XVIII Legislatura

III Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 14 di Giovedì 29 luglio 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fassino Piero , Presidente ... 3 

Audizione della Viceministra degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Marina Sereni, sulla recente evoluzione della situazione a Cuba, Haiti, in Nicaragua e Venezuela (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Fassino Piero , Presidente ... 3 
Sereni Marina , Viceministra degli Affari esteri e della cooperazione internazionale ... 3 
Fassino Piero , Presidente ... 10 
Sereni Marina , Viceministra degli Affari esteri e della cooperazione internazionale ... 10 
Fassino Piero , Presidente ... 10 
Boldrini Laura (PD)  ... 11 
Fassino Piero , Presidente ... 11 
Boldrini Laura (PD)  ... 11 
Orsini Andrea (FI)  ... 11 
Formentini Paolo (LEGA)  ... 12 
Fassino Piero , Presidente ... 12 
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 12 
Delmastro Delle Vedove Andrea (FDI)  ... 13 
Fassino Piero , Presidente ... 13 
Sereni Marina , Viceministra degli Affari esteri e della cooperazione internazionale ... 13 
Fassino Piero , Presidente ... 14

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Coraggio Italia: CI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-L'Alternativa c'è: Misto-L'A.C'È;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento ADC: Misto-NcI-USEI-R-AC;
Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-MAIE-PSI: Misto-MAIE-PSI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
PIERO FASSINO

  La seduta comincia alle 14.55.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  L'odierna audizione sarà svolta consentendo la partecipazione da remoto dei deputati secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento nella riunione del 4 novembre scorso.

Audizione della Viceministra degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Marina Sereni, sulla recente evoluzione della situazione a Cuba, Haiti, in Nicaragua e Venezuela.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione della Viceministra degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Marina Sereni, sulla recente evoluzione della situazione a Cuba, Haiti, in Nicaragua e Venezuela, che è stata sollecitata sulla base delle criticità che sono maturate in questi Paesi.
  All'ordine del giorno della nostra Commissione ci sono risoluzioni relative sia a Cuba sia al Nicaragua e per questo motivo l'audizione è quantomeno opportuna e utile in funzione di quello che dovremmo deliberare.
  Qui mi fermo, non faccio altre valutazioni iniziali per non perdere ulteriormente tempo e do la parola all'onorevole Sereni.

  MARINA SERENI, Viceministra degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Grazie presidente. Onorevoli colleghi, innanzitutto rivolgo al presidente Fassino il mio ringraziamento per la costante attenzione che questa Commissione dedica all'America Latina e ai Caraibi, una regione ricca di risorse e di potenziale e relativamente stabile nel contesto globale, ma anche colpita duramente dalla pandemia, che si è inserita quale fattore dirompente in una preesistente situazione socioeconomica, e in alcuni casi anche politica, caratterizzata da numerose fragilità: la debolezza istituzionale, elevati tassi di corruzione, penetrazione degli apparati statali e politici da parte della criminalità organizzata, insicurezza diffusa, elevata disuguaglianza sociale e scarsi livelli di integrazione regionale.
  Non sorprende, dunque, il protrarsi e l'acuirsi delle crisi di cui oggi ci occupiamo, concentrate nell'America centrale e caraibica, regione in cui il deficit democratico e istituzionale è cronico.
  Si tratta di situazioni che minano o rischiano di minare la democrazia e lo stato di diritto e che in alcuni casi sfociano in pericolose derive segnate da violazioni e abusi dei diritti umani. La Farnesina vi presta costante attenzione, in strettissimo raccordo con i partner europei.
  In Nicaragua da tre anni è in atto una crisi sociopolitica molto grave. Il binomio autoritarismo politico-stabilità economica, che aveva caratterizzato l'Esecutivo guidato da Ortega per un decennio, si è interrotto bruscamente nell'aprile 2018 con le violente manifestazioni di piazza che hanno coinvolto soprattutto giovani e studenti e che hanno suscitato una repressione brutale Pag. 4 e ramificata da parte della Polizia e di gruppi paramilitari filogovernativi. Infatti, vi sono stati oltre trecento vittime, arresti arbitrari e sparizioni forzate. Questa situazione è culminata con la decisione delle autorità nicaraguensi di revocare lo status legale a numerose organizzazioni della società civile e di chiudere gli uffici dell'Alto Commissario per i diritti umani e della Commissione interamericana dei diritti umani a Managua.
  La situazione era e resta critica, con il Governo Ortega saldamente al potere e artefice di una perdurante e diffusa repressione del dissenso. Tra il 2020 e l'inizio del 2021 le autorità nicaraguensi hanno adottato misure fortemente restrittive e limitative dei diritti civili e politici; in particolare, la legge sulla regolamentazione degli agenti stranieri, la legge speciale sulla criminalità informatica, la legge che introduce l'ergastolo per i crimini ispirati dall'odio e la legge sulla difesa dei diritti del popolo all'indipendenza, alla sovranità e all'autodeterminazione per la pace.
  Il 7 novembre 2021 si svolgeranno le elezioni presidenziali, che alla luce degli eventi in corso difficilmente potranno essere definite trasparenti, libere ed effettivamente democratiche.
  Il 4 maggio scorso l'Assemblea nazionale del Nicaragua ha approvato la riforma della legge elettorale elaborata dal Partito sandinista e tarata sugli obiettivi di permanenza al potere del Presidente Ortega. Ciò rappresenta un ulteriore ostacolo per l'auspicato percorso inclusivo e trasparente in vista delle prossime consultazioni elettorali.
  Tra i numerosi aspetti critici della nuova legge, che destano preoccupazione, spiccano: la perdita della personalità giuridica da parte delle forze politiche che non conseguono almeno il 4 per cento alle elezioni e l'ineleggibilità dei candidati – verosimilmente dell'opposizione – che abbiano invocato sanzioni contro il Paese o il Governo per le ripetute e diffuse violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Questa riforma ha aperto la strada, tra maggio e giugno scorsi, ad un ulteriore peggioramento del quadro politico nicaraguense. Un solo partito di opposizione, l'alleanza Cittadini per la libertà, sembra essere al momento autorizzato a competere alle prossime elezioni e l'avvio di una nuova campagna repressiva, che questa volta si è caratterizzata per una serie di arresti mirati, che hanno colpito numerosi esponenti dell'opposizione che avrebbero potuto partecipare alle prossime elezioni come candidati presidenziali nonché giornalisti ed ex guerriglieri un tempo vicinissimi a Ortega. Per tutti le accuse sono di aver ricevuto fondi e istruzioni da potenze straniere, di aver complottato per rovesciare il regime, di aver avuto un ruolo nell'organizzazione degli eventi del 2018 e di invocare sanzioni internazionali contro il Paese.
  L'ondata di arresti è stato oggetto di una dura presa di posizione dell'Alto Rappresentante della UE il 10 giugno ultimo scorso, che ha enfatizzato il grave deterioramento della situazione politica in Nicaragua. La maggior parte dei detenuti si trova in carcere da oltre un mese senza contatti con i familiari, in diversi casi senza contatti con gli avvocati e in alcuni casi senza che sia nemmeno stato possibile conoscere il luogo della carcerazione. Poco si sa, quindi, delle condizioni fisiche dei detenuti e dell'andamento delle indagini.
  Ad oggi ben sette su nove precandidati alle prossime elezioni presidenziali risultano essere in stato di fermo, alcuni ai domiciliari ed altri in carcere.
  Da ultimo, a pochi giorni dall'apertura del periodo ufficiale di registrazione dei candidati presidenziali, dal 28 luglio al 2 agosto, sono stati posti agli arresti domiciliari il politologo e attivista José Antonio Peraza e il precandidato Noel Vidaurre. Nelle stesse ore è stato arrestato anche un giornalista molto noto, Jaime Arellano, ed è stato annunciato un giro di vite da parte delle autorità sulle attività di molte ong che operano nel settore medico. Sarebbero in fase di revoca le personalità giuridiche di ventiquattro ong che operano nel settore della salute. Sembra che il regime stia puntando ora la sua azione contro quei settori della società civile – ong e giornalisti indipendenti – che potrebbero comunicare all'esterno del Paese la gravità degli Pag. 5eventi che hanno luogo e che avranno luogo nei prossimi tre mesi.
  Sulla situazione in Nicaragua si è espressa anche l'OSA (Organizzazione degli Stati americani). Il Consiglio ha approvato il 15 giugno scorso una risoluzione di condanna nei confronti del Governo di Daniel Ortega. La risoluzione esprime la grave preoccupazione per le mancate riforme elettorali coerenti con gli standard internazionali volti a garantire che le consultazioni presidenziali siano libere ed eque. L'OSA ha altresì condannato gli arresti e le restrizioni arbitrarie imposte ai precandidati presidenziali, ai partiti politici e ai mezzi di comunicazione indipendenti e ha chiesto il rilascio immediato dei precandidati e di tutti i prigionieri politici.
  La risoluzione, inoltre, ha sollecitato «fortemente» il Governo nicaraguense ad approvare senza indugio i provvedimenti legislativi e di altro tipo finalizzati a promuovere elezioni trasparenti, libere ed eque e ad accogliere missioni di osservazione elettorale internazionali, inclusa quella della stessa OSA.
  Il 22 giugno scorso la Presidente della Commissione interamericana per i diritti umani, Antonia Urrejola Noguera, ha svolto un intervento al Consiglio permanente dell'OSA sottolineando le persecuzioni politiche in atto in Nicaragua e le violazioni dei diritti umani nel Paese. Anche la Corte interamericana dei diritti umani ha chiesto al Nicaragua la liberazione immediata degli arrestati.
  Gli Stati Uniti, che già all'indomani della crisi del 2018 avevano adottato un robusto pacchetto di sanzioni individuali, quali il divieto di viaggio e il congelamento dei beni, hanno allargato in luglio la lista degli individui oggetto di sanzione e deciso restrizioni all'accesso delle istituzioni finanziarie internazionali da parte delle autorità nicaraguensi.
  Sin dall'inizio della crisi l'Italia si è fortemente impegnata, specialmente in ambito europeo, per monitorare l'evolversi degli eventi, anche grazie all'azione della nostra Ambasciata a Managua e per condannare ogni forma di violenza e di repressione perpetrata contro i dimostranti e gli esponenti della società civile.
  A tale fine l'Italia ha contribuito di concerto con gli altri Stati membri all'approvazione al Consiglio Affari esteri del 14 ottobre 2019 di un quadro giuridico che istituisce un regime sanzionatorio nei confronti del Nicaragua. Esso prevede divieti di viaggio e il congelamento dei beni nei confronti di esponenti del regime macchiatisi di gravi violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Ciò anche al fine di esercitare la massima pressione sui vertici governativi, nel tentativo di riportarle al tavolo negoziale con le opposizioni e di ottenere il rispetto degli accordi già presi soprattutto per ciò che attiene al ripristino delle libertà fondamentali nel Paese e al ritorno degli organismi internazionali di monitoraggio dei diritti umani. A maggio 2020 sei nominativi di funzionari di medio livello nicaraguensi sono stati inseriti nella lista dei destinatari di misure restrittive individuali ed è attualmente in discussione l'opportunità di ampliare tale lista.
  In ambito OSA l'Italia ha finanziato il gruppo interdisciplinare di esperti indipendenti, frutto di un accordo tra Nicaragua e OSA, che ha pubblicato un rapporto a dicembre 2018 contenente molte raccomandazioni non attuate dalle autorità nicaraguensi. A dicembre 2018 il gruppo ha dovuto comunque lasciare il Nicaragua a seguito della decisione di Managua di non rinnovare l'accordo con l'OSA.
  L'Italia ha svolto un ruolo attivo e propositivo anche nell'ambito del Consiglio dei diritti umani dell'ONU. Durante la quarantaseiesima sessione del Consiglio svoltasi tra febbraio e marzo 2021, l'Italia ha nuovamente sostenuto con forza la risoluzione che assicura il mantenimento del Nicaragua tra i Paesi sotto monitoraggio, richiedendo all'Alta Commissario ONU Bachelet di aggiornare il Consiglio sugli sviluppi nel Paese, incluso il processo elettorale.
  Per quanto riguarda Haiti, il Paese più povero di quest'area del mondo e con profonde criticità socioeconomiche, oltre che politiche, occorre a mio avviso prendere l'avvio dall'assassinio del Presidente Jovenel Pag. 6 Moïse, avvenuto nella sua residenza nella notte tra il 6 e il 7 luglio scorsi. Si tratta di un evento dalle circostanze ancora poco chiare, che vede coinvolti mercenari colombiani transitati per la Repubblica Dominicana e oscuri attori haitiani che dall'estero, per ragioni ancora ignote, avrebbero tramato per eliminare il Capo dello Stato che negli ultimi mesi era entrato in contrapposizione con alcuni ambienti economici.
  Unanimi sono state le condanne dell'assassinio di Moïse a livello internazionale. Il Consiglio di sicurezza dell'ONU, come pure il Consiglio dell'OSA, hanno immediatamente condannato l'attentato e hanno rivolto un appello a tutte le parti politiche ad astenersi da atti di violenza e a mantenere la calma.
  Da parte dell'UE, l'Alto Rappresentante Josep Borrell ha dichiarato che l'assassinio di Moïse contribuisce ad aumentare l'instabilità nel Paese e rischia di alimentare ulteriormente la spirale di violenza in cui Haiti si trova da tempo.
  Vi è una forte sintonia di vedute tra Bruxelles e Washington sull'importanza che il Paese mantenga l'obiettivo di indire elezioni parlamentari e presidenziali entro la fine dell'anno.
  L'assassinio del presidente Moïse, occorso in un contesto politico, istituzionale economico e sociale già di per sé molto precario, ha reso ancora più incerte le prospettive legate ai prossimi appuntamenti elettorali e al processo di riforma costituzionale solo avviato.
  Ad aggravare la situazione istituzionale all'indomani dell'assassinio di Moïse vi era anche un altro rilevante fattore, ossia la contesa tra due pretendenti alla carica di Primo Ministro: da una parte, Claude Joseph, Primo Ministro ad interim da metà aprile, quando aveva sostituito il Premier Jouthe in carica da marzo dello scorso anno; dall'altra, Ariel Henry, nominato da Moïse nuovo Primo Ministro il 5 luglio con l'incarico di avviare un dialogo ed allargare il consenso politico soprattutto per il suo progetto di riforma costituzionale; tuttavia, Henry non aveva ancora potuto giurare.
  Gli Stati Uniti, preoccupati per la precarietà della situazione ad Haiti, si sono subito attivati per prevenire derive violente nel Paese, dando priorità al mantenimento della stabilità politica e sociale, nonché all'avvio di un dialogo politico volto alla creazione di un Governo di ampia convergenza, in grado di scongiurare un possibile vuoto di potere e l'aggravamento delle condizioni generali di sicurezza.
  Su quest'ultimo punto gli Stati Uniti hanno subito messo a disposizione funzionari dell'FBI (Federal Bureau of Investigation) e del Department of homeland security, assicurando anche l'ampliamento del sostegno alla Polizia nazionale di Haiti.
  Sulla scia dell'azione avviata da Washington, il Core Group Haiti, composto da rappresentanti delle Nazioni Unite, dell'OSA e da alcuni Ambasciatori si è dichiarato a favore di un Governo consensuale ed inclusivo, guidato dal Primo Ministro designato Ariel Henry. La dichiarazione, inizialmente accolta da alcuni ambienti politici haitiani di opposizione come un'interferenza nel processo di consultazione in atto, sembra comunque aver favorito l'accordo fra Claude Joseph e Ariel Henry con quest'ultimo che, insediatosi alla guida del nuovo Esecutivo il 20 luglio scorso, dovrebbe auspicabilmente condurre il Paese alle elezioni.
  Signor presidente e cari colleghi, particolarmente delicata è poi la situazione che riguarda Cuba. L'11 luglio si sono svolte in numerose città manifestazioni di protesta con ampia partecipazione della popolazione. Si è trattato delle dimostrazioni più significative dal 1994 quando, durante la fase più dura del periodo especial, i cubani scesero in strada, specialmente a L'Avana, spinti dalle privazioni imposte dalla crisi economica scoppiata dopo il crollo dell'Unione Sovietica.
  Alla base delle proteste vi sarebbero diversi fattori, tutti ugualmente preoccupanti: la grave crisi economica, aggravata dal superamento della doppia circolazione monetaria a gennaio del 2021, che ha di fatto comportato la dollarizzazione dell'economia cubana e un drastico aumento dei prezzi, anche dei beni di prima necessità, Pag. 7non più sussidiati dallo Stato; le continue interruzioni nell'erogazione di energia elettrica e la carenza di generi alimentari; l'impennata dei contagi da COVID-19 che sta mettendo in crisi il sistema sanitario, nonostante l'intensificarsi della campagna vaccinale basata su sieri di produzione nazionale.
  La reazione delle autorità è stata immediata. Lo stesso 11 luglio dopo essersi recato a San Antonio de los Baños, epicentro della protesta, il Presidente Díaz-Canel è intervenuto in tv con un discorso molto duro incentrato sulle accuse alla mafia cubano-americana di aver ispirato e finanziato le proteste. Díaz-Canel ha chiamato tutti i rivoluzionari a riprendere il controllo della piazza, cosa che si è immediatamente concretizzata con manifestazioni filogovernative organizzate dall'apparato del Partito comunista cubano e appoggiate, anche con interventi piuttosto duri sui manifestanti, da una massiccia presenza delle forze dell'ordine, inclusi i corpi antisommossa.
  La massiccia presenza sui media di esponenti del Governo e dello stesso Capo dello Stato è continuata anche nei giorni successivi, con l'obiettivo di insistere su due punti fondamentali della crisi: la responsabilità degli Stati Uniti per l'embargo e per le campagne di diffamazione via social network e l'azione di «gruppuscoli» di controrivoluzionari e mercenari che, sotto la regia di Washington, tenterebbero di sovvertire l'ordine costituito e di mettere a repentaglio l'indipendenza dell'isola.
  La situazione sembra essere tornata ora più calma. Il bilancio degli scontri riporta la morte di un manifestante – notizia confermata dal Ministero dell'Interno – e l'arresto di circa centottanta persone, tra le quali figurano alcuni noti attivisti dei diritti umani come José Daniel Ferrer, Manuel Cuesta Morúa e Luis Manuel Otero Alcàntara e giornalisti come Camilla Costa, collaboratrice cubana del quotidiano spagnolo Abc, della quale il nuovo Ministro degli Esteri spagnolo, José Manuel Alvarez, ha chiesto il rilascio.
  Tra le principali dichiarazioni sulla situazione a Cuba si segnalano quelle del Presidente americano Biden di vicinanza al popolo cubano e di sostegno alle sue aspirazioni alla libertà, dell'Alto Rappresentante UE Borrell che ha insistito sul diritto del popolo cubano a manifestare liberamente, della portavoce del MID russo, incentrate invece sulla inaccettabilità delle ingerenze esterne a Cuba e delle manovre volte alla destabilizzazione del Paese.
  Al di là degli eventi e dell'evolversi di una situazione che appare ancora molto fluida, sembra evidente come la crisi che sta attraversando Cuba sia il frutto di una serie di concause, alcune contingenti, come la pandemia da COVID-19, e altre risalenti invece nel tempo, a iniziare dalla stagnazione economica e dalla mancanza del Paese di un apparato produttivo e imprenditoriale, i cui effetti negativi sono stati acuiti dall'emergenza sanitaria in atto.
  Forte è stato, inoltre, l'impatto della rete nella disseminazione delle informazioni e nella diffusione degli appelli alla mobilitazione. Su questo fronte il regime cubano si è trovato spiazzato e impreparato, seppur avvisaglie si fossero avute nell'autunno 2020 con l'insorgere del movimento degli artivistas, che rivendica spazi di libera creazione artistica al di fuori delle organizzazioni culturali ufficiali. A conferma di ciò, proprio per arginare le proteste e la condivisione di immagini della repressione, il Governo ha più volte disabilitato la rete internet nazionale, poi ripristinata. Molto limitati sono stati gli accenni autocritici ad eventuali responsabilità interne rispetto alla genesi di una crisi dalle prospettive ancora imprevedibili.
  Sullo sfondo restano i rapporti sempre più difficili e tesi con gli Stati Uniti. La Casa Bianca non sembra offrire segnali di un cambiamento di politica verso Cuba per avviare un eventuale dialogo con L'Avana e – come confermato in più di un'occasione dal Segretario di Stato Blinken – la Casa Bianca attenderebbe di registrare sull'isola progressi sul piano dei diritti umani e delle libertà fondamentali.
  Cuba è un tradizionale partner dell'Italia, nonché Paese prioritario della nostra cooperazione allo sviluppo. Da ultimo, attraverso il Programma alimentare mondiale Pag. 8 stiamo garantendo una fornitura di generi alimentari ad alcune strutture ospedaliere nelle zone più colpite dalla pandemia e forniture di medicinali e di attrezzature sanitarie. L'Italia continuerà a monitorare la situazione a Cuba e ad insistere – tanto sul piano bilaterale, in particolare nell'ambito del meccanismo di dialogo politico istituito nel 2011 e riunitosi più volte, quanto nel più ampio contesto europeo – affinché nel Paese si accrescano e si radichino il riconoscimento e la tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali e in primo luogo la libertà la manifestazione del pensiero in ogni sua forma, inclusa quella artistica.
  Il dialogo sui diritti umani tra UE e Cuba, meccanismo ormai ben rodato, potrà rappresentare la cornice migliore nella quale continuare a indirizzare questi messaggi alle autorità cubane. In occasione di un incontro del competente Direttore Generale della Farnesina con l'Ambasciatore cubano Rodrigues, lo scorso 13 luglio, è stato espresso molto chiaramente il nostro invito alle autorità cubane alla moderazione nella gestione dell'ordine pubblico e delle persone fermate. È stata inoltre chiesta un'adeguata protezione per i cittadini italiani che si trovassero eventualmente coinvolti nelle dimostrazioni e per la nostra sede diplomatica, qualora le circostanze lo rendessero necessario, ricevendo rassicurazioni in questo senso da parte dell'Ambasciatore cubano.
  Anche in sede europea, in occasione della più recente riunione del Gruppo di lavoro America Latina e Caraibi del 20 luglio scorso, abbiamo sottolineato la nostra forte aspettativa che in nome di un principio basilare dello Stato di diritto le persone fermate siano adeguatamente giudicate se ritenute responsabili di reati durante le dimostrazioni, ovvero immediatamente rilasciate se a loro carico non fossero state trovate prove.
  Più in generale abbiamo condiviso l'appello dell'Alto Rappresentante Borrell, il quale ha insistito sul diritto del popolo cubano a manifestare liberamente. Confidiamo in tal senso che i recenti appelli del Presidente Díaz-Canel alla calma e alla pacificazione e le sue rassicurazioni circa i diritti degli arrestati vadano nella giusta direzione. Stando a notizie a nostra disposizione sembrerebbe che una buona parte delle persone fermate sia stata rimessa in libertà.
  Il servizio diplomatico europeo sta lavorando ad una bozza di dichiarazione a ventisette sulla situazione a Cuba, mentre gli Stati Uniti hanno compiuto passi nelle varie capitali europee proponendo un comunicato congiunto rispetto al quale numerosi Stati membri, inclusa l'Italia, non hanno aderito, ritenendo invece necessario continuare a muoversi nei confronti del dossier cubano in linea con il quadro di riferimento offerto dall'Accordo di dialogo politico e di cooperazione Ue-Cuba del 2016, incentrato sul dialogo critico con il Governo cubano come strumento più efficace per promuovere le riforme politiche, economiche e sociali del Paese.
  Per quanto riguarda il Venezuela, la nostra azione, sia nel quadro europeo sia in quello del Gruppo internazionale di contatto, resta strettamente legata alla posizione definita nelle conclusioni adottate dal Consiglio Affari esteri dell'UE dello scorso 25 gennaio e pienamente coerente con le posizioni espresse da questa Commissione Esteri con la risoluzione adottata a larghissima maggioranza lo scorso 10 marzo.
  Continuiamo a sostenere il lavoro della missione di accertamento dei fatti sul Venezuela istituita dal Consiglio per i diritti umani per indagare sulle violazioni dei diritti umani compiute nel Paese dal 2014, combattere l'impunità e collaborare ad assicurare i responsabili di tali violazioni alla giustizia.
  Nelle ultime settimane sia da parte del regime di Maduro che delle forze di opposizione abbiamo registrato dei concreti segnali favorevoli alla possibilità di avviare un nuovo negoziato tra il regime e l'opposizione, da tenersi in Messico attraverso la mediazione norvegese. In particolare, vi sono stati alcuni cauti gesti di apertura da parte del regime di Maduro, tra cui la formazione di un Consiglio nazionale elettorale che include anche figure riferibili all'opposizione, nonché l'accordo con il Programma Pag. 9 alimentare mondiale per lo svolgimento di attività umanitarie all'interno del Paese.
  Dal canto loro le forze di opposizione stanno cercando di superare le divisioni del passato per presentarsi unitariamente al tavolo negoziale.
  L'Amministrazione statunitense considera l'avvio del tavolo negoziale – auspicabilmente a partire dal mese di agosto – una priorità e sarebbe disposta a considerare la revoca di alcune sanzioni proprio in base a tangibili progressi negoziali.
  Continuiamo, dunque, ad auspicare che tali segnali possano tradursi in un dialogo autentico ed inclusivo, che permetta di individuare una soluzione politica e di superare così la drammatica crisi che il Paese sta vivendo da troppo tempo, consentendo ai venezuelani di esprimersi attraverso elezioni locali, legislative e presidenziali credibili e trasparenti.
  Tuttavia, gli arresti di sette membri dell'opposizione tra cui l'ex deputato Freddy Guevara – accusato di terrorismo ed altre attività contro il Governo – e l'ennesima minaccia subìta da Juan Guaidò ci stanno preoccupando. Tali fatti si sono verificati a seguito di violenti scontri armati tra alcune bande criminali e le forze dell'ordine a Caracas nei giorni tra il 7 e il 10 luglio. Gli scontri a fuoco hanno portato alla morte di oltre trenta persone, inclusi comuni cittadini. Il regime di Maduro ha accusato l'opposizione di finanziare le bande armate del Paese che esercitano ormai il controllo su alcune zone di Caracas e ha fatto seguire alle accuse gli arresti.
  In queste circostanze potrebbe apparire difficile che i negoziati possano iniziare prima delle elezioni locali e regionali previste per il 21 novembre. A riguardo di queste ultime, segnalo che, a seguito dell'invito rivolto da Caracas all'Unione europea ad osservarle, l'Unione europea ha deciso di inviare una missione esplorativa che valuti l'esistenza delle condizioni per il dispiegamento di una missione di osservazione elettorale. Questa missione esplorativa è rimasta in Venezuela fino al 23 luglio. La presenza di osservatori internazionali è una delle richieste di alcuni esponenti dell'opposizione, che hanno indicato la disponibilità a prendere parte alle consultazioni dopo il boicottaggio delle elezioni legislative di dicembre. Il rapporto della missione dovrebbe essere pronto per l'inizio d'agosto e permetterà di analizzare tutti gli aspetti, sia politici sia tecnici, connessi all'invio di una missione di osservazione elettorale a novembre.
  Infine, tra i segnali positivi in questa crisi protratta, voglio qui ricordare una ritrovata coesione della comunità internazionale. Negli ultimi mesi si sono intensificati i contatti tra l'Unione europea e l'Amministrazione Biden che hanno portato all'emanazione di una dichiarazione congiunta assieme al Canada lo scorso 25 giugno. In essa si esprime sostegno ad una soluzione pacifica della crisi, che nasca da un processo negoziale time-bound and comprehensive a guida venezuelana, con la partecipazione di tutti gli attori interessati a ristabilire le istituzioni democratiche, che permetta ai venezuelani di esprimersi attraverso elezioni locali, parlamentari e presidenziali credibili, inclusive e trasparenti.
  Nella dichiarazione, oltre a richiedere il rilascio dei prigionieri politici, l'indipendenza dei partiti, la libertà di espressione e la fine delle violazioni dei diritti umani, Blinken, Borrell e Garneau fanno stato della disponibilità a rivedere le sanzioni sulla base di un significativo progresso nel negoziato.
  A tale dichiarazione ha fatto seguito quella sulle stesse linee del Gruppo internazionale di contatto del 13 luglio, che l'Italia stessa aveva promosso. Il Gruppo ha nuovamente espresso preoccupazione per la situazione venezuelana, ribadendo che l'unico modo di uscire dalla crisi è attraverso un dialogo tra venezuelani che porti ad elezioni libere.
  Si è altresì ribadita la richiesta al Governo di rispettare i diritti civili e politici e di rilasciare i prigionieri politici, nonché di permettere l'istituzione di un ufficio permanente dell'Alto commissario per i diritti umani in Venezuela.
  Infine, voglio confermare il nostro continuo impegno per aiutare la popolazione venezuelana a far fronte alla crisi umanitaria Pag. 10 nel Paese e per sostenere i nostri partner latinoamericani che hanno accolto milioni di rifugiati e migranti dal Venezuela. Solo nel 2020 il nostro Paese ha stanziato attraverso risorse della cooperazione allo sviluppo e del Fondo migrazioni 4,5 milioni di euro per attività di assistenza alla popolazione venezuelana e ai migranti e rifugiati venezuelani nei Paesi limitrofi.
  Da ultimo, in occasione dell'International Donor's Conference in Solidarity with Venzuelan Refugees and Migrants dello scorso 17 giugno ho riconfermato l'impegno italiano al sostegno della popolazione venezuelana mediante l'attività di assistenza umanitaria finanziata dalla cooperazione allo sviluppo per un valore di 2 milioni di euro per il 2021.
  Signor presidente, cari colleghi, l'esame delle attuali crisi nella regione rafforza la convinzione che il Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, attraverso la Direzione Generale per la mondializzazione e le questioni globali, abbia da tempo intrapreso il giusto cammino per assistere efficacemente questi Paesi.
  Numerosi sono i programmi di assistenza tecnica in materia di giustizia e sicurezza finanziati e realizzati in collaborazione con la Direzione nazionale antimafia ed antiterrorismo, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia e il coordinamento delle forze di Polizia presso il Dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell'Interno. Alcuni progetti in questo ambito sono finanziati dall'Unione europea ed eseguiti dall'Italia attraverso l'Istituto italo-latinoamericano.
  Crediamo fermamente che la regione necessiti di una risposta strutturata volta in generale alla riduzione del clima di insicurezza e alla mitigazione delle fragilità a cui mi riferivo all'inizio. La Farnesina intende continuare ad investire risorse umane e materiali in questo specifico settore per incidere in maniera concreta su una regione a cui ci legano profondi vincoli. Grazie dell'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie molte. Prima di dare la parola ai colleghi, vorrei fare una domanda alla Viceministra relativa a Cuba, perché è uno dei punti su cui verte la discussione sulle nostre risoluzioni.
  La domanda è come il Governo vede il rapporto tra il giudizio molto severo nei confronti della violazione dei diritti umani – qui richiamato e correttamente formulato – e le richieste che più volte sono venute, anche da sedi internazionali come il Parlamento europeo, sul superamento dell'embargo, perché questo è il tema su cui verte la discussione dentro la Commissione. Vorrei capire come il Governo vede questo punto.

  MARINA SERENI, Viceministra degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. È un po' la differenza di atteggiamento che noi abbiamo maturato insieme agli altri partner europei rispetto alla posizione degli Stati Uniti.
  L'Europa non ha mai sostenuto l'embargo degli Stati Uniti per due ragioni: la prima è una ragione strettamente di interesse; le sanzioni, l'embargo degli Stati Uniti nei confronti di Cuba investono in qualche misura economicamente anche l'Europa, danneggiandoci indirettamente.
  La seconda ragione è una valutazione più politica: dopo molti decenni dallo stabilimento delle sanzioni, dell'embargo noi registriamo non un miglioramento della situazione democratica e dell'avanzamento dei diritti all'interno di Cuba, quanto piuttosto un irrigidimento del regime che peraltro – se posso dirlo così banalmente – utilizza il tema dell'embargo come alibi molto forte per giustificare qualsiasi tipo di inefficienza all'interno del sistema.
  È questo il motivo per cui molti Stati membri non hanno aderito a uno statement che ci ha proposto l'Amministrazione Biden, non tanto perché il giudizio sulla situazione sia diverso, quanto piuttosto perché riteniamo che la strategia per spingere e per favorire eventuali aperture nel senso di un processo democratico di maggiore libertà di espressione dentro Cuba non passi per un embargo o addirittura per un inasprimento delle sanzioni.

  PRESIDENTE. Perfetto. Boldrini, prego.

Pag. 11

  LAURA BOLDRINI. Grazie, presidente. Anche io, come Lei, avrei qualche così curiosità.

  PRESIDENTE. Solo un secondo. Tenete conto che, per colpa di nessuno, siamo in ritardo e la Viceministra alle 15.45 ci deve lasciare.

  LAURA BOLDRINI. La mia domanda sarà più breve, presidente, glielo assicuro. Il tema è all'attenzione di questa Commissione, perché è evidente che noi ci troviamo ad elaborare un testo di risoluzione che dovrebbe avere tutti gli elementi al suo interno, nel tentativo di riuscire a fare un testo unitario.
  Vorrei anche ricordare che all'inizio della pandemia il Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres lanciò un appello alla comunità internazionale per sospendere tutti i regimi di embargo che vigevano e vigono tuttora a livello internazionale, perché con la pandemia questo rendeva la condizione della popolazione civile ancora più difficile, a tratti anche impossibile.
  Ha detto bene Lei, signora Viceministra, che a Cuba l'embargo viene utilizzato in chiave anti-Occidente e nella sforzo di catalizzare la difesa del popolo cubano nelle mani del Presidente.
  Questa è una lettura degli embarghi che danno un po' tutti i Paesi non particolarmente democratici. Saddam Hussein dopo la prima guerra del Golfo agì in questo modo: tutti erano contro il Paese e lui era l'unico a difendere la dignità degli iracheni agli occhi del mondo.
  Penso che siamo arrivati a un punto dove forse è necessario rivedere la politica dell'embargo verso Cuba. Oggi, in questo frangente di COVID-19, ancor più penso che noi ne avremmo le motivazioni, anche condannando l'utilizzo cinico che è stato fatto di questo embargo nei confronti della popolazione, perché sappiamo bene che la popolazione è allo stremo delle forze.
  Mi chiedevo, signora Viceministra, se è vero che agiamo a livello europeo e non nazionale, ma se magari non si potesse anche pensare di introdurre questo elemento del rispondere anche a quanto richiesto dal Segretario Generale dell'ONU, visto che la circostanza oggi è talmente grave che ci viene fatto un appello specifico proprio su questo tema. Grazie.

  ANDREA ORSINI. Signora Viceministra, anche io La ringrazio molto per la Sua ampia ed esaustiva relazione, dalla quale emerge un quadro complessivo molto preoccupante, perché l'area centroamericana oggettivamente è oggi caratterizzata da una serie di situazioni in cui instabilità e violazione dei diritti si coniugano nel determinare una miscela esplosiva preoccupante, anche per un Paese come l'Italia che magari non è direttamente coinvolto in quelle aree geografiche, però di fatto lo è, per esempio, dalla presenza in Venezuela di molti nostri connazionali o molti oriundi.
  Credo che esista un problema molto vasto – che non è certo possibile esaurire in questa sede e meno che mai nei pochi minuti che abbiamo a disposizione – su come relazionarsi a situazioni di questo tipo e su quali siano gli strumenti efficaci. Non è neanche questa la sede per discutere del contenuto delle nostre risoluzioni che affronteremo in una riunione successiva.
  Vorrei chiedere alla Viceministra qual è a suo giudizio lo strumento di pressione efficace – che potremmo chiedere anche all'Europa, in luogo di regimi sanzionatori – che si può utilizzare in situazioni di questo tipo, considerando che qualunque strumento di intervento militare – non solo da parte dell'Europa, ma anche da parte delle Nazioni Unite o di altri soggetti – è da escludere, perché non ha portato nulla di buono. Le chiedo quale ritiene possa essere la chiave per dare un contributo utile ad affrontare questo tipo di situazioni.
  Aggiungo, e poi mi taccio, che l'Accordo fra l'Unione europea e Cuba, che questa Camera ha ratificato proprio lo scorso anno, implicava da parte del Governo cubano degli espliciti impegni in termini di tutela dei diritti umani e delle libertà democratiche. Questa fu anche la ragione per la quale, seppur con qualche perplessità, il mio Gruppo espresse voto favorevole.
  Dato che mi sembra che grossi passi avanti in questo senso non siano stati fatti, Pag. 12Le chiedo se l'Italia ritiene in sede europea di richiamare l'Unione a chiedere conto a Cuba di questo mancato rispetto degli accordi e quindi una rivalutazione del quadro di rapporti complessivi con Cuba.

  PAOLO FORMENTINI. Io mi concentrerei su Cuba e il Venezuela. Per quanto riguarda il Venezuela, per arrivare alle elezioni libere servirebbe una situazione ben diversa da quella attuale. Salutiamo con favore questi tentativi di dialogo che ci sono e sono in corso, ma ricordiamo che le elezioni saranno possibili solo se sarà coinvolta tutta l'opposizione, non solo l'opposizione di comodo che vorrebbe coinvolgere il regime.
  Farei poi riferimento ai detenuti con doppia cittadinanza, quindi anche italiana, che sono nelle terribili carceri del Venezuela. In quelle carceri ci sono quattro cittadini italiani, di cui almeno due in condizioni gravi o gravissime di salute, di uno non si hanno più notizie e non si hanno informazioni sull'ultimo arrestato che è ai domiciliari, ovvero Oreste Alfredo Schiavo. Quale assistenza sta dando il nostro Paese a questi detenuti? Noi abbiamo notizia che la Spagna assiste continuamente, anche con visite in carcere, i detenuti, ma noi cosa facciamo? Al momento sono più di trecento i detenuti da parte del regime per idee politiche. Cerchiamo di essere vicini a un popolo dove – lo ricordiamo – tanti sono gli oriundi, i discendenti di italiani e tanti ancora sono i cittadini italiani nonostante la massiccia emigrazione, anzi fuga dal regime.
  Non nascondiamoci dietro alla formula «missione esplorativa dell'UE per valutare le condizioni», perché evidentemente le condizioni sono tutt'oggi così terribili che anche l'economia è un disastro e questo influisce anche su Cuba, perché se i trasferimenti venezuelani rappresentavano fino al 22 per cento del PIL di Cuba oggi sono ridotti considerevolmente.
  Signora Viceministra, avrei voluto che facesse menzione con più forza alle manifestazioni popolari che ci sono state e che, nonostante quello che dice il regime, sono totalmente spontanee, al grido di «libertà!» e, cambiando quello che era il motto del regime «Patria o muerte» in «Patria y vida», la gente è scesa per le strade di Cuba nelle principali città chiedendo di essere finalmente libera. Secondo tante fonti non sono state le manifestazioni più imponenti dal 1994, ma addirittura dal 1962. Non lasciamo sola Cuba e, soprattutto, non facciamo un regalo al regime comunista castrista cubano dividendo l'Occidente.
  L'idea di cercare di superare l'embargo può avere un senso solo se lo si fa all'interno dell'Occidente. Ancora una volta dividere Europa e Stati Uniti non porterà nessun vantaggio se non la sopravvivenza di un regime che la storia ha già condannato alla morte.

  PRESIDENTE. Grazie. Hanno chiesto la parola l'onorevole Quartapelle e l'onorevole Delmastro Delle Vedove. Ricordo che la Viceministra ha un impegno e a un certo punto bisogna chiudere. Prego.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Grazie. Ringrazio anche io la Viceministra per una informativa molto completa che aiuterà – mi auguro – i lavori della Commissione, in particolare la prossima settimana, quando discuteremo di Cuba e del Nicaragua.
  Ho una domanda più di carattere sistemico. Qualche anno fa guardavamo all'America Latina come a un'area di relativa stabilità rispetto al Medio Oriente e al Mediterraneo dove, invece, c'era bisogno di un'attenzione diversa. Qualcosa poi si è rotto. C'era stata la pace in Colombia e un processo anche in Brasile, il Venezuela sembrava essere una crisi che piano piano rientrava, ma poi qualcosa si è rotto in modo sistemico in tutto il continente. Che cosa è successo? È successo che il Brasile ha avviato un processo politico che ha contagiato gli altri Paesi? È stata l'influenza della Presidenza Trump? È stato il fatto che la crisi venezuelana in realtà non è rientrata, ma è peggiorata?
  Credo che sia interessante capire tutto questo anche per capire da che parte prenderlo e che tipo di iniziativa fare ora che c'è anche una nuova Presidenza americana.

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  ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE (intervento da remoto). Grazie, Viceministra. L'informativa è stata certamente articolata e ricca.
  Le domande che volevo porre, anche per venire incontro alle richieste di economia dei tempi indicate dal presidente, sono se l'Italia si assocerà alla condanna senza se e senza ma degli Stati Uniti, tramite Blinken, della posizione di Cuba, che arresta dissidenti politici, giornalisti cubani e non solo, ma anche i corrispondenti, se chiederemo l'immediata liberazione di tutti i detenuti politici e se il Governo ritenga di sospendere gli accordi bilaterali con Cuba e tutte le iniziative di cooperazione che riguardino direttamente le autorità cubane e proseguire con le sole attività di sostegno della popolazione. Non possiamo più, per tramite della cooperazione internazionale, interloquire con un regime dittatoriale e sanguinario come quello cubano.
  La domanda sul Venezuela è quali siano per il Governo le strategie per garantire che vi siano elezioni libere per davvero, perché dobbiamo capire chi, quando e come le indìce e con quali garanzie della comunità internazionale affinché siano elezioni libere. A elezioni farsa il dittatore criminale comunista Maduro ci ha già abituato per troppo tempo.
  Sono stato sintetico e conciso nelle domande, perché mi rendo conto delle esigenze di tempo. La Viceministra ha giustamente preso tutto il tempo per una informativa decisamente articolata e ricca, ma rispetto alla quale credo che queste domande siano opportune.

  PRESIDENTE. Bene, io non ho altri iscritti a parlare, la parola alla Viceministra.

  MARINA SERENI, Viceministra degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Bene. Non mi posso dilungare nelle risposte. Ho aspettato un'ora prima di cominciare e questo è il motivo per cui ho fretta. Avevo messo in conto almeno due ore per questa audizione, ma non siamo stati in grado di cominciare prima delle 15 e non è colpa di nessuno, almeno qui dentro.
  Per quanto riguarda Cuba, tento di riassumere perché ruotiamo attorno allo stesso concetto. Noi siamo in perfetta linea con tutto il resto dell'Occidente, con gli Stati Uniti e con i nostri partner europei sul giudizio su quello che sta accadendo. È netta la condanna degli arresti, è netta la richiesta di liberazione dei detenuti politici ed è molto forte la pressione che abbiamo esercitato in queste ore nei confronti dei rappresentanti di Cuba a mandare un messaggio molto chiaro alle autorità cubane sia perché ci sia moderazione sia perché ascoltino le proteste popolari, che sono fondamentalmente motivate, oltre che da ragioni politiche, da ragioni economiche, sanitarie e sociali. Il dato rilevante di queste manifestazioni è che nascono da una situazione molto drammatica sul piano economico, sociale e sanitario.
  La prima richiesta che insieme ai partner europei stiamo cercando di veicolare alle autorità cubane è che ascoltino e che permettano la libera espressione del pensiero del loro popolo.
  A beneficio della domanda dell'onorevole Delmastro Delle Vedove, ripeto che è stato presentato ad alcuni Stati membri europei da parte dell'Amministrazione americana e insieme ad altri Stati membri abbiamo ritenuto più proficuo in questa fase avere uno statement a ventisette dell'Unione europea per rappresentare la posizione dell'UE su questa crisi che, per varie ragioni – geopolitiche, prima di tutto – non è necessariamente identica a quella dell'Amministrazione americana, con la quale tuttavia siamo in perfetta sintonia sul giudizio di carattere più generale.
  Anche per la domanda che faceva l'onorevole Orsini, ripeto che l'Europa ha un meccanismo di dialogo. Stiamo ancora lavorando a questa dichiarazione, ma è evidente che uno degli strumenti che l'Europa può mettere in campo nei confronti delle autorità del Governo cubano è quello di condizionare e collegare lo sviluppo dell'Accordo di dialogo politico tra Unione europea e Cuba all'evoluzione in senso positivo e in senso di maggiore apertura da parte delle autorità cubane. Pag. 14
  Quanto all'Italia rovescerei un po' l'argomento che ho sentito qui, perché l'Italia deve rinnovare il proprio Accordo di cooperazione bilaterale con Cuba. Infatti, gli uffici della cooperazione stanno lavorando. Penso che noi dobbiamo fare in modo che gli aiuti della cooperazione italiana arrivino alla popolazione, è impossibile che ci arrivino contro o senza un confronto con le autorità cubane.
  Tuttavia, penso che il rinnovo dell'Accordo di cooperazione tra l'Italia e Cuba a cui stiamo lavorando possa essere giocato in un tavolo di critica franca anche per facilitare l'empowerment della popolazione cubana, e quindi per far arrivare effettivamente al popolo cubano i nostri aiuti e in questo modo chiedere alle autorità cubane di essere più coerenti anche con le riforme che loro stessi si sono in qualche modo immaginati di fare. Infatti, non dimentichiamo che prima di questa crisi dell'11 luglio le stesse autorità cubane avevano prefigurato un percorso di riforme che non sta andando avanti.
  Quanto al Venezuela, sui detenuti posso assicurare ai colleghi che il nostro Paese è continuamente attivo – in maniera più o meno vocale – per quanto riguarda le condizioni dei detenuti di origine italiana. Come sapete, siamo riusciti a farne liberare alcuni e siamo riusciti ad avere un'attenzione in particolare per quelli che avevano condizioni di salute difficili e problematiche. Inoltre, abbiamo chiesto e continuiamo a chiedere in ogni occasione alle autorità venezuelane, a partire dall'Incaricato d'affari che è qui a Roma, di rilasciare tutti i detenuti politici. In particolare, per quanto ci riguarda, seguiamo le condizioni dei detenuti di origine italiana.
  Ci sono le condizioni per le elezioni? È molto difficile dirlo adesso. La fotografia che ho fatto è una fotografia realistica, perché non si pronuncia su questo. Intanto io aspetterei il documento della missione esplorativa dell'Unione europea che è stata giù diversi giorni con esperti elettorali sia più tecnici sia più politici, per capire effettivamente se ci sono le condizioni per una missione di osservazione elettorale. Noi non la diamo per scontato, perché noi andremo in Venezuela con una missione di osservazione elettorale solo se riteniamo che ci siano delle condizioni e le condizioni non possono essere semplicemente legate allo stabilimento o all'apertura dei seggi, ma anche a delle condizioni di contorno e, per esempio, all'agibilità per tutte le forze politiche, cosa che non c'è stata nelle elezioni di dicembre, sulle quali abbiamo già fatto una discussione.
  L'ipotesi di una trattativa che si possa aprire ad agosto, in Messico, corrisponde anche ad una consapevolezza – per quanto noi riusciamo a capire – delle autorità venezuelane, del regime di Maduro, ma corrisponde anche ad una precisa volontà delle opposizioni. Infatti, cerchiamo di lavorare anche in questo senso, a tenere unito il fronte delle opposizioni, perché è evidente che la divisione delle opposizioni non faciliterebbe l'evoluzione.
  Finisco con una battuta, perché la domanda della collega Quartapelle è molto interessante, ma non credo che la possiamo risolvere in pochi minuti. Certamente la crisi venezuelana ha molto complicato la vicenda dell'intero subcontinente latinoamericano, perché la polarizzazione che si è realizzata nella vicenda della non risoluzione della crisi venezuelana ha avuto un effetto destabilizzante e di forte polarizzazione in tutto il continente. Vi è una forte spinta di cambiamento: non è questa la sede, ma dal Perù al Cile della Costituente vi sono grandi movimenti politici e si vede una grande voglia di cambiamento che forse fa anche fatica a trovare un canale immediatamente intellegibile. Grazie.

  PRESIDENTE. Perfetto, grazie. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.50.