XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Giulio Regeni

Resoconto stenografico



Seduta n. 19 di Mercoledì 14 ottobre 2020

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 3 

Audizione del professor Maurizio Tira, delegato della Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI) per gli affari internazionali:
Tira Maurizio , delegato della Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI) per gli affari internazionali ... 3 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 7 
Pettarin Guido Germano (FI)  ... 7 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 8 
Tira Maurizio , delegato della Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI) per gli affari internazionali ... 8 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 10 
Tira Maurizio , delegato della Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI) per gli affari internazionali ... 10 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 10 
Zoffili Eugenio (LEGA)  ... 11 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 11 
Pettarin Guido Germano (FI)  ... 11 
Tira Maurizio , delegato della Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI) per gli affari internazionali ... 11 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 11 
Tira Maurizio , delegato della Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI) per gli affari internazionali ... 11 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 11  ... 12  ... 12

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ERASMO PALAZZOTTO

  La seduta comincia alle 14.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche tramite impianto audiovisivo a circuito chiuso, nonché via streaming sulla web-tv della Camera, come convenuto in sede di Ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi.

Audizione del professor Maurizio Tira, delegato della Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI) per gli affari internazionali.

  L'ordine del giorno reca l'audizione del professor Maurizio Tira, rettore dell'Università degli studi di Brescia, delegato della Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI) per gli affari internazionali.
  Con l'audizione della CRUI, la Commissione riprende il filone d'indagine relativo alla sicurezza dei ricercatori italiani all'estero, avviato prima della pausa estiva. Ringrazio il professor Tira per la disponibilità che aveva già manifestato nello scorso mese di giugno.
  Ricordo che la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera e che, ove necessario, i lavori potranno proseguire in forma segreta, sia a richiesta dell'audito che dei colleghi che formuleranno quesiti od osservazioni.
  Ricordo, altresì, ai colleghi la prescrizione di indossare la mascherina, mentre consentirò di prendere la parola senza, avendo assicurato la necessaria distanza grazie alla dislocazione dei posti e alla sanificazione dei singoli microfoni.
  Invito pertanto il professor Tira a svolgere la sua relazione.

  MAURIZIO TIRA, delegato della Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI) per gli affari internazionali. Grazie presidente, buon pomeriggio. Innanzitutto credo che sappiate che la CRUI è la Conferenza dei rettori delle università italiane che raggruppa tutte le università pubbliche e private, ad eccezione di quelle telematiche, per un totale di 84 università.
  La CRUI ha un'assemblea, composta da tutti i rettori, e una giunta di dieci membri: all'interno della giunta vi sono alcune deleghe specifiche tra cui quella all'internazionalizzazione. Sono stato eletto in giunta il 20 febbraio con questa delega, quattro giorni prima dell'inizio della pandemia da COVID-19. In primavera abbiamo gestito una fase delicata di rientri dei nostri studenti che si trovavano all'estero in situazioni di difficoltà.
  Ciò premesso, mi è stato chiesto di inquadrare il tema dei nostri studenti all'estero ovvero circa quali tipi di procedure, accorgimenti e attenzioni si attivano nel momento in cui i nostri studenti vanno all'estero. Svilupperò l'argomento concentrandomi su tre punti, insieme a qualche dato. Alla fine mi permetterò di sollevare una questione di prospettiva per affrontare la tematica.
  Come sapete, tutte le università italiane hanno un'attività internazionale più o meno intensa diretta ad attrarre studenti dall'estero verso le nostre università e a favorire la permanenza all'estero dei nostri studenti. Mi riferisco a studenti delle lauree triennali, delle lauree magistrali e dei cicli di dottorato. Vi sono poi master e scuole di Pag. 4specializzazione, in area medica per esempio, che sono molto rilevanti e che comportano parimenti scambi di studenti o comunque di persone ancora in un periodo di formazione. Accanto alla normale tendenza dell'università di attrarre studenti, il Ministero incentiva altresì i crediti che i nostri studenti conseguono all'estero. L'internazionalizzazione dunque, oltre a essere un fattore normale nel campo della ricerca scientifica, è anche attivamente incentivata. Investire su queste tematiche è dunque un'attività che di norma le università svolgono e infatti io coordino un gruppo di delegati dai rettori di ciascuna università a occuparsi dell'internazionalizzazione.
  Non parleremo di studenti incoming, ma di studenti outgoing, ovvero di studenti che vanno all'estero. Innanzitutto mi riferisco al grande programma Erasmus che dal 1987 a oggi ha movimentato centinaia di migliaia di studenti che hanno svolto gli studi in un'università straniera normalmente tra i tre e i dodici mesi. Vi posso lasciare, se volete, un report predisposto dall'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario con dati che risalgono a un paio di anni fa.
  Riguardo al programma Erasmus, a fronte di circa 20.000 studenti incoming all'anno ce ne sono 34.000 outgoing, quindi sono di più quelli che vanno all'estero rispetto a quelli che vengono dai Paesi europei, mentre la proporzione si inverte nei Paesi extraeuropei. L'Erasmus ha due progetti: uno, più grande, riguarda i Paesi europei, l'altro i Paesi extraeuropei. Per realizzare lo scambio di studenti nel progetto Erasmus le università propongono accordi bilaterali con altre università, normalmente molte per ogni sede, tra le quali gli studenti effettuano le loro scelte. Si forma una graduatoria sulla base del merito, quindi sulla base dei crediti acquisiti. Si possono scegliere le sedi preferenziali fino a esaurimento delle borse per recarsi all'estero. Come sapete le borse sono modulate rispetto al costo della vita del Paese di destinazione, ma in genere coprono solo una parte dei costi che gli studenti sostengono all'estero. Come dicevo, questi periodi nell'università ospitante durano normalmente un semestre, da un minimo di tre mesi fino a un anno. Una forma di mobilità meno strutturata a livello nazionale riguarda lo svolgimento di attività alla fine del percorso di studio, cioè di tesi all'estero: quasi tutte le università incentivano con risorse proprie gli studenti che intendono fare la tesi finale all'estero, quindi con colleghi a cui queste persone vengono inviate. Di norma la tesi ha un relatore e un correlatore, il docente in Italia e il docente all'estero. Questa forma di mobilità è meno facile da quantificare a livello centrale perché è a carico delle risorse dei singoli atenei. C'è comunque sempre un bando, nel senso che lo studente fa domanda sulla base di una graduatoria in funzione del merito. Una forma di mobilità che fa sempre parte del progetto Erasmus, è legata ai tirocini, nel senso che si può andare all'estero a fare una parte di crediti delle lezioni, ma anche di tirocini.
  Abbiamo poi la mobilità degli studenti post-laurea, ovvero di coloro che hanno conseguito il titolo studio di laurea triennale o magistrale. Il terzo livello della formazione, come sapete, è il dottorato. La stragrande maggioranza, per non dire la totalità, dei dottorati di ricerca prevede nel progetto didattico un periodo all'estero piuttosto variabile. La borsa di studio del dottorato viene incrementata del cinquanta per cento nel momento in cui lo studente si reca all'estero, come previsto nei budget messi a disposizione nelle borse che finanzia il Ministero e in quelle aggiuntive. Le borse di dottorato sono infatti finanziate sia dal Ministero, sia, a latere, da soggetti privati o pubblici, che quindi aggiungono borse ai programmi di dottorato. Esse hanno dunque una parte destinata alla permanenza all'estero che ha durata molto variabile, in genere da qualche mese a un anno dei tre del ciclo di dottorato: in Italia infatti il dottorato dura tre anni, salva la possibilità di una breve proroga di alcuni mesi. I corsi di dottorato approvati dal Ministero sono circa un migliaio per anno – si tratta di un dato risalente a un paio di anni fa – e le borse circa 9.000. A queste se ne devono aggiungere molte altre perché, soprattutto i dottorati in campo STEM, Pag. 5relativi alle discipline tecnico-scientifiche, spesso attraggono molte borse finanziate da privati e da aziende, quindi il loro numero è molto maggiore. Nella composizione del dottorato c'è lo stesso scambio: abbiamo studenti stranieri che trascorrono periodi da noi e studenti italiani che vanno a trascorrere un periodo all'estero. Però, ripeto, questo periodo è molto variabile e dipende dai programmi di dottorato e dalle discipline. Non avviene con accordi bilaterali come nell'Erasmus, ma con accordi che stipulano le università anche sulla base della conoscenza reciproca dei gruppi di ricerca: un dottorando che lavora in un gruppo di ricerca va a trascorrere un periodo all'estero in un altro gruppo di ricerca che ha rapporti con l'università italiana. Questa mobilità è meno strutturata rispetto alla convenzione vigente nel programma Erasmus: non c'è un bando, ma il dottorando sa che deve passare un periodo all'estero.
  Il secondo punto della mia audizione riguardava il quesito su come operiamo quando gli studenti vanno all'estero. Tutti gli atenei hanno un ufficio competente in materia di relazioni internazionali che si occupa di gestire le relative pratiche, con procedure anche piuttosto complesse perché richiedono personale che sappia parlare inglese e abbia capacità di relazionarsi con l'estero. Quando gli studenti fanno la domanda e vengono selezionati, con l'assegnazione della sede in funzione della classifica, vengono contattati dalle strutture didattiche per costruire il progetto formativo – ovvero quali esami sostenere nel periodo che passeranno all'estero – con l'accordo secondo cui l'esame che viene sostenuto all'estero è valido in sostituzione di quello che avrebbero sostenuto in Italia. La commissione didattica all'interno del dipartimento di appartenenza dichiara che quell'esame è equipollente e quindi lo studente va all'estero per sostenere appunto esami equipollenti. Nel caso si sia scelta una sede gradita dal punto di vista geografico, ma l'università non contempli gli esami che servono al piano di studi, occorrerà procedere a risolvere questa problematica. Quando il progetto è approvato, al ritorno dal periodo Erasmus lo studente otterrà il riconoscimento dei crediti conseguiti, il rapporto tra ore e credito e i voti, che potendo essere assegnati con scale non sempre uguali, verranno trasformati con l'ausilio di apposite tabelle di conversione. Questo riguarda gli studenti che acquisiscono crediti. La procedura è meno formalizzata per quanto riguarda la tesi all'estero ovvero il periodo del dottorato. I dottorati hanno un progetto formativo più flessibile, con una parte di formazione teorica anche con acquisizione di crediti, e una parte di ricerca non così formalizzata.
  Come dicevo prima, un ultimo aspetto della mobilità riguarda anche le scuole di specialità medica, dove è invalso l'uso di consigliare agli studenti di fare dei periodi all'estero, in questo caso ovviamente presso strutture sanitarie. In questa fase del COVID-19 abbiamo dovuto anche gestire, come sapete, dei progetti Erasmus interrotti dalla pandemia e quindi dei conseguenti rientri. Abbiamo dato la possibilità agli studenti che tornavano a casa di fare gli esami a distanza, se la sede ospitante consentiva questa modalità, o di ritornare nel piano di studi dell'università italiana per sostenere gli esami in patria. Molti hanno però frequentato fino alla fine a distanza, sostenendo così i relativi esami.
  Ritorno al punto che a voi interessa maggiormente, ovvero su come operiamo dal punto di vista della sicurezza. Anche per noi questa è un'opportuna occasione di riflessione. Dalle informazioni che ho raccolto, alcuni atenei fanno una specifica formazione, ma sono pochi quelli di mia conoscenza. Potrebbero essercene altri, ma so che l'Università di Trieste, l'Università di Bologna e il Politecnico di Milano fanno una preparazione specifica su come affrontare i problemi che si possono presentare in un Paese straniero, soprattutto se le sue condizioni sono problematiche dal punto di vista della sicurezza, della security. L'Università di Trieste ha un programma dedicato alla sicurezza sul lavoro dei ricercatori in zone a rischio geopolitico; il Politecnico di Milano e l'Università di Bologna organizzano con un progetto comune un corso di formazione simile a quello che Pag. 6facciamo ai nostri studenti che frequentano i laboratori ai sensi della legge 9 aprile 2008, n. 81 per conoscere le normative di sicurezza. In questa formazione-informazione si danno informazioni sui contesti socio-politici, su come muoversi in tali contesti, sulle relazioni e
  così via. È evidente che noi inviamo studenti nelle università, quindi vanno presso un'istituzione universitaria. Gli studenti non vanno, se non c'è un progetto di scambio con una sede universitaria. Escludiamo il fatto che gli studenti debbano andare all'estero per fare dei sopralluoghi legati, per esempio, a qualche attività di ricerca: un archeologo va a fare delle ricerche, ma in quel caso è assicurato dalla nostra università perché sta andando in missione. La missione è un conto, ma questi scambi non sono missioni: sono permanenze presso un altro istituto universitario. C'è un istituto universitario ospitante che si fa garante, almeno all'interno dell'università, delle condizioni di sicurezza. Anche dal punto di vista assicurativo – questo vale per tutte le attività di stage e tirocinio – noi firmiamo accordi secondo cui il soggetto ricevente dà la copertura assicurativa all'ospite. Stiamo parlando di questo, non del fatto che uno si rechi all'estero per missioni che è una cosa diversa. È chiaro che poi, forse anche come nel caso di specie, può accadere che la sede estera ospitante in questo scambio possa a sua volta prevedere missioni di studio sul territorio che a questo punto però derivano dal programma che la sede ospitante ha deciso di mettere in atto. Ripeto, io so che le tre università che ho citato fanno questi corsi. Può essere – confesso di non avere la geografia completa – che altre università facciano qualcosa di simile. Nella nostra università non facciamo un corso specifico di questo tipo.
  L'ultima cosa che volevo dire era che noi abbiamo tra le università numerosi network internazionali. In Europa esiste la European University Association che riunisce università europee e a livello internazionale esiste la Magna Charta delle università che nasce su proposta dell'Università di Bologna. La Magna Charta è una carta di princìpi a cui aderiscono le università firmatarie – sono centinaia. Una riflessione che ho fatto con alcuni colleghi anche in vista di questo incontro è che si potrebbe, anche con un lavoro giuridico, cercare – e, come mi avete chiesto, questa potrebbe essere una suggestione – di far sì che questa carta dei diritti dello studente universitario possa conferire agli studenti in tutti i cicli della formazione (fino al dottorato compreso o alle scuole di specialità) una sorta di status di cittadino riconosciuto da tutti gli altri Paesi, quando si trovino in un'istituzione universitaria che perlomeno abbia firmato la Magna Charta. Se lo studente va in un Paese qualunque per un progetto di scambio universitario, immaginiamo che possa godere – uso un termine improprio – di una sorta di «protezione diplomatica» perché si sta muovendo tra istituzioni universitarie. Lo studente non è andato a fare un viaggio di piacere o per altri motivi, ma si sta muovendo perché le università hanno deciso che nel progetto formativo ci sia anche la permanenza all'estero. Potrebbe essere una prospettiva di lavoro che credo però richieda anche una copertura normativa. Potrebbe essere uno spunto di lavoro riconoscere agli studenti e alle studentesse che si trovano in un sistema universitario anche una sorta di protezione, di copertura che gli deriva dall'essere nel mondo universitario, ripeto, perlomeno dei firmatari della Magna Charta. Potrebbe essere una condizione interessante dal punto di vista della mobilità internazionale che io credo vedrà sempre più una crescita, anche in quest'anno di difficoltà, dato che in questo semestre molti studenti stranieri non si stanno muovendo, ma si stanno comunque iscrivendo. Non abbiamo registrato un sensibile calo neanche dell'iscrizione di studenti stranieri. Anzi paradossalmente, in qualche caso, l'iscrizione presso alcune università prestigiose potrebbe lievemente aumentare perché la non mobilità fisica comporta un risparmio e quindi uno studente può comunque acquisire un titolo senza andare all'estero.
  Ho dimenticato di dire che nell'ambito della mobilità degli studenti è ricompresa quella delle persone che decidono di fare Pag. 7un corso di laurea all'estero. Non l'ho detto ma era scontato. Ho parlato di mobilità temporanea, ma esiste la mobilità dello studente che decide di fare un corso di laurea magistrale in un altro Paese: lo studente si iscrive e diventa uno studente di quella università. Non è più in carico all'università italiana, per essere chiari, perché è andato a studiare in un altro Paese. Ciò avviene per studenti stranieri da noi e avviene per gli italiani che vanno all'estero. Con il sistema tre più due spesso la mobilità riguarda uno dei due cicli, quindi si può conseguire una laurea triennale in Italia e una magistrale in un altro Paese. In questo caso diventa però uno studente straniero di un'altra università e quindi il suo legame, il suo progetto formativo, il suo patto è con quell'università presso la quale si è iscritto. Questa è una mobilità internazionale, ma diversa da quella di cui ho parlato finora.

  PRESIDENTE. Ringrazio il professor Tira per la sua relazione. Invito i colleghi commissari a intervenire per formulare quesiti, osservazioni, domande e richieste di chiarimento. Eventuali richieste di intervento in forma segreta potranno essere concentrate dopo avere esaurito gli interventi in forma pubblica. Do la parola al collega Pettarin.

  GUIDO GERMANO PETTARIN. Ringrazio il professor Tira per essere qui con noi oggi per aiutarci ad approfondire la conoscenza di questo problema. Parto con quella che probabilmente è «la madre di tutte le domande» da cui poi potrebbero derivarne altre specifiche. In questo contesto vi sono, a livello prudenziale, rapporti con forze di sicurezza o di polizia? A me viene abbastanza logico pensare che si debba avvisare del fatto che un mio studente va in un Paese straniero chi ne deve mantenere l'evidenza. Ciò avviene? Ci sono comportamenti omologhi rispetto a questo tipo di situazione non solamente rispetto ai soggetti stranieri, ma per quanto riguarda i Paesi di destinazione? Naturalmente tenendo conto che non tutti i Paesi sono uguali e qui nasce la seconda domanda. Per i Paesi un po' meno uguali, dove la minor uguaglianza è la maggior pericolosità, vi è un comportamento diverso e più attento? È molto significativo che l'università di Trieste abbia quel corso. Io ho avuto modo di seguirlo, ma ho capito che è destinato al corpo docente, non ai discenti. Viene fatto un corso di geopolitica al corpo docente per istruirlo su come comportarsi e sui tipi di situazioni da affrontare. In questo contesto – anche se giuridicamente non è minimamente paragonabile – lo status dello studente può essere paragonato in qualche maniera allo status del lavoratore dipendente? Se un'impresa manda un suo dipendente all'estero, ha molte responsabilità: responsabilità civile, responsabilità penale, responsabilità amministrativa, responsabilità economica. Tutto questo contesto naturalmente va mediato perché è evidente che lo studente – forse il ricercatore sì, ma è un'altra questione – non è un lavoratore dipendente, ma ha qualche aspetto di omogeneità rispetto a questo quadro? Le faccio un'osservazione molto semplice cercando di trarre dei parallelismi. Se noi abbiamo l'esigenza sacrosanta di imporre la responsabilità civile a chiunque vada in automobile rendendo obbligatoria un'assicurazione RC auto, vi è un'obbligatorietà di assicurazione RC per lo studente, a fronte del fatto che vada al di fuori dal suo ambito normale di attività? In riferimento a questo, nell'ambito – e torno un momento al primo spunto – dei rapporti eventuali, se ci sono, con le forze di sicurezza (dalla polizia ai servizi) vi sono dei rapporti particolari con la Farnesina? Lo dico anche tenendo conto dell'esperienza trascorsa, visto che durante la disgrazia della pandemia, si è dovuto far rientrare moltissimi ragazzi – e qui c'è stato un lavoro enorme delle strutture della Farnesina e delle università – dai luoghi più disparati con una grandissima attività di relazione e di organizzazione specifica, con esigenze anche di carattere patrimoniale: un quadro estremamente complesso che ha dimostrato che vi sono le competenze sul problema, ma ciò accadeva anche prima?
  Ultima domanda. Se per disgrazia uno studente Erasmus ha un incidente che comportaPag. 8 che debba rientrare rapidamente in una struttura sanitaria nazionale, l'università che lo ha tutorato per poter andare in quel luogo interviene? La «madre di tutte le domande» è questa: qual è il coinvolgimento della struttura universitaria nell'assicurare la sicurezza agli studenti? Studenti, ricercatori, dottorandi e specializzandi, insomma tutto il corpus discente che esce dal territorio nazionale. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio il collega Pettarin. Se non ci sono altre domande, ne aggiungerei alcune io.
  Da quello che lei ci ha detto, non esiste un protocollo sulla sicurezza e linee guida generali adottate dalla CRUI. Esistono singoli progetti sulla sicurezza della ricerca che sono stati adottati da alcune università, lei ne ha citate tre. Abbiamo audito il rettore dell'università di Trieste che ci ha spiegato il programma che hanno adottato. Vi risulta che vi siano stati atenei che, a seguito degli sviluppi della tragica vicenda di Giulio Regeni, abbiano modificato i propri protocolli di sicurezza o addirittura scelto di interrompere la collaborazione con le università egiziane?
  L'altra domanda riguarda una delle proposte che sono emerse durante l'audizione del rettore dell'università di Trieste, il professor Roberto Di Lenarda, ovvero la possibilità di istituire un database nazionale che raccolga informazioni delle persone che si trovano all'estero – in primis i ricercatori – e che ne riporti l'esperienza al fine di calibrare le azioni per implementare i livelli di sicurezza. Come valuta questa proposta?
  L'ultima domanda si riferisce a un'informazione presente sul sito della CRUI. Nel corso dell'assemblea tenutasi il 18 gennaio del 2018, il presidente ha comunicato che l'associazione dottorandi e dottori di ricerca (ADI) ha invitato la CRUI a dedicare, a partire dal prossimo bando di concorso per il dottorato di ricerca, una borsa di dottorato a Giulio Regeni in ogni università italiana. L'assemblea ha valutato positivamente la sollecitazione pervenuta e ha invitato tutti i rettori ad attivarsi affinché in ogni ateneo si potesse adempiere a quanto richiesto. Ha idea di quanti atenei abbiano aderito all'iniziativa e quale seguito abbia avuto?

  MAURIZIO TIRA, delegato della Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI) per gli affari internazionali. Vi ringrazio. Con le vostre domande avete arricchito molto la discussione. Riguardo ai rapporti con le forze di polizia nei Paesi ospitanti, soprattutto se sono Paesi a rischio, non sono a conoscenza del fatto che avvengano in maniera strutturata e siano codificati. Tenete presente una cosa: come sapete sicuramente, le università italiane sono enti autonomi per cui hanno un livello di iniziativa elevato. Le scelte che vengono fatte non sono sempre e solo indirizzate dal Ministero, ma sono anche frutto di iniziative autonome e quindi la diversità è elevata, però io non ne ho contezza. Mi riservo – se vi può essere utile, ma lo farei volentieri – di approfondire se vi sono casi di questo genere. In questo momento non posso dire di avere contezza che vi siano rapporti con le forze di polizia.
  Riguardo ai rapporti con la Farnesina proprio questa mattina abbiamo avuto una riunione con rappresentanti del Ministero degli affari esteri e del Ministero dell'università perché stiamo ragionando sulle agenzie per la promozione della formazione superiore all'estero. Con molta franchezza, rispetto a come sono organizzati altri Paesi, l'Italia ha diversi soggetti che intervengono sulla tematica della mobilità, anche il Ministero dell'interno, per esempio. In questo momento uno dei temi che sta seguendo il Ministero dell'interno riguarda i visa, i permessi di soggiorno che si devono rilasciare agli studenti che vengono da noi con il permesso di studio. I Ministeri implicati sono il Ministero dell'università, il Ministero degli affari esteri e il Ministero dell'interno.
  Presso il MAECI esiste un'associazione chiama Uni-Italia che svolge un'attività di promozione del sistema universitario all'estero, indirizza soprattutto gli studenti incoming e interagisce anche con le rappresentanze consolari. Le faccio un esempio relativo alla crisi della scorsa primavera che ci ha insegnato qualche lezione, come tutte le crisi del resto. Io ho chiamato più Pag. 9ambasciate in giro per il mondo perché dovevamo gestire le situazioni degli studenti, con aspetti un po' diversificati, lo dico con molta franchezza: in alcune ambasciate infatti non vi era un elenco degli studenti italiani che in quel momento si trovavano nel Paese. Ricordo di aver chiamato l'ambasciata in Russia perché pareva che da un momento all'altro potessero chiudere le residenze universitarie e quindi c'era la necessità di organizzare il rientro. Parlando con l'ambasciata si conveniva sul fatto che probabilmente dovremmo organizzare meglio la comunicazione degli studenti. Dobbiamo farlo noi oppure l'Istituto nazionale di documentazione innovazione e ricerca educativa (INDIRE) che gestisce il progetto Erasmus, affinché le rappresentanze consolari sappiano quanti sono gli studenti all'estero e magari anche in quali università sono assegnati. Devo dire che obiettivamente c'è da lavorare sul coordinamento tra i tre Ministeri citati. Io mi sono posto come uno degli obiettivi del mio mandato di delega di arrivare a un'istituzione comune che metta insieme i tre Ministeri e la Conferenza dei rettori affinché le informazioni possano essere meglio organizzate. Ci sono stati i rapporti con la Farnesina a seguito della pandemia del COVID-19, ma un domani in un singolo Paese potrebbe accadere un evento che ci induca a dovervi intervenire: è una lezione che abbiamo avuto e che credo ci abbia fatto imparare qualcosa.
  Riguardo allo status dello studente, è assimilabile a quello del dipendente sotto molteplici profili: per esempio gli studenti, anche quelli che rimangono in Italia, devono fare i corsi sulla sicurezza per accedere ai laboratori come fanno i dipendenti. Gli studenti che vanno all'estero sono coperti dalla nostra assicurazione. Di nuovo, durante la pandemia del COVID-19 so che alcuni atenei si sono informati e hanno stipulato una copertura assicurativa extra per chi si recava in questo periodo in Paesi esteri, ma comunque legata all'emergenza della pandemia. Alcuni atenei l'hanno fatta e altri no, ma la mobilità è stata molto ridotta. Tuttavia, la nostra copertura assicurativa, che il nostro studente ha come tale, lo copre anche quando si reca in un altro luogo a svolgere la sua attività. Quando uno studente Erasmus è dovuto rientrare e ha dovuto interrompere il suo programma, abbiamo gestito la procedura con l'agenzia INDIRE e con le rappresentanze consolari. Durante la pandemia del COVID-19 uno dei problemi più difficili da gestire è derivato dal fatto che la Conferenza dei rettori non ha i poteri per poter organizzare voli speciali e assistenza sanitaria nei Paesi ospitanti, oltre a quella che loro hanno. Anche su questo aspetto abbiamo visto che probabilmente si può lavorare. Per esempio, ho chiamato l'Alitalia per capire se c'erano dei voli, ma l'Alitalia gestiva le prenotazioni come compagnia indipendente: non avevamo il potere di dire, per esempio, di fare un volo speciale per riportare gli studenti dalla Spagna, il Paese di maggiore destinazione dell'Erasmus. Le confesso che non è stato facile. Se la traslitteriamo in una possibile altra crisi, se è concentrata, è forse più semplice da gestire – mentre questa era una crisi diffusa – però se la Conferenza dei rettori non ha una collaborazione strettissima con quei tre Ministeri, non può operare in modo soddisfacente. Noi abbiamo avuto anche, lo dico molto francamente, delle famiglie che chiedevano alle università di farsi carico di alcuni studenti e non riuscivamo a rispondere compiutamente perché su alcune cose non avevamo le leve. L'idea di creare una struttura che abbia al suo interno i tre Ministeri e la Conferenza dei rettori – in quanto le università sono autonome e quindi fanno iniziative diverse – credo potrebbe essere un bel passo avanti per il nostro Paese e per tante esigenze, sia quelle più piacevoli, sia anche quelle di crisi, come in questo caso. Per quel poco che posso fare io – stamattina avevamo un incontro in questa direzione – me lo sono posto come obiettivo, ma secondo me sarebbe un obiettivo del nostro Paese. Come sapete altri Stati hanno agenzie molto ben organizzate che realizzano questo coordinamento, anche grazie a cospicui finanziamenti.
  Il presidente mi ha chiesto dei protocolli di sicurezza. Non sapevo che avevate audito il rettore Di Lenarda, quindi avete Pag. 10saputo più da lui che da me del caso di Trieste. Non esiste un protocollo di sicurezza, nel senso che quando alcuni atenei volontariamente hanno svolto questa attività, hanno potuto informare o formare gli studenti che andavano all'estero. Gli atenei che non hanno organizzato questo tipo di attività, non hanno un protocollo specifico sulla sicurezza, ma hanno le regole di comportamento contenute nei progetti di scambio. Poi, per quanto riguarda le sedi ospitanti, come per esempio per gli specializzandi che vanno in ospedale, ovviamente sono sottoposti al protocollo di sicurezza della sede ospitante.

  PRESIDENTE. Mi perdoni, professore. Le regole sono sempre le stesse, non sono cambiate dopo il caso di Giulio Regeni? Questo era un pezzo della mia domanda. Il punto d'indagine di questa Commissione è anche questo, capire se dopo la tragica vicenda di Giulio Regeni è cambiato qualcosa rispetto alle procedure che le nostre università seguono nell'adottare i protocolli di sicurezza, se sono gli stessi di prima o se ce ne sono di nuovi. L'Università di Trieste, per esempio, dopo la vicenda di Giulio Regeni ha adottato quel tipo di protocolli e di procedure e ha fatto un progetto di ricerca.

  MAURIZIO TIRA, delegato della Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI) per gli affari internazionali. Di protocolli di sicurezza in senso stretto abbiamo di fatto iniziato a parlare, al di là della legge 9 aprile 2008, n. 81, in questa fase d'emergenza COVID-19. Lo dico molto francamente, noi in questi mesi ci siamo dati dei protocolli che riguardano le attività universitarie, inclusa la mobilità verso l'estero. Abbiamo posto dunque delle regole per gli studenti che volessero recarsi all'estero legate a questo evento. Non ho contezza di altri casi come quello dell'università di Trieste cui lei fa riferimento o di protocolli specifici.
  Sul comportamento, però, rispetto all'ospitalità dell'università straniera, credo che qui ci sia anche il passaggio, che voi sicuramente avete approfondito meglio di me, della convenzione tra un'università europea e l'università ospitante che a sua volta manda lo studente in un altro Paese. Se lo studente va in un Paese europeo, c'è un accordo con quel Paese europeo e poi l'università, all'interno del programma di studi, ha la sua competenza per definire quello che lo studente fa quando è in quell'università. Rispetto alla sua domanda in cui chiedeva se abbiamo cambiato i protocolli, penso di poter dire che alcune università non hanno un protocollo specifico, se per protocollo si intenda una serie di precetti da seguire quando si vada all'estero, come in tutte le procedure di sicurezza e quindi non l'hanno nemmeno aggiornato. Detto questo, normalmente qualsiasi mobilità verso un Paese straniero, incluse le attività degli uffici relazioni internazionali, è sempre in stretto collegamento con il MAECI, con l'Unità di crisi, con i Paesi a rischio; per cui è ricorrente che quando uno studente si deve recare in un Paese che negli avvisi della Farnesina rientra tra i Paesi a rischio, il programma non venga realizzato. Ho presente casi di studenti che dovevano recarsi in alcuni Paesi africani in quel momento considerati dal MAECI come Paesi sopra un certo livello di rischio, che non sono partiti. Però non si fa in base a un protocollo, ma sulla base di una giusta valutazione del docente responsabile. Come sapete in questi progetti c'è sempre un docente di riferimento e nel dottorato un tutor che valutano e decidono se dar seguito o meno a quella certa mobilità internazionale. Penso di poter dire che questo si faccia sempre e ovunque, il fatto che sia codificato in un protocollo non credo sia diffuso.
  Un database delle persone all'estero completo e aggiornato – lo dicevo già prima – credo sia un obiettivo che dovrebbe essere condiviso con tutte le rappresentanze consolari.
  Circa la domanda su quante università abbiano attivato le borse di studio sulla base della decisione presa dall'assemblea della CRUI, mi riservo di trasmettervi il dato con precisione.

  PRESIDENTE. Ha chiesto la parola il collega Zoffili.

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  EUGENIO ZOFFILI. Grazie, presidente. Noi del gruppo Lega ringraziamo di cuore il professore per la sua audizione. Vorrei svolgere una considerazione di carattere costruttivo anche per chi ci sta ascoltando. Lei, professore, ha parlato di un database delle persone all'estero. Anche per chi ci sta guardando e ascoltando io ricordo, presidente, che sono attivi e operativi i siti dovesiamonelmondo.it e viaggaresicuri.it, portale e servizio gestiti dall'Unità di crisi della Farnesina, accessibili anche tramite un'applicazione.
  Abbiamo trattato anche in Assemblea, mediante una mozione votata all'unanimità, tutte queste cose utili e concrete – soprattutto in questa emergenza del coronavirus – dedicate a chi si reca all'estero per motivi di lavoro o anche di piacere. Attraverso portale e applicazioni ci si può registrare ed è un appello a farlo per chi va all'estero, compatibilmente con il periodo perché purtroppo gli spostamenti sono adesso assolutamente limitati. È utile per la propria sicurezza personale, è utile per la Farnesina che in questa direzione, attraverso l'Unità di crisi, sta lavorando veramente bene ed è un'eccellenza a livello internazionale. Ho fatto solo un inciso pratico perché quando ci sono questi servizi è giusto usarli e sono veramente importanti, al netto poi di interlocuzioni dirette che secondo me devono essere ulteriormente implementate, rispetto alla presenza di studenti all'estero, con gli organi della Farnesina per avere altri canali privilegiati per comporre questi database. Ci tenevo a fare questa considerazione.

  PRESIDENTE. Do la parola al collega Pettarin.

  GUIDO GERMANO PETTARIN. Prima di fare eventuali ulteriori domande, ho da porre al professore una questione. Avrei interesse e necessità di parlarle di Cambridge, ma non vorrei creare degli imbarazzi, quindi valuti lei, presidente, se sia il caso che questa parte possa essere segretata oppure no.

  MAURIZIO TIRA, delegato della Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI) per gli affari internazionali. Se il presidente consente, vorrei aggiungere prima una precisazione sull'Unità di crisi.

  PRESIDENTE. Sì, prego.

  MAURIZIO TIRA, delegato della Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI) per gli affari internazionali. Per completezza aggiungo che in tutti questi mesi noi siamo sempre stati in contatto con l'Unità di crisi della Farnesina che è stata molto collaborativa. Concordo con il presidente Zoffili: abbiamo gestito la situazione in tutti questi mesi con l'Unità di crisi – su questo la rassicuro – e abbiamo segnalato alle università di fare sempre ad essa riferimento. Quando le università chiedevano alla CRUI che cosa fare, noi le rimandavamo al sito dell'Unità di crisi. Nel contempo abbiamo raccolto presso tutte le sedi l'elenco dei nostri studenti che ancora a una certa data – periodicamente aggiornata – si trovavano all'estero per trasmetterlo proprio all'Unità di crisi. Questo discorso del database completo e affidabile è un lavoro che si può migliorare, ma il contatto con l'Unità di crisi era costante e noi invitavamo le università a consultarne il sito.

  PRESIDENTE. Ringrazio il collega Zoffili che, anche nella sua qualità di presidente del Comitato Schengen, ha avuto modo di approfondire queste problematiche. Si potrebbe – ci consenta anche di darle un'indicazione da questo punto di vista – invitare le università, intanto, a suggerire a loro volta caldamente agli studenti e ai ricercatori che vanno all'estero di registrarsi sul portale perché è una cosa importante. Un servizio di monitoraggio e di assistenza all'estero per tutti i cittadini italiani già esiste e quindi sarebbe il caso che le università lo mettessero tra le loro linee guida per chi si reca all'estero.
  Se non vi sono obiezioni, passerei alla seduta segreta. Dispongo la disattivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso e della web-tv.

  (La Commissione prosegue in seduta segreta)

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  PRESIDENTE. Dispongo la riattivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso e della web-tv.

  (La Commissione riprende in seduta pubblica).

  PRESIDENTE. Ringrazio molto il professor Tira per la sua relazione e le preziose informazioni che ci ha fornito, e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.05.