XVIII Legislatura

IV Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Giovedì 8 ottobre 2020

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Rizzo Gianluca , Presidente ... 2 

Audizione del Comandante Generale dell'Arma dei carabinieri, Generale di Corpo d'Armata Giovanni Nistri, in ordine agli sviluppi dell'attività dell'Arma, anche con riferimento alle esigenze operative indotte dall'emergenza epidemiologica (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento) :
Rizzo Gianluca , Presidente ... 2 
Nistri Giovanni , Comandante Generale dell'Arma dei carabinieri ... 2 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 16 
Deidda Salvatore (FDI)  ... 16 
Tripodi Maria (FI)  ... 16 
Ermellino Alessandra (Misto)  ... 17 
Aresta Giovanni Luca (M5S)  ... 17 
Pagani Alberto (PD)  ... 18 
Ferrari Roberto Paolo (LEGA)  ... 20 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 20 
Nistri Giovanni , Comandante Generale dell'Arma dei carabinieri ... 20 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 24

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Cambiamo!-Alleanza di Centro: Misto-NI-USEI-C!-AC;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Centro Democratico-Radicali Italiani-+Europa: Misto-CD-RI-+E;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Popolo Protagonista - Alternativa Popolare (AP) - Partito Socialista Italiano (PSI): Misto-AP-PSI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIANLUCA RIZZO

  La seduta comincia alle 8.40

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la diretta sulla web-tv e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del Comandante Generale dell'Arma dei carabinieri, Generale di Corpo d'Armata Giovanni Nistri, in ordine agli sviluppi dell'attività dell'Arma, anche con riferimento alle esigenze operative indotte dall'emergenza epidemiologica (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento) .

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, del Comandante Generale dell'Arma dei carabinieri, Generale di Corpo d'Armata Giovanni Nistri.
  Ricordo che l'audizione rappresenta l'inizio di un ciclo di approfondimenti istruttori con i vertici delle Forze armate al fine di fare il punto sull'attività svolta, con riferimento in particolare alle esigenze operative indotte dall'emergenza epidemiologica in atto.
  Do, quindi, il benvenuto al Generale Nistri e ai suoi accompagnatori, il Generale di Divisione Mario Cinque e il Colonnello Alberto Maestri. Dopo l'intervento del Generale Nistri, sarà data la parola a un parlamentare per gruppo per un primo giro di interventi, cui seguirà la replica del Generale. Successivamente potrà avere luogo un secondo giro di domande da parte di altri colleghi che ne facciano richiesta. Chiedo, dunque, ai colleghi di far pervenire fin da ora al banco della Presidenza la propria richiesta di iscrizione a parlare.
  Do adesso la parola al Comandante Generale dell'Arma dei carabinieri, Generale Nistri.

  GIOVANNI NISTRI, Comandante Generale dell'Arma dei carabinieri. Grazie, presidente. Saluto e ringrazio Lei e tutti gli onorevoli componenti della Commissione. Ringrazio, a nome mio e a nome di tutto il personale dell'Arma, per questa opportunità che ci consente di fare il punto della situazione e individuare anche delle linee d'azione in relazione alle esigenze, come cercherò di illustrare. Ovviamente la relazione si inserirà nel solco di quella precedente, che ho svolto nel 2018, e comporterà comunque una base di partenza a livello generale, tanto per agevolare anche l'inserimento negli argomenti di cui parleremo.
  L'Arma, Forza armata in servizio permanente di pubblica sicurezza, conta oggi 109 mila e 677 carabinieri, a fronte di un organico previsto dalle leggi di 119 mila e 782 unità. Si tratta di una carenza di oltre 10 mila unità, pari a circa l'8 per cento della Forza, che sul piano pratico equivale a ben 1.000 stazioni di media consistenza organica. Tuttavia, le assunzioni da turnover e il programma di 4.435 assunzioni straordinarie autorizzate dal Governo, con immissioni fino al 2025, attesteranno verosimilmente la forza effettiva dell'Arma all'1 gennaio 2026 su circa 116 mila unità, consentendo dunque il parziale ripianamento delle posizioni di impiego oggi vacanti, soprattutto nei reparti dell'organizzazione speciale, che è la base della nostra organizzazione ed è una struttura capillare e dinamica che anche durante l'emergenza epidemiologica Pag. 3 ha continuato a esprimere la propria capacità di intervento. Ci tengo, infatti, a sottolineare che in questi mesi difficili non abbiamo chiuso nessun reparto, né abbiamo ridotto le presenze presso gli uffici deputati al supporto delle articolazioni operative, al fine di garantire, tra l'altro, la sicurezza, sia per quanto concerne le procedure, sia con riferimento alle dotazioni di dispositivi di protezione individuale (DPI).
  I reparti carabinieri, in particolare le stazioni territoriali, le stazioni forestali, le tenenze e i nuclei radiomobili, sono stati i primi a intervenire in ogni luogo per il controllo sul rispetto delle stringenti misure di profilassi, con un impiego medio giornaliero nelle fasi più acute della pandemia di 35 mila unità solo in funzione anti-Covid. A queste 35 mila unità, poi, si sono aggiunti gli altri reparti dedicati alle investigazioni. In una condizione, dunque, mai sperimentata prima, ha trovato ancora maggiore valorizzazione la vocazione di vicinanza dei carabinieri alle proprie comunità attraverso il contatto diretto e la risposta telefonica della centrale operativa, assicurando al contempo le più diverse forme di assistenza. Ricordo, infatti, che abbiamo consegnato generi alimentari alle persone in difficoltà, trasportato medicinali e bombole di ossigeno su richiesta delle strutture sanitarie, provveduto a soddisfare necessità quotidiane divenute improvvisamente insormontabili, come ad esempio il ritiro delle pensioni per le persone più anziane, grazie a un protocollo d'intesa con Poste Italiane. Nell'ambito della collaborazione interistituzionale assicurata dalla Difesa, che ha fornito sostegno agli ospedali civili del Piemonte e della Lombardia, l'Arma ha poi contribuito con l'invio di 18 medici e 17 infermieri. Nel contempo sono state valorizzate le specifiche competenze del Comando dei carabinieri per la tutela della salute, chiamato da subito a far parte della task force attivata presso il Ministero della salute per il coordinamento degli interventi. I Nuclei antisofisticazioni e sanità – carabinieri (NAS) hanno svolto controlli mirati nelle case di riposo e nelle residenze sanitarie assistenziali e hanno proceduto alle verifiche sulla commercializzazione di mascherine filtranti e apparecchiature mediche, nel quadro di un'intesa operativa sottoscritta con il Ministero dello sviluppo economico e con l'Agenzia delle dogane e dei monopoli.
  Nelle fasi successive dell'emergenza, con progressivo riavvio delle attività produttive, sono state condotte d'intesa con i prefetti le verifiche per garantire l'attuazione sui luoghi di lavoro delle prescritte misure precauzionali, con il coinvolgimento del Comando dei carabinieri per la tutela del lavoro, che ha controllato circa 8 mila imprese rilevando oltre 1.600 lavoratori irregolari e contestando sanzioni per circa un milione e mezzo di euro.
  Per lo svolgimento di queste attività, il decreto-legge cosiddetto «Rilancio» ha previsto l'avvalimento diretto del reparto speciale da parte del Ministro del lavoro e delle politiche sociali per tutto il periodo emergenziale. Auspichiamo fortemente che tale previsione normativa, di grande efficacia pratica, possa trovare conferma in successive norme divenendo strutturale, così come lo è, per esempio, per il Comando tutela salute e il Comando tutela patrimonio culturale.
  L'impegno espresso dall'Arma nella perdurante emergenza è suscettibile di un bilancio anche con riferimento agli inevitabili rischi cui si è esposto il personale. Ad oggi sono deceduti dieci carabinieri affetti da Covid – vorrei ancora una volta abbracciare i loro familiari – e oltre 1000, per l'esattezza 1017 a ieri, sono stati i contagiati. Ieri i contagiati attuali erano 150 e 10 i ricoverati. Questi numeri attestano eloquentemente la generosità di uno sforzo corale che, per quanto connotato da condotte prudenti e assolutamente rispettose delle misure di prevenzione prescritte, ha avuto un costo importante per i singoli e per le famiglie. Nel solco della consueta attenzione nei confronti dei nostri militari, il Fondo assistenza, previdenza e premi per il personale – che ricordo è una fondazione finanziata con i contributi volontari degli appartenenti all'Arma e senza alcun onere per il bilancio pubblico – ha stipulato una polizza assicurativa che garantisce il sostegno Pag. 4 economico in caso di malattia da Coronavirus; mentre un iter dedicato e preferenziale è stato riservato alle procedure di riconoscimento della causa di servizio e dello status di vittima del dovere e vittima del servizio. Nelle fasi più acute dell'emergenza si è tuttavia avvertita la mancanza di una normazione ad hoc per le amministrazioni del comparto Difesa e sicurezza che, pur svolgendo nel picco dell'emergenza (soprattutto le Forze di Polizia) un ruolo di primo piano in termini di esecuzione delle misure governative e di applicazione del relativo impianto sanzionatorio, sono state in generale destinatarie del medesimo apparato normativo urgente predisposto per le restanti pubbliche amministrazioni, senza alcuna previsione attagliata alla specifica connotazione di servizio di pubblica necessità.
  Anche in tema di risorse stanziate per il pagamento delle prestazioni straordinarie specificamente rese per garantire le stringenti misure di contenimento del contagio adottate durante la fase di «lockdown» o ripristinate nel tuttora perdurante stato di emergenza, si registra la necessità di integrazione delle dotazioni finanziarie dedicate. Basta considerare a tal riguardo che, secondo una proiezione prudenziale che abbiamo fatto, le prestazioni lavorative rese in ragione dell'emergenza sanitaria costituiranno il 54 per cento delle ore di servizio straordinario maturate e non retribuite al 31 dicembre 2020: per intenderci, quasi due milioni di ore. È stato un impegno che, proprio in ragione della sua valenza e delle sue descritte caratteristiche, merita certamente di trovare piena e specifica remunerazione con un'integrazione dei relativi capitoli per l'anno in corso, pari a circa 15 milioni di euro. Del resto, rammento che nemmeno le 35 ore suppletive di straordinario per le esigenze Covid-19 sono state rifinanziate dal mese di luglio a fine anno. L'esperienza maturata nel contesto emergenziale ha confermato, dunque, la validità del modello di prossimità unico dell'Arma che, con le sue 66 tenenze e 4.574 stazioni, rappresenta la rete di protezione ravvicinata per i cittadini, resa ancora più fitta dalle 784 stazioni forestali e dalle 148 stazioni parco.
  È secondo noi una straordinaria aderenza ancora oggi più preziosa, a fronte di dinamiche demografiche ed economiche che fanno registrare la tendenza a un ritorno delle popolazioni dai grandi centri urbani verso le aree più periferiche e i comuni della provincia.
  Questo assetto organizzativo continua, dunque, a rappresentare una risorsa strategica nel composito sistema della sicurezza pubblica nazionale. L'architettura della legge n. 121 del 1981, progressivamente arricchita di coerenti decretazioni ministeriali, definisce una governance partecipata, unanimemente accreditata anche in ambito internazionale per l'efficienza espressa e per la straordinaria capacità di adattamento alle mutevoli esigenze. Questa architettura disegna un sistema di lungimirante equilibrio, nel quale la responsabilità verticale, sancita per legge delle autorità provinciali di pubblica sicurezza (prefetti e questori) risale sino a quella nazionale del Ministro dell'interno, ma trova il suo indispensabile completamento nella responsabilità orizzontale propria nella maggior parte dei casi dei reparti carabinieri, che sono gli unici presidi sul territorio: una responsabilità non meno incombente e qualificante della prima, perché recepisce direttamente la composita domanda di protezione che promana dai cittadini.
  In definitiva, l'attuale modello normativo e attuativo del coordinamento realizza pienamente la necessaria unità di indirizzo di tutti i soggetti, sia a livello nazionale, sia a livello provinciale attraverso il prefetto, che forniscono un apporto nel settore della sicurezza senza mortificarne l'autonomia e la capacità di avanzare azioni propositive. Lo stesso vale anche per il concorso delle altre Forze armate che, nell'ambito dell'operazione «Strade sicure», coerentemente con le professionalità proprie dello strumento militare, svolgono servizi di vigilanza fissa a siti e obiettivi sensibili, nonché circoscritte attività di perlustrazione necessariamente condotte congiuntamente alle Forze di Polizia. Si tratta di un contributo che nell'ambito dei moduli operativi risulta Pag. 5efficace e trova, del resto, gratificazione nell'indennità onnicomprensiva, pari a 13 euro a turno o 26 euro se fuori sede, a fronte della quale emerge tuttavia la minore valorizzazione dei servizi esterni ordinariamente svolti dalle Forze di Polizia nell'assolvimento dei più ampi e rischiosi compiti di controllo del territorio, remunerati con un importo di gran lunga inferiore, pari a 6 euro lordi per turno.
  È doveroso, quindi, segnalare l'urgenza dell'allineamento della richiamata indennità per servizi esterni a quelli di «Strade sicure», nel rispetto del principio di equiordinazione del trattamento economico accessorio del personale del comparto Difesa e sicurezza. La questione potrebbe del resto essere risolta già nell'ambito della stagione concertativa di imminente avvio.
  Il su indicato modello di coordinamento nazionale ha prodotto lungimiranti strumenti di osmosi del patrimonio informativo, con vantaggi di grande efficacia nel confronto con gli attuali scenari criminali. Se è vero che il potere criminale oggi si muove incessantemente lungo rotte transnazionali e sfrutta anche la dimensione cyber con crescente abilità e mutevolezza, specularmente, l'efficacia dell'informazione non risiede nel suo possesso statico ma nella condivisione dinamica e tempestiva tra tutti i soggetti istituzionali qualificati al contrasto di quello stesso potere criminale. A questo principio del resto si ispira il Comitato di analisi strategica antiterrorismo, nel cui ambito si realizza il costante e immediato confronto tra componenti investigativi e quelli di intelligence. In quella sede, peraltro, l'Arma rassegna le informazioni direttamente acquisite dal personale del reggimento carabinieri MSU (Multinational Specialized Unit) schierati in Kosovo, che hanno sinora condotto all'emissione di 144 provvedimenti di inammissibilità in area Schengen: quadro informativo che ovviamente viene reso disponibile anche allo stato maggiore della Difesa e al Comando operativo di vertice interforze. D'altra parte, nel panorama delle minacce, proprio il contrasto al terrorismo come alla criminalità organizzata si avvantaggia maggiormente della tempestiva – sottolineo questo aspetto – e compiuta circolazione delle informazioni, contribuendo ad allontanare il rischio concreto di azioni ostili. Le procedure nel tempo affinate sono risultate di straordinaria efficacia, anche se lungo questo percorso vi sono indubbiamente ancora passi importanti da compiere. Mi riferisco, a mero titolo di esempio, all'archivio delle persone alloggiate nelle strutture ricettive, all'applicativo «Alloggiati Web», ad oggi gestito e accessibile direttamente unicamente dalla Polizia di Stato. Penso anche, del resto, alla necessità di un mirato scambio di dati con l'Unità di informazione finanziaria italiana (UIF). Sul punto la legislazione nazionale, da sempre all'avanguardia nel bilanciamento tra l'osmosi operativa, informativa e la salvaguardia dei diritti di riservatezza dei cittadini, ha sofferto di un arretramento dovuto a talune previsioni normative introdotte dal decreto legislativo n. 125 del 26 ottobre 2019, di recepimento della quinta direttiva dell'Unione europea in tema di antiriciclaggio. Intervenendo sulle misure di prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, il provvedimento ha di fatto paralizzato l'interlocuzione tra l'Unità di informazione finanziaria italiana e le Forze di Polizia a competenza generale.
  Un esempio penso che possa meglio chiarire la portata del problema. La UIF scambia quotidianamente, attraverso la propria rete dati, informazioni coi propri omologhi esteri, le Financial Intelligence Unit (FIU). Questo, talvolta, sulla base dei risultati delle proprie analisi, talaltra, su attivazione di organismi di intelligence o di law enforcement. Le Forze di Polizia a competenza generale, nel cui ambito – è bene ricordarlo – sono collocati gli assetti antiterrorismo nazionali, venivano direttamente attivate dalla UIF per verificare liste di anagrafiche provenienti da FIU estere, potenzialmente coinvolte in delitti aventi matrici terroristiche. Effettuato il riscontro incrociato con le informazioni di Polizia già in possesso dei reparti antiterrorismo, il dato poi era restituito alla UIF al fine di corrisponderlo al richiedente collaterale estero, oltre che naturalmente per la valutazione specialistica di aspetti finanziari Pag. 6valutari. Dalla fine dello scorso anno questo non può più accadere. Tutte le informazioni in possesso della UIF sono state protette da un inedito segreto d'ufficio, impenetrabile anche a organi che per missione istituzionale e previsione giuridica sono tenuti alla riservatezza, con il sorprendente effetto di affievolire l'efficacia dell'azione di prevenzione e contrasto di gravissimi reati. Sul punto è di tutta evidenza la necessità di un ripensamento che, nel pieno rispetto delle prerogative degli attori principali del sistema antiriciclaggio, il Ministero dell'economia e delle finanze e la Polizia valutaria in particolare, chiamati all'approfondimento amministrativo delle segnalazioni di operazioni sospette, riattivi la collaborazione istituzionale tra tutte le Forze di Polizia e la UIF, restituendo coralità e, soprattutto, con essa tempestività all'azione di contrasto al terrorismo e ai reati gravi.
  Le considerazioni finora esposte sono tanto più attuali in ragione dell'imminente avvio delle attività della neonata procura europea EPPO (European Public Prosecutor's Office). Il nuovo organismo giudiziario, operativo dal 21 novembre prossimo venturo, è strutturato in un ufficio centrale con sede a Lussemburgo e numerosi procuratori europei delegati, tecnicamente responsabili delle singole indagini operative presso le procure nazionali. EPPO avrà inizialmente competenza sui reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea. Questi reati sono individuati dall'Italia attraverso una puntuale modifica del codice penale avvenuta nel 2020. Tali fattispecie intercettano in larga misura ambiti di competenza concorrente di tutte le Forze di Polizia. Penso ai reati contro la pubblica amministrazione, al riciclaggio o all'autoriciclaggio, nonché settori che la normativa assegna alla competenza preminente dell'Arma dei carabinieri, con riferimento alle frodi agroalimentari e alle sofisticazioni alimentari. Peraltro, come risulta dagli inequivocabili contenuti della comunicazione della Commissione europea al Parlamento europeo e al Consiglio del 12 settembre 2018, è all'esame un piano per consentire il progressivo allargamento della competenza della procura europea ben oltre gli attuali limiti, con inclusione almeno del delitto di terrorismo internazionale. L'Arma considera strategico per l'Italia il coinvolgimento di tutte le Forze di Polizia nella collaborazione con la procura europea e ritiene doveroso proporre le proprie qualificate unità di Polizia giudiziaria a favore dell'attività istruttoria accertativa sin dalla prima fase di avvio dei relativi lavori.
  Oltre alla condivisione delle informazioni, un ulteriore punto di forza del modello di coordinamento è la progressiva specializzazione di ciascuna Forza di Polizia in ambiti di intervento che esigono attività particolarmente qualificate, a fronte della complessità e della eterogeneità delle minacce. La salvaguardia dell'ambiente e la tutela della salute e del patrimonio culturale, della sicurezza dei luoghi di lavoro e della genuinità delle produzioni agroalimentari, per riferirmi ai soli settori affidati all'Arma, hanno richiesto importanti investimenti per sostenere l'efficacia della risposta operativa.
  Da ultimo, l'attribuzione dei comparti di specialità delle Forze di Polizia è stata declinata dal decreto legislativo n. 177 del 2016, che ha anche riorganizzato il Corpo forestale dello Stato nell'Arma, unificando consolidate specializzazioni – si pensi che i primi reparti dell'Arma a occuparsi di queste materie in esclusiva furono istituiti nel 1982 e nel 1986, rispettivamente Comando tutela frodi agroalimentari e Comando tutela dell'ambiente – per conferire centralità all'azione di Polizia a difesa delle risorse naturali.
  A distanza di quasi quattro anni, la manovra si è stabilizzata superando anche molteplici carenze del Corpo stratificate nel tempo. Ad oggi le misure adottate hanno consentito di realizzare, nel triennio 2017-2019, economie per 32 milioni di euro nel settore dell'esercizio, superando gli obiettivi di risparmio fissati per il medesimo periodo dalla legge in 30 milioni di euro e predisponendo future ulteriori economie di scala. Quanto ai risultati operativi, parlando dunque di dati e non di teorie, i controlli hanno registrato la crescita del 25 per cento rispetto all'ultimo anno di attività Pag. 7del Corpo, con un incremento di circa il 40 per cento degli illeciti amministrativi accertati e dei reati perseguiti.
  Sul piano della legittimità, peraltro, ricordo a me stesso che i rilievi di incostituzionalità dei provvedimenti di riforma sollevati da alcuni TAR sono stati respinti dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 170 del 10 luglio 2019, che ha ritenuto la manovra di assorbimento una scelta di sinergia funzionale, qualificando l'acquisizione dello status giuridico di militare del personale quale espressione di una concessione organizzativa, io direi di modernità assoluta, in cui sono le competenze e non lo status a dare la misura della professionalità. D'altra parte, sul piano fattuale, diversi TAR, accogliendo l'aspirazione di taluni appartenenti al Corpo destinati ad altre amministrazioni dello Stato a ordinamento civile, ne hanno disposto il transito nell'Arma.
  L'impegno profuso, i risultati conseguiti, l'equilibrio raggiunto e le concrete attese del personale invitano, dunque, a un'attenta riflessione circa i sei disegni di legge per la ricostituzione del Corpo forestale dello Stato all'esame delle Commissioni parlamentari di Camera e Senato.
  Le funzioni di pubblica sicurezza svolte in patria, per spostare l'attenzione all'estero, trovano speculare riscontro nelle attività condotte oltre i confini nazionali nel quadro degli indirizzi della Difesa. Attualmente l'Arma impiega circa 600 carabinieri fuori dal territorio nazionale, dislocati sia presso le sedi diplomatiche all'estero sia nei teatri operativi. Il codice dell'ordinamento militare attribuisce in via esclusiva la sicurezza delle rappresentanze diplomatiche all'Arma, che vi provvede con 370 carabinieri in 131 legazioni. In particolare, il dispositivo attivo per le 14 sedi a maggiore rischio si avvale del reggimento carabinieri paracadutisti «Tuscania», il che garantisce anche l'immediato collegamento con gli assetti della Difesa qualora la situazione dovesse richiedere l'intervento delle forze speciali per l'evacuazione delle missioni diplomatiche. Nei teatri operativi i carabinieri sono oggi presenti in 15 Paesi con 202 unità, che nel contesto della pandemia in corso hanno preservato le capacità operative essenziali in vista della futura ripresa delle attività di addestramento, monitoraggio, assistenza e consulenza a favore delle forze di sicurezza locali. Da ultimo, l'Arma ha fornito la disponibilità di assetti del GIS (gruppo intervento speciale) per la costituzione della task force Takuba, destinata a operare tra le aree più interessate dalla recrudescenza jihadista all'incrocio tra Niger, Mali e Burkina Faso, nazione quest'ultima dove un ufficiale dell'Arma è stato inviato quale addetto alla difesa. Inoltre in Iraq, dove l'Arma dispiega una Police Task Force che ha destato sinora più di 38 mila unità, recentemente le autorità irachene hanno ribadito l'intendimento di richiedere l'attivazione di specifici team dell'Arma per l'addestramento della Iraqi Law Enforcement Police, costituita per fronteggiare turbative dell'ordine pubblico.
  Oltre a tutto ciò proseguono gli accordi di cooperazione con diversi Paesi e organizzazioni internazionali, che prevedono talvolta il distacco di ufficiali dei carabinieri con funzioni di advisor, realizzando così un network preziosissimo anche per i contatti con aziende italiane, prodromici all'approvvigionamento di sistemi di comando e controllo, dispositivi e mezzi già in uso all'Arma, come è recentemente avvenuto, per esempio, con il Ruanda.
  L'auspicio è di poter riprendere quanto prima le attività di cooperazione strutturata anche per anticipare l'eventuale inserimento di altri Stati con l'invio di mobile team particolarmente efficaci nell'attività di stabilizzazione a lungo termine anche in settori di specialità, dalla sorveglianza ambientale nei parchi e nelle foreste all'antibracconaggio, alla tutela del patrimonio culturale. Penso a United for Heritage sotto egida UNESCO, alla salvaguardia della salute con l'esperienza offerta dai NAS per il controllo delle filiere alimentari.
  In tale quadro, del resto, guardiamo con interesse alle previsioni del decreto «Clima» del 2019, che ha istituito il programma sperimentale «Caschi verdi per l'ambiente» allo scopo di realizzare iniziative di collaborazione internazionale per la salvaguardia delle aree protette anche rientranti nel Pag. 8programma intergovernativo «Man and the Biosphere» UNESCO.
  Più in generale, l'esperienza maturata dall'Arma nella gestione delle crisi ha consentito di produrre strumenti di assoluto rilievo professionale ospitati oggi in un unico polo, la caserma Chinotto di Vicenza, dove operano il Centro di eccellenza per le unità di polizia di stabilità (CoESPU), principalmente orientato verso le Nazioni Unite, il Quartier generale permanente delle forze di gendarmeria europea, Eurogendfor, prioritariamente dedicate alle operazioni di gestione delle crisi dell'Unione europea, e il Centro di eccellenza NATO per le Unità di polizia di stabilità (NATO SPCoE). Mi permetto di rinnovare al signor presidente e a tutti gli onorevoli deputati un invito a visitare questi centri.
  È proprio attraverso il NATO SPCoE che l'Arma ha avviato e continua a sviluppare l'originale concetto di stability policing (la Polizia di stabilità a cui l'Alleanza ha conferito il rango di dottrina). L'Arma è lead service in tale settore, nonché originatore e custode del primo documento dottrinale NATO di livello operativo. Il prossimo passo sarà l'approvazione del concetto strategico da parte del North Atlantic Council, che speriamo possa avvenire quanto prima grazie a un decisivo ultimo sforzo diplomatico, in modo che l'Alleanza possa prevedere in ogni suo intervento le attività di polizia di stabilità finalizzate al progressivo passaggio delle responsabilità dell'ordine e della sicurezza pubblica nelle aree di crisi, dalle forze NATO a quelle della host nation.
  Tutte queste attività svolte in Italia e all'estero naturalmente si avvalgono di sofisticati applicativi informatici e di una infrastruttura di rete in continua evoluzione, il cui processo di potenziamento, costoso, è comunque una prospettiva irrinunciabile, in quanto fattore abilitante le capacità operative e gestionali. Per questo abbiamo realizzato un complesso programma di centralizzazione e di standardizzazione delle piattaforme, superando le criticità connesse con l'impiego di sistemi eterogenei.
  Il maggiore investimento nello specifico settore riguarda l'estensione dei collegamenti in fibra ottica. Oltre 900 reparti sono stati dotati di collegamenti proprietari a banda ultra larga e ulteriori 113 compagnie e altrettante stazioni saranno prossimamente connesse in fibra. È altresì in corso l'acquisizione di un posto comando tattico mobile, indispensabile per accrescere le capacità di comando e controllo del gruppo di intervento speciale, il GIS, che è l'unità per interventi risolutivi a disposizione del Ministro dell'interno e contribuisce al comparto delle Forze speciali sotto il Comando operativo del Capo di Stato Maggiore della Difesa.
  Segnalo, inoltre, la realizzazione del progetto C-cam, piattaforma per l'acquisizione, la gestione e la conservazione delle riprese audio e video effettuate dal personale nel corso dei servizi di ordine pubblico e di prevenzione generale impiegando body cameras. La progettualità, al momento realizzata in favore dei 12 reggimenti e battaglioni della linea mobile e di 22 reparti dell'organizzazione territoriale, consente di integrare la documentazione degli interventi effettuati nel corso del servizio a beneficio delle esigenze probatorie dell'autorità giudiziaria e a tutela del personale operante. Naturalmente questo programma, che è appena uscito dalla sperimentazione, poi sarà implementato con l'obiettivo di raggiungere tutti i nostri reparti.
  L'esigenza di innovazione tecnologica è fortemente avvertita anche nei processi di organizzazione interna, con particolare attenzione ai settori della selezione del personale e della formazione, ambiti nei quali sono stati recentemente avviati i progetti C-test e C-learning. Il primo permette la somministrazione, tramite tablet, dei questionari di preselezione in sede di concorso per l'accesso a qualsiasi categoria e ruolo, consentendo di ridurre i tempi di gestione delle prove, tracciare tutte le operazioni e verificare e comunicare i risultati con immediatezza e trasparenza. Il secondo mette a disposizione degli istituti di formazione una piattaforma per erogare lezioni preregistrate o in tempo reale, con possibilità di svolgimento delle sessioni informative sia Pag. 9da remoto sia in modalità multi-aula e on demand. È uno strumento di apprezzata utilità in particolar modo nel contesto dell'emergenza epidemiologica che stiamo attraversando.
  La complessità delle infrastrutture di rete dell'Arma ha altresì imposto il potenziamento delle predisposizioni di sicurezza, in linea con la strategia di cybersecurity dell'Unione europea e del discendente quadro normativo italiano. Tutte le progettualità nel settore telematica non possono chiaramente prescindere da un adeguato bacino di personale in possesso di riconosciute competenze tecniche. Per questo, dal 10 settembre è stato rivisto l'intero reparto telematica del Comando generale, oggi prevalentemente alimentato con riferimento agli ufficiali con personale appartenente al ruolo tecnico, dotato di specializzazione nel settore dell'informatica, della programmazione e della sicurezza telematica.
  Mi soffermo sul ruolo tecnico. Il ruolo tecnico dell'Arma nel suo complesso è composto da 430 unità, suddivise in 7 specialità: Medicina e Farmacia, Veterinaria, Psicologia, Amministrazione e Commissariato, Investigazioni scientifiche, Telematica e Genio. Si tratta di professionalità necessarie al funzionamento delle aree telematica, sanitaria e delle infrastrutture, tutte di rilevanza strategica, come peraltro evidenziato nel parere allo schema di relazione all'Assemblea sull'impiego delle risorse del Recovery Fund recentemente reso dalla Commissione Difesa.
  Per tale ragione, si avverte l'esigenza di prevedere il potenziamento straordinario del ruolo di almeno 60 unità complessive tra telematici, medici, ingegneri, specialisti della Polizia scientifica, biologi, chimici, senza tuttavia incidere sugli organici del ruolo normale e forestale già strettamente commisurati alle esigenze. Parliamo dunque di personale, perché qualunque strategia di lungo e medio periodo non può prescindere dalla risorsa più preziosa: la risorsa umana.
  Rileva in questo ambito il tema del progressivo invecchiamento del personale. Oggi, l'età media dei carabinieri ha superato i 44 anni. Dieci anni fa era di 39,9 e, nel 2000, si attestava a 35 anni e mezzo. Circa 71 mila sono i carabinieri che hanno superato i 40 anni di età, ossia il 65 per cento della Forza. Questo elemento costituisce un fattore di forte criticità per una Forza armata e di Polizia che fonda anche sul requisito dell'efficienza e della prestanza fisica molta parte della propria funzionalità, specie negli interventi di maggior impatto operativo. Tale criticità origina sostanzialmente dal blocco parziale del turnover, che ha afflitto anche il comparto Difesa e sicurezza dal 2012 al 2015, cui si sono aggiunte le previsioni del codice dell'ordinamento militare che riserva ai volontari in ferma prefissata il 70 per cento dei posti messi a concorso. Ciò significa disporre di carabinieri che, al termine del corso di formazione e al momento di essere impiegati per la prima volta, sono mediamente prossimi ai 26 anni, con punte massime – sempre in media – di 28 anni per i provenienti dai volontari.
  Al fine di risolvere questa criticità, congiuntamente allo Stato Maggiore dell'Esercito che ringrazio per la partecipazione a questo comune problema, è stata ipotizzata una soluzione bilanciata, suscettibile di essere considerata anche nell'ambito dei lavori relativi ad alcune proposte di legge.
  L'ipotesi condivisa prevede: l'abbassamento dei limiti di età massimi per l'accesso all'Arma, da fissare in 24 anni per i provenienti dai volontari, e in 23 anni per i provenienti dalla vita civile; l'attivazione di una ferma triennale per i volontari delle Forze armate, suscettibile di rafferma della medesima durata; l'adozione di strumenti normativi che valorizzino il servizio prestato a tempo determinato nelle Forze armate per la partecipazione, ad esempio, a concorsi pubblici.
  Altrettanto significative sono le difficoltà di alimentazione di alcuni reparti, specie stazioni carabinieri collocate in zone periferiche, distanti dai grandi centri urbani e prive di istituti scolastici o ubicate in aree cittadine connotate da accentuati disagi sociali, nei quali tuttavia lo Stato non può far mancare la propria presenza attraverso il presidio dell'Arma. Difficoltà di uguale segno riguardano, più in generale, Pag. 10anche alcune aree del Centro-Nord, dove il gettito dell'arruolamento è meno significativo.
  Ad oggi il 35,3 per cento del personale dell'Arma è originario della Campania e della Puglia, regioni ove tuttavia è allocato il 14,5 per cento del totale dei posti d'impiego. Di contro, solo il 9,5 per cento del personale proviene da Piemonte, Lombardia e Veneto, regioni dove è allocato il 21 per cento delle posizioni di impiego. Va da sé che più elevata è l'età dei giovani carabinieri neo arruolati, più è frequente che questi abbiano già intrapreso percorsi di convivenza o di matrimonio, che li rendono fisiologicamente meno disponibili a un impiego in località distanti da quelle di origine, dove normalmente hanno stabilito la residenza della propria famiglia. A questo fine potrebbe, perciò, essere valorizzata l'occasione fornita dal Recovery Fund per indirizzare una parte delle risorse alla realizzazione di nuovi poli alloggiativi per il personale nei grandi centri urbani del Nord e del Centro quali Torino, Milano, Padova, Bologna e Roma, ove il costo delle unità immobiliari rende difficile ai carabinieri l'acquisto di abitazioni e, conseguentemente, meno appetibile l'impiego. Il Comando generale ha già individuato sedimi militari su cui poter realizzare tali nuovi strutture, in presenza di un finanziamento dedicato per un importo complessivo tra i 20 e i 50 milioni di euro.
  Risulterebbe, inoltre, utile introdurre previsioni normative che contribuiscano a compensare il disagio connesso con il trasferimento, sia esso a domanda o d'ufficio, integrando e rifinanziando specifiche voci di spesa. Mi riferisco ad alcuni benefici attualmente riconosciuti solo in caso di trasferimenti d'autorità, che potrebbero in parte essere estesi anche al personale trasferito a domanda verso sedi obiettivamente meno attrattive, quali il rimborso delle spese di trasloco il cui costo medio si aggira sui 4.700 euro, o l'indennità di prima sistemazione, pari a circa 1.700 euro, ridotte del 50 per cento se il movimento avviene senza famiglia al seguito.
  In sostanza, occorrerebbe prevedere una maggiore dotazione finanziaria per i capitoli di spesa destinati all'indennità collegata ai trasferimenti integrando le attuali dotazioni da 14 a 23 milioni di euro, il che consentirebbe di incrementarne il numero di circa il 40 per cento. Tali misure dovrebbero essere affiancate da una più cospicua erogazione per il rimborso almeno parziale dei canoni di affitto, che il personale deve normalmente corrispondere prima di poter occupare l'alloggio di servizio, oggi pari a soli 2.325 euro una tantum. Infatti, sebbene l'Arma disponga di circa 13.500 alloggi di servizio connessi all'incarico, occupati esclusivamente da personale avente titolo (non ci sono occupazioni sine titulo), dal momento del trasferimento trascorrono inevitabilmente alcune settimane o mesi prima che questo sia concretamente disponibile, in ragione dei tempi di trasloco e delle esigenze di ordinaria manutenzione.
  Un'ulteriore riflessione merita l'esigenza di valorizzare categorie professionali strategiche. Mi riferisco ai Comandanti di stazione, chiamati a svolgere una funzione unica e insostituibile, in grado di dare concretezza a quel concetto di prossimità che, al di fuori di ogni retorica, è l'anima del sistema della sicurezza pubblica nazionale. L'anima e la spina dorsale, aggiungerei. Penso ai tragici fatti di Colleferro dello scorso 6 settembre, con la morte del giovane Willy Duarte Montero. Solo il rapido intervento del Comandante della stazione Carabinieri del luogo ha consentito di giungere alla tempestiva individuazione e all'arresto degli autori dell'omicidio.
  La maggiore responsabilizzazione dei marescialli impiegati quali Comandanti e per i quali non esiste sabato, domenica, o festa comandata, suggerisce l'opportunità di rivedere l'istituto contrattuale dell'indennità di comando, oggi corrisposta solo ai responsabili di stazione con organico superiore a 17 militari, prevedendone l'estensione a tutti i titolari dell'incarico, previa costituzione di un fondo ad hoc da dedicare alla specifica esigenza in sede concertativa.
  Sono, peraltro, allo studio ipotesi per attribuire tale misura con modalità differenziate, correlando nell'attribuzione del Comando il grado rivestito alla consistenza organica del reparto e, quindi, alla sua Pag. 11oggettiva rilevanza. Ciò, tra l'altro, concorrerebbe anche a rendere fisiologico l'avvicendamento negli incarichi di Comando e, più in generale, nelle sedi di servizio, come già avviene per la stragrande maggioranza degli ufficiali, limitando permanenze prolungate che possono incidere sul rendimento.
  L'intervento comprensivo di un'auspicabile integrazione dei modesti importi oggi previsti – si pensi che sono circa 103 euro mensili lordi per un luogotenente con trent'anni di servizio o Comandante di stazione – comporterebbe un onere complessivo pari a circa 15 milioni di euro per anno, a fronte dell'esiguità dell'attuale stanziamento che non raggiunge il mezzo milione di euro.
  Allo stesso criterio della movimentazione sono ispirate recenti direttive che, facendo seguito a quelle già diramate per i reparti specializzati, prevedono che i marescialli in sottordine possano subentrare nell'incarico di Comandante solo se non siano stati effettivi al reparto per più di cinque anni, o otto anni per le stazioni di minore impegno operativo o di difficile alimentazione.
  L'esperienza umana e professionale dei carabinieri maturata nei diversi contesti socio-ambientali costituisce senza dubbio una risorsa preziosa da valorizzare e, ove possibile, condividere, soprattutto a vantaggio dei più giovani. In quest'ottica segnalo la possibilità di congegnare un servizio volontario da prestare all'interno dell'Arma della durata di un anno o di un anno e mezzo, senza alcuna possibilità di stabilizzazione e, dunque, senza incidere sul bacino potenziale dei volontari delle Forze armate, per consentire ai giovani che vi aderiscono di fruire di specifici crediti formativi universitari, ossia di titoli di merito, per la partecipazione a concorsi pubblici. Questa ipotesi, naturalmente da sviluppare d'intesa con i Ministeri dell'università e della funzione pubblica e con modalità di svolgimento differenziate a seconda della provenienza, consentirebbe a quei giovani che non intendono avviarsi alla carriera militare di misurarsi con una realtà nuova e stimolante, in pratica un vero e proprio stage utile a trarre elementi di orientamento e curriculari in vista dei successivi percorsi lavorativi, costituendo, al tempo stesso, una preziosa opportunità di confronto per il nostro personale, a fronte delle dinamiche di progressivo invecchiamento cui accennavo poc'anzi.
  L'innovativa formula non inciderebbe sulle facoltà assunzionali da turnover dell'attuale modulo di alimentazione dei ruoli base e potrebbe realizzarsi attraverso un contenuto finanziamento ad hoc, con l'ulteriore pregio di rinvigorire e rinsaldare lo storico legame tra l'Arma dei carabinieri e la società civile, e – più in generale – di favorire la partecipazione della cittadinanza alla tutela della sicurezza pubblica, recuperando in una formula innovativa parte della tradizione e dei valori del servizio ausiliario nell'Arma.
  Le considerazioni sin qui svolte sulla necessità istituzionale di disporre in futuro di personale più giovane mi consentono di introdurre la complessa tematica del trattamento economico previdenziale del personale, ancora oggi afflitto dalla mancata attivazione della previdenza complementare, che insieme a quella obbligatoria costituisce il secondo pilastro della cosiddetta «riforma Dini» del 1995.
  Sul tema mi sia consentita una breve ma necessaria analisi. Come è noto, il legislatore ha conferito particolare riconoscimento alla specificità del ruolo svolto dalle componenti del comparto Difesa, Sicurezza e soccorso pubblico, nonché allo stato giuridico del personale a esso appartenente, in ragione della peculiarità e della tipicità delle funzioni svolte a tutela delle istituzioni democratiche e a difesa dell'ordine e della sicurezza pubblica interna ed esterna. Oggi, dopo ventiquattro anni dall'adozione del sistema contributivo, nonostante le reiterate dichiarazioni d'intenti e i perentori impegni da più parti assunti, il personale del comparto Difesa e Sicurezza, diversamente da quello di altri settori del pubblico impiego, non dispone ancora della possibilità di compensare con i fondi pensione l'inevitabile riduzione del trattamento pensionistico determinata dai nuovi metodi di calcolo. La complessa tematica, avvertita Pag. 12con diffusa e comprensibile preoccupazione da tutto il personale, è peraltro destinata ad assumere già nell'immediato futuro toni di crescente criticità. Infatti, senza un adeguato intervento, i carabinieri con profilo integralmente contributivo, che già rappresentano oltre la metà del personale in servizio, si troveranno a percepire all'atto del congedo una pensione significativamente inferiore all'ultimo stipendio: circa il 40, 50 per cento in meno. Ecco perché non appare ulteriormente rinviabile l'adozione di provvedimenti correttivi, che – sostenuti ovviamente dalle necessarie risorse – garantiscano anche per il futuro al personale e alle rispettive famiglie un tenore di vita adeguato dopo un lungo periodo integralmente dedicato al servizio della collettività e senza quindi ricercare sotterfugi o vie traverse.
  Per il personale già in servizio, dato il lungo tempo sin qui infruttuosamente trascorso per l'attivazione dei citati meccanismi previdenziali compensativi, apparirebbe più congruo (e forse anche più economico) progettare e attivare una sorta di previdenza dedicata perfettamente in linea con la richiamata specificità riconosciuta al comparto. Si tratta di un istituto che, incrementando i coefficienti di trasformazione, ossia quei valori che moltiplicati per il montante contributivo individuale restituiscono l'importo della pensione lorda annua, e correlato ai limiti di età ordinamentali, consentirebbe al personale militare inquadrato nel sistema previdenziale contributivo, cioè arruolato dal primo gennaio del 1996, di godere di un trattamento previdenziale più degno e più in linea con la media delle ultime retribuzioni percepite. Ho raccolto i dettagli tecnici di questa proposta in una scheda dedicata che lascerò alla loro attenzione al termine dell'intervento insieme ad altre schede specifiche.
  La doverosa attenzione che dobbiamo prestare nei confronti del personale che si appresta a lasciare il servizio attivo nelle condizioni ora dette non rende, tuttavia, meno imperativo l'onere di garantire il progresso della condizione economica e dell'insieme delle tutele giuridiche predisposte a favore di quello più giovane attraverso lo strumento delle procedure negoziali e concertative.
  Passo ora alle questioni relative al personale non dirigente. Nel 2018, a conclusione di una stagione riavviata dopo nove anni di blocco, nel rivisitare alcuni istituti normativi, i nuovi contratti valevoli per il triennio 2016-2018 hanno comportato alcuni limitati incrementi del trattamento economico fondamentale, con un beneficio medio pro capite mensile pari a 104,14 euro al lordo della tassazione individuale della misura oraria dello straordinario e dei fondi per l'efficienza dei servizi istituzionali, rinviando a stagioni successive l'adeguamento degli emolumenti accessori (indennità per servizi esterni, trattamento economico di missione eccetera), sostanzialmente immutati da oltre 15 anni, sebbene cruciali in quanto componenti del trattamento economico deputato a valorizzarne l'operatività. La legge di bilancio 2020, con apprezzata lungimiranza, ha stanziato risorse utili per l'apertura delle procedure negoziali e concertative per il triennio 2019-2021, incrementando quelle già previste per il 2019 a favore di tutto il pubblico impiego per un totale complessivo di oltre 3 miliardi di euro a regime, di cui circa 920 milioni destinati al comparto Difesa e Sicurezza.
  Tale preziosa occasione merita di essere colta e, in tal senso, sarebbe auspicabile che anche la legge di bilancio 2021 provvedesse ad arricchire il bacino di risorse sin qui disponibili.
  Con riferimento, invece, al personale dirigente o con carriera a sviluppo dirigenziale, vale a dire per le Forze armate gli ufficiali a partire dal grado di Maggiore, escluso dai benefici prodotti dal susseguirsi delle stagioni contrattuali, l'articolo 46 del decreto legislativo di riordino dei ruoli (decreto legislativo n. 95 del 2017) ha istituito per la prima volta un'area negoziale dedicata ai dirigenti delle Forze di Polizia a ordinamento civile, finalizzata a definire il trattamento economico accessorio e gli istituti normativi per il citato personale da estendere successivamente al personale militare con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Pag. 13
  Le risorse a disposizione, inizialmente stanziate dalla legge di bilancio 2018, sono state incrementate con la legge di bilancio 2019 e con il decreto-legge cosiddetto «Milleproroghe» dello stesso anno, per un ammontare complessivo pari a 3 milioni di euro per il 2020, 5 milioni per il 2021 e 8 milioni a decorrere dal 2022. Una simile dotazione appare sufficiente a consentire l'avvio dell'area negoziale, che auspichiamo fortemente sia contestuale alle procedure del rinnovo contrattuale. I lavori del prossimo contratto, le cui fasi preliminari sono state appena avviate, saranno certamente condotti d'intesa tra le amministrazioni interessate e gli organismi della rappresentanza militare, come storicamente è sempre avvenuto in passato. I prossimi mesi, tuttavia, vedranno un momento di inedita evoluzione della forma di tutela dei diritti e degli interessi del personale. Mi riferisco naturalmente al disegno di legge che, sul solco tracciato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 120 del 2018, consentirà il passaggio al sistema dell'associazionismo professionale a carattere sindacale tra militari (APCSM). Sul punto non mi soffermo, essendo programmata a breve una specifica audizione presso la Commissione Difesa del Senato. Tra i miglioramenti auspicabili, tuttavia, ritengo opportuno citare la necessità di una previsione che consenta il passaggio del transitorio da una fase in cui c'è la rappresentanza militare – le associazioni non hanno ancora piena rappresentatività e piena operatività – a una fase in cui poi opereranno solo queste ultime.
  Detto questo, è ovvio che le tratteggiate dinamiche organizzative e operative trovano realizzabilità nelle risorse finanziarie a disposizione. Il bilancio dell'Arma è attestato principalmente sul Ministero della difesa, compresa l'intera funzione forestale. Allo stato, nel corrente esercizio finanziario, lo stanziamento sui capitoli dell'Arma ammonta a circa 7,8 miliardi di euro, ripartiti nei settori personale, che poi costituisce l'area che assorbe la maggior parte delle risorse disponibili, per 7,2 miliardi, e funzionamento per 676 milioni di euro, di cui 488 milioni per l'esercizio e 187 milioni per l'investimento. Sono, invece, a carico del Ministero dell'interno le spese di missione, accasermamento, casermaggio connesse con l'assolvimento dei compiti di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, che – per il 2020 – ammontano a 311 milioni di euro. Sono, inoltre, a carico dei dicasteri di riferimento le principali spese di funzionamento dei Comandi per la tutela del lavoro, della salute, ambientale, del patrimonio culturale, per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare: circa 14 milioni di euro.
  Tra le misure economiche approvate per contrastare gli effetti della pandemia da Covid-19, il dispositivo per la ripresa e la resilienza, il cosiddetto «Recovery Plan», costituisce anche per l'Arma una preziosissima opportunità per sostenere i processi di innovazione già in atto in materia di transizione al digitale, realizzazione di edifici green e mobilità ecosostenibile. In tale contesto sono stati già presentati alla difesa alcuni progetti in coerenza con le linee guida in materia recentemente diramate dalla Presidenza del Consiglio dei ministri. Anzitutto, l'adeguamento dell'infrastruttura digitale di connettività geografica dell'Arma. In questa direzione si pone il progetto di un'infrastruttura d'ufficio virtuale disgiunta, cosiddetta «VOID», che consentirà al personale, impiegato in mansioni d'ufficio e costretto a rimanere presso il proprio domicilio per motivi precauzionali, di lavorare da casa in un contesto di massima sicurezza e tutela delle informazioni trattate, ostacolo che ad oggi limita fortemente il ricorso allo smart working.
  Sul piano infrastrutturale le progettualità si sviluppano lungo le direttrici dell'adeguamento antisismico, dell'efficientamento energetico e dell'integrazione con il tessuto sociale, con l'obiettivo di disporre di immobili ispirati a soluzioni progettuali innovative, ecosostenibili e robuste, che siano in grado di assicurare la continuità del servizio istituzionale anche in situazioni emergenziali. Più in generale, per la costruzione di nuove sedi, per il miglioramento energetico e sismico delle strutture demaniali in uso, per la realizzazione di nuovi alloggi e per l'incremento di strutture a sostegno delle famiglie sarebbero necessari 465 milioni Pag. 14 di euro. Il finanziamento è cospicuo, ma è indubbio che lo stanziamento di tali risorse favorirebbe l'economia dei territori più depressi. Ne è esempio emblematico la positiva esperienza realizzata a Taranto, dove per fronteggiare le accresciute esigenze addestrative dell'Arma è stato recentemente attivato un nuovo polo formativo presso una caserma resa parzialmente disponibile dalla Marina militare. La struttura, già operativa, entro il 2022 sarà in grado di ospitare mille allievi carabinieri, con positivi riflessi sulla sofferente economia locale, sia in termini di affidamento di lavori sia in termini di indotto.
  Tra le nuove ipotesi progettuali di maggior rilievo indispensabili cito quella per l'acquartieramento in un'unica sede del Gruppo intervento speciale e del primo reggimento carabinieri paracadutisti «Tuscania», reparti costituenti la spina dorsale del sistema antiterrorismo dell'Arma. Le esigenze degli assetti, peraltro accresciute in vista del prossimo ingresso del reggimento paracadutisti nel comparto delle forze speciali, potranno essere soddisfatte con il trasferimento in apposita area individuata in prossimità della base di Camp Darby, che per la sua collocazione geografica, la vicinanza con l'aeroporto di Pisa e per le aree addestrative è ritenuta idonea per la realizzazione della nuova sede. L'iniziativa potrà essere finanziata con le risorse che il Governo si è impegnato a destinare allo scopo accogliendo un ordine del giorno della Camera in occasione dell'approvazione del disegno di legge di bilancio 2020, e ringrazio per l'attenzione dimostrata a questo importante progetto.
  Tuttavia, l'adeguamento sismico resta una delle priorità del settore in linea col rinnovato quadro normativo. In tale ambito l'Arma e l'Agenzia del demanio hanno avviato un audit sismico sugli immobili demaniali di rispettiva competenza a cui seguiranno i necessari interventi; però obiettive difficoltà si riscontrano, invece, per l'ammodernamento dei beni immobili privati in locazione. Le spese occorrenti per le verifiche sismiche e i conseguenti interventi di adattamento delle sedi risultano difficilmente sostenibili dai proprietari, anche da proprietari pubblici come i comuni, a canone locativo invariato. Per questo potrebbe risultare utile, ove non risolutivo, mutuare la positiva esperienza registrata con la recente introduzione del bonus per ristrutturazioni immobiliari prevista dal decreto-legge cosiddetto «Rilancio», prevedendo un rimborso o un'agevolazione fiscale ad hoc per i proprietari di immobili in uso alle Forze di Polizia che eseguano interventi di ristrutturazione volti, in particolare, all'adeguamento antisismico. Tra l'altro ciò consentirebbe di superare l'isteresi che si è determinata e che si sta determinando per la stipula di nuovi contratti di locazione di immobili già in uso all'Arma, che quindi sono occupati sine titulo, con conseguente esposizione dell'amministrazione a pretese risarcitorie, ovvero a procedure esecutive.
  Per ottenere dall'Agenzia del demanio il rilascio del nulla osta alla stipula, infatti, i proprietari devono certificare il rispetto dei requisiti di sicurezza richiesti dalla legge effettuando la verifica di vulnerabilità sismica e i successivi adeguamenti infrastrutturali. È un cane che si morde la coda: non ho i soldi, non faccio gli adeguamenti, non ho la possibilità di rinnovare il contratto eccetera. Ribadisco che la caserma, in casi di disastro, diventa il punto di riferimento della collettività, come i fatti dimostrano.
  Mi avvio alle conclusioni. Mi siano pertanto consentite alcune considerazioni, avendo a riferimento anche la mia personale esperienza di uniforme in oltre cinquant'anni di vita militare con lo sguardo rivolto al futuro dell'Istituzione.
  I recenti fatti che hanno dolorosamente interessato la stazione carabinieri di Piacenza Levante hanno impresso ulteriore impulso a una riflessione avviata da tempo, per vero, all'interno dell'Arma. Sarà ovviamente l'autorità giudiziaria a chiarire le emergenti responsabilità penali del personale a vario titolo coinvolto nella vicenda; mentre le inchieste amministrative, che sono tuttora in corso secondo le tempistiche obbligate dall'angusta e datata normativa, consentiranno di delineare in maniera compiuta il quadro disciplinare e sanzionatorio, nonché le eventuali esigenze di nuove Pag. 15procedure organizzative, specie con riferimento all'attività di controllo.
  Tuttavia, da un primo sommario esame si conferma l'esigenza di una importante revisione del quadro normativo, che possa garantire alla scala gerarchica più efficaci strumenti di esercizio dell'azione di comando anche rispetto ai riflessi nella compagine militare della fisiologica evoluzione di costumi, riferimenti valoriali, priorità sociali. Viviamo nella società; siamo, dunque, figli della società e delle sue evoluzioni.
  Per quanto riguarda la normativa interna, ho affidato a un gruppo di lavoro dedicato la riscrittura del regolamento generale dell'Arma, nell'ottica di pervenire a una declinazione aggiornata dei principi deontologici e dei criteri di funzionamento generale dell'istituzione. È ovvio che ci vorrà un po' di tempo, perché è un obiettivo comunque a cui annetto una grande importanza, atteso che il regolamento generale è la pietra angolare del sistema dispositivo interno, nella cui cornice si inscrivono tutte le direttive e le circolari recanti le procedure operative e gestionali. La sua prima versione, elaborata nel 1822, è stata oggetto di successivi aggiornamenti senza tuttavia mai addivenire a una revisione complessiva. Revisione non significa «stravolgimento»; significa «revisione».
  Occorre ora procedere a una verifica dei suoi contenuti al fine di attagliarli al mutato quadro di riferimento, declinare i principi organizzativi a presidio dell'efficienza complessiva dell'Istituzione, aggiornare al mutato contesto sociale i riferimenti deontologici dell'agire di ogni carabiniere in ogni contesto pubblico e privato. L'esercizio di poteri di accertamento in grado di incidere sulle libertà dei cittadini comporta limiti di continenza e doveri di trasparenza e di rettitudine per i carabinieri, anche al di fuori del servizio, il cui ineludibile rispetto deve trovare corrispondenza nella certezza e nella concretezza della sanzione per la loro inosservanza.
  Sul piano più generale riguardante l'intero corpus normativo esterno, ritengo fondamentale segnalare anche la necessità di un adeguamento e di una modernizzazione dell'intero sistema di accertamento delle responsabilità disciplinari e delle eventuali conseguenze sul piano sanzionatorio.
  Al riguardo intendo esprimermi con assoluta chiarezza. Nessuno vuole assolutamente proporre anacronistici passi indietro sulla strada della tutela dei sacrosanti diritti del personale militare. Non può però sottacersi che, limitandosi al solo aspetto sanzionatorio, la disciplina di Corpo risale al 1975, all'epoca della leva obbligatoria, e che quella di stato, parimenti datata, non consente tempestività di intervento coerente con la mutata velocità dei tempi, oltre a essere finanche più concessiva rispetto alle norme vigenti per gli impiegati civili.
  Tutto ciò ha comportato un evidente sfibramento dell'azione di Comando, con Comandanti chiamati a confrontarsi con difficoltà crescenti, muniti di strumenti gestionali obsoleti e in quanto tali facilmente aggredibili nelle diverse sedi contenziose: penali, amministrative, civili. Mi riferisco, quindi, alla possibilità di introdurre sanzioni disciplinari più efficaci, quali quelle di carattere pecuniario, e di riallineare le previsioni dell'ordinamento militare con quelle esistenti per il pubblico impiego in tema di rapporto tra procedimento disciplinare e penale, introducendo la possibilità di riattivare il procedimento disciplinare non soltanto in presenza di giudicato definitivo ma anche in occasione di provvedimento giurisdizionale non definitivo, o laddove l'amministrazione venga in possesso di elementi nuovi ritenuti sufficienti a concluderlo.
  Se oggi, con l'invio di un'informazione di garanzia, l'amministrazione deve valutare ai sensi dell'articolo 1393 del codice dell'ordinamento militare se procedere disciplinarmente o aspettare, qualora non ci sono sufficienti elementi l'amministrazione deve rinviare la valutazione disciplinare fino a quando arriverà la sentenza definitiva. A questo punto, come avviene per gli impiegati civili, se si potesse rivedere nei vari passaggi la richiesta di rinvio a giudizio, la sentenza di primo grado, eccetera, l'efficacia derivante dalla tempestività della sanzione disciplinare sarebbe ben più immediata. Questo è il concetto.
  Ovviamente, non vi è dubbio che nell'ambito della sicurezza l'architrave dell'eccellenza, Pag. 16 prima ancora dell'efficienza, è la credibilità. Al di là di ogni sforzo organizzativo e di ogni risultato operativo conta l'affidabilità di ogni singolo operatore, al quale ogni cittadino deve poter rassegnare le proprie istanze, e finanche le proprie inquietudini, alimentando in questa fiducia la coesione sociale di cui tutti noi siamo orgogliosi custodi. Del resto questa è la tradizione dell'Arma da oltre due secoli, questa è la nostra missione e questo deve essere il nostro costante obiettivo. Grazie per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, Generale. Passiamo agli interventi dei colleghi. Ha chiesto di intervenire l'onorevole Deidda.

  SALVATORE DEIDDA. Comandante, è un piacere aver ascoltato la vostra relazione, soprattutto perché ha toccato veramente tutti i punti. È propositiva, ci fornisce degli elementi da esaminare e da discutere all'interno della Commissione e, ovviamente, ci dà modo di proporre anche delle riflessioni e delle prese di coscienza da parte di chi governa.
  Lei ha toccato una proposta concreta, quella di estendere l'Ecobonus anche alle strutture delle caserme. Ricordo che, a suo tempo, l'aveva presentata l'attuale presidente della regione Marche, Acquaroli, perché, nelle aree colpite dal terremoto, c'era l'esigenza di fare determinati lavori di ricostruzione nelle caserme appartenute a privati.
  Ma non voglio dilungarmi. Sa benissimo che, come ha detto lei, l'Arma dei carabinieri fa un grande sforzo, perché è una di quelle istituzioni – lo ripeto sempre – che nelle parti più periferiche del Paese non si tira indietro, non chiude i propri servizi, ma anzi li fornisce. A questo proposito, ho una domanda da porre, che riguarda la riforma del reclutamento nelle Forze armate e il progetto della leva di tre anni. Io avevo inteso – mi dica se sbaglio – che dopo due anni, si potesse fare richiesta di entrare nell'Arma dei carabinieri; fare l'ultimo dei tre anni da voi per essere valutato e, poi, proseguire la propria carriera. Il mio timore è che, se si fanno prima tre anni e poi altri tre, c'è il rischio che si alimenti un precariato ulteriore; quindi, l'anno di transito nei carabinieri dovrebbe avvenire dopo due anni nelle Forze armate.

  MARIA TRIPODI. Saluto e ringrazio il Comandante per la dettagliata relazione, ed anche il Generale Cinque e il Colonnello Maestri.
  Generale, lei ha toccato nella sua dettagliata relazione tantissimi punti. Io cercherò di avere il dono della sintesi nell'esprimerle qualche mia osservazione. Innanzitutto le rivolgo un enorme ringraziamento da parte mia e del gruppo di Forza Italia – ma immagino che questa sia una cosa comune a tutte le forze politiche – per il contributo veramente significativo ed encomiabile che l'Arma dei carabinieri tutti i giorni offre al servizio del Paese e, in particolare, durante questa emergenza per la pandemia del Covid-19. Credo che 35 mila unità impegnate con queste mansioni durante l'emergenza diano veramente la misura dello sforzo significativo compiuto e rappresentino un motivo di orgoglio per il Paese.
  Ovviamente, oltre a complimentarci, reputo che noi come legislatori dobbiamo anche intervenire concretamente a favore della Forza armata. A questo proposito, mi riallaccio a due passaggi importanti che lei ha fatto parlando delle risorse per il personale, citando il Recovery Plan, e della disciplina sulle associazioni sindacali per i militari, recentemente approvata in prima lettura da questa Camera.
  Io le trovo fortemente connesse, anche se non sembra. Innanzitutto, per quanto riguarda le risorse sul Recovery Plan, credo che noi – il Presidente mi correggerà se sbaglio – come Commissione, ma anche come gruppo politico che rappresento, faremo di tutto per cercare di rendere attuabili tutta una serie di misure a vantaggio del comparto Sicurezza. Mi riferisco anche alla questione del sindacato dei militari. Noi abbiamo lavorato moltissimo e in maniera unanime. È un primo passo. Naturalmente lei diceva che ci sono degli aspetti da migliorare e siamo fiduciosi che questo possa accadere durante l'esame al Senato.
  In ultimo, lei faceva riferimento anche ai tristi fatti di Piacenza. Su questo mi Pag. 17permetta di esprimerle un mio pensiero personale. Sicuramente è stata una pagina molto cruda; però credo che un episodio, seppur grave, vada punito nelle sedi opportune. Ovviamente l'autorità giudiziaria se ne occupa, però un episodio di questo genere non potrà mai intaccare tutto quello che l'Arma dei carabinieri ha fatto in oltre due secoli di storia per il nostro Paese. Credo che quando si leggono alcune cose dobbiamo essere lucidi e mantenere anche la visione generale di quello che l'Arma fa quotidianamente al servizio dell'Italia. La ringrazio.

  ALESSANDRA ERMELLINO. Saluto e ringrazio il Comandante Nistri e il suo staff, il Generale Cinque e il Colonnello Maestri. Ringrazio soprattutto per l'alto valore formativo che hanno per noi la sua relazione e le schede che sta lasciando alla Commissione, perché sono per questa Commissione degli strumenti importanti di cui ci si deve fare forti.
  Oggi lei ci ha offerto tantissimi spunti di riflessione. Al di là di qualsiasi riflessione anche prettamente economica, noi – come Parlamento – abbiamo il compito di legiferare e di consentirvi di svolgere nella maniera più efficace i compiti fondamentali per la tenuta democratica del Paese.
  Non mi dilungherò, quindi, su questi aspetti che preferisco approfondire, magari anche con i colleghi, soprattutto per quanto riguarda quelli relativi al personale. I colleghi sanno molto bene quanta attenzione ho dedicato a questo aspetto fin dall'inizio dei lavori della Commissione. Ritengo sia la parte fondamentale dell'esperienza che ho fatto.
  Prima lei ha affermato che le pensioni percepite un domani saranno del 40-50 per cento in meno rispetto all'ultimo stipendio. Parliamo di cifre veramente irrisorie per chi rischia la vita. Al di là di questo aspetto, però, vorrei farle due domande legate alla pandemia del Covid-19.
  Lei ha parlato di numeri dell'organico che sono penalizzati dall'età elevata e, comunque, da un incremento dell'età media che arriverà nei prossimi anni. Questo distogliere risorse per controllare se i cittadini indosseranno la mascherina – noi saremo obbligati ad indossarla anche all'aperto – non potrebbe essere penalizzante rispetto ad altre attività molto più nobili e specializzate in cui l'Arma è impegnata? Penso all'antiterrorismo, ma anche al contrasto agli illeciti e alle attività legate alle mafie. Noi sappiamo bene che la difficoltà che ha colpito molte delle piccole e medie imprese italiane durante il periodo del Covid ha alzato la soglia di attenzione nei confronti di quanto potrebbe accadere al nostro tessuto economico. Quindi volevo una sua riflessione riguardo al fatto che destinare i carabinieri a questi controlli possa costituire una sorta di deminutio capitis nei confronti dell'attività che svolgono.
  Vengo all'altra domanda. L'Arma è un'Istituzione preposta a tutelare lo Stato e i cittadini e a far rispettare le norme di civile e comune convivenza. In ogni caso è uno dei Corpi che maggiormente rappresentano lo Stato in tutte le sue prerogative caratteristiche. Non le sembra che intervenire su questi controlli possa maggiormente legittimare anche una sorta di scelta politica di questo tipo?

  GIOVANNI LUCA ARESTA. Grazie e ben tornato, Comandante. Grazie anche ai graditissimi ospiti che accompagnano il Generale. È sempre un piacere avervi ospiti.
  Lei stamattina ci ha illustrato una relazione importante, complessa, corposa, che rappresenta anche – lo dico con la massima onestà intellettuale – un quadro di criticità, che tuttavia non è impossibile da risolvere. Lei ha citato alcuni strumenti importanti che questa Commissione ha esaminato, valutato e portato anche avanti con un certo impegno come, ad esempio, il Recovery Fund. Nel parere alla Commissione Bilancio abbiamo espresso alcuni osservazioni, quattro in particolare, che per noi rappresentano la sfida per il futuro. Sono ben contento di cogliere già nel suo documento alcuni spunti di riflessione che evidentemente bisogna approfondire e fin da ora, ovviamente, siamo pronti a farlo. Saremo ben lieti di esaminare le schede che oggi lascerà a questa Commissione, ma anche di avere ulteriori occasioni di incontro e di scambio di idee. Pag. 18
  Mi consenta anche di esprimere il ringraziamento da parte del mio gruppo all'opera svolta dai carabinieri, sempre, ovunque, in generale, ma in particolare in questo periodo inedito per il nostro Paese e, ormai, anche per tutto il mondo. La vicinanza alle comunità locali è molto apprezzata. Vengo da una piccola comunità locale e so bene quanto e cosa fanno i carabinieri.
  Ringrazio anche per le occasioni di visita che ci ha proposto presso alcuni centri di eccellenza. Ricordo, in particolare, quello di Vicenza. Ho avuto il piacere di conoscere il Direttore, il Colonnello De Magistris, che è stato Comandante della Compagnia di Brindisi, per cui so qual è l'impegno profuso dal Centro di eccellenza di Vicenza. Lo seguo anche attraverso i social e gli altri canali informativi. È una delle proposte che faremo nel prossimo Ufficio di Presidenza, perché ritengo importante approfondire queste tematiche, così come è importante proseguire nell'opera che i nostri carabinieri svolgono nelle missioni internazionali.
  Insieme a una delegazione della Commissione ho potuto assistere a una fase di addestramento della missione MIADIT (Missione Bilaterale di Addestramento delle Forze di Polizia somale e gibutiane), nel Corno d'Africa, e so con quale impegno e con quanta dedizione il nostro Nucleo carabinieri interviene per la formazione delle forze di polizia locali. Ritengo, quindi, assolutamente importante proseguire in questa opera, che è molto apprezzata non soltanto dalle forze di polizia somale – glielo dico sinceramente – ma anche dalle comunità locali. Voi siete il nostro biglietto da visita nel mondo. L'attività che svolgete nell'opera di stabilizzazione di quelle aree è sicuramente importante, per cui grazie. Come ho detto, mi auguro che ci possano essere ulteriori momenti di scambio e di confronto.

  ALBERTO PAGANI. Grazie, Generale, per la ricchissima relazione illustrativa che ci ha proposto e che ci pone molti spunti di riflessione. Limito qui i complimenti e i convenevoli confidando che siate già a conoscenza dell'apprezzamento del nostro gruppo per il lavoro svolto dall'Arma dei carabinieri e da chi la comanda. Vorrei, invece, porre una riflessione che contiene tre quesiti, ai quali – da solo – non riesco a dare risposta.
  Ogni dispositivo di sicurezza, sia a livello locale, sia a livello nazionale o internazionale, svolge la sua funzione sempre attraverso il contributo di più soggetti che si integrano o lavorano in maniera giustapposta per ottenere un determinato effetto. Nel caso dei dispositivi di sicurezza territoriale, che sono coordinati dallo Stato attraverso le prefetture, il contributo dei vari soggetti è dato anche da specifici requisiti di formazione, di addestramento, nonché da specifiche competenze che la legge attribuisce ai singoli soggetti. Vi è il contributo che portano le Polizie locali, quello che portano le Forze di Polizia a ordinamento civile e militare, e anche quello apportato delle Forze armate, attraverso operazioni specifiche come l'operazione «Strade sicure». Ciascuno di questi contributi ha le sue specificità date dall'addestramento, dalle competenze e dalle funzioni che ogni soggetto è in grado di svolgere e ha anche, naturalmente, i propri costi. Se noi dovessimo analizzare questi contributi attraverso una contabilità per centri di costo, potremmo valutare un costo orario di intervento di ciascuna componente in relazione alla funzione che essa svolge e potremmo verificare che i costi orari sono estremamente differenziati, come è ovvio che sia, perché ci sono componenti di costo dati dell'accasermamento, dalla mobilità, dalla logistica eccetera. Nella teoria dei sistemi, si dice che i sistemi evolvono in maniera autopoietica, cioè basandosi su quello che sono loro stessi, e che di fronte a un'evoluzione determinata da shock ambientali, cioè da cambiamenti del contesto, non può che essere così. Noi abbiamo affrontato in questa fase lo shock prodotto dal Coronavirus, che ha imposto a ciascuna componente uno sforzo di adeguamento. L'abbiamo affrontato con gli strumenti che era possibile adottare, come l'utilizzo delle ore di straordinario, e anche attraverso provvedimenti normativi.
  A volte però mi chiedo – questa è la prima domanda – se non sia possibile Pag. 19uscire dalla logica emergenziale e provare a osservare la realtà in modo più distaccato, per comprendere se l'insieme integrato delle forze che contribuiscono alla sicurezza territoriale siano dispiegate e impegnate nel modo più efficiente e più efficace possibile. Mi chiedo se non si possa ripensare alcuni aspetti organizzativi al fine di avere con le risorse disponibili, che sono purtroppo sempre limitate, una maggiore efficienza e una maggiore efficacia, data appunto dalle specifiche competenze che ogni soggetto deve avere. Mi ha spinto a questa riflessione la sua proposta di stage formativo, cioè di utilizzare nei compiti da assolvere anche giovani che non intendano poi fare il militare, ma altre professioni, fornendo loro una formazione durante il periodo di impiego. Si può ragionare su questa idea, che a me pare ottima, guardandola solo con gli occhi dei carabinieri o guardando quello che sarebbe il compito della politica, valutando se questa non sia una delle modalità per rendere l'insieme dell'apparato di sicurezza nel territorio più efficace e forse anche meno costoso?
  È una domanda alla quale io non so rispondere, ma sarebbe interessante sapere se si può pensare a una riorganizzazione in modo più efficace di un sistema composto di tante parti.
  Passo a un altro tema di cui ha parlato e che, a mio parere, necessita di approfondimento e di riflessione. Il Parlamento, con il recepimento della direttiva europea sul tema dell'antiriciclaggio, sulla base di una proposta del Governo, su iniziativa del Ministro dell'economia e delle finanze, ha ristretto l'ambito di diffusione di informazione sulle operazioni finanziarie sospette della UIF presso la Banca d'Italia. Questo significa che prima c'erano informazioni che venivano divulgate e servivano per l'attività di indagine di tutte le Forze di Polizia a ordinamento civile e militare. Poi, in virtù di questa modifica normativa, forse non pienamente consapevole, si è avuta una diffusione più ristretta. Posto che fatico ad apprendere la necessità logica di questa operazione – però sono miei limiti conoscitivi – mi pare che ciò contrasti con la logica della massima diffusione possibile delle informazioni necessarie, contenuta anche nella normativa europea. Rifletto su questo punto. Non so se si può ritornare al modello precedente, perché non ho capito il senso di questa operazione; forse qualcuno un giorno me lo spiegherà.
  In ogni caso la domanda è questa: è possibile pensare a modalità specifiche per permettere di rendere disponibili anche alle altre Forze di Polizia, e non solo alla Guardia di finanza, informazioni che servono a indagini non strettamente attinenti all'attività di Polizia tributaria e finanziaria, ovvero indagine anticrimine, che possono essere legate al traffico di droga, di armi, terrorismo eccetera? A mio avviso, il modello precedente non era così sbagliato.
  La terza e ultima domanda riguarda un altro tema citato nella sua relazione: quello dei carabinieri forestali. Ci sono alcune proposte di legge, delle quali dovrà discutere anche la nostra Commissione, che auspicano soluzioni di tipo diverso tra loro, ma che sostanzialmente si concentrano sull'aspetto della dimensione nazionale. Ci sono competenze nazionali attribuite dalla Costituzione alle regioni disciplinate, in questo momento, da normative regionali e ci sono funzioni di monitoraggio e di vigilanza di carattere ambientale che tutte le regioni esercitano attraverso le Polizie locali.
  Vorrei sapere se non sia possibile pensare, invece, a una riorganizzazione del sistema che mantenga l'attuale assetto con riguardo alle funzioni di carattere nazionale. A prescindere dalle diverse opinioni che ci sono tra i componenti di questa Commissione sull'utilità o meno della riforma che ha assorbito la Guardia forestale all'interno dell'Arma dei carabinieri, tale riforma ha comunque comportato dei costi. Come diceva prima, i carabinieri forestali non sono gli ex forestali diventati carabinieri, ma sono anche carabinieri diventati carabinieri forestali; quindi è una realtà completamente diversa. Mi pare inverosimile tornare esattamente com'era prima e mi chiedo, invece, se non sia possibile pensare a un quadro normativo nazionale che disciplini le modalità con cui le regioni possono svolgere la loro funzione di Pag. 20vigilanza e di monitoraggio ambientale, anche per evitare il fatto che ciascuno faccia un po' come gli pare e che nascano, escludendo quelle a statuto speciale, quindici modalità diverse di svolgere funzioni che sono attribuite, invece, agli enti territoriali.

  ROBERTO PAOLO FERRARI. Benvenuto al Comandante Generale. Naturalmente il mio intervento sarà obbligatoriamente ripetitivo e, quindi, cercherò di contenerlo al massimo. Ringrazio per la relazione ampiamente esaustiva, per gli spunti e i suggerimenti che fornisce. Essa ci rende il quadro di quella che è l'attività dell'Arma dei carabinieri in patria e all'estero che, come hanno detto anche altri colleghi, abbiamo potuto misurare sul campo. Il collega Aresta ha citato la missione nel Corno d'Africa per la formazione della Polizia somala, ma lo stesso avviene in altre realtà, come per esempio in Afghanistan. La presenza dei carabinieri accompagna poi, oltre alle legazioni diplomatiche, anche tutti i nostri contingenti all'estero per i compiti di istituto che sono propri dell'Arma.
  Molto interessante è il riferimento alla proposta relativa alla possibilità di reintrodurre un servizio volontario, per ricreare quel legame con il territorio e con le persone che in quei territori hanno avuto la propria formazione e che, tornando alla vita civile, possono trasferire dall'Arma le capacità e le professionalità acquisite.
  Anch'io non capisco le motivazioni di una mancata condivisione delle informazioni, come lei ci ha sottolineato, però la sua relazione segnala anche le criticità della condivisione delle banche dati, in quanto sono uno strumento essenziale per chi fa attività di prevenzione e di indagine sia a livello nazionale sia sui singoli territori, ancor di più in compiti di antiterrorismo.
  Vorrei sottolineare il passaggio che lei ha fatto sull'ossatura fondamentale dell'Arma dei carabinieri, cioè sul ruolo dei marescialli e delle stazioni sul territorio. Noi abbiamo l'onore di poterci confrontare col Comandante Generale. Credo che tutti i cittadini hanno avuto l'opportunità, in situazioni magari poco piacevoli, di potersi raffrontare con i marescialli delle stazioni del loro territorio. Proprio i marescialli sono il front office dell'Arma dei carabinieri, ma non solo dell'Arma dei carabinieri, bensì di quella che è la rappresentazione della sicurezza che lo Stato offre alle comunità. La ringrazio perché questi uomini sacrificano davvero anche la propria vita a servizio delle comunità in cui operano magari provenendo, come lei citava, da realtà anche totalmente diverse. Il trasferimento per andare a coprire le esigenze di servizio è una situazione nota nelle zone da cui provengo. Lei ha citato le percentuali. Oltre al sacrificio di prestare il proprio servizio con i limiti che la vita militare impone, c'è anche quello di farlo lontano dalle proprie zone di origine. Non mi dilungo oltre, se non per sottolineare che non avete nascosto quelle che sono state anche le criticità che si sono verificate dall'ultima volta che ci siamo potuti confrontare.
  Lo diceva bene la collega Tripodi: non sono questi episodi che connotano l'attività dell'Arma. Sicuramente è un episodio grave, è un episodio che, come lei ha illustrato, si deve affrontare anche attraverso la revisione organica di quelli che sono gli strumenti amministrativi interni, al fine di poter incidere. Del resto se ne occuperà la magistratura; però gli assicuro, proprio vivendo in mezzo alla popolazione e avendo anche svolto il ruolo di amministratore locale essendo stato sindaco, che non è stata minimamente toccata la percezione da parte dell'opinione pubblica di quella che è l'autorità, l'indipendenza e soprattutto la vicinanza alle comunità locali da parte dell'Arma dei carabinieri. Grazie per quanto ci ha detto.

  PRESIDENTE. Do adesso la parola al Generale Nistri per la replica.

  GIOVANNI NISTRI, Comandante Generale dell'Arma dei carabinieri. Ringrazio tutti anche per le espressioni di apprezzamento rivolte che, per quanto concerne la relazione, vanno ovviamente rivolte in prima istanza al Generale Cinque, al Colonnello Maestri e agli altri collaboratori citati oggi non presenti.
  Ne approfitto anche per ribadire il ringraziamento che, in quanto Comandante Pag. 21Generale pro tempore, debbo a tutto il personale dell'Arma. Mi ritengo assolutamente un privilegiato. Sono un privilegiato per essere il Comandante Generale di 110 mila uomini e donne che, senza arrivare a eroismi, fanno quotidianamente ciò che non tutti fanno quotidianamente in Italia. È il loro compito, li ringrazio di cuore, anche perché, per rimanere ancorati al Covid, è inutile nascondercelo, soprattutto nei primi tempi hanno dovuto affrontare difficoltà nell'approvvigionamento dei materiali minimali indispensabili.
  È vero che in quel periodo addirittura l'OMS affermava cose diverse da quelle dette successivamente, però è anche vero che, soprattutto all'inizio, non abbiamo avuto la possibilità di ricevere il materiale necessario; per cui i nostri si sono dovuti «arrangiare», hanno dovuto fare buon viso a cattivo gioco, e ciò nonostante, insisto, non hanno fatto un passo indietro.
  Per venire a un punto toccato dall'onorevole Ferrari, al di là di ogni facile ricerca di consensi che non mi appartiene, ogni qualvolta riesco ad andare in giro e a parlare col personale, soprattutto quando vado nelle stazioni, dico: «In questo piccolo Paese, del Comandante Generale non gliene importa niente a nessuno. Manco lo conoscono il Comandante Generale, ma conoscono il Comandante della stazione e conoscono ogni singolo carabiniere, nel bene e nel male.». Quindi è evidente che noi siamo strettamente dipendenti dal nostro personale e dai risultati che loro portano.
  Quando parlo di risultati – scusate se rispondo in maniera frammentata – mi riferisco a quanto ha affermato l'onorevole Ermellino. Sia ben chiaro che nell'Arma non si fa carriera perché si fanno gli arresti; nell'Arma non si fa carriera perché si ricevono gli encomi (peraltro gli encomi si ricevono non solo per arresti importanti, ma anche per attività di soccorso, per le quali si ricevono anche altri tipi di ricompense, medaglie al merito e medaglie al valore).
  Ho avuto la ventura di essere nominato Comandante Generale e nella mia vita non ho mai avuto un encomio, il che dimostra, al di là di ogni altra considerazione, ciò che noi ripetiamo continuamente a partire dagli ufficiali nelle scuole ufficiali. Non è la ricerca dell'encomio che ti fa fare carriera, e non è l'arresto la finalizzazione dell'attività svolta dalle stazioni carabinieri sul territorio. La stazione dei carabinieri sul territorio deve essere lo Stato in quel territorio, deve essere il recettore primo e ultimo e talvolta l'unico, al di là delle competenze importanti del sindaco, delle sofferenze, delle difficoltà, delle esigenze dei cittadini.
  Ecco dunque che anche le attività svolte nel corso della fase peggiore della pandemia in corso, e quindi i controlli sugli assembramenti, l'intervento per portare medicinali o, nei casi limitati in cui è stato necessario, le pensioni eccetera, non vanno visti come un distogliere da compiti più importanti, perché sono essi stessi i compiti del Comando di stazione. Se sono stato poco chiaro me ne scuso.
  In una relazione tecnica su uno dei provvedimenti di accompagnamento sull'incremento delle dotazioni finanziarie si dice che per l'Arma dei carabinieri ci sono 35 mila unità, per la Polizia mi sembra 10 mila; ma non è questo il problema. Si tratta di personale delle stazioni e dei Nuclei radiomobili, cioè di quei reparti che sono naturalmente a disposizione delle comunità. Tutto il resto, e quindi tutela salute, tutela lavoro, Nuclei investigativi, raggruppamento operativo speciale (ROS) eccetera, ha continuato a operare per le attività specifiche (antimafia, antiterrorismo eccetera). Tanto è vero che nel nostro interno, e non lo nascondo, abbiamo dovuto fortemente sostenere la necessità che quei fondi supplementari finalizzati ai servizi anti-Covid andassero solo a questi reparti; e non abbiamo dato una lira in più ad altri reparti, che pure hanno lavorato, ma non hanno lavorato con proiezione specificatamente anti-Covid. Credo che siamo stati gli unici a fare questa differenziazione, anche perché sul territorio siamo gli unici a esserci. Quindi, non lo vedo come un depauperamento degli assetti antiterrorismo o antimafia o anticriminalità in generale; li vedo come una specializzazione che, in Pag. 22quel momento, era necessaria per quel tipo di attività.
  Poi è ovvio che la stazione molto spesso fa anche attività investigative di minore livello; ma d'altro canto, quando al Comandante di stazione bussano i cittadini e vengono a dire che nell'androne di casa ci sono siringhe sporche di sangue o che fuori dalla scuola ci sono personaggi strani, a quel punto è quasi automatico che il Comandante di stazione debba anche fare attività investigative, in un settore, quello degli stupefacenti, dove il confine, al di là dei grandi trafficanti e di tutto quello che sappiamo, sul territorio diventa veramente molto labile. Quindi c'è anche questo rischio.
  Quanto al discorso della scelta politica, credo che un funzionario dello Stato che svolga compiti esecutivi, in particolar modo se è un militare, non debba fare altro che rispettare e far rispettare le leggi nel modo migliore possibile. Non ha titolo a fare una valutazione preconcetta su scelte politiche. Certamente, se chiamato, o anche di iniziativa, a proporre nelle opportune sedi, e non sventolandole per strada, il proprio parere su determinati argomenti, è necessariamente doveroso esprimerlo; ma nel momento in cui la rotta viene segnata, quella è la rotta.
  In un vecchio libro che narra della guerra di Algeria c'è una frase di De Gaulle che dice: «Al di fuori delle leggi, dei Governi e della struttura costituzionale non possono esserci che soldati perduti.». Faceva riferimento a un periodo storico particolare: la guerra d'Algeria, il generale Salan; è un altro discorso.
  L'onorevole Deidda ha parlato del dubbio sorto riguardo alla durata del periodo entro il quale richiedere la ferma. Noi dobbiamo considerare che siamo pienamente inseriti nell'amministrazione della Difesa, ci sentiamo orgogliosamente componenti della Difesa come quarta Forza armata e, quindi, dobbiamo tenere conto di tutte le esigenze; ma nello sviluppo che stiamo portando avanti insieme d'intesa soprattutto con lo Stato Maggiore dell'Esercito, che è quello più interessato per motivi anche numerici, il punto qualificante non è tanto i tre anni più altri tre, che è un loro problema organizzativo. Il problema qualificante per noi sono i limiti massimi di età. La teoria che stiamo perseguendo è questa: tu devi passare dopo che hai completato i due anni; quindi, puoi fare domanda dopo che hai dato già un tuo contributo tale anche per ammortizzare le spese per l'addestramento, che ha un costo. A partire dalla fine del secondo anno puoi fare domanda per l'Arma dei carabinieri, però l'iter concorsuale ha la sua durata. Quindi, mediamente, alla fine del terzo anno saprai che vai nei carabinieri e a quel punto continui il tuo servizio nei carabinieri esattamente con la ferma quadriennale eccetera. Nulla vieta che questo militare lo possa fare anche dopo, purché rientri nei limiti di età che riteniamo il minimo indispensabile per far sì di avere personale giovane da impegnare nei reparti e, soprattutto, che non sia ancorato a un territorio, generalmente il Sud, perché è da lì che proviene la maggior parte del personale, in modo da potere essere impiegato in tutte quelle aree dove noi avvertiamo una maggiore esigenza di personale. Spero che il discorso sia chiaro. Per l'appunto stiamo lavorando, in piena intesa con lo stato maggiore dell'Esercito e con lo stato maggiore della Difesa, proprio per tenere conto di entrambe le cose, in un contesto coordinato; almeno tra di noi ci dobbiamo coordinare nel miglior modo possibile.
  L'onorevole Tripodi – che ringrazio – ha fatto una serie di valutazioni di cui teniamo conto. Mi sembra fossero delle affermazioni più che delle istanze; quindi, non avrei nessuna risposta puntuale da poter fornire se non tenere ovviamente conto delle valutazioni e indicazioni che lei ha fatto, così come anche di quelle dell'onorevole Aresta.
  Per quanto concerne le tre domande dell'onorevole Pagani, nemmeno io ho conosco quali strumenti servano; però certamente convengo sul fatto che, se è opportuno ripensare a degli aspetti organizzativi, innanzitutto bisogna cercare di non toccare ciò che funziona. Per esempio, l'attuale modello di coordinamento funziona e non ha bisogno di particolari modifiche; tuttavia Pag. 23 possono essere fatti degli sforzi in comune. Faccio riferimento all'annoso problema della rilevazione degli incidenti stradali nei piccoli comuni, dove molto spesso è «appannaggio» dell'Arma dei carabinieri perché le Polizie locali non la fanno. Non la fanno non perché non la vogliano fare, ma non la fanno. Certamente su quel punto bisognerebbe rivedere qualche cosa, perché vuoi che non ci sono gli straordinari, vuoi che non ci sono i numeri, alla fine l'incidente stradale, specie nei piccoli centri, diventa un fardello in più.
  Così come, per esempio, a livello organizzativo sono stati svolti tavoli, a partire dal tavolo «Gutgeld», della ripartizione nelle grandi città. Si sono ottenuti dei risultati di concordanza tra noi e la Polizia di Stato: per esempio, nelle grandi città tra cui Roma, si è deciso concordemente di chiudere o ridurre la presenza nel centro per gravitare maggiormente sugli anelli periferici intra ed extra raccordo anulare e viceversa. Ritengo che quegli accordi siano importanti proprio nell'ottica di razionalizzare gli sforzi in condizioni di minore forza complessiva.
  Per quanto riguarda l'UIF, credo che il problema non riguardi solamente l'Arma dei carabinieri, ma la stessa UIF e anche l'autorità giudiziaria: quella centrale, intesa come Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, e quella distrettuale. Per quanto riguarda l'Arma, credo che la soluzione sia semplicissima: un emendamento che tolga l'obbligo del segreto d'ufficio, o quantomeno precisi che il segreto d'ufficio faccia riferimento a tutte quelle unità di Polizia o ad altri enti che non trattino specificatamente dell'attività antiterrorismo. Basta ritornare al precedente sistema. Questo, naturalmente, purché il decisore politico ritenga di dover mantenere l'UIF in una posizione di terzietà e di indipendenza all'interno della Banca d'Italia. Poi, se ci sono altri tipi di valutazione, ovviamente non rientrano nelle mie competenze. Oltretutto, risolvendo questo problema, cioè facendo un piccolo passo indietro che nulla toglie – attenzione – alla potestà di gestione delle attuali banche dati per dove sono collocate, si dà semplicemente la possibilità alla UIF di girare le informazioni che, dai loro algoritmi, dai loro studi, delle loro segnalazioni, risultano essere afferenti al terrorismo. Faccio un esempio semplice. Se il ROS – perché di questo si parla per quanto riguarda l'Arma – nell'ambito dei contatti legittimi con Forze di Polizia viene data una lista di Foreign Fighter che non hanno fatto nessun reato, avere la possibilità di incrociare queste liste provenienti da una Polizia di un Paese amico o alleato con i dati delle segnalazioni per operazioni sospette consente agli organi di analisi investigativi finalizzati al terrorismo ed esclusivamente al terrorismo di confrontare e comparare queste diverse liste e, quindi, di avere un elemento in più per poter poi eventualmente attivare l'autorità giudiziaria qualora questa già non sia stata preventivamente attivata. Ovviamente, concluso questo tipo di analisi, il dato ritorna alla UIF, alla Polizia valutaria per gli accertamenti di natura amministrativa e non investigativa pura. Quindi il discorso sarebbe semplice ed è mio parere, e credo non solo mio, che si ritornerebbe pienamente nella lettera e nello spirito delle direttive dell'Unione europea, le quali hanno tutte come premessa il miglioramento della disseminazione delle informazioni. Ovviamente, mi sia consentita la battuta, non al mercato del pesce; la disseminazione delle informazioni deve essere fatta a livello degli organi competenti. Ci deve essere una competenza implicita nel meccanismo del riciclaggio, del terrorismo. Lo dice la Commissione europea stessa quando, nella costituzione dell'EPPO (European Public Prosecutor Office), finalizza chiaramente l'ufficio a un'apertura nella lotta al terrorismo.
  Vogliamo noi, in Italia, separare qualche cosa che fino a ieri non ha dato nessun fastidio, e che ha consentito di avere informazioni in modo tempestivo? È vero che prima o poi le informazioni arrivano, ma se arrivano quando un procedimento penale già è stato incardinato a che servono?
  Io, inteso come organo competente, devo avere le informazioni per poterle sviluppare. Questo è il discorso. Sarebbe molto Pag. 24semplice: basterebbe togliere quell'innovazione spuntata fuori così.
  Passo ora ai carabinieri forestali. Ovviamente nella scheda che daremo, che non ho qui al seguito, cercheremo di illustrare con dati concreti qual è stato lo sforzo, qual è stata la situazione iniziale e qual è quella attuale, ivi compreso il fatto che abbiamo riaperto tre delle 54 stazioni forestali che erano state chiuse dal Corpo forestale, che abbiamo elevato di 18 unità per rilevamento nivometrico ciò che non c'era prima e abbiamo esteso la rilevazione delle valanghe al Veneto, al Friuli Venezia Giulia e al Piemonte. Ma non è questo. Credo che nel sistema di protezione ambientale ci sia un grande spazio che possa essere in qualche modo valutato e riempito a livello locale, con riferimento per esempio a taluni aspetti della caccia, della pesca e del dissesto idrogeologico.
  Faccio un esempio; ovviamente non è la mia materia di elezione. La scorsa settimana sono stato in visita al Parco Nazionale del Circeo e ai carabinieri forestali del Circeo. Quei laghi salati, quei canali di adduzione che sono a ridosso del mare devono essere scolmati periodicamente; ma quello è un problema di riserva naturale; a quello pensano i carabinieri forestali. Per tutti gli altri canali di scolo che non sono compresi in riserve, quali sono gli organi competenti? Probabilmente, se mi posso permettere, senza andare a trovare nuove soluzioni a livello centrale, nazionale, che poi varrebbero anche per certi aspetti a mortificare reparti di grande e consolidata tradizione investigativa – penso al Tutela Ambiente, all'agroalimentare, passando di ex abrupto da una parte all'altra – direi che probabilmente c'è ampio spazio per andare su questi aspetti, che in questo momento non sono ben organizzati tra le province, le regioni e i comuni e potrebbero consentire di ottenere esattamente l'obiettivo di un maggiore collegamento del sistema complessivo pro ambiente alle singole esigenze territoriali. Questa ovviamente è un'idea. Non voglio toccare la struttura centralizzata. Tra la competenza investigativa tipica del Tutela Ambiente che era ed è sempre stata dell'Arma sin dal 1986, la competenza agroalimentare che è sempre stata dell'Arma dal 1982 nella parte più aderente all'agricoltura, e tutte le straordinarie competenze di controllo di boschi, di riserve, di parchi naturali, di biodiversità e di CITES (Convention on International Trade in Endangered Species of wild, fauna and flora) che appartenevano al Corpo forestale dello Stato e che ora sono perfettamente integrate nell'Arma, penso che sarebbe una bella idea se fosse sostenuta e magari sviluppata.
  Per quanto riguarda i Comandanti di stazione, nel bene e nel male essi rimangono i Comandanti di stazione ed è per questo che è auspicabile che si trovino degli strumenti sia di motivazione – che non siano solo quel qualcosa in più negli avanzamenti che viene dato anche dall'encomio – sia di natura economica, perché trasferire un Comandante di stazione da una stazione a un'altra stazione significa trasferire un nucleo familiare e dare un contesto economico che sia idoneo e che sia all'altezza delle aspettative. Credo di aver risposto a tutto. Ringrazio ancora per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Associandomi ai ringraziamenti dei colleghi per l'attenta ed esaustiva relazione e per la disponibilità del Generale Nistri, rinnovo i ringraziamenti a tutti gli intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.45