XVIII Legislatura

X Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 8 di Mercoledì 9 settembre 2020

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Nardi Martina , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro dello sviluppo economico, Stefano Patuanelli, sulle linee programmatiche del suo dicastero (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento) :
Nardi Martina , Presidente ... 3 
Patuanelli Stefano , Ministro dello sviluppo economico ... 3 
Nardi Martina , Presidente ... 9 
Squeri Luca (FI)  ... 9 
Nardi Martina , Presidente ... 9 
Squeri Luca (FI)  ... 9 
Guidesi Guido (LEGA)  ... 10 
Nardi Martina , Presidente ... 13 
Guidesi Guido (LEGA)  ... 13 
Nardi Martina , Presidente ... 13 
Zardini Diego (PD)  ... 13 
Mor Mattia (IV)  ... 14 
Sut Luca (M5S)  ... 14 
Porchietto Claudia (FI)  ... 15 
Nardi Martina , Presidente ... 16 
Patuanelli Stefano , Ministro dello sviluppo economico ... 16 
Nardi Martina , Presidente ... 19 

ALLEGATO: Documentazione depositata dal Ministro Patuanelli ... 20

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Cambiamo!-Alleanza di Centro: Misto-NI-USEI-C!-AC;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Centro Democratico-Radicali Italiani-+Europa: Misto-CD-RI-+E;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Popolo Protagonista - Alternativa Popolare: Misto-PP-AP.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
MARTINA NARDI

  La seduta comincia alle 19.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro dello sviluppo economico, Stefano Patuanelli, sul tema dell'individuazione delle priorità nell'utilizzo del Recovery Fund.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Ministro dello sviluppo economico, Stefano Patuanelli, sul tema dell'individuazione delle priorità nell'utilizzo del Recovery Fund.
  Ringraziamo il Ministro per aver accettato il nostro invito, anche se per svolgere un'audizione l'ora non è delle migliori. Ringrazio anche i commissari che a quest'ora sono qua ad ascoltarla perché interessa moltissimo a tutti. La Camera ha desiderio di esprimere il proprio punto di vista; vuole farlo attraverso un atto di indirizzo anche per rimarcare il giusto ruolo che le Camere hanno nei confronti del Governo, non perché vi sia una competizione ma perché ci deve essere una leale collaborazione tra le Istituzioni. In tal senso la Camera e questa Commissione rivendicano in maniera molto chiara la possibilità di poter esprimere in termini di indirizzo una serie di priorità. A noi interessa moltissimo capire qual è il punto di vista del Governo, cosa sta facendo e come si sta muovendo, anche in relazione a una tempistica europea che chiaramente prevede anche delle tappe che non sono solo dettate dalla nostra agenda ma che sono il frutto di una relazione più ampia con tutti i Paesi dell'Unione. Lascio la parola al Ministro Patuanelli, che ringrazio, e che ha annunciato di aver portato alcune slide illustrative.

  STEFANO PATUANELLI, Ministro dello sviluppo economico. Grazie, presidente. Ringrazio anch'io i colleghi. L'ora non è del tutto sbagliata, nel senso che magari se dirò cose noiose almeno la fame aiuterà a tenervi desti, anche se spero che ciò che dirò non sia così noioso. A parte le battute, io sono sempre disponibile per le Commissioni e apprezzo molto che ci sia un'interlocuzione preliminare, e non a cose fatte, tra Governo e Parlamento e non solo. Vista la storicità del momento che stiamo vivendo e dell'occasione che abbiamo, il Governo deve assumersi la responsabilità di poter effettivamente incidere in profondità sui nostri sistemi produttivi e sui temi seguiti dal Ministero dello sviluppo economico, ma sappiamo bene che tutte le progettualità del Recovery and Resilience Fund sono allargate anche ad altre materie e ad altre fattispecie. Credo che però questo arduo compito debba essere svolto tra Governo e Parlamento, ma soprattutto con il contributo di tutte le forze che sono presenti in Parlamento, con un dialogo che non deve mancare con le forze di opposizione perché possono dare un contributo di idee e un contributo di soluzioni a che il Governo riesca effettivamente a individuare quegli strumenti che al mondo dell'impresa servono per colmare quel gap di competitività che esiste rispetto agli altri Paesi europei. Vi ringrazio anche perché, al Pag. 4di là del fatto che oggi, come è noto, si è svolta una riunione importante del CIAE (Comitato Interministeriale per gli Affari Europei) – magari dirò due parole anche su quello che è accaduto in quella riunione – l'occasione è gradita anche per chiarire alcuni aspetti procedurali, perché è evidente che vi è stata una narrazione che oggettivamente non ha fondamento, circa un ritardo o una richiesta del nostro Paese per allungare e dilazionare i tempi.
  I tempi non sono determinati dai Paesi membri, ma dalla volontà della Commissione. Come è noto, è a giugno che si è arrivati a un accordo, o forse addirittura nel mese di luglio – purtroppo questo periodo trasforma i giorni in settimane e i mesi in anni! Dal momento in cui i Paesi membri hanno trovato nel Consiglio europeo un accordo rispetto agli strumenti da mettere a disposizione dei Paesi membri dell'Unione europea, per affrontare la crisi pandemica, la Commissione europea ha comunicato, inizialmente, che un'interlocuzione con la Commissione medesima avrebbe potuto iniziare dal 15 settembre, indicando come data di presentazione dei progetti il 15 ottobre per i Paesi che volevano accedere all'anticipo del 10 per cento sul 2021 della tranche dei fondi a disposizione, mentre la scadenza naturale per tutti gli altri Paesi era quella del 30 aprile del 2021. È di questi giorni la decisione di un allungamento dei tempi che ci porterà a iniziare le interlocuzioni informalmente con la Commissione europea già nelle prossime settimane; ma di fatto, anche per chi vorrà avere accesso all'anticipo del 10 per cento da erogarsi nel primo semestre del 2021, le progettualità potranno essere consegnate fino al 31 dicembre di quest'anno. Questa non è una richiesta dei Paesi membri. Noi eravamo pronti, siamo pronti già, a iniziare le interlocuzioni sulla base di un progetto che ovviamente è un work in progress, perché è chiaro che l'interlocuzione con il Parlamento è necessaria ma anche perché assieme alla Commissione si valuteranno alcune delle progettualità; però il fatto di avere più ampi margini di tempo ci dà modo di analizzare la situazione ancora più in profondità al fine di dare le risposte che effettivamente servono al Paese. Io mi sono permesso di preparare una piccola presentazione. Faccio alcune premesse. Ovviamente questa è la parte che riguarda il Ministero dello sviluppo economico e le modalità con cui il Ministero ha lavorato durante il mese di agosto e sta lavorando per le parti di competenza del Piano Nazionale che si sta elaborando. Posto che ci deve essere questa interlocuzione e che la discussione anche infra-Governo è ancora in corso per individuare le linee puntuali di intervento e di sviluppo, è chiaro che non andiamo nella rappresentazione del dettaglio della singola misura e della singola quantificazione della misura, perché non è questo ancora il momento per farlo; quindi vi illustrerò le modalità con cui abbiamo operato fino adesso e in linea di principio i diversi filoni di intervento, le diverse missioni di cui ci occupiamo e alcuni elementi di intervento che riteniamo debbano essere poi oggetto di approfondimento e di schede puntuali. Intanto una breve ricapitolazione su alcuni dati riportata nella prima slide. Il Recovery and Resilience Facility (RRF) è parte fondamentale del Next Generation EU, che ha un quadro complessivo da 750 miliardi di euro e che è diviso nell'RRF e nel REACT-Eu. C'è un meccanismo che è ponte tra le politiche di coesione e i programmi 2021-2027, che ha una dotazione di 47,5 miliardi di euro. Subito sotto, nella prima slide, vedete un recap anche di altri strumenti, perché ricordo che vi sono anche politiche di sviluppo che possiamo fare con gli strumenti ordinari che sono a disposizione dei Paesi membri per programmi già esistenti, oltre alla legge di bilancio che con risorse proprie potrà finanziare interventi di aiuto, di agevolazione e di protezione del sistema produttivo italiano. Non è indifferente sapere che non parliamo soltanto dei 208 miliardi di euro in questione ma che noi dobbiamo avere un piano complessivo e dopodiché, da una parte, ci sarà un finanziamento con i fondi del Recovery and Resilience Fund e, dall'altra, ci sono gli strumenti ordinari. Nell'RRF la dotazione per l'Italia, come mostra la seconda slide, è questa e i sussidi sono calcolati in due tranche, 70 e 30 per Pag. 5cento: la prima tranche deve essere impegnata nel 2021-2022; il 30 per cento deve essere interamente impegnato entro la fine del 2023. Il prefinanziamento è possibile, come ho detto prima, per chi presenta i piani entro il 2020, e dovrebbe essere pari al 10 per cento e versato nel primo semestre 2021. Gli asset strategici dati dalla Commissione, riassunti nella successiva slide, sono: promuovere una crescita sostenibile attraverso la transizione verde e digitale, quindi innovazione, digitalizzazione e green economy; promuovere la coesione economica sociale e territoriale; migliorare la resilienza e la capacità di aggiustamento degli Stati membri; attenuare l'impatto sociale ed economico della crisi. Noi quindi ci siamo posti due grandi temi che poi sviluppiamo in tre assi e alcune aree d'impatto. Il primo tema è una crescita sostenibile e inclusiva; il secondo tema è la centralità di impresa. Quando parliamo di crescita sostenibile e inclusiva, con la parola «sostenibilità» non intendiamo soltanto la sostenibilità ambientale, ma anche la sostenibilità economica e la sostenibilità sociale. Ritengo che in un momento di grande transizione degli assetti produttivi di tutti i Paesi membri non si possa derogare a una delle tre tipologie di sostenibilità. La sostenibilità ambientale esiste soltanto se c'è sostenibilità economica e se c'è sostenibilità sociale. La centralità di impresa è ovviamente uno dei punti cardine di tutta l'azione del Ministero dello sviluppo economico. Impresa significa creare reddito, creare ricchezza, distribuire ricchezza; significa sostegno alle famiglie; significa la possibilità per i dipendenti che hanno un posto di lavoro in un'impresa stabile di poter programmare una vita. Quindi nasce tutto dall'impresa, che poi genera lavoro. Non è pensabile la generazione di lavoro se non c'è un forte sostegno alla nascita, alla crescita e allo sviluppo dell'impresa. A nostro avviso c'è una serie di pilastri, riportati nella quinta slide, che la politica industriale deve avere. Un pilastro è rappresentato dalla trasformazione digitale e innovazione del sistema produttivo (questo è assolutamente in linea con le linee di indirizzo della Commissione europea). Un altro pilastro è il rafforzamento della competitività di filiera. Abbiamo una serie di filiere che nel nostro Paese consentono una cinghia di trasmissione nella catena del valore, che è una cinghia che funziona perché si possono trasmettere nella filiera gli avanzamenti tecnologici e l'innovazione. Molto spesso queste filiere sono a guida di società partecipate dallo Stato; questo è evidente. Penso a Leonardo, a Snam, ENI. Ci sono anche filiere che non hanno presenza dello Stato come quella dell'automotive, che è una filiera importante dove c'è un grande produttore nazionale ma dove la filiera è a sostegno anche di produttori di marchi che non hanno produzione nel nostro Paese. Riteniamo che potenziare la filiera significhi agire a sostegno anche della piccola impresa che sta alla base di quelle filiere. Un altro pilastro è il potenziamento dei settori rilevanti e la riqualificazione green del sistema produttivo. La parola green può essere tutto e può essere niente; forse si abusa di questa parola. Io credo che ci sia una sensibilità ambientale che negli ultimi 10-15 anni nel nostro Paese, ma anche in tutto il continente europeo, si è via via incrementata. Non è più tollerabile uno sviluppo industriale che non tenga in stretta considerazione le necessità del rispetto ambientale, che si trasformano poi nelle necessità di salute dei cittadini. Qualsiasi trasformazione e qualsiasi transizione ha bisogno di un periodo per svilupparsi e di sostegno da parte dello Stato. Io credo che non si possa pensare a implementare politiche di transizione senza porsi il problema di cosa succede nell'impresa nel momento in cui la transizione si compie. Questo non significa rallentare la transizione, ma significa accelerare dove serve; ma più si accelera e più si devono dare gli strumenti all'impresa per supportare quell'accelerazione, degli strumenti di protezione – che ci sono, che abbiamo – che vanno implementati di volta in volta. Un altro pilastro è il finanziamento e il supporto alle start up e alle piccole e medie imprese (PMI). Sulle start up stiamo già lavorando molto bene, credo, perché ci è riconosciuto da quel mondo, e non perché ci si sia inventati grandi strumenti. Pag. 6 Siamo intervenuti in protezione alle 11 mila start up del nostro Paese attraverso molti dispositivi normativi. Credo che si possa fare ancora di più per il mondo delle start up, che sono fondamentali perché l'innovazione e la ricerca arrivino al mercato. Un altro pilastro è il rilancio delle aree a ritardo di sviluppo, che è un grande tema delle aree di crisi. Ritengo particolarmente importante, soprattutto, l'ultimo punto indicato nella slide, perché bisogna fare un salto veramente «quantico» negli investimenti in capitale umano e nella formazione professionale. Noi ci troviamo ad avere una prospettiva di alcune tecnologie, che oggi magari non sono ancora mature, che matureranno prima del tempo in cui avremo la capacità di formare le persone perché possano utilizzare quelle tecnologie. Questo è un problema che dobbiamo porci immediatamente, garantendo quindi un supporto all'impresa che oltre a fare innovazione ha bisogno di chi sa cogliere le occasioni di quell'innovazione, di chi sa portare avanti quell'innovazione all'interno delle linee produttive. Noi dobbiamo fare un passaggio forte di transizione dai processi ai prodotti e anche per questo è necessaria una grande formazione del personale di impresa. Quando parlo di formazione professionale non mi riferisco soltanto ai lavoratori ma anche al mondo dell'impresa, all'imprenditore: il nostro tessuto produttivo è formato da tantissime partite IVA, da tantissimi autonomi, da tantissimi artigiani e piccolissimi imprenditori che non hanno la possibilità di avere un personale specificamente preparato e assunto per seguire i temi di ricerca, sviluppo e innovazione; anche loro devono essere formati per gestire in modo innovativo le loro imprese. I criteri seguiti nell'individuazione delle aree di impatto, ricordate nella sesta slide, consistono nel trovare poche aree ma ad alto impatto, quindi non una caterva di progettualità ma scelte chiare, precise e profonde. Un altro criterio è la semplificazione degli strumenti. Al di là del decreto «Semplificazioni», che di anno in anno si ripropone nelle Aule parlamentari, vi sono elementi di semplificazione interna nei Ministeri che possono essere realizzati senza necessità di una norma primaria. Ma al di là delle iniziative in discontinuità, che sono fondamentali per fare i salti, ritengo che la massima semplificazione che si può dare a un imprenditore è fornire strumenti certi e potenziare le cose che conosce già, perché il cambio repentino di strumenti porta a incertezza e a difficoltà di accesso a quegli strumenti. L'ultimo pilastro, che è assolutamente importante, è un focus sull'execution e la certezza dei tempi. Noi non dobbiamo «spendere» i soldi che ci arrivano; noi dobbiamo «investire» i soldi che arrivano, che hanno un arco temporale ben definito e ristretto entro il quale dobbiamo dispiegarli e farli cioè arrivare a terra, come si usa dire. Oggi noi abbiamo l'obbligo di intervenire sapendo esattamente le modalità e i tempi con cui quegli strumenti arrivano all'impresa. Possiamo aver pensato ai progetti migliori, ai piani migliori, alle idee migliori che ci sono, ma se poi non dispiegano l'effetto è come se avessimo buttato via il nostro tempo. Abbiamo individuato quindi tre macroaree di intervento (settima slide): il supporto alla transizione digitale e all'innovazione; il supporto alla transizione verde; l'attrattività e il rafforzamento del sistema produttivo. Le prime due fanno parte delle linee di accesso al Recovery dettate dalla Commissione europea, anche perché bisogna avere accesso a quegli strumenti finanziari; la terza è una parte del rafforzamento della coesione sociale, territoriale ed economica, perché riuscire a rafforzare il sistema produttivo tiene dentro quel tema di centralità dell'impresa che è asset fondamentale del nostro intervento. Per ciascuna di queste tre aree, come mostrano le successive slide, abbiamo individuato una serie di progettualità collegate agli obiettivi. Intanto c'è il tema del 4.0. Qui l'abbiamo individuato come X.0 perché ormai forse anche il 4.0 è un po' in ritardo e superato dai tempi. Il 4.0 nasce come industria, poi è stato allargato all'impresa. Nell'ultima legge di bilancio siamo passati dai sistemi di ammortamento al credito d'imposta per allargare la platea alla piccola e media impresa, alla microimpresa, a chi era nei regimi forfettari e non poteva mettere in ammortamento Pag. 7 i beni e quindi non aveva accesso a quelle misure. Riteniamo di dover rafforzare il pacchetto 4.0. In che modo? Certamente con un incremento delle aliquote del credito d'imposta, certamente con un incremento dei massimali, ampliando le tipologie di beni materiali e soprattutto immateriali che possono avere accesso alla misura del credito, e soprattutto rendendo strutturale la misura che, come è noto, di anno in anno veniva rinnovata. Siccome stiamo parlando di investimenti è fondamentale che vi sia certezza sulla durata della misura, perché in questo modo l'imprenditore può programmare gli investimenti non soltanto sulla base del risultato di un esercizio ma anche sulla base della programmazione economica dell'impresa, almeno nel triennio. Un altro tema è costituito dagli investimenti in ricerca, sviluppo e tecnologie emergenti. Ci sono delle tecnologie che non sono ancora mature. Pensiamo all'intelligenza artificiale, al quantum computing, ai super calcolatori, alla blockchain: sono temi che possono avere un'incidenza molto forte sulla competitività e sulla produttività dell'impresa; quindi riteniamo di dover rafforzare gli strumenti a favore della ricerca e dello sviluppo delle tecnologie emergenti. C'è il tema del trasferimento tecnologico. Al di là della rete dei Digital Innovation Hub, dei competence center che nell'Atlante i4.0 per le imprese, disponibile sul sito del Ministero dello sviluppo economico, già rappresentano una rete del trasferimento, noi dobbiamo fare un percorso di avvicinamento al concetto del Fraunhofer tedesco, che funziona, che probabilmente nel nostro Paese è ancora considerato un modello di riferimento non raggiungibile nel brevissimo, dato che la dimensione aziendale tedesca certamente è diversa dalla dimensione media dell'azienda italiana. Riteniamo però che attraverso i grandi campioni italiani, che prima citavo, che sono anche i campioni europei, e a quelle filiere che funzionano, con uno strumento orizzontale che vada a prendere un po' tutta la parte di ricerca e sviluppo che le grandi aziende fanno e che riescono a trasmettere anche alla piccola impresa, riusciamo a implementare le politiche di trasferimento tecnologico: è, a mio avviso, fondamentale implementare per garantire che i sistemi produttivi facciano quel salto di competitività che devono fare. Del sistema delle competenze che si innesta certamente sul tema dell'innovazione ho già descritto alcune caratteristiche prima. Un altro tema è costituito dalle infrastrutture digitali e dalla banda ultralarga. Non torno sul tema della rete unica, di cui si è dibattuto moltissimo in questo periodo. Io ritengo che sia un dovere per il nostro Paese garantire a tutte le imprese – ritengo anche a tutti i cittadini, ma è un tema che non compete al mio Ministero dato che io mi occupo delle imprese – una connessione alla rete certa, sicura e veloce; altrimenti tutto quello di cui abbiamo parlato fino adesso non può dispiegarsi negli effetti d'impresa. Il supporto alla domanda dei servizi digitali è un altro tema importante. Ad esempio, penso al tema del BIM (Building Information Modeling) in edilizia. Penso che poter avere supporto da parte del Governo e delle iniziative di sostegno che faremo alle imprese per poter implementare all'interno dell'impresa il sistema BIM sia un passaggio fondamentale per quel comparto. Lo cito come esempio, ma ci sono esempi di servizi digitali offerti che hanno bisogno di essere sostenuti in termini di domanda, perché in questo modo aumentando la domanda si alza anche il livello di sviluppo dei servizi stessi.
  Sul supporto alla transizione verde, ovviamente, uno dei temi che proponiamo è quello del Superbonus, cioè delle detrazioni al 110 per cento e della circolazione dei crediti, tema che voi conoscete benissimo perché avete affrontato recentemente la conversione del decreto che ne ha sancito i contenuti e i limiti. Su questo la stabilizzazione della misura dopo il 2021 è un obiettivo da perseguire e raggiungere, e dopo un monitoraggio del funzionamento della misura nei prossimi mesi ci sarà anche un'eventuale rimodulazione dei paletti che sono stati giustamente inseriti, paletti che anche se ampliati molto bene dal lavoro parlamentare probabilmente hanno bisogno di una verifica rispetto all'effettivo tiraggio della misura. Sulla parte Pag. 8Sismabonus credo che solo una proroga dei tempi di attuazione potrà portare a un effetto perché, mentre la parte di Ecobonus è spesso realizzabile con interventi che non hanno necessità di un lungo procedimento autorizzativo, molto spesso la realizzazione di un cappotto – poi dipende dalle leggi regionali e dai regolamenti locali – è realizzabile con una semplice dichiarazione di inizio attività, o una CILA (Comunicazione Inizio Lavori Asseverata) o una SCIA (Segnalazione Certificato Inizio Attività), secondo le diverse zone, o addirittura con una comunicazione dell'attività di edilizia libera, ovviamente tutta la parte di Sismabonus è invece legata quasi sempre all'ottenimento di un permesso di costruire che ha dei tempi di istruttoria ben più lunghi. Come è noto, a dicembre abbiamo consegnato le prime modifiche al Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il Clima (PNIEC), che ha degli obiettivi sfidanti. Quegli obiettivi si raggiungono attraverso strumenti di semplificazione normativa che sono in parte contenuti nel decreto «Semplificazioni» in corso di conversione, ma ovviamente anche con un supporto e un sostegno economico. C'è il grosso tema dell'idrogeno, che merita un focus a parte. L'idrogeno può essere quella svolta paragonabile al passaggio avuto nella telefonia con l'avvento degli smartphone. Rappresenta un cambio reale di paradigma e di modalità, che si fa stoccaggio di energia. Credo che nell'ottica della transizione verso l'energia sostenibile sia davvero il tema centrale. Su questo abbiamo già finanziato tutto il pacchetto IPCEI (Important Projects of Common European Interest) per il 2021 con 950 milioni nel decreto «Agosto». Riguarda quell'importo anche gli altri IPCEI, cioè quelli sulle batterie e sulla microelettronica. Però noi vogliamo arrivare a pareggiare gli importi che gli altri Paesi europei stanno investendo sul tema dell'idrogeno. Credo che l'Italia, se avrà la forza di spostare il dibattito sull'idrogeno verde prodotto da fonte fotovoltaica e non eolica, che peraltro ha un'economicità a megawatt importante, riuscirà a essere il primo polo di produzione per l'elettrolisi di idrogeno, sarà il punto di partenza della distribuzione dell'energia in Europa e non sarà più il punto di arrivo come accade oggi prevalentemente per il trasporto dei gas. Noi scontiamo il fatto di essere l'ultimo punto di arrivo di tutta la dorsale europea di trasferimento dei gas in Europa. Possiamo invertire questo paradigma se avremo la forza di far capire che l'incentivazione massima deve essere fatta per la produzione di idrogeno da fonte fotovoltaica.
  Abbiamo creato il Fondo per l'economia circolare: e in questo caso faccio anche un po' di mea culpa rispetto alle troppe volte in cui siamo intervenuti negli ultimi due anni sul tema dell'End of Waste finendo per dare incertezza e non certezza agli imprenditori. Credo che questa sia una responsabilità condivisa e io mi sento di assumerla in questo momento; ma ritengo che sia oggettivamente una responsabilità della politica, non di una forza politica. Credo che adesso invece sia il caso di dare certezza agli imprenditori e rafforzare le politiche e le competenze in tema di economia circolare. Quando il rifiuto di una produzione diventa materia prima secondaria per un'altra produzione, lì si ha veramente lo sviluppo massimo delle potenzialità di sostenibilità nei tre termini in cui si compone: ambientale, economica e sociale.
  Sul tema della mobilità ritorno su cose che ci siamo già dette in questa Commissione o comunque di cui abbiamo discusso più volte. La filiera automotive è una filiera fondamentale per la nostra economia ed è probabilmente una delle filiere che avrà le più grandi trasformazioni nei prossimi anni. Il passaggio dal motore endotermico a quello elettrico è un passaggio non soltanto legato al motore che diventa elettrico e alla componentistica. Lo sviluppo della guida autonoma e applicata, probabilmente, assieme a sistemi di intelligenza artificiale dispiegherà i suoi effetti anche nei prossimi anni. Questi elementi fanno sì che tutti i sistemi produttivi legati all'automotive avranno delle grandi transizioni, che devono essere guidate e supportate.
  Per quanto riguarda le attrattività e il rafforzamento del sistema produttivo, dobbiamo essere capaci di sfruttare un momento storico in cui il gap che c'è tra il Pag. 9costo e il valore della produzione nel nostro Paese rispetto ad altri Paesi europei si sta riducendo; cioè quel gap che era insuperabile fino a pochi anni fa oggi si sta riducendo. Le politiche di reshoring devono consentirci di attrarre gli investimenti dall'estero, ma soprattutto di riportare in Italia alcune produzioni che sono state portate fuori.
  Sulle filiere non torno perché ho già citato l'importanza delle filiere produttive del nostro Paese. Credo però che, entrando nel merito di alcune misure, ad esempio, la possibilità che le imprese che fanno parte di una filiera possano avere il rating di impresa della capofila sia uno strumento che dobbiamo implementare; così come ritengo che la possibilità di aggregazione all'interno delle filiere possa essere un valore, ripetendo un po' alcuni modelli che hanno funzionato, ad esempio come quello della ceramica in Emilia Romagna. È necessario prevedere strumenti di rafforzamento patrimoniale anche per consentire un migliore, e maggiore, accesso al credito all'impresa. Abbiamo visto in questi mesi di difficoltà quanta sia la criticità importata alla difficoltà con cui le imprese hanno accesso al credito. È necessario prevedere un pacchetto di misure che rafforzino e patrimonializzino le aziende.
  Delle fonti di finanziamento disponibili abbiamo già parlato, e con questo direi che lo schema preliminare di illustrazione di come il Ministero si sta muovendo e si è mosso in questi mesi è completato. Io ovviamente sono a disposizione per le vostre domande. Potrei non saper rispondere, perché non mi considero onnisciente. Può darsi che a qualcosa non sappia rispondere oppure che i tempi non consentiranno le risposte: mi riservo, in tal caso, di rispondervi o per iscritto o in un'altra audizione. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, Ministro. Mi sembra che la sua relazione sia stata esaustiva e interessante. Tra l'altro penso sarebbe utile avere la documentazione utilizzata nel corso della sua esposizione; la invito quindi a trasmetterla alla Commissione per metterla a disposizione di tutti i deputati e tutte le deputate. Penso possa essere molto utile anche per il prosieguo del lavoro che noi dobbiamo fare, perché interfacciarci con le priorità del Ministero ne è parte integrante. Ricordo a tutti i commissari che il Ministro ha dato la sua disponibilità fino alle ore 21, quindi io procederei come facciamo solitamente dando la parola a un deputato per Gruppo per poi lasciare spazio alle risposte del Ministro. Qualora restasse ancora tempo a disposizione, procederemo con un secondo giro.

  LUCA SQUERI. Buonasera. Chiedo alla presidente se vi sono precise indicazioni riguardo alla durata degli interventi per Gruppo in quanto non vorrei rischiare di togliere la parola a qualche collega.

  PRESIDENTE. Parli pure tranquillamente. Non credo che abbiamo problemi di numeri e, fortunatamente, neanche di orari perché il Ministro ci ha riservato un tempo congruo per consentire almeno un intervento per Gruppo. È chiaro che se qualcuno si attarderà eccessivamente sarà mia premura richiamarlo al rispetto dei tempi.

  LUCA SQUERI. Intanto ringrazio il Ministro per questa presentazione. L'interesse da parte nostra è massimo, come si può ben comprendere, e rappresentiamo in tal senso l'aspettativa del Paese. Oggi come Commissione abbiamo svolto audizioni di tanti soggetti in rappresentanza di diverse categorie dei vari settori. Abbiamo sentito da loro quanto questi fondi del Recovery Fund siano attesi. Poi tra l'altro quello che ho notato è la voglia di essere propositivi e partecipativi proprio nell'andare a proporre, per l'appunto, come utilizzare al meglio queste risorse. Il Ministro ha fatto un'esposizione a 360 gradi. Devo dire che il perimetro toccato è un perimetro che pone degli obiettivi sfidanti, ma necessari; sono tutti punti che a mio avviso sono da condividere come obiettivi da raggiungere. Io mi soffermo su quello che è un po' il mio argomento principale per il ruolo che svolgo nella X Commissione e per la delega che ho, all'interno del mio Gruppo, sull'energia. Anche qui il tema è importante. Abbiamo visto che nei tre punti prioritari, che tra Pag. 10l'altro vogliono concretizzare lo slogan «poche aree ad alto impatto», anche questo condivisibile, c'è proprio il discorso del supporto alla transizione green, alla transizione energetica. Io qui però non posso non cogliere l'occasione per rivolgere al Ministro un appello, un richiamo a un'attenzione che più volte io ho cercato di manifestare ma, ahimè, che finora non è stata presa in esame. Mi riferisco all'ultimo decreto, che tramite l'Ecobonus ha dato una spinta incredibile a quella che è un'innovazione rispetto alla possibile sostituzione degli impianti termici. Mi soffermo sul punto perché a mio avviso bisogna vincere un luogo comune che sta penalizzando il nostro Paese, ma in maniera grave, in maniera strutturale. I miei colleghi già più volte mi hanno sentito fare questo ragionamento, ma ci tengo a rifarlo. Sappiamo che il consumo energetico al 50 per cento è riferito proprio alla produzione termica; poi abbiamo la produzione dell'energia elettrica e la produzione riguardo alla mobilità. Però il 50 per cento, quindi la metà della torta del consumo energetico, è termico. Attualmente questa domanda di energia termica viene soddisfatta dal punto di vista delle energie rinnovabili al 70 per cento con le biomasse. Purtroppo la biomassa in Italia sconta un'ostilità motivata dal fatto che questa classicamente inquina. Soprattutto nelle grandi città vediamo che le piccole stufette inquinano l'aria con la produzione delle microparticelle del PM10. La premessa è questa. Ormai c'è una tecnologia che si rifà alle caldaie a cinque stelle, che di fatto abbatte gli effetti inquinanti della biomassa al pari del gas. Di contro, mentre il gas dovrà essere decarbonizzato al 2050, la biomassa no perché è rinnovabile, tant'è che in termini di produzione di CO2 è al 95 per cento più efficiente. Purtroppo abbiamo visto che in questo decreto sull'Ecobonus la biomassa è stata completamente marginalizzata, tant'è che la si consente solamente nelle zone montane e solo a unità monofamiliari; per cui in poche parole non dà nessun contributo a un'innovazione tecnologica e alla transizione energetica, che è fondamentale. Senza il contributo della biomassa non si potranno mai raggiungere gli obiettivi che il PNIEC ci pone. In Germania, Francia, Spagna e Grecia i PNIEC mantengono il consumo di biomassa al 70 per cento; il PNIEC italiano lo retrocede al 30 per cento perché vede nella produzione di corrente elettrica l'obiettivo primario, corrente elettrica per cui però è necessario il gas che invece, ripeto, al 2050 per gli obiettivi che ci siamo posti non dovrà più esserci. Voglio rafforzare questo mio appello con un altro esempio eclatante. La Francia attualmente ha nel comparto termico l'utilizzo di corrente elettrica grazie all'energia nucleare che produce corrente elettrica, perché sappiamo che l'energia elettrica in realtà non è un'energia ma un vettore. La Francia, che attualmente basa tutta la produzione termica sulla corrente elettrica grazie alle energie nucleari, siccome retrocede sull'energia nucleare ha in progetto di installare 900 mila caldaie a biomassa; per cui smonta tutta l'infrastruttura già esistente, perché lì sono consapevoli che nel concetto necessario di neutralità energetica la biomassa deve svolgere il proprio ruolo. Io qui concludo appellandomi al Ministro perché su questo tema ci sia una visione differente, da parte del Governo ma anche della maggioranza o comunque parte della maggioranza, tema che a mio avviso è strutturale. Ci deve essere un cambiamento di approccio e i tempi ormai sono strettissimi affinché ci possa essere una correzione, tant'è che questa occasione del Recovery Fund potrebbe essere l'ultima per cercare di intraprendere un percorso in maniera più efficace e vincente. Mi appello al Ministro perché su questo tema si apra un confronto e si possano introdurre modifiche necessarie a quello che finora è il Piano energetico italiano. Grazie.

  GUIDO GUIDESI. Ministro, grazie. Provo a fare con lei un ragionamento, visto che il confronto serve anche a migliorarci tra di noi nelle idee e nelle proposte. Poi, come lei ben sa, se fossimo onniscienti saremmo tutti Presidente del Consiglio, di questi tempi. Non so cosa vi siete detti al Comitato Interministeriale per gli Affari Europei, ma stiamo parlando di una disponibilità di circa 200 miliardi di euro. Questa disponibilità Pag. 11 – è giusto che ci facciamo un'idea tra di noi – deriva non da una trattativa tra i vari Paesi e la Commissione europea ma è proporzionata, sostanzialmente, alla perdita di PIL (prodotto interno lordo) che hanno avuto i singoli Paesi durante quest'anno rispetto al precedente. Stiamo parlando soprattutto di un tema che riguarda sostanzialmente gli investimenti, tanto che più volte anche in maniera chiara è stato precisato che questi soldi non potranno servire e non possono essere utilizzati per l'abbassamento della pressione fiscale. Stiamo parlando di investimenti sui quali il Regolamento prevede una calendarizzazione precisa, come lei ha ben specificato, oltre che un sostanziale pagamento rispetto alle progettualità a stato avanzamento lavori; e addirittura prevede altresì che ogni singolo progetto sia approvato dal Comitato dei Ministri dell'economia. Su ogni singolo progetto quindi verrà fatta una valutazione specifica. Dal punto di vista del metodo le dico che abbiamo qualche perplessità, che non sta nella sua presentazione ma sta in un leitmotiv, che da oramai alcune settimane viaggia dal Governo ai singoli territori, alle Commissioni parlamentari, agli stakeholder, di questo tenore: «abbiamo a disposizione i soldi, dateci i progetti così li valutiamo, verifichiamo, eccetera». Se così fosse, è di tutta evidenza che noi corriamo essenzialmente alcuni rischi. Un rischio è quello di non cogliere l'occasione, come ha detto lei, e perdere i fondi che saranno distribuiti agli altri Paesi, cosa che evidentemente nessuno si augura ma evidentemente non pensiamo possa succedere. Un altro rischio è che le progettualità che presenteremo non saranno in grado di essere molto strategiche dal punto di vista dell'indotto all'interno di questo Paese; quindi magari ci potrebbero essere alcune progettualità presentate che assolveranno i desiderata di qualche impresa estera trasformando l'occasione in investimento all'interno del nostro Paese ma con effetti sull'indotto di qualche altro Paese, magari concorrente all'interno del mercato europeo. Il terzo rischio è quello che, da ciò che si evince nella sua presentazione, ci preoccupa un po' di più: quello di affidarsi, quando si parla di filiere, principalmente alle filiere pubbliche, che sono filiere esistenti, filiere notevoli anche dal punto di vista dell'indotto (territoriale e non territoriale); ma sarebbe sostanzialmente un metodo che più o meno è stato utilizzato tanti anni fa in una trasformazione dal punto di vista industriale, ma con una trasformazione anche dal punto di vista della mentalità. C'è stato uno sviluppo tale per cui alcune aziende pubbliche hanno dovuto assolvere i bisogni dei cittadini rispetto al fatto che i cittadini hanno avuto una capacità di consumo molto evoluta; parlo per esempio dell'acquisto delle prime auto, per cui di conseguenza delle infrastrutture, delle autostrade, eccetera. Si tratta di un periodo che dal nostro punto di vista non è contemporaneo a quello di oggi. La preoccupazione che siano queste aziende a determinare alcune progettualità in funzione della loro sola ed esclusiva filiera dal nostro punto di vista non consentirà di assolvere i bisogni dei cittadini e soprattutto di andare a coprire lo sviluppo e i tanti obiettivi, che lei ha citato nella sua presentazione, di tutte le altre filiere; filiere che, come lei ben sa, esistono sui nostri territori distrettuali e spesso non sono nemmeno riconosciute, ma ci sono e viaggiano da una capofila di una media/grande azienda arrivando sino al manutentore con un piccolo capannone. Noi crediamo che nel fare questo lavoro, al di là degli obiettivi che lei ha precisato, che evidentemente condividiamo perché sono cose che servono, ci sia però bisogno di un'interconnessione fondamentale con gli altri Ministeri. Una parte grande della mancata possibilità della non competitività di alcune nostre aziende rispetto ad aziende dello stesso settore di altri Paesi europei sta nella carenza infrastrutturale. Ministro, da quel punto di vista noi abbiamo tanto bisogno di investimenti in infrastrutture per dare possibilità di sviluppo alle nostre aziende, per dare possibilità di aumentare il fatturato alle nostre aziende affinché siano messe in condizione di poter maggiormente competere con le aziende concorrenti, anche quelle europee. Stiamo parlando di uno strumento europeo, stiamo parlando di una comunità, ma Pag. 12di una comunità che al suo interno ha una concorrenza ben nota. Se si è abbassato quel gap primario del costo del lavoro, il gap infrastrutturale invece si è alzato ed è peggiorato, anche perché, come ben sappiamo, si parla di medio e lungo termine per gli interventi di questo tipo. Io sono d'accordo con lei sulla formazione professionale. Mi rendo perfettamente conto, ed è giusto che ce lo diciamo, che l'incrocio che c'è stato fin qui tra scuola e lavoro, e anche tra università e impresa, non ha ben funzionato. Serve qualcosa di diverso, serve forse un intervento maggiore, uno spazio maggiore da parte dell'impresa nella programmazione della formazione professionale, scolastica e della ricerca universitaria. Ancora lì abbiamo dei muri da abbattere e parlo principalmente di muri accademici e di mentalità. Ha citato giustamente le aree di crisi complesse; io le cito anche le aree dismesse. Se parliamo di sostenibilità ambientale, dobbiamo cercare di essere attrattivi soprattutto rispetto a quelle aree che hanno bisogno di essere bonificate e in cui oggi interventi dal punto di vista dei privati in materia di bonifiche, visto il dispendio che comportano, in gran parte non sono possibili. Io quando le parlo di infrastrutture le cito la tematica della navigabilità interna, tema mai portato all'attenzione di questo Parlamento ma che dal mio punto di vista, rispetto alle capacità di alcune aziende nell'ambito del trasporto e rispetto alla morfologia del nostro Paese, potrebbe essere ben utilizzato anche in funzione di un lavoro sul pre-dissesto idrogeologico. Io non credo che il decreto «Semplificazioni» porterà benefici; ma non perché c'è scritto qualcosa che non va, bensì perché ritengo che l'unico modo per semplificare sia quello di decentrare. Sono estremamente convinto, e continuo a esserlo, che il centralismo sia il vero nemico dello sviluppo di questo Paese, e anche da quel punto di vista credo che possa essere un'occasione per poter potenziare il lavoro che possono fare le istituzioni territoriali di fronte alle esigenze delle imprese rispetto ai tempi e rispetto alle risposte. L'automotive è una filiera molto importante che perde, e dobbiamo dircelo in maniera chiara, il più grande costruttore che avevamo. Lo perde perché sostanzialmente è finito in una gestione in mano ai francesi, che sono un nostro concorrente, e le conseguenze di questa gestione potrebbero essere conseguenze gravi rispetto a quella filiera. È vero, noi comunque facciamo della componentistica che è difficilmente trasportabile da un'altra parte a livello di produzione, che è difficilmente copiabile; ma abbiamo anche tante aziende che dipendevano da quel solo e unico costruttore. A queste aziende noi dobbiamo dare una risposta, o dobbiamo avere la capacità di poterle riconvertire o riaggiornare anche in mancanza di quell'unico costruttore. Ministro, sull'economia circolare noi siamo tutti d'accordo, però è bene che qualche ragionamento col Ministero dell'ambiente lo apriate, perché ci sono cose totalmente irrazionali. Il fatto che non si possono riconvertire gli oli usati perché la loro lavorazione causa emissioni in atmosfera, non considerando che il loro non riutilizzo comporta ancor di più un impatto dal punto di vista ambientale molto forte, è un esempio che posso farle; ma potrei fargliene tantissimi altri. La sostenibilità ambientale oggi è indotto e può essere indotto soprattutto per le imprese e per alcune filiere. Spesso le imprese sono molto più avanti da questo punto di vista rispetto alle discussioni che noi facciamo; hanno solamente bisogno di norme che accompagnino la loro progettualità nella loro riconversione o anche nel loro rinnovamento, o addirittura nella loro rigenerazione. Il paradigma dell'idrogeno francamente mi piace molto e ci piace molto. È una grande sfida, è una bella sfida. Mi spiace che l'Italia non sia tra i Paesi dell'accordo, insieme a Francia e Germania, che si è fatto in materia di sviluppo; però la sfida è una sfida notevole e può essere anche una sfida che possiamo tranquillamente provare a fare insieme. Poi, Ministro, una delle condizioni rispetto all'attrattività non è solo infrastrutturale, urbanistica, fiscale, se vogliamo, dal punto di vista dei costi, ma è anche quella di avere una certezza delle norme. Capisco che c'entri poco la parte di investimento che si fa qua, ma questa parte di attrattività Pag. 13 deve essere accompagnata anche da norme chiare che non possano essere interpretabili da tribunale a tribunale, perché poi diventa complicato e difficile fare in modo che quei soldi che speriamo ci vengano assegnati per progettualità possano essere spesi. L'ultima cosa che voglio dirle, dandole la disponibilità, però al cospetto di un cambio di metodo, è che noi abbiamo bisogno che il Governo ci dica, nel percorso che sta facendo e che è appena iniziato, cosa vuole fare rispetto agli obiettivi di sviluppo economico ma anche dal punto di vista interministeriale per tutto quello che le ho detto fin qua, perché non possiamo trovarci in una situazione dove ci sono delle regioni che si aspettano che arrivino dei soldi per gli investimenti e non hanno ancora avuto indicazioni su che tipo di progettualità possono o non possono presentare; non possiamo trovarci nelle condizioni in cui le filiere facciano un certo tipo di lavoro e presentino dei progetti a cui poi dopo non si può dare seguito. Da questo punto di vista, nello specifico sugli obiettivi e sul metodo da utilizzare, credo che il Governo un po' di chiarezza la debba fare, non solo con noi ma soprattutto con gli stakeholder. Lo dico anche ai colleghi di Commissione. Sappiamo tutti perfettamente che noi possiamo presentare una relazione al Governo sugli obiettivi generali, anche magari specifici, ma non le progettualità. Stiamo parlando di uno strumento che va in quella direzione, va nella direzione delle progettualità esecutive e cantierabili, pagate a stato avanzamento lavori; per cui non stiamo parlando di una relazione di grandi obiettivi. Termino solo con una raccomandazione, che è quella rispetto alla questione del mercato.

  PRESIDENTE. Onorevole Guidesi, la invito a concludere il suo intervento in modo da lasciare spazio per gli interventi di altri colleghi.

  GUIDO GUIDESI. Ero arrivato quasi alla conclusione. Rispetto alla tipologia delle imprese che abbiamo, la sfida sui mercati la vinciamo per la qualità dell'ingegno dei nostri imprenditori e dell'opera dei nostri lavoratori. Non pensiamo a trasformare la patrimonializzazione in qualcosa che ci omologa alle aziende di altri Paesi, perché sennò quella sfida la perderemo sempre.

  PRESIDENTE. Bene, grazie. Risultano iscritti a parlare i deputati Zardini, Mor, Sut e Porchietto, a cui se rimane tempo volentieri diamo la parola pur non facendo parte della Commissione. Il Ministro però alle 21 deve andar via, quindi mi riservo di effettuare richiami al rispetto dei tempi laddove necessari. L'opposizione ha avuto modo di parlare lungamente e io penso che questo sia positivo; quindi chiedo alla maggioranza uno sforzo, cioè di parlare di meno, visto che l'opposizione ha parlato di più.

  DIEGO ZARDINI. Raccolgo l'appello della presidente. Ringrazio il Ministro perché noi condividiamo il lavoro presentato. Riteniamo importante anche il metodo con cui si sta approcciando una delle più grandi sfide che il nostro Paese si trova davanti, che è quella di utilizzare queste risorse per rinnovare il nostro Paese, il nostro sistema economico-produttivo, cercando di ammodernare anche le infrastrutture, che devono essere a supporto dello sviluppo economico. Per noi del Partito Democratico è molto importante che questa sia un'opportunità di rafforzare il rapporto tra Governo e Parlamento e debbo dire anche – questa cosa la dico in maniera reciproca – di un miglior rapporto tra maggioranza e opposizione affinché questa sfida, che è una sfida di tutto il Paese, non sia alla mercé delle campagne elettorali che imperversano con frequenza nel nostro Paese, per arrivare a degli obiettivi che siano condivisi, comuni e che siano di successo; perché questo sarebbe un successo non di questo Governo, non di questa maggioranza, ma del Governo e di tutte le istituzioni. Siccome avevo promesso di essere breve, magari rimanderò ad altre occasioni altre riflessioni; però volevo focalizzarmi su una cosa specifica, ossia una delle misure che potrebbe essere utile allo scopo di ammodernare il nostro Paese. C'è una norma, che è la legge 24 dicembre 1985, n. 808, che è Pag. 14prevista per lo sviluppo e l'accrescimento della competitività delle industrie operanti nel settore dell'aerospazio. Emergono esigenze, anche da parte degli operatori, circa un allargamento del suo perimetro. Volevo comprendere la posizione del Ministro, in questo senso, circa, per esempio, l'opportunità di allargare gli ambiti di applicazione della legge anche nel comparto della difesa e se ciò possa essere uno degli elementi su cui si può puntare. Magari, in fase di replica, il Ministro ci può dare l'opportunità di comprendere meglio. Grazie.

  MATTIA MOR. Grazie, presidente. Grazie, Ministro. La sua spiegazione è stata ampia ed è un bel progetto che speriamo di riuscire poi a vedere portato avanti vista la sua complessità e la sua grandezza. Alcuni punti specifici. Noi abbiamo apprezzato il riferimento che lei ha chiamato «la trasformazione nei pilastri della politica industriale, della trasformazione del digitale e dell'innovazione del sistema produttivo», che è quella che poi assimiliamo all'ex industria 4.0. Riteniamo, dall'evidenza di tutti i dati, che sia stata la decisione di politica industriale che negli ultimi vent'anni ha avuto un impatto maggiore sulla crescita economica del Paese, e quindi non possiamo che sposarla con grande interesse. Riteniamo che lei abbia ragione nel dire che questo è un Governo che ha iniziato a fare bene sul finanziamento allo sviluppo nel supporto per le start up e PMI innovative, ma conoscendo la materia abbiamo ancora tante cose e tanti ritardi rispetto ad altri Paesi. È tanto che ciò possa essere fatto e che abbia citato un salto quantico negli investimenti in capitale umano e informazione. Da appassionato di fisica quantistica, le dico che la parola «quantica» vuol dire una cosa indubbiamente più grande rispetto a tutto il resto, un'attenzione completamente diversa; quindi lì secondo me è giusto che si pensi a un salto quantico, ma che ci sia poi una visione concreta degli elementi esistenti che diano la dimensione quantistica. Cito quattro punti specifici su cui a nostro avviso bisogna fare un focus ulteriore. Il primo punto sono i tagli a un Paese che, come sappiamo, soffre di nanismo industriale; quindi se si devono scegliere delle priorità si dia priorità a incentivi fiscali per le fusioni e da qui alla crescita dimensionale delle imprese. Questo vale trasversalmente per tutti i settori e aiuterebbe innanzitutto le aziende italiane a non essere sempre, purtroppo, soggetto di acquisizione di altri. Allo stesso proposito riteniamo sia importante rilanciare l'ACE (aiuto alla crescita economica), che è stato istituito dal nostro Governo e che andrebbe rifinanziato, sostenuto, ampliato ancora con i fondi cospicui del Recovery Fund. Riteniamo che si debba tornare ad aumentare il credito di imposta e renderlo strutturale per le attività di ricerca e sviluppo, che sappiamo essere una richiesta che viene da tante associazioni di categoria, in particolare quelle più legate al mondo dell'innovazione. Sempre tornando su uno dei grandi mali italiani ma anche delle grandi opportunità italiane, che è l'enorme risparmio italiano poco veicolato all'interno dell'economia reale, pur non essendo materia di pertinenza solo di questa Commissione vorremmo che da questa Commissione e dal suo Ministero partisse una richiesta forte di incentivazione per i fondi pensione, le casse di previdenza, il risparmio gestito per gli investimenti nell'economia reale. Queste sono tutte proposte fortemente strutturali, fortemente legate alla crescita delle imprese e agli investimenti. Riteniamo che tali proposte, provenendo dalla Commissione e dal Ministero di settore debbano essere considerate prioritarie in un piano così ambizioso. Grazie.

  LUCA SUT. Grazie presidente. Ringrazio il Ministro per le proposte riportate nella presentazione che ci ha illustrato: delle proposte assolutamente condivisibili, soprattutto quelle che vanno a prorogare le varie misure di sostegno per gli investimenti e per le imprese, come ha citato per la transizione 4.0, del green e soprattutto per la proroga del Superbonus, che ci ha visto lavorare molto sul tema in questo ramo del Parlamento. Andando a prorogare diamo anche sicurezza agli investimenti per le imprese della nostra Italia; quindi dare sicurezza prorogando sicuramente è una risposta molto importante che Pag. 15sarà molto utile. Andando sulle due domande, per quanto riguarda la scadenza temporale, nella presentazione è stato illustrato entro quando arriveranno questi fondi dell'Europa; ma in particolare vorrei chiedere come verranno programmati questi tipi di intervento che ha illustrato, in particolare se già con la prossima legge di bilancio che ci vedrà impegnati a breve. L'altra domanda invece riguarda l'aspetto dell'accesso alla liquidità del credito per le imprese. Anche qui ritengo che abbiamo fatto un grande lavoro con il decreto «Liquidità» di qualche mese fa; ma un passo molto importante potrà essere realizzato con quanto mi fa piacere anche vedere scritto – perché è un tema molto caro al Movimento 5 Stelle: quello della banca pubblica degli investimenti. In particolare vorrei chiedere maggiori dettagli al riguardo e che ruolo essa dovrà avere nel modello di sviluppo del Paese. Grazie.

  CLAUDIA PORCHIETTO. Grazie presidente. Grazie Ministro. Sarò brevissima. Rivolgo solo due domande velocissime al Ministro, ringraziandolo per la sua solita chiarezza e anche disponibilità, che non è una cosa di tutti i giorni come provato in altri frangenti; quindi un grazie sincero, Ministro. Io volevo fare soltanto due riflessioni rispetto a quello che lei ha detto. Lei ha detto che ci sarà la possibilità eventualmente di poter utilizzare questo anticipo nel primo semestre del 2021. Però noi abbiamo un problema: non sappiamo come traghettare la seconda parte del 2020; ossia noi rischiamo di avere tante di quelle imprese che potrebbero essere oggetto di queste strategie, che non arriveranno a vedere l'anno nuovo. Allora la prima cosa che mi premeva chiederle è come lei ritiene si possa fare a traghettare questo momento, costituito comunque da cinque mesi, cinque mesi cruciali in cui le risorse, ahimè, non ci saranno, a meno che non si attinga alle uniche risorse che potrebbero arrivare immediatamente, che sono quelle del MES (Meccanismo europeo di stabilità). Un'altra riflessione velocissima. Lei ha parlato del principale produttore nazionale nella filiera automotive. Mi scusi se mi permetto di correggerla, sappiamo benissimo che il produttore non è più nazionale. Stiamo parlando di una multinazionale, tra l'altro di una multinazionale che ormai guarda sempre di più nell'ambito di questa fusione che vedrà la luce il prossimo anno, in una forte egemonia della parte francese sull'Europa e invece in un ragionamento di produzione sul Nord America e sul Sud America da parte di quello che un tempo era il gruppo FCA (Fiat Chrysler Automobiles). Anche su questo tema io credo che il Governo debba provare a immaginare di fare una riflessione che preveda, nella progettualità sulla filiera automotive, di aprire molto ad altri player internazionali, perché – lo dico in modo molto laico – non possiamo pensare che la nostra filiera sopravviva se non ci sarà un player che deciderà di investire pesantemente. A tal proposito le chiedo una cosa. Lei ha parlato prima dei progetti IPCEI. Ci eravamo già ritrovati in un'interrogazione in Assemblea su questo tema, cioè il tema della transizione prima sull'elettrico e sulle Gigafactory per poi passare all'idrogeno, perché comunque la Gigafactory rimarrà una parte importante della progettualità sull'idrogeno; però ad oggi noi non abbiamo ancora scelto dove fare le due grandi Gigafactory italiane. Tesla ha scelto Berlino per farla, però noi non abbiamo ancora definito, oltre a Caserta, cosa vogliamo fare su questo per poi passare all'idrogeno. Mi può dire, Ministro, se avete in mente di costruire nel nostro Paese due grandi produzioni di batterie? Credo che il tema dell'idrogeno passi anche dalla volontà di investire pesantemente in una fase per una transizione di una filiera che ad oggi perderà la filiera auto della Germania. La Germania ha già dichiarato di riportare in loco le produzioni – quindi il reshoring lo sta già facendo – utilizzando fornitori tedeschi e lasciando man mano i fornitori italiani: dichiarazione fatta dalla Germania e dichiarazione fatta dalla Francia. Pertanto noi avremo anche il problema di dover traghettare una filiera automotive, e non mi sembra che in questo momento abbiamo le idee chiare di come fare a traghettare quella che è la principale filiera nell'ambito produttivo italiano. Erano queste le due cose. Ringrazio la presidente per Pag. 16avermi permesso di porgerle come domande. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, sono tutti spunti molto utili. Nel lasciare la parola al Ministro, che ringrazio nuovamente, vorrei ricordare a tutti i colleghi che domani è prevista l'audizione del Ministro Amendola in Commissione bilancio, cui potranno essere chieste informazioni sulla questione legata alle tempistiche e alle modalità anche di presentazione dei vari step. Penso possa essere molto utile anche per capire le cose di cui si parlava all'inizio, quindi la modalità con la quale l'Italia intende presentarsi a questo grandissimo appuntamento. Un appuntamento con la storia per ognuno di noi, perché ci misuriamo con temi grandissimi e con anche una quantità di risorse che la nostra generazione politica non ha mai visto, e molto probabilmente neanche quelle precedenti. Stiamo parlando di un quantitativo molto importante e dobbiamo avere l'assillo di sapere che questi soldi devono essere spesi bene e devono essere effettivamente utili alla qualità delle nostre aziende e a traghettare l'Italia verso un Paese sicuramente più compatibile con l'ambiente e più in sinergia con la modernità. Abbiamo veramente tantissimi temi molto sfidanti davanti a noi. Il nostro lavoro – lo dico anche approfittando dell'occasione di avere qua il Ministro – è quello di prendere atto delle cose che i Ministeri stanno facendo, ma è anche quello, a nostra volta, di porci un elemento di sfida verso noi stessi; quindi di provare a costruire, anche dal punto di vista parlamentare, degli obiettivi che non è detto che siano perfettamente coincidenti. Possono essere anche sinergici, specifici, di nicchia, perché possiamo anche decidere di lavorare solo su un pezzetto delle tante cose che qua sono state enunciate. Io credo che questo tipo di lavoro, con i tempi molto stringenti che abbiamo, dobbiamo provare a farlo, anche per essere utili al Governo in termini di proficua collaborazione e approfondita discussione che ci deve essere tra Parlamento e Governo, proprio per lavorare insieme e non essere solo ed esclusivamente maggioranza che sostiene il Governo in quanto tale oppure opposizione fine a se stessa. Questa è un'occasione per il Paese, un'occasione per tutti noi. Per la maggioranza, per l'opposizione, per misurarci e anche per discutere. Credo che noi dovremmo trovare il tempo anche per fare una discussione, tutta politica, in Commissione sulle priorità e i desiderata dei singoli gruppi. Grazie nuovamente. Do la parola al Ministro per la sua replica.

  STEFANO PATUANELLI, Ministro dello sviluppo economico. Grazie, presidente. Penso che sarò sufficientemente rapido per rispettare il timing che ci eravamo dati, anche perché domande puntuali sono state fatte non in numero eccessivo, ma soprattutto sono stati fatti dei ragionamenti che per lo più condivido e anche segnalati punti di possibile criticità. Penso all'intervento dell'onorevole Guidesi che anche in questo caso condivido.
  Vado rapidamente sui singoli interventi. Onorevole Squeri e il tema della biomassa. Io credo che sia stato fatto un ampliamento certamente parziale sulla questione dell'Ecobonus, lasciando fuori quegli impianti che in qualche modo hanno una filiera di generazione della biomassa, perché si ritiene che possano ancora essere troppo impattanti, invece concedendo l'accesso alla misura agli interventi di caldaie a biomassa in alcune zone specifiche. Premesso che non sono un tuttologo, penso che su questo tema si possa fare un approfondimento e rivalutare eventualmente alcune condizioni sotto le quali possono essere accessibili gli strumenti del Superbonus anche alla biomassa. Però ritengo che, in qualche modo, cosa comporti il forte incremento di utilizzo delle biomasse sia un argomento da approfondire sul piano ambientale, anche in termini di produzione delle biomasse.
  L'onorevole Guidesi non ha fatto domande specifiche, ma svolto delle considerazioni. Alcune di queste vorrei commentarle. Parto della semplificazione che coincide spesso con il decentramento. Faccio un esempio di come invece il decentramento forse non è stato una semplificazione. Molto spesso, come dice lei, non sempre è così. Anzi, ne faccio due di esempi. Proprio sui temi Ecobonus e Sismabonus c'è una differenziazione regionale che non Pag. 17sempre consente una semplificazione dello strumento nazionale. Cioè io emano un provvedimento che vale sull'intero territorio nazionale, ma si dirama poi nelle singole regioni in modo differente e qualche volta questa differenziazione non è propedeutica alla norma che invece è fatta a livello generale. Faccio un altro esempio, anche se mi preparo a ricevere aspre critiche. L'erogazione della cassa integrazione non è una questione politica delle regioni, perché tutte le regioni hanno avuto difficoltà, quindi è una difficoltà oggettiva. Il rallentamento nell'erogazione della cassa integrazione è collegato prevalentemente alle tipologie di cassa integrazione legate ai procedimenti regionali, ma non per responsabilità delle regioni. Ripeto, non c'è nessun tipo di volontà di polemica politica, in un senso o nell'altro. Questo a dimostrazione che non sempre il decentramento amministrativo coincide con la semplificazione di un procedimento o della modalità con cui una norma poi cade a terra. È verissimo che qualche volta invece il decentramento può essere uno strumento di semplificazione. Abbiamo ben chiara l'esigenza di avere poche cose certe e profonde, e mi sembra che in questa piccola esposizione l'abbiamo in qualche modo reso evidente. Peraltro sono il primo a dire che è necessario intervenire in modo radicale in pochi ambiti, ma l'ho fatto anche nei provvedimenti che avete analizzato in questi mesi. Nel decreto «Agosto» io ho proposto quattro cose piuttosto importanti. Il tema del finanziamento di 500 mila automotive, i 500 milioni sui contratti di sviluppo, i 200 milioni aggiuntivi sulle crisi d'impresa e il tema degli IPCEI nel 2019. Sono quattro misure di un'entità economica importante, ma perché è giusto fare le cose in profondità e non spacchettare troppo per accontentare tanti settori senza però risolvere i problemi di nessuno. Forse dimentico qualcosa, ma per brevità.
  Credo che le preoccupazioni siano lecite e anche in qualche modo il senso di responsabilità di chi sta facendo le cose, tra cui anche il Parlamento. È normale che un momento come questo ponga un entusiasmo nella possibilità di implementare misure storiche per il Paese e dall'altra parte la preoccupazione che certi obiettivi non si possono raggiungere. Questa preoccupazione aumenta anche, probabilmente, la concentrazione con cui cerchiamo di fare le cose. Per quanto riguarda la legge 24 dicembre 1985, n. 808, la delega è del sottosegretario Manzella che sta lavorando ad una sua riforma: sarà certamente nostra cura informare il Parlamento di questo progetto di riforma. Credo che l'aerospazio sia assolutamente una delle filiere importanti da sostenere. In generale anche il tema della difesa: il ruolo di Fincantieri per il nostro sistema industriale è fondamentale.
  L'onorevole Mor ha citato quattro temi, ritengo di poter fare un commento su tre di essi. Rispetto al nanismo industriale – che è una preoccupazione che in qualche modo si lega ad alcune considerazioni dell'onorevole Guidesi – io credo che si debba rafforzare il nostro sistema produttivo generando le possibilità d'impresa di crescere dimensionalmente, senza in nessun modo mettere in discussione il valore artigiano delle produzioni che hanno un'attrazione, sui mercati esteri, unica. Io credo che ci siano gli strumenti per riuscire a tenere assieme queste due cose: gli strumenti di innovazione che noi diamo all'impresa, ma anche di capacità di approdo ai mercati esteri attraverso una rete che funzioni e possa consentire all'impresa di stare sul mercato anche attraverso le connessioni di rete immateriali. Il valore artigiano è fondamentale per il Paese. La capacità di un'impresa di fare il sedile su misura per gli Airbus o i Boeing è una capacità artigiana che deve essere portata a una scala produttiva superiore, rafforzando quell'impresa, ma senza andare a intaccare in nessun modo quella qualità artigianale che probabilmente è l'unicum che abbiamo nel nostro Paese.
  Sul credito d'imposta il potenziamento delle aliquote di detrazione è certamente un obiettivo. Ricordo che sono state fatte un po' di critiche sul credito d'imposta a ricerca e sviluppo circa il suo passaggio a percentuali che sembrano basse. In realtà ricordo a tutti, a me stesso e agli altri, che Pag. 18noi abbiamo anche cambiato il metodo di calcolo, passando da un metodo incrementale al metodo volumetrico. Questo comporta che l'ammontare su cui si calcola l'importo della detrazione è molto più grande anche se la percentuale applicata è più bassa della precedente. Per cui è vero che si passa dal 50 per cento di detrazione al 6 per cento, ma in realtà mentre il predetto 50 per cento di detrazione era sull'incremento di investimento per ricerca e sviluppo rispetto all'anno precedente, essendo passati a un calcolo volumetrico, quindi su tutto l'ammontare dell'importo investito in ricerca sviluppo, la detrazione viene calcolata su una base più ampia.
  Passo alle domande dell'onorevole Sut. Il Ministro Amendola sarà più preciso nell'audizione di domani e in realtà non ci sono ancora le linee guida europee, quindi è un tema che stiamo ancora affrontando. Noi abbiamo fatto le nostre linee guida, ma dalla Commissione europea non abbiamo ancora ricevuto linee guida complete circa come inserire, anche proceduralmente, i progetti che vogliamo fare rispetto al Recovery Fund. Ritengo però che certamente ci sono delle cose, anche in questa presentazione, che potranno trovare una dignitosa collocazione nella legge di bilancio, perché alcune risorse utilizzate per attività stabilite nelle leggi di bilancio avranno una risposta economica dal Recovery Fund. In qualche modo c'è un'intersezione tra la legge di bilancio e il Recovery Fund che andrà chiarita nelle prossime settimane.
  La banca pubblica per gli investimenti. Credo che proprio le difficoltà iniziali di applicazione del decreto «Liquidità» possa rappresentare un esempio. La risposta del sistema bancario oggi può essere definita positiva, come riconosciuto anche da parte del mondo dell'impresa, ma non si deve negare che nella sua prima fase di applicazione quell'insieme di disposizioni ha mostrato molte criticità. Avere degli sportelli in cui l'impresa può presentarsi e ottenere delle certezze maggiori, rispetto al sistema bancario dove non c'è la presenza di una banca pubblica, credo che possa essere un obiettivo reale: riuscire, quindi, a fare politiche di supporto all'impresa anche attraverso strumenti finanziari erogati in banche con una governance pubblica. Ricordo che una banca pubblica fa la propria attività nel contesto normativo di riferimento europeo come qualsiasi altra banca. Questo è l'obiettivo.
  Per quanto riguarda la questione Gigafactory, noi ne abbiamo in previsione una. Il tema delle batterie è fondamentale non soltanto per quanto riguarda la produzione di batterie di per sé, ma anche su tutto il percorso di vita della batteria, fino alla fine della sua vita e quindi al riuso e alla gestione del rifiuto legato al consumo di batterie. È un tema che stiamo affrontando anche assieme agli altri Paesi europei. L'Italia c'è ed è fondamentale, assieme a Francia e Germania. Così come sarà anche sull'idrogeno, su cui ci sono interlocuzioni con i miei omologhi Bruno Le Maire e Altmaier, su richiesta del commissario Breton. Stiamo rispondendo proprio in queste ore, dando la disponibilità a essere capofila di una delle parti di IPCEI idrogeno. Ripeto, sul tema batterie e sull'altro, l'idrogeno, dobbiamo esserci e ci siamo, con Francia e Germania.
  Il tema FCA. Anche qui con molta rapidità visto che sono le ore 21. FCA ha un piano industriale di cinque miliardi nel nostro Paese, ha impostato la produzione della sua prima full electric nel nostro Paese, implementa attività di ricerca e sviluppo con 300 milioni, dopo la richiesta del Governo (da 5 miliardi a 5 miliardi e 300 milioni di piano industriale), con i 300 milioni su ricerca e sviluppo proprio sui nuovi modelli full electric o ibridi da fare nel nostro Paese, vista la concessione della garanzia sul prestito ricevuto. In questo momento, in cui oggettivamente c'è una difficoltà di vendita, ha dato garanzia di occupazione e mantenimento delle attività produttive nel nostro Paese, in linea con il piano industriale di 5 miliardi e 300. Ricordo che FCA è una holding che anche a seguito della fusione ha una sede che non è nel nostro Paese, ma esiste anche FCA Italia che ha sede a Torino in corso Giovanni Agnelli, che paga le tasse in Italia: gli stabilimenti sono di questa compagnia così come lo è la garanzia prestata. È vero che Pag. 19c'è una holding che non ha sede qui, ma il fatto che una società dia lavoro a decine di migliaia di persone in Italia, sviluppi piani industriali in Italia, faccia produzione e sostenga una filiera in Italia, dal punto di vista industriale, permettetemi, è la cosa che mi interessa di più. La fusione certamente è un tema che andrà monitorato con grande attenzione, nella consapevolezza che potranno esserci spostamenti, io ritengo marginali, di parti di filiera in post-fusione, ma anche che potrà esserci l'occasione di implementare una parte di filiera che oggi non lavora per quel gruppo, perché oltre a esserci le produzioni del gruppo FCA ci sono anche le produzioni del gruppo Peugeot, che diventando un gruppo unico potrà attrarre una parte di filiera italiana verso quel gruppo. È su questo che dobbiamo confrontarci: è giusto e corretto segnalare la preoccupazione, è giusto monitorare questo percorso, ma è giusto anche credere che il nostro Paese possa essere attrattivo per portare al suo interno alcune produzioni che oggi non facciamo. Quindi non vedo perché dobbiamo sempre metterci nell'ottica di scippo di cose da parte degli altri nostri confronti. Io voglio trasmettere una cosa che secondo me è fondamentale. Guardate lo dico in chiusura – ma perché ci credo: noi dobbiamo trasmettere fiducia ai nostri imprenditori. Poi dobbiamo dare anche le risposte giuste perché altrimenti non siamo più credibili. Ma noi dobbiamo dire agli imprenditori che nel nostro Paese l'impresa è al centro delle nostre politiche e che gode di politiche di supporto da parte del Governo. Io credo che in questo modo si creano anche le condizioni per essere attrattivi per produzioni che oggi non ci sono.
  Termino perché ho dimenticato una cosa in risposta all'intervento dell'onorevole Guidesi. Io non credo – ma su questo possiamo avere posizioni diverse – che in un momento come questo lo Stato possa essere soltanto arbitro dei sistemi industriali. La regolazione è fondamentale, il Governo deve garantire un mercato che consenta a tutti le stesse opportunità, ma non credo che in questo momento possa permettersi di essere esclusivamente arbitro. Questo non significa fare i piani industriali delle aziende, ma significa supportare le aziende anche con la presenza dello Stato. Soprattutto non penso che tra vent'anni Alitalia possa essere al 100 per cento del MEF perché che lo Stato faccia il trasportatore aereo non è l'idea che io ho di presenza dello Stato nell'impresa. Ma è necessario che oggi ci sia lo Stato così come è necessario che lo Stato ci sia nella filiera dell'acciaio, perché in quella filiera c'è una fragilità legata a molti fattori – che adesso non abbiamo il tempo di investigare – che non riguarda soltanto Taranto, ma anche Terni, Piombino, Genova, le acciaierie del nord. C'è una fragilità in cui in questo momento lo Stato deve affermare di essere presente per ricucire le fratture di quel sistema produttivo che si sta in qualche modo frastagliando. Ripeto, non significa mettere i nomi nei CDA (Consiglio di amministrazione), non significa fare la politica di piano industriale di un'azienda. Però significa accompagnare il piano industriale che vogliamo fare. Grazie a tutti.

  PRESIDENTE. Grazie a tutti voi. Avverto che è stata depositata dal Ministro la documentazione illustrata nel corso del suo intervento di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 21.05.

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