XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati

Resoconto stenografico



Seduta n. 74 di Martedì 16 giugno 2020

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori.
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 

Audizione del presidente della Società gestione impianti nucleari (Sogin Spa), ing. Luigi Perri, e dell'amministratore delegato, ing. Emanuele Fontani:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 
Perri Luigi , Presidente della Società gestione impianti nucleari (Sogin Spa) ... 3 
Fontani Emanuele , Amministratore delegato della Società gestione impianti nucleari (Sogin Spa) ... 5 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 13 
Lorefice Pietro  ... 13 
Fontani Emanuele , Amministratore delegato della Società gestione impianti nucleari (Sogin Spa) ... 14 
Vianello Giovanni (M5S)  ... 14 
Fontani Emanuele , Amministratore delegato della Società gestione impianti nucleari (Sogin Spa) ... 15 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 15 
Fontani Emanuele , Amministratore delegato della Società gestione impianti nucleari (Sogin Spa) ... 15 
Vianello Giovanni (M5S)  ... 15 
Fontani Emanuele , Amministratore delegato della Società gestione impianti nucleari (Sogin Spa) ... 15 
Muroni Rossella (LeU)  ... 16 
Fontani Emanuele , Amministratore delegato della Società gestione impianti nucleari (Sogin Spa) ... 16 
Potenti Manfredi (LEGA)  ... 17 
Fontani Emanuele , Amministratore delegato della Società gestione impianti nucleari (Sogin Spa) ... 17 
Potenti Manfredi (LEGA)  ... 18 
Fontani Emanuele , Amministratore delegato della Società gestione impianti nucleari (Sogin Spa) ... 18 
Berutti Massimo Vittorio  ... 18 
Fontani Emanuele , Amministratore delegato della Società gestione impianti nucleari (Sogin Spa) ... 18 
Patassini Tullio (LEGA)  ... 19 
Fontani Emanuele , Amministratore delegato della Società gestione impianti nucleari (Sogin Spa) ... 19 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 20 
Fontani Emanuele , Amministratore delegato della Società gestione impianti nucleari (Sogin Spa) ... 20 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 22 
Fontani Emanuele , Amministratore delegato della Società gestione impianti nucleari (Sogin Spa) ... 22 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 22 
Fontani Emanuele , Amministratore delegato della Società gestione impianti nucleari (Sogin Spa) ... 22 
Vianello Giovanni (M5S)  ... 22 
Fontani Emanuele , Amministratore delegato della Società gestione impianti nucleari (Sogin Spa) ... 22 
Vianello Giovanni (M5S)  ... 23 
Fontani Emanuele , Amministratore delegato della Società gestione impianti nucleari (Sogin Spa) ... 23 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 23 
Fontani Emanuele , Amministratore delegato della Società gestione impianti nucleari (Sogin Spa) ... 23 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 23

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
STEFANO VIGNAROLI

  La seduta comincia alle 14.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione degli impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione streaming sulla web-tv della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito)

Audizione del presidente della Società gestione impianti nucleari (Sogin Spa), ing. Luigi Perri, e dell'amministratore delegato, ing. Emanuele Fontani.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente della Società gestione impianti nucleari (Sogin Spa), ing. Luigi Perri, e dell'amministratore delegato, ing. Emanuele Fontani, sulla gestione dei rifiuti radioattivi. Sono presenti il dottor Federico Colosi, direttore delle relazioni esterne, il dottor Ivo Velletrani, direttore regolatorio, e l'ingegner Luca Marciani, assistente esecutivo dell'amministratore delegato. Ringrazio tutti quanti per la presenza. Comunico che gli auditi hanno preso visione della disciplina relativa al regime di pubblicità del resoconto stenografico della seduta che informa l'audito che della presente seduta sarà redatto un resoconto stenografico e, su motivata richiesta, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta; nel caso le dichiarazioni segrete entrassero a far parte di un procedimento penale, il regime di segretezza seguirà quello previsto per tale procedimento; si invita comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta. Per quanto riguarda la Commissione di inchiesta sui rifiuti, l'appuntamento con la Sogin Spa è un classico per quanto riguarda i rifiuti radioattivi. Veniamo, però, da un semestre in cui la dirigenza non era stata rinnovata. Abbiamo anche aspettato un po' per darvi il tempo di prendere visione della situazione ed eccoci qua: siamo pronti ad ascoltarvi per fare insieme il punto della situazione.

  LUIGI PERRI, Presidente della Società gestione impianti nucleari (Sogin Spa). Buongiorno, onorevole presidente Vignaroli, onorevoli senatori e onorevoli deputati. Innanzitutto mi corre l'obbligo di ringraziarvi dell'invito che ci avete rivolto. Per me e per la Sogin è un onore, oltre che un dovere, essere qui a relazionarvi sulle nostre attività di una missione che penso di poter definire «molto delicata e importante», sia dal punto di vista della salvaguardia che della sicurezza del nostro ambiente e che lo Stato, attraverso il MEF (Ministero dell'economia e delle finanze), ha affidato a Sogin nel lontano 1999. La mission, ricordo sinteticamente, all'inizio prevedeva lo smantellamento dei quattro impianti nucleari chiusi definitivamente dopo il referendum del 1987 (mi riferisco al Garigliano, a Caorso, a Latina e a Trino), la gestione dei relativi rifiuti radioattivi, la chiusura del ciclo del combustibile (mi riferisco ai siti di Saluggia, Trisaia, Casaccia e Bosco Marengo). Le attività poi furono implementate una prima volta nel 2007, quando in sede di attuazione di specifiche normative dell'Unione europea la legge ha espressamente individuato Sogin quale unico operatore nazionale competente in ambito di gestione Pag. 4e messa in sicurezza delle sorgenti cosiddette «orfane» e dei materiali radioattivi confiscati o sequestrati dalle autorità nazionali in seguito ad attività di prevenzione o repressione del terrorismo. Poi, nel 2010, fu affidato a Sogin un compito ancora più impegnativo: quello di localizzare, progettare e realizzare il Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, inclusi quelli annualmente prodotti da attività sanitarie, industriali e di ricerca. Su questo punto consentitemi di rilevare come questi ultimi rifiuti sono una parte non trascurabile dei rifiuti radioattivi destinati poi al Deposito. Infine, con la legge di Bilancio del 2018 è stato affidato a Sogin anche il decommissioning del reattore Ispra-1, situato nel complesso del CCR (Centro Comune di Ricerca) della Commissione europea di Ispra, in provincia di Varese. Come a voi è ben noto, le sopracitate attività di Sogin si svolgono secondo gli indirizzi del Ministro dello sviluppo economico con il preventivo e poi costante controllo dell'Autorità di sicurezza nucleare e infine vengono sottoposte a uno stringente sistema di regolazione dell'ARERA (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) per il finanziamento attraverso la bolletta elettrica. Il CdA che come presidente oggi rappresento è, come ricordava prima il presidente Vignaroli, di fresca nomina. Infatti, siamo entrati in carica il 12 dicembre ultimo scorso io e l'amministratore delegato, ingegner Fontana, che è al mio fianco, il quale, dopo una variata esperienza manageriale, ha ricoperto negli ultimi anni importanti incarichi dirigenziali proprio in Sogin. Quindi, consentitemi di dirlo, conosce molto bene la missione che ci spetta da compiere, come poi avrete modo di constatare dalla relazione che vi illustrerà ampiamente dopo questa mia breve introduzione. Del nuovo CdA fanno anche parte come consiglieri la dottoressa Raffaella Di Sipio, che vanta importanti esperienze all'interno di utility come E/one ed Endesa (anche lei conosce bene l'ambiente del decommissioning, essendo da molti anni nella direzione dell'associazione italiana nucleare); l'avvocato Luce Meola, professionista apprezzato dal foro di Milano, che è certamente una presenza molto utile in una società come Sogin, dove le complicazioni legali, ahimè, e i contenziosi certo non mancano; il professor Enrico Zio, del Dipartimento energia nucleare del Politecnico di Milano. Il professor Zio, tra l'altro, è un esperto molto noto anche a livello internazionale in analisi dei rischi, una disciplina che certo sarà molto utile, anzi è già stata molto utile in Sogin. Insieme abbiamo incominciato a lavorare con impegno e con la buona intenzione di dare un nostro personale contributo alla società. Non ci nascondiamo le difficoltà. In questi mesi, peraltro, ne abbiamo già avuto qualche piccolo assaggio. Non siamo qui per promettere miracoli. Siamo consapevoli della complessità e della responsabilità che implica occuparsi di rifiuti radioattivi, specie nella nostra Italia. La salvaguardia della sicurezza ambientale e dei nostri operatori, posso garantirvelo, sarà la nostra costante occupazione, il primo e più importante dei nostri impegni. Accanto a questo prioritario obiettivo cercheremo di contribuire al miglioramento delle performance qualitative e soprattutto temporali. Alla fine ciò vuol dire anche costi del programma di smantellamento. In quest'ottica è stato messo in agenda da subito un aggiornamento del Piano a vita intera che contiamo di terminare a breve, entro il mese di giugno. Contestualmente stiamo redigendo un nuovo piano industriale che traccia le linee strategiche e operative intorno a due grandi direttrici: recupero di efficienza, anche attraverso un'analisi dell'organizzazione interna, e una focalizzazione del nostro impegno sulle attività più importanti del core business. Accanto a queste azioni così sistemiche, il consiglio di amministrazione ha convenuto sull'opportunità di concentrare la sua operatività favorendo l'avvio di grandi progetti e cantieri. Mi riferisco alla prossima pubblicazione del bando di gara per il progetto CEMEX (CEMentazione EUREX), il complesso di cementazione e stoccaggio dei rifiuti liquidi dell'EUREX (Enriched Uranium Extraction) di Saluggia. Questo progetto, come a voi è ben noto, ha subito uno stop, ahimè, molto prolungato a causa di un contenzioso piuttosto importante. Pag. 5 Mi riferisco al progetto Sicom Lab, un impianto per il trattamento dei fanghi e delle resine presso la centrale di Trino Vercellese; all'avvio di importanti bonifiche a carattere ambientale sui siti di Latina e di Bosco Marengo (in quest'ultimo sito con la guida dell'autorità di regolamentazione e, consentitemi, incrociando anche un pochino le dita, dovremmo essere in vista del traguardo importante del brownfield); all'attuazione della recente autorizzazione per lo stoccaggio a secco del combustibile irraggiato del reattore nucleare americano di Elk River, attualmente conservato nella piscina di ITREC (Impianto di Trattamento e Rifabbricazione Elementi di Combustibile) di Rotondella. Di tutto questo, come ho anticipato, vi fornirà un ampio dettaglio l'ingegnere Fontani in qualità di amministratore delegato nella sua relazione che a breve esporrà. Prima di cedergli la parola, però, consentitemi di citare ancora due temi strettamente collegati tra loro e che noi consideriamo centrali per la chiusura del ciclo nucleare italiano. Mi riferisco al Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi. Noi lo consideriamo un progetto Paese e un asset fondamentale della missione di Sogin. Su questo progetto, mi preme dirlo, la società ha investito molte risorse e certamente si tiene allenata per essere pronta appena dovesse partire. Mi riferisco poi all'iter di recepimento della direttiva 59 dell'EURATOM del 2013. Il Parlamento ha svolto su questo punto un eccellente lavoro di analisi e di approfondimento dello schema inizialmente proposto dal Governo, indicando con i pareri delle Commissioni referenti cruciali correzioni al testo iniziale. Ora confidiamo tutti che il recepimento si completi. Mi preme anche qui ribadire che ciò consentirebbe un allineamento dell'Italia a legislazioni più avanzate in ambito europeo. Onorevole presidente Vignaroli, onorevoli senatori, onorevoli deputati, vado a concludere. Nessuno di noi della Sogin può dire di avere la bacchetta magica, ma mi auguro che oggi noi riusciamo a trasferirvi lo spirito che ci anima. Abbiamo tutte le intenzioni di impegnarci con dedizione al compito che ci avete affidato e ovviamente siamo sempre a disposizione per relazionarvi sul nostro operato. Vi ringrazio ancora per il tempo che ci dedicate e passerei la parola all'ingegnere Fontani.

  EMANUELE FONTANI, Amministratore delegato della Società gestione impianti nucleari (Sogin Spa). Grazie a tutti. Ovviamente è doveroso per questa Commissione fare una relazione prevalentemente incentrata sull'argomento rifiuti, ma è ovvio che in una società che svolge smantellamento di impianti nucleari non si può prescindere da quello che è l'elemento essenziale: in che modo si può raggiungere la chiusura degli impianti nucleari. Per questo in questa relazione vi sono state presentate alcune linee generali sul cosiddetto «Piano a vita intera», che è ciò di cui il presidente vi ha accennato, ossia undici progetti dettagliati che consegneremo ad ARERA entro la fine di questo mese, all'interno delle quali ci sono le sequenze delle attività di smantellamento che ripercorrono prevalentemente le attività di smantellamento presentate all'Autorità di controllo, nonché due progetti a latere, essendo nove i siti, ossia il progetto della gestione del combustibile esaurito e l'altro grande progetto della realizzazione del Deposito nazionale. Sogin ha l'obbligo ogni quattro anni di aggiornare il Piano a vita intera. L'ultima volta lo ha fatto nel 2017 con la supervisione dell'Agenzia atomica internazionale attraverso una peer review che è stata richiesta dal Governo italiano. Il rapporto finale degli esperti dell'Agenzia che hanno condotto una serie di verifiche sui siti, un'audit documentale, verifiche sulla modalità di pianificazione e sui costi associati, ha indicato che l'approccio è robusto, solido e in linea con gli standard internazionali per lo svolgimento delle attività di decommissioning. Sogin ha fatto molto di più perché già nel 2018 su alcuni progetti importanti, in modo particolare sullo smantellamento dei vessel, che sono sulle centrali nucleari l'oggetto più importante da smantellare, ha sottoposto ulteriormente a peer review due dei tre progetti di smantellamento dei vessel nucleari, verificando soprattutto la corrispondenza con gli standard internazionali. Dal peer review del 2017 sono emerse comunque delle raccomandazioni, Pag. 6 due famiglie principali di raccomandazioni: un gruppo di raccomandazioni verso Sogin intesa come società e l'altro gruppo di raccomandazioni verso le istituzioni e verso il Governo. Abbiamo ripercorso l'intera tipologia di raccomandazioni che ci sono state presentate anche al fine di dimostrarvi quanto è stato fatto dalla Sogin negli anni per implementarle. Senza dubbio, quanto era emerso dalla peer review era fondamentalmente una serie di ritardi che si erano presentati nelle procedure autorizzative e quindi il suggerimento che è stato dato a Sogin è quello di avere un approccio più proattivo con l'Autorità di regolamentazione e di controllo, in modo da avere un iter molto meno farraginoso, ma molto più diretto nell'approvazione dei progetti. Dal 2017 molto abbiamo fatto, perché si è cercato di produrre progetti più snelli, semplificati, di avere un'interazione migliore con l'ente di controllo, ma soprattutto risposte in tempi brevi di fronte a qualunque richiesta. Questo ci ha portato anche a ottenere dei benefici che poi vi racconterò. È sicuramente ancora presente il problema fondamentale rappresentato da un organico dell'ente di controllo sottodimensionato rispetto a quelle che sono le necessità, e ciò è stato più volte segnalato in vari tavoli di lavoro, così come è stato anche segnalato un impatto generale sui costi. Dalle simulazioni che abbiamo effettuato risulta che un non adeguato staff nell'ente di controllo può generare ritardi, e mediamente ogni anno di ritardo nell'approvazione di progetti potrebbe portare fino a 100 milioni di euro di aggravio sui costi. Si tratta di numeri importanti utili, se non altro, per far capire quanto è importante e fondamentale avere un ente di controllo sufficientemente staffato. Ciò, ovviamente, a prescindere dagli aspetti di sicurezza nucleare, perché l'ente di controllo, oltre ad approvare i nostri progetti, ha un ruolo fondamentale nel fare le verifiche e la supervisione di quello che noi andiamo a svolgere. Dall'altra parte, una raccomandazione è stata quella di avere un approccio verso i costi totali di decommissioning molto più focalizzato su due aspetti. Da un lato bisogna valutare tutte le attività che vanno oltre il quadriennio. Il programma di Sogin è un programma che va ben oltre il 2035 con gli smantellamenti e con la realizzazione del Deposito nazionale ed esercizio del Deposito nazionale. Ovviamente le attività entro il quadriennio erano fino ad oggi ben pianificate. L'IAEA (Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica) ha identificato delle potenziali aree di miglioramento nello sviluppo delle fasi successive, ma soprattutto nel supportare lo sviluppo delle fasi successive attraverso analisi di rischio, in modo da poter individuare potenziali rischi, ma soprattutto darci un range di variabilità dei costi che potrà essere anche utile da un punto di vista ARERA, il soggetto che ci finanzia, per poter valutare quali possono essere le incertezze sul costo di realizzazione delle opere di smantellamento. Un altro aspetto importante è relazionato ai rifiuti. Ovviamente, non tutto quello che è impianto nucleare è rifiuto radioattivo, ma soltanto una minima porzione. Quello che ci ha suggerito l'Agenzia, quindi IAEA, è di valutare quanto più possibile le attività di rilascio in modo da raggiungere i massimi livelli di rilasciabilità del materiale attraverso alcune azioni. Una delle azioni è sicuramente quella di verificare se l'attuale normativa italiana è in linea con gli standard europei. Proprio per questo, all'epoca, l'Agenzia atomica internazionale aveva evidenziato il mancato recepimento della direttiva EURATOM del 2013, di cui già il presidente ha parlato; mancato recepimento che ovviamente costituisce un aggravio di costi per i depositi che realizziamo sui siti, di conseguenza anche un costo per il sistema Italia. Sogin si è attivata anche indipendentemente dal cambio di normativa, ovviamente predisponendo ulteriori analisi che consentano di modificare i cosiddetti «limiti derivati di allontanamento» al fine di garantire, anche con limiti superiori, il rispetto della normativa vigente, che è quella che consente il rilascio entro il limite normativo di dieci microsievert uomo anno. Dall'altro lato sono andate avanti le attività, soprattutto con le Commissioni parlamentari, negli ultimi mesi, per arrivare al pieno recepimento della Pag. 7direttiva. Qualora fosse recepita e in linea con gli standard europei, potremmo arrivare sino a una riduzione di costo del Deposito nazionale in termini di occupazione di circa 200 milioni di euro. Ulteriori raccomandazioni hanno riguardato le terminologie, soprattutto l'utilizzo ambiguo del termine «brownfield», ossia il termine dello smantellamento. Al di là del recepimento della terminologia, Sogin ha fatto un po' di più: si è mossa nell'individuare tappe intermedie nelle attività di smantellamento in modo da poter consentire, a seguito dell'incremento di sicurezza, la riduzione delle salvaguardie. Parlo delle salvaguardie verso l'ambiente e di tutte le altre tipologie di salvaguardie, nell'ottica generale di una riduzione di costo al progredire delle attività di smantellamento. Un focus particolare ci è stato raccomandato dall'Agenzia atomica internazionale nei processi e nelle tecnologie alternative per lo smantellamento. Ovviamente i nostri impianti si sono fermati subito dopo l'evento di Chernobyl a seguito di un referendum. Lo smantellamento è iniziato nel 2000. Dal 2000 a oggi sono passati venti anni, le tecnologie hanno fatto progressi e ciò ci consente di migliorare, rendere meno costoso e più sicuro lo smantellamento degli impianti nucleari. Su questo ci siamo mossi attraverso verifiche nel contesto internazionale, di cui vi racconterò immediatamente dopo, al fine di individuare soluzioni migliori in termini di sicurezza a un costo ridotto. Altre attività le abbiamo portate avanti soprattutto muovendoci nell'uniformare i progetti. Noi abbiamo sempre detto che Sogin ha il grosso svantaggio di avere tutta la tipologia di tecnologie nucleari che all'epoca degli anni Ottanta erano disponibili nel panorama internazionale. Questo per noi ha generato una complessità, ma stiamo facendo molto con la nostra ingegneria per cercare di uniformare i processi di smantellamento, anche nell'ottica di fornire all'ente di controllo un progetto standard, in modo tale da ottenere una più veloce approvazione. Ci siamo mossi comunque per verificare soluzioni alternative. Abbiamo svolto un'attività indipendente sul progetto CEMEX al fine di verificare la realizzabilità delle opere entro un determinato tempo; abbiamo fatto verifiche di possibili alternative alla Wet Oxidation nel contesto internazionale; abbiamo oltretutto lanciato gare ed esplorazioni di mercato per attività di incenerimento di rifiuti organici e una di queste ha riguardato il sito di Trisaia attraverso un procedimento molto più moderno che ci consentirà di solidificare rifiuti organici radioattivi, poterli trasferire sotto forma solida all'estero e individuare di conseguenza il trattamento di incenerimento o il miglior trattamento possibile. Altre raccomandazioni hanno riguardato la contrattualistica, la possibilità di avere contratti quadro. Ovviamente il Codice degli appalti per Sogin in questi anni ha rappresentato una grossa limitazione perché da un lato dobbiamo privilegiare gli aspetti di sicurezza nucleare e dall'altro lato quelli di legalità e trasparenza. L'insieme delle due cose molto spesso porta ad avere tempi estremamente lunghi; quindi il suggerimento che ci è stato dato dall'Agenzia atomica internazionale è quello di avere contratti quadro i più ampi possibili in modo tale che l'iter di gara possa essere ridotto a pochi. Ci siamo mossi per cercare di concludere contratti quadro sui servizi di progettazione, verifica, validazione dei progetti. Stiamo anche valutando la possibilità di avere contratti aperti di più ampio spessore sulle attività di smantellamento, sapendo che molto spesso, però, questo è un po' in contrasto con la normativa degli appalti pubblici. Abbiamo fatto oltretutto un'attività di rotazione del personale. Sappiamo tutti che l'esperienza nucleare è unica, ma prendere persone da un sito a un altro è sicuramente utile per poter migliorare la nostra esperienza. Proprio a nord di Roma, a venti chilometri, stiamo portando avanti da anni uno dei processi di smantellamento più importanti: lo smantellamento delle scatole a guanti all'interno delle quali venivano realizzati combustibili a ossidi misti, quindi combustibili contenenti plutonio. La stessa tipologia di problemi è parzialmente presente anche sul sito di Saluggia. Da poco abbiamo avviato una formazione incrociata di personale in modo tale che l'esperienza maturata su Roma Pag. 8possa essere trasportata in provincia di Vercelli da personale adeguatamente formato. Non ultimo, tutti gli aspetti legati alla nuova tecnologia: l'informatica, la manipolazione remota, tutto quello che consente di limitare il più possibile l'esposizione del nostro personale alle radiazioni ionizzanti durante lo svolgimento delle attività. In tutto questo abbiamo realizzato macchine remotizzate, macchine automatiche, soprattutto grazie alle recenti tecnologie. Abbiamo realizzato un impianto di cementazione all'interno di una scatola a guanti. Si può intervenire su questo mini impianto di cementazione per trattare i liquidi contaminati con plutonio attraverso personale, ma protetto da un sistema di scatole a guanti. Ovviamente tutti questi aspetti sono stati importanti per sviluppare il nuovo Piano a vita intera, che si è mosso su una serie di driver. I principali sono stati quelli di tipo tecnico e tecnologico: cercare di far sì che ci sia un'implementazione tecnologica delle nuove tecnologie all'interno del Piano, fare in modo di gestire il rischio, andare a vedere esattamente quali sono i progetti principali. Il nostro Piano ad oggi ha una particolarità: sette progetti principali fondamentalmente raggruppano il 75 per cento dei costi di decommissioning. Di conseguenza, è facile poter operare e poter analizzare su sette progetti, fare sinergie e all'interno di questi progetti potersi muovere con criteri di standardizzazione e semplificazione. Il Piano, che a brevissimo andremo a descrivervi, presenta una serie di importanti risultati. Da un lato, dal 2017 ad oggi sono trascorsi tre anni al termine dei quali molte delle autorizzazioni non sono arrivate. Riusciamo oggi a presentare un piano che, nonostante l'assenza di autorizzazione, non presenta ritardo; anzi su alcuni siti come Saluggia, come Trisaia, recupera quasi due anni. Tutto questo grazie soprattutto a interventi di semplificazione, parallelizzazione delle attività, riutilizzo di tecnologie da un sito all'altro. Questo ci consente, di conseguenza, di avere un piano che sia altrettanto solido come quello del 2017, ma al tempo stesso di rispettare i tempi nonostante i tre o quattro anni in cui abbiamo avuto ritardi nei processi autorizzativi. Qual è l'altra parte? Abbiamo parlato del Piano a vita intera e del lato Sogin. C'è un lato esterno, che è il lato governativo, delle istituzioni, di ISIN (Ispettorato Nazionale per la Sicurezza Nazionale e la Radioprotezione). L'Agenzia atomica internazionale ha identificato una serie di raccomandazioni per il Governo, cinque raccomandazioni: urgenza nella realizzazione del Deposito nazionale; altrettanta urgenza di rafforzare l'Autorità di regolamentazione ISIN; minimizzare gli effetti dovuti a frequenti cambiamenti di governance e organizzativi interni alla società; adozione di livelli di rilascio per i rifiuti radioattivi e per i materiali di risulta in linea con quanto previsto dalle normative internazionali; adozione di livelli di rilascio di effluenti dell'ambiente in conformità con gli standard internazionali e della Comunità europea. Io mi vorrei soffermare soprattutto su quello che concerne l'Autorità di regolazione ISIN. Abbiamo raggiunto sicuramente ottimi risultati. Nel prossimo quadriennio abbiamo 119 autorizzazioni da sottoporre all'Autorità di controllo. Mediamente ce ne sono dalle trenta alle quaranta ogni anno. Quello che siamo riusciti a ottenere è la risoluzione di un certo numero di istanze che noi ormai consideravamo storiche, cose che negli ultimi dieci anni erano ferme e che avevano un importante impatto su di noi. Restano altre importanti autorizzazioni, che sono quelle della disattivazione dei siti legati al riprocessamento del combustibile, quindi Saluggia, Casaccia, Rotondella, e ovviamente l'istanza per il reattore Ispra-1, che è stata recentemente presentata. Faccio un focus veloce su quello che abbiamo ottenuto. La prima presentazione dell'istanza della centrale di Latina risale al 1997. La stessa ENEL l'aveva a suo tempo presentata. Abbiamo la fortuna di avere ottenuto l'approvazione dell'istanza da parte del Ministero dello sviluppo economico su parere dell'Autorità di controllo il 21 maggio di quest'anno. Da questo momento in poi ci attiveremo per la realizzazione di importanti opere, tra cui quella dello smantellamento dei sei boiler e l'abbassamento dell'edificio reattore, quella della demolizione di tutte quante le strutture e i sistemi Pag. 9che si trovano sul sito di Latina, in modo tale da completare la cosiddetta «fase uno» e poter lasciare soltanto la grafite all'interno del sito in attesa del Deposito nazionale. L'altra importante autorizzazione è quella per lo stoccaggio a secco del combustibile nucleare sul sito di Rotondella, le 64 barre ad oggi presenti nella piscina del sito. Anche in questo caso si tratta di un'autorizzazione molto datata. Nel 2010 otteniamo l'autorizzazione al trasporto. I due cask sono validati dallo Stato francese per il trasporto. Le lunghe interazioni hanno finalmente portato, dopo quasi dieci anni, a finalizzare e a ottenere l'autorizzazione allo stoccaggio a secco, che è un unicum nel sistema italiano, soprattutto grazie a un'importante collaborazione con l'ente di controllo e anche a tutta una serie di suggerimenti che ci sono stati dati dallo stesso ente di controllo per procedure che poi dovremo portare avanti durante lo smantellamento al fine di avere la concomitanza, la presenza dei cask sul sito e il progredire delle attività di smantellamento. In questo momento l'attività sta andando avanti sul sito di Trisaia e di conseguenza stiamo lavorando già alla predisposizione del Deposito all'interno del quale saranno gestiti i due cask. Ovviamente per la Commissione è importante avere un quadro generale dei rifiuti radioattivi. Riteniamo comunque sia doveroso far capire qual è la peculiarità degli aspetti legati ai rifiuti radioattivi rispetto ai rifiuti che nel sistema generale italiano riscontriamo, non solo i rifiuti solidi urbani, ma soprattutto i rifiuti tossici nocivi, che sicuramente conoscete molto bene. La peculiarità del sistema nucleare è che, a differenza di altre tipologie di rifiuti, ha un suo decadimento. Ciò che è pericoloso oggi con il progredire del tempo diminuisce di pericolosità. È su questa base che viene realizzato il Deposito nazionale, ossia una struttura che ospiterà i rifiuti nucleari per un periodo sufficientemente lungo, circa trecento anni, in modo tale da avere alla fine il completo decadimento radiologico e, di conseguenza, l'annientamento della pericolosità del rifiuto. La gestione dei rifiuti radioattivi, comunque, deve prevedere una serie di fasi: la caratterizzazione, il trattamento, il condizionamento e lo stoccaggio. Questo almeno nelle fasi di decommissioning, nonché poi lo smaltimento al Deposito nazionale. Sono fasi estremamente importanti, in modo particolare la caratterizzazione, che è il primo punto all'interno del quale decidiamo se un oggetto o una parte di impianto è radioattivo, non è radioattivo, o eventualmente progettiamo le tecniche di decontaminazione. È importante sapere che la decontaminazione non è tutto il materiale, ma è una porzione di materiale, è una superficie; si fissa nei metalli per dieci o venti micron in profondità. Molto spesso basta lavare il materiale con acqua per riuscire a decontaminarlo o semplicemente attraverso una sabbiatura si riesce a recuperare il cuore del materiale. Tutto questo ha una serie di vantaggi: riduzione di costi, riduzione dell'occupazione al Deposito nazionale, ma soprattutto avere quel riciclo di materiale che è importante e che dopo andremo a vedere. I passaggi successivi, invece, sono quelli della gestione del cosiddetto «rifiuto radioattivo». Tutto quello che è rifiuto radioattivo andrà al Deposito nazionale. Il Deposito nazionale ha un costo sulla base dell'occupazione e di conseguenza per noi è estremamente importante ridurre i volumi utilizzando tutte le possibili tecniche. Le tecniche oggi in commercio sono quelle della compattazione con una riduzione di circa un fattore 4 del volume o tecniche più avanzate di incenerimento dove si raggiunge fino a un fattore 100 di riduzione. Da questa porzione, che ovviamente va nella direzione di ridurre il volume del Deposito, passiamo a quello che invece è il cuore, quello che aumenta la sicurezza: il condizionamento. «Condizionamento di rifiuto» vuol dire trasformare il rifiuto da un oggetto radioattivo a un oggetto radioattivo sicuro, stabile per un periodo fino a trecento anni, per poterlo conferire al Deposito nazionale. Si utilizzano varie tecniche, ma la più importante è quella che noi utilizziamo in Italia, quella del condizionamento attraverso cementazione, e infine lo stoccaggio nei nostri siti, che hanno dei requisiti di resistenza estremamente particolari, e il conferimento al Deposito, sia esso superficiale o geologico. Pag. 10In Italia si è lavorato molto per avere impianti di trattamento sui nostri siti soprattutto per fare le attività di pretrattamento e caratterizzazione. Vi è poi l'utilizzazione qui a nord di Roma della controllata Nucleco, attraverso la quale passa la stragrande maggioranza di rifiuti che noi di Sogin trattiamo. Attraverso la Nucleco passa anche la totalità dei rifiuti ospedalieri e dei rifiuti radioattivi dell'industria che vengono gestiti all'interno del Paese. Infine, si deve fare ricorso a tecnologie che non abbiamo in Italia, ma che hanno altri Paesi. In questo momento utilizziamo Francia, Svezia, Slovacchia per attività di incenerimento o fusione di metalli che ci consentono di conseguenza di raggiungere ed estremizzare questa particolare riduzione di volume. Abbiamo ottenuto importanti fattori di riduzione di volume, soprattutto sul sito di Latina. C'è sicuramente un passaggio importante nella gestione dei rifiuti che è doveroso ricordare. La normativa di classificazione dei rifiuti del 7 agosto del 2015 classifica i rifiuti, ma non ne definisce le modalità di trattamento. È sicuramente auspicabile che la definizione di adeguate guide tecniche possa consentire nel futuro di avere una più facile e più veloce interlocuzione con l'ente di controllo ISIN, soprattutto perché andremo a gestire processi standardizzati e con criteri di sicurezza già definiti. Le attività ovviamente vanno avanti, ma per farvi capire l'importanza di un rifiuto radioattivo vorrei portarvi un esempio, che è quello riportato all'interno di questa relazione, relativo al costo. Chi si occupa di rifiuti sa quanto costa, ad esempio, un rifiuto tossico nocivo. Smaltire amianto in discarica oggi può valere intorno ai 200-250 euro a tonnellata. Trattare una tonnellata di rifiuto radioattivo attraverso compattazione o attraverso incenerimento può costare dai 25 ai 30 mila euro a tonnellata, quindi c'è la bellezza di un fattore 1.000. Quindi, è fondamentale per noi, al fine di ridurre i costi, riuscire a limitare la produzione di rifiuto nucleare adottando tutta una serie di precauzioni relative alla non produzione, al riutilizzo di strutture componenti, facendo sì che qualunque cosa entri in area controllata sia ridotta al minimo al fine che non esca fuori come rifiuto, ma si possa fare in modo che il rifiuto radioattivo sia estremamente limitato. Visti questi costi, è estremamente importante, ovviamente, come ripeto, poter fare in modo di allineare i nostri standard nazionali con gli standard internazionali al fine di avere anche un quadro normativo che sia il più possibile in linea con quello degli altri Paesi. È poco ragionevole che un acciaio in Italia possa essere considerato radioattivo, valichi la frontiera, raggiunga la Svezia, in Svezia diventi materiale rilasciabile da poter utilizzare nuovamente per la fusione e magari poi venga rivenduto come materiale per essere fuso, quindi come materia prima secondaria e come materia prima per rientrare nel ciclo della produzione di oggetti. Il rischio che si corre è quello di avere in Italia un oggetto prodotto con materiali provenienti da altri Paesi che adottano limiti diversi da quello italiano e di conseguenza avere uno spreco estremamente importante e una non salvaguardia per quello che riguarda ambiente e sicurezza. Ci siamo mossi anche nella rintracciabilità dei rifiuti, nel verificare dove sono i rifiuti; abbiamo sviluppato un software che si chiama «IGOR», un applicativo informatico per la gestione di oggetti radioattivi. Questo applicativo ci consente oggi di rintracciare tutto quanto il flusso dei rifiuti radioattivi all'interno dei nostri siti in tutti gli spostamenti tra un sito e l'altro verso il Deposito nazionale. Abbiamo utilizzato un sistema di validazione delle informazioni associate al rifiuto che si basa sui moderni standard e le moderne tecnologie di blockchain e stiamo lavorando – proprio domani lanceremo una pole for innovation – per individuare soluzioni avanzate per l'identificazione e tracciabilità dei rifiuti radioattivi. Vorrei venire adesso a una serie di esempi che sono forse la parte più importante per la Commissione e che riguardano un riassunto delle attività che sono state oggetto di analisi da parte della Commissione. Prima di tutto ricordo il caso CEMEX a cui ha accennato il presidente, che è stato oggetto di un'audizione nell'ottobre del 2017. Riguardo alla situazione CEMEX vi ricordo Pag. 11che c'erano 230 metri cubi di rifiuti radioattivi liquidi ad alta attività pronti per essere cementati presso l'impianto di Saluggia, in provincia di Vercelli, con un 50 per cento del volume dei rifiuti radioattivi trasferiti su un nuovo parco, il Nuovo Parco Serbatoi, a partire dal 2008, con il 99 per cento della radioattività che si trova all'interno del Nuovo Parco e soltanto l'1 per cento della radioattività che si trova nella vecchia zona di impianto, la cosiddetta «zona Ottocento», il vecchio Parco Serbatoi. In questi anni, dal 2017 ad oggi, abbiamo effettuato una serie di analisi. La prima analisi è quella sul rischio idraulico. Sappiamo tutti che il sito di Saluggia si trova sulla sponda sinistra della Dora Baltea in un'area che in passato ha avuto problemi di alluvionabilità, soprattutto nel 2000. Vi fu un'alluvione praticamente a ridosso degli impianti. Nel 2003 è stata realizzata la barriera idraulica e negli ultimi anni Sogin ha lavorato per verificare nuovamente gli scenari incidentali per verificare se, con i cambiamenti climatici, con i cambiamenti che ci sono stati a livello geomorfologico delle aree in prossimità dell'impianto, ma su tutto quello che è il bacino della Dora, i criteri con i quali era stata progettata questa barriera sono tutt'oggi confermati. Fortunatamente i risultati sono stati positivi, quindi è stata confermata la validità dei requisiti progettuali della barriera anche a fronte di eventi estremi. Abbiamo svolto un'analisi per quello che riguarda il Parco Serbatoi dell'area Ottocento. Per la prima volta dopo cinquant'anni siamo riusciti a scendere nelle celle dove sono ospitati i rifiuti radioattivi. Nel 2019 abbiamo effettuato una spessimetria dei serbatoi ed è stata la prima volta, ovviamente, che è stata portata avanti un'attività di questo tipo, visto il campo radiologico estremamente importante nelle aree attorno ai serbatoi. La spessimetria ha confermato che non ci sono stati deterioramenti negli anni, non ci sono stati fenomeni di corrosione o di riduzione dello spessore dei serbatoi; quindi per altri dieci anni possiamo dire tranquillamente che i serbatoi conserveranno la loro capacità di stoccaggio. Ovviamente, però, ci siamo mossi anche sull'aspetto che riguarda CEMEX. CEMEX ha ultimato la realizzazione del Deposito, ma stiamo lavorando alla realizzazione, invece, dell'impianto. Completata la progettazione, completate tutte quante le attività, oggi ci troviamo nella situazione di essere pronti per lanciare la nuova gara. Abbiamo attivato la vigilanza collaborativa con il supporto di ANAC al fine di prevenire qualunque tipo di tentativo di infiltrazione criminale adottando clausole che ci consentano di avere una gara molto più spedita e di avere meno ricorsi possibile. Contiamo di andare a gara il prima possibile. Sarà una gara europea per un importo di 128,5 milioni di euro. La realizzazione dovrebbe essere completata insieme alle prove nucleari entro il 2023 per poi procedere con diciotto mesi di esercizio dell'impianto per la solidificazione dei rifiuti. Una situazione molto analoga è stata portata avanti sul sito di Trisaia, dove anche in questo caso abbiamo dei liquidi, in un quantitativo molto inferiore, inferiore ai 3 metri cubi. In questo caso il 13 settembre 2018, alla presenza di ISIN, EURATOM e IAEA, abbiamo effettuato per la prima volta anche in questo caso l'ispezione remotizzata del serbatoio all'interno del quale si trova il prodotto finito al fine di individuare eventuali tracce di deterioramento, corrosione o altre forme di danneggiamento del serbatoio. Anche in questo caso i risultati sono stati ottimi, ma ci siamo mossi allo stesso modo nell'avanzare subito con la realizzazione del Deposito per il prodotto finito perché le aree dove sarà realizzato il Deposito erano occupate dalla Fossa 7.1, fossa all'interno della quale era contenuto un monolite con i rifiuti radioattivi rimosso lo scorso dicembre. Quindi ad oggi non ci sono più ostacoli se non le attività che stiamo facendo per il rilascio delle aree per poter realizzare l'impianto di cementazione del prodotto finito. Impegni interni che ci siamo dati includono quello di realizzare il Deposito a partire dall'anno prossimo, quindi di poter andare in gara tra la fine di quest'anno e l'inizio del prossimo e poter avere la realizzazione dell'impianto del prodotto finito entro il 2025. Per lo stoccaggio a secco e su Elk River ho già Pag. 12detto molto. Passerei ad altre due importanti attività che riguardano i rifiuti radioattivi sul sito di Latina. Uno, l'impianto di condizionamento fanghi LECO (Latina Estrazione e Condizionamento), che dovrà trattare circa 13 metri cubi derivanti da fanghi, molti dei quali prelevati dalla piscina del combustibile. In questo caso le attività che hanno previsto delle fasi autorizzative e realizzative si sono concluse. L'impianto è stato realizzato, sono state eseguite dalle prove. L'ente di controllo ha chiesto ulteriori valutazioni, soprattutto sull'ammissibilità dei rifiuti, valutazioni che sono state completate. Le analisi sono in corso. Riteniamo di poter iniziare le prove alla fine dell'estate per poter mettere in servizio l'impianto nell'ultima parte dell'anno e poter avere l'anno prossimo l'autorizzazione all'esercizio dell'impianto LECO. Una situazione altrettanto lunga, complicata, ma che vede una risoluzione, è quella della centrale di Trino. Su Trino la problematica è legata a 100 metri cubi di resine prodotte dal passato esercizio e dalle attività di decontaminazione dell'impianto. La tecnologia è stata individuata. È una tecnologia cosiddetta «Wet Oxidation», ossia di ossidazione a freddo, attraverso un processo che ci consente di poter ridurre il volume e mettere il materiale in una forma più stabile, con pressioni di circa 150 bar e temperature relativamente limitate di alcune centinaia di gradi. L'impianto è in fase di realizzazione, ma soprattutto è stata chiarita la parte finale: cosa sarà fatto dei fanghi dell'impianto di Wet Oxidation. È in corso di realizzazione l'impianto SiCoMoR (Sistema di Condizionamento Modulare dei Rifiuti), che è una delle evoluzioni tecnologiche a cui l'azienda ha lavorato, ossia la realizzazione di un impianto di cementazione mobile che possa muoversi da sito a sito. Questo ci consentirà di ridurre il volume dell'85 per cento e poter mettere in sicurezza anche le resine. Infine, un ultimo passaggio riguardante un'attività che questa Commissione ha seguito in passato, e forse è anche grazie a questa Commissione che l'attività ha avuto una svolta: quella del deposito Cemerad in provincia di Taranto, nel comune di Statte. Le prime attività risalgono al 2000-2005: prima un sequestro e poi un fallimento del proprietario dell'azienda che raccoglieva rifiuti radioattivi. Nel 2016 viene raggiunto il primo accordo fra il commissario di Governo stabilito per l'emergenza e Sogin e siamo andati avanti con le attività di allontanamento e di trattamento dei rifiuti. Ad oggi restano sul sito circa 4.900 dei 16.600 colli iniziali. Stiamo lavorando molto, nonostante una serie di problematiche che qui vedete riportate a pagina 22. L'ultima che si è aggiunta è una problematica che si chiama «Covid-19», che ci ha obbligato a chiudere il cantiere e a bloccare i trasporti per un determinato periodo. Siamo ripartiti, contiamo di poter portare avanti le attività e, se riusciamo, compatibilmente con quelle che sono le autorizzazioni ai trasporti, di poter concluderla prima della metà del mese di agosto, che è il periodo in cui saremo poi costretti a chiudere il trasporto. Vi abbiamo messo a disposizione, ma immagino che il tempo sia estremamente poco, una nostra iniziativa sull'economia circolare. Credo che sia importante far passare un messaggio. Dallo smantellamento di un impianto nucleare si recuperano l'89 per cento dei materiali, materiali che si chiamano acciaio, rame, cemento, ma soprattutto gli inerti da demolizione. Quello che noi abbiamo verificato fino a oggi è che l'Italia, nonostante i grandi quantitativi di materiali che ha da riciclare, dal nostro punto di vista, che comunque sia è importante, visto che produciamo circa un milione o produrremo un milione di tonnellate di materiali per il recupero, non è adeguatamente strutturata. I centri di recupero sono localizzati in poche aree geografiche. I trasporti e i costi di trasporto hanno una notevole incidenza sul trasporto del materiale a recupero e molto spesso, nel trasferire materiali che provengono da impianti nucleari, nonostante questi siano estremamente controllati, ci troviamo ad avere difficoltà di vario tipo, nonostante abbiamo fino a oggi riciclato importanti quantitativi di metalli che sono ritornati all'interno del ciclo produttivo. L'altro aspetto riguarda i cementi. Il materiale cementizio, ma soprattutto il materiale cementizio di un impianto nucleare, Pag. 13se non è contaminato è un'importante risorsa, un ottimo inerte da costruzione. Ad oggi non ci sono normative tecniche che possano consentire di riqualificare l'inerte in modo tale che possa essere riutilizzato rispetto a quello che dovrebbe essere, invece, un altro inerte derivante da una cava. Quindi una richiesta, che in questo momento è un suggerimento, che possiamo fare è quella di lavorare su questi aspetti in modo tale che il reale riciclo di materiali, visto da noi che siamo dei grandissimi produttori di materiale da riciclo, possa essere portato a compimento. Ultimo aspetto, e poi chiudo il mio intervento, è quello che riguarda il Deposito nazionale, Deposito che ormai ha una storia decennale, visto che la legge che ci attribuisce il compito di localizzare, progettare, realizzare e gestire il Deposito è del febbraio del 2010. Le attività sono state estremamente spedite, se ricostruiamo un po' la storia dal 2010 al 2015, anno in cui è stata presentata la revisione 0 della cosiddetta «CNAPI» (Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee). Dal 2015 ad oggi Sogin e ISIN hanno lavorato molto nell'apportare modifiche e revisioni. Stiamo lavorando a una revisione 8 e 9 che Sogin ha sottoposto all'Autorità di controllo all'inizio di quest'anno. Da lì, come giustamente ha detto il presidente, Sogin è pronta a partire, pronta a strutturarsi, pronta a fare le attività che riguardano l'identificazione del sito, in quanto ad oggi il progetto non è sito dipendente; è un progetto generale da calare poi sulle peculiarità geomorfologiche del sito. Quindi per noi di Sogin è anche un notevole costo il continuare a mantenere una struttura di questo tipo a fronte di una situazione che ad oggi vede le due revisioni, 8 e 9, potenzialmente pronte per essere identificate come la corretta CNAPI da poter poi pubblicare. Credo di aver sintetizzato i principali aspetti, rimaniamo a disposizione per qualunque domanda, se necessaria.

  PRESIDENTE. Bene, grazie. Prego, senatore Lorefice.

  PIETRO LOREFICE. Grazie, presidente. Grazie agli auditi per la relazione lunga e dettagliata. Diciamo che forse non si poteva svolgere in meno tempo. Io torno sul Piano a vita intera. Capisco che voi vi siete insediati a dicembre dell'anno scorso, perciò non potete rispondere per altri ritardi, però, se noi andiamo a prendere le delibere dell'ARERA, in particolare quella del 27 novembre 2018, la numero 606, già in quella delibera l'ARERA aveva dato un termine non so se più o meno perentorio. Entro il 30 giugno 2019 avremmo dovuto avere questa revisione della peer review. Successivamente, sempre l'ARERA è tornata con una nuova delibera il 29 ottobre 2019. Se andiamo a pagina 10 del considerato, si richiama di nuovo il punto 15 e il punto 2 della precedente deliberazione: c'è stato prima un termine e poi un richiamo. Volevo capire se voi, come nuovi insediati, avete chiesto alla dirigenza, che penso non sia cambiata all'interno di Sogin, quali siano stati i motivi ostativi che non hanno portato alla revisione nei tempi previsti. Vi siete posti la questione come nuova parte apicale alla Sogin? Come mai questo aggiornamento del Piano non è avvenuto nei tempi? Leggo – lo avete anche detto – che entro il 30 giugno di quest'anno provvederete a portare questo Piano. Avete avuto un'interlocuzione con ARERA? Il Piano è stato concordato o è un qualcosa che state facendo a prescindere dal confronto con l'Autorità? Cambiando argomento, sulla stampa, nel mese scorso, è stata messa in evidenza una querelle che vi chiama in causa. In un giornale si parla di Sogin e libertà di stampa in relazione all'utilizzo di alcune somme legate alla pubblicità, ai processi partecipati o partecipativi per la CNAPI e si richiama a un vostro dirigente; se volete cito anche la testata online che è Opinione.it. Nello specifico si richiama anche a una sorta di reprimenda fatta da un vostro dirigente, se non erro, il responsabile delle relazioni esterne di Sogin Spa, il dottor Federico Colosi. A seguito di questo c'è stata anche un'interrogazione alla Camera dei deputati presentata dall'onorevole Cirielli. Nello specifico avete affrontato la questione a livello di consiglio d'amministrazione? Potete fornirci qualche informazione in merito visto che anche l'ARERA Pag. 14 ha sollevato dei rilievi affermando che parte di quei soldi spesi – richiamati in questo articolo – erano non conformi?

  EMANUELE FONTANI, Amministratore delegato della Società gestione impianti nucleari (Sogin Spa). Riguardo al Piano a vita intera, la delibera 606 era ben nota all'interno dell'azienda perché è quella su cui siamo era lavorando. Lei mi ha citato due date: il 30 giugno e il 29 ottobre 2019. Questa azienda, lo scorso anno, ha visto il cambiamento del consiglio di amministrazione. L'insediamento di questo consiglio di amministrazione è avvenuto il 12 dicembre. Dall'approvazione del bilancio fino al 12 di dicembre vi sono state una serie di assemblee dei soci, che sono andate deserte, di conseguenza non sono state individuate le persone che avrebbero dovuto costituire il nuovo consiglio di amministrazione. Il Piano a vita intera è una pietra miliare nello sviluppo di un mandato, ossia è quello che definisce le strategie del vertice, le strategie del Consiglio, percepisce i consigli di tutti quanti gli stakeholder. Al consiglio d'amministrazione uscente è apparso come poco appropriato dover individuare le strategie aziendali per un futuro lungo: stiamo parlando di un decennio, di quindici anni di vita aziendale in un momento in cui non si sentiva legittimato, fintanto che il Governo, ma soprattutto l'azionista, non avesse identificato chi avrebbe portato avanti l'azienda nei successivi tre anni. Internamente, come dirigente di questa azienda – prima di essere stato amministratore delegato, sono stato dirigente di questa azienda –, il sottoscritto e i miei colleghi più di una volta abbiamo analizzato le modalità con cui poter rispondere. Una volta insediatomi, attraverso la collaborazione dei consiglieri, ho cercato di fare di tutto per produrre questo nuovo aggiornamento del Piano a vita intera. La data del 30 di giugno rappresenta un nostro volontario impegno; conoscendo i progressi e cosa era successo in passato, abbiamo deciso volontariamente di fissare questa data al 30 di giugno, termine all'interno del quale avremo identificato le attività da poter inserire nel business aziendale e sviluppare parallelamente un piano industriale. Oggi siamo abbastanza confidenti dei numeri, delle attività, delle sequenze tecniche che andiamo a fissare. Ripeto, non si svolge un lavoro così importante in soli sei mesi se nell'ultimo anno e mezzo i tecnici non hanno sviluppato valutazioni adeguate, non hanno lavorato per individuare soluzioni migliori. Eravamo pronti a presentarlo, abbiamo fatto molto nell'ultimo periodo per focalizzare le soluzioni più opportune, ma soprattutto per sviluppare un'analisi di rischio, che grazie all'evoluzione delle tecniche (analisi Monte Carlo) abbiamo inserito all'interno delle nostre valutazioni. In merito all'interrogazione parlamentare, a quanto comparso sulla stampa: anche noi da spettatori (parzialmente, perché ci siamo dovuti attivare, abbiamo letto e appreso) quello che abbiamo fatto, come consiglio di amministrazione (che non era presente nel periodo 2013-2016), è stato attivare una verifica interna affidata ad un consulente di primaria importanza, un esterno, che sta ricostruendo esattamente quanto è stato fatto. Sicuramente, visto che l'interrogazione non è solo la campagna di comunicazione, ma il Deposito nazionale, è importante che si arrivi a una definizione di un sistema regolatorio per sapere se dobbiamo andare avanti. In questo momento una legge dello Stato italiano del 2010 ci attribuisce il compito di andare avanti, e dovremmo trovare non solo il compito, ma anche il finanziatore del Deposito nazionale. Sino ad oggi i quasi 38 milioni di euro spesi, sono stati finanziati da questa azienda, senza che ci sia stato nessun corrispettivo dall'altra parte.

  GIOVANNI VIANELLO. Ringrazio il presidente e l'amministratore delegato di Sogin Spa per questa preziosa informazione. L'ingegner Fontani ha parlato del software «IGOR» per la tracciabilità dei rifiuti radioattivi. Vorrei sapere, se possibile, da dove partono, per ogni sito; dove vengono inviati i rifiuti (sia solidi che liquidi) e i relativi costi, con anche la possibilità di conoscere quali sono le aziende che svolgono questo tipo di operazione a seguito dei bandi. Con un'operazione ingegneristica senza pari è stato ha rimosso il monolite Pag. 15 dell'ITREC di Rotondella. Dove sono in questo momento, sia il monolite sia i liquidi drenati? È previsto che questi rifiuti radioattivi ritornino negli Stati Uniti? Riguardo infine ai 4.900 fusti rimasti ancora alla Cemerad di Taranto, quando si prevede la loro asportazione, la bonifica e la chiusura totale del sito? Grazie.

  EMANUELE FONTANI, Amministratore delegato della Società gestione impianti nucleari (Sogin Spa). È impensabile che lo Stato italiano abbia lavorato molto per tracciare i rifiuti tossici nocivi, e non abbia fatto nulla per il sistema dei rifiuti radioattivi. Ci sono attività che possono essere portate avanti anche da altri operatori; per quel che riguarda la nostra competenza abbiamo individuato questo sistema di tracciatura. Ad oggi il sistema è in sviluppo: in questo momento stiamo sviluppando il software e stiamo facendo i primi test. Riguardo ad un flusso tracciato, sicuramente ci può essere l'impegno di questo consiglio di amministrazione a far vedere esattamente quale potrà essere l'utilizzo, quali sono le aree attraversate, dove sono collocati i rifiuti e quali percorsi possono essere stati individuati. In termini di costo unitario (che ho già fornito nella relazione) non si discostano molto a seconda che si tratti di compattazione, o di cementazione, dalle 20 euro a tonnellata, alle 23 euro a tonnellata, fino ad arrivare a circa 30-36 euro a tonnellata. Alcuni euro a tonnellata (2-3 euro a tonnellata) sono costi legati al trasporto, a seconda che sia nazionale o internazionale. Dal monolite sono stati drenati durante le attività precedenti al taglio 800 litri di rifiuti radioattivi; si sta lavorando, attraverso la qualifica della matrice, per poter procedere alla cementazione. Riteniamo, visto che i risultati sono estremamente positivi, che effettueremo una campagna di cementazione. Vediamo su quale impianto (presumibilmente Nucleco) e, di conseguenza, avremmo risolto il problema dei liquidi con la cementazione. I cask, cosiddetti dual purpose, che da domani le aziende andranno a realizzare (perché oggi abbiamo fissato i requisiti del contratto relativo alla realizzazione dei due cask), consentono di poter ospitare i 64 elementi di combustibile sul sito e di trasportare in altro luogo il rifiuto. Il passaggio non è solo societario perché possiamo perlustrare e presentare al Governo varie soluzioni. È un passaggio che non può prescindere da un accordo governativo sulle modalità del rimpatrio o di trasferimento ad altro sito. Si sta parlando di 64 elementi di combustibile: due cask che messi in verticale, molto probabilmente, entrerebbero all'interno di questa stanza. Un quantitativo estremamente limitato di rifiuti radioattivi, che anche in un'ottica generale potrebbe essere abbastanza semplice poter trasferire in un altro Paese.

  PRESIDENTE. Quindi sono ancora lì a Rotondella?

  EMANUELE FONTANI, Amministratore delegato della Società gestione impianti nucleari (Sogin Spa). Sì, attualmente sono nella piscina. Al passaggio del 2023 avremo il deposito locale dove poter mettere i cask come eventuale destinazione temporanea, ma possono anche essere utilizzati direttamente per il trasporto.

  GIOVANNI VIANELLO. Scusi, ingegnere, la domanda su Cemerad. Quando si prevede di liberare l'intero sito.

  EMANUELE FONTANI, Amministratore delegato della Società gestione impianti nucleari (Sogin Spa). Entro la pausa estiva, entro l'agosto di quest'anno, qualora il commissario governativo (con cui stiamo interloquendo) ci darà la possibilità di utilizzare un secondo deposito temporaneo su cui collocare una porzione di questi rifiuti al fine di poter fare un sorting molto più accurato; ciò, perché molti rifiuti radioattivi gestiti in questo sito non avevano una chiara etichettatura. Gran parte del lavoro di sorting dettagliato del rifiuto lo stiamo portando avanti presso l'impianto della Casaccia a Roma. Un'attività che viene svolta manualmente con passaggi guantati, estremamente delicata, richiede del tempo e di conseguenza sarebbe opportuno avere un deposito in altro luogo dove poter immagazzinare il rifiuto, piuttosto che utilizzare Pag. 16il deposito Cemerad in condizioni non ottimali, come si può desumere dalla relazione.

  ROSSELLA MURONI. Buongiorno. Grazie delle tantissime informazioni che ci avete fornito. La relazione è densa di informazioni interessanti. Ringrazio per averle portate in Commissione. L'ambito è quello di un'indagine conoscitiva sulla gestione dei rifiuti nucleari nel nostro Paese. È interessante notare come risuonino alcuni elementi che noi abbiamo già messo a fuoco grazie al lavoro dei nostri consulenti e delle audizioni che abbiamo fin qui svolto: mi riferisco ai problemi che riscontrate anche nella vostra relazione. Inizialmente avete parlato di un problema, di scambio di informazioni, o di lavoro sinergico tra Sogin e Autorità di controllo, afferendo questa difficoltà allo scarso personale a disposizione dell'ente di controllo. Vorrei capire meglio questo concetto, perché mi sembra interessante e opportuno. Uno degli assi su cui ci stiamo muovendo è il problema del mancato recepimento della direttiva, e della mancanza di legislazione adeguata a partire dalla pubblicazione dei decreti attuativi anche delle norme precedenti. Mi rendo conto che apro un capitolo infinito, però sarebbe utile un approfondimento al riguardo. Sulla centrale di Latina, la domanda che inizialmente volevo porvi, mi ha risposto ampiamente. Molto sinceramente, ho presentato interrogazioni sulla tempistica e sui costi della Sogin. Il dato generale è che sono passati moltissimi anni e non riusciamo ad andare avanti; l'obiettivo comune è risolvere un problema oggettivo. Una delle difficoltà che voi avete riscontrato in questi anni (lo abbiamo visto anche nelle audizioni precedenti) è il mancato coordinamento tra il MISE e il Ministero dell'Ambiente. Sul fronte, per esempio della carta, dei siti idonei per il Deposito nazionale, adesso la palla è un po' in mano alla politica. Volevo capire se poteva tornare sulle osservazioni, a cui pure avete accennato, che sono state fatte tra il 2015 e il momento attuale. Ci sarebbe molto utile per il lavoro che stiamo portando avanti.

  EMANUELE FONTANI, Amministratore delegato della Società gestione impianti nucleari (Sogin Spa). Sono tutte domande interessanti, io provo a risponderle in sintesi e poi ci riserviamo di intervenire, magari con una nota che vi consegneremo nei prossimi giorni (visto il dettaglio, ma anche un po' la tempistica che riguarda alcuni anni fa). L'aspetto dei tempi e costi di Sogin che cambiano e dei costi che lievitano. Sogin costa anche se sta ferma, perché deve mantenere la sicurezza dei siti nucleari; il mantenimento della sicurezza vuol dire «presidiare, fare attività di verifica, controllare», e di conseguenza «il non fare, il non avanzare» è già di per sé un costo. Il non avere autorizzazioni è di conseguenza un costo, o avere autorizzazioni estremamente lente. Oggi possiamo riferirvi ciò che constatiamo per quello che riguarda l'ente di controllo, che noi rispettiamo profondamente vista l'attività che ormai poche persone svolgono. Oltretutto, anche in un orizzonte temporale di medio termine, molti lavoratori sono prossimi alla pensione. Se proiettiamo lo smantellamento dei siti nucleari su un periodo di almeno quindici anni, con l'aggiunta del deposito, dobbiamo avere la certezza che fra 14, 13 o 10 anni, vi siano ancora risorse all'interno, e purtroppo notiamo che molti esperti in materia sono prossimi alla pensione. Quindi, l'augurio è rivolto alla sostenibilità a livello societario del business aziendale, ma anche e soprattutto al sistema Paese, affinché sia in grado di chiudere un ciclo del nucleare, di avere più sicurezza e di portare avanti una politica più attenta all'ambiente. È opportuno intervenire sull'ente di controllo favorendo ulteriori risorse, soprattutto personale giovane che possa entrare e fornire garanzie sul lungo periodo. Riguardo alla normativa, ci siamo focalizzati sulla direttiva EURATOM perché è l'aspetto più interessante. Stiamo parlando del recepimento di una direttiva di sette anni fa, che porterebbe il Paese a essere in linea con gli standard europei. Uno degli aspetti importanti per quanto riguarda la radioprotezione è il principio di giustificazione e di proporzionalità dell'intervento. Io posso occupare molte risorse per fare un intervento Pag. 17che vada «pro sicurezza» del Paese su rifiuti a bassissima attività, molto prossimi ai livelli di rilascio, la cui pericolosità per il singolo radionuclide è praticamente nulla perché non portano danni all'ambiente e alla persona. Si tratta molto spesso di livelli di radioattività quasi paragonabili alla radioattività di un sampietrino romano, o ad un altro materiale che possiamo trovare in qualunque città italiana, o in una cantina del viterbese. Di conseguenza, in un principio di giustificazione dell'intervento, sarebbe auspicabile andare nella direzione segnalata della direttiva EURATOM. Sugli altri aspetti che riguardano la carta e sul dettaglio delle nove revisioni, ci riserviamo di inviare una nota in cui andremo a esplicitare cosa è avvenuto dal 2015 ad oggi nello sviluppo delle nuove revisioni della CNAPI.

  MANFREDI POTENTI. Condivido alcune affermazioni fatte poc'anzi. Il non decidere ha un costo, e la politica è chiamata a decidere, non a delegare a terzi la possibilità di farlo. Tra l'altro, siamo anche ben retribuiti e per conto del mio partito esprimo quella che, purtroppo in alcuni momenti, è stata anche un po' la criticità che ci viene spesso rimessa come colpa. La domanda è questa: cosa faremo nel momento in cui scadrà il contratto che ci permette di allocare all'estero una parte di questi rifiuti radioattivi? In particolare, se non sbaglio, per la maggior parte si tratta del combustibile esaurito che attualmente allochiamo in Francia e in Inghilterra pagando delle cifre che mi risultano essere anche abbastanza consistenti. La pubblicazione della Carta delle aree potenzialmente idonee è un atto che la politica (in particolare i Ministeri competenti che dovranno rilasciare questo nulla osta) prima o poi dovrà compiere con delle inevitabili conseguenze politiche. In quel documento saranno individuate delle aree che, purtroppo per alcune popolazioni, potranno destare delle preoccupazioni: comprensibili? Può darsi. Immotivate? Vedremo. Si formeranno i comitati e cordate di sindaci che dovranno fare il loro lavoro di sindacato del territorio. Dobbiamo opportunamente decidere. Rimanere in questa fase di stallo non conviene, e non conviene neppure continuare a lanciare messaggi sbagliati alla comunità internazionale. I problemi che dobbiamo affrontare hanno avuto origine dalla rispettabilissima decisione derivata da un referendum popolare di non produrre più energia attraverso l'uso del nucleare. Vedremo poi in futuro se saranno introdotte nuove tecnologie che consentiranno di rivedere questa decisione del popolo, che va rispettato perché è sempre sovrano. Dobbiamo capire cosa faremo alla scadenza di questo rapporto contrattuale, perché a quella data il Deposito nazionale non sarà certamente usufruibile. Grazie.

  EMANUELE FONTANI, Amministratore delegato della Società gestione impianti nucleari (Sogin Spa). Ha sollevato un aspetto estremamente importante, e un potenziale rischio sia di tipo economico che politico per il Paese e per la società. Noi abbiamo dei contratti di riprocessamento che risalgono agli anni Settanta (nel caso inglese), e agli anni Duemila (nel caso francese). Sono contratti che prevedevano un rientro entro date compatibili con il Deposito nazionale. Gran parte della spesa, fino a oggi sostenuta. È stata quella per il riprocessamento (per tutte quelle attività che hanno consentito di separare uranio, plutonio rispetto ai prodotti di fissione, e condizionare i prodotti di fissione sotto forma di vetro). Il rientro è un qualcosa di cui ci dovremmo occupare. Il mancato rientro ha un costo importante – che in questo momento gradirei non citare in questa sede – visto che si tratta di una situazione legata a una trattativa in corso sia con i francesi e con gli inglesi. Quindi, descrivere una strategia di negoziazione alla Commissione prima ancora di averla messa in atto con i due Paesi è un po' complicato e ci potrebbe limitare nella trattativa. Stiamo parlando di otto cask che potrebbero entrare in 250-300 metri quadri di deposito, il problema potrebbe essere risolto in modo abbastanza semplice. All'interno della trattativa si può ipotizzare, sostenendo un costo, di mantenere i rifiuti dove sono o, qualora il costo risulti troppo elevato e poco in linea con lo stoccaggio e l'immagazzinamento, intraprendere altre vie. Stiamo parlando, Pag. 18 lo ripeto, di otto cask, di cilindri alti 4 metri e del diametro di 2 metri e mezzo, quindi facilmente trasferibili e ricollocabili altrove. Mi sento di dire questo piuttosto che citare cifre perché poi le cifre potrebbero andare ad inficiare una trattativa che è tuttora in corso.

  MANFREDI POTENTI. Una precisazione per sapere chi sta conducendo questa trattativa: direttamente Sogin Spa o la competenza è rimessa ai Ministeri e alle Autorità?

  EMANUELE FONTANI, Amministratore delegato della Società gestione impianti nucleari (Sogin Spa). Sogin ha un rapporto contrattuale, un rapporto societario. Noi abbiamo degli indirizzi che derivano da precedenti atti ministeriali che ci hanno portato a sottoscrivere i contratti o a gestirli in un determinato modo. Una diversa rinegoziazione che porti all'individuazione di soluzioni alternative non può prescindere da una discussione con i Ministeri, e molto probabilmente da un passaggio a livello governativo.

  MASSIMO VITTORIO BERUTTI. Ringrazio il presidente e l'amministratore delegato. La mia domanda è questa: esiste un piano strategico di prospettiva, temporizzato (naturalmente nel periodo del nostro mandato) per avere un quadro pronto entro il 30 giugno, con la prospettiva di poter avere anche la relazione in merito? Voi avete evidenziato la necessità di essere rifinanziati, diversamente noi svolgiamo un ruolo di analisi e di operato, credo molto importante per il valore di Sogin e del tema che tratta.

  EMANUELE FONTANI, Amministratore delegato della Società gestione impianti nucleari (Sogin Spa). Noi abbiamo intrapreso due azioni. Sogin, come società di Stato, lavora su una serie di atti governativi che ne hanno stabilito gli indirizzi, grazie ai quali, assieme ad ARERA, abbiamo elaborato il Piano a vita intera. Questo Piano riporta i tempi, i costi in relazione alla chiusura delle attività di smantellamento. Siamo inseriti all'interno di una Spa pubblica (come Spa pubblica non svolgiamo solo questa attività, ma anche altre attività sul libero mercato), di conseguenza dobbiamo coniugare gli aspetti relativi alla principale commessa nucleare con gli sviluppi futuri di questa società. Quest'anno Sogin compie vent'anni dalla sua fondazione. Per poter portare avanti il decommissioning, molto probabilmente ne serviranno quindici, ma dobbiamo anche assicurare un futuro ai nostri dipendenti. In quest'ottica stiamo cercando di sviluppare un piano industriale per venire incontro alle riduzioni di personale conseguenti alla parziale o totale chiusura di un sito (una volta raggiunto il decommissioning) e per implementare ulteriori azioni che diano stabilità economica e finanziaria alla società. Se andiamo a vedere le performance di questa azienda – e voi stessi ne avete sottolineato alcuni aspetti – per vari motivi, in passato, non sono state delle migliori. Abbiamo chiesto al consulente che ci sta supportando di sviluppare un cosiddetto «piano di turnaround», ossia un piano di completo cambiamento delle performance, un piano sostenibile in grado di recuperare i gap e di farci raggiungere gli standard internazionali. Nella vicina e moderna Svizzera (o vicina e moderna Germania) si calcola il tempo necessario a smantellare un impianto nucleare, si conosce il numero delle persone e la loro organizzazione, si sa quanto tempo ci vuole per fare una gara, quali sono i potenziali fornitori e come avviene il loro rifornimento. Fino ad oggi vi è stata sicuramente un'uguaglianza di costi, allineati con gli standard internazionali. All'opposto però si sono individuati dei gap interni, rappresentati da una ridondanza dei processi. Su quest'ultimo punto dobbiamo lavorare, coscienti che si può arrivare ad ottenere un risultato importante nel brevissimo termine: in meno di un anno Sogin dovrà riuscire a performare molto di più. L'impegno di questo consiglio d'amministrazione non è solo quello di immaginare il futuro da qui alla fine del decommissioning, ma anche di lavorare nel contingente. Vi sono già stati cinque consigli di amministrazione da Pag. 19quando ci siamo insediati, e nella stragrande maggioranza di questi abbiamo cercato di gestire contratti difficili, varianti contrattuali – che purtroppo ci sono – e di lanciare importanti programmi di bonifica ambientale come quello di Latina. Siamo tutti quanti focalizzati sul core business, e il piano industriale è focalizzato alla nostra missione che deve essere il più possibile efficace ed efficiente nel breve termine.

  TULLIO PATASSINI. Grazie, presidente. Ringrazio i rappresentanti di Sogin per l'audizione di oggi e per la documentazione che ci hanno inviato. Si tratta di un'occasione utile anche ad approfondire l'attività che è stata fatta e che il consiglio d'amministrazione, insediatosi da qualche mese, ha a cuore di fare. Tutto questo per dare un po' di vivacità a questo settore così particolare, nel rispetto dei tantissimi standard di sicurezza che seguite per la sicurezza dei dipendenti e dei cittadini. Volevo sapere se i rifiuti ospedalieri – attualmente se ne sta parlando tanto – vengono trattati in Italia o all'estero, visto che si tratta di rifiuti con un tasso di decadimento molto accelerato. La realizzazione del Deposito unico nazionale chiaramente non dipende da Sogin, ma dai Ministeri competenti che sono MISE e MATTM, un po' i convitati di pietra in questo momento, con cui immagino sia difficile per voi interloquire. Riguardo a CEMEX, lei ricordava che è in corso la gara per 128 milioni circa di euro, con ultimazione prevista nel 2023. Mi ricordo che in una precedente audizione si parlava di 100 milioni: perché c'è questa differenza di prezzo? Grazie.

  EMANUELE FONTANI, Amministratore delegato della Società gestione impianti nucleari (Sogin Spa). L'Italia ha all'incirca 300-350 produttori di rifiuti radioattivi che non sono impianti nucleari, ma laboratori di analisi che utilizzano sostanze radioattive come traccianti, industria e soprattutto centri ospedalieri. La tipologia di rifiuti radioattivi è molto particolare, vi sono sostanze tipo lo iodio, utilizzato per curare la tiroidite, che decade in settantacinque giorni e di conseguenza in meno di sei mesi può essere rilasciato nell'ambiente. Quello che Sogin attraverso la controllata svolge è soprattutto un lavoro di caratterizzazione finalizzata al rilascio. Ci sono altri rifiuti o sostanze radioattive tipo il fluoro che decadono in pochissimo tempo. Sono prodotti direttamente negli ospedali attraverso ciclotroni per applicazioni medicali. Questa tipologia di sostanze non costituisce rifiuto radioattivo, ma ci sono rifiuti radioattivi derivati dalla loro produzione. In Italia abbiamo mappato alcuni anni fa circa cinquanta ciclotroni medicali che hanno raggiunto una vita fra i dieci e i quindici anni e dovranno essere molto probabilmente sostituiti. Ci sono due o tre casi in Italia sulla città di Napoli e sulla città di Milano di tentativi di smantellamento di ciclotroni medicali finalizzati soprattutto a rilasciare gli schermi; il problema è che, comunque sia, anche questi sono rifiuti radioattivi, si dovrà cercare di fare di tutto per evitare che vadano al Deposito nazionale, tenendo conto che i radionuclidi coinvolti hanno un periodo di dimezzamento di circa quindici anni. Potremmo ipotizzare che in un periodo breve questo materiale sia rilasciabile. Cosa succede di questi rifiuti? Vengono collezionati da una rete che va sotto il nome di «servizio integrato». Sono delle aziende che aderiscono a un sistema che colleziona i rifiuti, li trasferisce presso lo stabilimento di Nucleco a nord di Roma. Questi rifiuti vengono trattati, condizionati – quindi, compattazione e cementazione – e messi all'interno di un deposito. Con il progredire degli anni il numero di rifiuti è aumentato e di conseguenza, visto che si prevede che comunque sia questo materiale continuerà ad essere utilizzato per applicazioni medicali, ci sarà necessità sicuramente del Deposito nazionale. L'unico segnale confortante è che negli anni la medicina sta lavorando per ridurre anche il quantitativo di rifiuto, quindi utilizzare radionuclidi a tempi molto più brevi perché possano essere ridotti i quantitativi di rifiuti radioattivi. Il problema maggiore è che i due radionuclidi più importanti utilizzati sono carbonio-14 e trizio che contrariamente a quello che si può ipotizzare hanno una pericolosità breve, ma un periodo Pag. 20 di dimezzamento molto lungo e di conseguenza per questi ci sarà da aspettare molto, contrariamente a quella che potrebbe essere invece l'idea di un rifiuto radioattivo ospedaliero. In questo quadro alla necessità Sogin di un Deposito nazionale, si aggiunge la necessità Paese del Deposito nazionale. Ad oggi abbiamo valutato in circa il 60 per cento l'occupazione del Deposito nazionale derivante dallo smantellamento degli impianti nucleari, mentre il restante 40 per cento è un problema Paese, un problema legato a tutti i produttori di materie radioattive che devono essere poi conferite al Deposito nazionale. L'altro aspetto che lei ci ha segnalato su Cemex riguarda i costi. Ribadisco la cifra di 128,5 milioni di euro come base d'asta di una gara che ci accingeremo a breve a lanciare. Cerco di ricostruire perché Cemex ha avuto una precedente gara con un preventivo che fu fatto all'epoca nel 2011 per 135 milioni di euro. Nel 2013 il contratto fu assegnato quasi a un 30 per cento di sconto, quindi nel 2017, quando fu sospeso il contratto, restava un residuo con i prezzi del contratto relativi allo sconto non tanto di 100, ma di ben 80 milioni di euro. La scontistica è stata del 30 per cento, l'inflazione dal 2011, prezzi a base d'asta, al 2020 è stata di circa l'8,3 per cento, e questo solo se guardiamo all'indice dei prezzi al consumo. Per i metalli, materiali particolari dell'industria nucleare, con la crisi determinata da Fukushima i prezzi sono notevolmente aumentati, vi rendete conto quindi di questa escalation dei prezzi. Proviamo semplicemente in modo molto matematico ad applicare un 40 per cento di sconto, quindi il 30 per cento di sconto dell'epoca che fu fatto dall'aggiudicatario e una rivalutazione dei prezzi dell'8 per cento. Applicando questo, dai 128 più o meno si arriva agli 80 milioni di euro del contratto originario, quindi riteniamo che oggi sarà il mercato a fissare il prezzo. Nel fare una base d'asta ci dobbiamo attenere ai preziari regionali che stabiliscono i prezzi di riferimento. Su questa base noi facciamo il prezzo di riferimento per poter andare in gara, anche sondando il mercato, ma i prezzi, lo ripeto, sono quelli di riferimento. Quindi confrontare oggi i 28 milioni di euro con gli 80 milioni di euro del residuo contrattuale sono cose che viaggiano su due parametri diversi. Dobbiamo invece confrontare eventualmente i 28 milioni di euro con i vecchi 135, meno il lavoro fatto che da 135 ci farebbe scendere, anche se questo 8-9 per cento di inflazione ci riporta oggi ai 128 milioni di euro. Quindi, riteniamo che, facendo semplicemente una valutazione dei grandi numeri, il prezzo sia in linea con i prezzi correnti di mercato, considerato anche il fatto che sono state verificate circa 16.000 voci di preziario.

  PRESIDENTE. Come Commissione siamo stati invitati dall'OCSE, abbiamo avuto anche un bello scambio di idee e affrontato varie questioni. Mi ha colpito particolarmente la volontà di alcuni Paesi, soprattutto dell'Est, di mettersi assieme per discutere di un'eventuale condivisione a proposito del deposito. Mi sono permesso di dire che anche l'Italia forse potrebbe partecipare a questo tavolo, voi ne sapete qualcosa? Sulla questione del nucleare credo che se non si metterà un punto ci sarà sempre una scusa per rinviarla e tutti questi ritardi producono una lievitazione dei costi: anche l'allineamento alla direttiva rappresenta un problema in questo senso. Quanto ha influito l'emergenza nazionale Covid-19 sul vostro lavoro? Potete dirci qualcosa riguardo all'indagine della DDA di Potenza su Rotondella, sul ritrovamento di materiale non radioattivo e di rifiuti, di materiali inquinanti nelle acque?

  EMANUELE FONTANI, Amministratore delegato della Società gestione impianti nucleari (Sogin Spa). Grazie presidente per le importanti domande che ci ha posto, probabilmente servirebbe un'intera ora per risponderle. Cercherò di fornire anche in questo caso una risposta generale ed immediata, poi ci riserviamo successivamente di rispondere nel dettaglio. Riguardo al materiale radioattivo che dovrà andare al Deposito nazionale, una parte va in smaltimento e una parte va in stoccaggio provvisorio in attesa di un deposito geologico. Il materiale italiano che dovrà andare al deposito Pag. 21 geologico è una porzione molto piccola per poter giustificare un investimento. Ragionevolmente si dovrebbe trattare di un deposito geologico da realizzare insieme a Paesi come, ad esempio, la Spagna, la Repubblica Ceca, l'Ungheria; insomma, Paesi che hanno piccole installazioni e la necessità, come l'Italia, di realizzare un deposito geologico. L'auspicio a questo punto è che si tratti di un deposito sovranazionale, quindi la decisione non sarà di Sogin, anche se noi stiamo monitorando quello che avviene nei Paesi confinanti per capire quale potrebbe essere la situazione più idonea a garantire un piccolo deposito sovranazionale, ma non così piccolo da risultare antieconomico. Nelle nuove revisioni sono stati riverificati tutta una serie di parametri: le aree militari, i criteri sismici e le evoluzioni nel tempo. Quando si realizza una struttura che dovrà avere una vita utile di trecento anni non si può pensare di modificare una potenziale carta o un requisito tecnico nove volte in cinque anni, altrimenti si diventa anche poco credibili. I requisiti, gli adeguamenti ci vengono forniti dai Ministeri e noi provvediamo a effettuarli rispettando la normativa in materia. Per il sistema Paese andare avanti con continue revisioni può anche destare qualche perplessità sulla possibile correttezza. Riteniamo che l'approccio sia stato tecnicamente corretto sin dall'inizio e che le revisioni effettuate assicurano la sicurezza del Deposito nazionale. Riguardo al recepimento della direttiva, noi abbiamo individuato tre punti estremamente critici che riguardano i limiti di allontanamento che non sono in linea con quelli europei. Fondamentalmente la tabella che riguarda gli allontanamenti oggi ci crea qualche difficoltà poiché si tratta di criteri più restrittivi rispetto a quelli europei. Dall'altro lato, l'articolo 54 della proposta inserisce un concetto di «limite annuo di rilasciabilità». Abbiamo bisogno di andare a leggere la nota che è stata preparata per capire che quel limite è un limite temporale. Se ci fosse un limite temporale, vorrebbe dire l'89 per cento di materiali rilasciati, un milione di tonnellate da rilasciare nell'ambiente per poter rientrare nel ricircolo. Si tratterebbe di cento-duecento anni di tempo per sito, visto che poi il quantitativo indicato nel testo normativo per quella tipologia di rilascio è un limite di alcune tonnellate. Per noi alcune tonnellate è un qualcosa che si riesce a rilasciare in uno o due giorni, soprattutto se in riferimento a materiale debolmente o assolutamente mai venuto a contatto con la contaminazione. Riguardo al Covid-19, abbiamo istituito una task force interna perché il grosso problema italiano e della stragrande maggioranza degli impianti nucleari, sia in decommissioning sia in esercizio, è quello di avere la concomitanza di un potenziale rischio nucleare assieme ad un'emergenza virale in corso. Di conseguenza, abbiamo messo in piedi un sistema molto particolare che prevedeva l'isolamento del 50 per cento del nostro personale che è stato mandato a casa in telelavoro o in formazione obbligatoria: mi riferisco soprattutto al personale operativo, pronto a intervenire su chiamata. Abbiamo avuto alcune difficoltà con i nostri fornitori che con il totale lockdown del Paese hanno avuto problemi di viabilità. Il problema maggiore sono stati gli alberghi, i ristoranti, tutta la cantieristica, come avvenuto nel resto del Paese, ne ha sofferto. Oggi siamo tornati a quasi il 100 per cento della forza lavoro esterna presente sui nostri siti e abbiamo messo in piedi delle procedure molto attente per prevenire i rischi di contagio. Abbiamo collaborato con i sindacati al fine di recepire i decreti emanati dal Governo e gli accordi conclusi tra lo stesso e le parti sociali. Ad oggi possiamo dire di non aver avuto eventi di contaminazione sui siti, sono state colpite solo poche unità, soprattutto nel nord Italia, e l'impatto sulla sicurezza è stato minimizzato. Riguardo all'indagine in corso della DDA di Potenza sull'inquinamento di falda del sito di Trisaia, ricordo che Sogin, attraverso un piano di monitoraggio delle acque di falda conseguente a una VIA, si è autodenunciata come soggetto non inquinatore per il superamento delle CSC (concentrazioni soglia di contaminazione) di trielina e cromo esavalente presenti nelle acque di falda del sito di Rotondella; in seguito, abbiamo poi continuato a svolgere attività di monitoraggio. Pag. 22 Nel 2017-2018 abbiamo realizzato un impianto di trattamento acque reflue; abbiamo un impianto per il trattamento delle acque di falda in esercizio, quindi restituiamo al corpo idrico del recettore superficiale acqua che ha avuto un abbattimento superiore al 98 per cento per questa tipologia di inquinanti. Inoltre, ci siamo messi a disposizione della magistratura per effettuare tutte le verifiche tra cui quella di eliminare una potenziale sorgente di inquinamento rappresentata da un tratto di una condotta che collegava un impianto non riconducibile all'impianto ITREC. È stata conclusa l'installazione dell'impianto e ci siamo fatti anche parte attiva con ENEA che invece si è intitolata la campagna di MISOP (messa in sicurezza operativa del sito) attraverso la realizzazione di una barriera. Ad oggi l'individuazione della sorgente primaria e anche del soggetto inquinatore non sono stati ancora portati a termine e noi continuiamo a sostenere che nel nostro sito, per la tipologia di attività che è stata svolta in passato, cromo esavalenti e trielina non facevano parte del processo produttivo. Abbiamo difficoltà anche a individuare noi stessi come soggetto inquinante in quanto da un lato la maggiore concentrazione di queste sostanze è fuori dal nostro sito su una porzione attigua al nostro stabilimento, dall'altro lato non abbiamo mai utilizzato queste sostanze nel processo produttivo.

  PRESIDENTE. Quindi, di fatto l'inquinamento è ancora in essere, non si è riuscita a trovare la fonte?

  EMANUELE FONTANI, Amministratore delegato della Società gestione impianti nucleari (Sogin Spa). In essere su una contaminazione di falda è un termine molto particolare perché si tratta di una falda contaminata a sette metri di profondità e come tutti i casi di contaminazione di falda il modo migliore è poterla lavare, aspettare che piova e inserire una barriera idraulica che fa sì che questa falda contaminata non si propaghi.

  PRESIDENTE. Attualmente non c'è nessuna barriera?

  EMANUELE FONTANI, Amministratore delegato della Società gestione impianti nucleari (Sogin Spa). C'è una barriera messa in opera da ENEA con un sistema di pozzi che fa sì che si limiti l'espansione della contaminazione di falda. Il sistema di pozzi è un sistema di captazione che è poi quello previsto nella MISOP del sito. È fondamentale identificare i termini di sorgente e il soggetto inquinatore, anche perché poi dovremo capire qual è stata la sorgente che ha causato l'inquinamento.

  GIOVANNI VIANELLO. C'è comunque una barriera sotto l'ITREC, una barriera geologica, perché in Basilicata non la conosceva nessuno?

  EMANUELE FONTANI, Amministratore delegato della Società gestione impianti nucleari (Sogin Spa). Ovviamente no. La Basilicata ha un grosso vantaggio, quello di avere un territorio dove c'è un forte isolamento della falda grazie alla presenza di una lente di argilla. Oltretutto in questo caso abbiamo una lente di argilla esposta a circa sette metri di profondità, quindi quello che molto spesso chiamiamo «falda» in realtà è un imbibimento superficiale di acque e di terreni, tanto che vediamo che questo tipo di falda è estremamente influenzato dalle condizioni meteo. Piove e di conseguenza aumenta il quantitativo, sale la falda, ma ad esempio si diluisce la contaminazione. Non piove, la falda si abbassa ed eventualmente la contaminazione è maggiormente presente. Quindi, questa lente ci garantisce di preservare la falda profonda, perché abbiamo questo importante strato di argilla. Effettivamente chi ha pensato negli anni Sesssanta di realizzare un sito, aveva scelto un sito idoneo, proprio perché in possesso di queste caratteristiche che più o meno sono tutte quante presenti nella stragrande maggioranza delle installazioni nucleari che sono state fatte tra gli anni Sessanta e Settanta. Dove non avevamo la lente di argilla, avevamo il diaframma che, fondamentalmente, è un sistema analogo che garantisce la non dispersione. Quel sistema era stato progettato per la radioattività, oggi è estremamente utile per tutti Pag. 23gli aspetti che riguardano invece la contaminazione da sostanze inquinanti tipicamente sostanze o metalli pesanti come il cloro o gli idrocarburi come la trielina.

  GIOVANNI VIANELLO. Quindi, abbiamo capito non si tratta della falda profonda, ma solo di quella superficiale? In quella profonda sapete se sono state fatte analisi?

  EMANUELE FONTANI, Amministratore delegato della Società gestione impianti nucleari (Sogin Spa). Tutti quanti i campionamenti sono al momento sulla falda di superficie perché il piano di campionamento identificava questo. Noi ci siamo mossi su un piano che era finalizzato alla VIA, che voleva verificare il nostro impatto sul sito in seguito alla realizzazione di determinate opere. Per il monitoraggio della falda profonda non deve chiedere a noi, ma ad ARPA per verificare quello che loro hanno trovato, soprattutto in prossimità del mare.

  PRESIDENTE. Un'altra questione sempre per quanto riguarda il tema dei costi. Lei ha detto che si sta anche vagliando la possibilità di mettere «l'alta radioattività» che viene da Francia e Inghilterra in un deposito provvisorio in attesa del deposito che poi sarà comunque temporaneo. Questo immagino potrebbe aumentare di tanto i costi e i tempi. Ho capito bene o no?

  EMANUELE FONTANI, Amministratore delegato della Società gestione impianti nucleari (Sogin Spa). Una delle domande di poco fa verteva su che cosa facciamo verso Francia e Inghilterra per limitare i costi dello stoccaggio. Possiamo negoziare. Nella negoziazione ognuno fa i propri interessi. Qual è l'elemento di rottura? Se costa troppo portare e tenere i rifiuti in Francia e in Inghilterra, noi oggi possiamo dire che si tratta di 8 cask. Possiamo pensare di trovare un'allocazione in un altro Paese che può costare di meno, possiamo trovare una collocazione eventualmente provvisoria in un sito italiano qualora ci sia dato mandato a poterlo fare; si tratta di aspetti da negoziare. Sono ipotesi che non mi sento di scartare, ma in un quadro più ampio in cui si tratta di svariati milioni di euro ogni volta che si affrontano questi argomenti di stoccaggio presso un Paese estero, dobbiamo a mio avviso, ma nell'interesse della società del contribuente pubblico, vedere quali sono tutte le possibili soluzioni da poter esplorare.

  PRESIDENTE. Non ci sono altre richieste di intervento. Grazie della lunga e dettagliata audizione. Ci teniamo aggiornati e buon lavoro.

  La seduta termina alle 16.15.