XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati

Resoconto stenografico



Seduta n. 27 di Martedì 28 maggio 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 2 

Audizione del direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), Alessandro Bratti:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 2 
Bratti Alessandro , Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ... 2 
Ferla Maurizio , Direttore del centro nazionale per la caratterizzazione ambientale e la protezione della fascia costiera e oceanografia operativa ... 3 
Bratti Alessandro , Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ... 7 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 8 
Nugnes Paola  ... 8 
Ferla Maurizio , Direttore del centro nazionale per la caratterizzazione ambientale e la protezione della fascia costiera e oceanografia operativa ... 8 
Nugnes Paola  ... 8 
Ferla Maurizio , Direttore del centro nazionale per la caratterizzazione ambientale e la protezione della fascia costiera e oceanografia operativa ... 8 
Bratti Alessandro , Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ... 8 
Del Monaco Antonio (M5S)  ... 8 
Bratti Alessandro , Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ... 8 
Nugnes Paola  ... 9 
Bratti Alessandro , Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ... 9 
Braga Chiara (PD)  ... 9 
Bratti Alessandro , Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ... 9 
Ferla Maurizio , Direttore del centro nazionale per la caratterizzazione ambientale e la protezione della fascia costiera e oceanografia operativa ... 9 
Bratti Alessandro , Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ... 9 
Lorefice Pietro  ... 9 
Ferla Maurizio , Direttore del centro nazionale per la caratterizzazione ambientale e la protezione della fascia costiera e oceanografia operativa ... 10 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 10 
Ferla Maurizio , Direttore del centro nazionale per la caratterizzazione ambientale e la protezione della fascia costiera e oceanografia operativa ... 10 
Bratti Alessandro , Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ... 11 
Ferla Maurizio , Direttore del centro nazionale per la caratterizzazione ambientale e la protezione della fascia costiera e oceanografia operativa ... 11 
Bratti Alessandro , Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ... 11 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 11 
Ferla Maurizio , Direttore del centro nazionale per la caratterizzazione ambientale e la protezione della fascia costiera e oceanografia operativa ... 11 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 11 
Ferla Maurizio , Direttore del centro nazionale per la caratterizzazione ambientale e la protezione della fascia costiera e oceanografia operativa ... 11 
Nugnes Paola  ... 11 
Ferla Maurizio , Direttore del centro nazionale per la caratterizzazione ambientale e la protezione della fascia costiera e oceanografia operativa ... 11 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 11 
Ferla Maurizio , Direttore del centro nazionale per la caratterizzazione ambientale e la protezione della fascia costiera e oceanografia operativa ... 12 
Bratti Alessandro , Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ... 12 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 12 

(La seduta, sospesa alle 9.50, è ripresa alle 10.10) ... 12 

Comunicazioni del Presidente:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 12

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
STEFANO VIGNAROLI

  La seduta comincia alle 8.55.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione degli impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione streaming sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), Alessandro Bratti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), l'onorevole Alessandro Bratti, accompagnato dal direttore del Centro nazionale per la caratterizzazione ambientale e la protezione della fascia costiera e l'oceanografia operativa, l'ingegner Maurizio Ferla, che ringrazio per la presenza.
  L'audizione odierna rientra nell'ambito dell'approfondimento che la Commissione sta svolgendo sul dragaggio nei porti.
  Comunico che gli auditi hanno preso visione della disciplina relativa al regime di pubblicità del resoconto stenografico della seduta.
  Invito i nostri ospiti a svolgere una relazione, al termine della quale seguiranno eventuali domande da parte mia o dei miei colleghi.

  ALESSANDRO BRATTI, Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Buongiorno a tutti. Ho un paio di considerazioni iniziali da esporre, successivamente, se il presidente lo consente, darei la parola all'ingegner Ferla, responsabile del Centro nazionale.
  Come il presidente ha ricordato, l'istituto si è organizzato per mettere anche in evidenza alcune problematiche particolarmente significative. Una di queste riguarda il tema delle coste e dei cosiddetti siti di transizione, quei siti che rimangono tra la parte squisitamente marina e la terraferma, sui quali l'istituto ha acquisito una certa esperienza. Tutto il tema dei sedimenti ci vede impegnati per diversi motivi.
  I porti hanno sempre avuto la necessità di essere dragati e non c'è dubbio che questi sedimenti sono spesso oggetto di inquinamento, per cui devono essere trattati con tutte le accortezze necessarie da un punto di vista ambientale per consentire ai porti di funzionare facendo in modo che queste operazioni avvengano nel rispetto di tutte le norme ambientali.
  Alcune situazioni sono particolarmente critiche da un punto di vista normativo e sono oggetto di discussioni attuali. Per noi, quindi, quest'audizione è particolarmente importante. Cercheremo anche di darvi, dal vostro punto di vista, dal punto di vista tecnico, qualche elemento perché possiate affrontare nella veste di legislatori qualche situazione oggi particolarmente complicata e di difficile soluzione.
  Abbiamo deciso, visto che so che c'è un forte interesse su tutta la vicenda del Veneto, di fare un focus sul tema Venezia nel corso della nostra presentazione. La questione che riguarda i dragaggi della Laguna ha una sua particolare delicatezza e importanza. Pag. 3
  Se lei mi consente, lascerei la parola all'ingegner Ferla per una presentazione di una ventina di minuti, in cui cercherà di inquadrare da un punto di vista anche tecnico la problematica. Poi, ovviamente, se ci saranno delle domande o se avrete necessità di acquisire ulteriori documentazioni, siamo assolutamente a disposizione e ve le faremo avere nel più breve tempo possibile.

  MAURIZIO FERLA, Direttore del centro nazionale per la caratterizzazione ambientale e la protezione della fascia costiera e oceanografia operativa. Cercherò di delineare, nell'ambito di questa presentazione, le problematiche principali legate al tema dei sedimenti portuali.
  Il titolo, come vedete, è abbastanza interlocutorio. Quello di utilizzarli come risorsa è un percorso ancora tutto da scoprire.
  I porti, come tutti sanno, rappresentano delle entità in forte interazione con l'ambiente costiero, se non altro perché determinano importanti interferenze con le dinamiche naturali proprio della costa. I porti stessi a loro volta sono sede di accumulo di sostanze contaminanti, e questo comporta un rischio di dispersione verso il mare e rispetto a tutte le matrici ambientali, l'acqua, i sedimenti, il biota, tutto ciò che rappresenta organismi viventi.
  Sono lo snodo di tutte le attività antropiche che ruotano attorno alla fascia costiera, la pesca, il turismo, i traffici marittimi. E rappresentano, ovviamente, l'anello centrale di sviluppo di un Paese, soprattutto per quanto riguarda i trasporti, naturalmente proteso verso il mare. Noi abbiamo 8.500 chilometri di costa, e rappresentiamo in pratica un'enorme banchina proiettata verso il Mediterraneo.
  I nostri porti sono oggetto di grandi e progressivi investimenti: realizzazione di nuove banchine, adeguamento di quelle esistenti, dragaggio dei fondali per adeguare i pescaggi all'ormeggio di navi di dimensioni sempre più grandi, realizzazione di strutture di interscambio di passeggeri, di home port, di scambio di rifornimenti. Rappresentano, quindi, di per sé un elemento anche di domanda crescente di mobilità verso l'interno, verso tutte le strutture di collegamento stradale, ferroviario e aeroporti.
  Come sottolineava il direttore generale, quello di liberare i porti dai sedimenti è un tema storico. Tutte le grandi civiltà si sono sviluppate in vicinanza all'acqua, che sia fiume o mare, e il tema della navigabilità, dell'accesso è sempre stato oggetto di particolare attenzione.
  Modernamente, in epoca industriale, il tema dei sedimenti richiama necessariamente quello della contaminazione, lo stato di qualità degli stessi.
  Oggi, le tecniche di valutazione dello stato della qualità dei sedimenti sono più avanzate rispetto ad una ventina di anni fa, e quindi l'approccio è legato soprattutto agli effetti ambientali o, se vogliamo, alla salute umana, provando a integrare diverse linee di evidenza, che non sono soltanto lo stato chimico dei sedimenti, in quanto vengono messi nel conto anche gli aspetti ecotossicologici, cioè la tossicità che determinati contaminanti possono avere rispetto ad organismi bersaglio caratteristici dell'ambiente. Questo è un approccio nuovo.
  Come è inquadrato il tema dei sedimenti nell'ambito normativo? Sostanzialmente, ci sono due grossi filoni che fanno riferimento al testo unico ambientale. Il primo è quello che riguarda i SIN, i siti di interesse nazionale, inquadrati nella parte IV del testo unico ambientale, in raccordo con la legge n. 84 sul riordino della legislazione in materia dei porti, in particolare all'articolo 5-bis, laddove stabilisce che il tema della movimentazione deve avere come cautela il concetto di evitare le dispersioni e, soprattutto, non pregiudicare la bonifica dei siti.
  I due decreti attuativi, del 7 novembre 2008 e il decreto ministeriale n. 172 del 2016, rappresentano la normativa tecnica alla base di questa parte del tema dei sedimenti.
  L'altra parte sta nella parte III del Testo unico ambientale, dove si parla di difesa del suolo, di tutela delle acque dall'inquinamento e di gestione delle risorse idriche, in particolare all'articolo 109, laddove al Pag. 4comma 2 si parla di immersione in mare di materiale proveniente dagli scavi.
  È un tema di stretta competenza regionale, che recentemente ha avuto come normativa tecnica di attuazione un apposito decreto ministeriale, il n. 173 del 2016, con un allegato tecnico piuttosto corposo e articolato, laddove trovano concreta applicazione quei princìpi di integrazione delle diverse linee di evidenza.
  Ci tengo a sottolineare che sullo sfondo di questa parte del problema rimane il tema dell'adesione del nostro Paese ad alcuni trattati internazionali, primo tra tutti la London Convention sulla protezione dall'inquinamento dell'ambiente marino, oltre alla Convenzione di Barcellona sul tema della protezione dell'ambiente mediterraneo.
  Veniamo al tema dei SIN. Ci sono siti il cui perimetro si estende in aree portuali nel nostro Paese. Sono situazioni particolarmente complesse, anche in termini di valutazione dello stato di contaminazione: contesti sociali difficili; spesso, il tema ambientale si contrappone a quello della sostenibilità occupazionale; aspetti di tipo giudiziario, con il coinvolgimento di diverse amministrazioni; problemi di raggiungimento di intese estremamente complessi.
  Vediamo un po’ com'è inquadrato il tema della movimentazione dei sedimenti all'interno dei SIN. Qui le opzioni di gestione sono fissate direttamente dalla legge. Come vedete, nella prima parte della diapositiva c'è una serie di opzioni che consentono il riutilizzo del materiale nell'ambito dell'ambiente naturale, e in particolare dell'ambiente marino per quanto riguarda il rifacimento degli arenili e di terrapieni costieri, il miglioramento dei fondali marini. Nella seconda parte trovate la cosiddetta filiera di terra, cioè la possibilità che il sedimento sia riutilizzato a terra, e qui entra in gioco tutta la parte della normativa che riguarda più strettamente le bonifiche, quindi l'analisi di rischio.
  Quello che ha voluto sottolineare il legislatore, soprattutto con il decreto ministeriale n. 172, è l'importanza di un percorso estremamente dettagliato e articolato sul progetto di dragaggio proprio per definire percorsi e passaggi attentamente valutati per prevenire quegli effetti di dispersione che possono avere ricadute nell'ambiente circostante, soprattutto per non pregiudicare la futura possibilità di bonificare i siti.
  Chiaramente, il tutto va calato in realtà estremamente diversificate. Questi sono tre esempi di SIN (la rada di Augusta, il porto di Napoli e il porto di Marina di Carrara) in cui le situazioni sono estremamente complesse, ma soprattutto estremamente diversificate.
  Veniamo alla parte destra della colonna che vi mostravo poco fa, al decreto n. 173.
  Come dicevo, parliamo del regolamento sulle modalità dei criteri tecnici per l'autorizzazione dell'immersione in mare di materiale di scavo dei fondali marini, una norma tecnica attesa da tanto tempo dagli operatori del settore. Prima di questa norma, si andava avanti con un manuale, soggiungo benemerito, sostanzialmente una linea guida che avevano elaborato APAT (Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici) e ICRAM (Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare), oggi ISPRA, adottata come punto di riferimento per questo tipo di operazioni fino all'uscita di questo decreto.
  A differenza del caso dei SIN, qua le classi di qualità, le opzioni di gestione sono stabilite per regolamento, che fissa cinque classi di qualità. Le uniche due classi di qualità, ovviamente le migliori, che consentono il riuso dei sedimenti sono quelle che vedete lì in alto, con possibilità di riutilizzare sotto determinate condizioni il sedimento per ripascimenti costieri – quello dell'erosione costiera è un altro tema estremamente sensibile per il nostro territorio – e di riutilizzare i sedimenti in ambiente conterminato, quindi sostanzialmente per strutture portuali.
  Ovviamente, queste sono opzioni che il regolamento raccomanda di considerare attentamente prima di mettere in conto l'opzione dell'immersione in mare. Abbiamo sedimento di buona qualità, dobbiamo utilizzarlo piuttosto che abbandonarlo in mare. Pag. 5
  Le altre tre rappresentano le situazioni più compromesse, laddove è consentita la possibilità di riutilizzare il sedimento ancora in ambiente costiero, tranne l'ultimo caso, quello della situazione più compromessa, in cui il sedimento va a un destino diverso.
  Abbiamo fatto riferimento agli effetti causati all'ambiente dall'attività di dragaggio, soprattutto l'aumento della torbidità. Questo ha delle conseguenze in termini di disponibilità di ossigeno per la biocenosi acquatiche. La variazione delle concentrazioni soprattutto di nutrienti alla colonna d'acqua può avere una ricaduta laddove, per esempio, negli ambienti portuali ci sono le attività produttive. Vedete il caso della rada di La Spezia, dove ci sono tante attività legate alla molluschicoltura.
  Infine, per uscire da questo meccanismo, proviamo a guardare che cosa succede altrove. Allargando la visione al contesto europeo, si vede che la possibilità di riutilizzo dell'ambiente naturale è estesa anche ad altri aspetti più specificatamente ambientali. C'è il tema del ripristino morfologico, e ne vedremo un esempio più avanti a proposito della Laguna di Venezia, ma c'è anche il tema della riutilizzazione dei sedimenti in ambito fluviale, della ricostruzione morfologica dei corsi d'acqua o del recupero delle aree umide.
  C'è poi tutto un filone cosiddetto di terra che vede la possibilità di trattare i sedimenti e di riutilizzarli in ambito prettamente di attività di ingegneria civile: materiali da costruzione, ma anche realizzazione di opere di difesa dalle inondazioni, argini, ringrossi e così via.
  Questa è una diapositiva che raccoglie alcune attività che come ISPRA stiamo svolgendo nell'ambito di un progetto Interreg Italia-Francia proprio sul tema della gestione della filiera di terra dei sedimenti. È un progetto che stiamo svolgendo attraverso la nostra sede di Livorno. Oltre al tema della ricognizione del confronto degli aspetti normativi tra i due Paesi, prova anche a fare una ricognizione delle best practice, delle migliori tecnologie per il trattamento, svolgendo anche attività sperimentali sul posto, per esempio attraverso piccoli impianti di soil washing.
  Qui c'è proprio il tema della sperimentalità. Quello che vedete in alto è un impianto che abbiamo messo su proprio in prossimità della nostra sede di Livorno. C'è da sottolineare che, per trattare 3 tonnellate di sedimento dragato, dico 3, non 300 o 3 milioni, abbiamo dovuto soggiacere a un regime autorizzatorio tipico di un impianto di trattamento rifiuti di una città di 200.000 abitanti, tanto per dare qualche idea.
  Altro passaggio importante è dato dall'impiego delle nanotecnologie. La ricerca, da questo punto di vista, ci dà importanti indicazioni sull'utilizzo dei nanomateriali e sulle loro proprietà assorbenti, e quindi di fissazione dei contaminanti. Questo è un aspetto di frontiera, molto importante, che potrebbe dare dei risultati assai lusinghieri.
  Infine, vorrei richiamare la vostra attenzione sulla situazione di Venezia. Se c'è un luogo in cui il problema del riuso dei sedimenti è cruciale, è proprio la Laguna.
  La Laguna, come sapete, da circa centocinquant'anni è soggetta a un processo di degrado morfologico, che vede proprio la scomparsa di tutti quei caratteri ambientali tipici dell'ambiente lagunare, vale a dire i bassi fondali e quelle superfici di poco al di sopra del livello medio del mare, le cosiddette «barene», che hanno un valore naturalistico, un valore conservazionistico particolarmente importante.
  Le cause sono diverse: la crescita del livello medio del mare, l'azione del vento e anche attività antropiche. Ricordiamoci comunque che Venezia è un porto, è da mille anni che è un porto e che vive di portualità e che grazie alla sua storia marittima ha dominato per mille anni il Mediterraneo. Per mille anni, quindi, ha sempre combattuto col tema dell'interrimento, dapprima operando l'estromissione dei grandi corsi d'acqua dalla Laguna e, grosso modo tra l'Ottocento e il Novecento, col tema della rettificazione delle foci, delle imboccature fluviali.
  Questo, comunque, ha determinato delle condizioni di squilibrio, sostanzialmente, per cui oggi la Laguna perde sedimento. Pag. 6Non andrò nel particolare, ma se qualcuno lo richiede lo possiamo fare. Sottolineo soltanto che il traffico marittimo, il passaggio di una nave all'interno dei canali lagunari determina delle correnti di ritorno che non fanno altro che trascinare il sedimento dal basso fondale verso il fondo del canale. In parte, il sedimento viene catturato dalle correnti di marea, e quindi viene disperso verso il mare, con bilancio negativo sul sedimento; in parte, rimane sul fondale e deve essere costantemente dragato per consentire il passaggio delle imbarcazioni.
  E qua si pone il problema di recuperare questo sentimento, utile per ricostruire quelle strutture morfologiche necessarie per la conservazione dell'ambiente naturale. Un milione di metri cubi l'anno è la stima di fabbisogno di sedimento per la Laguna per le esigenze di recupero di morfologia lagunare.
  Come vengono trattati, come vengono gestiti i sedimenti oggi in Laguna? Non esiste un regolamento preciso. Esiste un protocollo sottoscritto nel 1993 tra il Ministero dell'ambiente, l'allora Ministero dei lavori pubblici, la regione, i comuni e tutte le amministrazioni locali che aveva, ha, un approccio abbastanza datato, cioè esclusivamente chimico, basato esclusivamente su un numero limitato di contaminanti. Le possibilità di riutilizzo per strutture morfologiche attraverso questo sistema sono estremamente limitate, possibili esclusivamente con i sedimenti di classe A.
  Questo è un forte limite rispetto a tante questioni che riguardano l'integrità della Laguna di Venezia, primo tra tutti proprio il recupero morfologico.
  Si pone il problema del superamento di questa norma, soprattutto il Ministero delle infrastrutture. Come sapete, infatti, nell'ambito della legislazione speciale per Venezia, il Ministero delle infrastrutture è l'organo indicato per l'esecuzione degli interventi di competenza dello Stato, il tema del recupero morfologico rientra tra le attività assegnate dalla legge speciale di Venezia allo Stato. Il tema del disinquinamento del bacino scolante, invece, è attribuito alle regioni. Il tema del recupero del patrimonio edilizio è attribuito alle amministrazioni comunali, sempre nel quadro della legislazione speciale.
  Il Ministero delle infrastrutture si è fatto parte promotrice per il superamento di questo protocollo attraverso il provveditorato interregionale alle opere pubbliche, proponendo un approccio ispirato all'allegato tecnico del decreto ministeriale n. 173. È intervenuto il Ministero dell'ambiente sottolineando alcuni passaggi importanti sull'opportunità di avere una certa cautela nella possibilità di applicare quel decreto, pensato per l'ambiente marino e non per la movimentazione di sedimenti all'interno della Laguna. Da qui è nata l'esigenza di un tavolo di confronto, in cui siamo stati coinvolti anche ISPRA, come SNPA (Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente), e che ha consentito soprattutto di elaborare un confronto tecnico abbastanza serrato, abbastanza «vivace», che alla fine ha dato vita a una nuova struttura, a una nuova metodologia di approccio su cui si sta ancora lavorando.
  La nuova metodologia poggia esclusivamente su tre princìpi. Il primo è quello previsto dall'articolo 185, comma 3, del testo unico, cioè il principio di esclusione del regime dei rifiuti dei sedimenti, condizione possibile nel caso in cui i sedimenti non presentino caratteristiche di pericolosità.
  Altro principio è la conservazione, il non pregiudicare gli obiettivi ambientali previsti dalle principali direttive comunitarie. Nel 1993 non c'era questo contesto ambientale così importante, articolato e diversificato.
  Infine, c'è l'aspetto cautelativo, la verifica della compatibilità fisica, chimica ed ecotossicologica, tra il sito di prelievo e quello di destinazione attraverso un'attività di analisi e di monitoraggio molto puntuale.
  La nuova metodologia messa a punto, su cui si sta ancora lavorando, ha già individuato le nuove classi di qualità per la Laguna di Venezia, con un miglioramento significativo rispetto alla condizione precedente, laddove la possibilità di riutilizzo di sedimenti è consentita attraverso le prime Pag. 7due classi, sostanzialmente. Torno un attimino indietro.
  Le altre classi, tranne l'ultima, consentono ancora un riutilizzo dei sedimenti in Laguna a condizione che non ci sia il contatto con le acque lagunari, quindi che non ci sia la possibilità di trasferimento di contaminante verso le acque.
  Un passaggio importante è stato l'aspetto riguardante la classificazione chimica e la possibilità di adattare i limiti di tossicità L1 e L2 previsti dal decreto ministeriale n. 173 del 2016 al caso della Laguna di Venezia, un'attività per cui siamo stati chiamati a espletare uno studio di approfondimento.
  A parte il discorso dell'esame di un data set estremamente esteso – non sto qui a tediarvi con i numeri – la cosa importante è questa: il data set ci ha dato delle buone risposte per quanto riguarda il primo limite, L1, al di sotto del quale sostanzialmente non abbiamo effetti di tossicità evidenti nell'ambiente. Il secondo limite, invece, quello che un po’ discrimina tra la situazione di tossicità accettabile e il caso di tossicità assolutamente non compatibile, richiede ulteriori approfondimenti, soprattutto per alcuni contaminanti che riguardano la parte dei pesticidi.
  C'è da aggiungere che, quando verrà licenziato questo provvedimento, dovrà essere applicato a tutta la Laguna, quindi anche a quegli ambienti un po’ più compromessi, vale a dire i rii interni alla città, e soprattutto i canali industriali in prossimità dell'area di Porto Marghera.
  Ultima considerazione, si sta dibattendo in questi giorni sulla veste giuridica di questo strumento. Non vi sfugge che la veste giuridica deve essere robusta, e questo per un aspetto di garanzia non solo per chi deve autorizzare e per chi deve eseguire le operazioni di dragaggio, ma soprattutto – qua ci sentiamo un po’ coinvolti – per chi deve controllare la corretta esecuzione degli interventi. Grazie.

  ALESSANDRO BRATTI, Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Intervengo solo per focalizzare alcuni punti della relazione molto importanti. Il primo è quest'ultimo. Tutto lo studio tecnico, che ormai va avanti da parecchio tempo, ha necessità di avere una veste giuridica. Non può essere un protocollo. Può essere un decreto interministeriale, o comunque uno strumento che dia una veste normativa. Non vi sfugge la delicatezza dell'operazione. Un abito giuridico molto debole non consente di eseguire in maniera ottimale il lavoro in Laguna. Ve lo consegniamo come indicazione in quanto legislatori anche per un eventuale confronto col Governo, con cui comunque stiamo ragionando al riguardo.
  L'altra questione che mi preme sottolineare è che, come veniva ricordato dall'ingegner Ferla, stiamo facendo una serie di sperimentazioni per cercare di utilizzare quei dragaggi con piccoli impianti pilota, che sono veramente poca cosa, ma lo stato autorizzativo di quest'impianti equivale quasi a quello di un inceneritore. Per potere attivare quell'impianto, si impiega molto tempo: è un impianto di trattamento rifiuti a tutto tondo. Questo, chiaramente, limita moltissimo la sperimentazione, soprattutto quando si è all'interno di progetti europei che hanno una tempistica ben determinata. Trovare una facilitazione per aiutare la sperimentazione su queste tecnologie innovative sarebbe estremamente opportuno.
  Non abbiamo toccato la terza questione, ma che credo sia altrettanto importante. Ci sono alcune situazioni nel Paese veramente particolari, una per tutte la laguna di Grado e Marano, di cui questa Commissione si è occupata anche nelle precedenti legislature, che ha una tematica molto specifica che riguarda il mercurio che non è di facile risoluzione. Il problema è veramente molto complesso e va assolutamente approfondito, non solo da un punto di vista tecnico e ambientale. Ci sono anche delle questioni di carattere sanitario che vanno considerate. Il problema non è ancora risolto.
  Anche quella regione si trova in difficoltà per tanti motivi. Gli operatori, chiaramente, hanno necessità di dragare. Dall'altro lato, c'è un problema di carattere ambientale e sanitario che deve essere assolutamente considerato. Anche su questo probabilmente un intervento normativo sarebbe importante.

Pag. 8

  PRESIDENTE. Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  PAOLA NUGNES. Vi ringrazio molto. Ho tre richieste di chiarimento/approfondimento.
  Innanzitutto, nell'elaborazione di queste linee guida che poi dovranno avere una veste giuridica importante sono state da ISPRA evidenziate delle criticità? Mi farebbe piacere saperlo.
  Per quanto riguarda le nanotecnologie per la fissazione dei contaminanti, si può avere un approfondimento dello sviluppo della sperimentazione?
  Questi impianti pilota per il dragaggio hanno anche una possibilità di utilizzo per quanto riguarda i fanghi? Se potessimo avere una documentazione di approfondimento per capire anche a che cosa si sta puntando, che cosa si riesce a ottenere, su quali contaminanti si riesce a lavorare, sarebbe molto interessante.

  MAURIZIO FERLA, Direttore del centro nazionale per la caratterizzazione ambientale e la protezione della fascia costiera e oceanografia operativa. In relazione alle criticità e alle linee guida a cui stiamo lavorando, si riferiva forse al caso Venezia?

  PAOLA NUGNES. Sì.

  MAURIZIO FERLA, Direttore del centro nazionale per la caratterizzazione ambientale e la protezione della fascia costiera e oceanografia operativa. Sì, ci sono delle criticità. Le ho delineate. Riguardano le esigenze di approfondimento del database utilizzato per verificare l'applicabilità dei limiti L1 e L2 chimici previsti dal decreto ministeriale n. 173 al caso della Laguna di Venezia. Qua c'è un'esigenza di approfondimento, di arricchire questo database.
  È un'operazione che in sé non costerebbe tantissimo. Si tratta alla fin fine di fare una cinquantina di campioni mirati in zone in cui siamo sicuri di andare a pescare quei contaminanti che non sono stati evidenziati nella prima fase.
  Quanto al discorso delle nanotecnologie, stiamo seguendo il progetto europeo Nanobond. Mi riservo di dare dei dettagli più appropriati. Stiamo lavorando in concorso con l'università di Siena. Su questo sicuramente ci sono delle prospettive assai interessanti.
  Per quanto riguarda l'impiantino pilota, è un impianto sperimentale costruito per sviluppare la cosiddetta filiera di terra, cioè la possibilità di riutilizzare a terra il sedimento dopo averlo decontaminato e trattato. In altri Paesi, come Francia e Germania, lo usano per fare asfalti. L'obiettivo è la possibilità di far rientrare questo materiale in cicli produttivi anche di tipo industriale, quindi la possibilità di incentivare anche queste forme di economia virtuosa.

  ALESSANDRO BRATTI, Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Per fanghi, no. Credo che questo sia specifico per i sedimenti.

  ANTONIO DEL MONACO. Nelle prime slide ho letto che per Bagnoli si è trattato di 600 milioni buttati. Che cosa significa? E di chi è la responsabilità?

  ALESSANDRO BRATTI, Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Di fatto, lì abbiamo riportato semplicemente una notizia giornalistica, però sulla vicenda di Bagnoli è noto che ci sono pagine e pagine, tra l'altro scritte anche da questa Commissione nel passato, essendo stata oggetto di ben due relazioni approfondite.
  Non siamo i più titolati a parlare di responsabilità, perché ovviamente non è nostro compito. Sicuramente, ci sono state delle problematiche anche di natura tecnica che sono state poi approfondite. Recentemente, con l'intervento del commissario, sono state riprese.
  Tra l'altro, lì abbiamo una funzione molto marginale. Tutta l'analisi dei sedimenti credo venga fatta dalla stazione zoologica Anton Dohrn, con cui noi collaboriamo, ma abbiamo solo riportato un reperto giornalistico per far capire, semmai ce ne sia Pag. 9bisogno, la complessità di alcune situazioni, alcune delle quali, come era ricordato in una riga, hanno visto anche interventi dell'autorità giudiziaria importanti, anzi in tantissimi SIN per vari motivi c'è stato l'intervento dell'autorità giudiziaria. Bagnoli è un caso, ma ce ne sono tantissimi altri dove, o per il trattamento dei sedimenti o comunque per l'attività di gestione, sono state aperte indagini giudiziarie.

  PAOLA NUGNES. Si riferivano all'investimento che ha riguardato poi il processo, giusto? Io non ero presente, mi scusi.

  ALESSANDRO BRATTI, Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). La slide richiamava la complessità della situazione.
  Sì, ma non l'ha detto ISPRA. È un giornale... Il tema era quello della criticità dei SIN, e tra le criticità, oltre a quelle di natura tecnica, ci sono anche quelle di natura giudiziaria.
  Non a caso, vi abbiamo detto che una delle preoccupazioni che abbiamo riferite a Venezia è di avere un quadro giuridico robusto, altrimenti il rischio che anche in quest'operazione si aprano attività giudiziarie può essere molto forte. Di conseguenza, è opportuno che l'approccio normativo sia chiaro e forte, sennò il rischio di avere un altro articolo anche su altre questioni, anzi una successione di articoli del genere che mettono in mostra delle problematiche di carattere giudiziario, può assolutamente aumentare. Quando abbiamo indicato le critiche problematiche nei SIN, abbiamo aggiunto in molti casi l'intervento dell'autorità giudiziaria e come esempio è stato scelto di riportare la vicenda di Bagnoli, né più e né meno. Ci tengo a precisarlo.

  CHIARA BRAGA. Io vorrei passare dalla foto al lavoro che il direttore ci ha detto che si sta facendo con il Ministero dell'ambiente sulla stesura: può darci qualche indicazione più precisa? L'interlocuzione è solo col Ministero dell'ambiente o coinvolge altri ministeri per la traduzione di questo protocollo in una veste giuridica più efficace?

  ALESSANDRO BRATTI, Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). L'ingegner Ferla mi corregga se sbaglio, ma tra i soggetti interessati non c'è solo il Ministero dell'ambiente. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti svolge un ruolo importante. C'è la regione Veneto, che svolge un ruolo altrettanto importante. Ci siamo noi, ovviamente, come ISPRA. C'è tutto il sistema, quindi anche l'ARPA Veneto. Poi c'è il comune di Venezia, tutte le autorità marittime. I soggetti sono tanti.
  Chiaramente, i due soggetti interessati dal punto di vista della costruzione dell'architettura normativa sono MIT e Ministero dell'ambiente. Sono questi i due soggetti.
  Abbiamo avuto diversi incontri. Siamo a un punto in cui da punto di vista tecnico una serie di problematiche pensiamo di averle affrontate, comprese quelle complesse, che magari, come è stato ricordato, necessitano di qualche approfondimento. L'interlocuzione tecnica, che ormai va avanti da qualche mese, se non di più, è definita. Il ministero è stato opportunamente informato con varie lettere protocollate, non ultima...

  MAURIZIO FERLA, Direttore del centro nazionale per la caratterizzazione ambientale e la protezione della fascia costiera e oceanografia operativa. È una notizia che ho raccolto qualche giorno fa: pare che il provveditorato alle opere pubbliche abbia fatto un quesito all'Avvocatura dello Stato proprio per conoscere l'orientamento dal punto di vista giuridico su quella che potrebbe essere la veste più idonea per questo documento.

  ALESSANDRO BRATTI, Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Vi lasciamo la relazione, se avrete bisogno di integrazioni le manderemo.

  PIETRO LOREFICE. Per quanto riguarda le tecnologie di dragaggio, ho visto Pag. 10su Internet questa Ecodragaggio LIMPIDH2O, la Decomar, e sostanzialmente c'è una draga che in parte fa una separazione fisica: avete approfondimenti in merito? Conoscete la tecnologia? Sulle varie tecnologie di dragaggio avete approfondimenti puntuali?

  MAURIZIO FERLA, Direttore del centro nazionale per la caratterizzazione ambientale e la protezione della fascia costiera e oceanografia operativa. Abbiamo pubblicato l'anno scorso una linea guida proprio sul tema del dragaggio. È una linea guida che, attraverso un approccio – permettetemi il tecnicismo – di tipo modellistico, cioè utilizzando dei codici di calcolo che simulano il processo di dispersione del materiale movimentato, valuta anche caso per caso, qualunque sia l'approccio utilizzato per prelevare il materiale, quali possono essere gli impatti. Viene considerato il dragaggio idraulico, il dragaggio ambientale, un po’ tutti gli aspetti che la tecnica comune impiega per questo tipo di operazione proprio per dare la possibilità agli operatori di orientare le strategie di campionamento, di monitoraggio e di valutazione degli effetti delle operazioni sull'ambiente.
  Su questo c'è questa linea guida uscita l'anno scorso, su cui abbiamo riscontrato parecchio interesse da parte non solo della comunità scientifica, ma anche degli operatori stessi.

  PRESIDENTE. Qual è la situazione dei fiumi? C'è un'attività di dragaggio? Si utilizzano le stesse norme, le stesse tecniche?
  Noi andremo a visitare i principali porti per vedere la situazione dei dragaggi: voi avete dei dati relativi ai volumi per ogni porto? Soprattutto, di questi volumi, quanti vengono semplicemente riutilizzati rimettendoli in mare? Quanti, invece, vengono messi in vasche, di terre di riempimento? Qual è l'utilizzo che ne viene fatto? A livello pratico, come avvengono le analisi e i controlli per stabilire l'utilizzo che è possibile farne?

  MAURIZIO FERLA, Direttore del centro nazionale per la caratterizzazione ambientale e la protezione della fascia costiera e oceanografia operativa. Parto dai sedimenti fluviali.
  Qui c'è un vulnus nella normativa. Non abbiamo una normativa che stabilisce i criteri per la movimentazione dei sedimenti in ambito fluviale. Stiamo lavorando assieme al Ministero dell'ambiente, al Ministro delle infrastrutture e assieme alla regione Lombardia sul nuovo decreto, previsto all'articolo 104 del testo unico ambientale, che riguarda la gestione degli invasi.
  Noi abbiamo un patrimonio di 500 grandi dighe nel nostro Paese, quindi parliamo di impianti con altezze superiori ai 15 metri e bacino superiore al milione di metri cubi che hanno una vita media di settant'anni, per cui queste operazioni di sfangamento, di recupero di capacità di invaso presentano dei profili di criticità. Attraverso questo nuovo strumento tecnico, stiamo provando a dare risposta alla possibilità di rimovimentare questo sedimento intrappolato in questi ambienti soprattutto per gli aspetti legati per esempio alla ricostruzione di morfologia fluviale.
  Non vi sfuggirà che il tema è complesso. In settant'anni, quello che succede in un bacino idrografico sotteso da una diga è un mondo che cambia: insediamenti urbani, insediamenti industriali, l'uso del suolo che cambia, deforestazione. Dentro questo sedimento non possiamo escludere di trovare effetti di attività antropiche che ne limitano il riutilizzo.
  In relazione alla stima, all'inventario nazionale dei volumi movimentati nell'ambito dei porti, per quanto riguarda l'attività dei SIN siamo chiamati istituzionalmente dal Ministero dell'ambiente per gli aspetti legati alle valutazioni tecniche, quindi ai pareri sui progetti. Una qualche idea per quanto riguarda i SIN, quindi, ce l'abbiamo.
  Per tutto il resto, la materia è di competenza regionale. Quello delle autorizzazioni alla movimentazione di sedimenti fuori dai SIN è un tema che il decreto ministeriale n. 173 affida direttamente alle regioni. Sarebbe importante svolgere un'attività di raccordo anche in ambito SNPA con Pag. 11l'ausilio delle ARPA, che per forza di cose comunque intervengono nei processi di valutazione di questi progetti, ed effettuare una sorta di censimento. Io lo prendo come spunto.

  ALESSANDRO BRATTI, Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Per i SIN riusciamo a darvi dei dati. Se andate a fare visite puntuali in alcuni siti di interesse nazionale, vi faremo avere la documentazione necessaria.

  MAURIZIO FERLA, Direttore del centro nazionale per la caratterizzazione ambientale e la protezione della fascia costiera e oceanografia operativa. Per quanto riguarda il tipo di analisi e di controlli, quelli sono stabiliti normativamente. C'è l'intervento di laboratori accreditati per la parte chimica ed ecotossicologica. La normativa, soprattutto per quanto riguarda i SIN, è molto precisa sul tipo di rilievi da fare e soprattutto sul tipo di controlli a cui vengono sottoposti e che chiamano in causa necessariamente le agenzie, il sistema nazionale.

  ALESSANDRO BRATTI, Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). È un po’ un parallelo con quello che succede nei siti a terra. Chiaramente, c'è una caratterizzazione che deve essere fatta dai sedimenti, e poi c'è una verifica, un controllo fatto dall'autorità competente, che in questo caso è l'agenzia regionale, che deve prelevare una serie di campioni, fare le controanalisi e verificare la credibilità del piano di caratterizzazione che il proponente ha fatto.

  PRESIDENTE. Magari solo per i siti SIN la maggior parte di questo dragaggio viene portato in discarica o viene riutilizzato?

  MAURIZIO FERLA, Direttore del centro nazionale per la caratterizzazione ambientale e la protezione della fascia costiera e oceanografia operativa. L'orientamento prevalente è di poter riutilizzare il materiale per realizzare strutture di costa, di terrapieni. Questo è l'orientamento.

  PRESIDENTE. Per sapere dei vari porti e non dei SIN, dobbiamo rivolgerci ogni volta alla relativa regione, quindi.

  MAURIZIO FERLA, Direttore del centro nazionale per la caratterizzazione ambientale e la protezione della fascia costiera e oceanografia operativa. Sì.

  PAOLA NUGNES. È stata toccata la questione dei fiumi, che rispetto ai porti credo abbiano una delicatezza maggiore proprio di impianto.
  Per quanto riguarda tutto l'ambiente fluviale, così come anche quello marino, chiaramente viene estremamente compromesso dall'attività di dragaggio: ci sono operazioni che tendono alla salvaguardia di queste presenze in mare, della poseidonia, ma anche per quanto riguarda tutta la vita fluviale sott'acqua?

  MAURIZIO FERLA, Direttore del centro nazionale per la caratterizzazione ambientale e la protezione della fascia costiera e oceanografia operativa. Sicuramente, per quanto riguarda l'attività di dragaggio dei corsi d'acqua, il tema un po’ richiama le attività estrattive, che interessano più che altro i tratti planiziali dei grandi corsi d'acqua.
  Anche qui la materia è prevalentemente regionale. Abbiamo l'orientamento dalle direttive europee, in particolare dalla direttiva quadro sulle acque, la Water Framework Directive, dai piani di tutela delle acque.
  Ricordo che il collegato ambientale, il 221 di due anni fa, introduceva il piano di gestione dei sedimenti a livello di bacino idrografico. Il legislatore ha provato a dare un indirizzo su questa problematica attraverso uno strumento di pianificazione stralcio – è una pianificazione agganciata alla pianificazione generale di bacino – ma non mi risulta, tranne forse il caso del Po, che questi piani siano in via di...

  PRESIDENTE. Avete informazioni su alcune metodologie usate da istituti internazionali sui fiumi?

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  MAURIZIO FERLA, Direttore del centro nazionale per la caratterizzazione ambientale e la protezione della fascia costiera e oceanografia operativa. Qui andiamo sul particolare.

  ALESSANDRO BRATTI, Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Ma possiamo approfondire, eventualmente, anche perché abbiamo un altro settore che si occupa specificatamente dei fiumi. Se vi interessa lo stato dell'arte dei sedimenti fluviali, se cortesemente ci fate avere tutte le richieste, provvederemo a fornirvi tutte le informazioni a nostra conoscenza.
  Ne approfitto – chiedo scusa, presidente – per sottolineare l'importanza del primo tema che l'ingegner Ferla ha ricordato, quello delle dighe.
  Non vi sfugge che c'è un problema di capacità energetica che viene tolta. Più l'invaso è pieno, ovviamente, e meno energia si produce. E questa è comunque una forma di energia rinnovabile.
  In secondo luogo, c'è anche il rischio che questo sedimento faccia una certa pressione nei confronti della diga, e quindi è evidente che deve essere tolto.
  In terzo luogo, si tratta di milioni di tonnellate considerate rifiuti e non vi sfugge che portar via milioni di tonnellate di questo materiale da qualsiasi parte rappresenterebbe un ulteriore problema che si scarica sul versante gestione dei rifiuti. Il tema ha una sua delicatezza assolutamente non trascurabile.

  PRESIDENTE. Non essendoci altre richieste di intervento, ringrazio i nostri ospiti per la presenza e le informazioni. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta, sospesa alle 9.50, è ripresa alle 10.10.

Comunicazioni del Presidente.

  PRESIDENTE. Comunico che l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella riunione appena svoltasi ha convenuto che le missioni in Campania e in Calabria, previste rispettivamente dal 29 al 30 maggio e dal 3 al 6 giugno prossimi, avranno luogo in altra data.

  La seduta termina alle 10.15.