XVIII Legislatura

III Commissione

COMITATO PERMANENTE SUI DIRITTI UMANI NEL MONDO

Resoconto stenografico



Seduta n. 13 di Giovedì 22 luglio 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Boldrini Laura , Presidente ... 3 

Audizione del Sottosegretario agli Affari esteri e alla cooperazione internazionale, Benedetto Della Vedova, sull'impegno dell'Italia per la tutela dei diritti umani nel mondo (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Boldrini Laura , Presidente ... 3 
Della Vedova Benedetto , Sottosegretario agli Affari esteri e alla cooperazione internazionale ... 4 
Boldrini Laura , Presidente ... 12 
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 12 
Boldrini Laura , Presidente ... 13 
Comencini Vito (LEGA)  ... 13 
Boldrini Laura , Presidente ... 14 
Fassino Piero (PD)  ... 14 
Boldrini Laura , Presidente ... 15 
Formentini Paolo (LEGA)  ... 15 
Boldrini Laura , Presidente ... 15 
Della Vedova Benedetto , Sottosegretario agli Affari esteri e alla cooperazione internazionale ... 16 
Boldrini Laura , Presidente ... 18

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Coraggio Italia: CI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-L'Alternativa c'è: Misto-L'A.C'È;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento ADC: Misto-NcI-USEI-R-AC;
Misto-Facciamo Eco-Federazione dei Verdi: Misto-FE-FDV;
Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-MAIE-PSI: Misto-MAIE-PSI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
LAURA BOLDRINI

  La seduta comincia alle 13.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche mediante la trasmissione sulla web-tv della Camera dei deputati.
  L'odierna audizione sarà svolta consentendo la partecipazione da remoto delle deputate e dei deputati, secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento nella riunione del 4 novembre scorso.

Audizione del Sottosegretario agli Affari esteri e alla cooperazione internazionale, Benedetto Della Vedova, sull'impegno dell'Italia per la tutela dei diritti umani nel mondo.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, del Sottosegretario agli Affari esteri e alla cooperazione internazionale, Benedetto Della Vedova, sull'impegno dell'Italia per la tutela dei diritti umani nel mondo.
  A nome di tutti i componenti del Comitato, saluto il Sottosegretario Della Vedova e Lo ringrazio per la sua disponibilità a essere qui con noi oggi.
  Vorrei innanzitutto segnalare al Sottosegretario che, su impulso del Comitato, la Commissione Affari esteri ha deliberato il 23 giugno scorso un'integrazione del programma di questa nostra indagine conoscitiva, ponendo un forte accento sul tema della democrazia e della difesa dello Stato di diritto, sull'esigenza di una più forte azione nella lotta contro ogni forma di razzismo, xenofobia, intolleranza, antisemitismo, islamofobia e sull'inquadramento anche storico dell'impegno italiano per la tutela internazionale dei diritti umani, tanto più nell'approssimarsi della conclusione del triennio di partecipazione italiana al Consiglio diritti umani delle Nazioni Unite.
  Ma, affinché il nostro impegno per la tutela dei diritti umani nel mondo sia pienamente credibile e autorevole, dobbiamo noi per primi aderire ai criteri che ci vengono indicati dagli organismi internazionali preposti e quindi, per essere più chiara, vorrei ricordare quanto segue, cioè che tra la fine del 2019 e l'inizio del 2020 si è concluso il terzo ciclo di Revisione periodica universale relativo all'Italia. Si tratta – come credo i colleghi sappiano – di un processo al quale sono tenuti a sottoporsi a turno, cioè ogni cinque anni, tutti i 193 Paesi membri delle Nazioni Unite e consiste nell'esame del rispetto degli obblighi assunti in tema di diritti fondamentali da parte di ciascun Paese.
  In quell'occasione ci sono state rivolte alcune raccomandazioni; oggi le ricordo qui per questa Commissione: 1) istituire una Commissione nazionale indipendente sui diritti umani, sulla scorta di quanto già fatto da altri 124 Stati membri dell'ONU e da tutti gli altri Paesi membri dell'UE; quindi tutti gli altri Paesi UE già ce l'hanno e ben 124 Stati membri dell'ONU hanno questa Commissione nazionale; 2) firmare e ratificare la Convenzione internazionale per la protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei loro familiari; 3) proseguire negli sforzi per la lotta al razzismo, alla xenofobia e all'intolleranza, anche mediante il rafforzamento del Piano nazionale contro il razzismo e il rafforzamento dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali; Pag. 4 4) proseguire negli sforzi per la lotta al traffico di esseri umani e allo sfruttamento; 5) attuare programmi di adeguata educazione inclusiva per le persone con disabilità; 6) proseguire nel contrasto alla discriminazione fondata sul genere; 7) assicurare la protezione dei diritti umani dei migranti e proseguire nel loro soccorso in mare.
  Queste sono le principali richieste rivolte al nostro Paese. La presenza oggi del Sottosegretario Della Vedova ci aiuterà, tra l'altro, a sapere se e come il nostro Paese sta dando seguito a queste raccomandazioni, oltre a ciò che già sta facendo il Comitato interministeriale per i diritti umani (CIDU), il quale mi risulta abbia già avviato un importante esercizio di implementazione delle raccomandazioni ricevute attraverso un piano che coinvolge tutte le amministrazioni competenti.
  Il tempo stringe, perché nel 2024 sarà avviato il quarto ciclo della Revisione periodica universale e in quell'occasione dovremo poter dimostrare di aver fatto concreti passi in avanti nell'accoglimento di quelle raccomandazioni. Non solo: segnalo che in una lettera inviata il 13 maggio 2020 dall'Alta Commissaria delle Nazioni Unite per i diritti umani, Bachelet, al Ministro degli Esteri, Di Maio, si accoglie con favore la prassi italiana di presentare una relazione intermedia e si incoraggia il Governo a farlo nuovamente entro il 2022.
  Concludo questa panoramica introduttiva ricordando che pochi giorni fa, il 14 luglio, si è conclusa la quarantasettesima sessione del Consiglio diritti umani, incentrata in particolare sui diritti delle donne e sull'uguaglianza di genere. La delegazione italiana ha in quell'occasione evidenziato che la lotta alla violenza contro le donne è una priorità fondamentale per l'attuale mandato del nostro Paese nel Consiglio diritti umani e per la nostra prossima Presidenza del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa. In particolare, l'Italia auspica la più ampia ratifica della Convenzione di Istanbul che invece, come sappiamo, alcuni Paesi stanno rimettendo in discussione – la stessa Turchia, ma anche Paesi dell'Unione europea – e ha confermato l'adesione alla Call to Action on Protection from Gender-Based Violence in Emergencies, che è un'iniziativa globale volta a far sì che ogni sforzo umanitario includa le politiche e i meccanismi necessari per prevenire, mitigare e rispondere alla violenza di genere nelle emergenze.
  Fatta questa premessa, lascio la parola al Sottosegretario Della Vedova affinché svolga il Suo intervento. Prego, Sottosegretario.

  BENEDETTO DELLA VEDOVA, Sottosegretario agli Affari esteri e alla cooperazione internazionale. Grazie, presidente. Onorevoli, cari colleghi, sono lieto di avere l'occasione di presentarvi e di discutere con voi le priorità e le principali iniziative del Governo italiano in materia di promozione e protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali nel mondo.
  Non stiamo vivendo l'età dell'oro dei diritti umani, se mai ve ne sia stata una. Nonostante gli strumenti di protezione internazionale sottoscritti dalla Comunità internazionale nel corso dei decenni, un po' ovunque le violazioni non accennano a diminuire, lo spazio per società civile e per l'azione dei difensori dei diritti umani si assottiglia, la pandemia da COVID ha accresciuto numerose criticità preesistenti e, come sempre, in tali circostanze, a danno soprattutto di categorie esposte a vulnerabilità: donne, minori, persone LGBT, disabili, anziani non autosufficienti, persone appartenenti a minoranze etniche e religiose.
  Le reti di sicurezza previste dal diritto internazionale per i gruppi più vulnerabili hanno di tutta evidenza maglie troppo larghe. Il nostro dovere è di moltiplicare gli sforzi, in modo tale che le maglie, anziché allargarsi, si restringano, e tentare di dare forma a un futuro dove la coesistenza prevalga sul dominio: un futuro più inclusivo, più verde, più equo e più sostenibile, dove ogni individuo, ovunque nel mondo, possa vedere i suoi diritti fondamentali pienamente rispettati, o quantomeno possa confidare sul fatto che vi sia qualcuno che lo ascolti e si muova.
  Usciamo da un periodo in cui non solo le convenzioni internazionali sono state ignorate, Pag. 5 persino calpestate, ma dove addirittura leader nazionali hanno messo in discussione la legittimità del diritto internazionale in quanto tale.
  In anni recenti il multilateralismo come metodo per raggiungere il consenso a livello globale è stato messo in discussione, aprendo così la strada al ritorno di un bilateralismo che ha favorito i forti e discriminato i deboli. La rinascita di un multilateralismo virtuoso, vale a dire non solo efficace ma anche valoriale, è urgente e necessaria e sta già in parte riprendendo. Dobbiamo aprirci alle democrazie in Africa, Asia e America Latina per affrontare insieme le sfide globali come la salute pubblica – la campagna di vaccinazione in primo luogo –, i cambiamenti climatici, la sicurezza cibernetica, la povertà, le disuguaglianze: sfide che possono essere affrontate e vinte solo tutti insieme.
  Oggi, grazie soprattutto al cambio di Amministrazione a Washington, la direzione del vento è cambiata e si è aperta una finestra di opportunità per ristabilire il primato dell'universalità dei diritti umani. L'impegno dell'Italia si fonda su una solida e radicata fiducia negli strumenti multilaterali. Abbiamo ratificato tutte le principali convenzioni internazionali in materia di tutela e promozione dei diritti umani, incluse quelle che istituiscono meccanismi di monitoraggio sull'applicazione delle Convenzioni stesse, perché ratificare non basta – come diceva la presidente Boldrini poc'anzi – se manca una reale volontà ad attuare pienamente i princìpi sanciti, per esempio con puntuali e corrette trasposizioni nell'ordinamento interno.
  A livello regionale la Convenzione europea per i diritti dell'uomo, imperniata sul ruolo della Corte europea dei diritti dell'uomo, costituisce il sistema più avanzato ed efficace di tutela dei diritti umani al mondo. In questo quadro, anche nell'ambito della nostra imminente Presidenza semestrale del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa – che comincerà a novembre – continueremo a lavorare affinché le Convenzioni del Consiglio d'Europa, a cominciare, presidente, dalla Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne e la violenza domestica, siano ratificate dal più ampio numero di Paesi e che le sentenze della Corte di Strasburgo siano pienamente attuate da tutti gli Stati membri.
  In materia di protezione dei diritti umani nel mondo, lavoriamo in ambito di Unione europea in stretto coordinamento con gli altri Stati membri, convinti che esprimendoci con una sola voce questa sia più forte e abbia un impatto maggiore. Negli ultimi mesi sono state prese importanti decisioni a livello di Unione europea in questo campo, tra cui l'adozione del nuovo Piano di azione per i diritti umani e la democrazia 2020-2024, e l'istituzione del nuovo regime sanzionatorio orizzontale dell'UE per gravi violazioni e abusi dei diritti umani, che già è stato utilizzato per sanzionare individui e identità legate, ad esempio, al caso Navalny in Russia, alla persecuzione nei confronti delle persone LGBT in Cecenia e alle violazioni dei diritti umani nello Xinjiang in Cina, in particolare in relazione alle accuse di lavoro forzato, di detenzione arbitraria e indottrinamento a danno delle persone di etnia uigura e di altre minoranze, alle sparizioni forzate e alle esecuzioni extragiudiziali avvenute in Libia – nella città di Tarhuna –, nonché alle violazioni dei diritti umani perpetrate dall'Agenzia statale di sicurezza eritrea.
  Ma, rimanendo in ambito dell'Unione europea, apro una breve parentesi: il processo di allargamento non consiste solo in un mero adeguamento delle legislazioni nazionali all'aquis comunitario, ma in una interiorizzazione di quell'insieme di valori e princìpi che stanno alla base della comune casa europea e contenuta nella Carta europea dei diritti fondamentali, la cosiddetta «Carta di Nizza», diventata – non dobbiamo dimenticarcelo – vincolante con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona.
  Se l'Unione saprà affrontare, al di là dei proclami, le violazioni dello Stato di diritto negli Stati membri, allora sarà più credibile nel negoziato sui vari capitoli per l'adesione dei Paesi candidati. Detto altrimenti, a parte privare di un alibi Paesi ostili all'allargamento, sarà più chiaro a un Paese che voglia entrare nell'Unione che il mantenimento dell'acquis communautairePag. 6è importante quanto il suo raggiungimento. Come pure l'articolo 49 del Trattato esiste per ricordarci che l'impegno a promuovere i valori sanciti nell'articolo 2 è altrettanto importante dell'impegno a rispettarli.
  Il secondo rapporto della Commissione europea sullo Stato di diritto, pubblicato due giorni fa, indica alcuni progressi compiuti nei Paesi dell'Unione in questo anno eccezionale, ma anche il permanere, se non il peggioramento, di alcune criticità in alcuni Stati membri. L'Italia collabora efficacemente con gli organi delle Nazioni Unite che si occupano di diritti umani, a partire dall'Alto Commissario per i diritti umani e dai titolari di mandato come le procedure speciali del Consiglio diritti umani, ai quali il nostro Paese ha rivolto un invito permanente a compiere missioni per monitorare il rispetto dei diritti umani nel nostro Paese, nella piena convinzione che nessuno Stato è esente da criticità e che il monitoraggio e le raccomandazioni di esperti internazionali possano spingerci a fare progressi.
  Alla luce di questo approccio l'Italia sostiene fermamente e partecipa attivamente alla Revisione periodica universale dell'ONU, un meccanismo unico che consente di analizzare le prestazioni in materia di diritti umani di ciascuno Stato membro delle Nazioni Unite ogni quattro-cinque anni, con un approccio paritetico basato sul dialogo tra gli Stati.
  Persuasi che i diritti umani debbano essere rispettati in tutto il mondo e che ciascun Paese, incluso il nostro, possa migliorarsi, l'Italia rivolge specifiche raccomandazioni a tutti gli Stati di volta in volta sotto esame, segnalando le principali criticità e suggerendo con approccio costruttivo e rispettoso, azioni specifiche e mirate volte al miglioramento dei diritti umani negli Stati in esame.
  A questo proposito – l'ha già fatto Lei, signor Presidente: i punti che Lei ha ricordato sono prevalentemente punti che richiedono un'iniziativa parlamentare o congiunta tra Governo e Parlamento – non posso esimermi dal ricordare anche ai membri di questo Comitato, come già ha fatto Lei, che è tuttora arenato in Commissione Affari costituzionali il provvedimento legislativo per l'istituzione della Commissione nazionale indipendente sui diritti umani, in ottemperanza alla risoluzione 48/134 dell'Assemblea Generale dell'ONU, firmata dall'Italia nel lontano dicembre del 1993.
  In occasione dell'ultimo ciclo della Revisione periodica universale, che ci ha visto sotto scrutinio – autunno 2019 –, l'Italia ha ricevuto il record di ben quarantacinque raccomandazioni al riguardo. Il rischio è quello di registrare l'ennesimo nulla di fatto, danneggiando così la credibilità dell'Italia negli organismi internazionali, a parte l'evidente omissione nei riguardi delle vittime di violazione nel nostro Paese.
  I prossimi mesi saranno gli ultimi dal mandato triennale 2019-2021 dell'Italia quale membro del Consiglio diritti umani delle Nazioni Unite, dove – in questi tre anni – abbiamo lavorato incessantemente per dare impulso alle nostre priorità e sollevare l'attenzione della Comunità internazionale sulle più gravi situazioni dei diritti umani nel mondo, dialogando sempre con tutti gli altri Stati e facendoci promotori di importanti iniziative.
  Come noto, una delle principali e consolidate priorità del Governo italiano è la campagna per la moratoria universale della pena di morte, su cui siamo fortemente e da molti anni impegnati, in particolare in Assemblea Generale dell'ONU, dove ogni due anni viene presentata la risoluzione sul tema, proposta per la prima volta nel 2007 dall'Italia.
  A sostegno della risoluzione contribuiamo in maniera molto attiva al negoziato in Assemblea Generale per resistere ai tentativi di indebolirla da parte dei Paesi mantenitori i più agguerriti. Svolgiamo anche una capillare azione di sensibilizzazione attraverso le Ambasciate, in stretto raccordo con la società civile, per ampliare sempre di più il sostegno alla risoluzione, dedicando particolare attenzione alle questioni delle condanne a morte di minorenni. La task-force istituita dal Ministero degli Esteri con la Comunità di Sant'Egidio, Nessuno tocchi Caino, e Amnesty International Italia, che continua a riunirsi a livello Pag. 7 tecnico e politico, è uno strumento imprescindibile di questa campagna.
  In occasione dell'ultima settimana ministeriale dell'Assemblea Generale, a settembre del 2020, l'Italia ha tra l'altro organizzato insieme alle Nazioni Unite un evento di alto livello sulla pena di morte e sulla dimensione di genere, che ha consentito un inedito e importante approfondimento dell'impatto della pena di morte sulle donne. Questo nostro grande impegno è stato ancora una volta coronato da un importante successo: l'ultima risoluzione sulla moratoria, l'ottava, è stata approvata a dicembre 2020 con il record di 123 voti a favore.
  Purtroppo anche in questo quadro globale, in cui cresce il numero dei Paesi abolizionisti – tra questi voglio ricordare da ultimo il Ciad e il Kazakistan – il numero globale delle esecuzioni capitali è in diminuzione. Crescono i Paesi abolizionisti, diminuiscono le esecuzioni capitali. Complessivamente, si continuano a registrare altissimi numeri di esecuzioni in diversi Paesi del mondo, a partire dalla Cina, su cui non sono disponibili statistiche ufficiali, e Paesi come Iran, Arabia Saudita e anche Egitto, dove lo scorso anno le esecuzioni sono triplicate rispetto al 2019.
  Abbiamo accolto con grande sollievo l'annuncio di una nuova moratoria sulle esecuzioni a livello federale negli Stati Uniti – la moratoria era stata sospesa dalla precedente Amministrazione – che si aggiunge a un trend positivo di abolizione della pena di morte in vari Stati americani, che speriamo possa portare a decisioni ancora più avanzate in direzione dell'abolizione della pena di morte.
  Un altro tema su cui siamo fortemente impegnati è quello della tutela dei diritti di donne e ragazze, della promozione della parità di genere e dell'empowerment femminile, strettamente legati alla lotta contro ogni forma di violenza e discriminazione contro le donne, incluse tutte le cosiddette «pratiche dannose», in particolare le mutilazioni genitali femminili e i matrimoni precoci e forzati.
  La recente decisione della Turchia di denunciare la Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne e la violenza domestica, nonostante fosse stato il primo Paese ad aver ratificato lo strumento, ci ricorda come sia fondamentale restare vigili davanti a tentativi di arretramento in materia di diritti delle donne, che purtroppo si verificano in ogni parte del mondo. Lo evidenzia anche la recente sentenza della Corte costituzionale polacca sull'aborto, che ha suscitato preoccupazione anche in Italia, come ho di recente fatto presente al mio omologo polacco, ricordando che il terreno dei diritti umani e della lotta contro ogni forma di discriminazione sono e devono imprescindibilmente restare principi fondanti della nostra comune appartenenza europea.
  Tra le situazioni a cui prestiamo particolare attenzione quando si parla di diritti delle donne c'è sicuramente l'Afghanistan, Paese che negli ultimi anni ha compiuto importanti progressi ma dove la situazione, dopo il ritiro delle truppe internazionali dalla missione Resolute Support, rischia di precipitare, nonché tutti i Paesi dell'arco mediterraneo.
  Proprio in questo contesto siamo particolarmente orgogliosi della nostra azione in materia di Agenda «Donne, Pace e Sicurezza», avendo lanciato già nel 2017 la Rete di mediatrici e donne esperte in mediazione nell'area mediterranea – il Mediterranean Women Mediators Network –, convinti che il ruolo e l'apporto delle donne sia fondamentale nel costruire la pace e la fiducia tra le comunità nonché nel prevenire possibili conflitti.
  In questo contesto sottolineiamo anche l'adozione, lo scorso dicembre, del quarto Piano d'azione nazionale su Donne, Pace e Sicurezza, con il pieno coinvolgimento della società civile attiva sul tema. Segnalo il versamento annuale come contributo al team di esperti ONU sulla violenza nei conflitti e la partecipazione all'attività della Call to Action per la protezione della violenza di genere nelle emergenze.
  L'Italia partecipa attivamente a tutti i fori internazionali in materia di promozione dell'uguaglianza di genere, a partire dalla Commissione Nazioni Unite sulla condizione femminile, in cui abbiamo sempre, Pag. 8insieme agli altri Paesi europei, un ruolo molto attivo nel promuovere l'adozione di testi avanzati. Quest'anno, ad esempio, il Ministero degli Esteri ha promosso un evento sul tema della violenza contro le bambine nei conflitti armati e il ruolo della giustizia penale internazionale, volto a cercare di identificare modi per favorire l'accountability per violazioni a danno delle bambine che vivono in zone colpite da conflitti.
  Questa è una delle priorità trasversali dell'Italia e la ragione per cui sosteniamo con forza i meccanismi esistenti a livello internazionale istituiti dalle Nazioni Unite che investigano sulle violazioni e gli abusi dei diritti umani e che hanno il compito di raccogliere e conservare quelle prove che potrebbero rivelarsi utili in vista di un possibile procedimento giudiziario, in primis davanti alla Corte penale internazionale.
  A tal proposito cito tra gli altri il prezioso lavoro della Commissione d'inchiesta sulla Siria, del Meccanismo investigativo indipendente sul Myanmar, del gruppo di esperti eminenti sullo Yemen, nonché le missioni di accertamento dei fatti per il Venezuela e per la Libia, tutti meccanismi istituiti dal Consiglio dei diritti umani che l'Italia sostiene convintamente, anche con le risorse.
  Siamo anche attenti alla promozione dei diritti di tutte le categorie particolarmente vulnerabili, a partire dalle persone con disabilità e dalle persone anziane, partecipando a tutti i principali appuntamenti multilaterali su questo tema, anche grazie alla proficua collaborazione con le altre amministrazioni competenti, nonché alla promozione, come dicevamo, dei diritti dei bambini, in particolare nelle aree di conflitti armati. In linea con gli impegni che abbiamo preso in occasione della trentatreesima Conferenza della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa, a dicembre 2019, in sinergia con le organizzazioni della società civile sul tema a partire da Save the Children Italia, la Rete delle università per i bambini nei conflitti armati e la Coalizione globale per la protezione dell'istruzione dagli attacchi, lavoriamo perché sempre più Stati prevedano impegni su questi temi, anche sottoscrivendo i principali strumenti esistenti a livello internazionale, tra cui la Dichiarazione sulle «scuole sicure», documento che l'Italia promuove con grande forza anche nell'ambito della prossima Conferenza «scuole sicure» che si svolgerà in ottobre in Nigeria.
  In linea con gli Obiettivi di sviluppo sostenibile individuati dall'Agenda 2030 delle Nazioni Unite, un altro tema su cui siamo impegnati è la prevenzione delle discriminazioni anche attraverso i discorsi di incitamento all'odio, inclusi quelli on line, in particolare se motivate da antisemitismo, razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e ogni altra forma di intolleranza.
  Contribuiamo inoltre attivamente alla lotta contro le forme di discriminazione basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere. Siamo infatti membri dalla Equal Rights Coalition (ERC), Coalizione di Stati e organizzazioni della società civile impegnati nella promozione dei diritti delle persone LGBT. Ho partecipato all'inizio di luglio alla sessione ministeriale della Conferenza biennale dell'ERC, che ha lanciato una nuova strategia quinquennale nella coalizione.
  Siamo anche membri del United Nation LGBTI Core Group, gruppo interregionale, che raggruppa ora trentatré Stati, istituito a New York per promuovere in ambito ONU i temi della lotta alla discriminazione sulla base dell'orientamento sessuale e della tutela dei diritti delle persone LGBT, proteggendole in particolare da discriminazioni e violenze. Del Core Group fanno parte tra gli altri anche l'Unione europea e l'Ufficio dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani. Contribuiamo, inoltre, al Fondo globale per l'uguaglianza, istituito su iniziativa del Dipartimento di Stato americano per sostenere le organizzazioni non governative che nel mondo lavorano per tutelare i diritti delle persone LGBT.
  Nella nostra azione di cooperazione con i Paesi maggiormente esposti ai flussi migratori, in particolare nel continente africano, prestiamo poi particolare attenzione alla tutela dei diritti umani di rifugiati e migranti in transito. La Farnesina si è Pag. 9dotata di un fondo dedicato, il Fondo migrazioni, grazie al quale ha potuto promuovere attività di assistenza ai più vulnerabili nelle regioni del Corno d'Africa, del Sahel e del Nord Africa, con il prezioso supporto delle organizzazioni delle Nazioni Unite, in particolare OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) e UNHCR (Ufficio dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati). Si è inoltre impegnata in iniziative di capacity building nei principali Paesi di transito dei flussi migratori in materia di rispetto dei diritti umani e di contrasto al traffico di esseri umani.
  In forte sintonia con le sensibilità parlamentari, la nostra attenzione è inoltre dedicata alla promozione della libertà di religione o credo nel mondo, nonché alla tutela dei diritti delle persone appartenenti a minoranze religiose o etniche e alla preservazione del patrimonio culturale e religioso. Promuoviamo, a tal fine, in stretto raccordo con i nostri partner europei, iniziative a livello internazionale, come le principali risoluzioni adottate in ambito delle Nazioni Unite sul tema. Sosteniamo con convinzione il lavoro del Relatore Speciale ONU e partecipiamo attivamente al Gruppo di contatto internazionale sulla libertà di religione o di credo, co-presieduto da Stati Uniti e Canada, che è stato istituito nel 2015 con l'obiettivo di favorire il monitoraggio di situazioni di rischio, lo scambio di informazioni e buone pratiche.
  In questo quadro riveste un ruolo importante il Fondo, istituito con la legge di bilancio del 2019, destinato a finanziare interventi a sostegno delle popolazioni appartenenti a minoranze cristiane, oggetto di persecuzioni nelle aree di crisi, i cui primi progetti, avviati tra la fine del 2020 e l'inizio di quest'anno, sono volti a favorire la pacifica coesistenza e il dialogo tra differenti comunità religiose in diversi Paesi mediorientali.
  Siamo consapevoli che stanno emergendo nuove sfide per la tutela dei diritti umani nel mondo, che siamo chiamati ad affrontare. Il rapido sviluppo delle tecnologie digitali, compresa l'intelligenza artificiale, può avere un impatto estremamente positivo e offrire nuove opportunità in molti campi. Tuttavia, dobbiamo garantire che i diritti umani si applichino allo stesso modo on line tanto quanto off line. Siamo a tal proposito fortemente impegnati nell'ambito costituito in seno al Consiglio d'Europa sull'intelligenza artificiale, detenendo anche la co-presidenza di uno dei sottogruppi nello studio di possibili strumenti per disciplinare l'utilizzo dei sistemi di intelligenza artificiale in modo da assicurare che questi rispettino tutti gli standard in materia di diritti umani, Stato di diritto e democrazia.
  Il tema di come conciliare lo sviluppo dell'intelligenza artificiale con la tutela dei diritti fondamentali potrebbe essere oggetto di un focus speciale nel corso della nostra prossima Presidenza del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa.
  Inoltre, è sempre più rilevante anche agire per assicurare il rispetto dei diritti umani da parte delle imprese e di tutti gli operatori del settore privato. In tal senso, in linea con i princìpi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani, il Comitato interministeriale per i diritti umani istituito presso il Ministero degli Esteri sta finalizzando, attraverso il coordinamento delle amministrazioni e delle organizzazioni della società civile interessate, il secondo Piano d'azione nazionale su impresa e diritti umani.
  Con riferimento alle Nazioni Unite vorrei anche ricordare la recente adozione della nuova strategia globale di contrasto al terrorismo, al cui negoziato l'Italia ha contribuito attivamente, in cui è attribuita particolare enfasi alla necessità di coniugare gli aspetti securitari con la tutela dei diritti umani.
  Oltre a una rinnovata valorizzazione dei diritti umani, la strategia contiene importanti riferimenti al ruolo di giovani, donne e della società civile. Per noi, così come per l'Unione europea e per i Paesi che come noi credono fortemente nei diritti umani, alcune situazioni sono motivo di grande preoccupazione; a cominciare dalla Siria, dove da oltre un decennio la popolazione subisce un conflitto brutale, con violazioni dei diritti umani sistematiche, decine di migliaia di civili detenuti arbitrariamente, torture, Pag. 10 diffusa violenza sessuale e di genere, sparizioni forzate.
  Al riguardo, l'Italia continua a sostenere il lavoro della Commissione d'inchiesta – istituita su iniziativa di un gruppo di Stati, tra cui l'Italia – e dal Meccanismo internazionale imparziale e indipendente per la Siria, al fine di assicurare che i crimini commessi in Siria non restino impuniti.
  Altro Paese in cui la situazione dei diritti umani rimane estremamente preoccupante è lo Yemen. Crediamo fermamente nella necessità di assicurare la responsabilità per tutte le violazioni e gli abusi dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario commessi da tutte le parti in conflitto. Continuiamo quindi a sostenere il lavoro del gruppo di eminenti esperti internazionali e regionali e della Commissione nazionale d'inchiesta, e invitiamo in tutte le occasioni tutte le parti coinvolte a cooperare pienamente con questi meccanismi.
  Un altro Paese di nostra primaria attenzione è l'Egitto: la nostra priorità assoluta è raggiungere la verità e ottenere risultati definitivi sul caso Regeni, a ormai cinque anni dalla sua brutale uccisione. Sappiamo che è in corso il processo e cerchiamo di operare per assicurare la piena cooperazione giudiziaria da parte delle autorità egiziane.
  Accanto al caso Regeni dobbiamo continuare a concentrare la nostra attenzione sulle frequenti e diffuse violazioni dei diritti umani che continuano a verificarsi nel Paese, inclusa la prolungata detenzione preventiva di molti difensori dei diritti umani come Patrick Zaki. In tal senso, solleviamo questi temi in tutte le occasioni utili a livello multilaterale e bilaterale, e siamo fortemente impegnati anche attraverso meccanismi a livello locale, come il monitoraggio dei processi da parte dell'UE al Cairo.
  Il nostro auspicio è che gli sforzi di Governo e Parlamento, anche attraverso la proposta parlamentare, dal forte valore simbolico, del conferimento della cittadinanza italiana a Zaki, possano facilitare quanto prima la strada al suo rilascio. Porre fine al più presto alla detenzione dello studente egiziano, le cui condizioni di restrizione in carcere sono incompatibili con le norme del diritto internazionale, resta la nostra priorità e il nostro obiettivo e ogni iniziativa che l'Italia intraprenderà dovrà quindi avere come scopo primario quello di spianare la via verso questo obiettivo.
  Vorrei ricordare anche il nostro impegno a difesa dei diritti umani in Myanmar a seguito del colpo di Stato dall'esercito dello scorso febbraio, sviluppatosi anzitutto in ambito Nazioni Unite, in sede al Consiglio dei diritti umani, Assemblea Generale e Organizzazione internazionale del lavoro, dove abbiamo reiterato la nostra più ferma condanna del colpo di stato e richiesto con forza ai militari di rispettare i diritti umani e fermare l'uso eccessivo della forza, sia tramite interventi nazionali, tra cui quello del Ministro Di Maio nel segmento di alto livello del Consiglio diritti umani, sia attraverso iniziative congiunte con i partner dell'Unione europea, sostenendo, tra l'altro, l'adozione di ampie misure sanzionatorie nei confronti di individui responsabili del golpe e delle entità economiche loro collegate, fermo restando l'obiettivo di risparmiare inutili sofferenze alla popolazione civile.
  Seguiamo con estrema attenzione il tema dei diritti umani in Cina, rispetto al quale auspichiamo la ripresa del dialogo di alto livello tra Pechino e Bruxelles. Desta, in particolare, grave preoccupazione – ma la Commissione Esteri della Camera se ne è occupata – la situazione delle minoranze religiose ed etniche nel Paese, rispetto alla quale ribadiamo in tutti i contesti pertinenti – da ultimo nel corso dell'ultima sessione del Consiglio diritti umani, ma anche nei contatti bilaterali ai vari livelli – l'invito a rispettare gli obiettivi previsti dal diritto internazionale e di tutelare i diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze, in particolare nello Xinjiang e in Tibet.
  Assieme ai partner dell'Unione europea e nel G7 abbiamo inoltre espresso con chiarezza anche le nostre preoccupazioni per la continua lesione del sistema di diritti e libertà fondamentali ad Hong Kong e abbiamo sostenuto l'adozione di iniziative Pag. 11a supporto della società civile hongkonghina.
  In America Latina, oltre alle gravi violazioni dei diritti umani in Venezuela – dettagliate dalla già ricordata missione di accertamento di fatti, che continuiamo a monitorare costantemente –, merita attenzione la situazione in Nicaragua, Paese nel quale dal 2018 è in atto una crisi sociopolitica molto grave, caratterizzata da diffuse violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali. La repressione, durissima nella fase iniziale, prosegue tuttora, sebbene in forme meno visibili. Il giro di vite, inizialmente incentrato su studenti, lavoratori, difensori dei diritti umani, giornalisti indipendenti, da giugno scorso ha riguardato anche una serie di esponenti dell'opposizione.
  In ambito dell'Unione europea ad ottobre 2019 è stato adottato un sistema sanzionatorio, poi rinnovato a ottobre 2020, che ha portato finora all'erogazione di sanzioni individuali nei confronti di sei persone macchiatesi di gravi violazioni dei diritti umani e di gravi atti di repressione. Con la medesima attenzione seguiamo gli sviluppi nel quadro del Consiglio diritti umani a Ginevra, che ha adottato nell'arco degli ultimi tre anni, anche con l'appoggio italiano, una serie di risoluzioni nelle quali si condanna la postura del regime Ortega-Murillo, gravemente lesiva dei diritti individuali e delle libertà fondamentali del popolo nicaraguense.
  Più di recente, ma non per questo meno preoccupante, è la situazione a Cuba, dopo le diffuse proteste dello scorso 11 luglio, generate da una crisi insieme economica, energetica e pandemica, che, da un lato, sta mettendo a dura prova la tenuta del corpo sociale e, dall'altro, sta evidenziando le difficoltà del Governo di fronte alle richieste di libertà levatesi dalle piazze e alimentate dall'effetto moltiplicatore della rete.
  Gli incidenti tra i manifestanti e le forze dell'ordine hanno fatto registrare una vittima e un numero imprecisato di fermi e di arresti che hanno coinvolto anche esponenti della dissidenza. Il Governo cubano, nell'invocare l'unità del popolo contro chi, all'interno o al di fuori del Paese, intenderebbe sovvertire l'ordine costituito, ha annunciato che i responsabili degli incidenti saranno processati. D'altro canto, numerosi sono stati gli appelli rivolti alle autorità de L'Avana alla moderazione all'uso della forza e alla liberazione delle persone ancora detenute.
  Infine stiamo, con la massima attenzione e con estrema preoccupazione, seguendo la crisi in Tigrai, in Etiopia, con particolare riferimento alla situazione umanitaria e alle gravi violazioni dei diritti umani nella regione. Sosteniamo l'indagine congiunta sulle violazioni dei diritti umani avviata lo scorso maggio dalla Commissione etiope per i diritti umani insieme all'Alto Commissariato ONU per i diritti umani, così come l'azione della Commissione africana sui diritti dell'uomo e dei popoli. Solo pochi giorni fa, nel corso dell'ultima sessione del Consiglio dei diritti umani, l'Italia ha promosso insieme agli altri Paesi dell'Unione europea l'adozione di una risoluzione sulle violazioni dei diritti, delle libertà fondamentali e del diritto internazionale umanitario nella regione, che dà mandato all'Alta Commissaria dell'ONU per i diritti umani, Bachelet, di tenere aggiornato il Consiglio sugli sviluppi delle indagini congiunte.
  Vorrei insistere, in conclusione, sul ruolo insostituibile della società civile nella costruzione di società democratiche e pluralistiche. I difensori dei diritti umani e gli attivisti per i diritti umani svolgono un ruolo fondamentale nella promozione e protezione dei diritti a tutti i livelli, sensibilizzando e promuovendo standard di protezione più elevati. Per questo lavoriamo perché la società civile possa partecipare attivamente ai lavori dei fori multilaterali, e contribuiamo annualmente al Fondo delle Nazioni Unite contro le rappresaglie verso i difensori dei diritti umani e tutti coloro che collaborano con l'ONU, per fare in modo che ci sia un ambiente più favorevole e sicuro in cui possono operare i difensori dei diritti umani, oltre a mantenere un dialogo costante con molte ong e attivisti.
  In questo contesto svolgono un ruolo particolarmente prezioso e sono spesso esposti a forti rischi i giornalisti, compresi i Pag. 12giornalisti indipendenti e i blogger. Per questo l'Italia da alcuni mesi ha aderito alla coalizione sulla libertà dei media, un partenariato di Stati guidato da Regno Unito e Canada che lavora per sostenere giornalisti e stampa indipendente a livello internazionale e per denunciare situazioni particolarmente problematiche. In questo senso abbiamo di recente aderito a comunicati di condanna agli sviluppi a Hong Kong, in Myanmar e in Bielorussia.
  In particolare, la brutale repressione da parte delle autorità statali bielorusse contro manifestanti pacifici, le detenzioni e gli arresti arbitrari di difensori dei diritti umani, operatori dei media e prigionieri politici, sono fonte di grande preoccupazione e hanno spinto l'Unione europea ad agire con forza, adottando misure sanzionatorie nell'ambito del Consiglio dei diritti umani, incaricando l'Alta Commissaria Bachelet di monitorare gli sviluppi.
  Signor presidente, ho tratteggiato un quadro sintetico dei temi principali, anche se sono stato forse troppo lungo. Pur nella lunghezza, dovuta ai numerosi argomenti trattati, il quadro, punto per punto, è stato in sé un quadro sintetico delle specifiche situazioni e maggiori criticità. È un panorama generale, sono a disposizione per commenti, domande e richieste di approfondimento. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie al Sottosegretario Della Vedova per la Sua dettagliata relazione, che ci dà la possibilità di fare domande circostanziate. La ringrazio anche per la franchezza che ha voluto riservarci, perché sappiamo bene che non stiamo vivendo l'età dell'oro dei diritti umani, come Lei ha detto, e che lo spazio per i difensori dei diritti umani si sta assottigliando. Apprezzo anche questo modo abbastanza trasparente di affrontare il tema.
  Adesso darei la parola ai colleghi e alle colleghe. Ho iscritta a parlare la collega Quartapelle. Prego.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO (intervento da remoto). Grazie mille. Ringrazio il Sottosegretario per una relazione davvero molto completa su tutti gli ambiti. Il Sottosegretario ha trattato tante questioni, sulle quali questa Commissione e noi come Partito Democratico ci siamo impegnati in prima persona, a partire dalla vicenda bielorussa, dalla vicenda di Zaki, dalle questioni legate alla condizione femminile nel mondo.
  Io ho una domanda più di carattere politico: nel contrasto tra autocrazie e democrazie che stiamo vivendo in tutti i Paesi del mondo, la questione della difesa dei diritti umani sta assumendo un peso politico molto importante. Ci sono regimi, come la Cina, che dicono che i diritti umani non sono universali; lo ha detto l'Ambasciatore cinese in audizione proprio presso questa Commissione qualche mese fa. Ci sono regimi o movimenti terroristici che fanno del disprezzo dei diritti umani una caratteristica politica del loro agire, penso ad esempio al terrorismo di Daesh, che se la prende con le donne proprio per significare e per simboleggiare la propria appartenenza a un altro universo, diverso da quello occidentale, dello Stato di diritto e universale, che è l'ordine internazionale creato dopo la seconda guerra mondiale.
  In questo contesto le democrazie stentano un po', rispetto al passato, a difendere i diritti umani. Spesso lo facciamo a parole, ma gli strumenti con cui portiamo avanti la difesa dei diritti umani sembrano spesso spuntati. Lei faceva riferimento al tema della cittadinanza a Zaki, che è uno strumento importante, secondo il Parlamento, per fare pressione sul Governo egiziano, ma ci sono tanti altri casi dove la nostra difesa dei diritti umani – penso ad esempio alla vicenda Navalny – si ferma, di fatto, ai confini di quei Paesi che violano i diritti umani.
  Ora la domanda è: quali sono secondo Lei gli strumenti più efficaci, che l'Italia non sta usando e che potrebbe usare, o sui quali non stiamo ragionando, per favorire una maggiore difesa dei diritti umani in alcuni casi? Penso a Zaki ma non solo. L'Unione europea, per esempio, si è dotata dello strumento per le sanzioni individuali contro chi viola i diritti umani, sanzioni che si fermano rispetto invece al toccare i beni che alcune di queste persone possono Pag. 13avere in Europa. Si è deciso di non sanzionare i beni, ad esempio. La domanda è una domanda più politica: cosa possiamo fare per rendere la nostra difesa dei diritti umani più efficace? Tante volte, negli ultimi anni, ci scontriamo con una realtà internazionale dove questo tema è diventato estremamente politico, e spesso la nostra è una difesa dei diritti umani più a parole che nei fatti. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Quartapelle. È iscritto a parlare l'onorevole Comencini. Prego.

  VITO COMENCINI. Grazie, presidente. Ringrazio il Governo per i vari punti che sono stati toccati. Ha fatto tantissimi focus, sicuramente di grande rilevanza, sulla questione dei diritti umani. Io in particolar modo volevo focalizzare l'attenzione su alcuni temi che sono stati trattati, alcuni che magari, anche per motivi di tempo o quant'altro, forse non si è riusciti a fare emergere.
  Uno è la questione della Cina: tra i vari aspetti di grande rilevanza, su cui spesso credo venga un po' trascurata la gravità delle denunce e degli aspetti di brutalità di questo regime, c'è anche la questione del traffico di organi umani, che è legato alla questione dei Laogai, dei campi di prigionia, dove vengono detenute persone per motivi politici e non solo. Soprattutto poi ci sono queste gravi accuse per cui ci sarebbe questo espianto di organi per poi venderli in maniera illegale. È comunque illegale già il fatto che queste persone siano detenute e uccise appositamente per questi fini.
  Poi la questione religiosa: Lei l'ha toccata parecchio, io però volevo concentrarmi in particolar modo sulla questione dei cristiani, che fin da quando si è affermato il regime comunista, negli anni Cinquanta, in Cina sono perseguitati in tutti i modi e in tutti i modi si è cercato di estirpare la presenza della religione cristiana in Cina, come adesso stanno cercando di fare evidentemente con gli uiguri o altre minoranze religiose. Però credo che si debba dare grande attenzione al fatto che la Cina voglia estirpare la presenza di una religione come quella cristiana, che è sicuramente un ottimo antidoto contro un regime come quello che c'è in questo momento in Cina.
  Lì accanto c'è un altro Paese dove forse la persecuzione è addirittura ancora più dura, non solo per le minoranze religiose ma sotto tanti aspetti, che è la Corea del Nord, che in qualche modo può essere considerato un Paese satellite della Cina, ma in qualche altro modo è un Paese a sé, dove la questione dei diritti umani sicuramente non può essere trascurata; anzi, credo sia assolutamente una questione che debba essere sempre rimarcata, al di là delle minacce e degli utilizzi strumentali da parte di questo Paese, minacce militari e quant'altro. Ma sicuramente la questione di questi diritti è un tallone d'Achille, un po' come accade in Cina.
  Per quello che riguarda il Sudamerica, ha toccato la questione del Venezuela e Nicaragua, assolutamente questioni emergenti importanti. Ma in queste settimane vediamo anche la questione di Cuba, molto interessante, che credo possa essere l'occasione per prendere in mano questo aspetto e vedere proprio lì cosa sta accadendo. Quando esplode una crisi e ci sono delle proteste, forse a volte è anche l'occasione per vedere effettivamente se lì c'è un qualcosa su cui andare a discutere, in questo caso con il regime di Cuba.
  In merito ad altri Paesi, altri continenti, che magari tante volte vengono osservati meno, io mi permetto di sollevare la questione del Sudafrica per quello che riguarda le violenze e per quello che riguarda eventuali espropri nei confronti di agricoltori o persone che sono semplicemente dei lavoratori, dei cittadini. Sono questioni politiche annose, che si ripercuotono per motivi ideologici o di storia di quel Paese, storia che sappiamo essere molto complessa e da certi punti di vista tragica. Però non possiamo far finta di nulla di fronte a cose del genere, di fronte a espropri delle proprietà private nel 2021 come fossero degli espropri bolscevichi degli anni Venti.
  Infine, Lei ha toccato la questione della Polonia in merito all'aspetto dell'aborto: io Pag. 14naturalmente mi permetto di dire che non sono molto d'accordo su questa visione, anche se capisco la scelta del Governo, in linea con la politica in questo momento dell'Unione europea, di criticare e cercare di imporre un certo tipo di linea alla Polonia. Ma credo che l'Europa dovrebbe avere un altro approccio nei confronti della Polonia perché, se da una parte c'è la questione dell'aborto e di una legge discussa in Polonia, dall'altra c'è la questione della volontà di tutelare il diritto alla vita, il diritto delle madri di poter concepire un figlio, magari anche in momenti di difficoltà economica e quant'altro, e anche una grave crisi demografica – mi permetto di dire, non solo della Polonia, ma di tutta l'Europa o di gran parte dell'Europa –, che è un problema che spesso non viene assolutamente considerato o non viene considerato in maniera adeguata. Magari può non essere visto come un problema di diritti umani, ma è un problema che riguarda sicuramente il nostro continente. Ed è un problema gravissimo, perché se non nascono figli, se c'è un inverno demografico – come continua a esserci in questo momento, sempre più grave –, non c'è un futuro per il nostro continente. Credo che da questo punto di vista le questioni non siano semplicemente da porre in questa maniera, però capisco che sono anche punti di vista politici diversi. Grazie.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Presidente Fassino, prego.

  PIERO FASSINO. Io ho apprezzato molto la relazione del Sottosegretario, che ci ha dato un quadro ampio e che destituisce di fondamento un luogo comune, per cui spesso si dice: non si fa nulla sui diritti umani, non ce ne occupiamo; mi pare che il quadro dato sia amplissimo. Pongo però una questione, che è analoga a quella che ha già posto l'onorevole Quartapelle: qual è la strumentazione con cui si può rendere efficace il rispetto dei diritti umani? Noi siamo spesso in una condizione in cui denunciamo una violazione dei diritti umani e alla denuncia segue un generico pronunciamento politico, oppure le sanzioni. Non c'è altro.
  Siccome noi avremo la presidenza del Consiglio d'Europa nei prossimi mesi, io sottolineo che invece il Consiglio d'Europa ha un meccanismo che potrebbe essere utilmente dilatato. Il Consiglio d'Europa, che ha come finalità quella di monitorare e sovraintendere al rispetto da parte dei quarantasette Paesi membri dei diritti fondamentali, ha però un meccanismo: periodicamente un monitoraggio; al monitoraggio segue una raccomandazione; la raccomandazione dà delle indicazioni; poi c'è un post monitoraggio che verifica se le indicazioni sono state ottemperate o no. Insomma, c'è tutto un meccanismo che va nella direzione di monitorare e sollecitare, e quindi sostenere, aiutare e accompagnare i Paesi nel riconoscimento dei diritti umani. Mi pare molto più efficace che semplicemente pronunciare dei verdetti sanzionatori.
  Siccome noi abbiamo la presidenza del Consiglio d'Europa, mi chiedo se il Governo, nell'ambito del programma della presidenza del Consiglio d'Europa, non possa valorizzare i meccanismi di monitoraggio, tutoraggio, verifica dello stato di attuazione dei diritti umani, e io dico anche se questa cosa non possa essere portata in sede di Unione europea, perché anche il meccanismo ultimo che l'Unione Europea ha adottato è puramente un meccanismo di natura sanzionatoria.
  Ora, io per esperienza – avendo fatto tra i tanti miei mestieri anche l'Inviato Speciale per l'Unione europea per la Birmania – ricordo benissimo che il meccanismo delle sanzioni era di assoluta inefficacia. Intanto bisogna sapere che le sanzioni le applica solo l'Occidente nel mondo. Le applicano l'Europa, gli Stati Uniti, Paesi di altri continenti affini per democrazia e valori a noi, come l'Australia, il Canada, il Giappone, e finisce là. In Asia non c'è un solo Paese che applica le sanzioni; in Africa non c'è un solo Paese che applica le sanzioni. Se volete, non essendo tutti particolarmente democratici, non le applicano perché hanno paura che un giorno o l'altro vengano applicate a loro. Ma, al di là delle motivazioni, non si applicano.
  A parte il fatto che poi l'esperienza dice che quando tu applichi una sanzione tendenzialmente Pag. 15 tu alzi un muro nei confronti del Paese sanzionato. La tua capacità di incidere è assolutamente minore rispetto ad altre procedure. Io dico sempre che le sanzioni sono un meccanismo che rendono prigioniero più chi le mette di chi le riceve, perché ci si mette un minuto a metterle e poi non sai più come uscirne. Caso classico che abbiamo davanti è la Russia: siamo al paradosso che noi dobbiamo sperare che ci siano delle violazioni dei diritti umani perché questo ci evita di dover fare i conti con cosa facciamo con la Russia. È paradossale, dovremmo sperare che la Russia rispetti i diritti umani, invece dobbiamo sperare che non li rispetti perché così siamo tranquilli, abbiamo messo le sanzioni e non dobbiamo fare alcunché.
  Io credo che i diritti umani siano evidentemente una priorità, e tra l'altro adesso lo sono ancora di più per molteplici ragioni: perché Biden l'ha posta come una grande questione prioritaria sul tavolo; perché nel mondo della globalizzazione devi porti il problema anche di globalizzare i diritti; e via di questo passo. Quindi è una priorità. Ma quali sono gli strumenti con cui noi perseguiamo il rispetto dei diritti umani? Questa questione della strumentazione non è una conseguenza di natura tecnica. È la modalità politica con cui tu ti poni il problema di fare in modo che la tua dichiarazione di principio non si fermi lì. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Onorevole Formentini, prego.

  PAOLO FORMENTINI. Grazie, presidente. Io ho ascoltato davvero con attenzione l'intervento dell'onorevole Quartapelle e del presidente Fassino. Secondo me dobbiamo sfruttare questa occasione utilizzandola anche per interrogarci su quello che sta succedendo nel mondo, perché noi oggi ci troviamo, come Occidente, a fronteggiare l'aggressività nella proposta di un modello alternativo di valori rispetto a quelli delle democrazie occidentali. Ovviamente faccio riferimento principalmente alla Cina.
  Una frase in particolare è importante, sottolineata dall'onorevole Quartapelle: proprio in questa Commissione ci è stato detto che i diritti umani non sono universali. La mia non vuole essere una provocazione, ma una seria riflessione, anche pensando per esempio al caso del Montenegro: la miglior difesa dei diritti umani e promozione nel mondo non è forse difendere le nostre democrazie che sono sotto attacco? Abbiamo visto come con il 5G potessero essere, in un attimo solo, spazzati via diritti umani fondamentali come il diritto alla riservatezza, alla privacy e quindi un controllo totale sulle nostre vite. Non è forse quindi il metodo migliore quello di una difesa geopolitica di tutto ciò che oggi è libero? Perché noi rischiamo, altrimenti, veramente di non capire qual è oggi il problema del nostro tempo. Il problema è che siamo sotto attacco e viene esaltato questo modello alternativo facendo breccia anche nelle democrazie. Quanto è successo ad inizio pandemia in Italia, con l'esaltazione del modello cinese, di un regime comunista, deve farci riflettere. Quanto sono sentiti oggi i diritti umani dalla nostra popolazione, dai nostri cittadini? Quale futuro vede, Sottosegretario, per i diritti umani? Non crede anche Lei che tutta l'Europa, tutto l'Occidente debbano schierarsi con gli Stati Uniti in quella che sarà una vera e propria battaglia in difesa del diritto ad essere liberi? Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Se non ci sono altri colleghi che vogliono intervenire, anch'io vorrei fare qualche considerazione, Sottosegretario. Intanto ha ragione quando dice che le nostre inadempienze come Paese si devono, forse, un po' alla mancata collaborazione, o comunque al mancato impegno, sia del Parlamento sia del Governo. Lei ha ragione a dire questo, perché a nessuno sfugge che la Commissione nazionale indipendente sui diritti umani, sulla quale peraltro c'è anche una proposta di legge a prima firma Quartapelle, è un dovere del Parlamento.
  Ricordo che anche un Capo dello Stato, un Presidente della Repubblica, nel 2011 – parlo del Presidente Napolitano – andò presso il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite e si impegnò a istituire questa Commissione. Sono passati un po' di Pag. 16anni, sono passati dieci anni, e noi questa Commissione non ce l'abbiamo ancora. Al tempo stesso è anche responsabilità del Governo ratificare la Convenzione ILO (International Labour Organization) sui diritti dei migranti: questa è una responsabilità del Governo, perché una volta che il Governo firma e ratifica poi c'è il Parlamento.
  Credo anche che oggi ci siano delle aree, come l'Afghanistan, che sono particolarmente critiche. In Afghanistan abbiamo investito molte risorse, aspettative, lavoro, e poi, in modo molto rapido e unilaterale, l'Amministrazione americana decide di ritirarsi, di trattare con i talebani, quando l'obiettivo della missione era proprio di sconfiggere i talebani. Questa situazione oggi sta terrorizzando le donne. Le donne afghane sono terrorizzate dall'arrivo dei talebani. Allora io Le chiedo, Sottosegretario: come stiamo cercando di sostenere queste donne? Abbiamo dei programmi specifici? E sarà consentito dai talebani continuare i progetti di cooperazione? All'epoca – io me lo ricordo – andai molte volte in Afghanistan, anche durante il periodo dei talebani, e mi ricordo bene come noi donne funzionarie dell'ONU avevamo le limitazioni anche di parlare con i talebani allo stesso tavolo. Quindi mi viene da dire: che tutela possiamo noi fornire alle donne afghane che oggi vivono con terrore? Herat, dove eravamo noi, è circondata dai talebani. Tutte le vie di uscita dalla città sono bloccate. Dunque, penso che su questo dovremmo fare una riflessione.
  Per quanto riguarda le sanzioni, mi viene di chiederLe se non crede che, al di là delle sanzioni – che possono avere effetti o non averne, ma che al momento è l'unico strumento di cui disponiamo –, Lei non ritiene che una condizionalità nei rapporti bilaterali possa essere utile? Mi spiego: quando si ha a che fare con un regime, è possibile condizionare un impegno con quel regime al rispetto di alcuni diritti, o si deve pensare che viene prima il business, l'interesse, la ragion di Stato e poi eventualmente i diritti umani? Questo è un punto centrale. Si può trattare con Paesi che violano i diritti umani, anche implementando delle condizionalità nei rapporti commerciali bilaterali? Penso che questo sarebbe un segnale molto chiaro.
  L'ultima cosa che volevo dire è che invece io sono molto d'accordo con Lei sul fatto che in Polonia bisogna sostenere la causa delle donne, perché la crisi demografica non può essere certo risolta imponendo alle donne gravidanze non volute, con feti gravemente malformati, come questa legge prevede. Penso che sia assolutamente giusto il rispetto delle donne, l'autodeterminazione delle donne, che è un elemento che ha caratterizzato le battaglie delle donne negli ultimi decenni. Queste sono anche le mie osservazioni e Le do ora la parola per rispondere. Grazie.

  BENEDETTO DELLA VEDOVA, Sottosegretario agli Affari esteri e alla cooperazione internazionale. Grazie, presidente. Ringrazio Lei e tutti i commissari che sono intervenuti, che ho già ringraziato per la pazienza e l'attenzione che hanno dedicato a questa relazione dell'attività del Governo. Io rispondo cercando di attenermi alla dimensione della politica del Governo, senza aggiungerci del mio.
  Onorevole Quartapelle, io credo che il cambio nell'Amministrazione americana apra una finestra di opportunità, e già lo si vede nella narrativa, più che ancora negli effetti. Lo si è visto al G7 e poi lo si è visto negli incontri tra Biden e l'Unione europea. Togliendo il dubbio che ormai il tema dei diritti umani fosse un'eventualità e che fosse subentrato un atteggiamento di indifferenza al tema, torna a essere chiaro che l'alleanza geostrategica, economica, politica tra Unione europea e Stati Uniti si fonda sui valori che sono quelli dei diritti umani, dello Stato di diritto, della libertà e della democrazia. Ciò che di principale l'Italia può fare, a mio avviso, è muoversi all'interno dell'Unione europea e rafforzare l'iniziativa dell'Unione europea, perché la dimensione è rilevante per tutta una serie di questioni.
  Sulle sanzioni, che sono state toccate in due o tre interventi, io credo che la dimensione, certamente ancora insoddisfacente, di sanzioni che vanno a colpire gli interessi delle persone – e quindi che perdono la dimensione di embargo commerciale, ma Pag. 17che colpiscono le persone accusate o responsabili di perpetrare violazioni dei diritti umani –, già siano un passo che rende questi strumenti più efficaci e che riduce i danni alle popolazioni, e che spesso individua come oggetto delle sanzioni – questo vale in particolare per l'Unione europea – le persone che sono individuate all'interno dei Paesi come i responsabili della violazione dei diritti umani.
  Quindi, anche da un punto di vista politico e di attenzione alla dimensione interna in termini di resistenza politica e della società civile, in questo modo si cerca di diminuire il rischio di un corto circuito, per cui l'embargo finisce per andare a discapito delle persone che già soffrono le violazioni dei diritti umani. Ovvio, a queste sanzioni targhettizzate i Governi possono rispondere a propria volta con degli embarghi veri e propri. Sia chiaro che si colpiscono i responsabili.
  Certamente questo è un tema, come il tema della condizionalità, su cui vengo dopo. Una questione sollevata anche dall'onorevole Fassino, che si interroga sul tema delle sanzioni: certamente – e questo si era un po' perso negli ultimi anni – la via faticosa, ma che quando funziona è quella che ha maggiore efficacia, è quella del diritto internazionale, anche perché in moltissimi casi – non in tutti, ma in moltissimi, o quantomeno in alcuni casi – parliamo di Paesi che hanno sottoscritto impegni o convenzioni vere e proprie internazionali che li vincolano o li vincolerebbero, e da questo punto di vista la via del diritto internazionale, anche su casi specifici, potrebbe essere opportunamente utilizzata.
  Ho colto il punto dell'onorevole Comencini sul caso specifico per quel che riguarda la Polonia sulla legge sull'interruzione di gravidanza, che è uno degli elementi in discussione, ma non è l'unico; c'è il tema dell'autonomia del potere giudiziario, che è pure un tema rilevante, e vale per la Polonia e non solo. Io credo che l'Unione europea, anche al proprio interno – e mi auguro, di conseguenza, nella dimensione internazionale –, in questi ultimi semestri abbia giustamente e con una certa dose di sincerità, ma anche di lungimiranza posto il tema dei diritti umani, ma comunque dello Stato di diritto, che riguarda i media, i giornalisti, il sistema giudiziario, anche al proprio interno. Vale per Paesi, ma vale anche per l'Italia per alcuni aspetti, e li conosciamo. Credo che questo sia un modo importante e necessario in termini di credibilità e di autorevolezza.
  La condizionalità: dovendo identificare un percorso virtuoso, che non so se verrà da noi europei e americani insieme percorso, è evidente che le condizionalità sono possibili nel momento in cui ci si muove insieme, mentre anche in anni recenti all'interno dell'Unione europea Paesi hanno preso strade diverse, perché non si può condizionare tutto al PIL, ma bisogna altrettanto essere consapevoli che la rinuncia a una presenza economica – anche di supporto alla sicurezza, in alcuni casi –, da parte di Paesi con elevati standard di diritti umani, in Paesi dove gli standard non sono così elevati, rischia poi di togliere semplicemente un canale di comunicazione e anche di pressione, perché dove non ci vai tu ci vanno altri che non chiedono niente. È quello che sta accadendo nel continente africano su questo, per esempio, da parte in generale dell'outreach cinese da tutti i punti di vista, che è molto meno esigente e sostituisce la presenza europea. È un bilanciamento complicato.
  Su quello che diceva Formentini, che delinea uno scenario complessivo di sfida, credo che questo sia ciò che un po' è uscito dall'ultimo G7, cioè la consapevolezza di una sfida cinese a noi o noi alla Cina, prendendo atto che quella del confronto con la Cina non è una dimensione evitabile, per evidenti ragioni. Se pensiamo al clima è chiaro che noi rischiamo di fare sforzi... Ma la postura unitaria nei confronti della Cina, che gioca sul divide et impera, sicuramente potrà aiutare nell'individuare alcune forme di condizionamento. C'è tutta la questione tecnologica e, quando io dico che in sede di presidenza del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa dobbiamo porre il tema di diritti umani e intelligenza artificiale, per converso ci viene chiaro cosa si possa fare in termini di inibizione dei diritti umani e delle libertà fondamentali Pag. 18 attraverso un uso senza regole e senza limitazioni dell'intelligenza artificiale con le potenzialità enormi.
  Noi abbiamo avuto casi, anche di recente, di arresti in un Paese dovuti a un post fatto precedentemente in un altro Paese; queste cose riguardano anche l'Italia. È evidente che da questo punto di vista la possibilità di fare lo screening dei post, gestito con l'intelligenza artificiale per parole chiave, rischia di creare dei database pazzeschi, utilizzabili a distanza di anni per presunti reati di opinione, blasfemia e altro.
  Sulla questione dei cristiani e delle minoranze religiose l'impegno c'è; ovviamente parlo in parte dell'Africa e soprattutto del Medio Oriente. La visita del Papa è stato un momento molto importante da quel punto di vista. Quello dei cristiani e della Cina è un tema aperto anche presso la Santa Sede, di soluzione tutt'altro che facile. Di Cuba ho parlato, perché è un tema rilevante. Forse abbiamo dimenticato di parlare della Colombia. È meno grave, però nell'area le preoccupazioni sono state relative a quello.
  C'è il tema del Venezuela, che è un tema su cui forse si potrà anche tornare, non solo perché riguarda un Paese dove la presenza di cittadini italiani è enorme, ma anche perché lì c'è un tema di esodo vero dal sud, che rende inattuabile qualsiasi discorso che riguardi anche i diritti umani fondamentali, in particolare per i bambini. Noi abbiamo delle preoccupazioni sacrosante sulle generazioni che rischiano di avere dei danni in termini di formazione, e ovviamente se pensiamo a Paesi come la Siria, al Venezuela, il dramma è decisivo.

  PRESIDENTE. Grazie, Sottosegretario. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.55.