XVIII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 4 di Giovedì 14 maggio 2020

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Businarolo Francesca , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, sulla situazione nelle carceri a seguito dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 e sui recenti provvedimenti di scarcerazioni disposti dalla magistratura di sorveglianza (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento) :
Businarolo Francesca , Presidente ... 3 
Bonafede Alfonso (M5S) , Ministro della giustizia ... 3 
Businarolo Francesca , Presidente ... 8 
Bartolozzi Giusi (FI)  ... 9 
Businarolo Francesca , Presidente ... 9 
Bonafede Alfonso (M5S) , Ministro della giustizia ... 9 
Costa Enrico (FI)  ... 9 
Businarolo Francesca , Presidente ... 9 
Giuliano Carla (M5S)  ... 9 
Saitta Eugenio (M5S)  ... 10 
Businarolo Francesca , Presidente ... 11 
Paolini Luca Rodolfo (LEGA)  ... 11 
Cantalamessa Gianluca (LEGA)  ... 12 
Tateo Anna Rita (LEGA)  ... 12 
Businarolo Francesca , Presidente ... 12 
Tateo Anna Rita (LEGA)  ... 12 
Businarolo Francesca , Presidente ... 13 
Costa Enrico (FI)  ... 13 
Zanettin Pierantonio (FI)  ... 13 
Siracusano Matilde (FI)  ... 13 
Businarolo Francesca , Presidente ... 13 
Costa Enrico (FI)  ... 14 
Bartolozzi Giusi (FI)  ... 14 
Businarolo Francesca , Presidente ... 15 
Bazoli Alfredo (PD)  ... 15 
Businarolo Francesca , Presidente ... 17 
Maschio Ciro (FDI)  ... 17 
Businarolo Francesca , Presidente ... 18 
Varchi Maria Carolina (FDI)  ... 18 
Businarolo Francesca , Presidente ... 19 
Annibali Lucia (IV)  ... 19 
Businarolo Francesca , Presidente ... 19 
Vitiello Catello (IV)  ... 19 
Businarolo Francesca , Presidente ... 20 
Ferri Cosimo Maria (IV)  ... 20 
Businarolo Francesca , Presidente ... 21 
Conte Federico (LeU)  ... 21 
Businarolo Francesca , Presidente ... 23 
Bonafede Alfonso (M5S) , Ministro della giustizia ... 23 
Bartolozzi Giusi (FI)  ... 23 
Bonafede Alfonso (M5S) , Ministro della giustizia ... 23 
Bartolozzi Giusi (FI)  ... 23 
Bonafede Alfonso (M5S) , Ministro della giustizia ... 23 
Bartolozzi Giusi (FI)  ... 25 
Bonafede Alfonso (M5S) , Ministro della Giustizia ... 25 
Bartolozzi Giusi (FI)  ... 25 
Businarolo Francesca , Presidente ... 25 
Bonafede Alfonso (M5S) , Ministro della giustizia ... 25 
Bartolozzi Giusi (FI)  ... 25 
Bonafede Alfonso (M5S) , Ministro della giustizia ... 25 
Bartolozzi Giusi (FI)  ... 26 
Businarolo Francesca , Presidente ... 26 
Bonafede Alfonso (M5S) , Ministro della Giustizia ... 26 
Bartolozzi Giusi (FI)  ... 26 
Businarolo Francesca , Presidente ... 26 
Bonafede Alfonso (M5S) , Ministro della giustizia ... 26 
Bartolozzi Giusi (FI)  ... 26 
Bonafede Alfonso (M5S) , Ministro della giustizia ... 26 
Bartolozzi Giusi (FI)  ... 26 
Bonafede Alfonso (M5S) , Ministro della giustizia ... 26 
Bartolozzi Giusi (FI)  ... 27 
Businarolo Francesca , Presidente ... 27 
Bartolozzi Giusi (FI)  ... 27 
Bonafede Alfonso (M5S) , Ministro della giustizia ... 27 
Cantalamessa Gianluca (LEGA)  ... 27 
Businarolo Francesca , Presidente ... 28 
Cantalamessa Gianluca (LEGA)  ... 28 
Bonafede Alfonso (M5S) , Ministro della giustizia ... 28 
Businarolo Francesca , Presidente ... 28

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Cambiamo!-Alleanza di Centro: Misto-NI-USEI-C!-AC;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Centro Democratico-Radicali Italiani-+Europa: Misto-CD-RI-+E;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Popolo Protagonista - Alternativa Popolare: Misto-PP-AP.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
FRANCESCA BUSINAROLO

  La seduta comincia alle 13.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, sulla situazione nelle carceri a seguito dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 e sui recenti provvedimenti di scarcerazioni disposti dalla magistratura di sorveglianza.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, sulla situazione delle carceri a seguito dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 e sui recenti provvedimenti di scarcerazioni disposti dalla magistratura di sorveglianza. Ringrazio il Ministro Bonafede, accompagnato dal Capo del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, consigliere Bernardo Petralia. Al fine di assicurare un ordinato svolgimento dei lavori della Commissione, avverto che – secondo quanto convenuto in Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi – dopo l'intervento del Ministro ciascun gruppo interverrà per 7 minuti, potendo suddividere il tempo a propria disposizione tra più oratori.
  Invito, quindi, i rappresentanti dei gruppi che non l'abbiano già fatto, a far pervenire al banco della Presidenza, durante lo svolgimento della relazione da parte del Ministro, i nominativi dei componenti del proprio gruppo designati ad intervenire.
  Cedo ora la parola al Ministro della Giustizia, onorevole Alfonso Bonafede, per lo svolgimento della sua relazione.

  ALFONSO BONAFEDE, Ministro della giustizia. Grazie Presidente. Un saluto a tutti i componenti la Commissione. L'opportunità di un'audizione in questa prestigiosa Commissione è sempre motivo di orgoglio e si sostanzia in un reale momento di confronto in cui poter illustrare in modo approfondito le dinamiche rilevanti che riguardano l'azione del Ministero della giustizia. L'emergenza epidemiologica che sta colpendo l'Italia e il resto del mondo rappresenta davvero una calamità di portata del tutto nuova che ha inciso in maniera drammatica sulla vita e sulla salute dei cittadini così come sui modelli relazionali e strutturali che fino a questo momento eravamo abituati a seguire. Si tratta di un impatto allarmante quindi, la cui gestione non aveva precedenti nella storia della Repubblica, con la difficoltà insita nel fatto di dover necessariamente cogliere le evoluzioni scientifiche e mediche del fenomeno prima di ricercare e individuare i giusti strumenti per contrastare la diffusione del virus e fronteggiare così l'emergenza. Con riferimento al sistema carcerario, si assiste a una peculiare situazione nella quale da un lato la chiusura degli ambienti rende meno probabile il rischio astratto di contagio al suo interno, dall'altro lato la concentrazione di persone in uno spazio chiuso avrebbe reso la contagiosità molto alta nel momento in cui il virus fosse penetrato nelle strutture. Dunque, si è registrata l'estrema necessità di presidi di tutela sia per coloro che lavorano e vivono all'interno delle carceri sia per la collettività tutta Pag. 4nell'evitare che eventuali focolai avessero un impatto, sovraccaricando le strutture sanitarie. Già il 22 febbraio, con una prima circolare del capo del Dipartimento, la n. 61554, si disponeva il rispetto da parte degli istituti penitenziari e del personale delle indicazioni provenienti dal Ministero della salute, invitando allo stesso tempo ogni direzione a coordinarsi con le autorità sanitarie locali. Con la medesima circolare fu subito istituita l'Unità di crisi presso la Direzione generale dei detenuti e del trattamento, una risposta immediata che si è fin da subito caratterizzata per l'irrinunciabile collegamento con il Servizio sanitario nazionale. Vista la peculiarità degli istituti di reclusione, il primo obiettivo doveva necessariamente individuarsi nella chiusura delle porte del carcere al virus, intervenendo in maniera sistematica sui possibili veicoli di trasmissione dello stesso all'interno degli spazi detentivi. La limitazione dei colloqui si inseriva quindi naturalmente nel quadro complessivo dell'emergenza epidemiologica in atto, che già aveva condotto a livello generale ad un contenimento degli spostamenti sul territorio nazionale. Con l'articolo 2, comma 8, del decreto-legge 8 marzo 2020, n. 11, veniva disposto che i colloqui di persona dei detenuti fossero temporaneamente sospesi, sostituendoli con modalità di colloquio a distanza. Immediatamente, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP) si è adoperato per garantire l'effettività di tale modalità, autorizzando, già con la circolare del capo del Dipartimento del 9 marzo 2020, n. 80474, i detenuti appartenenti al circuito di alta sicurezza alla corrispondenza telefonica e ai video colloqui, concedendo un ulteriore colloquio telefonico mensile ai detenuti sottoposti al regime carcerario di cui all'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario con la previsione di specifiche cautele, come da circolare del direttore generale dei detenuti del 27 marzo 2020, n. 102543, e regolamentando i colloqui audiovisivi e telefonici tra il detenuto e il difensore, come da circolari della Direzione generale detenuti e del trattamento del 16 aprile 2020, n. 125401, del 30 aprile 2020, n. 141919, e del 4 maggio 2020, n. 144470, ma non solo. Rendere effettivi i colloqui a distanza significa anche garantire la dotazione tecnologica necessaria. Significa implementare la già concessa possibilità di utilizzare la piattaforma Skype per le videochiamate. Significa, infine, adoperarsi per compensare anche tutte quelle attività e azioni che i colloqui di persona permettevano. Il Ministero, tramite il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, si è mosso in tal senso, acquisendo 1.600 smartphone oltre ad altrettanti telefoni cellulari con forniture in via di completamento. Inoltre, si è provveduto concedendo ai detenuti in uso gratuito i servizi di lavanderia interni, autorizzando la possibilità di ricevere bonifici bancari online e aumentando i limiti di spesa per detenuto. Ci tengo a sottolineare come la limitazione ai colloqui di persona sia stata una misura successivamente adottata anche dagli altri Stati europei come in Francia dal 18 marzo, in Spagna dal 15 marzo e in Gran Bretagna nell'ultima metà di marzo. Altri rischi di contagio derivano dall'ingresso di nuovi detenuti, i cosiddetti «nuovi giunti» e dal personale che opera all'interno degli istituti. Per quanto concerne il personale in servizio, oltre alla distribuzione dei dispositivi di protezione, i controlli anche tramite termoscanner permettono di far scattare il divieto di ingresso per i dipendenti che presentano stati compatibili con il Covid-19 in attesa degli accertamenti definitivi nonché l'abbandono del posto di lavoro in caso di sintomatologia insorta durante il servizio. Numerose sono le disposizioni previste per sostenere il personale di Polizia penitenziaria o civile obbligato alla quarantena. Ricordo l'attivazione di reti wi-fi gratuite, l'esonero dal pagamento del canone per la durata della quarantena presso gli alloggi di servizio, l'assistenza psicologica da parte della Croce rossa italiana grazie all'apposito protocollo stipulato da quest'ultima con il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, l'erogazione di un sussidio economico per il personale che ha contratto il virus, l'aumento degli straordinari per gli agenti della Polizia penitenziaria e per l'intero personale non militare. Fin dal 25 febbraio, con Pag. 5la circolare del capo del Dipartimento n. 65630, è iniziata l'individuazione degli spazi idonei per l'isolamento sanitario e per effettuare il cosiddetto pre-triage nonché la predisposizione delle procedure per la fornitura dei presidi sanitari. In sinergia con la Protezione civile sono state installate 145 tensostrutture agli ingressi degli istituti penitenziari per permettere il controllo dei detenuti in entrata. In quegli istituti dove non è presente una tensostruttura, sono stati individuati appositi spazi interni. Le misure hanno permesso quindi di monitorare gli ingressi e di provvedere immediatamente all'isolamento nei casi di sospetto contagio, grazie all'individuazione di apposite sezioni da parte dei direttori degli istituti. È garantita poi assistenza sanitaria specifica per i soggetti contagiati con personale medico a cui è rimessa la valutazione circa la necessità di eventuale ricovero presso strutture sanitarie esterne. Cautele sono previste anche per i detenuti in uscita con l'obbligo di sottoporsi a visita medica. In caso di sintomi compatibili con il Covid-19 il protocollo prevede l'immediata segnalazione all'autorità sanitaria competente per territorio al fine della presa in carico del soggetto. Analoga procedura in ipotesi di trasferimento del detenuto, con la precisazione che in questo caso, laddove ritenuto necessario dal personale medico il tampone, viene dato corso al trasferimento soltanto all'esito negativo dello stesso. Alle misure elencate si aggiungono le costanti attività di sanificazione dei locali che hanno ospitato i detenuti contagiati o con sospetto di contagio. Come già detto sopra, è evidente che la concentrazione di persone comporta un aumento del rischio di contagio. Per questo motivo abbiamo ritenuto fosse necessario intervenire senza intaccare il principio della certezza della pena, ma evitando al contempo una congestione delle presenze dovuta al possibile malfunzionamento delle leggi vigenti. Per tale ragione, il Governo ha deciso di intervenire nell'ambito del perimetro normativo già esistente, in particolare quello della legge 26 novembre 2010, n. 199, semplificandone l'applicazione. La strada intrapresa, dunque, ha inteso rendere maggiormente efficace l'impianto normativo già esistente disciplinato dalla citata legge n. 199 del 2010 attraverso l'articolo 123 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (cosiddetto "Cura Italia"), che concerne tutti i detenuti con un residuo di pena da scontare pari o inferiore a diciotto mesi di reclusione. È importante sottolineare subito che dall'applicazione dell'articolo 123 sono esclusi i detenuti condannati per taluno dei delitti indicati dall'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e dagli articoli 572 e 612-bis del codice penale; i delinquenti abituali, professionali o per tendenza; i detenuti che sono sottoposti al regime di sorveglianza particolare; i detenuti che nell'ultimo anno siano stati sanzionati per alcune infrazioni disciplinari e i detenuti coinvolti nei disordini e nelle sommosse a far data dal 7 marzo 2020. La platea dei destinatari dell'articolo 123 del citato decreto-legge n. 18 del 2020 è dunque più ristretta rispetto alla legge n. 199 del 2010 e a fronte di un'attuazione più agile della norma comporta un controllo di sicurezza maggiore, grazie all'applicazione dei braccialetti elettronici, applicazione obbligatoria nel caso in cui la pena residua da scontare sia superiore a sei mesi. A ciò si è aggiunto l'articolo 124 del medesimo decreto-legge n. 18 del 2020 che per i condannati ammessi al regime di semilibertà prevede la concessione di licenze con durata fino al 30 giugno 2020, salvo che il magistrato di sorveglianza ravvisi gravi motivi ostativi alla concessione della misura. Con la circolare del Direttore generale dei detenuti e del trattamento del 21 marzo 2020, si prevedeva la trasmissione all'autorità giudiziaria da parte delle direzioni dei nominativi dei detenuti che si trovassero in particolari condizioni di salute al fine di garantire una completa informativa all'autorità giudiziaria stessa. Si registra che, alla data del 2 marzo 2020, il picco massimo di riferimento, la popolazione carceraria era di 61.235 reclusi mentre alla data del 12 maggio 2020 risultano in carico agli istituti di detenzione 53.524 persone, di cui 52.712 effettivamente presenti. Tale diminuzione è dovuta principalmente al calo notevolissimo di nuovi ingressi soprattutto nella «fase uno» dell'emergenza Pag. 6 Coronavirus. In realtà, il decreto-legge «Cura Italia» ha avuto un'incidenza molto ridotta. Si consideri, ad esempio, che mentre l'applicazione della legge n. 199 del 2010 e di altri istituti pregressi ha portato alla detenzione domiciliare di 2.348 detenuti, l'applicazione dell'articolo 123 del decreto-legge «Cura Italia» ha comportato la detenzione domiciliare di 903 persone. Le misure normative e sanitarie adottate hanno permesso di scongiurare nella «fase uno» la diffusione massiva del contagio nelle carceri italiane. Basti pensare che alla data del 12 maggio 2020 risultano accertati solo 130 detenuti contagiati, di cui due ricoverati in strutture sanitarie esterne. I detenuti guariti sono 77 e purtroppo deve essere segnalato il decesso di una persona. Segnalo poi che la quasi totalità di questi si trova nel territorio di competenza dei provveditorati delle tre aree geografiche più colpite, cioè il provveditorato della Lombardia, il provveditorato del Piemonte, Liguria e Val d'Aosta e il provveditorato del Triveneto, per un totale di 121 casi su 128 attivi e ristretti, a testimonianza dell'estrema efficacia delle soluzioni prese nella fase più acuta dell'emergenza. Prima di venire qui - perché quelli citati sono i numeri riferiti al 12 maggio 2020 - ho annotato il dato aggiornato a stamattina. Quello che mi risulta è che ci sono 110 detenuti positivi, quindi il numero è minore rispetto a quello che vi ho detto, di cui tre ricoverati, e 98 detenuti guariti. Quindi abbiamo già circa 20 detenuti contagiati in meno rispetto all'ultimo dato che vi ho fornito. Risultano zero contagi in Calabria, Lazio, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata e Sicilia, mentre un contagiato in Sardegna, in Emilia-Romagna e nelle Marche. Per quanto concerne il personale in servizio, sono, sempre al 12 maggio, 204 i soggetti accertati come positivi, di cui 28 tra il personale sanitario, quindi non afferenti all'amministrazione penitenziaria, 6 tra il personale amministrativo e 170 con riferimento alla Polizia penitenziaria. Delle 176 unità in carico all'amministrazione penitenziaria, cioè 6 del personale amministrativo e 170 della Polizia penitenziaria, 150 sono in isolamento presso la propria abitazione, 16 presso le caserme e 10 sono ricoverati in strutture sanitarie. I guariti sono 116 e purtroppo devono essere segnalati due decessi. Con l'inizio della «fase due», l'Amministrazione, sempre inserendosi nel contesto nazionale relativo alle limitazioni degli spostamenti tra regioni, ha iniziato le procedure per permettere la ripresa graduale dei colloqui visivi di persona. Fino al 30 giugno i colloqui con modalità in presenza saranno contingentati dal direttore del singolo istituto previa interlocuzione necessaria con il provveditore competente e con l'autorità sanitaria locale ai sensi dell'articolo 4, commi 1 e 2, del recentissimo decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29. Nel contesto della ripresa dell'emergenza si inseriscono i piani programmati, che in parte sono già attuati e in parte troveranno la propria realizzazione nei prossimi mesi. È stata disposta l'immissione anticipata di 1.100 nuovi agenti di Polizia penitenziaria di cui 300 hanno già preso servizio nella sede di destinazione. Circa due mesi fa, il 12 marzo, ho disposto con decreto la conclusione anticipata del centosettantesimo corso di formazione per gli allievi che porterà nei prossimi giorni all'ingresso di circa 800 nuove unità. La necessaria sinergia con l'autorità sanitaria, declinata anche attraverso l'istituzione di un tavolo interministeriale con il Ministero della salute, oltre a permettere un'uniformità delle procedure su tutto il territorio nazionale ha portato all'assunzione straordinaria di 1.000 operatori sanitari ripartiti tra i vari provveditorati. Le risorse inerenti il personale sono fondamentali, perché anche la cosiddetta «fase due» possa essere affrontata con il massimo sforzo da parte dell'amministrazione, considerando il graduale ripristino dei regimi abituali propri dell'universo penitenziario. Sottolineo che fin dall'inizio dell'emergenza è stato deciso di indirizzare una parte importante del lavoro dei detenuti nella produzione di mascherine. Ad oggi, già gli istituti penitenziari di Napoli, Reggio Calabria, Castrovillari, Bergamo, Milano San Vittore, Milano Opera, Milano Bollate, Monza, Vigevano, Forlì e Piacenza producono mascherine per uso interno. Presso la casa Pag. 7circondariale di Massa è presente una sartoria industriale capace di produrre 5.000 mascherine al giorno da distribuire alla cittadinanza. Abbiamo poi realizzato con il commissario straordinario del governo per l'emergenza Covid, il dottor Arcuri, che ringrazio pubblicamente, un progetto per la produzione industriale di mascherine. Questo progetto ha permesso di acquisire otto macchinari che saranno collocati negli istituti di Milano Bollate, Salerno e Roma Rebibbia già dalla prossima settimana. La produzione sarà indirizzata a garantire la fornitura dei dispositivi a tutto il personale che opera negli istituti di detenzione sull'intero territorio nazionale, ma anche, nel momento in cui il relativo protocollo sarà definito, a dare supporto materiale al restante personale del Ministero della giustizia. Accanto agli sforzi sul personale e sulle dotazioni di protezione, continua l'indispensabile operazione volta a incrementare i posti detentivi. Maggiori spazi equivalgono a maggiore sicurezza anche in ottica preventiva. Sono già 400 i nuovi posti resi disponibili nelle case circondariali di Lecce e Parma e nel mese di maggio, sempre secondo le previsioni del dipartimento, saranno attivi anche nuovi padiglioni a Trani e Taranto. Mi sono già soffermato sul decongestionamento della popolazione carceraria che ad oggi consta di 52.718 detenuti effettivamente presenti. A livello europeo, sostanzialmente tutti i Paesi hanno poi adottato misure analoghe a quelle italiane per limitare il rischio di contagi nelle carceri, intervenendo sul decongestionamento della popolazione detenuta. Stesso trend si è rilevato anche in molti Stati extraeuropei. Una parte dei provvedimenti di concessione di arresti o detenzione domiciliari è stata motivata non dall'applicazione della legge n. 199 del 2010 né tanto meno dall'articolo 123 del decreto-legge «Cura Italia», bensì da motivazioni sanitarie in virtù dell'applicazione degli istituti e delle norme sostanzialmente presenti da sempre nel nostro ordinamento. Per quanto concerne i detenuti sottoposti al regime di cui all'articolo 41-bis, comma 2, dell'ordinamento penitenziario, vale a dire gli appartenenti al circuito dell'alta sicurezza, gli ultimi aggiornamenti ci consegnano un risultato di 498 detenuti, di cui quattro relativi al regime di 41-bis non più ristretti negli istituti penitenziari. Di questi, 253 in attesa di giudizio sono agli arresti domiciliari, 195 in detenzione domiciliare, 35 affidati al servizio sociale. Sono le cifre che risultano dagli ultimi accertamenti, ma che sono in evoluzione; da quello che ho appreso dal DAP, comunque, la differenza si aggira intorno alle venti unità. Risultano cinque ai sensi della legge n. 199 del 2010 e sei ai sensi del decreto-legge «Cura Italia». Ripeto che queste cifre potrebbero avere uno scostamento dal dato reale - stiamo facendo gli accertamenti - di più o meno venti unità. Dovrebbe essere questo il quadro, in base alle comunicazioni di stamattina. Ci tengo a dire che, come tutti sappiamo, i due provvedimenti in questione - sia la legge del 2010, sia il decreto-legge «Cura Italia» - escludono esplicitamente la possibilità di accedere alla detenzione domiciliare per i detenuti condannati per i predetti reati. Tuttavia, sappiamo anche che la giurisprudenza individua lo scioglimento del cumulo: come ricordo a me stesso, si tratta dell'interpretazione giurisprudenziale in virtù della quale i detenuti in questione che, in presenza di più condanne, abbiano sostanzialmente – e permettetemi la brutale sintesi – già espiato la parte di pena relativa ai reati ostativi e dunque abbiano un residuo di pena non legato a quei reati, possono accedere ai benefici previsti per i detenuti comuni. La lotta alla mafia è prioritaria nell'azione del Governo ed è per questo che con il decreto-legge n. 29 del 2020 appena ricordato, abbiamo previsto che, per quanto riguarda i soggetti ristretti per delitti di criminalità organizzata di tipo mafioso, terroristico o per delitti di associazione a delinquere legati al traffico di sostanze stupefacenti o per delitti commessi avvalendosi delle condizioni al fine di agevolare l'associazione mafiosa nonché di detenuti internati sottoposti al regime previsto dall'articolo 41-bis della legge n. 354 del 1975, le scarcerazioni motivate da esigenze di carattere sanitario siano rivalutate alla luce del nuovo contesto epidemiologico per verificare se permangono o meno le Pag. 8condizioni che hanno giustificato l'uscita dagli istituti detentivi. Nel dettaglio si prevede che il tribunale di sorveglianza che ha adottato il provvedimento, acquisito il parere del procuratore distrettuale antimafia del luogo in cui è stato commesso il reato e del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo per i condannati internati già sottoposti al regime di cui al predetto articolo 41-bis, valuti la permanenza dei motivi legati all'emergenza sanitaria entro il termine di quindici giorni dall'adozione del provvedimento e successivamente con cadenza mensile. Si prevede tuttavia che la valutazione sia effettuata immediatamente e quindi anche prima della decorrenza dei termini sopraindicati nel caso in cui il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria comunichi la disponibilità di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta adeguati alle condizioni di salute del detenuto. L'autorità giudiziaria provvede valutando se permangono i motivi che hanno giustificato l'adozione del provvedimento di ammissione alla detenzione domiciliare o al differimento di pena nonché la disponibilità di altre strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta idonei ad evitare il pregiudizio per la salute del detenuto o dell'internato. Il provvedimento con cui l'autorità giudiziaria revoca la detenzione domiciliare o il differimento della pena è immediatamente esecutivo. Analogo meccanismo è previsto per coloro per i quali, ancora in attesa di giudizio, sia stata disposta la sostituzione della custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti domiciliari sempre per motivi connessi all'emergenza sanitaria. La norma segue immediatamente la circolare del direttore generale dei detenuti e del trattamento n. 136587 del 24 aprile 2020 - che prevede l'obbligo per i direttori delle carceri di trasmettere alla Direzione nazionale antimafia e alle direzioni distrettuali competenti le segnalazioni o istanze concernenti soggetti ristretti sottoposti al regime di cui all'articolo 41-bis o assegnati al circuito di alta sicurezza - e il decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, contenente la prescrizione che impone ai tribunali di sorveglianza di consultare sempre la Direzione nazionale antimafia e le direzioni distrettuali antimafia su ogni richiesta di scarcerazione per motivi di salute di detenuti per uno dei delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale. Successivamente, è stata emanata la circolare 2 maggio 2020, n. 144407, che invita i direttori degli istituti penitenziari a comunicare immediatamente al Dipartimento le istanze presentate dai detenuti sottoposti al regime di cui all'articolo 41-bis e appartenenti al circuito di alta sicurezza. Le suddette disposizioni hanno iniziato a dispiegare i loro effetti, dimostrando come lo Stato non indietreggi in alcun modo nella lotta alla criminalità organizzata. Martedì 12 maggio ultimo scorso già uno dei soggetti ammessi alla detenzione domiciliare ha visto revocata la misura ed è rientrato presso l'istituto di pena ai sensi dell'articolo 2 del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29. Ho concluso, presidente. Vorrei informare la Commissione - visto che ci sono - che, in relazione al fatto che alcune detenzioni domiciliari o arresti domiciliari sono stati concessi a persone soggette al regime di cui all'articolo 41-bis, mi sono premurato di chiedere un parere al Comitato tecnico scientifico in ordine ai rischi di tali soggetti rispetto al virus. Il Comitato tecnico scientifico ha risposto che: «in riferimento al quesito posto dal Ministero della giustizia relativo al potenziale maggior rischio di contagio rispetto a quello sussistente al di fuori del contesto detentivo da parte di SARS-CoV-2 dei detenuti sottoposti allo speciale regime dell'articolo 41, comma 2, dell'ordinamento penitenziario, il Comitato tecnico scientifico ritiene che tale rischio non sussista. Per maggior tutela dei detenuti sottoposti al suddetto regime detentivo si raccomanda che, in occasione dei colloqui con i propri avvocati, sia il detenuto che il legale indossino dispositivi di protezione e che vengano informati sul rispetto delle norme del distanziamento fisico». Ho concluso, presidente.

  PRESIDENTE. Bene, grazie signor Ministro. Ho qui l'elenco degli iscritti a parlare. Non tutti i gruppi si sono prenotati, quindi possiamo racimolare qualche secondo in più dal gruppo che non intende Pag. 9intervenire, vale a dire il Misto. Intenderei procedere secondo il metodo adottato in Assemblea con le informative, partendo dai gruppi maggiormente rappresentativi, cui seguiranno gli interventi dei gruppi meno rappresentativi. Ricordo che abbiamo deciso di stare entro i sette minuti per gruppo. Possiamo anche racimolare qualche minuto in più, però vi pregherei, anche per una questione di rispetto di quest'aula, di mantenervi entro i tempi stabiliti per dare a tutti il modo di intervenire. Do la parola sull'ordine dei lavori all'onorevole Bartolozzi.

  GIUSI BARTOLOZZI. Grazie presidente. Lei in parte mi ha anticipato. Le volevo chiedere proprio questo, vale a dire di sapere quanti e quali gruppi hanno chiesto di intervenire, e quanti sono i deputati per ciascun gruppo. Le chiedo quindi se per favore, ogni volta che chiama i gruppi, può dirci indicativamente quanti sono gli interventi, così da poter valutare, anche in base alle osservazioni che verranno fatte, se ci sarà la necessità di parlare o meno. Presidente, vorrei porre un'altra domanda per il suo tramite al Ministro, per comprendere se egli intenda rispondere oggi alle nostre domande o se si riservi di farlo - come di solito è avvenuto, ogni volta che l'abbiamo audito - in un'altra giornata. Vorrei comprendere se il Ministro intende rispondermi oggi: in caso contrario, è inutile che io parli a me stessa per poi interloquire con gli uffici che pur egregiamente lo appoggiano. Quindi, ci terrei a sapere se il Ministro ci risponderà oggi o se si riserva di pronunciarsi in separata sede. Grazie.

  PRESIDENTE. Ci è stata data - il Ministro mi ha confortato in questo - la disponibilità a una replica finale nella giornata di oggi, però ciò dipende anche da voi, e da quanto intendete parlare. Tutti hanno i propri impegni, compreso il nostro Ministro. La mia intenzione è quella di chiamare ad intervenire gruppo per gruppo, nel senso che ogni gruppo esaurisce il tempo a disposizione e poi si passa al successivo. Quindi, se sono previsti due interventi, uno dopo l'altro, il tempo complessivo sarà di sette o otto minuti. Se volete, posso darvi un'indicazione di massima quando sta per concludersi il tempo a disposizione, così vi aiuto. Tutto ciò ha la finalità di gestire al meglio la nostra seduta.

  ALFONSO BONAFEDE, Ministro della giustizia. Desidero chiarire che in realtà, tutte le volte che sono venuto molto volentieri nella Commissione Giustizia a confrontarmi – per me è un'occasione importantissima – mi sono sempre trattenuto, senza fare una cortesia ad alcuno, oltre il tempo previsto. Chiaramente, quando si tratta di un'audizione di fronte alla Commissione Giustizia della Camera dei deputati tutte le domande a cui posso rispondere in quel momento ricevono subito la risposta. Ci sono domande poi che richiedono un accertamento documentale o fattuale, visto che stiamo parlando di un'audizione alla Commissione Giustizia; quindi è normale che in quel caso o comunque quando il tempo non lo consente io mi riservi di dare risposta successivamente, per non voler costringere a un rapporto con i miei uffici da parte dei parlamentari. Non c'è peraltro alcun problema a che io torni personalmente.

  ENRICO COSTA (fuori microfono). Abbiamo visto come si è precipitato appena lo abbiamo chiesto!

  PRESIDENTE. Possiamo dunque procedere con gli interventi dei commissari. Come detto, inizierei dal gruppo che ha il maggior numero di rappresentanti, vale a dire il Movimento Cinque Stelle. Ho due iscritti a parlare, gli onorevoli Giuliano e Saitta. Io vi darò indicazioni sul tempo restante, in modo che possiate regolarvi. Do la parola alla onorevole Giuliano.

  CARLA GIULIANO. Grazie, presidente. Saluto il Ministro e saluto anche il dottor Petralia a cui rivolgiamo i migliori auguri di buon lavoro. Ringrazio il Ministro per la presenza qui oggi in Commissione in un momento molto delicato per il nostro Paese. Ministro, la ringrazio anche per la sua relazione illustrativa che ci conferma il Pag. 10grande lavoro che è stato fatto da lei, e dal suo Ministero in particolare in questo momento per il mondo carcerario. E' un'occasione importante per porre l'attenzione sull'incidenza che l'emergenza epidemiologica ha avuto e sta avendo in particolare sul mondo carcerario,. Si tratta di un'emergenza sanitaria che, dobbiamo ricordarlo, ha dimensioni planetarie e ha caratteristiche eccezionali e assolutamente imprevedibili. Questo è un aspetto che non deve essere assolutamente trascurato. Io mi soffermo sul dibattito in corso e sulle polemiche relative alle scarcerazioni che hanno riguardato anche condannati per reati molto gravi, perché è un dibattito che va ricondotto in un quadro serio, quello che lei oggi ci ha rappresentato. La serietà è imposta dalla delicatezza della tematica trattata, perché le strumentalizzazioni hanno il solo effetto di sfaldare e di indebolire le istituzioni e quindi il fronte antimafia. Quello che ci sta a cuore è l'unità e la solidità dello Stato e lei, anche attraverso gli ultimi provvedimenti, l'ha assolutamente dimostrato. La lotta alla mafia deve proseguire senza indugi anche nella fase di esecuzione della pena certamente, ma deve proseguire con senso di responsabilità e nel rispetto delle reciproche competenze e prerogative. Come lei ha ricordato anche in aula, la funzione giudiziaria infatti è esercitata in modo assolutamente indipendente e autonomo, però i magistrati sono ovviamente soggetti alla legge e ad essi la legge si impone. Quindi, innanzitutto, bisogna ribadire un aspetto che lei ha specificato quest'oggi, vale a dire che le decisioni della magistratura sono state assunte sulla base di un quadro normativo che è già presente nel nostro ordinamento e che è strutturale. La politica non può e non deve interferire in alcun modo, ma certamente deve prendere atto delle conseguenze che le norme producono. Quindi la politica ha innanzitutto l'onere di impartire in quello che è lo svolgimento dell'attività legislativa le regole che ritiene più rispondenti alla propria linea. E la sua linea, Ministro, e quella del suo Ministero, è indiscutibilmente improntata alla lotta incondizionata – e ce l'ha dimostrato oggi come in questi due anni – all'illegalità di ogni genere. A conferma di ciò, proprio nel pieno rispetto delle reciproche prerogative, il Governo ha adottato gli ultimi provvedimenti di cui lei oggi ci ha parlato – ovviamente noi li salutiamo con estremo favore –, finalizzati a fornire ai magistrati che dovranno poi assumere le loro libere decisioni un quadro molto più completo, affinché il bilanciamento di interessi tra il diritto alla salute e il reinserimento nel contesto mafioso di colui che si trova attualmente in carcere possa essere valutato avendo a disposizione tutti i dati e con una informativa più ampia possibile. A fronte di ciò, Ministro, le chiedo quali siano i riscontri che lei e il suo Ministero avete avuto a seguito dell'adozione degli ultimi provvedimenti. Grazie.

  EUGENIO SAITTA. Grazie, presidente. Ministro Bonafede, mi unisco anche io ai saluti al dottor Petralia a cui auguro buon lavoro e questo penso anche a nome dell'intero gruppo del Movimento Cinque Stelle. Ministro Bonafede, la sua presenza qui in Commissione è doverosa, perché ritengo che quando il Parlamento chiama, quando le Commissioni chiamano, il Ministro deve essere sempre presente o deve cercare sempre di essere presente. Purtroppo, non è una presenza scontata, perché altri ministri sono stati chiamati e non si sono mai presentati, adducendo anche futili motivi. E questo mi sembra indecoroso. Mi sembra una mancanza di rispetto di fronte all'attività parlamentare. Lei invece è stato presente, e non è la prima volta. E' stato presente infatti ai question time richiesti non da noi, ma dalle opposizioni, ultimamente da Fratelli d'Italia e Forza Italia. So che sarà presente anche in Commissione antimafia e questo è sicuramente un segnale è positivo. È un segnale di rispetto nei confronti del Parlamento. La questione epidemiologica è sicuramente senza precedenti. Ha stravolto l'ordinarietà dei lavori del Parlamento, del Ministero e del DAP. È una situazione senza precedenti. L'abbiamo visto anche da un punto di vista ordinamentale. Nella sua relazione è stato specifico nell'individuare la particolarità degli istituti penitenziari. Giocoforza gli istituti penitenziari sono estranei al mondo esterno, Pag. 11al mondo sociale, però è anche vero che molti fattori esterni entrano all'interno dell'istituto penitenziario. Faccio riferimento ai familiari dei detenuti in visita. Faccio riferimento al corpo della Polizia penitenziaria che vi lavora e al personale amministrativo. Quindi, ritengo quanto mai opportuni i provvedimenti che sono stati presi, anzi mi risulta addirittura che nessun istituto penitenziario sia stato chiuso. Non c'è stato alcun focolaio all'interno degli istituti penitenziari e questa sicuramente è la prova della validità dei protocolli e delle misure adottati e anche dell'impegno che abbiamo messo, che lei ha messo, per procurare dispositivi individuali di protezione alla Polizia penitenziaria in un momento emergenziale che riguardava non solo quel settore ma l'intera società e l'intera Italia. Su questo siamo stati modello anche per gli altri Paesi europei. Lei l'ha ricordato nella sua relazione. A tal proposito vorrei anche ricordare che la questione epidemiologica oggi può sembrare banale dal punto di vista dei provvedimenti da adottare. Si è trattato tuttavia di una situazione in continuo divenire e lei, Ministro, ha sempre «messo la faccia» nei provvedimenti che ha adottato, e di questo le do merito. Sui provvedimenti di scarcerazione non voglio dilungarmi rispetto a quanto già detto dalla collega Giuliano. Alcune decisioni della magistratura di ordinanza sono anche oggetto di attività ispettiva da parte del Ministero. Mi riferisco ad esempio al caso Zagaria. Su questo aspettiamo l'istruttoria finale. Da ultimo lei ha emanato due decreti, come ha già riferito la collega Giuliano. Non mi soffermo oltre, però a tal proposito vorrei domandare a lei Ministro Bonafede, o anche al dottore Petralia se è il caso, quali sono gli effetti dei decreti da ultimo emanati sull'organizzazione del DAP; quali iniziative concrete sono già state messe in atto e se vi sono in cantiere anche ulteriori iniziative per il rafforzamento del personale della Polizia penitenziaria o del DAP stesso. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Adesso per il gruppo Lega ho tre iscritti a parlare, Paolini, Cantalamessa e Tateo. Do la parola all'onorevole Paolini.

  LUCA RODOLFO PAOLINI. Grazie, presidente. Buongiorno Ministro, la ringrazio innanzitutto per l'esaustività delle informazioni che ci ha fornito. Le vorrei tuttavia rivolgere qualche domanda. In particolare, sappiamo tutti che molte delle scarcerazioni, soprattutto quelle di soggetti inseriti nel circuito di alta sicurezza, sono state motivate o co-motivate da ragioni di salute e segnatamente dal rischio in particolari soggetti di contrarre il coronavirus. Lei in parte ha risposto, in quanto ha detto che verso la fine di aprile sono stati incrementati i reparti di medicina protetta. Le chiedo però: l'emergenza coronavirus è stata formalmente proclamata a fine febbraio, primi di marzo, quindi sarebbe stato a mio avviso ragionevole e pretendibile che il Dipartimento e il Ministero si procurassero reparti autonomamente gestiti o formalmente richiesti alla sanità nazionale in cui ricoverare il prevedibile numero di persone affette dalla nuova insidia. Questo avrebbe avuto l'effetto, oltre che naturalmente di curare i bisognosi, di svolgere una generale funzione preventiva. In altri termini, il boss del tal paese spesso ha motivato la richiesta non tanto per ragioni di salute, o magari anche per quelle, ma soprattutto per tornare a casa. Se avesse avuto la prospettiva di essere semplicemente trasferito dal reparto di alta sicurezza del carcere di Milano, poniamo, al reparto Covid sempre dentro il carcere di Milano o comunque fuori dal suo abituale luogo di residenza, probabilmente non avrebbe fatto neppure il tentativo di ottenere la scarcerazione. Vorrei chiederle se questa funzione general-preventiva è stata tempestivamente attuata - dalla sua risposta deduco tuttavia che tale funzione è stata svolta a partire da aprile - e, in caso contrario, perché non avete potuto fin da febbraio fornire questo ulteriore supporto alla sanità penitenziaria, sia per evitare le scarcerazioni, che indubbiamente hanno dato una pessima immagine anche dell'amministrazione penitenziaria, ma soprattutto hanno rischiato di lanciare un pessimo segnale alle organizzazioni malavitose che hanno potuto esibire come trofei i loro boss o comunque affiliati ritornati sul territorio. Quindi cosa avete Pag. 12fatto fin da febbraio per incrementare la capienza del sistema sanitario protetto? Grazie.

  GIANLUCA CANTALAMESSA. Grazie, presidente. Saluto il signor Ministro e il dottor Petralia al quale va chiaramente il nostro augurio di buon lavoro per l'incarico che si appresta a svolgere. Signor Ministro, la gravità dei fatti accaduti mi impone di non tener presenti i buoni rapporti personali, perché quanto accaduto negli ultimi mesi ha messo in discussione il concetto di sicurezza percepito dai cittadini ma anche quello reale. Aggiungo che non credo personalmente che lei abbia mai avuto o abbia interessi diretti nelle scarcerazioni di mafiosi; ma forse questa è un'aggravante, perché dimostra la sua totale incapacità nel portare avanti il Dicastero: anche in questo caso lei ci ha fornito, come ha detto molto bene il mio collega Paolini, una relazione molto esaustiva, ma a noi oggi interessa sapere perché 456 mafiosi sono andati a casa. Di chi è la responsabilità? Perché il direttore del DAP si è dimesso? Perché lei ha accettato le dimissioni del direttore del DAP? Quindi vorremmo capire la situazione, avendo alcuni magistrati dichiarato che in questi mesi sono stati cancellati venti anni di lotta alla mafia. Ci sono persone che questa notte, andando a dormire, tornando nei loro palazzi, avvertiranno la paura, perché in quei palazzi ci sono boss mafiosi che sono tornati. E le persone sono costrette nuovamente, per una responsabilità oggettiva del suo Ministero e della sua conduzione, a salutare i boss che si affacceranno un'altra volta da quelle finestre. Noi vogliamo sapere perché Imola Oggi il 13 maggio deduce dalle frasi dette dal presidente della Commissione antimafia Nicola Morra eventuali pressioni che lei avrebbe subito dall'ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in merito alla nomina del dottor Basentini. Credo sia suo compito in qualità di Ministro fornire chiarimenti. Mi è stato insegnato dalla buonanima di mio padre che nella vita contano i fatti: credo quindi che 460 mafiosi per strada, 6.000 detenuti partecipanti a sommosse, quattordici morti e quaranta poliziotti della Polizia penitenziaria finiti in carcere dimostrino la sua totale incapacità. Per questo motivo la Lega ha presentato una mozione di sfiducia nei suoi confronti che verrà discussa la settimana prossima al Senato. Grazie.

  ANNA RITA TATEO. Grazie, presidente. Anche io auguro buon lavoro al dottore Petralia e mi associo a tutte le richieste, alle domande che sono state fatte dai miei colleghi Paolini e Cantalamessa, però c'è di più che il problema delle scarcerazioni. Caro Ministro, lei sostiene che non abbia delle responsabilità e ha dato queste responsabilità nei grandi discorsi che ha fatto sia alla Camera che al Senato in questi giorni, rispondendo a diversi magistrati, dicendo che non era sua, ma era di altri. Io non sono assolutamente d'accordo. Io ritengo che lei abbia delle grandissime responsabilità sulle scarcerazioni che sono avvenute e al di là di tutto io mi chiedo come mai ad oggi lei non abbia ancora posto rimedio a tutto ciò che sta accadendo nel Consiglio superiore della magistratura. Oggi su La Verità sono state pubblicate delle intercettazioni del dottor Palamara che mi hanno destato sconcerto e rabbia, perché lei in questi due anni da Ministro e anche prima quando era onorevole, diceva sempre che voleva una magistratura, che voleva un'Italia per merito. Oggi invece abbiamo avuto ulteriormente la dimostrazione di come all'interno della magistratura non ci sia assolutamente merito, di come si vada avanti per conoscenze, perché si partecipa a un determinato cerchio magico. Quando fai parte di quel cerchio magico puoi aspirare ad un determinato incarico, se non fai parte di quel cerchio magico evidentemente quell'incarico non lo potrai mai avere. Lei parlava anche del famoso sorteggio al Consiglio superiore della magistratura per essere...

  PRESIDENTE. Scusi, la interrompo. La inviterei a stare nel perimetro della nostra audizione. Grazie.

  ANNA RITA TATEO. È sempre strettamente collegato, presidente, alle questioni sulle scarcerazioni, perché è chiaro che Pag. 13tutto quello che è accaduto anche con il dottor Basentini, Di Matteo e Bonafede, riguarda sempre il tema delle scarcerazioni, perché Di Matteo ha rilasciato determinate dichiarazioni alla stampa, mentre sappiamo benissimo che tutto quello che sta accadendo all'interno della magistratura deve essere chiarito e se non lo chiarisce il Ministro della giustizia, certamente non lo posso chiarire io. Io sto riportando oggi ciò che ho letto sulla stampa e ciò che molti miei colleghi avvocati e magistrati mi chiedono. Mi chiedono chiarezza e trasparenza. Oggi questa chiarezza e trasparenza non c'è. Il tutto si è visto da come è stata condotta questa situazione di emergenza, incominciando dalle scarcerazioni dei boss. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Per il gruppo di Forza Italia sono iscritti a parlare gli onorevoli Zanettin, Siracusano, Sisto e Bartolozzi. Non vedo più però il deputato Sisto. Do la parola all'onorevole Zanettin.

  ENRICO COSTA (fuori microfono) Sisto non c'è. Al limite intervengo io.

  PIERANTONIO ZANETTIN. Grazie, presidente, Ministro Bonafede. Iniziamo con l'augurio di buon lavoro al dottor Petralia. Ministro Bonafede, le faccio una domanda diretta e precisa e la pregherei di darmi una risposta. Nella telefonata famosa del 3 maggio in diretta televisiva lei ha detto testualmente, le dico le parole precise: «di poter disporre delle intercettazioni effettuate dal Nucleo investigativo centrale, perché è un corpo della Polizia penitenziaria, Polizia penitenziaria che come è noto, è alle dipendenze del Ministero della giustizia». Ministro, è evidente che la Polizia penitenziaria e il Nucleo Investigativo Centrale (NIC), sono amministrativamente nella gerarchia e appartengono al Ministero della giustizia, ma il NIC che è un corpo speciale, ha invece uno speciale ruolo soprattutto di Polizia giudiziaria e quindi dipende funzionalmente dalla magistratura. Io la domanda diretta che le pongo è questa: «Chi le ha dato questa intercettazione»? Ci dica qual è il magistrato che le ha dato quell'intercettazione. Grazie.

  MATILDE SIRACUSANO. Grazie presidente. Grazie Ministro per la sua presenza. Spiace constatare anche in questa straordinaria circostanza che lei utilizza il suo Dicastero in modo assolutamente strumentale e propagandistico. Mi riferisco a quest'ultimo decreto che lei ha fatto, premessa l'incapacità gestionale di tutta la vicenda che ha occupato le nostre cronache, ma questo decreto, è una novità, oltre che essere propagandistico è completamente inutile. Quindi qual è lo scopo se non accollare la responsabilità di ciò che è accaduto solo sulla magistratura di sorveglianza? Lei sa bene, spero, che questo decreto serve a simulare solo ciò che i magistrati fanno, cioè le verifiche che i magistrati devono fare sulle scarcerazioni. Lei sa che i provvedimenti emessi dai magistrati di sorveglianza ai sensi del combinato disposto degli articoli 147 del codice penale e 47-ter dell'ordinamento penitenziario per i condannati dei reati del 4-bis sono già soggetti a una revisione. Sono a termine. Sono con verifica, quindi sono soggetti a essere modificati e quindi qual è lo scopo? Lei vuole solo scaricare sulla magistratura di sorveglianza le responsabilità di ciò che è accaduto. Perché non ha approfittato di questa circostanza così particolare? Perché non è solo il covid, bisogna pensare anche al dopo per fare una vera di ricognizione dei reparti clinici che sono necessari all'interno delle strutture carcerarie per curare i detenuti all'interno delle carceri. Io di recente sono stata a fare una visita nel carcere della mia città e ho visto che c'è un reparto di chirurgia, che è un'eccellenza, dismesso da quattro anni. Perché non occuparsi di questo che è veramente importante? Perché fare propaganda anche in questa circostanza? Poi si occupi veramente, Ministro, della Polizia penitenziaria. Ci sono organici sottodimensionati. Perché non si occupa di questo? Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola all'onorevole Costa che interviene al posto del collega Sisto.

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  ENRICO COSTA. Io vorrei innanzitutto evidenziare al Ministro, visto e considerato che il tema penitenziario noi lo abbiamo affrontato oggi in questa chiave emergenziale, che quando abbiamo avuto l'audizione del dottor Basentini noi avevamo toccato alcuni temi che erano più strutturali e poi il dottor Basentini non è mai più venuto ad aggiornarci né lei ha più toccato questo tema. Io dico che certamente ci sono queste situazioni acute da affrontare che lei ha affrontato in due tempi, avendo sulla scrivania già i dati delle scarcerazioni con un primo decreto che prevedeva in sostanza un parere della direzione antimafia e poi con un secondo decreto. Questo dimostra che probabilmente non c'erano le idee molto chiare, se è dovuto intervenire con due provvedimenti d'urgenza in due tempi, avendo già sulla scrivania i dati che aveva la Commissione antimafia, perché erano stati forniti dal DAP, quindi da lei. Quindi questa è una valutazione politica, però strutturalmente io devo dire che il tema delle carceri è un tema che va affrontato e, lo dico anche in occasione della presenza dottor Petralia, un tema più ampio. Noi abbiamo una presenza molto vasta di persone che sono in custodia cautelare nelle carceri. Abbiamo il fenomeno delle porte girevoli. Abbiamo la necessità di avviare due percorsi diversi, da un lato le persone in custodia cautelare che quindi si attendono di uscire in vista del processo, anche se questo non accade quasi mai o accade raramente e le persone che devono scontare una pena. Il lavoro nelle carceri è un tema che non è mai stato affrontato in modo strutturale, nel senso che noi vediamo le statistiche e il lavoro è al trenta, quaranta per cento, ma poi vediamo che lavorano alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria. Non lavorano per formarsi un bagaglio professionale successivo. Io, visto che oggi l'audizione attiene al tema delle carceri, chiedo al Governo se è intenzionato a prospettarci, a portare un piano ampio che sia anche di operatività finalizzata all'aspetto rieducativo, perché questo non c'è. Mi pare che voi abbiate soltanto paura di far sfuggire al vostro controllo, alla vostra impostazione mentale, il tema delle carceri, ma non pensate che il tema delle carceri è da affrontarsi in vista della successiva vita successiva quotidiana delle persone. Grazie.

  GIUSI BARTOLOZZI. Grazie, presidente. Modulerò l'intervento sulla base di quello che il Ministro ha detto nella relazione. Il Ministro ha parlato di 498 scarcerazioni, di cui quattro detenuti al 41-bis e gli altri in alta sicurezza, quindi parliamo non solo di mafia ma di criminalità organizzata e altro. Ministro, lei ha definito questi fatti un'emorragia e quello che io le imputo in maniera molto forte, netta e chiara è una grandissima responsabilità politica per la sua mancanza di strategia. Non ha effettuato quello che doveva fare sin dall'inizio dell'anno, quando è stato proclamato lo stato di emergenza – e cioè prima verificare, poi programmare e prevenire l'emorragia che ne è conseguita – sacrificando da una parte la magistratura di sorveglianza e scaricando anche l'apicale. Delle cose di facile intuizione cosa avrei fatto io quando si è verificata? Come andava affrontata? Lei dice che quello di cui all'articolo 123 è un meccanismo che sta nel «Cura Italia» e che non ha imposto alla magistratura di sorveglianza nulla, tanto meno di fare uscire mafiosi, ma io le chiedo: perché quando cita il «Cura Italia» lei non ha inserito all'interno dell'articolo 123 una disposizione normativa che regolasse lo scioglimento del cumulo e rendesse ostativi i reati per mafia? Evidentemente o non conosceva il problema o l'ha dimenticato, ma le chiedo ancora: perché non ha reinserito nel «Cura Italia» il doppio binario, quindi i reati di mafia di cui all'articolo 416-bis, capoverso, trattati in un modo, tutti gli altri in un altro. Perché non è intervenuto sulla modifica dell'articolo 4-bis, Ministro? Perché si è limitato a normare con tre decreti, quindi non anticipando l'emergenza, ma inseguendo l'emergenza, perché si è limitato a emanare tre decreti che poco hanno risolto la questione che allo stato in realtà hanno bisogno di ulteriori correttivi? Perché dico correttivi, Ministro? Perché specie il decreto n. 29 del 2020 secondo me rappresenta diversi profili di censura e di vaglio nei quali lei è incappato già con la Pag. 15legge in materia di anticorruzione da parte della Corte costituzionale. Primo, lei sdoppia la competenza tra magistratura di sorveglianza e giudice. C'è un nuovo criterio. Prima come qualcuno ha anticipato negli interventi, era il magistrato di sorveglianza che emanava il provvedimento, salvo poi che questo venisse ratificato e modificato dal tribunale. Qui lei dice: «Il tribunale di sorveglianza». Non si capisce se la magistratura o il tribunale introduce un nuovo caso di revoca che avrebbe effetti retroattivi. Ministro, le ricordo che ci si è imbattuto con la legge in materia di anticorruzione, ci si imbatterà nuovamente con questa normativa. Le pongo ancora due domande. Lei prevede che il decreto si applicherà dal 23 febbraio 2020. Perché non dal 31 gennaio, da quando cioè è stato dichiarato lo stato di emergenza, perché questa data differita? Da ultimo come fa a non prevedere nei casi di revisione dei provvedimenti l'instaurazione di contraddittorio con la difesa? Ministro, una buona politica, quella buona politica che lei avrebbe dovuto, se avesse conosciuto il problema, operare, manca. Manca adesso e purtroppo mancherà, perché le mancano, con tutta l'onestà intellettuale che credo di averle sempre rappresentato, le competenze per gestire questo grandissimo problema. Grazie.

  PRESIDENTE. Abbiamo finito con il gruppo Forza Italia. Risulta adesso iscritto a parlare, per il gruppo del Partito Democratico, il collega Bazoli.

  ALFREDO BAZOLI. Grazie presidente. Anch'io innanzitutto voglio rivolgere un saluto e augurare buon lavoro al consigliere Petralia, il nuovo capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, il quale avrà un lavoro importante da svolgere da qui ai prossimi mesi. Ringrazio il Ministro per l'audizione, per l'informativa e per la ricostruzione di ciò che è accaduto in queste settimane, che a mio modo di vedere ha contribuito a spazzare via molte delle falsità che sono state dette nell'ambito di una polemica politica legittima ma che, ogni tanto, ha travalicato secondo me gli aspetti di verità e di onestà intellettuale che dovrebbero essere sempre connaturati al confronto politico. Ciò che il Ministro ha detto oggi secondo me ha contribuito in qualche modo a dissipare molti dubbi e molte ombre. Intanto il Ministro ha ricordato quanto è stato fatto per cercare di gestire l'emergenza Covid-19 in carcere, ricordando che la preoccupazione che aveva accomunato tutti noi, maggioranza e Ministro, è stata quella di evitare che le carceri potessero trasformarsi in potenziali strumenti di contagio, visto che lì dentro il distanziamento sociale non è possibile e quindi occorre adottare tutte le misure che evitino il rischio di epidemie interne. Quindi, il Ministro ha ricordato i controlli in entrata e in uscita. Ha ricordato l'introduzione di colloqui tramite strumenti elettronici, evitando di conseguenza la presenza personale dei familiari. Ha ricordato anche le misure adottate per cercare di ottenere una deflazione della popolazione carceraria che anche noi ritenevamo e riteniamo una delle condizioni per tentare di evitare il rischio che la pandemia arrivasse all'interno dei penitenziari; e i numeri citati dal Ministro da questo punto di vista sono abbastanza eloquenti, perché la popolazione carceraria a inizio pandemia era di 61.000 detenuti; oggi ci dice che è di circa 52.700, quindi ci sono 8.500 detenuti in meno. Questo è dovuto in parte, come ha detto il Ministro, a una riduzione degli ingressi, perché i reati sono calati, e in parte anche all'applicazione delle misure adottate dal Governo, in particolare dell'articolo 123 del cosiddetto decreto «Cura Italia», anche se i numeri oggi riportati sono abbastanza contenuti con riguardo all'applicazione del citato articolo 123. Noi, come sa il Ministro, siamo stati e siamo dell'idea che in realtà quella misura, che consente l'applicazione della detenzione domiciliare per i detenuti che devono scontare fino a diciotto mesi, sia utile a garantire il deflazionamento della popolazione carceraria. È una misura che noi riteniamo andrebbe implementata e incrementata, se, come dice il Ministro, ad oggi ha prodotto risultati non ancora all'altezza delle aspettative, perché sappiamo che ammonta almeno Pag. 16 a 6.000 detenuti la platea di coloro che avrebbero potuto usufruirne. Crediamo che questo sia un lavoro da migliorare, anche perché il rischio è che, da oggi in avanti, la riduzione della popolazione carceraria fin qui registratasi possa cominciare ad avere un andamento inverso, perché con la fase due, la riapertura delle attività e la ripresa della vita ordinaria, per quanto possibile, è verosimile che gli ingressi in carcere cominceranno ad aumentare nuovamente; quindi c'è il rischio che la popolazione carceraria aumenti e che ci si ripresenti tra poco il problema al quale abbiamo cercato di ovviare in queste settimane, vale a dire quello di una sovrappopolazione rispetto ai posti disponibili che sappiamo essere circa 50.000. Quindi anche oggi, nonostante ci sia stata una riduzione, c'è una popolazione superiore ai posti disponibili. Il rischio è che con l'aumento degli ingressi questo avvenga ancora; quindi occorrerà secondo me concentrarsi ancora su una deflazione della popolazione carceraria, secondo noi cercando di far funzionare meglio anche l'articolo 123 del «Cura Italia». La relazione del Ministro ha anche consentito di dissipare i dubbi sul problema che abbiamo registrato in queste settimane e che ha, io credo giustamente, allarmato l'opinione pubblica, vale a dire il fenomeno della scarcerazione di alcuni detenuti anche con condanne significative sulle loro spalle. Ha dissipato i dubbi, perché il Ministro ha ricordato – ed è bene ribadirlo, perché ogni tanto nella polemica politica si è persa la verità di questi aspetti – che queste scarcerazioni non hanno nulla a che fare con i provvedimenti adottati dal Governo, in particolare non c'entrano nulla con le disposizioni contenute nel decreto «Cura Italia», vale a dire con gli articoli 123 e 124, con i quali si è inteso – come dicevo prima – cercare di deflazionare la popolazione carceraria. Le scarcerazioni non c'entrano nulla perché ovviamente si tratta di provvedimenti assunti dalla magistratura di sorveglianza in totale autonomia, ma senza applicare le norme previste dall'articolo 123; eppure, hanno giustamente preoccupato l'opinione pubblica perché effettivamente alcuni di questi detenuti hanno una carica di pericolosità sociale che avrebbe dovuto consigliare una valutazione diversa. E qui probabilmente si è registrata una falla del sistema alla quale abbiamo cercato di rimediare come maggioranza con i due provvedimenti che il Ministro ha ricordato e che, a nostro modo di vedere, non si prestano ad alcuna censura dal punto di vista della loro legittimità perché garantiscono alla magistratura di sorveglianza la totale autonomia di valutazione, semplicemente consentendo, da un lato, una rivalutazione alla luce dei fatti diversi legati alla fase due della pandemia nonché di eventuali nuove disponibilità di strutture all'interno dei penitenziari e, dall'altro lato, un'attività istruttoria più completa attraverso il parere delle direzioni distrettuali antimafia. Secondo me sono stati interventi utili che stanno producendo anche effetti positivi, da questo punto di vista. Ma io – e concludo, Ministro – credo che questa discussione sulla situazione carceraria dovrebbe consentirci di fare anche un piccolo passo in avanti, perché io ritengo che il tema della sovrappopolazione carceraria e della condizione dei detenuti sia un tema che deve tornare centrale anche nelle politiche del Ministero della giustizia. Nel momento in cui cesserà l'emergenza della pandemia o cesseranno gli effetti della nostra attività e delle misure adottate con i decreti-legge, noi non possiamo permetterci il rischio che si torni a un progressivo aumento della popolazione dei detenuti in carcere, riproponendo le criticità che la sovrappopolazione carceraria oggi comporta e ha comportato anche in questa fase di pandemia. Noi dobbiamo concentrarci e capire come intervenire in maniera adeguata su questo complessivo problema. Io penso che noi dobbiamo avere il coraggio di riprendere in mano una serie di iniziative che riguardano le misure alternative alla detenzione, che riguardano l'implementazione degli uffici di esecuzione penale esterna, che riguardano l'aumento di dotazioni organiche dei magistrati di sorveglianza, che riguardano tutte quelle strutture in grado di consentire una moderna concezione della pena anche nel nostro Paese. Si tratta quindi di favorire tutto Pag. 17ciò che va nella direzione di un ampliamento del ventaglio di sanzioni, che non sono solo quelle detentive, consentendo anche, in questo modo, di garantire una riduzione della recidiva che la detenzione invece purtroppo comporta: bisogna sapere infatti che le misure alternative riducono di molto la recidiva da parte delle persone che hanno scontato una pena. Quindi, io penso che anche le vicende di queste settimane debbano indurci ad andare con grande forza nella direzione indicata. È su questo che noi invitiamo la maggioranza e il Ministro a lavorare nelle prossime settimane. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Per Fratelli d'Italia intervengono i deputati Maschio e Varchi. Do quindi la parola al collega Maschio.

  CIRO MASCHIO. Grazie, presidente. Ovviamente sette minuti sono insufficienti per un confronto approfondito su temi così delicati, quindi cercheremo in questi pochi minuti di concentrare le questioni minime essenziali. In primo luogo, ovviamente, facciamo anche noi i migliori auguri di buon lavoro al dottor Petralia, con il quale auspichiamo ci possa essere un confronto più stretto e con risposte più chiare rispetto al suo predecessore. Come Fratelli d'Italia abbiamo più volte evidenziato il problema del sovraffollamento carcerario, segnalando come la soluzione non fosse quella di decongestionare le carceri liberando i criminali, ma fosse quella di adottare misure strutturali sia in tema di edilizia penitenziaria sia per quanto riguarda il personale, che consentissero in primo luogo alla Polizia penitenziaria, ai tanti agenti vittime di aggressioni in tutti questi anni, e ovviamente anche ai detenuti di poter stare in condizioni dignitose. Il tema principale su cui questo Ministero, anche nella sua precedente maggioranza giallo-verde, aveva fatto grandi promesse era quello del rimpatrio dei detenuti stranieri, che rappresentavano circa un terzo della popolazione carceraria. Ad oggi, purtroppo, questo tema è fallito miseramente, al di là dei proclami di inizio del vostro mandato. Venendo poi all'emergenza COVID-19, è evidente come il Governo sia stato colto impreparato nella sua gestione e abbia adottato misure tardive e insufficienti. Pensiamo solo al fatto che, rispetto alla proclamazione dello stato di emergenza il 31 gennaio, il primo lockdown importante è stato attuato solo il 9 marzo, quindi trentotto giorni dopo. Analogamente, il Ministero della giustizia si è dimostrato impreparato nella gestione dell'emergenza COVID-19 nelle carceri, nei tribunali e negli uffici giudiziari. Del resto, noi a gennaio e a febbraio eravamo costretti a parlare di prescrizione anziché essere concentrati su un'incombente emergenza che stava per esplodere. Infatti, l'edificio già pericolante del nostro sistema carcerario è crollato immediatamente quando è arrivata la pressione dell'emergenza COVID-19, alimentata anche, come abbiamo visto, purtroppo, dalla criminalità organizzata, che ha voluto sfruttare la situazione per aprire un fronte che ha portato a tutto quello che abbiamo visto. Ci dispiace molto che la risposta dello Stato alle rivolte nelle carceri sia stata tardiva, debole, inadeguata, e rappresenti ad oggi un'umiliazione delle nostre istituzioni, perché non sono state adottate misure efficaci nel reprimere quelle rivolte, lasciando immaginare che fosse tutto sommato conveniente a chi le ha animate metterle in pratica per guadagnare spazio nei confronti dello Stato e aprire il fianco alle conseguenze cui abbiamo assistito. Ne è conseguita poi la vicenda delle scarcerazioni dei mafiosi. Al di là del fatto che soltanto cinque siano stati i detenuti scarcerati in senso stretto ai sensi della legge n. 199 del 2010 o dell'articolo 123 del decreto-legge «Cura Italia», non c'è ombra di dubbio che il combinato disposto dei messaggi dati dal Governo con il citato decreto-legge, delle lacune di alcune norme, compreso l'articolo 123, e della circolare del DAP, scaricando poi la responsabilità sui magistrati di sorveglianza, abbiano aperto un fronte che in determinati ambienti ha fatto passare il messaggio che ci fosse un'opportunità da cogliere per liberare molti detenuti. Nel frattempo, le confesso che abbiamo assistito con enorme imbarazzo al Pag. 18suo intervento, non in questa sede, non in Parlamento, ma in uno studio televisivo, in un confronto con il dottor Di Matteo. Francamente è stato imbarazzante, anche perché in quel confronto, ripeto, televisivo, lei non è riuscito a dare risposte chiare e convincenti. Altrettanto grave è che un magistrato componente del Consiglio superiore della magistratura faccia determinate affermazioni in quella sede e non in altre. Mi avvio a concludere per non sottrarre tempo alla collega. Mentre il Ministro era distratto da queste vicende, nel frattempo, l'11 maggio riaprivano i tribunali, e anche qui abbiamo riscontrato caos e difformità tra un ufficio giudiziario e l'altro, tra un distretto e l'altro, nell'applicazione di protocolli chiari per la gestione dell'emergenza che ancora non ci sono. Avrei altre cose da dire, ma devo lasciare spazio alla collega. Con un'ultima domanda mi avvio alla conclusione: come cambierà la gestione dell'ordinamento penitenziario del sistema carcerario con l'incarico al dottor Petralia e l'avvicendamento con il predecessore Basentini?

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola alla collega Varchi.

  MARIA CAROLINA VARCHI. Buongiorno a tutti. Io sono soddisfatta a metà dell'accoglimento della richiesta che oltre due mesi fa avevo avanzato in questa Commissione al Ministro, perché la ritengo tardiva. La ritengo tardiva perché credo che la sede istituzionale, la Commissione giustizia, sia il luogo deputato ad affrontare alcuni aspetti più tecnici che vedono impegnato il Ministero della giustizia. Ecco perché avevo richiesto l'audizione del Ministro prima che la situazione, come si suol dire, degenerasse, come abbiamo potuto constatare nelle ultime settimane. La ritengo, tuttavia, tardiva perché, già dall'inizio di questa emergenza, io mi ero fatta portavoce di una situazione di allarme che arrivava dalla popolazione penitenziaria considerata nel suo complesso, quindi dai detenuti, dagli uomini e dalle donne che vestono la divisa della Polizia penitenziaria e dagli uomini e dalle donne che con altri ruoli si recano a lavorare quotidianamente all'interno dei nostri istituti. È evidente che qualcosa non ha funzionato. Non serve corroborare questa mia affermazione se non richiamando le intervenute dimissioni del dottor Basentini, che da sole spiegano e dimostrano che più di qualcosa forse non ha funzionato. Però ci sono stati alcuni episodi che io pure ho richiamato in alcune interrogazioni: al personale che si recava negli istituti penitenziari non è stato fornito per tempo tutto il materiale necessario alla loro protezione; non sono stati forniti adeguati protocolli per la prevenzione e il contenimento della diffusione del coronavirus. E ancora si sono verificati alcuni episodi che io ho portato alla sua attenzione, Ministro, con una specifica interrogazione: il caso dell'ex deputato regionale siciliano Ruggirello presso il carcere di Santa Maria Capua Vetere o ancora il caso dell'ispettore capo che da Bollate ha denunciato la situazione nella quale si trovava a fronteggiare l'avvenuto contagio da coronavirus. Sono episodi spia di una situazione preoccupante che noi di Fratelli d'Italia abbiamo denunciato per diversi mesi. Non è il momento né la sede di individuare capri espiatori. Certamente io ritengo che questa, e non una trasmissione televisiva, sia la sede nella quale lei, signor Ministro, debba rendere conto del suo operato a chi rappresenta i cittadini. Ho trovato molto scomposta quella vicenda che secondo me non ha fatto bene alle istituzioni che non solo lei rappresenta. La mia domanda, per avviarmi alla conclusione, è: a fronte di tutta una serie di episodi scaturiti anche dalla gestione dell'emergenza in sede penitenziaria, alla luce delle manifestazioni, dei tumulti, delle rivolte che si sono verificate all'inizio di marzo, io chiedo di sapere qual è lo stato dell'arte all'interno degli istituti penitenziari in ordine alla protezione del personale che lì presta servizio e della popolazione detenuta e al rispetto di tutte quelle garanzie che lo Stato deve continuare a mantenere inalterate nei confronti dei detenuti. E mi riferisco in particolare a coloro che sono ancora sub iudice e che quindi hanno la necessità di svolgere interlocuzioni Pag. 19 con i difensori e di avere contatti con l'esterno. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Per Italia Viva intervengono Annibali, Vitiello, Ferri. Do la parola alla collega Annibali, prego.

  LUCIA ANNIBALI. Grazie, presidente. Buon pomeriggio, Ministro. Rivolgo un saluto anche da parte mia, da parte nostra, al dottore Petralia a cui facciamo gli auguri di buon lavoro, un lavoro sicuramente delicato e importante. Ministro, noi l'abbiamo avuta in Aula due giorni fa, credo. E sul tema delle carceri, al di là della polemica televisiva che mi interessa relativamente, noi abbiamo espresso, mi sembra, come sempre, in modo molto chiaro e netto, quello che è il nostro pensiero rispetto a una generale gestione degli istituti penitenziari, che poi si è andata a scontrare con l'emergenza COVID-19. Noi riteniamo – e mi sembra che i fatti poi lo abbiano dimostrato, come anche le dimissioni del precedente capo del DAP – che in realtà le due questioni siano andate a scontrarsi e che quindi il COVID-19 abbia sostanzialmente messo in luce una mancanza di gestione ordinaria che poi ne ha subito le conseguenze. Questo mi sembra evidente. Lei questa mattina ci ha fatto una relazione come se in questi mesi nulla fosse avvenuto. Ricordiamoci che ci sono state delle rivolte, cioè ci sono stati fatti comunque importanti. Io sono d'accordo che il tema delle scarcerazioni vada ricostruito all'interno di quelli che sono i principi di legge costituzionali; quindi non strumentalizziamolo da alcun punto di vista, non scarichiamo le responsabilità, non introduciamo dubbi, questi sì strumentali, sul lavoro della magistratura di sorveglianza che credo invece, Ministro, l'abbia aiutata molto nella necessità, già strutturale, ma ancor più stringente in questo momento particolare, di mettere mano al tema del sovraffollamento. Quindi, quando ne parliamo, bisogna farlo in termini corretti e rispettosi, da ambo i lati. Io ho sentito affermazioni che onestamente ho ritenuto abbastanza gravi. Ministro, lei ha parlato dell'articolo 123 del decreto-legge «Cura Italia». In queste settimane, anche con le altre forze di maggioranza, abbiamo lavorato su diversi tavoli, chiedendo di rendere le misure ancora più incisive. Qui c'è forse una contraddizione. Lei dice che pochi detenuti sono usciti grazie all'articolo 123. E allora io mi chiedo: cosa pensa del tema generale del sovraffollamento? Quando parliamo di sovraffollamento carcerario, dobbiamo anche restituire una ricostruzione veritiera di quella che è la popolazione carceraria nel suo complesso, che è fatta non soltanto di detenuti di alta sicurezza, ai sensi dell'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario, ma, per la maggior parte, di detenuti che scontano pene molto più lievi. Di questo bisognerà farsi carico. Come ci dice anche il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale – l'ha detto pochi giorni fa – sicuramente l'epidemia non è ancora sventata. C'è il rischio di un ritorno dell'epidemia. Come c'è il rischio di un ritorno per il Paese, c'è naturalmente anche per gli istituti penitenziari, tanto più per le caratteristiche degli istituti penitenziari; e quindi bisognerà porsi il problema di come affrontare un eventuale ritorno. Questo è un aspetto. Credo anche che nel voler andare avanti e ripristinare i colloqui in presenza – questo lo apprezzo – si dovrà anche ragionare sul ripristinare, per esempio, le attività del volontariato dentro alle carceri. Quindi, vorrei sapere come si intende affrontare un eventuale ritorno dell'epidemia e poi, più in generale, cosa si intende fare per affrontare e risolvere il problema del sovraffollamento, attraverso interventi che siano strutturali e lungimiranti e che tengano conto di tutto quello che ci siamo detti in questi giorni e che noi abbiamo chiesto anche in Aula rispetto di una funzione rieducativa della pena. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola al collega Vitiello.

  CATELLO VITIELLO. Grazie, presidente. Mi associo agli auguri al dottor Petralia da parte della mia capogruppo e a tutte le considerazioni da lei svolte. Voglio aggiungere un'osservazione e due richieste specifiche. Pag. 20 Inizio con l'osservazione, che probabilmente le strapperà anche un sorriso dolce e amaro, Ministro. Il 3 maggio io ero dalla sua parte, e le spiego anche il perché: chiunque attenti allo Stato di diritto, che sia un quisque de populo o qualcuno che riveste un ruolo istituzionale – a mio parere è ancora peggio se l'attacco arriva da chi riveste quel ruolo – secondo me fa una cosa gravissima, compie un atto gravissimo. E io sto dalla parte della vittima, di chi subisce l'attacco allo Stato di diritto, che in questo caso ricopre le vesti di Ministro della giustizia. Certo, la difesa a oltranza non mi è mai piaciuta e deve essere sempre giustificata da una serie di comportamenti. Io avrei evitato di rispondere in quel modo. Si tratta di un atto discrezionale. Lo doveva fare, lo doveva ribadire dall'alto dell'autorevolezza che le deriva dal ruolo che riveste, evitando di ricorrere a una serie di spiegazioni che poi non hanno spiegato alcunché. Mi permetto di suggerirle questo anche per la prossima volta. Un atto discrezionale resta un atto discrezionale. Lei non deve dar conto ad alcuno di ciò che decide. Tutto quello che invece fa dopo, nel tentativo di giustificare un comportamento, una scelta, va soltanto a suo detrimento. Questo glielo dico perché accadrà ancora, è inevitabile. Detto questo, aggiungo un altro elemento, sempre con riguardo alla medesima osservazione: non si può certamente sostenere la difesa facendo ricorso a quello che lei ha fatto, Ministro, in materia di anticorruzione e prescrizione, che sono un po' gli atti simbolo del periodo. Perché? Vede, noi siamo stati molto critici nei confronti di quei provvedimenti, in particolare di quello sulla prescrizione, ma anche di quello sull'anticorruzione. Con riguardo a quest'ultimo, non è in questione l'obiettivo della norma, che deve essere sposato da tutte le forze politiche – ci mancherebbe altro. Tuttavia, all'interno di quel provvedimento ci sono alcune abnormità come l'intervento recato dall'articolo 323-ter del codice penale. Ce ne renderemo conto nel corso dell'applicazione in concreto. Mi riferisco anche all'abuso dell'articolo 190-bis del codice di procedura penale. Il doppio binario è l'eccezione, non la regola. Io mi aspetto dal Ministro della giustizia, anche nella prossima riforma del processo penale, che badiamo all'ordinarietà e non alla straordinarietà della misura del doppio binario. È questo che fa la differenza. Ora passo alle due richieste specifiche: vorrei sapere se il Ministro ritiene che sia possibile spendere quota parte delle risorse che arriveranno, anche usando eventualmente quelle relative al Meccanismo europeo di stabilità, per adeguare il livello sanitario delle nostre carceri, considerato quello che è successo a Sassari. La magistratura di sorveglianza va difesa perché in quel contesto ha fatto una richiesta ben specifica: datemi l'istituto penitenziario che garantisce la tutela della salute di questo individuo detenuto, che è comunque un cittadino come altri, anche se è recluso. Insomma, bisogna tutelare la salute e bisogna farlo all'interno degli istituti penitenziari, quando questo è possibile. Rendiamolo possibile grazie ai soldi che arriveranno. Seconda richiesta: Ministro, lei ha deciso, unitamente al Governo, con l'articolo 83 del decreto-legge «Cura Italia», che tanto ci ha fatto discutere anche in Commissione, di demandare ai singoli capi degli uffici – mi riferisco ai presidenti dei tribunali e ai presidenti delle corti di appello – di regolare l'accesso ai luoghi. Mi permetto di fare una notazione: abbiamo contato duecento protocolli in tutta Italia, che creano veramente uno stato di fortissima agitazione. Ministro, Lei avrà visto, come me, le fotografie dei colleghi che fanno la fila la mattina per entrare all'interno dei tribunali per andare a lavorare, e questo secondo me non è giusto. Occorre dare un protocollo unico, che sia anche intelligente, su quello che si può e non si può fare all'interno dei tribunali. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola al collega Ferri.

  COSIMO MARIA FERRI. Grazie, presidente. Arrivo subito al dunque. Le consiglio, Ministro, la lettura di un articolo di oggi a firma di Roberto Scarpinato su Il Fatto Quotidiano, perché l'ho trovato molto equilibrato. Lì sono spiegati davvero gli Pag. 21errori che sono stati commessi. Ce lo siamo detti tante volte: quello che voglio sottolineare è che, quando si parla di giustizia, non si può andare avanti né con gli slogan né con le dirette Facebook. Ci sono in gioco i diritti, le tutele dei diritti. C'è un diritto alla difesa, c'è un diritto alla salute e c'è anche il principio della certezza della pena. Ministro, lei da una parte sventola la legge sulla prescrizione e parla delle vittime, mentre delle vittime di mafia non le interessa alcunché. Deve pensare a cosa significa differire l'esecuzione della pena a Pasquale Zagaria e a Cataldo Franco. Badi bene che non c'è solo il tema dell'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario; si pone anche una questione di alta sicurezza. Nell'alta sicurezza – lo voglio ricordare non a lei, ma a chi ci ascolta all'esterno – rientrano anche tutti i condannati e i detenuti per il reato di partecipazione ad associazione di tipo mafioso di cui all'articolo 416-bis del codice penale e per i reati aggravati ai sensi dell'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni dalla legge 12 luglio 1991, n. 213, che interviene anche in materia di criminalità organizzata. Quindi il tema non è solo quello dell'articolo 41-bis. Allora, Ministro, alle vittime di mafia cosa vuol dire oggi? L'altra cosa che voglio sottolineare è che da parte sua non ho mai sentito dire (beato lei): «Ho sbagliato, ho commesso un errore, ho sottovalutato». Nell'articolo che le ho segnalato, giustamente si fa riferimenti all'articolo 11 dell'ordinamento penitenziario. Nell'articolo 11 è scritto cosa si sarebbe dovuto fare. Nel momento in cui scoppia l'emergenza sanitaria, lei si deve occupare di carceri e di tribunali. Questi sono i temi. Si pone anche un problema di diritto di difesa e di revoca. Voglio vedere quali questioni verranno sollevate; quindi non vanno bene neanche i suoi ultimi interventi. E poi esiste il tema del personale penitenziario. Io voglio ringraziare la Polizia penitenziaria e i direttori, perché hanno gestito un'emergenza davvero drammatica, con morti, con distruzioni di carceri e con tutto quello che abbiamo letto sui giornali. Ministro, la invito allora – e lo dico anche al nuovo capo dipartimento – ad assumere tutti gli idonei dei vecchi concorsi. Abbiamo, per esempio, 375 ragazzi più altri 80 che hanno fatto il concorso nel 2011, con una graduatoria che scade il 30 settembre 2020, e che sono stati dimenticati. Allora andiamo a rivedere anche le vecchie graduatorie, assumiamo gli idonei e cerchiamo di dare forza alla Polizia penitenziaria, al Gruppo operativo mobile (GOM) e al Nucleo investigativo centrale, e di credere di più nei loro mezzi. Ministro, si assuma una responsabilità, dicendo che non ha saputo gestire l'emergenza sanitaria. Ammetta che c'è anche una responsabilità politica nella scarcerazione dei boss mafiosi, perché è così e ci sono le norme che lo dicono. Invece, con la circolare del 21 marzo lei ha scaricato tutto sui magistrati di sorveglianza, che devono tener conto delle relazioni sanitarie; quindi si è trattato di un tira e molla, di un rimpallo, in cui si è detto: «Arrangiatevi, per noi è così». Invece, la questione andava risolta, dal punto di vista organizzativo, con le strutture sanitarie esistenti, come abbiamo fatto noi per i casi di Totò Riina e Bernardo Provenzano, che abbiamo gestito all'interno delle nostre strutture penitenziarie. Questo vuol dire avere rispetto di anni di lotta contro la mafia e avere rispetto delle vittime. Quindi non basta lo slogan, ci vogliono i fatti.

  PRESIDENTE. Bene, siamo all'ultimo intervento. Per il gruppo LEU interviene il collega Conte. Grazie.

  FEDERICO CONTE. Grazie, presidente. Grazie anche al Ministro per questo nuovo aggiornamento sul sistema penitenziario. Pensavo potesse essere questa una occasione, vista anche la presenza del dottor Petralia cui va il saluto mio e del gruppo che qui rappresento, per avviare finalmente una discussione compiuta e matura sulla riforma del sistema penitenziario, però evidentemente è passato troppo poco tempo dalla discussione parlamentare di cui questa sembra un seguito per gli accenti polemici e strumentali che la stanno caratterizzando. Forse addirittura questa per lei, Ministro, è un'anticipazione del peggio che Pag. 22verrà nella discussione della mozione di sfiducia presentata nei suoi confronti al Senato. È un'occasione persa, purtroppo, devo dire, per parlare del problema politico vero da cui si è generata tutta questa vicenda, che è il sovraffollamento delle carceri. La mia riflessione è del tutto assonante con quelle dei colleghi del Partito Democratico e di Italia Viva che mi hanno preceduto, perché questo problema è rimasto evidentemente sullo sfondo ed è stata la precondizione sulla quale si è innestata l'emergenza sanitaria e di seguito i provvedimenti sia di tipo governativo sia di tipo giurisdizionale che l'hanno scadenzata. Ministro, nella sua relazione ricordava che l'articolo 123 del decreto-legge «Cura Italia» ha prodotto un effetto tutto sommato ridotto in termini di scarcerazioni. Io non metterei questa considerazione nella colonna delle note di merito del Governo, perché tra l'altro lei sa bene che in più occasioni l'ho spinta a valutare – e ho indicato alla maggioranza soluzioni praticabili perché questo avvenisse – come una maggiore operatività di quella norma probabilmente avrebbe potuto determinare un maggiore effetto deflattivo e una riduzione dello spazio di manovra lasciato al sistema. Infatti la riduzione della popolazione carceraria che si è avuta, tanto da poterle fare dire oggi che la situazione è sotto controllo, è avvenuta, per un verso, per la mancata produzione di arresti – chiamiamola così – e per l'altro per l'anticorpo che lo stesso sistema ha generato. Noi sappiamo che la giurisdizione complessivamente considerata è un sistema complesso di vasi comunicanti e quindi quello che non è avvenuto per un indirizzo politico governativo chiaro è avvenuto perché vi ha provveduto il sistema. È in questa logica che io colloco le scarcerazioni cui i magistrati di sorveglianza, considerati complessivamente, senza fare qui distinzioni sotto il profilo tecnico, hanno ceduto perché devono dare una risposta con il loro ufficio a delle esigenze reali. La scarcerazione ad opera di magistrati di sorveglianza, tra l'altro, non può essere trattata in questa sede con un approccio politico, come se fosse un fatto che prescinde dalla giurisdizione. La giurisdizione ha un suo equilibrio, ha una sua organizzazione, ha anche dei rimedi endogeni, e tra le possibilità che la giurisdizione contempla c'è quella della revoca di una misura carceraria in pendenza di motivazioni sufficienti e adeguate a che questo avvenga. Certo, è stato un fatto grave e allarmante la scarcerazione dei tre o quattro boss che erano sottoposti al regime di cui all'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario. Su quello c'è stata una défaillance del sistema. A quella défaillance del sistema è stato prontamente posto rimedio, e la presenza del dottor Petralia qui ne è la prova testimoniale in carne ed ossa. Dal punto di vista governativo è stato individuato un meccanismo di revisione che, valendo pro futuro, cioè rappresentando un sistema di rivalutazione di misure pendenti in base a elementi sopravvenuti, non si presta a critiche circa la presunta retroattività, dal mio punto di vista; però resta il fatto che vi sono state anche molte scarcerazioni che riguardano detenuti che non presentano profili di allarme sociale così gravi da destare una preoccupazione tanto allarmante per il Paese. Di quelle ci dobbiamo occupare per capire perché ciò è avvenuto, per aprire una discussione vera che riguarda la riforma del nostro ordinamento penitenziario, perché a breve si riproporrà il tema di un personale penitenziario e di un personale carcerario superiore alle possibilità di accoglienza delle nostre carceri. A breve la produzione – ritorno a utilizzare questa espressione – di arresti riprenderà con la fase due, così come il resto, così come la vita nel Paese. Allora teniamo distinte, se vogliamo affrontarle, le due questioni della lotta alla mafia che, come ho già sostenuto in Aula, dovrebbe adesso – e le rivolgo nuovamente l'invito a una riflessione con i suoi uffici – salire di tono anche e soprattutto sotto il profilo della lotta finanziaria alla mafia. Oggi Tiziana Maiolo su Il Riformista ritorna sul tema con argomenti dello stesso tipo. E parliamo di una persona e di una testata che non possono certo essere sospettate di appartenenza politica, almeno non alla mia parte politica. Teniamo dunque distinta la lotta alla mafia dalla questione Pag. 23 che riguarda l'ordinamento penitenziario, che riguarda cioè l'organizzazione in un Paese civile di un sistema per scontare la pena che non abbia una versione unica, un modello unico di espletazione, vale a dire quello della riduzione della libertà delle persone tra le mura di un carcere, essendo questa, tra l'altro, una misura storicamente inadeguata a garantire la finalità costituzionale dell'articolo 27. Conosciamo bene la capacità addirittura recidivante che viene dalla vicenda carceraria. Ministro, io per lei non ho consigli, anche perché continuo a dare cattivi esempi e me li tengo cari, ma richieste. Dobbiamo riprendere ad affrontare il tema della probation, come la definiscono gli anglosassoni, con misure alternative alla detenzione. Le chiedo di rivalutare una scelta sbagliata fatta all'inizio della legislatura quando lei era Ministro del cosiddetto «Governo giallo-verde», cioè quella di cestinare la riforma dell'ordinamento penitenziario. Quella riforma è stata il frutto di un laborioso e lungo lavoro di tutti gli addetti e gli esperti del settore. Riprendiamola quantomeno come punto di riferimento per iniziare a lavorare su due versanti: in primo luogo quello di un intervento che riguardi l'ammodernamento delle carceri. Ministro, lei in Parlamento, in un'occasione passata, ricordò il fatto che vi sono modelli carcerari di eccellenza in Italia; quelli non devono rimanere soltanto esempi da citare. Dovremmo provare a generalizzare quei modelli, cioè immaginare un intervento che abbia anche un valore di carattere economico, che riguardi anche la politica di sviluppo di questo Paese, per una riforma delle carceri dal punto di vista delle strutture e delle infrastrutture necessarie. In secondo luogo, occorre riprendere a valutare e a studiare soluzioni affinché la pena per reati che non creano allarme sociale, con una distinzione fatta in maniera adeguata ed equilibrata, possa avvenire con forme diverse da quelle carcerarie. Questa credo sia una necessità non più ovviabile, una necessità che ha un carattere culturale, un carattere sociale e un carattere giuridico, ormai non più rinviabile. In questo senso la invito a riflettere su una sessione specifica da destinare al tema.

  PRESIDENTE. Grazie. Sono conclusi gli interventi. Ringrazio tutti per essere rimasti nei tempi che avevamo stabilito. Do quindi la parola al Ministro per la replica. Prego.

  ALFONSO BONAFEDE, Ministro della giustizia. Sì, presidente. Gli interventi sono davvero tanti e molto dettagliati. Come avevo già anticipato, proverò a dare una risposta a tutti, almeno in linea di massima, rinviando poi a risposte dettagliate che arriveranno alla Commissione. Riguardo ai primi interventi che sono stati fatti, mi si chiede più o meno se ci sono feedback positivi in relazione ai due decreti che sono stati approvati. Attualmente sì; riteniamo che sia positivo il fatto che siano partite delle istanze dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Come sapete, è stata riesaminata la situazione di un detenuto, e adesso la macchina si sta riattivando per rivalutare le condizioni sanitarie dei detenuti per reati gravi che hanno ottenuto una scarcerazione – il termine chiaramente è molto atecnico – per motivi di salute.

  GIUSI BARTOLOZZI. (fuori microfono) Scusi Ministro, la macchina che si sta attivando è il Ministero, cioè il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria?

  ALFONSO BONAFEDE, Ministro della giustizia. Anche.

  GIUSI BARTOLOZZI (commenti fuori microfono).

  ALFONSO BONAFEDE, Ministro della giustizia. La prego di consentirmi di fare un ragionamento, deputata Bartolozzi. Lei sa che il decreto, come avevo detto nella relazione, dà la possibilità ai magistrati di riprendere in considerazione le proprie valutazioni entro quindici giorni, ma stabilisce che ciò avvenga immediatamente – così è scritto nell'ultimo decreto-legge – nel caso in cui ci sia una comunicazione precedente Pag. 24 ai quindici giorni da parte del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Ora, vorrei chiarire un aspetto che è stato sollevato da molti e che rigetto completamente, vale a dire il riferimento a una sorta di scaricabarile sulla magistratura di sorveglianza che non mi permetterei mai di fare. Dal primo giorno in cui ho giurato come Ministro della giustizia non sono mai intervenuto e non ho alcun merito particolare al riguardo. Ho fatto quello che deve fare un Ministro della giustizia, cioè non intervenire rispetto a singoli casi e avere grande rispetto della magistratura; e ho continuato a portare avanti questa linea. Dobbiamo però chiarirci su un punto, perché mi sembra invece che tale rispetto non ci sia tutte le volte in cui si ritiene di mortificare il nostro ordinamento costituzionale al punto tale da dire che la magistratura si fa dettare la linea da parte del Ministero o del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria o di qualcun altro. Diciamo molto più semplicemente la verità. La verità è che quando arriva una pandemia come quella in corso, il problema sulle carceri si pone in tutto il mondo. Non c'è Paese in cui è arrivata la pandemia che non si sia posto il problema delle carceri e di come diminuire il livello di affollamento per i motivi che ho riportato nella relazione. Io rivendico semplicemente il fatto che, per evitare uno «svuota carceri» indifferenziato, abbiamo costruito una norma che salvaguardasse il principio della certezza della pena, consentendo l'intervento in presenza di alcuni requisiti, in un perimetro già definito da una normativa del 2010 che – lo ricordo a me stesso – è stata approvata da un Governo di centrodestra. In quel perimetro si inseriscono addirittura ulteriori limitazioni sia in termini di reati considerati sia in termini di sicurezza. Mentre la norma del 2010 non prevedeva alcun braccialetto elettronico (quindi il detenuto che aveva ancora diciotto mesi da scontare andava a casa con i controlli ordinari), nel decreto-legge «Cura Italia» si prevede il braccialetto elettronico obbligatorio, motivo per cui ci sono state anche delle critiche, ritenendo che in tal modo si sarebbe sicuramente rallentata l'applicazione della disposizione. Ora, rivendico con orgoglio il fatto che, dati alla mano, a questo momento l'applicazione del braccialetto elettronico sta funzionando come mai era accaduto prima. A chi mi chiede quale sia la prospettiva, io dico che con la maggioranza, ma anche con le forze di opposizione, sarò molto lieto di valutare quali possono essere gli sviluppi futuri per l'ordinamento penitenziario, insistendo tanto sulla rieducazione. Qualcuno ha parlato del lavoro dei detenuti, del fatto che non si è fatto nulla. Io ricordo che, quando sono arrivato, ho trovato un unico protocollo per lavori di pubblica utilità dei detenuti. Adesso, a distanza di quasi due anni, ci sono circa settanta protocolli. Ho promosso protocolli per lavoro di pubblica utilità in tutta Italia. Questa, secondo me, dal mio punto di vista e con le difficoltà che ci sono, deve essere la prospettiva dell'ordinamento penitenziario, vale a dire fare in modo che il detenuto possa seguire un percorso di rieducazione effettivo, nell'ambito del quale il giudice di sorveglianza, davvero in base all'attività del singolo detenuto, possa valutare concretamente se quel soggetto può rientrare nella società e in quali situazioni. Se per tutti i commissari questa è un'attività semplice, io ne prendo atto. Però, possiamo dirci sinceramente che la situazione delle carceri è una situazione grave che si accumula da decenni, perché non mi sento di dare la responsabilità al Governo precedente e neanche a quello ancora precedente. Non ricordo che il «piano carceri» del 2010 abbia liberato grandi posti. Quello che abbiamo fatto, quello che io ho fatto come Ministro della giustizia, anche dopo il primo giuramento, anche con il primo Governo, il «Conte I», è stato cercare di investire anche nell'edilizia penitenziaria, non per una visione carcerocentrica, ma perché dobbiamo dirci – e questo dovremmo dire a tutti – che investire nell'edilizia penitenziaria non significa semplicemente fare nuove carceri. Io ho già detto che da qui a un mese, se non ricordo male – mi rimetto alla relazione svolta–sono previsti ottocento nuovi posti grazie all'apertura di quattro padiglioni: ciò è proprio il frutto del lavoro che è stato fatto in Pag. 25questo anno e mezzo. Mi dispiace che certe osservazioni arrivino dalla Lega, perché siamo tutti consapevoli del fatto che, se non ricordo male – non vorrei sbagliare e mi riservo di accertare tutto documentalmente – nella prima legge di bilancio della legislatura fu previsto un regime speciale per consentire all'amministrazione penitenziaria di investire nell'edilizia carceraria con una procedura semplificata. È quello che sta portando alla possibilità di avere più posti all'interno delle carceri.

  GIUSI BARTOLOZZI (fuori microfono). Facciamo più posti, poi ne escono 500, vero?

  ALFONSO BONAFEDE, Ministro della Giustizia. Ci arrivo senz'altro. Ritorniamo quindi al discorso precedente. Il discorso è che con la pandemia in corso i giudici di sorveglianza, per cui ho grande rispetto perché hanno fatto un lavoro incredibile nel doversi trovare di fronte a una situazione come quella, hanno valutato che in alcuni casi la condizione sanitaria non fosse tale da consentire di rimanere nel carcere, consentendo la detenzione domiciliare. Commento questa decisione? No. A differenza di tutti quelli che sventolano il rispetto per la magistratura e dicono che io scarico sui giudici di sorveglianza, io non scarico proprio nulla. Io dico semplicemente che in un periodo di emergenza sono state prese alcune decisioni.

  GIUSI BARTOLOZZI (fuori microfono) Perché tutte dopo il 31 marzo?

  PRESIDENTE. Scusate, lasciamo concludere il Ministro. Prego, Ministro. Non interloquisca. Vada avanti, per cortesia.

  ALFONSO BONAFEDE, Ministro della giustizia. Ma io interloquisco volentieri. La deputata Bartolozzi sa meglio di me quali sono i limiti della separazione dei poteri. Quello che dico è che io prendo atto che ci sono state delle decisioni, e non posso fare altro. Chiunque dice che io posso fare qualcosa in relazione a quelle decisioni sta mentendo. Quello che ho fatto, quello che abbiamo fatto come Governo, è stato stabilire che, visto che siamo nella fase due, i magistrati possano rivalutare le decisioni assunte, cosa che senza i citati decreti non sarebbe stata fatta in un tempo così breve. Detto ciò, riguardo all'altro decreto, che rappresenta una risposta importante, che coinvolge la Direzione nazionale antimafia e le direzioni distrettuali antimafia, possiamo dire chiaramente che le istanze di scarcerazione per motivi di salute rispondono a leggi da sempre esistenti nel nostro ordinamento giudiziario? Possiamo dirci che a nessuno era mai venuto in mente, rispetto a quelle stanze, di coinvolgere la Direzione nazionale antimafia e le direzioni distrettuali antimafia?

  GIUSI BARTOLOZZI (fuori microfono) No.

  ALFONSO BONAFEDE, Ministro della giustizia. No, va bene. Posso dire, dati alla mano, che a nessuno era venuto in mente perché non esisteva una legge al riguardo, legge che adesso esiste grazie a questo Governo. Non parlo della telefonata del 3 maggio perché totalmente inconferente con l'oggetto di questa audizione. Tra l'altro, siccome mi piace avere sempre con il Parlamento un flusso comunicativo costante, ricordo a me stesso che c'è stata un'informativa due giorni fa, se non ricordo male. Non entro nel merito per quanto riguarda il tema della riforma del Consiglio superiore della magistratura, che è stata sollevato, perché non attinente. E rinvio a qualsiasi audizione da me svolta in precedenza, in cui ho indicato le mie linee programmatiche come Ministro riguardo alle prospettive di riforma del Consiglio superiore della magistratura. Mi stupisce che non ne sia al corrente chi fa parte della forza politica che ha avuto modo di analizzare quel disegno di legge che poi sappiamo non essere andato avanti legittimamente – non sto facendo alcuna polemica né alcuna critica – perché è caduto il Governo. Dopodiché, dopo che è caduto il Governo, con la nuova maggioranza, come è giusto che sia, si è svolto un confronto estremamente costruttivo, che ha portato già all'approvazione Pag. 26 in Consiglio dei ministri del progetto di riforma del processo civile e del progetto di riforma del processo penale. L'ulteriore progetto di riforma che avrebbe dovuto essere esaminato dal Consiglio dei ministri e su cui avevamo già raggiunto grande convergenza, almeno di massima, era proprio quello riferito al Consiglio superiore della magistratura. Ma poi, come tutti sappiamo, è arrivata la pandemia e quindi la presentazione del progetto è stata differita. Riguardo a ciò che diceva il deputato Zanettin, a proposito di esternazioni e intercettazioni, io ho già chiarito. Nella puntata si stava parlando di intercettazioni, e quindi è venuto quasi naturale ricollegarmi, però ho già chiarito la questione in un question time specifico, dove ho ringraziato gli interroganti per avermi dato la possibilità di chiarire che si trattava di esternazioni e non di intercettazioni raccolte dalla Polizia penitenziaria; quindi erano esternazioni di detenuti, non intercettazioni in senso tecnico. Questo l'ho già chiarito al Parlamento. Riguardo al rispetto del contraddittorio, io vorrei chiarire un aspetto: a me va bene che all'interno della maggioranza ci siano sensibilità diverse; è normale ed è giusto che sia così. Noi però sappiamo che in occasione dell'ultimo decreto c'è stato un confronto vero a seguito del quale il provvedimento, possiamo dirlo tranquillamente, ha rappresentato la sintesi di una bella convergenza, proprio per dare una risposta forte in termini di lotta alla mafia. Non ricordo che in quell'occasione vennero fatti rilievi riguardo alla procedura e al contraddittorio. Posso dirvi che ci sono magistrati di sorveglianza che hanno emesso provvedimenti. Ce ne sono altri che, da quello che mi risulta, hanno fissato le udienze proprio per consentire il contraddittorio. Insomma, il decreto si inserisce in una procedura.

  GIUSI BARTOLOZZI (commenti fuori microfono)

  PRESIDENTE. Facciamo concludere il Ministro, per cortesia.

  ALFONSO BONAFEDE, Ministro della Giustizia. Passo all'articolo 123: continuare a creare un collegamento tra l'articolo 123 del decreto-legge «Cura Italia» e le scarcerazioni di boss è, dati alla mano, profondamente sbagliato. Questa non è un'opinione, e basta andare a vedere su che basi sono stati emessi i decreti. Giustamente, io sono qui a rispondere al Parlamento, a rispettare tutti voi. E rispetto tutte le vostre opinioni, anche quelle più critiche, ci mancherebbe; però non si può dire che il decreto-legge «Cura Italia» ha determinato le scarcerazioni dei mafiosi.

  GIUSI BARTOLOZZI (fuori microfono) Ma non abbiamo detto questo.

  PRESIDENTE. Non possiamo andare avanti così, mi dispiace. Se il Ministro ha preso la parola, adesso lasciamolo finire, per cortesia. È la replica del Ministro, collega Bartolozzi. Avete parlato tutti; avete chiesto che replicasse; adesso sta replicando. Facciamo concludere, per cortesia.

  ALFONSO BONAFEDE, Ministro della giustizia. Sto cercando di fornire una risposta a più domande, visto che ce ne sono tantissime, facendo un collegamento.

  GIUSI BARTOLOZZI (fuori microfono) Io non mi sarei mai permessa di dire che l'articolo 123 ha fatto uscire i mafiosi.

  ALFONSO BONAFEDE, Ministro della giustizia. Chiariamo quindi che l'articolo 123 del decreto-legge «Cura Italia» non ha alcun collegamento con le scarcerazioni. Deputata Bartolozzi, lei non ne ha fatto riferimento, e ci sono stati altri parlamentari che legittimamente vi hanno fatto il riferimento. Io, altrettanto legittimamente, rispondo dicendo che il dato normativo è sbagliato.

  GIUSI BARTOLOZZI (fuori microfono) Sì, ma perché nell'articolo 123 non ci sono i correttivi per impedire le scarcerazioni? Questo le chiedo.

  ALFONSO BONAFEDE, Ministro della giustizia. Con l'articolo 123 del decreto-legge «Cura Italia» si avrà la possibilità, Pag. 27come è stato fatto con altri provvedimenti, di valutare eventuali correttivi che però nel nostro ordinamento non sono mai stati introdotti rispetto a norme che esistono da ventenni. Questo lo dobbiamo dire. A me va benissimo ogni osservazione, ci mancherebbe; la rispetto. Ribadisco ancora una volta che l'esclusione di qualsiasi detenuto che fosse stato condannato per quel tipo di reati è prevista nero su bianco.

  GIUSI BARTOLOZZI (fuori microfono). E lo scioglimento?

  PRESIDENTE. Non è possibile. Facciamo finire, per cortesia. Queste interruzioni impediscono anche di rispondere, veramente. Abbiamo qui il Ministro; ha ascoltato tutti; lasciamolo concludere, per cortesia.

  GIUSI BARTOLOZZI (fuori microfono) Come si fa a dare risposte così?

  ALFONSO BONAFEDE, Ministro della giustizia. Vorrei dire anche un'altra cosa a cui tengo: il riferimento alle rivolte è altrettanto sbagliato. Non si può dire che lo Stato ha risposto alle rivolte. Io nella mia relazione non vi faccio riferimento proprio perché le rivolte non hanno nulla a che fare con le scarcerazioni, quindi sono totalmente inconferenti con l'oggetto dell'audizione. Sono stato chiamato dal Parlamento a riferire in relazione alle rivolte che si sono verificate nelle carceri; rinvio pertanto a quell'informativa. Aggiungo che riguardo a chi ha chiesto quali provvedimenti siano stati presi per far fronte alla pandemia, rinvio a quanto riferito proprio nella relazione svolta, durante l'informativa in Aula, dove rendevo conto di tutti i provvedimenti che erano stati presi per garantire la salute all'interno delle carceri. Su questo poi ciascuno di noi può fare un bilancio positivo o negativo, ma vi devo dire che avere allo stato attuale – ad oggi – centodieci contagi, e avere avuto un numero di contagi che, a fronte della popolazione carceraria, è limitato più o meno ai centocinquanta detenuti, ritengo sia stato un risultato importante. Mi dispiace tantissimo perché c'è stato comunque qualche deceduto – parliamo di un detenuto e, come ho detto nella relazione svolta, di due agenti della polizia penitenziaria – ma il Dipartimento si è mosso per cercare di tutelare la salute, con i provvedimenti che ho enunciato nella relazione svolta, di tutti coloro che lavorano nelle carceri e di tutti coloro che vivono nelle carceri. E permettetemi di cogliere l'occasione di questa audizione per ringraziare la Polizia penitenziaria e tutto il personale dell'amministrazione penitenziaria, perché in questi mesi hanno dato veramente l'anima. La situazione nelle carceri è già difficile. Lavorare in queste condizioni, mettendo anche a rischio la propria incolumità in una situazione come quella che si è venuta a creare, con quelle strutture, è un fatto molto importante. Riguardo a chi ha fatto riferimento alla Polizia penitenziaria e alla necessità di nuove risorse, non posso che rinviare a quanto detto nella relazione svolta. Se non ricordo male, ho parlato di millecento nuove unità di cui trecento già operative in sede. Non so quanto si potesse fare di più in due mesi. Ciascuno ha la possibilità di fare proposte, di dire che avrebbe portato al lavoro duemila agenti di Polizia penitenziaria. Non credo proprio. Tutto quello che si poteva fare si è fatto. Ricordo che tra l'altro, a proposito delle rivolte, sono state avviate indagini perché chiaramente parliamo di fatti molto gravi. Non entro nel merito. Posso dire che, proprio per evitare che ci fosse qualsiasi possibilità di creare un collegamento – come dissi alla Camera, non c'è alcuna istanza che viene presa in considerazione se veicolata con la violenza – nell'articolo 123 del decreto-legge «Cura Italia» abbiamo escluso chiunque avesse preso parte alle rivolte, anche, se non ricordo male, riguardo a procedimenti disciplinari iniziati e non ancora conclusi. Quindi tutto quello che potevamo fare lo abbiamo fatto. Per quanto concerne il...

  GIANLUCA CANTALAMESSA (commenti fuori microfono).

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  PRESIDENTE. Vale anche per lei, però, deputato Cantalamessa. Sta parlando il Ministro. Facciamolo concludere.

  GIANLUCA CANTALAMESSA (fuori microfono). Quanto al collegamento tra le scarcerazioni e le sommosse, sono figlie tutte e due della mancata previsione da parte del Ministero.

  ALFONSO BONAFEDE, Ministro della giustizia. Non ho compreso la mancata previsione di che cosa, però tutti i protocolli sanitari in relazione all'emergenza COVID-19 all'interno delle carceri sono stati oggetto di comunicazione al Parlamento. È fuori tema, chiaramente, il riferimento agli uffici giudiziari e al COVID-19. Mi rendo conto esattamente delle difficoltà e dei disagi esistenti, che in alcuni casi però sono ineliminabili. Il problema di un sistema a macchia di leopardo, di una macchina giudiziaria che si attiva con notevoli differenze sui territori, è quasi impossibile da eliminare. Ho fatto riunioni con tutte le associazioni rappresentative dell'avvocatura e della magistratura e da quel confronto sono derivate alcune modifiche importanti nei decreti che abbiamo adottato, anche su spinta, su impulso e in sinergia con il Parlamento italiano, quando sono state approvate le leggi di conversione. Ricordo tuttavia che c'è stato un ordine del giorno che il Governo ha accolto immediatamente il giorno dopo. Ricordo inoltre che quell'ordine del giorno rappresentava la trasfusione del contenuto di un emendamento non approvato per un problema parlamentare che certamente non mi compete, a seguito del quale comunque la maggioranza ha dimostrato grande volontà di andare incontro alle istanze del Parlamento, tant'è che l'ordine del giorno è stato approvato e al primo provvedimento utile sono state adottate le misure conseguenti. Però, voglio ricordare a tutti che l'emergenza COVID-19 pone rispetto agli uffici giudiziari problematiche diverse non soltanto sulla base dei territori, perché è chiaro che ci sono alcune regioni che sono state maggiormente impattate dall'epidemia, ma anche rispetto alla struttura del tribunale in cui si lavora, perché laddove per esempio ci sono strutture giudiziarie che si sviluppano tutte in altezza, vuol dire che molte più persone devono prendere l'ascensore e conseguentemente c'è un rallentamento oggettivo dei flussi di persone che si recano nelle Aule. Ma con questo – io ieri l'ho fatto pubblicamente e lo ribadisco ancora oggi – ringrazio tutti gli operatori del settore perché ho trovato grande disponibilità al dialogo e grande propensione al sacrificio in un momento così difficile. Diciamoci semplicemente che la situazione non è semplice e che ce la stiamo mettendo tutta. Ieri tra l'altro nel «decreto rilancio» è stata prevista una serie di misure non soltanto per tutelare la salute di coloro che lavorano negli uffici giudiziari, ma anche per favorire l'afflusso di nuove energie all'interno degli uffici stessi. Credo di aver concluso. Scusate se non ho risposto a tutti, però gli appunti erano tantissimi.
  Invito tutti i deputati a riproporre le domande a cui si ritiene che non sia stata fornita la risposta in sede di replica immediata tramite la segreteria della Commissione.

  PRESIDENTE. Dichiaro conclusa l'audizione e ringrazio il Ministro per essere stato qui e tutti voi. Grazie.

  La seduta termina alle 15.05.