XVIII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta pomeridiana n. 8 di Mercoledì 3 aprile 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Invernizzi Cristian , Presidente ... 2 

Audizione del Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, in materia di autonomia finanziaria delle Regioni e di attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione:
Invernizzi Cristian , Presidente ... 2 
Zaia Luca , Presidente della Regione Veneto ... 2 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 7 
Osnato Marco (FDI)  ... 7 
Turri Roberto (LEGA)  ... 8 
Cattaneo Alessandro (FI)  ... 8 
Lovecchio Giorgio (M5S)  ... 9 
De Menech Roger (PD)  ... 9 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 10 
Zaia Luca , Presidente della Regione Veneto ... 10 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 13 

ALLEGATO: Documentazione consegnata dal Presidente della Regione Veneto Luca Zaia ... 14

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
CRISTIAN INVERNIZZI

  La seduta comincia alle 13.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.

Audizione del Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, in materia di autonomia finanziaria delle Regioni e di attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del Regolamento della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale, del Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, in materia di autonomia finanziaria delle Regioni e di attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione.
  Il Presidente Zaia è oggi accompagnato dal dottor Maurizio Gasparin, Direttore dell'Area Programmazione e Sviluppo Strategico, e dal dottor Gianluigi Masullo, Direttore dell'Area Risorse Strumentali.
  Si tratta dell'ottava audizione della Commissione. L'occasione è particolarmente significativa in ragione del lavoro che la Commissione sta svolgendo in tema di attuazione dei princìpi di autonomia degli enti territoriali e locali e del relativo regime finanziario e sui temi delle iniziative in atto relative all'attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione.
  Nel ringraziare per la disponibilità dimostrata, cedo quindi la parola al presidente Zaia.

  LUCA ZAIA, Presidente della Regione Veneto. Grazie presidente Invernizzi e grazie a tutti i componenti della Commissione per l'opportunità. Ho con me una relazione che lascerò agli atti, penso di conoscere abbastanza la materia per evitarvene tutta la lettura, però alcuni aspetti li vorrei esporre vista l'autorevolezza della Commissione, in maniera che si possa anche fare un punto di quello che è per noi l'autonomia e in cosa consiste questo processo. Innanzitutto è bene che io ricordi che tutta questa partita è una partita che inizia un po’ nella notte dei tempi, perché spesso non lo si dice, ma il Veneto ha tentato ben tre volte di avviare questo progetto negli ultimi venticinque anni.
  Nel giugno 2014 si attivò la legge regionale di indizione del referendum, legge che poi ci è stata impugnata dall'allora Governo. Dopo un anno, la legge referendaria è diventata efficace a pieno titolo dal punto di vista giuridico, in quanto nel giugno 2014 è stata approvata e nel luglio 2015 è stata assolutamente avvalorata – brutto termine, ma che rende l'idea – dalla Corte costituzionale, con una sentenza che ha detto: la regione Veneto ha ragione, è giusto che i veneti vengano consultati. «Volete che alla regione Veneto siano attribuite nuove forme e condizioni particolari di autonomia?» era il quesito.
  Dopo il percorso non poco travagliato di tredici mesi, dal giugno 2014 al luglio 2015, con la sentenza favorevole della Corte costituzionale – ricordo, tra l'altro, che allora uno dei giudici della Corte costituzionale era l'attuale Presidente della Repubblica, Pag. 3Sergio Mattarella – abbiamo quindi avviato un progetto, un processo per fare un referendum, farlo con serietà e cercando anche di portare la responsabilità di una scelta importante come quella dell'applicazione del comma terzo dell'articolo 116 della Costituzione e anche degli articoli successivi, coinvolgendo i veneti.
  Mi permetto di sottolineare «coinvolgendo i veneti», ma non solo indicendo un referendum, bensì anche imponendo, per un po’ di senso di alta responsabilità – il Veneto si definisce identitario, assolutamente autonomista, predica di continuo l'autonomia – il quorum.
  Il Veneto va al referendum con il quorum, il 58,1 per cento degli aventi diritto va a votare, 2.328.000 veneti, e il 98,1 per cento vota per il sì, 22 ottobre 2017. Questo è quello che accade.
  Vi evito i racconti sulle traversie che abbiamo avuto, sulle angherie che abbiamo subìto per non farci fare il referendum, dal divieto dell'utilizzo della tessera elettorale, che poi si è trasformato in un certificato cadeau, gadget, per tutti coloro che sono andati a votare, ai ricorsi al TAR fino all'ultimo istante. Eravamo in odore di apertura delle urne e avevamo ancora alle spalle il fiato dell'ultimo ricorrente al TAR che ha fatto di tutto per bloccarci questa fase referendaria, una fase referendaria di civiltà e oggi assolutamente propedeutica a una discussione che torna utile con il Governo attuale.
  Da quella fase referendaria è scaturita, con il passato Governo, la sottoscrizione di una pre-intesa su cinque materie, quattro più una. Vi ricordo che il Veneto ha presentato un progetto per ventitré materie, esattamente le ventitré materie elencate nella Costituzione, ma già con il passato Governo, a firma del Sottosegretario Bressa, abbiamo sottoscritto la prima preintesa per cinque materie, quattro sufficientemente definite e la quinta ancora molto in fieri.
  In quella pre-intesa – lo dico perché a volte si legge di dichiarazioni fuori dal tempo e dallo spazio – si stabilivano già i criteri in via «macro» per il finanziamento dell'operazione, quindi le contropartite finanziarie, a compartecipazione sui tributi, e si introduceva il principio dei fabbisogni standard, e quindi il tema del superamento della spesa storica. Sempre in quella preintesa si introduceva il principio, oltre che di quei criteri, anche del criterio che le cinque materie non erano l'inizio e la fine del provvedimento, ma erano solo le prime cinque materie, richiamando peraltro per la pre-intesa del Veneto le ventitré che comunque sarebbero state oggetto di approfondimento.
  Si è insediato il nuovo Governo, e l'insediamento del nuovo Governo ci porta ad affrontare nuovamente la partita dell'intesa. Ricordo che la Costituzione parla di un'intesa tra la regione e il Governo, non tra le regioni e Governo, quindi è inevitabile che, se anche tutte le regioni italiane chiedessero l'attuazione del terzo comma del 116, avremmo comunque la necessità di fare venti intese. È ovvio che non accadrà mai, perché cinque regioni sono già a statuto autonomo, per cui possono solo fare delle ulteriori intese per ampliare i poteri che attualmente hanno.
  Allora, con l'attuale Governo e il Ministro Stefani abbiamo costruito un percorso. In un centinaio di incontri si è elaborata tutta la partita dell'intesa, che per noi è finita, cioè i compiti per casa li abbiamo fatti, non abbiamo esami di riparazione a settembre da fare. Quello che dovevamo dire, lo abbiamo detto. L'intesa è scritta, è sul tavolo del Presidente del Consiglio dal 2 ottobre dello scorso anno, dal 2018.
  È un'intesa rispettosa di tutti i dettami della Costituzione e delle leggi vigenti. È un'intesa che si è costruita partendo da quello che poi per qualcuno è peccato originale, per noi è un po’ il contrappasso dantesco, che è la modifica del Titolo V, che dal 2001 arriva a oggi inapplicato, inascoltato, e forse anche inosservato da qualcuno. Ho l'impressione, infatti, che più di qualcuno si sia accorto solo di recente che esistevano il Titolo V e la possibilità di chiedere ventitré materie. Noi abbiamo dovuto battagliare per spiegare che le ventitré materie non erano un'invenzione veneta, ma sono una possibilità che la Costituzione ci dà. Pag. 4
  È iniziato un percorso. Quest'intesa è pronta, ma perché è iniziato un percorso proprio – permettetemi di dire – dal Veneto? Perché il Veneto conosce il dualismo di una regione a statuto ordinario che dialoga quotidianamente con due realtà che sono a statuto speciale.
  Il Veneto conosce, ad esempio, l'elemento dei comuni secessionisti. Noi abbiamo 32 comuni in Veneto, dei 574, che chiedono di andarsene dal Veneto, ma non perché non si sentano veneti. Penso che la vicenda di Sappada sia ormai un case history nazionale, un comune transfrontaliero di confine che, nonostante tutte le partite che si affrontano quotidianamente... Pensate che la montagna veneta, oggetto tra l'altro quasi totalmente della vicenda dei comuni secessionisti, è oggetto di assoluta attenzione da parte della regione. È pur vero, però, che, al di là dello steccato, le cose magari vanno in maniera diversa, vanno in provincia autonoma di Trento, di Bolzano e in regione autonoma Friuli Venezia Giulia.
  Noi non siamo contro le autonomie di queste due realtà, sia chiaro. Noi non siamo contro le autonomie, quantomeno perché, se togliessero l'autonomia ai nostri vicini di casa, ai nostri cugini, accadrebbe inevitabilmente che a noi propria autonomia non ce la fanno più vedere neanche in fotografia. Sono, quindi, 32 i comuni secessionisti. Sappada se n'è già andata dal Veneto. Di questo passo, rischiamo di garantire lo sbocco al mare al Trentino-Alto Adige, che oggi non ce l'ha.
  È un'esigenza concreta e geopolitica del Veneto, è storica, è identitaria, ma c'è anche la volontà di dire, da parte dei veneti, che è una opportunità riconosciuta dalla Costituzione. Pensate che la Costituzione repubblicana del 1948 non aveva la necessità di avere il Titolo V per avviare l'autonomia differenziata. Del resto, lo stesso Einaudi, uno dei padri della Costituente nel presentare la Costituzione, nel presentarla in Parlamento nel 1948, diceva: a ognuno dovremo dare l'autonomia che gli spetta. Se andiamo a leggere gli articoli originari della Costituzione, quelli che sono lì ancora evidenti, e immaginiamo di avere la vecchia Costituzione senza la modifica del Titolo V, quindi la Costituzione ante 2001, vediamo che l'autonomia dai padri costituenti era già identificata, ma non poteva che essere così.
  Se ci pensate, nel 1948 erano sostanzialmente trascorsi tre anni dalla fine della Seconda guerra mondiale, i territori erano ancora macerie fumanti e cercavano di darsi delle carte costituzionali che fossero assolutamente democratiche e assolutamente rispondenti ai bisogni del territorio. Non eravamo nell'era digitale, non c'era internet, non c'erano i social media, non c'erano elementi di comunicazione rapida: era inevitabile che si chiedesse di dare autonomia un po’ a tutte le comunità, a tutti i campanili. Adesso la banalizzo, ma è così.
  Negli stessi giorni in cui si scriveva la Costituzione repubblicana italiana, i tedeschi scrivevano la loro Costituzione e, guarda caso, anche quella con scelte autenticamente federaliste. Molto più eroici i tedeschi nell'andare poi a gestire la loro Costituzione nel post guerra, dando vita ai Länder tedeschi, come da noi non è accaduto, perché, nonostante una Costituzione autenticamente federalista, la gestione è stata autenticamente centralista.
  Qualcuno dice che questa è la secessione dei ricchi. A noi fa male sentir dire che è la secessione dei ricchi, che è una secessione mascherata, è un atto di ingordigia e di vanità di alcune regioni. Decisamente no, per due motivi.
  Il primo è che, di venti regioni italiane, diciassette hanno già intrapreso il percorso di autonomia. Cinque delle diciassette sono regioni autonome. Le altre dodici sono regioni che hanno chiesto il percorso per l'autonomia. Al momento, restano fuori – non vorrei sbagliarmi – la Calabria, la Puglia, la Basilicata, e poi a me risulta che le altre abbiano chiesto comunque di partecipare al percorso.
  Questa mattina, peraltro, abbiamo avuto un incontro dal Ministro Stefani presso il ministero con tutte le regioni, e anche lì il tavolo è un tavolo assolutamente di regioni che, con le diversificazioni nella richiesta, comunque avanzano la richiesta del comma Pag. 5terzo. Si va dal Piemonte, che chiede dodici materie, all'Emilia-Romagna, che ne chiede quindici, al Veneto, che ne chiede ventitré, alla Lombardia, che ne chiede ventitré, all'Umbria che presenta un progetto ad hoc assieme alle Marche, alla Toscana, con un progetto ancora alternativo, ma questa è la Costituzione, non la Babele istituzionale. Questa è la Costituzione.
  Accade anche in Paesi nei quali si dà per assodato che siano Paesi federalisti. Tra uno Stato e l'altro federale degli Stati Uniti o tra un Länder e l'altro della Germania, comunque la diversificazione delle competenze c'è.
  Noi chiediamo ventitré competenze. Chiediamo assolutamente competenze in linea con quello che è previsto dalla Costituzione. Abbiamo, non per vanità, la volontà di pensare che, se il centro decisionale è vicino al cittadino, il centro decisionale sia più responsabilizzato. In Veneto si dice che l'ocio del paron ingrassa il cavallo. I veneti mi capiscono. In italiano vuol dire che l'occhio del padrone ingrassa il cavallo. Potrebbe essere il pay off dell'autonomia. Vuol dire che la diminuzione delle catene decisionali ci permette di essere molto più performanti.
  Perché non è la secessione dei ricchi? Se, da un lato, vi ho detto che comunque diciassette regioni su venti hanno intrapreso un percorso di autonomia, dall'altro vi dico che, leggendo bene la bozza di intesa che è stata depositata, si scopre che è una bozza che assolutamente non mette mano al tema della perequazione, a quello della solidarietà e della sussidiarietà nazionale. Qualcuno dice che non c'è scritto: ma è proprio perché non si tocca. Se avessimo dovuto cambiare, avremmo dovuto scriverlo. Si dà per assodato che quei temi non devono essere toccati.
  Qualcun altro dice: non costerà un euro in più. Nella bozza d'intesa – non so se avete avuto modo di approfondirne la lettura – si parla dei costi storici, poi della spesa storica media nazionale e, infine, dei fabbisogni standard e dei costi standard. Dipende dal Governo e dallo Stato procedere negli anni in tempi ragionevoli al passaggio.
  Vorrei anche ricordare un altro errore che secondo me si commette quando si dice che il fabbisogno standard e il costo standard penalizzeranno qualcuno.
  Voglio dire che non serve scrivere un'intesa per l'autonomia. È già previsto dalla legge che bisogna fare i costi standard e i fabbisogni standard. C'è una legge che prevede che l'Italia si debba dotare dei fabbisogni standard e dei costi standard, che non sono altro che la virtuosità.
  Se poi a qualcuno va ancora bene difendere l'idea che i Forestali in una regione possano essere un decimo di quelli che ha una regione simile per montagne e per abitanti, ne prendiamo atto.
  Ho letto anche della polemica su alcune materie che chiediamo, che dovrebbero essere oggetto di ulteriore approfondimento, ci sembra di capire, da parte di qualche ministro.
  Noi sull'istruzione non vogliamo smontare la partita della scuola e vogliamo essere assolutamente rispettosi del mondo della scuola.
  In materia di istruzione, il Veneto intende, nel rispetto dell'autonomia delle istituzioni scolastiche, partecipare alle funzioni del governo del sistema educativo formativo – penso sia un diritto sacrosanto potersi occupare della scuola, e del resto parzialmente già lo stiamo facendo con l'autonomia scolastica e con alcune partite – con il coinvolgimento diretto degli attori di tutti i soggetti portatori di interessi nel campo dell'istruzione. Si vuole dar vita a un modello organizzativo che consenta di soddisfare i bisogni di famiglie e studenti, in primo luogo attraverso il superamento delle carenze di organico che fino a oggi hanno fortemente penalizzato il Veneto.
  A tal proposito, vi do alcuni dati concreti. Per questo leggo, perché non ricordo tutti i dati. La copertura di dirigenza scolastica attraverso il ricorso all'istituto della reggenza ha assunto dimensioni insostenibili. In Veneto, nell'anno 2018-19 attualmente i dirigenti scolastici titolari sono 336 per 600 scuole, e 264 di questi inevitabilmente hanno il doppio incarico di reggente presso un secondo istituto, con evidenti Pag. 6pesanti ricadute sulla qualità dei servizi erogati.
  Considerato che il 40 per cento dei posti oggi è vacante e che, a causa delle domande di pensionamento, potrebbe aumentare del 10 per cento, quindi 50 per cento dei posti vacanti, mi auguro che quest'insostenibile situazione sia almeno in parte mitigata dagli effetti di una procedura concorsuale per la nomina di dirigenti scolastici.
  Quanto alla carenza di direttore di servizi generali e amministrativi, DSGA, nel Veneto solo 359 scuole hanno un dirigente, e vi ho detto che ce ne sono 600. Tale quadro sarà aggravato da 72 domande di pensionamento, dalla gravissima carenza di insegnanti e così via.
  Con riferimento ai 52.056 posti di docenti presenti nel Veneto, si stima che, a causa delle dinamiche della mobilità interregionale, dell'esaurimento delle graduatorie concorsuali e dei pensionamenti, circa il 20 per cento dei posti (due su dieci) sia ricoperto da personale supplente, con evidenti ripercussioni sulla continuità didattica, e così per il personale ATA.
  È tutta una partita complicata. È evidente che il Ministro Bussetti si sta dando da fare, ma eredita decenni di mancata programmazione, di guai, di accordi non fatti e altro, e quindi questa è una partita da risolvere. Proporre di essere nella partita e di poter pensare di dare una mano a risolvere questi problemi, a me non sembra che sia volontà di distruggere la scuola.
  Un ultimo piccolo focus.
  Nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, è da tempo in evidenza la problematica riguardante i medici specialisti. Voi sapete che c'è questo dibattito. Si dice che in Italia ne manchino almeno 56.000. Tra l'altro, noi siamo al centro del ciclone per la storia dei pensionati.
  Non vogliamo dedicare la sanità ai pensionati. Pensiamo che la sanità del futuro debba essere in mano ai giovani, ma è pur vero che, davanti alla mancanza di 1.295 posti di medici in Veneto, io ho dovuto predisporre una delibera: nel momento in cui manca il medico – abbiamo fatto i concorsi, e all'ultimo concorso per 80 posti si sono presentati in una decina (pronto soccorso) – bandisci i concorsi, vai sul libero mercato, cerchi tutte le figure assumibili in età lavorativa, ma la delibera dice che, se non le trovi e se sono messi a repentaglio i livelli essenziali di assistenza, puoi operare e a questo punto richiamare qualche medico in pensione.
  Vorrei dirvi che abbiamo 1.295 posti scoperti: anche qui, tutto il tema della sanità si presterebbe bene a essere affrontato con l'autonomia, ad esempio con le borse per le scuole di specializzazione. È il vero dramma a livello nazionale che ci sentiamo di riuscire ad affrontare a livello regionale.
  Guardate, evito di stare qui a citarvi altri dati. Vi dico, sostanzialmente, in chiusura che oggi la fase è quella in cui chiediamo che il Governo faccia uscire dal Consiglio dei ministri il provvedimento, l'intesa, e venga incardinata direttamente nell'ordine del giorno della discussione nelle due Camere. Perché vi dico questo?
  Abbiamo pareri autorevoli e siamo convinti che la Costituzione sia scritta in maniera assolutamente chiara: è impensabile, anche da un punto di vista proprio di buon senso, che una persona terza o due persone terze scrivano un contratto che devono firmare altre due persone che non sanno niente di quel contratto. La Costituzione è chiara e dice: serve un'intesa in Parlamento, che deve essere votata con un sì o con un no.
  Io penso che sia utile che vada in Parlamento. Penso che sia utilissima la discussione, perché eleva anche la qualità della discussione stessa. Perdonatemi, ma alcune discussioni alle quali assistiamo sono lunari, non c'entrano nulla con quello che è scritto nell'intesa.
  Una mia proposta è, ad esempio, quella di pensare che il Governo potrebbe far uscire dal Consiglio dei ministri non un'intesa, ma una pre-intesa, senza considerarla quindi un provvedimento definitivo per rispetto del Parlamento, mandarla in Parlamento e accettare una discussione con le mozioni, le osservazioni e le raccomandazioni; quindi acquisire tutto questo materiale, tornare in Consiglio dei ministri, definire con le singole regioni tutto quello che Pag. 7è accoglibile rispetto alla discussione parlamentare, stilare l'intesa definitiva e mandarla al voto.
  Noi siamo in questa fase. Ripeto che non abbiamo altro da aggiungere, se non di pensare che il lavoro è stato fatto bene. Ringrazio tutti quelli che hanno lavorato da parte della regione Veneto, ma anche da parte dei diversi ministeri, a iniziare dal ministero del Ministro Stefani. È un lavoro copioso.
  Leggo che qualcuno dice che bisognerebbe adesso mandare avanti un provvedimento, magari legislativo, che stabilisca dei regolamenti di attuazione, di applicazione del Titolo V in una maniera più opportuna: dopo vent'anni, uno non può inventarsi una roba del genere. Dopo vent'anni, si applica la Costituzione, punto e basta, anche perché vorrei ricordarvi che si omette sempre di ricordare che nel frattempo in questi vent'anni la Corte costituzionale ha prodotto giurisprudenza a iosa rispetto a questi temi. Non abbiamo bisogno di nuovi regolamenti applicativi, che mi sanno tanto di allungare il brodo per non arrivare mai alla cottura finale.
  Noi siamo convinti che i presupposti giuridici ci siano tutti, dopodiché, se a qualcuno non piace il Titolo V, non piace il comma terzo del 116 della Costituzione, il 117, il 118 e il 119, non faccia altro, nella sua veste magari di parlamentare, di rappresentante dei cittadini, che produrre una modifica della Costituzione: la porti in Parlamento e veda se gliela votano o no. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, presidente Zaia, per il suo intervento e per l'importante contributo ai lavori della nostra Commissione.
  Avverto che il presidente ha lasciato una documentazione, che verrà allegata agli atti.
  Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni. Ricordo di rivolgere una domanda per Gruppo.

  MARCO OSNATO. Grazie al presidente Zaia per la relazione.
  Mi dichiaro subito, a differenza di quanto lei ha detto, non autonomista. Per tradizione e per cultura politica non lo sono, che non vuol dire che non riconosco le identità, e in Veneto ne abbiamo tante, ne abbiamo una veneta, ma tante identità che formano l'identità veneta, che a mio modo di vedere nella storia poi hanno contribuito a costruire un'identità nazionale italiana.
  Sono convinto che queste vadano valorizzate, vadano evidenziate, vadano in un certo senso anche coccolate laddove c'è bisogno, soprattutto per quanto diceva lei, per la vicinanza con le due province autonome e con la regione a statuto speciale del Friuli, che sono un problema. È vero che lei dice che non siete contro le autonomie. Io, magari, come dicevo prima, ho un'altra visione, però è anche vero che le autonomie di qualcuno non possono diventare un problema per la vita quotidiana di altri.
  Lei ci ha ricordato i comuni che in Veneto cercano e sono riusciti, come nel caso di Sappada, ad andare in altre realtà, salvo poi, come mi dicono, Sappada utilizzare comunque ancora i servizi della regione Veneto, che sono più efficaci, per esempio quelli della sanità, che suona anche un po’ come una beffa.
  Tra l'altro, credo che sia un problema che tutta la nazione debba farsene carico. È chiaro, infatti, che non si può pensare di utilizzare questo stratagemma come se fossero acini di uva da staccare uno dall'altro.
  Voglio arrivare, però, a temi un po’ più critici che abbiamo visto in queste settimane di audizioni.
  Lei ci ha parlato di intesa pronta e di compiti fatti. Sono sicuro che, se l'ha detto, la regione Veneto l'ha fatto. So che ci sono tanti provvedimenti, oltre al famoso referendum che avete prodotto. Vorrei sapere, però, se questi compiti prima o poi saranno valutati dal maestro, che in questo caso deve essere lo Stato centrale. Anche quando il Ministro Stefani è venuto qui, non ci ha dato la stessa impressione, non tanto lei, quanto tutto il sistema Governo, il sistema Stato centrale, di aver portato avanti queste intese e seguìto tutto il loro iter istruttorio. Su questo vorrei capire la realtà dei fatti.
  A sentire lei, a sentire il presidente Fontana, a sentire il presidente Bonaccini, Pag. 8l'idea è quella appunto di un'imminenza dei fatti; a sentire il ministro, invece, quest'obiettivo ci sembra un po’ più lontano.
  Ripeto, pur non avendo una cultura autonomista, che non sono contrario a responsabilizzare anche i territori. Se l'autonomia o il regionalismo differenziato servono a responsabilizzare i territori, ben vengano. È un mezzo, non un fine. È un mezzo, e va benissimo così.
  Concludo, però, a proposito della responsabilizzazione dei territori, chiedendole che cosa pensa di fare – lo chiedo un po’ da bellunese – della provincia di Belluno. Ritiene veramente impossibile che l'autonomia della provincia di Belluno, così come magari quella di Sondrio per la Lombardia, possa entrare in questa intesa – come alcuni costituzionalisti ritengono, per esempio De Martin e altri – o per forza non debba entrare in questa vicenda, per essere probabilmente trasposta in tempi più lontani, provocando ulteriori difficoltà a province, ripeto quelle di Belluno e di Sondrio in primis, sicuramente più necessitanti di avere delle risorse proprie e di potersi, vista la conformità anche orografica, determinare più in autonomia? Grazie.

  ROBERTO TURRI. Anch'io ringrazio il presidente Zaia per essere intervenuto, per la relazione che ci ha illustrato oggi e per la documentazione che deposita.
  Vorrei semplicemente una precisazione.
  Secondo l'intesa fatta con il Governo, mi pare di capire che inizialmente si partirebbe con la spesa storica. In un secondo momento, però, eventualmente, si passerebbe a costi standard e fabbisogni standard. Peraltro, mi sembra che si sia stabilito anche un periodo entro il quale si procederebbe con la spesa storica.
  Devo dire la verità, sarà perché sono veneto, ma pensavo che oramai ci fosse già stata una pre-intesa col precedente Governo e si fosse cominciato a discutere subito con il nuovo Governo. In questa Commissione, però, nelle varie audizioni che abbiamo avuto fino a oggi, ho avvertito forte perplessità da parte di più Gruppi politici.
  Mi pare di capire, sostanzialmente, che se si avviasse questo percorso, questa riforma, dando risposte alle regioni che oggi hanno chiesto maggiore autonomia nelle varie materie, non ci sarebbero grandi rischi, perché cambierebbe poco: la spesa che oggi viene trasferita alle regioni, le regioni la gestirebbero direttamente sulle materie che hanno chiesto. In un secondo momento, nel periodo che mi sembra sia indicato anche nell'intesa, sarebbe anche da sprone per il Governo arrivare finalmente a definire questi costi standard, fabbisogni standard, di cui ricordo che è già dal 2009 che si parla. Vorrei semplicemente una conferma, una sua precisazione su questo. Grazie.

  ALESSANDRO CATTANEO. Nella discussione tra autonomisti e centralisti, mi inserisco tra i federalisti convinti. Sarà che mi chiamo Cattaneo e sono lombardo. La soluzione, probabilmente, è un po’ l'uovo di Colombo – qua siamo nella Commissione preposta – ed è rilanciare e attuare una volta per tutte il percorso di attuazione del federalismo fiscale.
  L'avevo accolta e sostenuta nella mia esperienza da sindaco, credendo che le autonomie locali potessero trovare in questa strada un percorso che tenesse insieme l'identità nazionale, ma dando una spinta oggi assolutamente indifferibile all'efficienza con cui lo Stato eroga i servizi. L'autonomia, però, tanto bella con la devoluzione, da assegnare ai territori, bisogna anche farla camminare con l'altra gamba, che si chiama responsabilità, spesso invece mancata. Abbiamo dato l'autonomia e non abbiamo responsabilizzato poi chi quest'autonomia l'ha usata in maniera dissennata.
  Spesso, sono d'accordo, il dibattito è un po’ fuorviato verso temi che poco hanno a che fare con il cuore della questione. Spesso, per esempio, si evocano anche problemi di bilancio dello Stato, di denari che verrebbero sottratti a qualcuno e dati ad altri. Vorrei conoscere la sua opinione su quest'aspetto: il federalismo fiscale rilanciato rispetto all'impostazione che già era stata data dall'ultimo Governo Berlusconi può essere la soluzione più sensata? Pag. 9
  Vorrei anche un focus sul tema delle risorse. Troppo spesso si dice che ci sarà una sottrazione di risorse per qualcuno a scapito di altri, come io non credo assolutamente, ma ovviamente l'autorevole pensiero di un governatore di regione come lei è assolutamente di nostro interesse.

  GIORGIO LOVECCHIO. Ringrazio il governatore Zaia. Il 21 marzo 2019 è stato qui in audizione il SOSE, che ci ha mostrato un po’ i dati dei fabbisogni standard. Dall'audizione è, però, emerso che i fabbisogni standard e i costi standard sono al momento stabiliti solo per quanto concerne i comuni. Per quanto concerne i fabbisogni standard regionali, ancora non c'è nessun dato.
  Siccome lei ha detto che i fabbisogni standard sono stabiliti comunque dalla Costituzione, vorremmo capire su che base poi si prenderà questo valore.
  Inoltre, ha parlato di dirigenti scolastici, dicendo che, per 600 scuole, 336 sono attualmente i dirigenti scolastici del Veneto, di cui l'11 per cento andrà in pensione: come pensate di risolvere il problema dei dirigenti scolastici? Le graduatorie dei dirigenti scolastici sono nazionale, mentre da quanto sappiamo voi vorreste una graduatoria regionale.

  ROGER DE MENECH. Grazie, presidente, per la presenza.
  Giustifico il mio gruppo: sono da solo semplicemente perché avevamo un incontro di gruppo, il primo, con il nuovo segretario Zingaretti, e quindi ovviamente i colleghi sono stati a discutere col nuovo segretario. Giustifico, quindi, l'assenza degli altri miei colleghi.
  Dal punto di vista personale, ma anche come filiera politica, qui ha un federalista convinto, visto che tutti ci siamo dichiarati in questa Commissione.
  Da una parte, la pre-intesa, unico atto ufficiale oggi esistente nel panorama, è stata firmata da un Governo di centrosinistra, dall'accoppiata Gentiloni-Bressa, ma soprattutto il 116 è frutto di quella stagione, è frutto di un Governo di centrosinistra, che crede in maniera importante che il federalismo dei territori e avvicinare il servizio ai cittadini, come ha detto lei, rende il servizio più efficiente, più controllato, più trasparente, e quindi ne ricava un beneficio soprattutto il cittadino. Si pensa, quindi, l'autonomia, o meglio il federalismo, in questo caso, come strumento al servizio dei cittadini, non come fine ultimo. L'autonomia fine a se stessa non produce un risultato positivo.
  Anche su questo dovremmo aprire una riflessione seria relativa ai piani programmatici e strategici delle regioni. Il presidente Bonaccini è venuto qui e ci ha prima presentato un piano strategico per la regione Emilia-Romagna e, in base al piano strategico e alle linee di sviluppo, chiesto una serie di competenze e di autonomie. Mi auguro che anche la regione Veneto, visto che sono veneto e bellunese, faccia lo stesso percorso per mettere al centro il cittadino.
  Veniamo poi ai temi più spinosi al centro del dibattito, per esempio al tema, richiamato anche da lei, presidente, di un'autonomia che non rispetta la scala nazionale e l'unità nazionale. Io sono molto contento di sentire le sue parole, che di fatto – per fortuna, dico io, e ne sono molto contento – vengono però oggi, dopo che per tanti anni i provvedimenti anche della regione Veneto parlavano di nove decimi di residuo fiscale. Per fortuna, oggi dobbiamo essere seri da questo punto di vista e dobbiamo dire in maniera molto chiara, e condivido quello che ha detto lei, che qui non si parla di erodere il residuo fiscale, di avere, come dice la legge regionale ultima approvata il 15 novembre 2017, all'articolo 2, i nove decimi dell'IRPEF, dell'IRES o di poste di valore aggiunto dell'IVA, ma, come giustamente ha detto lei, di lavorare finalmente sui costi e sui fabbisogni standard.
  Qui c'è un processo culturale da mettere in moto per spiegare questo cambio, anche di impostazione politica, in tutto il territorio nazionale. Se facciamo quest'operazione, infatti, raggiungiamo il risultato finale e portiamo a casa, nell'interesse dei cittadini, come dicevo, il risultato del federalismo. Soprattutto, smantelliamo la cosiddetta secessione dei ricchi – ripeto parole che ha usato lei – che però quelle Pag. 10norme e quei provvedimenti approvati nel passato hanno alimentato.
  Secondo punto, anche questo molto importante, ha parlato di autonomia dei territori. Noi chiediamo molta attenzione al fatto che non si sostituiscano i centralismi. Ho fatto quest'affermazione in tutte le audizioni a tutti i presidenti. Sostituire i centralismi non va, infatti, a vantaggio del cittadino. Il centralismo romano, milanese, bolognese o veneziano non vanno a vantaggio dei cittadini. Su questo è fondamentale riconoscere la centralità dei territori.
  Quanto al Veneto, il mio collega ha già parlato della provincia di Belluno. Io estendo questo principio anche rispetto alla legge Delrio, che riconosce le province interamente montane che confinano con Stati esteri. Abbiamo già un aggancio nazionale che ci può tranquillizzare da un punto di vista costituzionale. Riconoscerle anche dentro le intese è un passaggio che giudico opportuno, ma non lo dico solo per Belluno, essendo qui su una scala nazionale. Lo dico per riconoscere l'importanza della città di Venezia in termini di autonomia di gestione e così via.
  Dicevo, quindi, fiscalità, da una parte, e attenzione ai territori.
  Quanto ai tempi, credo, e qui parlo invece con il presidente della nostra Commissione, che ci sia da fare chiarezza. Se è vero che esistono già documenti depositati presso il Consiglio dei ministri, sarebbe opportuno che la Commissione venisse dotata di questi documenti per iniziare una trattazione seria. Come sa, noi li abbiamo sempre chiesti a tutte le audizioni. Il ministro ci ha risposto che non esistono. Ovviamente, il presidente Zaia non c'entra niente con questa questione, c'entra la Commissione, soprattutto perché sono d'accordo che, al di là del formalismo, i passaggi parlamentari, se vogliamo, come sempre, raggiungere l'obiettivo finale, sono fondamentali. Dobbiamo condividere, dobbiamo smontare quello che non funziona anche delle logiche del passato e dobbiamo rimontare una forma di federalismo autentico e vero, cioè il federalismo che si trasforma nella concretezza.
  Lei ha avuto la fortuna di essere presidente di una provincia, vicepresidente di una regione, ministro, quindi sa già dai quei tempi quanto sia delicato e complicato il principio federale in un Paese come il nostro. Relativamente ai tempi, chiederei di evitare il susseguirsi di dichiarazioni che alimentano, come dicevo, l'aspettativa, e di concentrarci invece nel fornire al Parlamento i dati veri dell'intesa e di quello su cui dobbiamo discutere, ripeto con quest'intento.
  Noi siamo, e concludo, per un'autonomia responsabile, sostenibile, dentro il panorama dell'unità nazionale, che rende più efficiente e più efficace il servizio pubblico nei confronti dei cittadini, dentro una strategia. Anche su questo ci attendiamo di capire quale sia la strategia – lo abbiamo già chiesto all'Emilia-Romagna, alla Lombardia, e oggi lo chiediamo al Veneto – che giustifica il numero di materie. Le materie non sono un termine astratto. Le materie vanno collocate dentro una strategia nazionale e regionale, e aggiungo anche in relazione alla vicinanza dei territori.
  Credo che, se lavoreremo così, ripeto spogliandoci un po’ della propaganda del passato, probabilmente raggiungeremo quello che a me personalmente più interessa, che è avvicinare il servizio ai cittadini e costruire un'autonomia dei territori tutti importante, efficace, e soprattutto concreta. Grazie.

  PRESIDENTE. È evidente che, per quanto riguarda i documenti, nel momento in cui dovessero essere licenziati dal Consiglio dei ministri, sarà cura della presidenza chiedere di venirne a conoscenza e di metterli a disposizione dei commissari della presente Commissione.
  Do quindi la parola al presidente Zaia per la replica.

  LUCA ZAIA, Presidente della Regione Veneto. Andrò in maniera molto didascalica e veloce.
  Onorevole Osnato, l'intesa è pronta. Il valutatore, il maestro, non deve essere il Governo, ma il Parlamento, che dirà quantomeno sì o no. C'è da dire, però, che Pag. 11quella, per rispondere anche a uno dei passaggi dell'onorevole De Menech, è un'intesa che noi comunque consideriamo conclusa. C'è una nostra partita depositata, per carità opinabile. Il Governo ha tutti gli strumenti per dire che non gli va bene nulla, ma è pur vero che abbiamo fatto un percorso assieme agli uffici del Ministro Stefani, la quale ha interloquito peraltro con dei tavoli di lavoro cui abbiamo partecipato anche noi per le diverse tematiche, per le diverse materie. Si sono fatti bei lavori di approfondimento, un centinaio di tavoli.
  Quanto a Belluno, quindi rispondo agli onorevoli Osnato e De Menech, vi dico che ho l'impressione che dobbiamo fare un po’ di chiarezza.
  Per carità, un esperto che sostenga la teoria per cui nell'intesa si può mettere di tutto lo si trova sempre, ma è pur vero che autorevoli costituzionalisti, a iniziare dal nostro gruppo di lavoro, tra cui un costituzionalista oggi giudice della Corte costituzionale, il professor Antonini, hanno sempre sostenuto che l'intesa non deve essere inficiata da tutti i desiderata che si vorrebbe metterci dentro.
  Quanto alla provincia di Belluno, che è interamente montana, come Sondrio, restiamo convinti del fatto che un istante dopo vada erogata l'autonomia a Belluno, ma non solo: la regione dovrà spogliarsi di tutte le parti operative e gestionali per limitarsi a essere un parlamentino che legifera, e gira tutto non solo sulle province, ma anche sugli enti locali. Questa è la nostra visione, del resto mutuata dalle esperienze federaliste internazionali.
  L'onorevole Turri dice giustamente che la bozza di intesa o pre-intesa – chiamiamola come volete – o la bozza che c'è sul tavolo del Consiglio dei ministri, parla di spesa storica.
  Sulla carta la spesa storica ci penalizza. Se abbiamo sempre sostenuto che la spesa storica sarebbe un vantaggio per le regioni non virtuose a svantaggio di quelle virtuose, è pur vero che lo stesso direttore di SOSE, venuto qui, Stradiotto, dice che il nord ci rimette, ed è la prova provata che quello che diciamo è vero. Se è vero che ci rimettiamo con l'autonomia, allora perché vi preoccupate?
  Relativamente alla spesa storica, onorevole Turri, fondamentalmente si riprende il vecchio concetto della pre-intesa, che viene sviluppato. Intanto, vi ricordo che è una pre-intesa in cui c'è la compartecipazione su IVA e tributi. Questo è scritto. Nell'intesa presentata con questo Governo, invece, è scritto che partiamo con la spesa storica per poter partire subito, che abbiamo tre anni di tempo affinché il Governo si doti della partita, e quindi faccia in modo di passare gradualmente a fabbisogni e costi standard, che sono un obbligo di legge e non c'entrano nulla con l'intesa; nel frattempo, superati i tre anni, si passa alla spesa media storica nazionale.
  È il principio della Livella. Come ho detto oggi in Conferenza delle regioni, alla presenza del collega De Luca, citiamo Totò: questa è la Livella. Sprecheranno tutti un po’ di meno.
  Del resto, non dovrei farlo io, ma cito Giorgio Napolitano. Quando gli hanno chiesto, da Presidente della Repubblica, che cosa fosse l'autonomia, lui ha risposto che è una vera assunzione di responsabilità.
  Non dimentichiamoci che questo Paese, e rispondo indirettamente anche a un altro intervento, parte dal presupposto che abbiamo 30 miliardi di sprechi all'anno. Abbiamo 30 miliardi di sprechi all'anno nella pubblica amministrazione. Sono 30 miliardi sopra il tavolo del Consiglio dei ministri e del Parlamento dedicabili alle virtuosità e che oggi sono dedicati allo spreco.
  Parliamo di costi. L'onorevole Lovecchio, se non ricordo male, parlava di fabbisogni standard, delle basi di SOSE e così via. Giustamente, lei pone una questione, dicendo che il 21 marzo è venuta SOSE e ha detto che ha fatto i costi standard per gli enti locali e non ancora per le regioni. È una giusta considerazione.
  Consideri che noi abbiamo quei tre anni di limbo in cui continueremo con la spesa storica. Di fatto, continueremo a operare come operiamo oggi, ma con le competenze. Dopodiché passiamo alla spesa storica media nazionale, e dopo ai fabbisogni standard. Pag. 12
  Se in cinque anni un Paese non riesce, alla luce di un'erogazione di autonomia, a trovare i fabbisogni standard per le regioni, vuol dire che è un Paese fortemente malato. La base di calcolo sarà sempre, però, quella della SOSE. Non siamo noi a fare il calcolo in qualche sottoscala. Noi ci rimettiamo a calcoli, tra l'altro fatti da un'autorità, se non ricordo male, controllata dal MEF, che è SOSE.
  Quanto ai dirigenti scolastici, intanto non vogliamo smantellare in mondo della scuola. Abbiamo solo parlato, nel momento in cui ci sono gli esodi per vecchiaia, per anzianità, di assunzioni regionalizzate. Non ci trovo nulla di trascendentale. Dopodiché possiamo discuterne, ma è pur vero che dobbiamo discuterne. Sento che a qualcuno non va bene che si proponga di avere le concessioni autostradali, qualcun altro dice che le sovraintendenze sono un problema perché comunque la gestione deve essere nazionale, ma magari perché in Sicilia le gestiscono male. In Trentino-Alto Adige, però, gestiscono bene.
  Qualcun altro ci dice che ci sono delle competenze sull'ambiente, ad esempio, che sono problematiche per la gestione delle VIA. È pur vero, però, che se la legge sulla valutazione d'impatto ambientale è scritta nero su bianco, non è un problema di Roma, di Milano o di Venezia. Chi la applica, deve applicarla rispettando la legge. Non puoi dire che a Roma la applicano meglio e a Venezia si mettono d'accordo per evadere le pratiche. No.
  Vi ricordo che il MOSE – lo dico sempre – non è un'opera della regione Veneto. Il Veneto diventa famoso per il MOSE, che però non è un'opera nostra, ma dello Stato. Potrei anche dire che forse, se l'avessimo gestita noi, sarebbe andata anche meglio.
  Del resto, onorevole Lovecchio, dimostriamo la virtuosità dove gestiamo noi, ma è inevitabile. Tu sei lì e sei così bravo e autorizzato a occuparti della sanità per 5 milioni di veneti, ma non ti puoi occupare della gestione della valutazione d'impatto ambientale di un territorio. Trovo molto strana questa vicenda.
  Per concludere, l'onorevole Cattaneo dice di essere più federalista che autonomista, ma sono concetti che si compenetrano.
  Risorse, di fatto, non se ne sottraggono a nessuno. Tra l'altro, SOSE lo ha anche confermato. Per noi, sarebbe già una grande vittoria poterci occupare delle competenze nei territori. Ripeto l'esempio della sanità, che è illuminante. Vorrei ricordare a tutti che la sanità ha una torta nazionale di 110 miliardi di euro, più o meno, dei quali a noi spettano come Veneto 977 milioni, e ogni regione ha la sua fetta di torta. Il problema è la gestione, è come mangi quella fetta di torta.
  Puoi fare come il Veneto, che dice che la sua sfida sono le liste d'attesa e da otto anni apre gli ospedali di notte e fa circa 200.000 prestazioni di notte negli ospedali. La sfida è quella dei 2 milioni di accessi al pronto soccorso. La sfida è quella delle tecnologie.
  In Veneto abbiano deciso, da quando ci siamo noi, che tutti gli hub provinciali, quindi tutte le sedi provinciali, pratichino, si esercitino e facciano formazione sulla chirurgia robotica. Da noi si opera con robot da Vinci in tutti gli hub provinciali. Altre regioni hanno scelto di continuare con la chirurgia tradizionale de visu, a cielo aperto, a campo aperto. È una scelta. Noi investiamo 70 milioni di euro in tecnologie. Questo ci permette di deospedalizzare, di far star poco il paziente in ospedale. Vent'anni fa, per qualcuno è così ancora adesso, a un intervento per un'ernia inguinale seguivano sette giorni di ospedale: da noi seguono quattro ore di ospedale, ma facciamo day surgery, day hospital, abbiamo tecnologie per operare. Cambia il mondo, poi ognuno fa le sue scelte. Questa è l'autonomia. L'autonomia è nella scelta.
  A parità di stanziamenti, scegliamo diversamente, ma è quello che accade in tutte le famiglie e in tutte le aziende, no? Rispetto a un papà operaio, come è il mio vicino di casa, il mio papà fa scelte diverse: non va in pizzeria tutti i sabato sera, ma una volta al mese, perché decide di fare altri investimenti coi soldi che risparmia. È banale come esempio, ma rende l'idea. Pag. 13
  Infine, onorevole De Menech, relativamente al piano strategico: come si dice in Veneto, non è che siamo venuti giù con la piena del Piave. Lo dico simpaticamente. Siamo quelli che hanno indicato la via sull'autonomia. Questo ci deve essere riconosciuto.
  Posso anche garantire, a chiunque di voi ci chiedesse documentazione su tutta la fase preparatoria, che abbiamo materiali ed elaborazioni da riempire questa stanza. Vi ricordo che l'autonomia del Veneto non nasce con il referendum del 22 ottobre 2017. Da noi, ufficio studi, commissione, gruppi di lavoro, delegazione trattante esistono di fatto da sempre, da quando ci siamo noi. Nel 2010, quando mi sono insediato, mi sono attribuito la delega per il federalismo e l'autonomia, ma abbiamo sempre prodotto materiale, uffici studi e altro. Se volete materiale, ce n'è da fare piani strategici per tutta l'Italia, non solo per la regione Veneto.
  Nove decimi delle tasse non sono una suggestione. Quei nove decimi nascono da un tema.
  Quando ci hanno chiesto che cosa pensassimo della nostra autonomia, abbiam detto che, se si applicassero le ventitré materie e con formula piena, cioè svuotando totalmente la competenza nazionale e facendola transitare verso quella regionale – l'ho detto e lo continuo a dire – inevitabilmente per gli articoli successivi al 116, che prevedono anche il cofinanziamento delle competenze, si andrebbe a svuotare tutto il gettito fiscale, che dovrebbe essere utilizzato per coprire le competenze.
  Del resto, questo è un Paese che ha problemi con i conti perché le entrate sono inferiori alle uscite, quindi non è fuori dal mondo dire che comunque le competenze costano. Dopodiché si fa una valutazione, ma il provvedimento dell'intesa non riguarda i nove decimi, è ovvio. Basta leggere l'intesa.
  Peraltro, spieghiamolo che il documento parla di compartecipazione sui tributi, ma dice chiaramente che è anche una sfida, perché parla di una compartecipazione sui tributi con un floor definito. Si dice, cioè, che per gestire quelle competenze serviranno queste risorse, quindi garantiamo con il gettito di oggi questa percentuale che copre quelle risorse. Se il gettito aumenta, perché l'autonomia porta economia, porta sviluppo e tutto quello che sapete, ti mantengo la premialità, ti do la compartecipazione anche sull'extragettito.
  Nessuno, però, legge questa norma al contrario: con l'autonomia se ci fosse depressione economica e si scendesse sotto quel gettito del calcolo base, dobbiamo provvedere da soli a gestire con le competenze e lo Stato non ci dà i soldi, quindi l'autonomia è assolutamente responsabilità. Ricordiamolo, perché è il passaggio due che si dimentica sempre quando si parla di norma finanziaria. La norma finanziaria prevede – lo ripeto – che, se dovesse esserci una contrazione del gettito rispetto al gettito per il calcolo base del giorno della firma, la regione si arrangia a coprire le spese. È scritto nero su bianco. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, presidente, per l'intervento.
  Dispongo che la relazione prodotta sia allegata al resoconto stenografico della seduta odierna.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.40.

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