XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Giulio Regeni

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Giovedì 6 febbraio 2020

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 3 

Seguito dell'audizione del procuratore della Repubblica f.f. presso il Tribunale di Roma, Michele Prestipino Giarritta, e del sostituto procuratore presso il Tribunale di Roma, Sergio Colaiocco:
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 3 
Prestipino Giarritta Michele , procuratore della Repubblica f.f. presso il Tribunale di Roma ... 3 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 4 
Sportiello Gilda (M5S)  ... 4 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 4 
Suriano Simona (M5S)  ... 4 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 4 
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 4 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 4 
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 4 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 4 
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 4 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 4 
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 4 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 5  ... 5  ... 5 
Colaiocco Sergio , sostituto procuratore presso il Tribunale di Roma ... 5 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 6 
Centemero Giulio (LEGA)  ... 6 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 7 
Magi Riccardo (Misto-CD-RI-+E)  ... 7 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 7 
Serracchiani Debora (PD)  ... 7 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 8 
Pettarin Guido Germano (FI)  ... 8 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 8 
Colaiocco Sergio , sostituto procuratore presso il Tribunale di Roma ... 8 
Prestipino Giarritta Michele , procuratore della Repubblica f.f presso il Tribunale di Roma ... 10 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 11 
Trancassini Paolo (FDI)  ... 11 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 11 
Ungaro Massimo (IV)  ... 11 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 12 
Suriano Simona (M5S)  ... 12 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 12 
Colaiocco Sergio , sostituto procuratore presso il Tribunale di Roma ... 12 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 15 
Colaiocco Sergio , sostituto procuratore presso il Tribunale di Roma ... 16 
Prestipino Giarritta Michele , procuratore della Repubblica f.f. presso il Tribunale di Roma ... 17 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 18

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ERASMO PALAZZOTTO

  La seduta comincia alle 9.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche tramite impianto audiovisivo a circuito chiuso.

Seguito dell'audizione del procuratore della Repubblica f.f. presso il Tribunale di Roma, Michele Prestipino Giarritta, e del sostituto procuratore presso il Tribunale di Roma, Sergio Colaiocco.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione del procuratore della Repubblica facente funzioni presso il tribunale di Roma, Michele Prestipino Giarritta, e del sostituto procuratore presso il tribunale di Roma, Sergio Colaiocco, che ringrazio per la disponibilità già dimostrata anche con l'avvio della trasmissione della documentazione di loro competenza a questa Commissione.
  Ricordo che, come avevamo concordato con la Procura di Roma, questa seconda seduta sarà dedicata, alla luce della prima audizione e della documentazione fornitaci, a domande e richieste di chiarimento; prima di dare la parola ai colleghi chiederei però agli auditi di fornire alla Commissione aggiornamenti circa gli sviluppi della cooperazione giudiziaria con le autorità egiziane, occorsi successivamente alla data del nostro primo incontro.

  MICHELE PRESTIPINO GIARRITTA, procuratore della Repubblica f.f. presso il Tribunale di Roma. Buongiorno e grazie per questa ulteriore occasione di incontro. Rispetto alla situazione che avevamo prospettato nella precedente seduta, in cui abbiamo anche cominciato a depositare una serie di atti utili ai lavori della Commissione, il fatto successivo è che abbiamo tenuto un incontro tra i team investigativi italiano ed egiziano che si è svolto al Cairo il 14 e 15 gennaio, che avevamo sostanzialmente preannunciato quando fummo auditi, perché avevamo detto che, sia pure con una tempistica particolare a seguito del cambiamento non soltanto del vertice ma anche di tutto il pool di magistrati alla procura generale del Cairo, che si occupa di questo caso in Egitto, erano stati riallacciati i contatti, erano stati coltivati rapporti di tipo, fino a quel momento, epistolare, cioè scambio di lettere tra me e il procuratore generale, e stavamo preparando un primo incontro. Questo incontro c'è stato, si è svolto al Cairo su esplicita richiesta dell'autorità giudiziaria egiziana e si sono incontrati i due team investigativi, quindi per la parte che ci riguarda, sono andati al Cairo e hanno partecipato a questo incontro, ai massimi livelli, i vertici dei due organi investigativi centrali che si occupano dell'indagine, cioè il Raggruppamento Operativo Speciale dei Carabinieri e il Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato. Nel corso di questo incontro c'è stato uno scambio di informazioni, perché era la prima volta che i nostri investigatori si incontravano con i nuovi magistrati egiziani – nuovi nel senso che hanno preso il posto di coloro che si erano occupati delle indagini fino a quel momento – e nel corso dell'incontro è stato fatto il punto della situazione, ma c'è stato anche un intervento del procuratore generale che ha sostanzialmente, concludendo l'incontro, preso Pag. 4un impegno a rispondere, nei limiti consentiti dalla legislazione egiziana, alla rogatoria che abbiamo avanzato sin da aprile del 2019. C'è stata una richiesta rivolta a noi di invio di documentazione, alla quale abbiamo già aderito. Abbiamo inviato i documenti che c'erano stati chiesti e poi al di là di questo una serie di dichiarazioni di buone relazioni e della necessità che si riapra la collaborazione tra le due autorità giudiziarie. Per noi il punto centrale ancora una volta, l'avevamo già detto, è quello della rogatoria in cui abbiamo chiesto sostanzialmente tre cose: siamo in attesa che ci rispondano. Questo è lo stato dell'arte. Questo incontro e questo scambio di documenti sono funzionali a un passo ulteriore che sarà, quando sarà possibile, un incontro tra le autorità giudiziarie, cioè tra i vertici, il procuratore di Roma e il procuratore generale del Cairo, per fare il punto della situazione sugli elementi di prova fin qui raccolti. Questo è l'unico elemento di novità dal punto di vista delle relazioni con l'autorità giudiziaria estera rispetto alla precedente audizione.

  PRESIDENTE. Passiamo alle domande dei colleghi. Do la parola alla collega Sportiello.

  GILDA SPORTIELLO. Sì, grazie presidente, buongiorno. Io volevo sapere se nell'ambito delle indagini che sono state fatte, poiché durante l'audizione dei genitori di Giulio e dell'avvocato Ballerini abbiamo saputo che in quei giorni c'era una delegazione al Cairo alla quale partecipava anche un ministro dell'epoca, si è scoperto chi ne faceva parte, perché non era abbastanza chiaro. Grazie.

  PRESIDENTE. Raccogliamo un po’ di domande e poi diamo la parola per rispondere. Prego, collega Suriano.

  SIMONA SURIANO. Sì, grazie, buongiorno. Io la volta scorsa all'audizione non c'ero, quindi volevo conoscere, se possibile, il contenuto della rogatoria delle domande che avete posto. Grazie.

  PRESIDENTE. Do la parola alla collega Quartapelle.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Grazie. Prima di fare le domande volevo sapere dal presidente se c'è una parte dell'audizione che può essere segretata o se è tutto...

  PRESIDENTE. La segretazione può essere richiesta dagli auditi o anche dai commissari per effettuare le domande, quindi la Commissione può disporla in qualsiasi momento.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Io posso chiedere dunque la segretazione e se gli auditi lo ritengono...

  PRESIDENTE. Se lo ritengono, risponderanno in seduta segreta o meno.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. La prima domanda riguarda una questione che è emersa durante l'audizione.

  PRESIDENTE. Ribadisco che può anche richiedere di fare la domanda in seduta segreta.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. La prima domanda riguarda una cosa che è emersa durante l'audizione dell'avvocato Ballerini e dei genitori di Giulio Regeni e cioè che la catena di affidamento dell'università si conclude con il capo degli ambulanti, il sindacalista. Che idea vi siete fatti durante le indagini sul percorso della catena di affidamento dell'università? Immagino che ovviamente abbiate seguito questa traccia. Che idea vi siete fatti su questo?
  La seconda domanda riguarda un'altra questione emersa durante la scorsa audizione: l'ambasciata ha seguito una procedura dal momento della notizia della sparizione di Giulio, perché erano già accaduti dei casi di italiani scomparsi trattenuti per qualche ora dalla polizia. È chiaro che il caso di Giulio invece è un caso diverso. La domanda a voi è: «Perché è un caso diverso?». Quali sono stati secondo voi gli elementi che dal lato di chi seguiva Giulio Regeni hanno fatto salire di pericolosità la Pag. 5percezione di quel soggetto? Per la terza domanda, chiederei la seduta segreta.

  PRESIDENTE. Dispongo la disattivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.

  (La Commissione prosegue in seduta segreta)

  PRESIDENTE. Dispongo la riattivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.

  (La Commissione prosegue in seduta pubblica)

  PRESIDENTE. Chiederei ai commissari di riservare alla fine dell'audizione le eventuali domande da porre in seduta segreta, in modo da dare una certa continuità ai nostri lavori. Do la parola al dottor Colaiocco.

  SERGIO COLAIOCCO, sostituto procuratore presso il Tribunale di Roma. Provo a riprendere le altre domande.
  La rogatoria dell'aprile 2019 prevede sostanzialmente tre punti: il primo e direi il più importante riguarda alcuni riscontri a una testimonianza acquisita dalla procura di Roma, in relazione alla circostanza che nell'agosto 2017 uno dei cinque indagati, il maggiore Sharif, ha – secondo quanto acquisito dalla procura di Roma – riferito le circostanze e le modalità con cui ha provveduto a sequestrare Giulio Regeni a una persona che era con lui durante un pranzo; questo colloquio tra il maggiore Sharif e questa seconda persona è stato ascoltato da una terza persona, le cui dichiarazioni sono state poi acquisite dal procedimento italiano. Avevamo pertanto necessità di acquisire elementi di contorno e certamente non essenziali, perché la dichiarazione è comunque da qualificarsi dal punto di vista giuridico una confessione extragiudiziale, quindi autonomamente valutabile; però era evidentemente utile acquisire elementi per capire se effettivamente il maggiore Sharif nell'agosto del 2017 si trovasse a Nairobi. Questo era il primo punto. Il secondo punto aveva a oggetto l'elezione di domicilio da parte dei cinque indagati che come credo sia fatto noto è uno degli elementi che permette nel corso di un procedimento penale di effettuare le notifiche: in particolare, nel nostro caso, le notifiche per la proroga delle indagini preliminari, che ogni sei mesi la procura deve fare, nei procedimenti contro noti, agli indagati residenti all'estero; l'articolo 169 del codice di procedura penale prevede infatti alcune modalità per richiedere ai residenti all'estero l'elezione di domicilio. Noi abbiamo chiesto collaborazione alla procura egiziana nell'aprile del 2019 e stiamo attendendo. Il terzo punto riguardava alcuni tabulati, ma si tratta di elementi probatori residuali. Questo era l'oggetto della rogatoria. La rogatoria è del 28 aprile del 2019 e a oggi siamo in attesa della risposta. Per quanto riguarda ciò che è accaduto al Cairo e la composizione della delegazione del Ministro Guidi che era presente il pomeriggio del 3 febbraio, noi non abbiamo effettuato, non essendo evidentemente oggetto di indagine, una ricostruzione completa di quel che è successo e della composizione della delegazione. Quel che è stato acquisito agli atti è che nella giornata del 3 febbraio, quando l'ambasciata italiana e quando le autorità italiane hanno acquisito notizia che Giulio Regeni era deceduto e che era necessario provvedere alle attività conseguenti in termini di identificazione della persona e a tutti gli adempimenti successivi, questa comunicazione è stata effettuata nel momento in cui era presente il Ministro Guidi al Cairo e la sera era prevista un'occasione insieme ad alcuni imprenditori all'ambasciata del Cairo e all'ambasciatore. Il Ministro, di comune accordo con il Governo, ha disdetto questa iniziativa all'ambasciata proprio in virtù del fatto che è successo. Altre circostanze non rilevavano per l'accertamento delle responsabilità che, evidentemente, concernevano profili diversi e quindi non è stato ulteriormente ritenuto utile approfondirle.
  Quanto alle questioni relative alla catena di affidamento delle docenti universitarie, ricostruisco brevemente i fatti. Come è noto Giulio Regeni faceva un'attività di ricerca presso l'Università di Cambridge e la sua tutor Maha Abdelrahman presso Pag. 6l'Università di Cambridge gli affida questa ricerca, ne concordano e definiscono insieme l'oggetto, che era l'attività del sindacato indipendente dei rivenditori di strada al Cairo, e per svolgere questa attività la professoressa Maha Abdelrahman gli deve individuare, secondo le prassi e le regole dei dottorati di ricerca e dell'osservazione partecipata, una tutor sul posto, quindi al Cairo. La professoressa Maha Abdelrahman, da Cambridge, contatta al Cairo una collega della American University, la professoressa Rabab Al Mahdi, assistente presso il dipartimento di scienze politiche dell'ateneo del Cairo, la quale si prende l'incarico di seguire in loco le attività di Giulio Regeni e gli procura i primi contatti. Tra i primi contatti che la professoressa dell'American University fornisce a Giulio Regeni, c'è quello di Hoda Kamel Hussein, un'egiziana coordinatrice di un'organizzazione denominata «Centro egiziano per i diritti economico-sociali»: questo Centro aveva rapporti con i sindacati indipendenti; quindi, Hoda Kamel è colei che gli presenta, poi – tra le varie persone che gli presenta – anche il rappresentante del sindacato informale indipendente dei venditori ambulanti del Cairo ovest, il Said Abdallah, che chiamiamo per brevità «il sindacalista Abdallah». È Hoda Kamel che presenta a Giulio Regeni il sindacalista Abdallah, che sarà colui che poi lo denuncerà alla National Security. Per completezza, dico che nel mese di ottobre del 2015 Giulio Regeni avrà occasione, presso la sede centrale di questo centro, di intervistare Said Abdallah. Poi, terminate le tre – mi pare – interviste che gli rilascia sulla situazione dei rivenditori autonomi, sarà lui ad accompagnarlo, un mese dopo, a dicembre, nei giri per i vari mercati, che poi sappiamo in realtà essere stati organizzati dietro le spalle. Le note di particolarità che dal punto di vista investigativo la vicenda di Giulio Regeni ha fatto emergere sono sicuramente la circostanza che, a seguito della denuncia del sindacalista Abdallah, la National Security l'ha seguito per molto tempo. Quindi, non stiamo parlando di un'apprensione occasionale e casuale la sera del 25 gennaio. La sera del 25 gennaio, come noto, era l'anniversario della rivoluzione di piazza Tahrir del 2011, data particolarissima al Cairo. Le testimonianze acquisite ci descrivono una situazione di una città completamente bloccata, di una città controllata non solo nei punti nevralgici, come piazza Tahrir, ma in ogni strada, a ogni accesso alle metropolitane. Ogni snodo della città era presidiato dai militari dell'esercito e della polizia. Questo conferma le circostanze di tempo e di luogo. Non si è trattato di un'apprensione occasionale, ma si è trattato di un'apprensione da parte di chi evidentemente controllava la città, essendo assolutamente inimmaginabile che quella sera un qualche criminale o una qualche banda criminale potesse agire in punti e snodi così nevralgici della città stessa, come la metropolitana. Quindi, certamente c'è stata una preordinazione del sequestro, confermata, come è noto, da tutta una serie di elementi che l'altra volta abbiamo citato. Cito solo in questa sede il video del 7 gennaio e quindi l'attività preordinata ad avere una cognizione diretta di chi fosse Giulio, di quale fosse il suo parere e quale fosse la fonte delle diecimila sterline e del sovvenzionamento che forse le autorità di alcuni appartenenti agli apparati egiziani hanno scambiato per un sovvenzionamento di altro tipo. In realtà, era solo l'indicazione di un eventuale sussidio che poteva essere utile solo per sviluppo sociale al sindacato – e Giulio certamente non c'entrava nulla – e che, lo ribadisco ancora una volta, è sempre rimasto a livello di idea e che mai si è tramutato in nulla, neanche in una richiesta alla fondazione Antipode di questi soldi, quindi è rimasto sempre in fase estremamente embrionale. Solo il parlare della possibilità di sovvenzionamento è stato, secondo me, l'elemento che ha maggiormente attirato l'attenzione della National Security su Giulio Regeni.

  PRESIDENTE. Un'altra domanda riguardava gli altri casi di italiani sequestrati. La vicenda era solo questa? Prendo atto che non avete contezza di altri casi. Do la parola al collega Centemero.

  GIULIO CENTEMERO. Magari ne discutiamo in Ufficio di presidenza, però Pag. 7sarebbe forse più facile o segretare tutto o rendere pubblico tutto, tenere una linea comune durante le sedute.
  Sarebbe interessante, come già è stato chiesto, comprendere il contenuto della rogatoria, capire – magari tramite i procuratori – se una sensibilizzazione politica può essere utile anche nei confronti dei parlamentari egiziani della Commissione esteri. Sarebbe anche interessante – magari questa è una richiesta che va rivolta più al Ministero degli esteri che non ai presenti – capire quali altri italiani sono stati sequestrati o quali altri casi di sequestro si sono verificati in Egitto, ma questo come common knowledge per quanto riguarda i rappresentanti eletti dal popolo.

  PRESIDENTE. Grazie, collega Centemero. Do la parola al collega Magi.

  RICCARDO MAGI. Dall'audizione dei genitori di Giulio Regeni, abbiamo appreso che la famiglia è stata informata del fatto che Giulio non si trovava più tre giorni dopo. Abbiamo anche appreso che l'ambasciata aveva saputo della scomparsa di Giulio tre ore dopo. Secondo la vostra valutazione, questo fatto ha un'importanza, un rilievo? Ci può dare o vi ha dato elementi utili per la comprensione, rispetto a quello che è accaduto in quei tre giorni, dei rapporti, ad esempio, tra l'ambasciata e il governo egiziano? Altra domanda: Giulio Regeni è stato oggetto di attenzioni stringenti da parte degli apparati di sicurezza, come ci avete riferito. Si sono protratte per settimane e hanno avuto un esito che non è stato quello di un'espulsione o di un ritiro del visto, come sappiamo tragicamente. Rispetto al movente, qual è la vostra valutazione?

  PRESIDENTE. Do la parola alla collega Serracchiani.

  DEBORA SERRACCHIANI. Grazie, presidente. Ringrazio ovviamente gli auditi per la puntualità delle informazioni. Non so se un paio di domande siano oggetto di segretazione, lo valuterà il presidente. Intanto, una considerazione, anzi una domanda: se non ricordo male, le rogatorie erano due, una con l'Egitto e una con il Kenya. Volevo sapere se c'erano novità rispetto alla richiesta di rogatoria con il Kenya. L'altra, invece, è legata a una ricostruzione che almeno a me, personalmente, pare utile puntualizzare, di alcune ore. La scorsa volta il procuratore Colaiocco ci ha detto che la morte a seguito dell'esame autoptico è da collocarsi tra le 22.00 del 31 gennaio e le 22.00 del 2 febbraio. Ascoltando i genitori di Giulio Regeni, mi è parso di capire che le ore del 31 gennaio sono determinanti, nel senso che ricordo una certa insistenza dell'ambasciatore Massari a incontrare il Ministro dell'interno, che si negava anche a messaggi per le vie brevi tramite SMS. È proprio nelle ore del 31 gennaio che l'ambasciatore, dopo tutta questa insistenza, ottiene un incontro per il 2 febbraio, se non ricordo male. Volevo capire se voi avete ricostruito esattamente quelle ore e se c'è un'escalation che porta all'uccisione di Giulio, che oggettivamente non pare essere un eccesso di torture, quanto una decisione esplicita di omicidio; e quindi se avete colto in queste ore, in questi momenti, un comportamento, un qualcosa, se il sovvenzionamento è stato il movente che ha poi portato all'uccisione. Perché qualcosa è accaduto in quelle ore o qualcosa si è determinato in quelle ore. L'altra domanda è la seguente: noi abbiamo appreso fin dalla prima audizione che in quei giorni c'erano altre presenze al Cairo: una, la professoressa di Cambridge. Era presente anche lei in quei giorni? No, ecco, mi ha già chiarito; non ero sicura. La seconda presenza è quella del dottor Manenti dell'AISE, che in quei giorni era lì. Volevo capire se avete acquisito informazioni rispetto alla presenza del dottor Manenti oppure se... Credo che con un procedimento giudiziario aperto... forse quelle informazioni non vengono fornite dai servizi, non lo so, se mi spiegate come funziona. Vorrei anche capire se viceversa qualcosa c'è stato, nel senso se sono state acquisite informazioni, se queste informazioni fanno parte di quelle che sono state fornite, che, mi scuso, non ho ancora esaminato. Un'altra cosa: i genitori di Giulio e l'avvocato Pag. 8Ballerini ci hanno riferito che anche ora hanno l'impressione di essere seguiti, intercettati, che ci siano sempre delle presenze: di persone, di egiziani, ai convegni a cui intervengono, eccetera. Risulta anche a voi? La procura ha preso provvedimenti? Ritiene di prendere provvedimenti? Nello scambio di informazioni e di collaborazione con il Cairo, anche questa questione è stata posta come una puntuale richiesta di informazioni circa quello che è il comportamento del governo egiziano, anche dopo gli eventi in questo lasso di tempo ormai di quattro anni? Grazie.

  PRESIDENTE. Do la parola all'on. Pettarin.

  GUIDO GERMANO PETTARIN. Io credo che parte delle risposte alle mie domande potrebbero essere delicate, quindi eventualmente ci riserviamo poi, per quanto riguarda la risposta, di segretare. In parte, uno sviluppo di domande che altri colleghi hanno fatto. Prima domanda: alla Procura della Repubblica di Roma risultano aperti procedimenti formali nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riferibili al governo egiziano, ai servizi egiziani, per atti rilevanti penalmente sul nostro territorio nazionale come intimidazioni piuttosto che non fattispecie di questa natura? Rispetto a questo, risulta forse alla procura che vi siano procedimenti aperti a querela di parte piuttosto che non d'ufficio, sempre su queste medesime fattispecie? Seconda domanda: naturalmente la procura fa il suo mestiere, e ci mancherebbe. In riferimento a questo, la procura utilizza gli organismi della polizia giudiziaria. In questo contesto, i rapporti con i nostri servizi, piuttosto che non con i servizi di altri Paesi occidentali, vi sono stati, ci sono, non ci sono stati? Hanno avuto un contesto coerente? Da ultimo – anche questo è uno sviluppo forse un po’ più tecnico di alcune domande dei colleghi precedenti: per quanto riguarda gli interventi della famiglia, rispetto agli affermati e da noi conosciuti altri casi di scomparsi italiani al Cairo – anche se non scomparsi del tutto, per fortuna – risultano dei fascicoli aperti presso la procura o presso il sistema giudiziario italiano? Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Pettarin. Darei la parola al procuratore per rispondere. Ovviamente, la segretazione di eventuali risposte è a giudizio degli auditi.

  SERGIO COLAIOCCO, sostituto procuratore presso il Tribunale di Roma. Spero di essermi appuntato bene le molteplici domande.
  Poi, magari, mi aiutate a integrare, se dovessi dimenticare qualche passaggio. Proprio dopo la tragica vicenda di cui ci stiamo occupando, c'è stata una riforma legislativa che ha attribuito alla procura di Roma, sostanzialmente, in via praticamente esclusiva, i fatti commessi in danno degli italiani all'estero. In virtù di questo, noi, dal 2016, se la memoria non mi inganna, seguiamo tutti i fatti commessi in danno agli italiani all'estero. A noi non risultano altre denunce per altri sequestri di persona avvenuti in particolare in Egitto. Questo è il dato che noi abbiamo e questo è il dato che possiamo condividere. Per quanto riguarda l'attenzione stringente da parte di alcuni appartenenti alla National Security – e mi sembrava una domanda che andasse a incentrarsi un po’ sul movente, se ho capito bene la domanda... Cerco di richiamare e riparto da quello che avevamo detto nella precedente audizione, cioè: l'indagine ha cercato di ricostruire il più possibile le attività di Giulio Regeni sia in Italia, sia a Cambridge, sia quando è stato a Vienna, nei vari momenti della sua vita, al fine di ricostruirne con la maggiore precisione possibile la personalità e consentirci così di capire quali fossero gli ambiti di delicatezza o gli ambiti che potevano aver determinato i fatti. Alcuni depistaggi hanno tentato di indirizzare le indagini dipingendo Giulio Regeni per quel che non era. Penso al movente sessuale, penso agli altri tipi di depistaggi, quelli della banda criminale e quant'altro. La ricerca del movente è partita dal fare chiarezza su questi aspetti; quindi un po’ il contrario, cioè eliminare tutti quei moventi, tutte quelle ragioni che ci venivano offerte o proposte direttamente Pag. 9o indirettamente dai mass- media o dalle autorità per cercare di delineare il più possibile la personalità di Giulio. Come dicevo l'altra volta, nulla di significativo è emerso. La vita di Giulio, in particolare al Cairo, era una vita estremamente riservata, sobria, dedita solo ed esclusivamente all'attività di ricerca che lui sperava di poter terminare il più presto possibile. Aveva già comprato il biglietto aereo di ritorno; doveva rientrare dal Cairo il 23 marzo, quindi mancavano poche settimane al suo rientro dal Cairo. Non aveva attività particolari, se non vedersi la sera ogni tanto con gli amici con cui faceva attività di ricerca. Pertanto, il movente si è andato a incentrare sulla sua attività perché era l'unico elemento significativo che poteva essere di interesse. Il fatto poi che è emerso, cioè che alcuni appartenenti agli apparati lo avevano seguito, ha fatto coincidere i due fatti; cioè ha fatto sì che evidentemente, per qualche ragione che noi non siamo in grado di ricostruire compiutamente, la presenza di più ricercatori italiani, e non solo italiani, al Cairo in quei mesi ha attirato l'attenzione della National Security. D'altronde, se l'unica attività che lui svolgeva al Cairo era l'attività di ricerca... quelli interessati all'attività di ricerca evidentemente non potevano essere una banda criminale o avere un movente sessuale o un movente economico. Non c'è stata nessuna richiesta di denaro; non è stato un sequestro con finalità estorsive da parte di qualche banda criminale che ha chiesto un riscatto durante il suo sequestro. Se l'attività di ricerca era l'unica attività svolta da Giulio al Cairo, l'attività di ricerca doveva essere di interesse di qualcuno che aveva attenzione verso i sindacati indipendenti, per il ruolo dei sindacati indipendenti. Come accennavo prima, probabilmente, l'ipotesi della fondazione Antipode legata alle diecimila sterline è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso; il salto di qualità si è avuto dopo il ritorno di Giulio dalle festività natalizie, quindi in data 7 gennaio, quando è stata fatta l'attività di sorveglianza con la videocamera nascosta.
  Da lì probabilmente la situazione è precipitata ed è precipitata perché ha coinciso anche col fatto che mancavano pochi giorni al 25 gennaio. È ragionevole ritenere che alcuni componenti della National Security che hanno seguito Giulio per due mesi non smettano di seguirlo dopo che hanno fatto un'attività di videosorveglianza dieci giorni prima di una data particolare, come quella del 25 gennaio.
  Per quanto riguarda le attività di rogatoria dell'Egitto, già abbiamo detto che non c'è stato alcun risultato. Neanche dal Kenya abbiamo avuto alcuna risposta in ordine alle nostre richieste. L'onorevole Serracchiani ha fatto una ricostruzione precisa di quello che è successo il 31 gennaio in ordine alla richiesta di appuntamento dell'ambasciatore italiano al Cairo al Ministro degli interni, della diffusione alla stampa della notizia nello stesso 31 gennaio a mezzo ANSA da parte dell'ambasciata e della vicinanza delle date accertate dai consulenti legali, dal tossicologo in particolare, in ordine al momento della morte, con il momento della diffusione della notizia della scomparsa alla stampa. Ovviamente, sono dati che anche a noi hanno impressionato come contiguità di tempo, però ovviamente né spetta a noi una valutazione di ciò che è successo, di come l'ambasciata italiana al Cairo ha gestito la vicenda nei giorni dal 25 al 3 febbraio, non essendo evidentemente oggetto delle indagini, né siamo riusciti ad acquisire ulteriori elementi dalle autorità egiziane sui passaggi che sono intervenuti da parte loro in quei giorni. Purtroppo, per noi resta un punto non chiaro. Quanto alla vicenda relativa alla denuncia presentata dall'avvocato Ballerini alla DIGOS di Genova un po’ di tempo fa, la DIGOS di Genova ha regolarmente trasmesso questa denuncia alla procura di Roma. Non essendo stato presente, non so se l'avvocato Ballerini ha fatto riferimento o meno alla circostanza per cui uno dei consulenti al Cairo della famiglia Regeni è stato oggetto di un'attività da parte delle autorità egiziane, nel corso di una telefonata che avveniva tra l'avvocato Ballerini dall'Italia e i consulenti, una telefonata molto lunga in cui facevano il punto sulla situazione sulle questioni e sulle strategie ulteriori della famiglia rispetto a tutta questa vicenda. Nel Pag. 10corso di questa telefonata, sembra che siano intervenute le autorità egiziane, che hanno poi bloccato e fermato i consulenti. A seguito di questa coincidenza temporale, l'avvocato Ballerini ha presentato una denuncia in ordine a questi fatti, ma, come voi capite, anche in questo caso, esula del tutto dalla nostra possibilità e dalla sovranità delle autorità italiane accertare le scelte, le condotte e le possibilità che le autorità egiziane ritengono di fare nel proprio territorio e a tutela del proprio Paese. Noi abbiamo scelto di fare richieste su ciò che era essenziale per la ricostruzione dei fatti e delle responsabilità in ordine alla morte di Giulio Regeni e anche su questo attendiamo ancora le risposte. Più aumentavamo le richieste, probabilmente meno risposte avremmo avuto e comunque questo non può essere oggetto di una rogatoria, perché non c'è nessuna competenza della magistratura italiana su quanto avviene in altri Paesi.

  MICHELE PRESTIPINO GIARRITTA, procuratore della Repubblica f.f presso il Tribunale di Roma. Risponderò io a un paio di altre domande. Voglio partire dalla domanda dell'onorevole Centemero sulla sensibilizzazione politica. Io prima ho detto che la procura della Repubblica fa la procura della Repubblica e mi scuso se può sembrare una cosa banale, ma ovviamente non è banale. L'ho premesso perché è chiaro che in una vicenda del genere interagiscono e ovviamente interferiscono le scelte, l'attività istituzionale di diverse autorità, e non si tratta solo della procura della Repubblica. Noi ovviamente abbiamo un'interlocuzione con altri soggetti istituzionali. Abbiamo ovviamente un rapporto con le forze di polizia giudiziaria per effettuare le attività di indagine che competono alla procura della Repubblica. Ovviamente abbiamo un'interlocuzione anche con altre autorità istituzionali e sicuramente le abbiamo avute, le abbiamo e continueremo ad averle con la Farnesina, per quel che serve per esempio per l'inoltro dell'attività della rogatoria. Noi non abbiamo convenzioni né con l'Egitto né con il Kenya, per cui abbiamo bisogno ovviamente, per ottenere risultati, che i competenti organi politici ci aiutino su questa parte, che è tecnica. È chiaro che non sta a noi sollecitarlo, però noi abbiamo un tipo di ordinamento della magistratura che prevede autonomia, indipendenza, eccetera. In Egitto hanno altre regole istituzionali. Questo non lo so dire, però è probabile che lì un intervento di altro genere possa aiutare, sensibilizzare o comunque motivare maggiormente l'autorità giudiziaria. L'autorità giudiziaria egiziana evidentemente è soggetta a tutta una serie di altre regole, che comprendono anche la nomina negli incarichi direttivi. Il procuratore generale del Cairo è stato sostituito e tutti i magistrati sono stati sostituiti come si fa in Italia in altre amministrazioni. Ovviamente queste sono scelte ordinamentali di cui noi non possiamo che prendere atto. Se si agirà nel senso di aiutare l'autorità giudiziaria egiziana a rispondere alle nostre domande, alle nostre rogatorie, ovviamente noi non potremmo che essere soddisfatti di questo. L'autorità giudiziaria, di regola, non ha rapporti con le agenzie di sicurezza. Noi abbiamo rapporti con le forze di polizia giudiziaria. In questo caso noi abbiamo rapporti formali e, ovviamente, con il Raggruppamento operativo speciale dei carabinieri e il Servizio centrale operativo della polizia di Stato. L'unica autorità giudiziaria che ha istituzionalmente dei rapporti con le agenzie di sicurezza è la Procura generale presso la Corte d'appello di Roma, che ha tra le sue attribuzioni un compito particolare, quello di autorizzare una serie di attività di carattere preventivo, che vengono gestite dalle agenzie di sicurezza. Questa è l'unica competenza che preveda un rapporto tra agenzia di sicurezza e autorità giudiziaria. Noi non abbiamo rapporti con le agenzie di sicurezza né su questo né su altre vicende, il che non significa che le forze di polizia giudiziaria, invece, possano interloquire, e anche, devo dire, molto utilmente con le agenzie di sicurezza, che fanno un lavoro diverso da quello che fa la polizia giudiziaria. La polizia giudiziaria fa un lavoro di ausilio all'autorità giudiziaria. Svolge le indagini che vengono delegate dall'autorità giudiziaria, oltre che ovviamente ricercare le notizie di reato. Nell'ambito di queste Pag. 11attività, soprattutto la parte di prevenzione e di ricerca delle notizie di reato, le forze di polizia giudiziaria possono avere rapporti anche con le agenzie di sicurezza. Ovviamente, sono rapporti che rimangono riservati e tali devono rimanere. Il nostro codice di procedura penale prevede la tutela assoluta delle fonti della polizia giudiziaria, anche di fronte all'autorità giudiziaria. L'autorità giudiziaria non può obbligare la polizia giudiziaria a rivelare l'identità delle proprie fonti. Nel procedimento penale e nel processo è previsto che non si possono utilizzare fonti diverse da fonti identificate, regola alla quale ovviamente è assolutamente indispensabile e necessario attenersi. La polizia giudiziaria è però tutelata. I rapporti sono con la polizia giudiziaria e non devono essere portati alla nostra conoscenza. Io posso esprimere al riguardo l'opinione che c'è una buona interazione tra i vari comparti istituzionali, cioè tra chi si occupa di sicurezza e chi si occupa di prevenzione. Una buona interazione aiuta a svolgere meglio le attività di indagine che la procura delega alla polizia giudiziaria, ma questa è una parte che ci sfugge, per cui ovviamente io non so rispondere alla domanda dell'onorevole Serracchiani: perché in quei giorni l'allora direttore dell'AISE, il dottor Manenti, si trovasse al Cairo. È una cosa che non è oggetto della nostra attività di indagine. Semmai dovesse emergere che c'è una rilevanza, ci porremo il problema di chiedere informazioni. In altre attività investigative, per la verità, è capitato che abbiamo interloquito, ma a livello istituzionale, con acquisizione per esempio di documenti presso le agenzie di sicurezza. Si fa però attraverso la polizia giudiziaria e nell'ambito di un'esigenza legata a un'attività di indagine. Se dovesse emergere, come abbiamo fatto in altre occasioni, lo faremo anche in questa.

  PRESIDENTE. Hanno chiesto di parlare il vicepresidente Trancassini e il deputato segretario Ungaro.

  PAOLO TRANCASSINI. Molto brevemente, volevo sapere che opinione vi eravate fatta, se c'era una spiegazione sul perché, sostanzialmente, ci hanno fatto ritrovare il corpo. Io stamattina ho dato un'occhiata alle carte. C'è una grande differenza fra l'esame autoptico fatto in Egitto, al Cairo, e quello che poi è avvenuto in Italia. Poi comincia questa corsa a mascherare, a depistare eccetera. Quando si fa ritrovare il corpo, è un fatto in controtendenza. Io ho cercato di fare delle ipotesi, ma volevo sapere da voi quello che pensavate su questo fatto, che è abbastanza strano. Volevo sapere se invece è in linea con qualche problematica interna, con qualche segnale o qualche messaggio che qualcuno doveva mandare a qualcun altro, perché, certo, il depistaggio successivo sarebbe stato molto più semplice se il corpo non fosse stato fatto trovare.

  PRESIDENTE. Do la parola al collega Ungaro.

  MASSIMO UNGARO. Avevo due domande: una puntuale e per l'altra lascio valutarne al presidente l'eventuale segretazione. Io procedo. La prima è: lei ha giustamente messo in risalto come il fatto della possibilità di finanziamenti da un'associazione britannica abbia suscitato un'accelerazione, un cambio alla situazione di Giulio al Cairo. Io volevo chiedere – perché noi abbiamo visto il video, abbiamo sentito la vostra audizione dell'altra volta, abbiamo visto i documenti – come esce fuori l'ipotesi di un finanziamento. È Abdallah che richiede aiuto perché lui vuole l'operazione della figlia – lo dice molto bene il video – o è Giulio che lo menziona? A me questo sembra molto importante perché è ovvio, lei ha detto molto bene... questo anniversario dei cinque anni della rivoluzione, che è fondamentale, spiega la paranoia del regime. Dall'altra parte, ovviamente, c'è un ricercatore come tanti dottorandi dell'università americana del Cairo. Ce ne sono tantissimi. Da questa conversazione mi sembra che il finanziamento emerga il 7 gennaio, quindi tre settimane prima. Credo che sia molto importante capire come sia uscito fuori il tema del finanziamento, perché ovviamente voi sapetePag. 12 che nel giro c'è sempre questa ipotesi delle spie anglosassoni, americane o inglesi, che millantano, appoggiano e fomentano rivolte. Sappiamo molto bene che ruolo hanno svolto nel 2011 i sindacati indipendenti. Seconda domanda, invece... riprendo la domanda degli onorevoli Magi, Serracchiani e Trancassini, ovvero: che idea vi siete fatti sul movente? È ovvio che voi siete la magistratura, me ne rendo molto ben conto. È ovvio che il vostro è ruolo molto definito, però voi siete l'organo che ha elementi maggiori, anzi si è andati molto ben oltre quello che ci si sarebbe potuti aspettare, data la contingenza di voi situata in Italia rispetto a un caso situato in una terra straniera. Poi forse addirittura le autorità egiziane si sono stupite del livello di scoperte a cui siete pervenuti, arrivando addirittura a cinque nomi nel registro degli indagati. Per noi è molto importante che voi ci spieghiate, o almeno condividiate con questa Commissione, che idea vi siete fatti su quello che è... dopotutto mi immagino... non faccio l'investigatore, ma per un investigatore è fondamentale capire il perché, il movente. Mi dispiace, ma qui devo richiamare due elementi, se posso, un pochino più in profondità. È ovvio, grazie anche all'esame autoptico già riferito più volte, che la morte di Giulio è stata deliberata. Non è un caso, non è un errore; è stata deliberata. Qui o si tratta di uno scambio di persona, ma è improbabile perché sappiamo molto bene che in quei giorni l'ambasciatore aveva più volte fatto delle rimostranze presso le autorità egiziane, quindi lo scambio di persona è veramente improbabile dopo più giorni in detenzione. Secondo: un errore, che poi si è voluto coprire con la sparizione, ma qui è molto importante, come dice il collega Trancassini, capire perché far ritrovare il cadavere in un regime che da quarant'anni è specializzato nel far sparire le persone. Ovviamente non è riferibile tutto ad al-Sisi, ma agli anni di Mubarak, ma sappiamo molto bene che c'è una continuità operativa totale tra gli organi sotto Mubarak e quelli che poi vanno sotto Morsi e al-Sisi. Il terzo caso, e ovviamente forse lo posso dire io ma non voi, è quello di dare un segnale nel quinto anniversario della rivoluzione di Tahrir, in una regione in cui ci sono disordini in Sudan, in Libia e il paese è alla fame, dopo gli eventi estremamente pesanti della Fratellanza mussulmana, la destituzione di Morsi, il processo a Morsi e oltre cinquecento imputati della presidenza Morsi. È un regime in piena paranoia con operatori di sicurezza che hanno trenta-quaranta anni di esperienza e chiaramente individuano in un elemento straniero la possibilità di dare un segnale molto forte: anche davanti a un passaporto straniero di un cittadino studente straniero. In teoria doveva essere più protetto; non ci si ferma neanche lì e quindi si vuole mandare un messaggio, anche perché le ipotesi di depistaggio sono un po’ ridicole: quella dell'incidente stradale, quella del delitto omosessuale...sono abbastanza ridicole. È un insulto alla nostra intelligenza. Mi immagino che voi non possiate commentare. Questa è un'ipotesi possibile, ma noi non possiamo non chiederci il movente di questa situazione. Grazie.

  PRESIDENTE. La collega Suriano voleva aggiungere una domanda.

  SIMONA SURIANO. Volevo sapere sul fronte britannico con Cambridge che tipo di indagini state conducendo. Grazie.

  PRESIDENTE. La parola ai procuratori per la risposta.

  SERGIO COLAIOCCO, sostituto procuratore presso il Tribunale di Roma. Parto dalle ragioni del ritrovamento del corpo, che sono collegate al movente. Su questo aspetto, noi, che siamo la parte investigativa, ovviamente non siamo riusciti a dare una spiegazione univoca o certa dei fatti. Noi abbiamo una serie di dati di fatto che possono essere letti allo stato delle indagini e delle acquisizioni in modi anche diversi e contrastanti. Innanzitutto, l'affermazione da cui normalmente si parte e da cui anche lei questa mattina è partito – cioè perché è stato fatto ritrovare il corpo – presuppone la certezza che c'era la volontà di farlo ritrovare, che non è univoca. Sull'incrocio Pag. 13dove è stato ritrovato, cioè un incrocio stradale tra due strade – e come avrete in futuro modo di vedere direttamente dalla documentazione, non su quella che noi definiremmo «un'autostrada», ma su una strada che aveva dei muraglioni in cemento armato alti tre metri, lunga chilometri e chilometri, immaginare che qualcuno potesse ritrovare questo corpo non è così evidente. Ovverosia, è chiaro che vi erano molti altri modi per far sparire il corpo, probabilmente più facili, ma immaginare che nel giro di ventiquattr'ore o quarantott'ore, cioè nell'immediatezza e magari in coincidenza con la presenza del Ministro Guidi al Cairo, vi fosse certezza che questo corpo, che è il corpo di Giulio, si ritrovasse proprio in quel momento... Non vi è certezza, anche perché la versione ufficiale del rinvenimento del corpo che è stata fornita è che casualmente un pulmino, un NCC, un taxi del Cairo, ha forato una gomma, e casualmente, proprio in quel punto, si è fermato; solo per necessità fisiologiche di alcune delle persone presenti sul pulmino, hanno fatto un tratto di strada a piedi, girato dietro questo cemento armato e lì hanno ritrovato il corpo di Giulio. Se si voleva far ritrovare o meno il corpo di Giulio è una circostanza non chiara. A questo ovviamente è legato il discorso della ripresa della domanda sul movente centrato sui depistaggi e sull'attività. Innanzitutto faccio un'osservazione: come sempre, in queste vicende, e soprattutto quando ci andiamo a confrontare, cosa che abbiamo – devo confessare – scontato anche noi della procura di Roma nei primi mesi, gli investigatori e colleghi della procura egiziana non hanno il nostro stesso modo di affrontare gli aspetti investigativi, sia dal punto di vista processuale, ma anche proprio meramente investigativi. Faccio alcuni esempi per chiarire questa premessa. Quando nel depistaggio del 24 marzo furono ritrovati i documenti di Giulio, per loro non era necessario spiegare come ci fossero arrivati. Sono stati ritrovati i documenti di Giulio; e quindi il caso è chiuso. Questo fu il 24 pomeriggio. Quando il nostro team investigativo tornò immediatamente, disse: benissimo, sono stati loro, ma avete accertato dove stavano il 25 gennaio? Se sono stati loro, dov'erano il 25 gennaio? Domanda banale! Come fate a dire che erano loro che stavano al Cairo? Poi si accertò che neanche al Cairo stavano, ma per loro l'indagine era chiusa. Ciò che a noi risulta surreale, paradossale, ingenuo o infantile come spiegazione non lo è ad altri occhi. Anche far ritrovare il corpo seminudo di Giulio era un'indicazione abbastanza univoca del movente. Attribuire in sede di medicina legale la morte a un ematoma subdurale e quindi alla causa tipica di incidente stradale era un altro... L'approfondimento investigativo, l'approfondimento giudiziario dei casi e dei moventi non è uguale in tutti i Paesi. Questo è per dire che le ragioni che hanno portato alla ricostruzione – non solo del momento del sequestro, che ormai, in virtù della collaborazione, in virtù degli elementi acquisiti autonomamente dal nostro ufficio, ha un sufficiente livello di certezza, ma anche delle fasi successive, come diceva il procuratore, cioè quella delle torture e della morte – non sono state ancora illuminate. La nostra collaborazione con il Cairo mira soprattutto alla speranza di riuscire a illuminare anche questa seconda e terza fase. Abbiamo degli elementi di fatto che possiamo enunciare con certezza, cioè che la morte è stata volontariamente inflitta e non è stata conseguenza delle torture, che la morte è avvenuta in quella fascia di tempo che è stata poc'anzi ricordata. Avere elementi certi per capire che cosa è successo in quella settimana, al di là delle ipotesi, delle speculazioni o delle rappresentazioni anche degli osservatori, dei giornalisti, degli analisti, dal punto di vista strettamente investigativo... in questo momento, non abbiamo certezze delle ragioni e del perché quei pochi fatti accertati sono andati in quel modo. Speriamo in futuro, se l'Egitto ci vorrà dare qualche risposta, di riuscire a illuminare anche la seconda e terza fase. Per quanto riguarda la fondazione Antipode, anche qui un inquadramento generale: nei mesi di novembre e dicembre Giulio Regeni, un po’ in virtù dell'età, un po’ in virtù dell'entusiasmo che metteva e per la passione che aveva nell'attivitàPag. 14 che faceva, passa dodici o tredici pomeriggi nei mercati con i rivenditori di strada e stringe una sorta di rapporto di amicizia con questi ragazzi suoi coetanei che vendono oggettini nelle bancarelle. Faccio un esempio: le prime volte sono loro a offrirgli il tè e a offrirgli da bere. Lui sente il dovere di ricambiare e le volte successive si presenta lui con dei pasticcini per loro. Si crea una sorta di solidarietà in virtù del fatto che sono coetanei, in virtù dell'attenzione, in virtù anche dell'interesse di Giulio per il loro lavoro e si crea una sintonia, almeno quella che Giulio nei suoi report fa apparire essere una sintonia – poi sapremo che non è esattamente così dall'altra parte – quindi si crea un feeling tra loro, che è frutto della passione e dell'interesse. Faccio un altro esempio: a un certo punto Giulio entra in possesso attraverso il sindacalista Abdallah della mappa di una proposta, fatta dai sindacati indipendenti, di suddivisione per il Cairo delle postazioni dei rivenditori di strada. Il sindacato autonomo dei venditori di strada propone, studia – non so se sia mai stata proposta – e mette su carta una ipotesi di suddivisione dei luoghi dove i rivenditori di strada potevano fare le proprie attività di vendita, perché sperava, almeno questo emerge dall'investigazione, di poterla avanzare alle autorità. Giulio entra in possesso, perché il sindacalista Abdallah gliene dà copia, di questa mappa della dislocazione dei rivenditori di strada e ritiene questo elemento molto significativo. Perché? Non tanto evidentemente per la risuddivisione e per la localizzazione, ma come segno della volontà dei sindacati indipendenti di avere un'interlocuzione col sistema egiziano e quindi avere interlocuzione con le autorità che noi definiremmo «municipali» del Cairo. La loro costruzione di un'associazione sindacale, la loro ricerca di un colloquio con le autorità costituite erano segno di un percorso che questi sindacati stavano facendo e lui in virtù di questa sintonia che riteneva di avere con i ragazzi che facevano la vendita ma anche col loro capo, Said Abdallah, il capo dei sindacalisti, si sente partecipe di questo loro lavoro, di questa aggregazione sociale che piano piano si sta concretizzando. In questo quadro esce fuori la fondazione Antipode: cioè Giulio, venendo dal Regno Unito, sapeva probabilmente dell'esistenza di questa fondazione, la quale non finanzia attività di ricerca, quindi non sono borse universitarie, non sono attività di ricerca astratta, ma sono attività di sovvenzionamento sociale, per cui – poi lo vedrete più specificamente negli atti e fra l'altro è disponibile in rete – la fondazione Antipode è tuttora attiva ed esiste e ogni anno fa dei bandi, in cui dietro presentazione di un progetto finanzia per un massimo di 10.000 sterline questi progetti per favorire lo sviluppo sociale. Almeno a quanto risulta a oggi a noi, è Giulio Regeni che fa per la prima volta la proposta al sindacalista Abdallah. Gli indica questa possibilità: voi potete o direttamente come sindacato indipendente o tramite Hoda Kamel, di quel centro di sviluppo sociale di cui abbiamo parlato all'inizio di questa audizione, chiedere questo sovvenzionamento, in modo tale che in queste attività di inserimento e di strutturazione del vostro sindacato potete avere un sovvenzionamento da questa fondazione Antipode. Un riscontro dell'interesse della National Security su questa fondazione Antipode l'abbiamo, perché intorno al 18 dicembre l'ultima cosa che Giulio fa prima di tornare per Natale a Fiumicello è quella di consegnare la stampa di questo modulo al sindacalista Abdallah a cui l'aveva chiesto il maggiore Sharif. Sharif attraverso l'agente Najim, che è uno dei cinque, fa chiedere al sindacalista Abdallah di ottenere da Giulio lo schema di richiesta, un modulo bianco che Giulio consegna al sindacalista Abdallah e che Abdallah consegna al maggiore Sharif. Questo porterà poi al famoso video del 7 gennaio in cui Abdallah viene incaricato di capire di più della fondazione Antipode e di queste 10.000 sterline. Il sindacalista Abdallah poi tenterà di approfittare di queste 10.000 sterline per uso personale, cioè di prendere una percentuale su queste 10.000 sterline e nel video, che è noto anche alla stampa, Giulio dice: «Non se ne parla assolutamente, io sono un ricercatore non c'entro nulla con questi soldi. Vi indico una strada, ma poi la dovete Pag. 15perseguire autonomamente. Non sono soldi che spettano a me, non sono soldi che potete prendere singolarmente. È l'aggregazione del sindacato indipendente che eventualmente può fare questa richiesta». È un'opzione. Era un'idea, nulla di più, che però poi viene probabilmente male interpretata e che poi determina quello che è successo.
  Ultima questione su Cambridge: come abbiamo già detto più in dettaglio la volta scorsa, siamo riusciti a chiarire a nostro parere in modo abbastanza definito una serie di aspetti, cioè il fatto che non sono emersi elementi di rapporti di Giulio Regeni con altri soggetti se non istituzioni universitarie, né dal punto di vista dei rapporti personali, né dal punto di vista economico, attraverso l'esame dei conti correnti inglesi che risultavano ai genitori di Giulio Regeni, di cui abbiamo acquisito i dati su cui non risultano versamenti da altre fonti. Risultano versamenti solo per borse di studio e da Oxford Analytica, che è una società per cui lui ha lavorato un anno, nella quale si occupava di effettuare un'attività di collazione di report che venivano da varie parti del mondo e offrirle alle società che acquisivano questo servizio da Oxford Analytica, quindi era un'attività solamente di collazione di notizie che pervenivano dai vari inviati nelle varie aree geopolitiche. Giulio doveva fare solo un'attività di collazione e presentarle entro mezzogiorno di ogni giorno ai loro clienti. Era un'attività del tutto diversa da quella di ricerca. Tant'è vero che lui se ne lamenta per tutto l'anno e al termine dell'anno dà le dimissioni, quindi dal punto di vista economico non è emerso altro. Dal punto di vista dei rapporti con l'università dopo un primo momento di poca collaborazione nell'agosto 2016, se non erro, vi fu un intervento, un incontro tra il Presidente Renzi e la Premier May, dopo il quale si sbloccarono rapidamente i rapporti con la situazione di Cambridge. L'Università di Cambridge ha fornito di sua spontanea volontà, senza nemmeno la necessità di rogatoria, tutti i dossier e tutta la documentazione relativa a quanto aveva di Giulio Regeni e quindi ha riversato due o tre faldoni di attività amministrativa, che poi in realtà per il 90 per cento era: la domanda di iscrizione al master, la richiesta di alloggio e quant'altro, cioè attività amministrativa di nessun interesse. Tra queste – segnalo per completezza – c'è anche il modulo di cui si è parlato più volte nel quale, a doppia firma di Giulio Regeni e della professoressa Maha Abdelrahman, si attestava che l'Egitto non era un Paese che presentava problemi di sicurezza. Con l'Università di Cambridge dopo un'iniziale difficoltà di rapporti, c'è stata la massima collaborazione e oggi non abbiamo nessun'altra richiesta pendente con l'Università di Cambridge. Anzi quando poi nel gennaio 2018 sono andato a Cambridge ad ascoltare la professoressa Maha Abdelrahman, che si rifiutò di parlare un'altra volta con noi – ma facemmo subito dopo la perquisizione – l'Università di Cambridge aprì immediatamente le porte e mise a disposizione, senza neanche dover fare l'atto coattivo della perquisizione, lo studio della professoressa Mabel Abdelrahman e fu fatta la perquisizione nello studio della professoressa con la massima collaborazione delle autorità del Regno Unito, così come massima collaborazione c'è stata da parte dell'autorità centrale della cooperazione giudiziaria di Londra che ha favorito e ha facilitato ogni nostra richiesta in questo senso. Per cui al di là del ruolo della professoressa Maha Abdelrahman, le cui scelte processuali di non collaborazione e le cui contraddizioni in ordine a circostanze sia piccole sia grandi rimangono un mistero di questa vicenda – del perché questa professoressa così vicina a Giulio abbia sempre rifiutato di collaborare – al di là di questa singola posizione personale, sia le autorità statali inglesi e la polizia del Cambridgeshire, sia l'università di Cambridge hanno dato risposta a tutte le nostre richieste.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio. Io adesso faccio qualche domanda, da aggiungere nella mia qualità di commissario. La prima riguarda l'inizio della tessitura della ragnatela, ovvero quando il coinquilino, l'avvocato El Sayed, e Noura vengono coinvolti e se avevano dei rapporti o se siete riusciti a ricostruire se avevano rapporti antecedenti Pag. 16con la National Security, oppure se vengono agganciati e in che momento per costruire la ragnatela attorno a Giulio. La seconda domanda è sul ruolo di Rabab El Mahdi e di Hoda Kamel: ritenete che siano totalmente estranee o in qualche modo possono essere considerate anche loro degli attori rispetto poi alla tessitura della ragnatela? Noi sappiamo che è Hoda Kamel che mette in contatto Giulio con Abdallah e risulta anche un incontro a tre nella sede dell'ONG di Hoda Kamel, quindi se in qualche modo Hoda Kamel può essere consapevole di stare mettendo Giulio in contatto con un collaboratore della National Security. La terza domanda riguarda le notizie riportate da Declan Walsh del New York Times che voi avete ritenuto di non dovere sentire, ma se avete fatto un approfondimento per verificare le notizie riportate dal New York Times sul fatto che i servizi americani erano a conoscenza e la Segreteria di Stato americana era a conoscenza del fatto che fossero state le autorità egiziane ed erano informati di quello che stava accadendo e che di questo avevano tempestivamente informato le autorità italiane appena venutine a conoscenza. La quarta domanda è se avete letto i verbali egiziani degli interrogatori dei cinque indagati in cui hanno negato ogni addebito, considerando che, anche sulla base della legislazione egiziana, non era possibile la vostra presenza a quegli interrogatori, quindi se la procura egiziana vi ha fornito questi verbali e l'ultima, una domanda che riguarda piuttosto questa Commissione ovvero: quale pensate che possa essere e se ci possa essere un contributo che questa Commissione può dare alla vostra indagine.

  SERGIO COLAIOCCO, sostituto procuratore presso il Tribunale di Roma. La domanda di quando la National Security ha attenzionato Giulio Regeni è una domanda sicuramente molto interessante. Peccato che purtroppo non abbiamo un livello di ricostruzione dei fatti così dettagliato. Nel senso che come inquirenti tendiamo a ritenere che – così rispondo anche all'altra parte della domanda – non c'è nessun elemento che faccia pensare che la professoressa Rabab della American University e Hoda Kamel abbiano rapporti diretti con la National Security o abbiano avuto un ruolo attivo nell'ambito di questa vicenda, altrimenti sarebbero sul registro degli indagati della Procura di Roma e così non è. Noi non abbiamo nessun elemento per fare affermazioni di questo tipo. Questo ci induce a ritenere che gli incontri avvenuti nella prima metà di ottobre, mi pare fino al 20-25 ottobre tra Hoda Kamel, Said Abdallah, il sindacalista, e Giulio Regeni siano degli incontri neutri, irrilevanti per la National Security e che la denuncia di Said Abdallah alla National Security, che non è stato mai accertato con certezza in che data sia avvenuta, debba essere collocata tra la fine delle attività svolte nella sede del centro di sviluppo economico e sociale e il momento in cui vanno a fare il primo giro per i mercati ai primi di dicembre. Perché? Perché Said Abdallah a fine ottobre si rifiuta di accompagnare Giulio per i mercati e nel giro di venti giorni cambia idea e dice di sì. Loro fanno tre interviste a ottobre e questo è un fatto certo, che finiscono verso il 20 ottobre. Verso il 20 ottobre Sahid Abdallah dice: «No, non è possibile. Io non posso accompagnare uno straniero che fa domande per i mercati del Cairo» e gli dice di no. A fine novembre lo chiama e gli dice: «Sì, sono disponibile. Andiamo insieme». Che cosa è successo in quei venti giorni, un mese? Probabilmente è avvenuta la denuncia, quindi noi collochiamo l'attenzione della National Security in quel mese, tra fine ottobre e fine novembre.
  La procura egiziana ci ha riferito che non era possibile per noi né ascoltare direttamente, né essere presenti quando loro ascoltavano i cinque indagati dalla Procura di Roma, i cinque poliziotti, ma ci ha trasmesso successivamente non uno ma più verbali, effettuati dalla Procura generale del Cairo, che ha direttamente ascoltato i cinque poliziotti, alcuni in più occasioni, e ci ha trasmesso tutti questi verbali.
  Vicenda New York Times: lì è sostanzialmente frutto di quello che in parole semplici io definirei un equivoco, ovverosia nell'immediatezza dei fatti un soggetto di origini egiziane fa sapere alla nostra ambasciata a Washington che ha notizie sulla Pag. 17vicenda di Giulio. Questa notizia attraverso la Farnesina arriva a noi e noi disponiamo che l'ufficiale di polizia presente all'ambasciata di Washington avesse un contatto diretto con questa persona. Ovviamente la sede di Washington contatta le autorità locali, non potendo evidentemente fare un'attività all'insaputa delle stesse, e insieme all'FBI ascoltano questo ex generale egiziano, il generale Afifi, il cui nome corrisponde anche ad altri soggetti. Allo stesso nome, per semplificare le indagini, corrispondono più soggetti. Il generale Afifi, che chiede di parlare, riferisce a Washington nelle prime settimane – era il mese di febbraio, mi pare, febbraio, marzo del 2016 – riferisce che una sua fonte egiziana gli avrebbe detto – adesso perdonerete se non ricordo esattamente le parole – che erano stati gli apparati egiziani a sequestrare Giulio. Alla richiesta di maggiori particolari, perché evidentemente così è una notizia del tutto inutilizzabile per un procedimento penale, lui dice che non ritiene di dover fornire ulteriori elementi e che era tutto quello che intendeva riferire. Voi immaginate facilmente che con la rilevanza mediatica che ebbe in quei mesi e che ha tuttora questa vicenda molteplici erano le fonti di soggetti rivelatesi poi del tutto inattendibili o fantasiose che hanno riferito di avere circostanze utili. È stata fatta un'attività ancora una volta con grande spendita di energie e di capacità, di Polizia e Carabinieri con noi, di selezione di queste fonti per verificare la congruenza con i dati certi. Questa è una fonte sostanzialmente, un teste de relato di fonte anonima, quindi praticamente il nulla. Così questa vicenda è stata archiviata. Che cosa è successo? Successivamente questa notizia, essendo presente l'FBI all'ascolto, è entrata anche nel circuito americano, degli Stati Uniti ed è tornata come notizia passata dal governo americano al governo italiano, ma in realtà l'attività originaria era stata svolta dalle autorità italiane, dall'Ambasciata a Washington. Quindi il presunto scoop di fine agosto 2017 – non a caso il presunto scoop avvenuto quando l'Italia rimanda l'ambasciatore in un momento in cui c'era molta polemica su queste vicende – in realtà è stato tutto un equivoco, perché non è che il Governo italiano non aveva riferito alla procura notizie a sua conoscenza. Era stata la procura ad avere questa notizia attraverso l'ambasciata che comunque è sempre articolazione della Farnesina e quindi del Governo. Erano tutte notizie che a noi erano note che ovviamente non erano andate sulla stampa. Dal corrispondente americano del New York Times si è creato tutto un equivoco che però non aveva nessuna sostanza e nessuna solidità.

  MICHELE PRESTIPINO GIARRITTA, procuratore della Repubblica f.f. presso il Tribunale di Roma. Davvero una battuta sull'ultima sollecitazione del presidente che ringrazio e sul contributo che può dare la Commissione all'indagine penale. Io credo che il ruolo, i compiti di questa Commissione siano importantissimi. Mi riallaccio a quello che prospettava nella sua domanda l'onorevole Ungaro. Quando si procede per un omicidio, è chiaro che c'è la questione del movente. La perimetrazione e l'individuazione del movente è un elemento dell'indagine penale. Su questo ovviamente non c'è dubbio e non c'è dubbio che dentro al movente, probabilmente anche in questo caso, bisogna distinguere sempre l'occasione, cioè la causa specifica che può costituire l'occasione che determina un dettaglio, un particolare evento, dal movente nel senso inteso come contesto in cui poi si genera quell'occasione che causa la determinazione di un evento. È chiaro che qui ci sono due questioni: la questione delle attività che Giulio Regeni svolgeva al Cairo, sulle quali poi si innesta la questione delle 10.000 sterline. La questione delle 10.000 sterline è successiva all'attività e ciò che ha determinato la causa dell'attenzione è l'attività sulla quale poi si è innestata la questione delle 10.000 sterline. Ovviamente noi cerchiamo la causa. Cerchiamo di delineare l'occasione. Cerchiamo di delineare il movente, inteso in senso tecnico rispetto a un determinato fatto. Anche in questo caso lo facciamo e lo stiamo facendo, però ovviamente una Commissione d'inchiesta come questa ha degli spazi e delle potenzialità di indagine – perché questa è una Commissione d'inchiesta – sulla delineazione del Pag. 18contesto anche di tipo politico che a noi sono, non dico precluse, però fuoriescono dalla nostra stretta competenza. Credo che sotto questo punto di vista il lavoro di questa Commissione non può che essere un lavoro importante anche per la nostra indagine, così come è avvenuto già in passato, in altre occasioni, con altre Commissioni d'inchiesta, le cui conclusioni, i cui lavori e la cui elaborazione poi sono risultati fondamentali. Io quando mi occupo e parlo molto spesso o in sedi accademiche o in sedi divulgative dei problemi attinenti alla mafia, consiglio a tutti di leggersi la famosa relazione della prima Commissione di inchiesta sul fenomeno mafioso in Sicilia che fu una Commissione storica non soltanto per la composizione di quella Commissione, fatta di persone di elevatissimo livello accademico, professionale, di esperienze. Quella prima relazione della Commissione d'inchiesta parlamentare, depositata agli inizi degli anni Sessanta – credo fosse il ’63 o il ’64, perché poi generò un primo intervento normativo nel ’65 è un atto assolutamente indimenticabile, nel senso che è un atto che chi vuole conoscere le mafie deve leggere, perché in quella relazione c'era la spiegazione più coerente, più approfondita e probabilmente più esaustiva. Tant'è vero che quello è un documento che conserva ancora una grandissima attualità sul fenomeno mafioso. Sono passati tantissimi anni, probabilmente dire tantissimi anni è poco... sono passate ere glaciali. Il nostro Paese è cambiato radicalmente. Sono cambiate le mafie. Lo Stato ha fatto grandissimi passi avanti da questo punto di vista, però quel documento è un documento storico che nessuno potrà mai cancellare né ignorare. Io credo che questo sia il senso dei lavori di una Commissione come questa. Questa ovviamente ha un oggetto più mirato, più specifico, su un particolare evento, ma sono certo che i vostri lavori saranno per noi di grande utilità. Di questo ringrazio il presidente e i componenti di tutta la Commissione.

  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Prestipino e il dottor Colaiocco per il contributo che hanno dato anche oggi ai lavori di questa Commissione e ringrazio tutti i colleghi per le domande. Soprattutto ringrazio la Procura di Roma per avere instaurato un rapporto di reciproca collaborazione che spero possa essere fruttifero per quello che riguarda la nostra parte. Il nostro lavoro è quello di ricostruire in primo luogo la verità storica e speriamo di fare la nostra parte dentro questo cammino per la verità. Volevo aggiungere solo due osservazioni o meglio dare due comunicazioni: la prima rispetto a una questione che era stata sollevata sulla segretezza o meno delle sedute – avremo modo di discuterne anche in Ufficio di presidenza – ma è mia opinione che i lavori di questa Commissione debbano essere per lo più pubblici e che si debba ricorrere alla seduta segreta su richiesta degli auditi quando questi ritengano che le loro dichiarazioni possano essere sensibili, quindi che possano pregiudicare in particolar modo l'andamento delle indagini. Per quanto attiene invece alla seconda informazione, è che oggi con la presenza qui della Procura è stata depositata la terza parte di atti, come anticipato, ce ne sarà una quarta che poi completerà l'acquisizione di atti da parte della Commissione. Anche di questo, della celerità, vista la mole e la complessità degli atti, ringrazio la Procura. Ringrazio tutti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 11.25.