei sia stata una delle ultime persone che ha visto in vita David Rossi. Credo ci possa dire, intanto, che rapporto aveva con lui e quello che ricorda degli ultimi giorni della sua vita e degli ultimi incontri che lei ha avuto con lui, dandoci le sue impressioni e parlandoci dei suoi ricordi. A lei la parola.

CHIARA GALGANI. Buongiorno e buon pomeriggio a tutti, innanzitutto. Ho conosciuto il dottor David Rossi nella primavera del 2006, quando egli ha assunto la responsabilità dell'Area Comunicazione di Banca Monte dei Paschi di Siena. All'epoca, nel 2006, io lavoravo già da cinque anni all'interno dell'Area Comunicazione della Banca, in quel momento in particolare, all'interno dell'ufficio stampa, e il dottor Rossi ha assunto la responsabilità anche del mio settore di attività, unitamente alla pubblicità, agli eventi, alla comunicazione interna, alle attività tipiche che si possono ricondurre alla comunicazione d'impresa. Per come l'ho conosciuto io, David era sicuramente una persona molto riservata. Era abbastanza introverso e, dal lato professionale, visto che poi è quello il confronto che io avevo con lui, era un eccellente professionista, una persona molto preparata, molto scrupolosa, come si direbbe un grande lavoratore, nel senso che non si tirava mai indietro, persona anche molto responsabile rispetto alle attività che doveva svolgere. Questo come contesto. Lei mi chiedeva gli ultimi giorni in particolare...

PRESIDENTE. Tutte le persone che noi abbiamo audito in questo ciclo di audizioni ci dicono che, soprattutto nell'ultimo periodo ma soprattutto nelle ultime settimane, David Rossi era cambiato e hanno percepito uno stato di difficoltà. Volevo sapere se anche lei aveva percepito questo cambiamento, queste difficoltà che lui manifestava. Ci dica a questo proposito cosa lei ricorda e che cosa può dirci.

CHIARA GALGANI. Posso dire che quello era un periodo abbastanza complesso per la Banca perché nel gennaio del 2013 sono emerse le inchieste sui famosi derivati, Alexandria e Santorini, che hanno creato una forte attenzione mediatica rispetto alla Banca da quel momento in avanti. Ovviamente, facendo noi il lavoro di comunicazione, in particolare di ufficio stampa, io ricordo che quello è stato un periodo molto Pag. 4intenso, lavorativamente parlando. Noi uscivamo dalla Banca e trovavamo giornalisti, televisioni, telecamere. È stato un periodo che ricordo come un periodo in cui eravamo abbastanza sotto pressione dal punto di vista professionale. C'era veramente tanto da fare. In quel momento io questo ho notato. Devo dire che però c'è una data, quella del 19 febbraio, che io potrei individuare veramente come uno spartiacque del comportamento di David tra il prima e il dopo. Noi ci confrontavamo quotidianamente, più volte al giorno, per gestire tutte le attività che ci stavano arrivando addosso, ma era un affaticamento che rientrava nell'ambito della sfera professionale. Dal 19 di febbraio devo dire che anch'io ho percepito, per quanto può valere, questo cambiamento, e l'ho visto nei giorni sempre più accentuato, quasi come se fosse un crescendo. Sì, devo dire che è stato quello il momento in cui ha cambiato il suo comportamento, il suo modo di interagire, il suo modo di confrontarsi, il suo atteggiamento, il suo comportamento in generale.

PRESIDENTE. Ma in quei giorni lui si è confrontato con lei? Evidentemente il 19 febbraio coincide con una perquisizione che lui aveva subito presso la sua abitazione, di sequestro dei dispositivi informatici. Di queste sue preoccupazioni si è confrontato con lei? Ne avete parlato oppure lei percepiva solo un distacco?

CHIARA GALGANI. Ovviamente tutti sapevamo quello che era successo, ma considerando il carattere di David, come lui era, io non ho fatto domande dirette sull'argomento né lui sinceramente, mi pare di ricordare, mi abbia mai esplicitato cose particolari. Io leggevo anche delle cose sui giornali, leggevamo tutti delle cose sui giornali.

PRESIDENTE. Il vostro era solo un rapporto professionale? Non c'era confidenza?

CHIARA GALGANI. Sì, il nostro era un rapporto professionale.

PRESIDENTE. Lei ci può ricordare l'ultimo incontro che ha avuto con David Rossi? Quando aveva avuto luogo? Di cosa avete parlato?

CHIARA GALGANI. Ho cercato anche in questi giorni di concentrarmi, di fare uno sforzo di memoria per raccogliere quanti più elementi possibili che possano essere utili. Io ricordo che quella giornata, così come le giornate precedenti, era stata una giornata, dal punto di vista lavorativo, molto intensa e avevamo tantissime richieste da gestire da parte della stampa o comunque cose da chiudere. L'indomani avevamo anche un importante evento a Firenze al quale avrebbe partecipato l'amministratore delegato, il dottor Fabrizio Viola. Io avevo necessità di confrontarmi con David proprio in ordine alla gestione di tutte le tematiche che avevamo sul tavolo. Mi pare di ricordare che l'ho chiamato proprio perché avevo bisogno di parlare con lui. L'ho chiamato invece di andare, magari, nella sua stanza perché in quei giorni la sua presenza in ufficio, a differenza di prima, era un po' altalenante. All'inizio di febbraio, nel pieno della crisi, invece, lui era sempre molto presente. L'ho chiamato perché avevo bisogno di confrontarmi con lui su questi temi. Nel momento in cui ho parlato con lui, mi ha detto che era in ufficio e gli ho detto: «Allora vengo, così ne parliamo», e lui ha detto: «Sì, vieni».

PRESIDENTE. Questo l'ultimo giorno?

CHIARA GALGANI. Il 6 marzo 2013.

PRESIDENTE. A che ora, più o meno?

CHIARA GALGANI. Secondo me era un po' prima delle 18. Poteva essere intorno alle 17.40, nel tardo pomeriggio.

PRESIDENTE. Lei a che ora stacca, normalmente?

CHIARA GALGANI. In quel momento staccavamo la sera molto tardi, anche perché ci era richiesta una copertura del servizio delle agenzie di stampa. C'erano tante notizie che riguardavano la Banca. Come Pag. 5ufficio stampa dobbiamo assicurare anche un'attività di monitoraggio su tutte queste cose, quindi uscivo dall'ufficio sempre abbastanza tardi.

PRESIDENTE. Torniamo all'incontro.

CHIARA GALGANI. Vado nel suo ufficio e inizio a parlare, a mettere sul tavolo le varie cose che avevamo, vari elementi per confrontarli e poi anche decidere insieme a lui come gestirli e come portarli avanti. Tra le varie cose di cui abbiamo parlato, quella che ricordo è stata quella dell'evento il giorno successivo a Firenze. Gli ho detto: «David, domani, come sai, abbiamo questo incontro a Firenze. Accompagni tu il dottor Viola, il nostro amministratore delegato?» Lui mi ha detto: «Sì, lo accompagno io».

PRESIDENTE. Quindi le sembrava sul pezzo? Non sembrava distratto o che avesse altro per la testa?

CHIARA GALGANI. Lui ha risposto in modo assolutamente lucido e puntuale a tutte le mie domande. L'unica cosa è che io l'ho trovato un po' assorto. Ovviamente si parlava di lavoro, mi rispondeva, ma mi è sembrato che avesse qualcos'altro su cui stava contemporaneamente ragionando. Infatti, durante questa nostra conversazione, che comunque non è durata tantissimo, più o meno una decina di minuti, qualcosa più o qualcosa meno, lo vedevo spesso guardare un monitor. Mi pare di ricordare che sulla destra avesse un monitor che si girava spesso a guardare e che ho visto essere fermo su un sito di informazione. In questa nostra conversazione ho visto che più volte lui si è girato verso questo monitor per vedere che cosa evidentemente ci fosse scritto e che cosa riportasse. La sensazione che io ho avuto era di un'assoluta lucidità nelle informazioni, ma che volesse chiudere abbastanza velocemente perché magari aveva altre cose a cui doversi dedicare. Lo devo dire in tutta onestà: non era neanche la prima volta. A volte poteva succedere che magari era preso da una cosa molto urgente su cui doveva lavorare, come invece altre volte magari c'era...

PRESIDENTE. Era un monitor di informazione finanziaria, che lei si ricordi?

CHIARA GALGANI. A me pare di ricordare che fosse il sito Dagospia.

PRESIDENTE. Poi lei è uscita più o meno e che ora? Alle 19-19.15?

CHIARA GALGANI. Forse un po' più tardi. Io credo di essere uscita più o meno intorno alle 19.20-19.30.

PRESIDENTE. Ed è passata di fronte alla stanza di Rossi o è uscita dall'altra parte?

CHIARA GALGANI. Non è possibile uscire da altre parti. Bisogna per forza passare lì davanti.

PRESIDENTE. Lei si ricorda se la porta era aperta o chiusa quando lei è passata? Lo ha salutato o non lo ha salutato?

CHIARA GALGANI. Io ricordo che la porta era chiusa e sono uscita. Ricordo anche che quando sono scesa al piano terra, chiamiamolo così, quello che affaccia sulla portineria centrale e poi su piazza Salimbeni, l'allora portiere mi ha chiesto: «Chiara, chi è rimasto lì da te?» Io ho risposto: «C'è Lorenza», la mia collega, la dottoressa Lorenza Bondi, perché in quel momento noi coprivamo l'ufficio fino alle 20 per il monitoraggio delle agenzie di stampa che in quel momento era molto importante perché dovevamo sapere tutto quello che riguardava la Banca. Quindi ho detto: «C'è sicuramente Lorenza, non so se c'è anche David». E lui mi ha detto: «Sì, perché non è uscito».

PRESIDENTE. Quindi lei è uscita un po' prima della Bondi.

CHIARA GALGANI. Sì.

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PRESIDENTE. Le faccio un'altra domanda, ma è una banalità. Voi uscivate senza necessariamente salutare il capo? Non dicevate: «Sto uscendo»? Non c'era la prassi di dire: «Sto uscendo, ciao»?

CHIARA GALGANI. No, a maggior ragione vedendo una porta chiusa.

PRESIDENTE. Io avrei concluso. Qualche collega vuole fare delle domande? Vicepresidente Migliorino.

LUCA MIGLIORINO. Buonasera, dottoressa Galgani. Lei ha iniziato dicendo che, per la sua opinione, per quello che ha potuto apprendere, dal 19 febbraio al 6 marzo il dottor David Rossi è rimasto un po' scosso da quella perquisizione. Giusto?

CHIARA GALGANI. Io ho detto che dal 19 febbraio in poi ho visto un cambiamento.

LUCA MIGLIORINO. Non ha mai parlato con David Rossi della perquisizione che lui ha avuto il 19 febbraio? È una sua sensazione o ne ha parlato col dottor David Rossi?

CHIARA GALGANI. David era una persona molto riservata, quindi non mi pare che io gli abbia fatto domande dirette su questo.

LUCA MIGLIORINO. Quindi diciamo di no. Nelle sue sommarie informazioni, che ovviamente noi abbiamo, lei dichiara invece che gliene ha parlato e che lo ha anche rassicurato, dicendogli che non era indagato. Lei ha fatto le sommarie informazioni l'11 marzo del 2013. È possibile?

CHIARA GALGANI. Sì, può darsi. È possibile.

LUCA MIGLIORINO. «Egli più volte mi disse che non riusciva a spiegare il perché della perquisizione e io gli rispondevo rassicurandolo perché non era stato neppure indagato». Questa è la sua sommaria informazione dell'11 marzo. Oggi, siccome sono passati otto anni, le è sfuggito questo passaggio oppure riconferma che non ha mai parlato col dottor David Rossi di questo?

CHIARA GALGANI. No, io ho detto che non credo, per come io conoscevo David, di avergli fatto delle domande dirette su quella cosa.

LUCA MIGLIORINO. Le sto facendo delle domande per mettere un po' di chiarezza, perché molti ci dicono che poteva essere preoccupato. Non voglio accusarla, ma molti altri ci dicono che in verità tutta questa preoccupazione non ce l'aveva, che lo vedevano un po' cambiato, però poteva essere il lavoro. Poi sfido chiunque che subisce una perquisizione a stare normale e sereno più di prima. Lei diceva che comunque lo rassicurava addirittura dicendo che lui non era neppure indagato. La mia domanda era: da chi l'ha saputo che lui non era neppure indagato?

CHIARA GALGANI. È stato scritto fin da subito da tutti i giornali che lui era stato perquisito, ma non era stato indagato.

LUCA MIGLIORINO. Questo era stato scritto tra il 19 febbraio e prima della morte del dottor David Rossi o dopo?

CHIARA GALGANI. Le agenzie il giorno della perquisizione, i giornali il giorno dopo la perquisizione, riportarono il fatto che lui era stato perquisito, ma che non era indagato. Mi pare di ricordare così.

LUCA MIGLIORINO. Il giorno dopo, il 7 marzo, avete avuto una riunione dove avete parlato dell'accaduto del dottor David Rossi?

CHIARA GALGANI. Mi pare di ricordare che il giorno dopo vennero lì al piano sia l'amministratore delegato, non mi ricordo se anche il presidente però forse sì, e la responsabile delle risorse umane che all'epoca era Ilaria Dalla Riva.

LUCA MIGLIORINO. È sicura che non c'era qualcun altro? Non se lo ricorda?

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CHIARA GALGANI. L'amministratore delegato e il presidente mi pare che vennero, ma forse più per un saluto. Probabilmente con la responsabile delle risorse umane ci fu, invece, più un confronto.

LUCA MIGLIORINO. Ci può dire cosa è successo in questo confronto? L'ha appreso in quell'occasione che lui non era indagato?

CHIARA GALGANI. Io che lui non fosse indagato, glielo ripeto, l'ho appreso dalla stampa. Sono passati otto anni, quindi la prenda con il beneficio del dubbio. Però mi pare di ricordare che i giornali, proprio all'indomani – sto parlando in particolare di quelli locali, ma tutta la stampa seguiva la vicenda – riportarono questa cosa, dicendo però che lui non era indagato.

LUCA MIGLIORINO. Da quello che noi abbiamo compreso dalle sue parole, da quelle della dottoressa Bondi, si faceva a turno fino alle 20 di sera per seguire le ultime notizie che potessero uscire il giorno dopo; però c'erano diverse riunioni, soprattutto in quel periodo. Poi nelle sue SIT le viene detto di ciò che era successo in consiglio di amministrazione, di quella possibile fuga di informazioni, quindi facevate delle riunioni importanti, immagino. È comprensibile che ci sia stata una riunione il giorno dopo, anche dal punto di vista mediatico del Monte dei Paschi e anche per definire ciò che era successo, magari una linea. È possibile che ci sia stata questa riunione il giorno 7 marzo? E quanti eravate oltre a lei, Dalla Riva e poi il presidente che è venuto a salutarvi?

CHIARA GALGANI. Aspetti. Ovviamente potrà immaginare e comprenderà la situazione che stavamo vivendo. Ricordo che è venuto sicuramente il dottor Viola, però è venuto al piano in una logica di saluto per noi che eravamo lì e che stavamo vivendo quella situazione, mi pare anche il dottor Profumo. Loro sono venuti e poi non hanno fatto nessuna riunione. Mi ricordo che invece ci siamo soffermati, mi pare di ricordare, forse anche con Giancarlo Filippone, con la dottoressa Dalla Riva. Ma per quello che ricordo io non è stata una riunione operativa in cui abbiamo deciso che cosa fare dal punto di vista dell'ufficio stampa. Lei era il capo delle risorse umane.

LUCA MIGLIORINO. È possibile che le sue affermazioni secondo cui avrebbe visto il dottor David Rossi cambiato dal 19 febbraio siano state condizionate dall'incontro fatto con gli altri quella mattina? Secondo le sue affermazioni nelle SIT ne avrebbe discusso con gli altri e quindi sarebbe stata portata in maniera naturale poi ad affermare – in maniera uguale a tutti quanti gli altri, perché le SIT sono molto simili – che dal 19 febbraio l'avete visto cambiato. È possibile che il suo pensiero secondo cui David Rossi sarebbe cambiato dal 19 febbraio sia stato condizionato anche dall'incontro del 7 mattina, visto che lei è stata ascoltata l'11 marzo? Nel parlare con gli altri colleghi di quello che era successo, l'idea se l'è fatta parlando con loro, o prima che David Rossi cadesse da quella finestra lei già credeva che era stressato per le perquisizioni avute?

CHIARA GALGANI. Io le ho detto che ho visto dal 19 febbraio questo cambiamento. Non l'ho visto l'11 marzo. Mi scusi, onorevole, forse non ho colto il punto.

LUCA MIGLIORINO. Nel parlare con dei colleghi, vi siete convinti che dal 19 febbraio lui avesse avuto un cambiamento così importante da portarlo al suicidio?

CHIARA GALGANI. Questa cosa del suo cambiamento era emersa e ne parlavamo con i colleghi, ma non dopo il 7 marzo.

LUCA MIGLIORINO. Anche prima?

CHIARA GALGANI. Ne parlavamo.

PRESIDENTE. È naturale che dopo aver ricevuto una perquisizione in casa, il sequestro...

LUCA MIGLIORINO. Secondo me è naturale.

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CHIARA GALGANI. Sì, però avevamo visto tutti che era comunque cambiato.

LUCA MIGLIORINO. Si ricorda più o meno quante volte ha visto il dottor Rossi da quel 19 febbraio al 6 marzo? Perché noi sappiamo che era in ferie per un periodo e continuava ad avere l'impegno per il Monte dei Paschi e per la comunicazione. Anche in ferie continuava a dare il suo supporto. Lei quante volte l'ha visto, più o meno? Se lo ricorda?

CHIARA GALGANI. Io le direi che quando lui era in ufficio più o meno ci vedevamo, perché in quel periodo – è una cosa che hanno scritto anche i giornali – la Banca tra l'altro si era dotata di un gruppo di lavoro, tecnicamente chiamiamolo così, per gestire la crisi che vedeva la rappresentanza di tutte le funzioni aziendali. Era un gruppo di lavoro di cui anche io facevo parte, ma a cui David comunque attivamente partecipava.

LUCA MIGLIORINO. Quante volte vi siete incontrati, più o meno, dal 19 al 6?

CHIARA GALGANI. Le ripeto: al netto dei giorni in cui lui è stato in ferie, le potrei dire che quando lui era in ufficio ci siamo più o meno sempre confrontati.

LUCA MIGLIORINO. Lei ha studiato psicologia?

CHIARA GALGANI. No.

LUCA MIGLIORINO. Quando lei quella sera entra in quell'ufficio, lo fa nell'immediatezza, un po' subito dopo la telefonata sul fisso? Non risponde, poi si chiamano sui cellulari. Entra subito dopo nell'ufficio o è passato del tempo prima che lei entrasse nel suo ufficio? Lei ha affermato: «Sì, vieni, sono in ufficio». Giusto? Quindi subito dopo.

CHIARA GALGANI. Più o meno, con il beneficio di qualche minuto. Più o meno, nella prossimità.

LUCA MIGLIORINO. Perché noi abbiamo dei tabulati. La telefonata avviene alle 17.34. Addirittura, quando viene ascoltata la prima volta immagino avesse il cellulare con lei, e nelle SIT dice l'orario preciso: 17.37. È particolare, presidente, perché da quanto ci risulta David Rossi alle 17.35 era da un'altra parte, però, a parte questo, lei dice che è stato un po' frettoloso nel parlarne. Effettivamente lei nelle SIT affermava che stava guardando Dagospia e stava lavorando sulle sue e-mail. Lei crede che andava un po' di fretta perché doveva uscire dalla Banca poco dopo?

CHIARA GALGANI. Questo non lo posso sapere.

LUCA MIGLIORINO. Quindi l'idea secondo cui andava un po' di fretta e quindi poteva destare un po' meno attenzione, da come più o meno l'ha definita, poteva anche essere dovuta al fatto che lui stava per uscire dalla Banca?

CHIARA GALGANI. Aspetti. Non ho detto che non era attento a quello che mi diceva, vorrei precisarlo. Sulle tematiche del lavoro mi ha dato delle risposte assolutamente lucide e precise. Se io gli ho chiesto A non è che mi ha risposto Z, ma mi ha risposto A. Ho detto semplicemente che l'ho trovato più sbrigativo.

LUCA MIGLIORINO. Io sto per andare a prendere un caffè, sono un po' più sbrigativo.

CHIARA GALGANI. Può capitare – ma questo fa parte delle normali dinamiche lavorative – che quando una persona magari ha anche altre cose da fare sia molto più concentrato nella risposta e dia delle risposte più sintetiche e circostanziate. In altri casi in cui magari si è, mi passi il termine, più rilassati, nel senso che magari non c'è altro flusso di lavoro da produrre in modo così impellente, ci si può anche soffermare con il collega, dire una parola in più. Questo volevo dire. Mi ha dato delle risposte assolutamente precise e centrate rispetto alla domanda.

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LUCA MIGLIORINO. Quindi era comunque attento al lavoro che faceva. Non sembrava volesse dire: «Tanto tra poco mi ammazzo, che risposte do?» Era preciso nelle risposte. Stava lavorando, mettiamola così.

CHIARA GALGANI. Io non mi sono stupita delle risposte che mi ha dato. Non mi sono chiesta: «Che cosa mi ha detto?».

LUCA MIGLIORINO. Se uno stava per uscire per andare a prendere un caffè, magari quell'idea di frettolosità poteva essere questo; mettiamola così.

CHIARA GALGANI. O perché magari aveva da lavorare su altre cose e quindi quelle cose le voleva chiudere piuttosto velocemente.

LUCA MIGLIORINO. Quando lei è entrata nella stanza del dottor Rossi, qualcun altro stavo uscendo da quella stanza?

CHIARA GALGANI. Io ricordo quando sono uscita. Quando sono entrata, se mi sono...

LUCA MIGLIORINO. Il dottor Rossi stava avendo già un colloquio di lavoro oppure no?

CHIARA GALGANI. Su questo faccio fatica a ricordare.

LUCA MIGLIORINO. Lei conosce il dottor Filippone?

CHIARA GALGANI. Sì, certo.

LUCA MIGLIORINO. Il dottor Filippone stava uscendo dalla stanza del dottor Rossi quando lei è entrata?

CHIARA GALGANI. Mi creda, in questo momento sinceramente non lo ricordo.

LUCA MIGLIORINO. Il presidente le ha fatto già una domanda e lei ha detto: «Siamo sullo stesso piano». Io ricordo benissimo come è posizionato l'ufficio del dottor Rossi. Si entra da quella porta, che allora era tipo salone mentre adesso c'è una porta a vetri, dal terzo piano. Quindi entra, c'è il bagno sulla sinistra, poi c'è la porta del dottor Rossi. Lei dice che sta circa tre uffici un po' più in fondo, qualche ufficio un po' più giù rispetto a quello del dottor Rossi.

CHIARA GALGANI. Sì, io sono nell'ufficio in fondo al corridoio. Mi separano da quella stanza altri due uffici dove prima, in realtà, c'era un ufficio e una sala riunioni che poi è stata trasformata in un altro ufficio.

LUCA MIGLIORINO. Sì, abbiamo visto anche la sala riunioni intermedia. Noi ci siamo stati e abbiamo una certa idea. Secondo lei quelle stanze sono insonorizzate oppure si sente tutto quello che succede? Non ha sentito nessun rumore, quella sera?

CHIARA GALGANI. Non mi risulta che le stanze siano insonorizzate.

LUCA MIGLIORINO. Quando ci siamo stati abbiamo fatto un po' di prove dal fondo della stanza del Rossi. Anche se uno gridava noi non sentivamo, mettiamola così. Lei ha mai sentito un direttore che si arrabbia, qualcuno che grida? Lo sentiva da giù, con una porta aperta e una porta chiusa? Si può ricordare?

CHIARA GALGANI. Magari il tema della porta può influire da questo punto di vista.

LUCA MIGLIORINO. Ovviamente uno fa queste domande perché se c'è stata una colluttazione... Le chiedo se si ricorda qualche rumore, qualcosa.

CHIARA GALGANI. Quando io sono passata da lì davanti non ho sentito rumori, ma questo glielo dico perché altrimenti non mi sarebbe venuto il dubbio se lui c'era o meno quando poi l'ho chiesto al portiere. Se avessi sentito dei rumori avrei detto: «È ancora lì che lavora».

LUCA MIGLIORINO. Ho quasi finito. Per me ovviamente tutte le domande che Pag. 10sto facendo hanno un certo filo logico collegato a quello che hanno detto gli altri. Anche se possono sembrare sciocche mi perdoni, ma io vedo un grande filo logico in quello che le sto dicendo. Quella sera, il 6 marzo, faceva freddo? Se lo ricorda?

CHIARA GALGANI. Mi pare di ricordare che fosse una serata piovigginosa. Sì, c'era non quel freddo come magari lo si può avere a gennaio o febbraio. Mi pare di ricordare che non fosse una serata freddissima.

LUCA MIGLIORINO. Qualcuno ci ha detto che i riscaldamenti erano veramente a palla perché fuori faceva freddo. Si ricorda se questi riscaldamenti erano... Lei aveva una giacca, un soprabito?

CHIARA GALGANI. Sicuramente avrò avuto un soprabito. Ora in tutta sincerità il tema dei riscaldamenti a palla non lo ricordo.

LUCA MIGLIORINO. Non l'ha lasciato a sommarie informazioni, però le faccio una domanda che è veramente molto semplice, ma secondo me importantissima per il lavoro di questa Commissione: che cosa ha notato di strano nell'ufficio o nel dottor Rossi quella sera, quando ci ha parlato? Che cosa c'era di strano nel dottor Rossi? Potevano essere le 18, più o meno? Ha detto che è rimasta una decina di minuti.

CHIARA GALGANI. Sì, più o meno. Ripeto, io ho fatto caso che sembrava assorto e preso...

LUCA MIGLIORINO. Le faccio una domanda molto secca: quindi non ha notato che aveva un taglio profondo sul naso, sul sopracciglio, sulle labbra, dei puntini in fronte? Aveva del sangue che gli usciva dal viso? Com'era il viso di David Rossi?

CHIARA GALGANI. No, questa cosa non l'ho vista.

LUCA MIGLIORINO. Quindi noi diciamo, presidente, che da quel momento a quando viene ritrovato, purtroppo, David Rossi era normale e non aveva alcun segno sul viso. Grazie, dottoressa. Grazie, presidente.

PRESIDENTE. Onorevole Borghi.

CLAUDIO BORGHI. Grazie, dottoressa. David Rossi, mi confermerà, aveva un tratto caratteristico che era l'eleganza. Magari mi smentisca, però normalmente era sempre con la cravatta, sempre ben vestito e così via. Era uno dei suoi tratti. Quando l'ha visto, le è sembrato particolarmente scarmigliato, fuori posto, cose di questo tipo, oppure era come al solito?

CHIARA GALGANI. Sì, ha ragione. David era una persona molto attenta, anche molto precisa, molto curata. Non mi pare di aver notato delle cose particolarmente strane, francamente.

CLAUDIO BORGHI. Quando in questo suo ultimo colloquio, nei minuti successivi, quindi quando è uscita, so che probabilmente l'avrebbe già notato, ma ripensandoci adesso che le stiamo facendo rivivere quel giorno, magari affiora qualcosa che prima non è affiorato, ha notato qualche persona che ha destato la sua curiosità? Era tutto normale, un giorno come gli altri? Non c'era nulla di strano oppure forse le viene in mente che c'era una persona in corridoio, qualcuno tale per cui adesso dice: «Ora che ci penso, magari mi viene un sospetto perché non capisco che cosa ci facesse lì quella persona»?

CHIARA GALGANI. A memoria non ricordo nulla di anomalo.

CLAUDIO BORGHI. Poi la sequenza qual è stata, dopo il suo incontro? Cosa ha fatto nell'ora seguente?

CHIARA GALGANI. Sono andata a casa e poi mi sono spostata perché avevamo una ricorrenza familiare da festeggiare. Abbiamo cenato e successivamente mi ha chiamato un giornalista del Sole 24 Ore della redazione di finanza. Fondamentalmente Pag. 11io ho saputo così quello che era successo. Lui mi ha chiamato per verificare la notizia, come si dice in gergo. In realtà la notizia me l'ha data lui. Io non sapevo niente. Poi da lì hanno iniziato a telefonarmi tantissimi, anche giornalisti, per lo stesso motivo, e a quel punto mi sono spostata e sono andata nel vicolo Monte Pio.

CLAUDIO BORGHI. Mi descrive la scena di quando è arrivata nel vicolo, c'era qualcuno che conosceva?

CHIARA GALGANI. Ricordo che quando sono arrivata mi pare che ci fossero già diverse persone. C'era quello che oggi si chiamerebbe un «assembramento». Mi risulta difficile in questo momento individuare qualche collega. Mi risulta veramente difficile.

CLAUDIO BORGHI. Immagino, mi immedesimo in lei. Arrivo in un luogo dove è successa questa cosa, normalmente mi verrebbe da cercare qualche volto di persona conosciuta preesistente per dire: «Dov'è, cosa è successo?» Si ricorda per caso chi interpellò, se interpellò qualcuno?

CHIARA GALGANI. In quei momenti mi sembra di ricordare di aver trovato qualche collega e di aver scambiato delle parole, ma non ho avuto, se è questo che lei mi chiede, un colloquio particolare o approfondito. Come comprenderà, eravamo tutti abbastanza scioccati da questa situazione.

CLAUDIO BORGHI. Le faccio questa domanda perché, ricordando quel giorno, quella scena, una delle prime cose che gli altri dicono è: «Ho visto questa persona, insieme a lui sono andato a...», cose di questo tipo e similari.

CHIARA GALGANI. Io sono andata insieme al mio fidanzato. Ripeto, ovviamente la situazione, come potrete benissimo comprendere, era abbastanza difficile. Quando sono arrivata io, probabilmente la cosa diversa rispetto agli altri è che le persone erano già molte, perché mi pare di aver ricevuto la telefonata di questo giornalista in un orario che si può collocare tra le 9.30 e le 9.40. Il tempo poi di spostarsi, di andare e quando sono arrivata io non c'erano pochissime persone. C'era già un viavai nella via che si chiama «via De Rossi», che sbuca sul corso principale. C'era già molto movimento, quindi forse è anche per quello che io non ho parlato in modo specifico, a parte confortarmi vicendevolmente con altri colleghi.

CLAUDIO BORGHI. Scusi, so che di fronte alla tragedia tante volte non è la prima cosa che viene in mente, però magari professionalmente, sebbene sconvolti, come ufficio stampa avete pensato a fare una riunione immediata o un incontro immediato, uno scambio immediato, per dire come comunicare la cosa?

CHIARA GALGANI. Quella sera non lo ricordo. Ricordo le tantissime telefonate che mi sono arrivate veramente da tanti giornalisti per avere informazioni o, come si dice anche in gergo tecnico, per verificare la notizia. Telefonate, messaggi, richieste di...

CLAUDIO BORGHI. Lei era quella di cui sicuramente tanti giornalisti avevano il numero e quindi è naturale che la chiamino.

CHIARA GALGANI. Esatto. Noi facciamo tutte le mattine la rassegna stampa e mi ricordo che c'erano tantissimi articoli legati a questa cosa. Nonostante non vi nasconda la difficoltà da parte di tutti, perché non sono stati momenti semplicissimi, ricordo che abbiamo comunque realizzato la rassegna stampa che facciamo tutte le mattine. Mi pare di ricordare che c'era qualche giornale che aveva messo nella prima pagina quella foto, «Ciao David», e mi pare che abbiamo scelto con i colleghi di mettere quella cosa come prima copertina della rassegna stampa. Questo è quello che ricordo.

CLAUDIO BORGHI. La sua reporting line nella Banca all'epoca qual era? Chi erano i superiori diretti?

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CHIARA GALGANI. A quell'epoca c'era Paolo Graziani, che era il responsabile della pubblicità, relazioni stampa, David Rossi e l'amministratore delegato.

CLAUDIO BORGHI. O Graziani o l'amministratore delegato chiamarono per dire: «Attenzione, comunichiamo così»? È una cosa oggettivamente invasiva per la Banca. Sarebbe normale, in teoria, che si dica: «In merito a questa cosa diciamo tutti...», oppure no?

CHIARA GALGANI. In quel momento specifico non mi pare di ricordare niente di particolare.

CLAUDIO BORGHI. Sì, certo, nei giorni successivi, ma anche nell'immediatezza. Normalmente, non so, mi viene da pensare che una banca abbia un crisis management. Dato l'impatto, non mi sarei meravigliato che l'amministratore delegato, per tramite del suo superiore, quindi di Graziani, dica: «Non fate dichiarazioni».

CHIARA GALGANI. Mi pare di ricordare che probabilmente ci fu chiesto di diffondere un comunicato stampa in cui veniva fatta richiesta di silenzio rispetto a questo momento. Non mi sono occupata io della redazione né della diffusione. A memoria le direi che lo abbiamo mandato in quella giornata, ma si può verificare.

CLAUDIO BORGHI. Se verifica guardando le sue carte e poi ce lo comunica mi farebbe piacere. Ci faccia sapere che tipo di comunicato stampa era, se magari lo riesce a ritrovare, o cose di questo tipo. Ce lo manda e ci farebbe piacere. Grazie.

PRESIDENTE. Onorevole Rizzetto.

WALTER RIZZETTO. Grazie, buongiorno. Alcune domande molto rapide, in realtà. Lei svolgeva il ruolo di mental coach all'interno di quella struttura. No, chiedo scusa, mi sono confuso. Leggo una dichiarazione che lei ha fatto, perché tutte le cose in questo contesto possono essere rappresentative. In una delle dichiarazioni che lei ha fatto, che è riportata poi in un blog, dice: «Lui mi continuava a dire di aver fatto delle cavolate, ma l'unica cavolata rappresentatami come tale è stata questa e-mail scritta a Viola». Sbaglio io? Non ha mai rilasciato questa dichiarazione? Forse sbaglio io. Facciamo così, ricontrollo e riprendo. È sul blog questa cosa, sulla e-mail che David avrebbe scritto a...

CHIARA GALGANI. Aspetti, questo si colloca in un altro momento temporale.

WALTER RIZZETTO. Sì, può essere.

PRESIDENTE. Il blog qual è?

WALTER RIZZETTO. Quello di un audito che abbiamo ascoltato qui qualche settimana fa. Mi lasci ricontrollare.

PRESIDENTE. Intanto abbiamo l'onorevole D'Orso ed Ermellino, dopo lei riprende.

VALENTINA D'ORSO. Grazie per la disponibilità. Io le chiedo uno sforzo ulteriore di memoria e visiva in modo più diretto rispetto alle sollecitazioni che già ha ricevuto. Le chiedo se ricorda se Rossi quel pomeriggio portasse la cravatta.

CHIARA GALGANI. Sinceramente non lo ricordo. Si riferisce all'ultimo colloquio che io ho avuto?

VALENTINA D'ORSO. Sì, il 6 marzo, intorno alle 18, quando lei usciva, la fotografia di quel momento.

CHIARA GALGANI. Mi creda, in questo momento non ricordo.

VALENTINA D'ORSO. Ma era solito portare la cravatta?

CHIARA GALGANI. Sì, le direi che mi pare di sì.

VALENTINA D'ORSO. Portava gli occhiali?

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CHIARA GALGANI. Sì, gli occhiali li portava.

VALENTINA D'ORSO. E aveva la giacca. Era sempre in giacca. Anche all'interno della sua stanza lei lo trovava comunque in giacca solitamente, nei colloqui che avevate frequentemente, quasi quotidianamente.

CHIARA GALGANI. Sì, portava la giacca.

VALENTINA D'ORSO. Mentre lei era a colloquio con il dottor Rossi, il dottor Rossi ricevette qualche SMS, qualche telefonata, che lei ricordi?

CHIARA GALGANI. Di SMS avrei anche fatto fatica a capirlo.

VALENTINA D'ORSO. Sarebbe stato oggetto comunque di una minima distrazione anche quello. Come magari poteva distrarlo il monitor che aveva accanto, anche l'arrivo di un messaggio, di una telefonata.

CHIARA GALGANI. Francamente in questo momento faccio un po' fatica a ricordare questi dettagli. Non glielo nascondo.

VALENTINA D'ORSO. Invece ha detto che ricorda molto bene il momento in cui uscì. Io le chiedo: lasciò la porta aperta o chiuse la porta dietro di sé?

CHIARA GALGANI. La porta la chiusi.

VALENTINA D'ORSO. Un'altra domanda. Quando abbiamo fatto la visita ai locali del Monte Paschi, abbiamo notato che c'è, e c'era anche allora, ci è stato riferito e confermato, una postazione di un commesso proprio davanti alla porta del dottor Rossi. Quando lei uscì, c'era per caso il commesso in loco?

CHIARA GALGANI. Mi pare di ricordare di no.

VALENTINA D'ORSO. Perché già era un orario in cui di solito non c'era, o perché poteva esserci ma non c'era in quel momento?

CHIARA GALGANI. Perché normalmente i commessi per l'orario di ufficio uscivano intorno alle 17.15-17.30.

VALENTINA D'ORSO. Si ricorda se era sempre lo stesso commesso che stava lì, c'era una turnazione? E se si ricorda magari quale commesso era assegnato lì, eventualmente, cioè nome e cognome.

CHIARA GALGANI. Lì da noi c'è stato un avvicendamento, negli anni, di queste figure, ma un avvicendamento naturale. In quel periodo mi verrebbe da dirle che probabilmente c'era una donna, Cinzia, però è da verificare.

VALENTINA D'ORSO. Eventualmente, in aggiunta al comunicato stampa se lo dovesse rinvenire, può anche riferirci questo per e-mail, per integrare eventualmente? Se le dovesse venire in mente può fare una ricerca?

CHIARA GALGANI. Se ripensando dovessero emergere degli altri elementi, sicuramente glieli farò avere.

VALENTINA D'ORSO. Un'altra domanda. Lei ricevette quindi la notizia da un giornalista del Sole 24 Ore, sezione finanza, tra le 21.30 e le 21.40?

CHIARA GALGANI. Circa.

VALENTINA D'ORSO. Si ricorda il contenuto della telefonata? Come le venne riferita? Usando quale tipo di terminologia? Che evento le venne riferito?

CHIARA GALGANI. Sì. Ricordo che ricevetti questa telefonata e l'orario iniziava anche a essere abbastanza tardo. Lui, mi verrebbe quasi da dire un po' imbarazzato, mi fa: «Chiara, sai, qui a Milano è iniziata a girare una voce». Io dissi: «Che cosa?» Fa: «Che David Rossi si sarebbe suicidato». Riguardo alle parole, se mi disse che si era buttato dalla finestra, che si era suicidato...

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VALENTINA D'ORSO. Però la connotazione era questa.

CHIARA GALGANI. La connotazione era questa.

VALENTINA D'ORSO. Quindi la notizia era così impostata. Si chiedeva conferma su questo tipo di notizia.

CHIARA GALGANI. Si chiedeva conferma su questo tipo di notizia, sì.

VALENTINA D'ORSO. L'ultimissima che mi era sfuggita. Che lei sappia, l'amministratore delegato Viola seppe la sera stessa questa notizia?

CHIARA GALGANI. Questo non lo posso sapere. Le direi per buon senso che presumo di sì, ma non lo posso sapere.

VALENTINA D'ORSO. Basta così.

PRESIDENTE. Onorevole Ermellino.

ALESSANDRA ERMELLINO. Lei ricorda se per caso, a marzo, in ufficio sentiva dei rumori al piano di sopra, al quarto piano? Ricorda se, per esempio, stavano effettuando dei lavori? In ufficio magari capita che si senta qualcosa e si abbia percezione magari di qualcosa. Non ricorda?

CHIARA GALGANI. Questa cosa proprio no, francamente non ho memoria.

ALESSANDRA ERMELLINO. E quella sera, nello specifico, quando lei poi si reca in vicolo Monte Pio, non ha cercato dei volti, qualcuno che conoscesse, dei colleghi, qualcuno con cui scambiare anche una parola, visto che ha detto che la notizia la riceve da un giornalista? È abbastanza inusuale. Di solito, se succede un evento così importante, visto che conosceva Filippone, quantomeno fra colleghi immagino che anche una comunicazione, uno scambio, ci sia, soprattutto per chi lavora poi nella comunicazione.

CHIARA GALGANI. Dice telefonicamente? No. Ripeto, io ricordo che lì ci siamo visti con tantissimi colleghi, sia dell'ufficio che della Banca. Questo lo ricordo. Ricordo la presenza e il fatto che ci confortavamo a vicenda. Non escludo assolutamente che ci fosse anche il dottor Filippone. Non ho detto questo, non lo escludo. Non mi ricordo un confronto specifico di approfondimento, di essermi appartata con qualcuno, anche perché poi, tra l'altro, a me continuavano anche a telefonare. È stata comunque, come comprenderà, una serata un po' complessa.

ALESSANDRA ERMELLINO. Va bene, grazie.

PRESIDENTE. Onorevole Rizzetto.

WALTER RIZZETTO. Io a questo punto salto, perché volevo fare la stessa domanda che ha fatto la collega rispetto anche a quello che aveva ricordato il collega Borghi, cioè rispetto al modo di vestire di David Rossi che era sempre molto elegante. Era importante se lei avesse ricordato se indossava o non indossava la cravatta in quella giornata. Ha detto che non lo ricorda. Dice alla collega Ermellino di non ricordare, al quarto piano, nell'ufficio speculare, perpendicolare rispetto a quello di David Rossi, se ci fossero dei lavori in corso o qualcosa del genere in quella data. Ma quell'ufficio lei ricorda a che cosa era adibito? Per quanto riguarda il ragionamento che prima ho fatto, sto cercando la corrispondenza che mi ero salvato. Non la trovo, quindi la salto.

CHIARA GALGANI. In tutta sincerità, non ricordo in quel momento: A) se ci fossero degli uffici, perché mi state dicendo che c'erano dei lavori e ho anche letto questa cosa; B) nel caso, quali uffici fossero.

WALTER RIZZETTO. Grazie.

PRESIDENTE. Onorevole Cenni.

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SUSANNA CENNI. Intanto la ringrazio per essere qui. Volevo chiederle alcune cose. Intanto lei ha detto che stavate monitorando in modo particolare, in quel periodo immagino difficile per tutti coloro che lavoravano nella Banca, comunicati stampa e tutto quello che usciva sulle agenzie. Le volevo chiedere chi in quella fase decideva le strategie di comunicazione esterna, cioè se era David Rossi, se era l'amministratore delegato, quindi se avevate frequentemente riunioni di questa natura e se in quei giorni, soprattutto dopo la perquisizione che Rossi aveva subito nella sua abitazione, c'era qualcosa di particolare anche su questa vicenda che riguardava gli uffici, cioè se avevate un input anche rispetto alla sua perquisizione oppure se quella vicenda riguardava la sua sfera personale e non le strategie di comunicazione.

CHIARA GALGANI. Sulla prima domanda, come ricordavo prima, da dopo il 23 gennaio, quando è venuto fuori il tema dei derivati, delle inchieste, è stata creata una task force per la gestione della crisi con i rappresentanti delle diverse funzioni aziendali. Ovviamente il senso era quello di creare una struttura che fosse molto veloce anche nell'andare a dare delle risposte. Questa task force era composta da rappresentanti della funzione commerciale, risorse umane, della comunicazione. Ne facevo parte io e la parte delle attività di comunicazione venivano coordinate e supervisionate da David Rossi. Ovviamente il rapporto per prendere le decisioni sulla strategia di comunicazione era tenuto da David direttamente con i vertici dell'azienda. Io non partecipavo a queste riunioni, mi confrontavo con lui che, a caduta, declinava sulla struttura della comunicazione la strategia che era stata definita.

SUSANNA CENNI. Lui si confrontava con l'amministratore delegato, col presidente e poi coinvolgeva gli uffici, sostanzialmente.

CHIARA GALGANI. Esattamente.

SUSANNA CENNI. Non c'era stato niente di particolare, però, che voi avevate ricevuto in termini di input sulla sua vicenda, sulla sua perquisizione.

CHIARA GALGANI. No.

SUSANNA CENNI. Le volevo chiedere poi se lei ricorda, se l'ha colpita – mi riferisco sempre a quel periodo, soprattutto a quelle settimane, quando si era aperta la vicenda delle indagini sulla Banca – che il dottor Rossi avesse ricevuto visite particolari di persone che magari non avevano una frequentazione del suo ufficio o comunque della Banca.

CHIARA GALGANI. Questo io non lo posso sapere, nel senso che il suo ufficio è antistante all'ufficio stampa. Probabilmente anche lei ha visionato i locali della comunicazione. Il suo ufficio è diametralmente opposto al mio e, oltretutto, le persone che vengono si fermano lì e non arrivano in fondo al corridoio. Questo per dire che avevo anche poco modo, logisticamente, di vedere. Io potevo venire, casomai, a sapere di visite di giornalisti, perché in quel caso, magari, avendo anche io per ruolo un interesse nel confrontarmi e nel parlare con loro, David poteva avvertirmi, così come invece alcuni colloqui se li è gestiti direttamente. Questo per dire che io non avevo visione della sua agenda né, proprio per dove mi trovavo logisticamente, del flusso di persone che entravano e uscivano dal suo ufficio.

SUSANNA CENNI. Le faccio un'altra domanda, perché lei ha raccontato, secondo me in maniera abbastanza chiara, quel breve colloquio che ha avuto col dottor Rossi in quel pomeriggio. Ha detto che aveva avuto la sensazione che probabilmente avesse altre cose da fare, e quindi volesse concludere brevemente l'incontro con lei, e che guardava spesso questo schermo in cui, secondo lei, probabilmente guardava Dagospia. Lei ricorda se erano già uscite delle cose, proprio su quel sito, sulle vicende delle indagini, delle perquisizioni, antecedentemente a questa serata, visto che monitoravate tutto? Monitoravate le agenzie,Pag. 16 le uscite; quindi probabilmente se qualcosa fosse uscito voi l'avreste visto.

CHIARA GALGANI. Comprenderà che in quel momento c'era un flusso di informazioni pazzesco dalle TV alle radio, ai quotidiani, alle agenzie di stampa, ai siti Internet. Non posso escludere che Dagospia avesse riportato qualcosa. Ora come ora non mi sentirei di dirle con certezza se sicuramente è stato scritto qualcosa. Della sua perquisizione non lo so, se è quella la domanda. Non lo ricordo. Mi verrebbe da dire che sulla Banca comunque anche quel sito, come sempre fa, aveva riportato qualche informazione.

SUSANNA CENNI. La domanda che le faccio è la seguente. Lei ha detto che da quella data l'atteggiamento era un po' cambiato, probabilmente per una sensazione di preoccupazione che lui aveva. Sappiamo che aveva anche un problema legato alla salute della moglie, da quanto abbiamo ricostruito. Lei ha mai avuto la sensazione che ci fosse anche qualche preoccupazione che riguardava magari il suo profilo professionale, la sua situazione dentro la Banca?

CHIARA GALGANI. Questa della preoccupazione professionale, mi pare di ricordare, casomai girava fuori della Banca, magari nel circuito dei giornalisti, che magari a volte, direttamente o indirettamente, potevano farsi delle domande sul fatto che David potesse rimanere al suo posto o meno. All'interno della Banca io non lo ricorderei.

PRESIDENTE. Onorevole D'Ippolito.

GIUSEPPE D'IPPOLITO. Grazie, presidente. Buonasera, dottoressa. Nel periodo immediatamente precedente la morte del dottor Rossi, la Banca era nell'occhio del ciclone sia per questioni che riguardavano i mercati finanziari, sia per le indagini che c'erano e che poi hanno portato anche alla perquisizione della casa del dottor Rossi. Il dottor Rossi nell'Ufficio comunicazione che istruzioni aveva dato, o avevate concordato insieme, sulla linea di comunicazione che dovevate tenere in merito a tutte queste vicende di questi vari coinvolgimenti della Banca?

CHIARA GALGANI. Mi pare di ricordare che era stato anche approntato un piano con delle azioni da portare avanti per supportare questo momento della Banca. Il punto era che la Banca dovesse parlare per non essere totalmente schiacciata da tutto quello che si stava verificando all'esterno con comunicati stampa o chiarimenti su alcuni aspetti. Il punto è che quando è venuto fuori il tema dell'indagine, molta della comunicazione non veniva gestita dalla Banca.

GIUSEPPE D'IPPOLITO. E da chi?

CHIARA GALGANI. Viene fuori un'indagine, ci sono... Noi potevamo agire come Banca.

GIUSEPPE D'IPPOLITO. Mi viene difficile pensare che in una banca come il Monte dei Paschi, che in quel momento era in tutti i giornali finanziari del mondo per le varie operazioni che sappiamo, in più aveva le indagini giudiziarie, non vi fosse una strategia di comunicazione nell'ufficio comunicazione. Io volevo sapere se il Rossi aveva dato istruzioni come: «Minimizziamo tutto.», «Neghiamo tutto.» o «Ammettiamo tutto.», istruzioni di questo tipo. Oppure, in alternativa, la domanda è: il dottor Rossi aveva avocato a sé tutte queste iniziative di comunicazioni sulle posizioni della banca?

CHIARA GALGANI. Su questo punto ho in parte risposto prima, nel senso che la Banca, proprio – come dice giustamente lei – per rispondere a questo momento molto particolare, si era dotata di una task force che aveva proprio l'obiettivo di andare a verificare, dare risposte efficaci, eccetera. Trattandosi di una crisi reputazionale, come dicevo prima, il coordinamento di tutte queste attività era fatto da David Rossi.

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LUCA MIGLIORINO. Grazie, dottoressa, molto chiara. Devo ritornare su un punto. Nelle sue sommarie informazioni dell'11 marzo, lei affermava: «Egli più volte mi disse che non riusciva a spiegarsi il perché della perquisizione e io gli rispondevo rassicurandolo, perché non era neppure indagato. Se non ricordo male, nel cercare una spiegazione sul perché della perquisizione, Rossi mi diceva che probabilmente qualcuno aveva fatto il suo nome.». Ci può dire quando il dottor Rossi le diceva questo? Le ha fatto capire chi poteva essere colui che aveva fatto il suo nome?

CHIARA GALGANI. Francamente questa cosa dell'amico l'ho riletta tante volte, ma non ne ho la più pallida idea.

LUCA MIGLIORINO. Lei ci sta dicendo che quelle sommarie informazioni non sono vere? Non ho capito. Lei mi sta dicendo che quello che le sto leggendo... lei sa che quando lascia delle sommarie informazioni, le vengono dati degli articoli?

CHIARA GALGANI. Certo, le sto dicendo che sono passati otto anni e quindi magari comprenderà che non è facilissimo andare a ricordare perfettamente quello che, invece, a distanza di qualche giorno è più normale ricordare. Le sto dicendo questo.

LUCA MIGLIORINO. Quindi quello che prima ha affermato, dicendo che lei non ha mai parlato con il dottor Rossi di questo, oggi ha sbagliato a dirlo inizialmente. Volevo sapere se il dottor Rossi quella sera le disse chi doveva incontrare.

CHIARA GALGANI. Io ho detto che non gli ho mai fatto delle domande specifiche su questo argomento. Le cose che mi ha detto, me le ha dette lui casomai spontaneamente. Le sto anche dicendo che a distanza...

LUCA MIGLIORINO. Quindi comunque ne avete parlato.

CHIARA GALGANI. No, le sto dicendo che a distanza di tanti anni, comprenderà che non è facilissimo ricordare.

LUCA MIGLIORINO. Le disse il dottor Rossi chi doveva incontrare quella sera dopo di lei? Il dottor Rossi le disse che doveva incontrare qualcuno? Nell'incontro che fece, si ricorda se le disse chi doveva incontrare quella sera il dottor Rossi?

CHIARA GALGANI. Non mi fece nomi e non mi disse nulla di questa cosa.

VALENTINA D'ORSO. Un piccolo chiarimento, perché ripensavo a un particolare che è una delle cose che lei ha detto proprio con certezza, ovvero il discorso della porta chiusa e che lei, uscendo, chiudeva la porta. Mi è venuto in mente di chiederle: se lo ricorda perché fu una richiesta del Rossi quella di chiudere la porta uscendo?

CHIARA GALGANI. Onestamente la porta chiusa non era una cosa strana. Io me la ricordo abbastanza normale.

VALENTINA D'ORSO. Quindi l'abitudine era quella di tenerla chiusa?

CHIARA GALGANI. Mi pare di sì. Non è che normalmente fosse aperta o spalancata. Se io gliel'ho chiesto e lui mi ha risposto o se io l'ho fatto in automatico, onestamente questo...

VALENTINA D'ORSO. Era solamente una curiosità che mi era venuta per la nettezza del ricordo e quindi ho pensato: «Ha una motivazione per quel ricordo così netto.» Era per capire qual era l'aggancio rispetto al ricordo. Ho un'ultimissima cosa da chiederle sugli uffici dirimpettai al vostro. Su vicolo Monte Pio noi abbiamo visto che c'è un altro palazzo di fronte e che il vicolo è molto stretto. Volevo capire quali sono gli uffici che erano collocati lì, perché ci hanno detto che afferivano comunque al Monte dei Paschi, e che orari facevano. Ad esempio, se all'orario in cui lei andava via, c'erano le luci accese di fronte. Questo anche generalmente e non in riferimento a Pag. 18quella serata. Volevo capire gli orari di dell'area che era collocata là.

CHIARA GALGANI. Lì in quello stabile ci sono stati per tanti anni l'ufficio estero e forse l'organizzazione. Credo che comunque queste informazioni sono ricostruibili se non da me, dalla Banca. Onestamente su quanto si trattenevano non le so rispondere, perché essendo, come lei ha potuto vedere, dalla parte opposta in uno stabile che è completamente diverso, non è un elemento su cui ho fatto attenzione.

VALENTINA D'ORSO. Però banalmente anche nella stagione estiva, quando magari si tengono le finestre aperte, qualcuno si saluta e magari è un ricordo che può anche venir fuori. Ad esempio: «Facevamo gli stessi orari, perché capitava di farsi un cenno dalla finestra.».

CHIARA GALGANI. No, questo non è successo. Non era abitudine.

MARCO LACARRA. Grazie anche per la pazienza che sta avendo e spero che ne avrà ancora per qualche minuto ad ascoltare quello che le chiederò. Sarò molto netto facendole delle premesse e domande secche, in modo tale che lei avrà più facilità anche nel provare a dare delle risposte. Lei ha fatto riferimento alla data del 19 febbraio come uno spartiacque. Quindi lei ha notato un netto cambiamento nei comportamenti. Mi vuole spiegare come si è esplicitata questa differenza? Perché l'altra premessa è che il dottor Rossi aveva un carattere introverso. Quindi mi spieghi, se riesce, come può aver accentuato questa ancora maggiore difficoltà anche nelle relazioni attorno a lui, dettate dal trauma che evidentemente la perquisizione gli aveva causato.

CHIARA GALGANI. Era proprio attinente al comportamento nella misura in cui... È stato detto che era introverso, però magari era ancora ancora più chiuso. Come avete detto anche voi, negli ultimi giorni era in ferie e non veniva al lavoro, il che può sembrare una cosa secondaria, ma in realtà per una persona come David, che era molto focalizzato sul lavoro, soprattutto in quel momento di complessità, il fatto di essere più assente non era una cosa secondaria.

MARCO LACARRA. Essenzialmente si è tradotto in una minore presenza rispetto a quello che era nei giorni precedenti o anche in un cambio di umore?

CHIARA GALGANI. Un cambio complessivo di atteggiamento.

MARCO LACARRA. Che ci sia stato un cambio lo aveva detto, però volevo solo provare a capire in che modo lei lo ha percepito. Al di là della presenza negli uffici, volevo sapere se ci sono stati anche dei comportamenti di chiusura, delle reazioni diverse da quelle che aveva in passato, minor pazienza o magari una reazione un po' più sgarbata rispetto al passato. Volevo capire come lei ha percepito questo cambio di comportamento.

CHIARA GALGANI. Nel senso che era ancora più chiuso e tendeva ancora di più a evitare il confronto.

MARCO LACARRA. Questo lo ha rilevato anche l'ultima volta che lo ha visto?

CHIARA GALGANI. Ripeto, l'ultima volta che l'ho visto mi ha risposto su tutto – spero di averlo rappresentato in modo chiaro – senza stare a dilungarsi sulle cose, quindi con risposte molto pertinenti, ma molto secche senza girarci tanto intorno.

MARCO LACARRA. Una domanda a cui forse lei risponderà che non sa nulla, però gliela faccio lo stesso per mio scrupolo. Il suo ufficio si occupava anche delle sponsorizzazioni o solo della comunicazione?

CHIARA GALGANI. No, solo ufficio stampa, mentre invece le sponsorizzazioni erano gestite da un altro ufficio, sempre a riporto di David Rossi.

MARCO LACARRA. Sullo stesso piano?

Pag. 19

CHIARA GALGANI. Sono nello stesso piano, ma nell'altra ala.

PRESIDENTE. Ringrazio la dottoressa Chiara Galgani per essere stata nostra ospite e per aver risposto alle nostre domande. Dichiaro conclusa questa prima audizione di oggi.

La seduta, sospesa alle 15, riprende alle 15.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

(Così rimane stabilito).

Audizione di Fulvio Muzzi.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del signor Fulvio Muzzi, che ringrazio per aver accettato il nostro invito ed essere qui pronto a rispondere alle domande della Commissione. Da quello che sappiamo, lei era un amico di David Rossi, lo conosceva bene, ed è stata una delle ultime persone che l'ha visto, in particolare proprio l'ultimo giorno prima che David Rossi decedesse. Le chiedo se ci vuol dire perché conosceva David Rossi, in che circostanze lo ha frequentato e cosa ricorda di questo ultimo incontro.

FULVIO MUZZI. Essendo senese come David Rossi, contradaiolo...

PRESIDENTE. Di che contrada è lei?

FULVIO MUZZI. Io della contrada dell'Oca, David della Lupa.

PRESIDENTE. Però è importante a Siena.

FULVIO MUZZI. Esatto, è importante. Per le varie vicissitudini lavorative ci siamo...

PRESIDENTE. Lei di cosa si occupava dal punto di vista lavorativo?

FULVIO MUZZI. Io ho un'azienda elettro/elettronica, che produce servizi, installazioni e altre cose. Ci siamo potuti conoscere nel suo iter professionale, come quando era addetto stampa del comune, Fondazione e poi Monte dei Paschi; privatamente perché io gestivo un locale nella contrada di David. Ci siamo conosciuti come senesi e poi a livello lavorativo. Abbiamo avuto vari rapporti sia per uso professionale, nel suo iter dove lavorava, sia privatamente, nella sua abitazione. Collaboravo negli ultimi tempi col Monte dei Paschi per la realizzazione di vari eventi a livello organizzativo, inerenti al mio settore, eletto/elettronico. Inoltre, essendo responsabile della Comunicazione del Monte dei Paschi nella Società Sportiva Calcio A.C. Siena a quel tempo, la quale era sponsor da Monte dei Paschi, ci trovavamo qualche volta a parlare di prodotti di immagine inerenti al marchio A.C. Siena collegato alla società sportiva. Parlavamo di alcuni gadget come magliette, come fare e non fare, colore, scambi di opinioni e di amicizia. Mi ricordo perfettamente, per il lato umano e di amicizia, che ci eravamo sentiti i giorni precedenti per consigli. Lui stava ristrutturando la sua nuova abitazione.

PRESIDENTE. Lei gli ha fatto i lavori in questa casa, allora?

FULVIO MUZZI. Si dovevano fare.

PRESIDENTE. Ma li ha fatti, poi?

FULVIO MUZZI. No, perché dopo non so la moglie come ha gestito la cosa. Ci siamo sentiti la mattina, mi ricordo. Io, per motivi lavorativi, il pomeriggio ero in piazza del Campo. Avevo lasciato la macchina in Vallerozzi. Ci siamo sentiti, ci siamo trovati, abbiamo preso un caffè a via Montanini alle 17.30-17.40, perché sono uscito dal teatro del comune.

Pag. 20

PRESIDENTE. Voi vi eravate accordati per telefono o di persona?

FULVIO MUZZI. Per telefono.

PRESIDENTE. Quel giorno o i giorni prima?

FULVIO MUZZI. Quella mattina stessa, ora non ricordo l'orario preciso.

PRESIDENTE. Ci saranno i tabulati. Ce lo diranno.

FULVIO MUZZI. Ora non mi ricordo se mi ha chiamato dal cellulare suo o se mi ha chiamato dal fisso, sinceramente. Questo non lo posso ricordare, però ci siamo messi d'accordo, abbiamo preso un caffè, mi ha dato un foglio dove c'era disegnata la pianta del rustico, nella parte bassa, dove c'era fisicamente un caminetto dove si doveva mettere il monitor, dove si doveva preparare per mettere l'home theatre.

PRESIDENTE. Lei doveva collocare un home theatre?

FULVIO MUZZI. Si doveva vedere come poter predisporre in fase realizzativa, dove poter mettere l'home theatre.

PRESIDENTE. Lei gestiva l'impianto elettrico.

FULVIO MUZZI. La sua battuta fu: «Siccome ho speso tanto, Fulvio, per ora mettiamo, prepariamo, predisponiamo, poi quello che andiamo a mettere lo mettiamo», ma scherzando. David aveva un carattere molto strano, era una persona molto introversa, chiusa, però quando si parlava di lavoro il suo rapporto era questo. Aveva un altro problema: lui qualche tempo fa aveva comprato un tapis roulant che teneva in via Garibaldi dove aveva la sua abitazione, e questo tapis roulant dava noia alla moglie. Disse: «Sai che facciamo?» Di questo ne abbiamo parlato il giorno stesso. «Sabato portiamo il tapis roulant alla casa mia in montagna e poi andiamo a vedere l'appartamento».

PRESIDENTE. Il rustico?

FULVIO MUZZI. Sì, esatto. Uscendo dal bar è passata la macchina dei carabinieri di Siena Centro. Dentro c'era il maresciallo Marcello Cardiello. Abbiamo scherzato con lui, David è tornato in Banca, io sono andato a prendere la macchina. La sera, alle 21 circa, mi ha chiamato Marcello Cardiello dicendomi: «Fulvio, è morto David». Non pensavo a David perché avevamo parlato prima. In quella circostanza c'erano dei problemi a Siena inerenti alla FISES (Finanza Senese di Sviluppo Spa), il cui presidente si chiamava Davide Rossi, uno David e uno Davide. Ho provato a chiamare il suo segretario, Domenico Magini. Mi dice: «Fulvio, io sono uscito dal lavoro alle 19.30, Davide stava bene». Mi ha richiamato e mi ha detto: «Davide è a casa, sta a Brenna». Ho richiamato questo maresciallo e ho detto: «Che cavolo mi stai dicendo?» Dice: «Dove sei? Ti vengo a prendere», e sono andato con lui in piazza del Monte. Questo è il finale della storia.

PRESIDENTE. Tutte le persone che noi abbiamo ascoltato, ultima ma non la sola, la dottoressa Chiara Galgani, che abbiamo ascoltato prima, ci dicono che avevano notato negli ultimi tempi un cambiamento di carattere di David Rossi. Mi pare di capire che lei lo frequentava abbastanza spesso. Io volevo capire se aveva percepito anche lei questo cambiamento di carattere. Con lei non aveva cambiato l'atteggiamento? Lei mi pare una persona molto estroversa.

FULVIO MUZZI. Lui era introverso. È sempre stato in quel modo, fin da giovane, mentre si andava a giocare a pallone. In qualunque momento lui è sempre stato in quel modo. Pertanto per me non era cambiato. Non sono in grado di poter dire se psicologicamente lui era cambiato in qualche cosa. Per come l'ho visto io, no.

PRESIDENTE. Nella conversazione che avete avuto, lui non ha mai fatto cenno a problemi personali?

FULVIO MUZZI. No. Vi posso garantire che l'ho incontrato varie sere. Usciva di Pag. 21casa con il cane e andava a fumare il sigaro. Io passavo con la macchina in piazza del Sale, ci fermavamo a parlare del Siena, della Mens Sana, dell'allenatore. Non ha mai parlato del suo lavoro. Era una persona molto precisa. Quando a livello aziendale facevamo il lavoro, il giorno dopo lui chiedeva il conto perché voleva essere a posto. Aveva un carattere un po' particolare.

PRESIDENTE. Però credo che almeno i giornali locali avessero raccontato che lui aveva subito una perquisizione poche settimane prima. Lei sa qualcosa di questa vicenda? Ne avete parlato?

FULVIO MUZZI. No, non ne abbiamo mai parlato.

PRESIDENTE. Magari siete amici, vi incontrate, parlate...

FULVIO MUZZI. Non mi piace entrare nella sfera personale di una persona, perché purtroppo le disgrazie nella vita le abbiamo tutti. Se uno ti vuole dire una cosa e ha piacere nel parlarne, viene da te e ti dice: «Guarda, ho questo». Se non te ne parla, vuol dire che non ha piacere nel parlarne. Io non ho mai fatto domande del genere, purché leggendo o girando per la città la cosa si sapeva. Però non ho mai chiesto e lui non mi ha mai detto nulla, pertanto per me rimaneva un amico e poi ognuno aveva i suoi problemi. Io avevo i miei, lui i suoi, arrivederci e grazie.

PRESIDENTE. Io avrei concluso. Ci sono colleghi che vogliono intervenire? C'è solo l'onorevole Migliorino, vicepresidente.

LUCA MIGLIORINO. Grazie, presidente. Grazie, dottor Muzzi. I colleghi mi buttano un po' avanti, poi intervengono tutti. Io in verità ho sentito un po' del sentimento nella sua voce. Lei era amico del dottor David Rossi. Le faccio qualche domanda un po' fredda, un po' veloce, però è un ragionamento che per me è importante. Lei è stato sentito il giorno dopo la morte di David?
FULVIO MUZZI. No.

LUCA MIGLIORINO. È stato sentito due giorni dopo la morte di David? Un mese dopo?

FULVIO MUZZI. Mai.

LUCA MIGLIORINO. Non è mai stato sentito?

FULVIO MUZZI. Mai stato sentito.

LUCA MIGLIORINO. Le faccio questa domanda. Lei l'ha già detto adesso, io lo avevo visto e saputo in altro modo, tramite atti in possesso di questa Commissione. Ha detto che lei va a prendere un caffè con David, poi uscite fuori e vi fermate con il maresciallo Marcello Cardiello. Lei ci dice che Marcello Cardiello poi la chiama verso le 9.

FULVIO MUZZI. Ora l'orario preciso non lo ricordo. Io ricordo che ero a cena ed era di mercoledì, perché il giorno dopo avevamo la riunione, il GOS (Gruppo operativo sicurezza) per la partita.

LUCA MIGLIORINO. Perché lei era nel consiglio di amministrazione del Siena.

FULVIO MUZZI. Esatto, ero nel gruppo organizzativo. Eravamo a cena ed eravamo al ristorante in piazza del Sale, all'angolo, io, il delegato alla sicurezza e due persone del CONI, perché era il giorno precedente al GOS. Questo me lo ricordo perfettamente e mi è rimasto nella mente. Il maresciallo mi ha preso in piazza del Sale davanti a questo ristorante.

LUCA MIGLIORINO. Quindi saranno state circa le 9 ed è andato insieme con lui. Però il maresciallo l'ha avvertita, giusto?

FULVIO MUZZI. Sì, esatto.

LUCA MIGLIORINO. Ora io mi chiedo una cosa. Dagli atti, dalle relazioni di servizio, risulta che il maresciallo è colui che da dentro MPS vicino alla portineria chiama Pag. 22il procuratore Marini. Quindi il maresciallo l'ha chiamata prima ed è andato insieme con lui. Siete andati nel vicolo o siete andati all'ingresso di piazza Salimbeni?

FULVIO MUZZI. All'ingresso della Banca. Entrando dentro c'erano delle persone, non mi ricordo chi. Una persona, custode o un altro, ci ha detto: «Guarda, qua non c'è niente. Sono nel vicolino». Io sono risceso dalla via, penso per il corso, via Banchi di Sopra, via De Rossi, e sono andato nel vicolino.

LUCA MIGLIORINO. E il maresciallo era sempre con lei o è rimasto...

FULVIO MUZZI. Ora onestamente credo lui sia rimasto lì nel posto, in tutta realtà. Credo lui sia rimasto lì nella Banca. Mi pare che lui avesse trovato gli altri colleghi, i superiori, lì nella Banca e si sia fermato nella Banca.

LUCA MIGLIORINO. Glielo chiedo perché...

FULVIO MUZZI. Però sono passati otto anni, poi in quel momento francamente...

LUCA MIGLIORINO. Certo, poi è passato un po' di tempo, l'emozione... Quando il maresciallo Cardiello l'ha chiamata, si ricorda la frase? Ha detto: «È morto»?

FULVIO MUZZI. Ha detto: «È morto David Rossi», ma io francamente lì per lì se mi ha detto che è morto, che si è ammazzato, onestamente, vi giuro, non me lo ricordo. Però ha detto: «È morto David Rossi». L'ho richiamato e gli ho detto: «Ma che cosa mi stai dicendo?»

LUCA MIGLIORINO. Perché ha dato l'informazione.

FULVIO MUZZI. Esatto. A lui non pensavo perché l'avevo visto mezz'ora prima.

LUCA MIGLIORINO. Le ho chiesto quando è stato ascoltato perché oggi andremo a vedere che lei è stato il penultimo o addirittura l'ultimo che ha visto in vita il dottor David Rossi, ed è particolare che una persona che veda un uomo che poi muore due ore prima non venga nemmeno chiamato dagli inquirenti per capire che cosa vi siete detti, di che cosa avete parlato, come era David Rossi. Perciò le ho fatto quelle domande iniziali. Ora le farò altre domande, che possono sembrare sempre un po' sciocche e divertenti, però che hanno un significato. Lei dice che è stato in contatto col dottor David Rossi anche nei giorni prima. Voi in maniera usuale, perché mi ha detto per la squadra del calcio, magari per i sistemi di audio o magari di altri sistemi che aveva messo a casa...

FULVIO MUZZI. Ancora non aveva messo nulla a casa. Lui abitava in via Garibaldi, e in via Garibaldi aveva poco.

LUCA MIGLIORINO. Quindi lei doveva andare nella casa e fare il sopralluogo nella casa nuova.

FULVIO MUZZI. Io sono stato anche alla casa in montagna. Abbiamo messo Internet e sono stato in via Garibaldi per attaccare il televisore.

LUCA MIGLIORINO. Comunque aveva un rapporto. Questo rapporto con David Rossi era fermo da un po' di tempo, oppure anche a febbraio e gennaio vi siete sentiti?

FULVIO MUZZI. Noi ci siamo sentiti regolarmente quando lui aveva bisogno. Per dire, tante volte arrivava la domenica, andava alla casa in montagna. Era suo solito scordarsi la password di Internet. Mi telefonava: «Fulvio, mi ricordi...» «Davidino, scrivitela».

LUCA MIGLIORINO. Quindi lo aiutava anche un po' con il cellulare, con il computer, se c'era una problematica. Lei è il proprietario dell'azienda, ma ha anche capacità manuali di lavoro con l'informatica o è soltanto il proprietario?

FULVIO MUZZI. No, informatica no.

Pag. 23

LUCA MIGLIORINO. Diciamo elettronica. La curiosità è che noi, dai tabulati telefonici, non abbiamo nessun contatto dal 10 gennaio al 7 marzo tra lei e il dottor David Rossi. Ora io le faccio una domanda. Lei conserva ancora il numero di telefono del dottor David Rossi? Mi vuole dire soltanto le ultime due cifre?

FULVIO MUZZI. Io gliele do anche tutte.

LUCA MIGLIORINO. Tutte no perché siamo in seduta pubblica. Soltanto le ultime due cifre, o magari se ha più di un numero.

FULVIO MUZZI. 179.

LUCA MIGLIORINO. Ha soltanto questo?

FULVIO MUZZI. Sì, e io con lui mi sono sempre sentito su questo numero.

LUCA MIGLIORINO. Questo è particolare, perché noi non abbiamo nessuna telefonata dal 10 gennaio, e anche dall'ufficio del dottor David Rossi.

FULVIO MUZZI. Se vuole le do anche il mio numero.

LUCA MIGLIORINO. No, va bene. I rapporti di amicizia erano col dottor David Rossi o anche con la moglie, la dottoressa Antonella Tognazzi?

FULVIO MUZZI. No, con lei avevamo un rapporto normale, non confidenziale come con David.

LUCA MIGLIORINO. Io ho visto una trasmissione su Rete4 del giornalista Pierangelo Maurizio, forse l'ha vista anche lei, c'era una piccola parte di intervista.

FULVIO MUZZI. Quella è l'unica volta che sono stato interpellato, era il giorno della festa dell'Arma dei carabinieri a Siena. Io stavo preparando e allestendo la festa dell'Arma. Avevo un problema all'Università per fare delle piccole riprese. È successa una cosa stranissima. Mio figlio mi chiama. Siccome il nostro operatore era impegnato da un'altra parte, in un'azienda, sentiamo se Canale 3, ossia la TV, possa prestarci un operatore per fare questo piccolo intervento. Questo signore è arrivato al mio negozio, l'hanno visto con la telecamera, pensavano fosse il cameraman che io avevo fissato. Lui mi ha atteso, io sono sceso dalla macchina. Avevo ancora i guanti, nella ripresa si vede benissimo, stavo andando a prendere del materiale perché iniziava la festa, e lui mi ha detto questo. Ma questa avventura io l'ho avuta in seguito a un'altra piccola avventura nei giorni precedenti, perché un altro signore di Siena mi aveva tagliato le gomme. Non posso fare il nome in questo momento. È stato scritto sulla macchina ed è stata fatta una denuncia. Presumevano che io avessi in mano cassette non so di cosa, di film, non lo so nemmeno io. Però mi è stata rigata la macchina, tagliata la gomma...

LUCA MIGLIORINO. Magari questo lo approfondiamo in seduta segreta dopo, presidente, se per lei va bene.

FULVIO MUZZI. Questa intervista è avvenuta dopo questo fatto. Dieci giorni fa mi sono trovato a Porta Pispini, ero fermo, e mi hanno battuto nella macchina. Era lo stesso giornalista. Ma lui stava passando da Siena. Una coincidenza assurda. E lui mi ha salutato. Non lo avevo riconosciuto. Ha fatto marcia indietro, mi ha urtato la macchina, è sceso e mi ha detto: «Sei Fulvio?». È stata una coincidenza pura e sacrosanta. Ci siamo salutati, abbiamo fatto il CID e tutto è finito.

LUCA MIGLIORINO. Quindi non ha avuto timore di dire: «Sono stato chiamato in Commissione».

FULVIO MUZZI. Non gli ho detto nemmeno niente. Non avevo da fare pubblicità. Non gli ho detto che ero stato chiamato.

LUCA MIGLIORINO. Lei però in questa intervista dice: «Precisamente l'ho visto alle 17.35».

Pag. 24

FULVIO MUZZI. Esatto, perché io sono uscito dal comune e l'orario per me è rimasto questo.

LUCA MIGLIORINO. Sì, perché uno dice: «Dal comune di piazza del Campo arrivo in cinque minuti...».

FULVIO MUZZI. Ci vogliono cinque minuti esatti. Possono essere 37-38, ma l'orario è quello.

LUCA MIGLIORINO. Ma non potevano essere le 18?

FULVIO MUZZI. No, è troppo tardi. Io sono uscito dal comune e ho trovato lui. Ora posso sbagliare i tre o quattro minuti, però mi è rimasta sempre questa cosa nella mente.

LUCA MIGLIORINO. David Rossi ha ricevuto una telefonata quando stava con lei?

FULVIO MUZZI. Ha voluto pagare il caffè lui, perché io scherzando ho detto al maresciallo: «Vieni». «No, Fulvio, devo andare in caserma».

LUCA MIGLIORINO. C'era pure il maresciallo con voi?

FULVIO MUZZI. No, il maresciallo era nella macchina. Siamo usciti e abbiamo trovato una macchina davanti.

LUCA MIGLIORINO. Vi siete fermati un attimo con lui.

FULVIO MUZZI. Un secondo, perché doveva andare via. L'unica cosa che mi ha lasciato è il foglio della pianta. Mi ha detto: «Sono impegnato, ho un po' di problemi, ci aggiorniamo per sabato mattina e sabato mattina facciamo questa cosa». Questo è stato il nostro incontro.

LUCA MIGLIORINO. Io le dico questo. Lei ci mette cinque minuti ad arrivare. Vi siete sentiti mediante telefonata col dottor Rossi. Era già programmato che dovevate vedervi oppure l'ha chiamato...

FULVIO MUZZI. Lui mi ha chiamato qualche minuto prima che io uscissi. Ho detto: «Io sto venendo via», per questo sono quasi sicuro. Ho detto: «Io fra qualche minuto sono in cima a Vallerozzi», e in cima a Vallerozzi c'è il bar.

LUCA MIGLIORINO. Quindi noi possiamo affermare che David Rossi la chiama, però non la chiama né dal suo cellulare e né dal suo ufficio, o almeno non da questi numeri. Non ha chiamato lei il dottor Rossi, è il dottor Rossi che ha chiamato lei.

FULVIO MUZZI. No, mi ha chiamato lui.

LUCA MIGLIORINO. E gli ha detto: «Ci vediamo giù al bar».

FULVIO MUZZI. «Ci prendiamo un caffè. Ti lascio la pianta». Ho preso un caffè, lui è risalito e io sono andato via.

LUCA MIGLIORINO. Benissimo. Non l'ha invitata nel suo ufficio?

FULVIO MUZZI. No. Io avevo altri impegni. Anche lui aveva degli impegni.

LUCA MIGLIORINO. Lui aveva degli impegni?

FULVIO MUZZI. Aveva degli impegni di lavoro.

LUCA MIGLIORINO. Chi è arrivato prima al bar? Se lo ricorda? Lei o David Rossi?

FULVIO MUZZI. Io, e lui scendeva giù dalla porta.

LUCA MIGLIORINO. Il bar qual è?

FULVIO MUZZI. Uscendo dalla Banca, gira a destra, a cinque metri c'è un bar sull'angolo, davanti alla rosticceria.

Pag. 25

LUCA MIGLIORINO. Ci sono molti posti a sedere in quel bar?

FULVIO MUZZI. C'è una mensola laterale a sinistra e mi pare un tavolino sulla destra.

LUCA MIGLIORINO. E voi dove avete preso il caffè?

FULVIO MUZZI. Appoggiati al banco abbiamo preso il caffè e siamo ritornati via.

LUCA MIGLIORINO. Quindi non è stato un incontro molto lungo.

FULVIO MUZZI. Velocissimo.

LUCA MIGLIORINO. È arrivato prima lei. L'ha visto quindi uscire dalla... Ora siamo al 6 marzo e piovigginava. Si ricorda se era così?

FULVIO MUZZI. Sì, quella sera nel vicolino pioveva. Ne sono sicuro al 100 per cento. Ora se pioveva alle 6 non lo ricordo. La sera in via De Rossi pioveva. Di questo sono sicurissimo.

LUCA MIGLIORINO. Anche se la mia cadenza non lo denota, io sono di Siena. Il 6 marzo fa un po' freddo a Siena. Ora arriva David Rossi. Voi come siete entrati nel bar? Non avete lasciato i giubbotti da qualche parte?

FULVIO MUZZI. No.

LUCA MIGLIORINO. Lui come era vestito?

FULVIO MUZZI. In giacca blu, come sempre.

LUCA MIGLIORINO. Giacca che vuol dire? Giubbotto o giacca?

FULVIO MUZZI. Una giacca normale.

LUCA MIGLIORINO. Blu?

FULVIO MUZZI. Blu, sì. Lui era sempre impeccabile.

WALTER RIZZETTO. Solo un inciso, se posso. Lei ricorda anche il colore della giacca?

FULVIO MUZZI. Giacca blu, lui ha sempre avuto la giacca blu.

WALTER RIZZETTO. Aveva la cravatta?

FULVIO MUZZI. Onestamente non ci ho fatto caso. Non me lo ricordo.

WALTER RIZZETTO. Però tutti lo dipingono come una persona molto elegante, oltre che precisa. Quindi probabilmente le persone che lo incontrarono quella giornata, la persona che abbiamo ascoltato prima o lei, forse si sarebbero stupite del contrario, cioè del fatto che lui non indossasse la cravatta. È corretto quello che dico?

FULVIO MUZZI. Le giuro, non me lo ricordo. Ma non ci ho nemmeno fatto caso, perché lui stava scendendo, io ero fermo davanti alla colonna, abbiamo preso questo caffè e via. Non ho fatto caso alla cravatta.

LUCA MIGLIORINO. Una giacca blu. La cravatta invece poteva essere un po' particolare. Questo è un particolare molto importante, perché la giacca trovata nell'ufficio del dottor Rossi è grigia. Diciamo che vi siete incontrati e avete preso questo caffè, ed è stato un po' veloce da quello che ha detto. Però in questa intervista, che io ho cercato di seguire molto bene, lei dice che ha parlato di dover installare il sistema audio vicino al camino. Sì, è stato veloce, però non proprio «bevo e me ne vado». Avete un attimo discusso, cioè parlato?

FULVIO MUZZI. No, mentre prendevamo il caffè gli ho detto: «David, sono cinque parole da fare. Predisponiamo.» «Ma non ho tanti soldi da spendere». «Predisponiamo, mettiamo i tubi e intanto vediamo dove mettere sia il monitor che l'home theatre». Ho detto solo queste parole.Pag. 26 «Lo facciamo sabato mentre lo vediamo». Finito.

LUCA MIGLIORINO. Perfetto. Lei aveva altri modi di contatto del dottor Rossi? Siamo nel 2013. Io ho un centro di informatica. Whatsapp era un po' forse agli albori o neanche si usava. Lei aveva modo di scrivere mediante Facebook, altri messaggi, altri social network, o utilizzava SMS e chiamate col dottor David Rossi?

FULVIO MUZZI. Qualche SMS sì, ma per esempio: «Mi mandi la password, perché me la sono scordata?».

LUCA MIGLIORINO. La password di quale e-mail?

FULVIO MUZZI. No, del Wi-Fi della casa che aveva ad Abbadia. E puntualmente, siccome non ci andava tutti i giorni, quando arrivava il sabato, si dimenticava la password.

LUCA MIGLIORINO. Mica si ricorda se era Libero Mail, Alice?

FULVIO MUZZI. Nel posto dell'Abbadia era stata portata da una rete privata.

LUCA MIGLIORINO. Era Rete IVO.

FULVIO MUZZI. Rete IVO.

LUCA MIGLIORINO. Lei sapeva se il dottor David Rossi utilizzava dei social network? Lei comunque non ha mai comunicato con lui in questo modo?

FULVIO MUZZI. No.

LUCA MIGLIORINO. Quando riceve quella telefonata, vede il nome del dottor Rossi sul suo display più o meno oppure lei risponde e sa che è il dottor Rossi?

FULVIO MUZZI. Io rispondo normalmente. Onestamente non mi ricordo se mi chiamava dall'interno o no.

LUCA MIGLIORINO. Non ha guardato se la chiamava con un altro numero.

FULVIO MUZZI. Mi capita di rispondere a cento chiamate al giorno e non ho guardato se era il suo, se era la Banca o se mi chiamava dal centralino, sinceramente.

LUCA MIGLIORINO. Quindi lei è stato nella casa del dottor Rossi, quella di via Garibaldi, per montare il Wi-Fi?

FULVIO MUZZI. No. In via Garibaldi abbiamo montato il televisore, non mi ricordo quando e in che precisione. Abbiamo portato il tapis roulant. Ci sono stato per vari interventi, però non mi posso ricordare...

LUCA MIGLIORINO. In quella dell'Amiata invece quando ci è andato? Comunque ci è andato.

FULVIO MUZZI. Abbiamo messo le antenne, abbiamo messo i ripetitori...

LUCA MIGLIORINO. Lei è andato anche dopo la morte del dottor Rossi nella casa dell'Amiata?

FULVIO MUZZI. No. Ci doveva andare qualcuno per smontare, perché la signora aveva parlato con mio figlio, mi pare, a quel tempo per poter rismontare il materiale, però non mi ricordo chi ci è andato, se ci è andato un operaio mio o se ci è andato un operaio direttamente di Rete IVO che era su per lavoro. Però onestamente non mi ricordo chi.

LUCA MIGLIORINO. Diciamo che era stato contattato, mediante suo figlio, dalla dottoressa Tognazzi.

FULVIO MUZZI. Sì, per levare quella roba perché non veniva più adoperata, per togliere l'antenna, per cessare l'abbonamento che aveva attivo.

LUCA MIGLIORINO. Quando lei quella sera incontra il dottor Rossi, le ha detto che doveva parlare con qualcuno?

Pag. 27

FULVIO MUZZI. No.

LUCA MIGLIORINO. È una domanda un po' forte, ovviamente gliela devo fare: lei non ha detto al dottor Rossi che doveva incontrare qualcuno quella sera o qualcuno gli aveva detto: «Di' al dottor Rossi di vederci...»?

FULVIO MUZZI. No.

LUCA MIGLIORINO. Io, presidente, poi dovrei fare delle domande in seduta segreta. Non so se gli altri colleghi vogliono fare altre domande in pubblica.

PRESIDENTE. Proseguiamo con l'onorevole Borghi.

CLAUDIO BORGHI. Voi siete in questo bar e arriva la macchina dei carabinieri.

FULVIO MUZZI. Mentre stiamo uscendo, c'è una strada... Si passa davanti alla macchina dei carabinieri.

CLAUDIO BORGHI. E ovviamente non è un posto dove circolano abitualmente le macchine. Quindi arriva la macchina, si nota l'anomalia.

FULVIO MUZZI. È una combinazione, succede spesso.

CLAUDIO BORGHI. Lei si ricorda che David Rossi, all'avvicinarsi di questa macchina dei carabinieri, aveva avuto una reazione, come se fosse spaventato?

FULVIO MUZZI. No. La macchina stava transitando piano perché c'era il pubblico. Io ho fatto la battuta al maresciallo. Scherzando, lui ha risposto alla battuta del maresciallo, ma battute proprio scherzose.

CLAUDIO BORGHI. Non le è parso che fosse spaventato?

FULVIO MUZZI. No.

CLAUDIO BORGHI. Altra cosa: nella sua attività vende anche telefoni?

FULVIO MUZZI. Come no!

CLAUDIO BORGHI. Non ne ha mai venduti a David Rossi?

FULVIO MUZZI. Sicuramente sì. Francamente io non seguo la vendita al banco. Nei primi anni dei cellulari noi abbiamo fornito anche per la Banca stessa un tot di attivazioni, circa 3-4 mila attivazioni, per tutti gli uffici della Banca. Poi se David, in amicizia, veniva a comprare il cellulare, francamente al banco non ci sto. Ci sono altri colleghi, questo non glielo potrei dire.

CLAUDIO BORGHI. Però quindi è possibile che se era in possesso di un telefono non direttamente preso da...

FULVIO MUZZI. Poteva anche essere che l'avesse comprato al negozio. Però onestamente di questa cosa non le saprei dare una risposta perché, ripeto, aveva un carattere molto particolare. Se faceva una cosa sua personale, il giorno dopo doveva essere tutto sistemato e doveva essere a posto. Ma questo sempre. David era molto preciso in queste cose.

CLAUDIO BORGHI. Scusi, lei l'ha visto uscire. Si ricorda se aveva l'ombrello?

FULVIO MUZZI. No, io ero senza ombrello.

CLAUDIO BORGHI. Quindi forse non pioveva ancora.

FULVIO MUZZI. Per me no, per me non pioveva. A quell'ora non pioveva.

CLAUDIO BORGHI. Poi l'ha visto rientrare?

FULVIO MUZZI. Dal bar non si vede la porta del Monte, perché si gira a destra, c'è l'angolo dove c'è il bancomat. Non ho fatto caso se lui rientrava dalla porta a sinistra o a destra. Questo non l'ho visto. È uscito dalla porta centrale, di questo sono sicuro.

Pag. 28

CLAUDIO BORGHI. Si ricorda se, quando avete preso il caffè, magari ha notato se aveva qualche taglio in faccia o qualcosa del genere?

FULVIO MUZZI. No, sennò avrei fatto una battuta.

CLAUDIO BORGHI. Prima di quella volta, si ricorda quando l'aveva visto?

FULVIO MUZZI. Non vorrei far confusione, pertanto non lo ricordo. Direi una bugia. Ci siamo visti qualche giorno prima per il colore di alcune magliette che erano state fatte per la società, arancioni, bianche e nere. Se le dovessi dire se erano cinque giorni o era un mese direi una bugia, non me lo ricordo. Ci siamo sentiti telefonicamente sempre per il problema della casa, questo sì. Mi aveva chiamato e gli ho detto: «Fermo, prima di far chiudere tutto vediamoci, prepararmi la pianta». In passato, alcuni giorni prima ci eravamo risentiti per passare a prendere questa pianta.

CLAUDIO BORGHI. Quindi c'era la pianta per questo famoso home theatre che avrebbe dovuto essere predisposto, perché lui le aveva detto: «Pensiamo dopo all'home theatre, però magari predisponiamo». Quindi non è che ha detto: «Non facciamo niente».

FULVIO MUZZI. No, sono stato io che ho detto: «Predisponiamo i tubi». Dopo la posa del pavimento sarebbe stato complicato.

CLAUDIO BORGHI. Però diciamo che, a sua impressione, era come è sempre stato.

FULVIO MUZZI. Uguale. Di poche parole. Per me era uguale. Non posso dire se era psicologicamente confuso.

CLAUDIO BORGHI. Quando vi incontravate, vi davate la mano?

FULVIO MUZZI. No, lui rimaneva sempre sulle sue.

CLAUDIO BORGHI. Va bene. Vorrei intervenire di nuovo in seduta segreta. Grazie.

PRESIDENTE. Onorevole Ferri.

COSIMO FERRI. Tante sono domande che ha già fatto l'onorevole Borghi, quindi non voglio ripeterle, però per puntualizzare. Siccome lei forse è l'ultima persona che ha visto Rossi prima del tragico episodio, le sue sensazioni sono importanti, quindi le chiedo un ulteriore sforzo, anche se sono domande in parte ripetitive. Può ripetere l'orario in cui vi incontrate? Lo ha detto già tante volte.

FULVIO MUZZI. Intorno alle 17.30-17.35. Mi è rimasto nella mente.

COSIMO FERRI. Lo ha già detto, però le chiedo di ripetermelo perché mi aiuta nel fare la domanda. La chiama Rossi o è lei che chiama Rossi?

FULVIO MUZZI. No, io sono stato chiamato e gli ho detto: «Sono in comune».

COSIMO FERRI. E vi date appuntamento in questo bar dove poi incontrate il maresciallo.

FULVIO MUZZI. Ci troviamo davanti. «Sto salendo, tre minuti e sono fuori». «Anche io».

COSIMO FERRI. Ha risposto all'onorevole Borghi dicendo: «No, ma mi sembrava normale, come tutte le volte, di poche parole». Ma siccome l'oggetto dell'incontro è anche, mi pare, questo impianto che dovevate realizzare...

FULVIO MUZZI. C'erano poche cose da dire. Non c'era da scegliere l'impianto. C'era da scegliere come predisporre l'impianto.

COSIMO FERRI. Esatto. Però lui si preoccupava con lei, per esempio, di concordare le modalità di pagamento?

Pag. 29

FULVIO MUZZI. No, non c'era da concordare nulla. C'era da predisporre una struttura, da mettere dei tubi.

COSIMO FERRI. Le ha dato l'idea di voler programmare un lavoro, cioè di voler...

FULVIO MUZZI. Mi perdoni, se io devo preparare una struttura, dopo compro l'impianto. Devo preparare una struttura, poi ci mettiamo qualunque marca vogliamo mettere.

COSIMO FERRI. Quindi gli ha solo detto della struttura.

FULVIO MUZZI. Io gli ho detto della struttura e lui mi ha portato la pianta.

COSIMO FERRI. Poi gli ha detto: «Ci rivediamo per i passaggi successivi»?

FULVIO MUZZI. Passa del tempo tecnico per poter fare la struttura. Poi c'è il tempo per parlare. Parliamo di cinque anni dopo. Sa quante cose cambiano in cinque anni? Può darsi che i tubi non ci siano più, che i fili non ci vogliano e si fa tutto Wi-Fi.

COSIMO FERRI. Quindi solo sulla struttura. E lei sulla struttura doveva dare un parere tecnico?

FULVIO MUZZI. Dove posizionare, a che altezza, dove mettere la cassa, il centrale... Si doveva far dare... per poter mettere le tubazioni interne.

COSIMO FERRI. E lui ha ricevuto telefonate mentre eravate insieme?

FULVIO MUZZI. A me sembra di no. Le posso garantire che è stato un caffè anche molto veloce, abbastanza rapido. Saremmo stati insieme sei o sette minuti massimo.

COSIMO FERRI. Va bene.

PRESIDENTE. Onorevole Rizzetto.

WALTER RIZZETTO. In estrema sintesi, rispetto a quello che lei ha detto, conoscendo Rossi da tempo, essendo anche amici, pur lui mantenendo molto spesso questo carattere un po' asettico rispetto ai rapporti – era il suo carattere molto probabilmente – considerato che lei pare sia stata l'ultima persona che ha visto in vita David Rossi, perlomeno fuori dalla Banca, e considerato il fatto, presidente, che se una persona ha istinti suicidari non li decide molto probabilmente l'ultima ora e mezza o l'ultima ora, in un momento, lei non ha notato nulla che potesse ricondurre al fatto che Rossi si sarebbe suicidato qualche ora dopo?

FULVIO MUZZI. Per mia capacità di intendere e di volere no.

WALTER RIZZETTO. Io non voglio dire nulla rispetto al fatto che si sia ucciso o che sia stato ucciso. Noi qui stiamo cercando di capire, come lei sa. A me sembra paradossale il fatto che una persona che si uccide poche ore dopo parli del suo home theatre, della predisposizione dello stesso in una casa. Le ha portato la piantina, probabilmente.

FULVIO MUZZI. Una fotocopia in A3 della piantina.

WALTER RIZZETTO. Quando ha saputo della notizia, e mi sembra che siano stati i carabinieri che l'hanno avvisata, hanno detto: «David è morto». Non hanno detto: «Si è suicidato», ma hanno detto: «È morto». Giusto?

FULVIO MUZZI. In quel momento francamente quello che mi ha detto non me lo ricordo.

WALTER RIZZETTO. Lei dopo si è recato nel vicolo?

FULVIO MUZZI. Sì.

WALTER RIZZETTO. Ha incontrato qualcuno? Ha parlato con qualcuno? Ci descrive brevemente la scena che ha visto?

Pag. 30

FULVIO MUZZI. Ho trovato la signorina Chiara che c'era qui, che noi conoscevamo. Della Banca, dell'Ufficio Comunicazione, c'erano due donne. Non so se ho trovato Chiara o se ho trovato l'altra. I nomi non li ricordo. Ho trovato loro, poi ho trovato altre persone, conoscenti. Ora i nomi precisi non me li ricordo. Dopo è arrivata anche Chiara, ne sono sicuro, perché lei non abita a Siena. Lei non è di Siena, però so che aveva una casa a Siena. Più tardi è arrivata anche Chiara. Ci siamo abbracciati. Però poi c'era tanta altra gente. Ho visto il fratello. Di persone ne ho viste tantissime, però chi c'era in quel momento non glielo posso dire.

WALTER RIZZETTO. Però l'impressione di quel momento, dei giorni seguenti, delle persone anche vicine al dottor Rossi, era che si fosse veramente buttato volontariamente dalla finestra?

FULVIO MUZZI. Un attimo, cerco come si chiama la signora. Questa si chiama Chiara Galgani e l'altra si chiama... Carlotta Bati.

WALTER RIZZETTO. Quindi lei abbraccia la Galgani...

FULVIO MUZZI. Prima ho trovato Carlotta Bati che lavorava all'Ufficio comunicazione, eventi. Chiara me la ricordo. L'ho salutata anche ora, l'ho vista anche ora. E tante altre persone. Però onestamente chi c'era non me lo ricordo.

WALTER RIZZETTO. Più o meno a che ora, quando pensa che sia arrivata Chiara?

FULVIO MUZZI. Le ripeto, io sono arrivato, c'erano i carabinieri, i pompieri, c'era di tutto, la pubblica assistenza, c'era il mondo in un vicolo molto piccolo. Io sono arrivato. La salma era chiusa perché mi pare ci fosse un mezzo della Misericordia blu insieme all'ambulanza. C'erano già alcune televisioni locali. Mi ricordo di aver visto le telecamere, erano a dieci metri. Quando sono arrivato Carlotta Bati c'era già, mi pare. A giudizio mio c'era già, mi pare di averla salutata per prima. Io stavo venendo da quel vicolino e ci siamo salutati. Poi altre persone non me le ricordo.

WALTER RIZZETTO. Nella sua attività ha mai svolto lavori per la Banca all'interno dell'istituto?

FULVIO MUZZI. Sì. Quando c'era l'organizzazione di certi eventi, lui era molto preciso. Alla parte finale lui voleva essere presente. Quando è stata fatta la presentazione del vino, quando sono stati fatti vari eventi, lui voleva essere aggiornato di quello che veniva fatto e come veniva fatto.

WALTER RIZZETTO. Prima diceva che aveva un locale anche lei a Siena?

FULVIO MUZZI. No, nei tempi precedenti avevamo una discoteca che si chiamava Club 72, che era sita dentro la contrada della Lupa.

PRESIDENTE. Onorevole D'Orso.

VALENTINA D'ORSO. Grazie intanto per la disponibilità e per i contributi. Solo un chiarimento. Ritorno purtroppo sempre sull'orario dell'incontro, ma in realtà per noi c'è un motivo.

FULVIO MUZZI. È sempre lo stesso!

VALENTINA D'ORSO. Lo so che è sempre lo stesso. Ho capito che è cristallizzato, però vorrei comprendere solo perché lei ha questa certezza.

FULVIO MUZZI. Perché mi è rimasto, dopo l'evento che è successo, come se fosse successa una cosa...

VALENTINA D'ORSO. Ma lei guardò l'orologio uscendo dal comune?

FULVIO MUZZI. Quando mi ha chiamato e mi ha detto: «Guarda, sto venendo via dal comune» mi è rimasto marcato. Io non mi ricordo nomi, non mi ricordo nulla per abitudine, però questa è una cosa che mi è rimasta dopo l'evento successo.

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VALENTINA D'ORSO. Perché lei ha guardato l'orologio.

FULVIO MUZZI. Lui mi ha detto: «Sono le 17.30, vengo via dal comune». Quanto ci ho messo? 17.35-17.40, posso sbagliare di qualche minuto.

VALENTINA D'ORSO. Ricorda l'orario perché ha consultato l'orologio per darvi l'appuntamento; non per altro, non per la chiusura dell'ufficio magari da dove stava uscendo lei. Per capire se era deduzione o un ricordo netto.

PRESIDENTE. Se non ci sono altre domande nella parte pubblica, propongo di passare in seduta segreta.

(Così rimane stabilito. I lavori della Commissione proseguono in seduta segreta indi riprendono in seduta pubblica).

PRESIDENTE. Ringrazio l'audito e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16.20.